Minerva Angiologica,1993; 18(Suppl.1 al n.4):73-5
Cura CHIVA: studio di 179 pazienti
operati da dicembre 1989 a giugno 1992
M. BALLO*, F. SPINELLI** e C. NASSO ***
*Università degli Studi di Palermo
Cattedra di Angiologia (tit. Prof. M. Ballo)
**Università degli Studi di Messina
Cattedra di Chirurgia Vascolare (tit. Prof. F.Spinelli)
*** Società Italiana Operatori CHIVA- Reggio Calabria
Nell'ambito del trattamento delle varici
si e assistito, nel corso dell'ultimo
decennio, all'avvicendarsi di nuove metodiche
terapeutiche quali: stripping ambulatoriale,
flebectomia, clips, crioterapia, laser, ecc.
A queste si è aggiunta la cura CHIVA (conservativa
ed emodinamica dell'insufficienza venosa in ambulatorio)
che, contrariamente ai metodi classici di trattamento
della malattia varicosa, è conservativa dato che cura le
varici senza asportarle.
Tale metodica ideata nel 1986 da C.Franceschi di
Parigi è uscita, ormai, dalla fase sperimentale
(più di 10.000 gli arti trattati nel 1991 nei
diversi centri europei).
La strategia della cura CHIVA consiste nell'applicare
ad ogni caso particolare i principi emodinamici di
frazionamento della colonna di pressione, interruzione degli
shunts veno-venosi e conservazione delle vie
di drenaggio.
Il presupposto terapeutico è pertanto semplice ma la
sua realizzazione pratica e piuttosto complessa.
Condizione indispensabile per poter effettuare
una cura CHIVA è l'esecuzione di uno studio
emodinamico preciso e dettagliato che presuppone
una competenza specifica dell'operatore.
Scopo del presente lavoro è quello di
offrire un contributo casistico riguardo ai
risultati, immediati ed a distanza, della cura CHIVA
nel trattamento delle varici essenziali.
Materiali e metodi
Nel periodo da gennaio 1989 a giugno 1992
sono stati sottoposti a cura CHIVA 179 pazienti
(153 di sesso femminile e 26 di sesso
maschile) di cui 32 bilateralmente per un
totale di 211 gambe operate. La maggior parte
presentava una sindrome varicosa essenziale;
in 13 casi si trattava di reintervento dopo
safenectomia ed in 25 di intervento dopo scleroterapia.
L'età compresa tra 21 e 92 anni (età media 50 anni)
Tutti i malati sono stati valutati sul piano
clinico ed emodinamico con velocimetro
Doppler c.w. (sonda da 4 e 8 MHz) ed ecoDoppler
(sonda da 5 MHz "short focus", 7,5 e 10 MHz)
eseguiti sempre dallo stesso esaminatore, allo
scopo di studiare il sistema venoso superficiale
e profondo.
Si realizzava, così, una cartografia anatomica ed
emodinamica ed una mappa cutanea
dei punti d'intervento.
In 100 casi è stato misurato il calibro ecografico
della safena interna al terzo medio di coscia per
valutare la sua variazione di calibro prima e dopo cura CHIVA.
In un gruppo selezionato di 30 pazienti con
incontinenza della safena interna è stata rilevata
la pressione venosa con metodo diretto,
in ortostatismo ed in ortodinamismo, prima
e subito dopo cura CHIVA. L'intervento è
stato sempre eseguito in anestesia locale
(ponfo intradermico di anestetico senza adrenalina)
ed in regime ambulatoriale (day hospital).
A livello dell'arco safenico interno è stata
effettuata un'incisione alta, di 3 cm circa, centrata
sul tratto preliminarmente individuato
all'eco-Doppler e mappato (ciò permette di
ridurre la sua lunghezza). Una volta esposta
la crosse è stata legata al limite con la femorale
rispettando i rami affluenti.
A livello periferico sono state effettuate piccole
incisioni cutanee, estetiche, di 2 mm circa per
permettere il passaggio di un semplice uncinetto.
I pazienti sono stati dimessi dopo qualche
ora dall'intervento, senza alcun tipo di contenzione
elastica, con terapia antibiotica a
largo spettro per 3 giorni e copertura antitrombotica
con eparina calcica alla dose di 0,5 ml al dì,
per 10 giorni circa, quando la correzione emodinamica
aveva interessato la safena interna e/o esterna.
Una volta dimesso al paziente non veniva
consigliato di osservare alcun tipo di riposo
essendo utile la deambulazione sin dal primo
giorno.
La valutazione post-operatoria è stata effettuata
con controlli periodici a 10 giorni, 3-6
mesi ed ogni anno dopo l'intervento.
Risultati
Il periodo d'osservazione dei pazienti va
da gennaio 1989 a giugno 1992 con un
follow-up massimo di 40 mesi e minimo di
4 mesi.
Il risultato è stato soddisfacente dal punto
di vista funzionale nel 95% dei pazienti e nel
90% sul piano estetico.
In particolare è stata riferita la scomparsa
del senso di peso e di calore precedentemente
lamentati, specie in ortostatismo prolungato.
La valutazione clinica ha permesso di rilevare
la scomparsa dell'edema ed un progressivo miglioramento
delle turbe trofiche (dermo-ipodermite, eczemi,
pigmentazioni, ulcere, ecc.).
Le complicanze osservate sono state:
A) 4 ematomi, di cui 3 allo Scarpa per interruzione
di safena interna ed uno al cavo popliteo per
interruzione di safena esterna;
B) 8 trombosi della safena interna e 5 dell'esterna
manifestatesi entro 10 giorni dall'intervento e
trattate con eparina calcica alla dose di 0,5 ml due
volte al dì e per 20 giorni circa; entro tale
periodo i controlli ecoDoppler hanno sempre
evidenziato la completa ricanalizzazione della vena;
C) in 2 casi si sono avute parestesie per
legature effettuate al terzo inferiore di gamba;
D) in 6 casi si è verificata la comparsa di
piccole varicosità e/o teleangiectasie.
Il 6% dei pazienti trattati ha presentato recidiva
varicosa con ripermeabilizzazione della
crosse safenica interna, dopo 6 mesi-l anno
dall'intervento, per probabile integrazione del
filo attraverso la parete venosa.
Non si sono mai verificate trombosi venose
profonde.
La misura della safena interna, al terzo medio di
coscia, ha evidenziato una riduzione
del suo calibro dopo cura CHIVA ed anche
i valori della pressione venosa sono risultati
più bassi.
Conclusioni
Sulla base della nostra esperienza possiamo
concludere che la strategia CHIVA, nel trattamento
delle varici essenziali ha messo in evidenza i
seguenti vantaggi rispetto alle metodiche
chirurgiche tradizionali:
-conservazione del patrimonio venoso;
- minimo trauma chirurgico con immediata ripresa
funzionale dell'arto;
- rispetto del sistema linfatico;
- riduzione delle controindicazioni, per cui l'intervento
è praticabile anche in pazienti a rischio.
L'impiego di anestesia locale, con minime
quantità di anestetico, consente di ovviare a
tutti gli svantaggi e possibili effetti collaterali
legati agli altri tipi di anestesia e permette di
ampliare le indicazioni operatorie anche a
quei pazienti i quali, a causa di patologie associate
gravi, non potrebbero essere sottoposti al rischio
anestesiologico.
Nella nostra casistica figurano una paziente
di 91 anni, una portatrice di valvulopatia mitralica
fibrillante ed una con tripla protesi valvolare
ambedue in terapia ipocoagulante ed alcuni epatopatici.
L'anestesia locale consente, inoltre, la non
ospedalizzazione del paziente (l'intervento è
stato sempre eseguito in day hospital) con rapido
recupero funzionale e lavorativo.
A proposito della ripermeabilizzazione
delle crosses safeniche, verificatasi nel 6% dei
pazienti, riteniamo che questo sia un insuccesso di
ordine tattico. Pertanto abbiamo modificato la
tecnica d'interruzione e non adoperiamo più la
legatura semplice, bensì la sezione-legatura o
la doppia legatura, di cui una trasfissa, o doppie
clips in opposizione secondo la configurazione anatomica della
crosse. Riteniamo, dunque, sulla base della
nostra esperienza che la cura CHIVA rappresenta una
valida alternativa alla terapia chirurgica tradizionale
delle varici. È comunque indispensabile rispettare le
regole strategiche e tattiche, condizione questa raggiunta solo
con una formazione teorico-pratica specifica.
Bibliografia
1. Franceschi C. Théorie et pratique de la cure CHIVA.
Precy-sous-Thil: Editions de I'Armancon, 1988.
2. Ballo M, Nasso C, Spinelli F. Studio delle variazioni di
calibro della safena interna pre e post-CHIVA. Minerva
Angiol 1991; 16:303-6.
3. Ballo M, Spinelli F, Nasso C, Mandolesi S. Comportamento
della flebodinamometria dopo cura CHIVA. Minerva Angiol 1992: 17.