Cosimo Campanelli
L'ESTETICA NELLA FILOSOFIA DI JACQUES MARITAIN
Dall'introduzione all'opera: Arte e poesia nella filosofia
di Jacques Maritain, 1996.
L'Introduzione di un libro come questo, che racchiude
e - in qualche modo - conclude diversi anni di studi e ricerche maritainiane,
dovrebbe quasi scriversi da sé. E non perché chi l'ha scritto,
s'illuda minimamente di potersi muovere liberamente e agevolmente nell'ampia
opera del filosofo francese.
Maritain, si sa, è autore di moltissimi libri, ai quali, peraltro,
è inadatto applicare la metafora che suggerisca l'immagine di una
selva aspra e intricata; non, dunque, una «ingens silva», ma piuttosto
l'immagine splendente di una distesa marina che, dall'ingegno dell'autore,
sia stata resa calma e placida. Parole e frasi dei suoi libri - «distinguer
pour unir» - sembrano articolarsi e ordinarsi quasi senza fatica. Il
mare, che i libri di Maritain attraversano, non minaccia naufràgi.
E ciò non perché il filosofo tomista ami le vie del disimpegno
e del divertissement. Può dirsi, al contrario, che il suo pensiero
non conosca gli escamotages della 'debolezza'. Ma, se esso non si sottrae,
non si tira indietro, com'è che la sua opera non è impervia,
né si lascia fuorviare dalle seduzioni umane, troppo umane, dei sentieri
interrotti?
L'opera di Maritain è così come s'è detto, perché
l'autore sa farsi piccolo, sa sacrificarsi. Discepolo di san Tommaso anche
in questo, Maritain, nella misura in cui fa rifluire le invenzioni delle
esperienze altrui nelle pagine dei suoi libri, sembra quasi sparire in esse
o, meglio, le sue proprie eleborazioni, in quanto produzioni di produzioni,
si fanno senza che vi sia l'ostensione di un solo creditore umano. In un
tale sapere, che esclude le esibizioni invadenti dei singoli, vi è
il consapevole e fiducioso procedere insieme, in cui il lavoro di ognuno
sembra essersi fatto da sé, proprio perché sorretto e incrementato
da una moltitudine di altri buoni operai.
Nella filosofia di Maritain l'estetica occupa un posto importante che, peraltro,
fino a oggi, per lo meno in Italia, non si è concretizzato in un'opera
comprensiva di tutto il pensiero estetico di Maritain, sebbene non manchino
saggi (solo pochi, invero, degni di menzione) e articoli, spesso recensioni,
sui volumi maritainiani di interesse estetologico, di volta in volta pubblicati.
Le ragioni di questa lacuna critica si possono addebitare: dapprima, alla
adesione, fin troppo fedele, alle estetiche di Croce e Gentile; poi, a
pregiudizi
che, ove si eccettuino Gilson e pochi altri, hanno impedito di intendere
la profonda originalità del lavoro estetico maritainiano, il quale,
peraltro, occorre dire anche questo, non mancando di unilateralità
e debolezze strutturali, ha spesso fatto preferire estetiche più
povere ma, almeno prima facie, più coerenti; infine, al fatto che
l'estetica di Maritain, al di là delle enunciazioni teoriche, non
è mai veramente rispettosa della tanto venerata autonomia dell'estetica.
Già in Arte e scolastica, come risulta evidente fin dal titolo, almeno
in apparenza, sembra che i temi attuali dell'arte vengano ricondotti sic
et simpliciter ai princípi del tomismo, laddove, soprattutto attraverso
il lavorío delle note, Maritain getta le basi di un'estetica, che
rielabora elementi della filosofia tomistica ma in maniera originale e autonoma.
In Frontiere della poesia e in Situazione della poesia Maritain si sposta
decisamente dall'arte alla poesia e, in pari tempo, i principali interlocutori
di Maritain non sono più i filosofi, fermo restando l'ossequio a
san Tommaso e a interpreti come Gaetano e Giovanni di san Tommaso, ma autori
come Giovanni della Croce, Teresa d'Ávila e altri e poi, in prosieguo
di tempo, sempre più i poeti da Baudelaire (Poe) ai postbaudelairiani
e poi, durante l'esilio americano, i poeti inglesi e americani e su tutti
l'amatissimo Eliot. In Intuizione creativa, come è stato autorevolmente
rilevato, l'interesse estetico, almeno quello inteso in senso tradizionale,
segna il passo, in quanto, dalla notte translucida dell'inconscio o preconscio
spirituale, l'oscura sostanza dell'uomo, svegliandosi alla luce, conosce
se stessa attraverso l'esperienza del mondo e il mondo attraverso l'esperienza
del sé. E ciò avviene con una conoscenza che non conosce per
conoscere, ma per produrre.
Ed è lo slancio metafisico, testimoniato da Gilson, che diventa la
chiave per intendere anche lo svolgimento delle idee estetiche. Egli,
all'inizio,
è ancora tanto bergsoniano da essere insofferente alla concezione
tomistica dell'arte, che, come virtù dell'intelletto pratico, non
consentirebbe neppure, come pure Maritain si consente, di porre in rapporto
arte e bellezza (su alcuni temi e questioni, come per es. questo, si ritorna
più volte nell'Introduzione, perché sembra importante sottolineare
e risottolineare quello che di Maritain è veramente importante).
La tensione metafisica, si diceva, almeno sul versante dell'arte, non è
soddisfatta dalla metafisica aristotelica né da quella tomistica.
Di qui la necessità di far rifluire in alcuni concetti tomistici
come quello della bellezza, dell'essere, della conoscenza per
connaturalità,
altre esperienze metafisiche, per così dire, più estetiche,
in qualche modo Platone e Plotino, ma poi soprattutto, esclusa la falsa
metafisica dei moderni, quella dei mistici e dei poeti.
La soggettività diventa pienamente cosciente di sé col
Romanticismo
tedesco e poi soprattutto con Baudelaire acquista una consapevolezza poetica
e creativa, nuova e diversa rispetto al passato. La svolta della filosofia
dell'arte maritainiana che, da artistica diventa poetica, avviene per questo
sviluppo dell'io, che il cristianesimo per primo aveva avviato.
Ma non questo era stato il punto di partenza maritainiano. Egli aveva cercato
di collegare i processi teorici dell'arte contemporanea al tomismo, dando
luogo, in tal modo, ad una sorta di estetica 'tomistica', con tratti, invero,
originali e di forte diversificazione rispetto alla concezione dell'arte
tomistica. Infatti, a ben vedere, già l'estetica di Arte e scolastica
ha caratteri peculiari, ove si pensi che Maritain collega l'arte, in termini
tomistici, virtù dell'intelletto pratico, al bello, che è
un trascendentale dell'essere. Di qui un rapporto arte-bello, sottintendente
l'essere. Ma, nonostante questi arditi passaggi, estranei al tomismo
tradizionale,
è solo col romanticismo, e quindi con la filosofia tedesca, che Maritain
può dare spessore e respiro alla metafisica tomistica, proprio come
avviene a certi interpreti dell'Aquinate, quando non dimenticano la lezione
di Platone e di Plotino.
Si può dunque dire che, perfino, nell'àmbito di un trattatello,
come Arte e scolastica, che si dichiara fedele alla sintesi tomistica ed
è legato ad una esposizione, se non «dogmatica», certo
almeno stringata e rigorosa di essa, l'allargamento dei confini dell'arte,
tentato da Maritain, suscita perplessità e riserve in più
di un interprete, che, dando una lettura filologica di Arte e scolastica,
sottovaluta l'originalità e la specificità dell'estetica
maritainiana,
che, qualche volta, perfino lo stesso autore perde di vista per l'ostinata,
ossequiosa, difesa di principio del tomismo.
Nelle successive opere estetiche, Maritain, sia pure mai rinnegando la cornice
del tomismo, inserirà elementi come la coscienza di sé, la
conoscenza e la creatività poetiche, che trae dalla lirica romantica
tedesca, più o meno manifestamente, tributaria della sottostante
riflessione filosofica idealistica, e anche dalla cultura francese da Baudelaire
(Poe) in poi. Maritain, peraltro, dispiega tutta la sua genialità
interpretativa nel ricondurre i concetti costitutivi dell'estetica moderna
nell'àlveo della filosofia tomistica; così, ad es., l'intuizione
poetica e creativa viene pensata in base al principio della conoscenza per
connaturalità.
In Intuizione creativa, che è una vera e propria «illuminazione,
dal punto di vista metafisico, delle profondità [...]
dell'attività
creativa dello spirito», s'intende assai bene perché l'estetica
maritainiana non può rivolgersi che a poeti e artisti, i quali,
consapevolmente
o inconsapevolmente, abbiano un fondo metafisico - «inconscio spirituale
- abitato da un divino che ha qualcosa di 'gnostico', tale che consenta
a Maritain di non ontologizzare, ma pure di ammettere in termini di mancanza
aspetti legati al nulla, al brutto, al demoniaco. Se si trascura ciò,
si finisce col non intendere come Maritain, abbia fatto occupare tra i suoi
autori - per fare un solo nome - un posto di eccezionale rilievo a Baudelaire
(per Maritain, l'arte moderna deve a Baudelaire il merito di «avoir
pris conscience de la qualité théologique et de la
spiritualité
tyrannique de la beauté»); né s'intende perché
da una poesia ontologica della bellezza possano nascere i fiori del male.
Ma è lo stesso Maritain che, in un'opera della piena maturità
come Approches de Dieu, sintetizza mirabilmente l'essenza della poesia:
«La poésie est l'actuation première et pure de la libre
créativité de l'esprit. Éveillée dans l'inconscient
de l'esprit, à la racine de toutes les puissances de l'âme,
elle révèle au poète, dans l'obscure connaissance qui
naît d'une émotion intuitive, tout ensemble sa propre
subjectivité
et les sens secrets des choses».
Distinguer pour unir costituisce veramente il sigillo dell'opera di Maritain.
Egli certo distingue, in termini propri e rigorosi, l'estetica dagli altri
rami del sapere filosofico ma, alla fine, per la forza e la coerenza della
sua impostazione teoretica di fondo, s'impone, soprattutto, con piena evidenza,
quanto sia stretto il nesso che unisce l'estetica alla metafisica (in primis),
alle discipline che studiano le nascoste potenze dell'anima e, infine, alla
stessa esperienza morale. Sicché, per intendere le scelte metodologiche
e il successivo configurarsi dei nodi problematici e teorici, non si può
astrarre dall'assoluta predominanza di tale punto di vista unitario, per
così dire, filosofico. Quasi che l'intuizione creativa della poesia
possa conseguire mete che, ormai, alla filosofia sembrano negate.
Come risulterà evidente nel prosieguo del lavoro, non vi è
opera estetica di Maritain, che distingua nettamente l'estetica da altri
àmbiti filosofici: da Arte e scolastica, dove l'arte (a parte certe
ambizioni maritainiane di cui si dirà in séguito), come ragione
del fare, è una virtù dell'intelletto pratico accanto alla
morale, ragione dell'agire dello stesso intelletto pratico. In Frontiere
della poesia, in Situazione della poesia e, in maniera che si direbbe
conclusiva,
in Intuizione creativa la poesia si sgancia decisamente dall'arte per assumere
connotati metafisici e, perfino, mistici. In Responsabilità dell'artista
si passa da una dimensione «cosmica» ad una dimensione
«umana»,
se la «parte di uomo», come insegna Montaigne, è il
nòcciolo
duro a cui sono vincolate tutte le scelte particolari, artistiche o non
artistiche, che si fanno.
Nella ricostruzione dell'itinerario maritainiano il criterio cronologico
è stato anteposto a quello tematico, adottato solo in taluni casi
di evidente opportunità, anche a costo di qualche ripetizione, e
ciò per rendere dal vivo l'andamento dello stesso pensiero
maritainiano.
La trattazione, in generale, riguarderà pagine estetologiche di taglio
teorico, pur se non mancheranno quelle di taglio storico-culturale, in cui
Maritain riprende, a guisa di documentazione e di esemplificazione, passi
sul bello e sull'arte (sia nel testo, sia - senza commento - alla fine di
ogni capitolo), non solo di filosofi (Aristotele, san Tommaso, Platone,
Plotino) ma soprattutto di autori romantici e poi di Baudelaire e di
post-baudelairiani.
In tal modo, Maritain fornisce un ampio giro di orizzonte delle letture
filosofiche, tutte filosofiche (anche Poe-Baudelaire, Valéry, Rimbaud
sono filosofi), che costituiscono, per così dire, la linfa originaria
della propria riflessione estetica. Come si vedrà, essa, al di là
dei propri connotati specifici, confluirà nel gran mare della filosofia
tout court che, per Maritain, come direbbero gli Scolastici, è formaliter
eminenter metafisica.
Sicché, a questa ricerca, come avviene un po' a tutte le ricerche,
càpiterà qualche volta di andare contro i divieti posti dallo
stesso Maritain, sempre attento a rivendicare l'autonomia e le
specificità
dell'intuizione creativa in arte e in poesia.
Vale la pena di muovere proprio dal perentorio rifiuto del nesso
poesia-filosofia,
tratto per di più da un'opera finale come Approches sans entraves:
se si ammette che «chiedere alla intuitività poetica l'elaborazione
di concetti filosofici e la loro organizzazione in sapere è chiedere
l'impossibile» e se parimenti si dà per acquisito che
«l'intuizione
poetica è una intuizione creatrice, e l'espressione che esige da
parte della sua stessa natura è l'opera d'arte, non di sapere»,
un piccolo spazio per il discorso, che si tenterà di fare, si apre
allorché lo stesso Maritain, concedendo ormai assai poco a poeti
e ad artisti che pure costituiscono un punto di riferimento costante da
Frontiere della poesia a Situazione della poesia e a Intuizione creativa,
riconosce che, per rendere filosofica l'espressione dell'intuizione poetica,
occorre che essa si stacchi dall'«immaginazione creatrice» (almeno
così come viene intesa dal nostro autore); parimenti, pare necessario
a Maritain, che la si stacchi dall'«esperienza dell'io». Ora il
discrimine, tra la posizione di Maritain e quella sostenuta da altri, sta
proprio nel ritenere rispettivamente insopprimibile o sopprimibile la
concettualizzazione
dell'intuitività poetica. Maritain stesso, peraltro, considera tentativi
inadeguati sia la «desoggettivizzazione» sia la
«concettualizzazione»
e, d'altra parte, proprio il filosofo ritiene entrambi un tradimento di
ciò che si era percepito intuitivamente, al punto da indurre a disperare,
alla fine, della filosofia e della metafisica. Molto strano è anche
che Maritain rimproveri Heidegger che «si volge ai poeti e alle potenze
teogoniche del loro linguaggio», quasi che egli, ove si escluda l'approdo
finale di Intuizione creativa alla Commedia, non si sia progressivamente
allontanato dai filosofi e rivolto ai poeti, e non a poeti che realizzino
sic et simpliciter l'intuizione poetica e creativa. In questo passo, egli
sembra dare per realizzato quella sintesi, quella mediazione, di poesia
e di arte che è l'orizzonte mai raggiunto della sua estetica.
Sicché,
sembra di poter dire che, al di là delle stesse enunciazioni teoriche
maritainiane, il rapporto estetica-filosofia è 'duplice e diverso'
nel senso che, per un verso, filosofia ed estetica si convertono, visto
il carattere filosofico dell'estetica e estetico della filosofia, ma, per
un altro verso, la filosofia, se col sostegno della poesia raggiunge mete
altrimenti irraggiungibili, tende poi ad espungere l'elemento intuitivo,
laddove l'estetica, al contrario, tiene a conservarlo, consolidarlo, dilatarlo.
Così, ciascuna a suo modo cerca di riconquistare la perduta autonomia.
Perché, se, da un lato, l'estetica, per evitare l'avvento di una
filosofia tout court estetica, riafferma il suo carattere intuitivo e creativo,
dall'altro, la filosofia per scongiurare la reductio all'estetica ribadisce
il carattere razionale, logico e discorsivo della filosofia. E di questa
partita, aperta anche ad altri contendenti, l'esito è del tutto
imprevedibile.