Flebologia Vol.5 n.1-2-3-1994
VARICI RECIDIVE DA ERRORI DI TATTICA E TECNICA OPERATORIA
G. Viola, R. Ruggiero
Istituto di Chirurgia Sperimentale - II Università di Napoli
Direttore: Prof. G. Viola
Riassunto
Le varici recidive degli arti inferiori sono
un argomento di viva attualità, anche in relazione
alla molteplicità dei trattamenti che
sono stati proposti negli ultimi anni. Non
tutte le varici che compaiono a carico di distretti
venosi gia operati sono "recidive" e
comunque non tutte le recidive richiedono
una correzione chirurgica.
Quando necessaria, questa cercherà ancora
di rispettare i canoni della funzionalità emodinamica,
in vista del recupero di settori circolatori
ancora attivi. Se ciò non è possibile,
sarà la asportazione radicale ad assicurare i risultati
migliori almeno sul piano funzionale,
anche se non sempre su quello estetico.
Parole chiave: varici recidive.
Summary
The recidive varices of the lower limbs are
nowadays an interesting field of clinical research
mainly in respect of a group of new
therapies proposed for. Not all of the varices
in operated limbs are "recidives" and not all
of the recidives require a surgical corretion.
Surgery will be programmed in the respect of
functionality and with the aim of the recovering
of venous district still efficient. In other instances,
the radical remove of the superficial veins
will result the most appropriate therapy.
Key words: recurrent varicose veins.
Résume
Les varices recidivistes des membres inferieurs
sont un argument d'actualité, particulierement à
la suite de le multiplicité de
traitements qui ont été proposès au cours
des dernières années. Les varices qui se manifestent
à la charge de dètroits veineux
déjà opérés ne sont pas nécessairment "récidiviste" et,
de toute facon, les récidives ne
demandent pas toutes une correction chirurgicale.
Si celle-ci s'avère nécessaire, les canones de la
fonctionnalité hémodynamique
sont à respecter en vue de la rècupération
des secteurs circulatoires qui demeurent actifs.
Dans le cas contraire, l'ablation radicale peut
assurer les meilleurs rèsultats au
moins sur le plan fonctionnel, meme si ce
n'est sur le plan esthétique.
Mots clef varices recidivistes.
La ricomparsa di varici in pazienti già operati
sul circolo venoso superficiale degli arti
inferiori costituisce un problema di viva attualità
per diverse ragioni. La tendenza odierna a
differenziare la scelta del trattamento
chirurgico, in base alla situazione clinica e funzionale;
la necessità largamente sentita di controlli e di
terapie metachirurgiche; la considerazione della
bontà (o meno) del risultato conseguito anche sulla
base dei risultati estetici, oltreché, naturalmente,
di quelli funzionali, sono solo alcuni degli argomenti
che vengono citati per spiegare la intensificazione
dei controlli e l'incremento dei reinterventi proposti.
Bisogna comunque riconoscere che in letteratura vi è
ancora una chiarezza non sufficiente sul significato
da attribuire a queste varici che ricompaiono in
segmenti degli arti che già sono stati operati.
Molto spesso si tratta di varici ad esordio tardivo
rispetto all'atto operatorio, ma ad evoluzione rapida,
riportabili a cause differenti dalla recidiva in senso stretto.
Ora si tratta del persistere di fattori costituzionali
(obesità) o del succedersi di eventi fisiologici
(gravidanze) o di veri e propri "cedimenti" da riferire
a prolungata attività lavorativa in ortostatismo.
Altrettanto di frequente,queste vere e proprie
"nuove varici" sono legate ad eventi patologici,
come reflussi provenienti da vene extrasafeniche oppure una
effettiva "neogenesi venulare" da attribuire,
secondo la ipotesi di Merlen, a stimolo ipertensiogeno
(p.e. insufficienza delle vene profonde).
Diverso è naturalmente il caso di varici residue,
che siano state cioé ignorate o non
adeguatamente trattate al momento del primo
intervento; esse si caratterizzano per la evidenziazione
precoce quando il paziente, dopo l'intervento,
viene rimesso in piedi. E soprattutto la ricomparsa
di reflussi, in territori dai quali essi erano stati
banditi con l'operazione, a caratterizzare le varici
recidive in senso stretto.
In questo ambito è stata attribuita forse troppa
importanza alla distinzione tra recidiva "estetica"
e "funzionale". Più che altro l'attenzione va posta
nel mettere in atto un protocollo diagnostico
delle varici recidive che ne consenta, oltre alla
conferma e alla stadiazione, anche una interpretazione
etiopalogenetica, che possa poi servire da guida alle
scelte per il trattamento. Seguendo questo criterio
sarà possibile riconoscere eventuali errori compiùti
all'epoca del primo trattamento:
a) nella diagnosi: mancato riconoscimento
di varici secondarie (di solito pregresse tromboflebiti);
da inesatta valutazione della sede delle insufficienze
e delle caratteristiche dei reflussi ;
b) nella indicazione: L'esempio più frequen-
te é il trattamento improprio di varici non safeniche".
Altre possibilità etiopatogenetiche
sono invece legate a comportamenenti tenuti nel
corso del trattamento: di solito si tratta di preferenze
accordate dal medico a terapie non
chirurgiche (farmacologica, compressiva, fisioterapica,
sclerosante, elettrocoagulazione
ecc.) quando invece è ormai superata la fase
anatomica e funzionale adatta al loro impiego.
Non vanno però taciuti i comportamenti
talvolta seguiti dal paziente, che confonde le
terapie, trascura la loro attuazione puntuale o
addirittura le interrompe inopportunamente. II
gruppo che però qui ci interessa maggiormente
è quello riferibile ad errori di scelta (tattica)
della terapia da seguire (oggi si tratta di trattamenti
multispecialistici articolati intorno ad
un intervento chirurgico) o della esecuzione
degli atti operatori, oggi, come è noto, divenuti
piùttosto numerosi, anche se distinguibili
in:un gruppo che comporta stripping di una o
di entrambe le safene di un arto, ed un altro
gruppo, di attuazione più recente, senza stripping.
Trattando delle scelte "tattiche" faremo un
primo riferimento alla adozione di provvedimenti
non adeguati, in presenza di varici non
safeniche. È questa la definizione che riunisce,
come è noto, varicosità a localizzazione
differente, a patogenesi non sempre chiara,
caratterizzate dal non essere varici essenziali
dei sistemi della piccola e della grande safena
e delle vene che le connettono (v. di Giacomini).
Molto spesso si tratta di varici reticolari,
a sede poplitea, spesso bilaterali, presenti in
donne di giovane età, che risultano talvolta
alimentate da piccole perforanti insufficienti,
mantenute dall'aumento progressivo dei punti
di fuga e riferibili ad affezioni congenite dell'arto
(p.e. piede piatto, ginocchio valgo o
varo ecc.). II trattamento più efficace di queste
forme risulta essere quello compressivo,
integrato semmai da una sclerosi molto minuziosa:
la scelta per un intervento di stripping
può invece risultare dannosa e essere il punto
di partenza di recidive. Altro tipo di vene non
safeniche erroneamente operate sono le vene
autonome del piede (da lavoro pluriennale in
ortostatismo, spesso con appiattimento della
volta plantare) per le quali è ancora una volta
il trattamento conservativo ad arrecare i maggiori,
benefici. Stesso discorso va fatto per
quelle vene "a fondo cieco" legate ad insufficienza
di perforanti extrasafeniche o di vene
di collegamento tra safene e altri distretti circolatori
contigui (iliaca interna, vene pudende,
emorroidarie ecc.). Ancora più accentuati sono i
rischi del ricorso a rimozione chirurgica della
vena safena accessoria laterale, a carico della
quale possono comparire varici nell'ambito di
anomalie vasali complesse, combinate o meno
ad alterazioni scheletriche del segmento.
Anche nell'ambito delle terapie adottate
per le varici essenziali dei territori safenici,
certamente le più numerose e diffuse, è possibile
riconoscere i motivi di recidiva legati alla
"tattica" prescelta. Un primo cenno va fatto al
gruppo degli interventi senza stripping, che
negli ultimi dieci anni hanno conosciuto uno
sviluppo tumultuoso e non sempre ben codificato
nelle indicazioni e nelle metodiche. È
certamente impossibile ancora eseguire la valutazione
di interventi come la valvuloplastica
safeno-femòrale (con plicatura esterna della
giunzione; con valvuloplaslica esterna a manicotto)
sia per i pochi anni trascorsi dalla
loro adozione, sia per l'esiguità dei casi operati.
Anche per la terapia CHIVA (conservatrice, emodinamica,
ambulatoriale), della quale sono state certamente
molto più ampie le applicazioni, non esistono
ancora in letteratura revisioni casistiche esaurienti,
per entità dei controlli e loro significatività
statistica. Non è una opinione solo nostra,
che la CHIVA non è una tecnica operatoria:
essa è piùttosto una strategia di trattamento
plurispecialistico che include: i farmaci, la elastocompressione, la
scleroterapia, differenti interventi chirurgici
ecc.
Esistono comunque certamente dei casi nei
quali l'applicazione della CHIVA è risultata
un po' arbitraria e tale da comportare delle recidive.
Molto più completi sono i contributi della
letteratura sulle varici recidive da scelte tecniche basate
sullo stripping delle safene. La nostra esperienza
diretta limitata ad una attività
inferiore ai 20 anni, svolta sempre in reparti
di chirurgia generale, comprende 44 reinterventi praticati
su 68 recidive complessivamente osservate.
In questo ambito il gruppo più numeroso si è rivelato
quello da esposizione incompleta della crosse femorale,
seguito da errori di identificazione della crosse
stessa e da anomalie anatomiche ignorate a li-
vello della crosse femorale e dei poplite. Un
cenno particolare va fatto, a questo proposito,
al ruolo svolto dalla piccola safena nella ricomparsa di recidive.
Le possibilità che si possano attivare a questo livello
i fattori della recidiva sono veramente numerose.
Anche non volendo accettare in pieno l'opinione che
il 100% delle safene esterne sia
patologico nei portatori di varici essenziali
(Corcos), bisogna prendere atto di una quota
costante di recidive (circa il 15%) anche nei
pazienti nei quali si esegue sistematicamente
lo stripping della piccola safena. Tali dati possono
essere riferiti a svariate cause. Tra queste:
l'alta frequenza (40%) di variabilità anatomiche
dell'unione tra piccola safena e vene
profonde; una revisione della fossa poplitea
non sempre accurata (misconoscimento di
vene di Giacomini, di insufficienze di vene
gemellari ecc.).
Rimane tuttora aperto il problema della valutazione
delle recidive: questa va affidata naturalmente
in primo luogo alla considerazione
di elementi di ordine clinico: la familiarità,
l'obesità, l'età giovanile (probabilità di altre
gravidanze), l'uso di anticoncezionali, rientrano,
insieme con la durata dell'intervallo libero
da recidiva, in un primo inquadramento generale dei casi.
Questo va completato dalla valutazione emodinamica dei reflussi,
dallo studio dell'osteo safeno-femorale e della giunzione
safeno-poplitea, dalla mappatura delle insufficienze.
In qualche caso può essere utile anche
L'esame istologico di varici superficiali per il
riconoscimento di quelle realmente neoformate.
Quali recidive richiedono un trattamento
chirurgico? I1 nostro orientamento attuale è
rivolto alle recidive su territori già trattati per
varici essenziali, quando si accerti la pervietà
e la sufficienza del circolo venoso profondo, i
reflussi siano di grado avanzato, e sia assente
patologia invalidante osteo-articolare, cardiorespiratoria ecc.
Di solito il trattamento chirurgico delle varici
recidive non riveste caratteri di urgenza:
abitualmente si ha tutto il tempo necessario
per una adeguata preparazione generale, per
la correzione dell'obesità, per la riabilitazione
motoria dell'arto interessato, per la cicatrizzazione
di ulcerazioni, la guarigione di affezioni
dermo-epidermiche regionali ecc.
Nei casi indicati, il trattamento chirurgico
delle recidive può ancora mirare al recupero
delle vene dilatate, anche di quelle in parte
sofferenti. I1 fine resta ancora, come nelle
varici essenziali di prima istanza, la correzione
dei reflussi, cercando di salvare quante più
perforanti ancora funzionanti è possibile. Lo
stripping corto, integrato da flebectomie mirate
per mini-incisioni, eventualmente completate con
sedute di scleroterapia trovano applicazione ogni
volta che un recupero funzionale sia prevedibile.
Se non esistono condizioni cliniche ed emodinamiche
di tale tipo, riteniamo invece di eseguire interventi
di tipo radicale, come la crossectomia con stripping
completo sec. Homans e Mayo, o, nei casi a
recidiva periferica, la interruzione sottofasciale
delle comunicanti secondo Linton.
I dettagli tecnici di entrambi gli interventi
sono noti da tempo e non richiedono precisazioni
se non un richiamo alla meticolosità
della ricerca di eventuali perforanti che raggiungono
direttamente le v.profonde, in prossimità della
crosse safeno-femorale. In questo
tipo di interventi esponiamo sempre i vasi femorali,
isolandoli, ricercando con cura ed interrompendo
tutte le vene perforanti o residui
della g. safena e del circolo superficiale, che
comunque confuiscono nell'asse venoso profondo.
Certamente il tempo crurale di questi reinterventi
può comportare non pochi rischi e talora danni
linfatici e nervosi. Siamo dell'idea,
anche per la diretta esperienza che ne abbiamo fatto,
che in mani esperte il risultato funzionale è
generalmente buono anche se il risultato estetico
può non sempre essere soddisfacente.
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