I perché della CHIVA

Sandro Mandolesi

Angio News. Suppl. Lettera Terapeutica, anno II, n. 7-8, 1992

La metodica CHIVA ideata nel 1986 in Francia dal Dott. C. Franceschi si basa, dopo un accurato studio emodinamico del paziente e la realizzazione di una mappa emodinamica, nell'applicazione, caso per caso, dei seguenti principi:

La metodica presuppone la presenza di un circolo profondo normalmente pervio e continente. Il rispetto delle perforanti e la conservazione del patrimonio venoso, sono i capisaldi della metodica che ha la finalità di ridurre l'ipertensione vigente del sistema superficiale e nel contempo conservare la funzione di drenaggio dei collettori principali, safene e accessorie dirette.

L'esecuzione tecnica della metodica non pone dubbi al chirurgo in quanto consiste nella interruzione, in punti già precedentemente marcati sulla pelle dall'emodinamista vascolare, delle safene e/o loro accessorie.

L'ideatore consiglia, nell'ottica di rendere meno traumatica possibile la metodica, il ricorso a micro incisioni cutanee e l'uso di un uncinetto per la esteriorizzazione del vaso da interrompere, ma il risultato emodinamico può non essere legato necessariamente a quello estetico. La safena alla crosse va interrotta, quando indicato, a raso della femorale rispettando le accessorie confluenti.

Le interruzioni possono essere effettuate sia tramite sezione-legatura del vaso, semplice legatura (doppia) con filo non riassorbibile, oppure per apposizione di clips. Queste ultime solo se antimagnetiche e con possibilità di essere chiuse da un filo, ciò poiché nel 4% dei primi casi operati con clips si è avuto uno scivolamento od aperture di esse.

Le prime perplessità ed i primi perché della metodica vengono allorché si analizza emodinamicamente la metodica, in quanto sulle sue finalità conservative, l'ambulatorialità, il minimo trauma operatorio e l'uso di semplice anestesia locale, normalmente non vengono poste contestazioni.

Quali sono dunque le domande più frequenti?

1) Se una vena è refluente, potendola asportare, perché devo lasciarla? Essa potrebbe essere in seguito fonte di recidive!

La vena varicosa, dopo CHIVA, conserva, anche se con flusso centrifugo, la sua funzione di drenaggio del circolo cutaneo e previene, proprio perché funzionale, le recidive. II rispetto del drenaggio delle vene perineali in safena con la CHIVA in un soggetto che dovrà avere gravidanze, previene la comparsa di recidive che si avrebbero con l'ablazione della safena e di conseguenza del drenaggio di quelle.

2) Perché devo preservare le accessorie confluenti nella crosse safenica, contrariamente a quanto tassativamente indicato per L'intervento classico di stripping? Non sono esse possibili fonti di recidive?


Le accessorie confluenti alla crosse hanno, dopo intervento CHIVA, una duplice funzione: la prima è quella di "lavaggio" della safena impedendo così L'instaurarsi di una trombosi, la seconda è quella di drenaggio del proprio territorio di pertinenza. Il loro rispetto non modifica l'emodinamjca fisiologica di base e previene l'instaurarsi di recidive legate all'ostacolato scarico che una loro interruzione potrebbe causare.

3) Perché devo lasciare un "reflusso morbido" dalla crosse se posso eliminare completamente il reflusso con l'ablazione del vaso?


L'eliminazione del reflusso è uno dei cardini della CHIVA come dello stripping. La legatura della safena refluente dalla crosse elimina il reflusso (flusso ad alta portata e/o pressione che implica la direzionalità: antidromica). Il flusso che permane dopo CHIVA nella safena, in senso invertito, è un flusso a bassa pressione, esso rappresenta il fisiologico drenaggio dei territori che scaricano attraverso le accessorie nella crosse safenica. Pertanto quello che resta non è un reflusso ma un deflusso. Ma il sangue ha una direzione antidromica nella safena, si potrebbe obiettare! È vero ma non è la direzione che caratterizza il reflusso, ma la sua portata e pressione, perché, per esempio, la epigastrica ha un flusso antidromico, ma ciò nonostante non è refluente. Da ciò nasce la necessità di una chiarificazione sui termini emodinamici utilizzati.

Si definisce: deflusso il fisiologico flusso di drenaggio di un territorIo cutaneo o muscolare; non implica la direzionalità (può essere centripeto e/o centrifugo).

Si definisce: reflusso un flusso patologico ad alta portata e/o pressione ed implica la direzionalità (centrifuga).

Si definisce shunt veno-venoso: un flusso patologico ad alta portata e/o pressione che non implica la direzionalità (può essere centrifugo o centripeto).

Le flebotrombosi post-CHIVA che rischio rappresentano?

Questo è un falso problema. Se controlliamo tutti gli stripping, le perforanti strappate trombizzano tutte. La safena dopo CHIVA se trombizza è perché non c'è una buona per- forante per il rientro o è stata interrotta involontariamente dal chirurgo. La trombosi safenica che è sempre laminare non può estendersi verso L'alto perché la crosse è chiusa, inoltre le accessorie che vi confluiscono tendono a conservare sempre un minimo di pervietà del vaso.

Dopo CHIVA vi è una incidenza variabile di fiebotrombosi che vanno dal 3% al 10% secondo l'esperienza o le scelte strategiche adottate. Solo il 10% di esse sono sintomatiche, le altre sono rilevate nei controlli eco-Doppler post-operatori e decorrono asintomatiche con una ricanalizzazione completa entro un mese nel 70% dei casi.

4) Una domanda costante è quella sulla perforante: se essa è incontinente perché bisogna rispettarla?

Due sono le ragioni che giustificano ed impongono tale atteggiamento; esse si fondano sulla genesi della incontinenza della perforante.

La prima ipotesi sostiene che il reflusso con l'aumento di portata dell'asse varicoso determini nel tempo una dilatazione della/e perforante/i di rientro nel circolo profondo sino a renderla/e incontinente/i.

La seconda ipotesi patogenica è un aumento delle resistenze al deflusso profondo tale da rendere incontinente la perforante. Essa invertendo il suo flusso drenerebbe nel circolo superficiale il surplus di sangue che l'alterato sca- rico del circolo profondo impedirebbe di drenare.

L'emodinamica funzionale è differente secondo la posizione degli arti. In clinostatismo la pressione globale del sistema, cade a valori di circa 7 mmHg ed il fiusso è maggiormente legato alla pressione residua ed ai fattori di aspirazione del sistema per cui una incontinenza valvolare della perforante gioca un ruolo relativo in caso di reflusso nell'asse safenico.

In ortostatismo e maggiormente in ortodinamismo la perforante incontinente ha un ruolo emodinamico più rilevante. Come per la parete di una vena superficiale anche per la perforante bisognerà valutare le forze che si esercitano ai due capi di essa e che ne condizionano la funzione. Differentemente dalla parete venosa la perforante ha una dimensione che è la lunghezza e che nel primo caso può essere considerata trascurabile. Ii secondo parametro è L'angolo di confluenza nel vaso rispetto alla direzione del flusso. Un terzo parametro è il suo calibro relativo, un quarto è la direzione, se rettilinea, tortuosa, elicoidale, inginocchiata, ecc. Una quinta condizione è se essa comunica con una vena di trasmissione o di propulsione. Un sesto parametro è se sbocca distalmente o prossimalmente ad una delle pompe venose. Una ulteriore condizione emodinamica è se collega due segmenti venosi con valvole continenti od incontinenti e che distanza separa le valvole distali e prossimali al suo sbocco.

Un ultimo stato è se essa attraversa un muscolo. Le condi- zioni esposte hanno un loro peso emodinamico solo nella fase sistolica propulsiva perché in fase diastolica L'effetto aspirante del circolo profondo agisce in egual misura su una perforante continente od incontinente.

Se ci estraniamo da predetti fattori che influenzano in varia misura l'emodinamica della perforante e semplifichiamo il sistema avremo che l'impulso sistolico della pompa venosa ha il fine di far progredire una data quantità di sangue nell'asse profondo superando la contropressione idrostatica del liquido, lo spostamento avviene lungo un asse con un picco di velocità notevole.

La uni-direzionalità dello spostamento, la notevole velocità con cui avviene e la modica quantità (relativa) di sangue in transito, rendono conto delle rilevazioni effettuate da Bjordal che misurò con un flussimetro solo dei modici flussi reflui in perforanti di gamba insufficienti ed ectasiche durante la marcia.

Se si analizzano tutti i fattori precedentemente esposti fonte di aumento delle resistenze nella perforante ed il meccanismo propulsivo del sangue, l'onda pressoria del bolo espulso dura pochissimo e maggiore è la sua intensità più rilevanza hanna i fattori di attrito menzionati a cui va aggiunta la viscosità del liquido e sottratto l'effetto di aspirazione che detta onda di propulsione provoca dopo il suo passaggio.

Dopo CHIVA con la legatura dello sbocco in femorale della safena, si determina un aumento notevole della resistività del sistema superficiale rispetto al profondo in quanto tutti i rami che defluiscono in esso sono rami che originano da distretti arteriolo-capillari ad altissime resistenze e con pressione residua positiva.

Pertanto anche se incontinenti le perforanti rispettate dalla metodica CHIVA e che normalmente avrebbero un mo- dico flusso di fuga, in teoria non dovrebbero più refluire perché il sistema superficiale ha acquistato una altissima resistività. Ma ciò non è sempre vero, perché allorquando la incontinenza della perforante è sostenuta da un ostacolato scarico, il sistema superficiale a quel livello acquista una funzione suppletiva di drenaggio anche del profondo oltre che del circolo cutaneo.

Per cui in fase dinamica e/o posturale la perforante convoglia in superficie una parte del sangue del circolo profondo che utilizza l'asse superficiale a mo' di by-pass quanto basta per superare l'ostacolo e rientrare attraverso la prima perforante utile nel profondo. Tale evento emodinamico è stato da noi registrato in ortodinamismo ed in ortoclinostatismo posturale con il Doppler e chiamato "attivazione". Esso è stato confermato con flebodinamometria, volumetria ortodinamica computerizzata (VOC), flebografia dinamico posturale e con intervento decompressivo del circolo profondo.

Riassumendo, la perforante ha normalmente una funzione di aspirazione intermittente legata al gioco valvolare. Nel caso in cui si verifichi la perdita della sua funzione valvolare essa conserva l'aspirazione diastolica e può in fase sistolica presentare secondo la compromissione dello scarico profondo una maggiore o minore funzione di supplenza nel drenaggio del sistema profondo.

Dopo CHIVA essa diviene indispensabile se perforante prevalente di rientro del flusso antidromico safenico e anche se insufficiente non presenta un flusso significativo di fuga in quanto il sistema superficiale è diventato un sistema chiuso ad alta resistività con effetto valvola in sistole. Pertanto va rimarcata la possibile doppia funzione di scarico della perforante che, sempre secondaria, pone L'indicazione ad uno studio più accurato del circolo profondo e ad un eventuale intervento decompressivo in quanto causale.

È nostro avviso da controindicare, per le implicazioni emodinamiche che ne deriverebbero, l'intervento di legatura sopra e sotto fasciale di tale perforante ed ancor più l'ablazione della vena "attivata" che ad essa sottende. È nostra impressione, legata alla lunga esperienza morfofunzionale, che deriva dall'uso dell'Eco-Doppler, che le perforanti più ectasiche sono quelle secondarie ad una insufficienza di scarico e/o valvolare del circolo profondo.

Un ultimo perché riguarda il motivo per cui nel protocollo post-operatorio si usa un venotropo se l'intervento è in effetti minimamente traumatizzante. La sua scelta non è casuale ma dettata dalla necessità nel post-operatorio di favorire un ripristino più rapido possibile, di un corretto volume e tono parietale, una volta che lo stimolo ipertensivo vigente nel sistema sia stato ridotto.

Pertanto la nostra scelta cade su quei farmaci, quali l'associazione micronizzata diosmina-esperidina(*), che per il loro effetto venotonico sono in linea con le finalità emodinamiche della metodica.

La metodica CHIVA è ancora all'inizio del suo cammino ma è in dubbio che ha già suscitato un favore intellettivo con consensi e dissensi. In ogni caso essa è attualmente la metodica di confronto per tutte le tecniche già in uso, per la cura del circolo venoso superficiale degli arti inferiori.

(*) daflon 500 - Servier