Mattino 21/06/1989

Formicolio, gonfiore e pesantezza delle gambe: ecco cosa fare.
Le fastidiose e brutte varici

GATY SEPE

Otto milioni di italiani, il 20% della popolazione, soffrono
di una malattia che ha radici preistoriche: la storia
delle varici, infatti, è iniziata 14 milioni di anni fa. Quando
l'uomo ha smesso di camminare a quattro zampe ed è diventato
eretto, il percorso di risalita del sangue, dalla periferia
dell'organismo fino al cuore si è fatto difficile e l'intero
organismo gradatamente ha cominciato ad adattarsi alla nuova posizione.
Nonostante questo, in alcuni casi il sangue stenta a ritrovare la via
del cuore, risale con difficoltà e spesso ristagna nelle vene,
dilatandole, sfibrandole, fino a provocare quelle tortuosità bluastre
visibili  esternamente,  appunto le varici. La debolezza delle
pareti venose è un fattore congenito, familiare,  ma nella genesi
delle varici, altri fattori, tra cui le abitudini alimentari, la 
sedentarietà, lo stile di vita, hanno un ruolo importante. Si tratta,
in un certo senso, di una malattia del benessere, che colpisce infatti
preferibilmente le popolazioni di razza bianca, quelle in cui gli alimenti
ricchi di fibre, le verdure, i cereali, i legumi, hanno ceduto il posto
ai raffinati piatti iperproteici, ed in cui la sedentarietà è diventata una
schiavitù al pari della fatica. La mancanza di fibre nell'alimentazione
favorisce la stitichezza e, in seconda istanza, le varicosità e le
emorroidi giacché la stasi delle feci provoca un aumento della pressione
intestinale capace di ostacolare il ritorno del sangue venoso.
La mancanza di movimento invece, indebolisce progressivamente le masse
muscolari che sorreggono le pareti venose e che, con le loro contrazioni,
aiutano il sangue a risalire verso il cuore.
Le donne si ammalano di varici più facilmente degli uomini
(in ragione di una a tre) perché costituzionalmente più esposte,
probabilmente a causa della stretta connessione tra ormoni,
estrogeni e progesterone, e sistema circolatorio. Formicolio,gonfiore e
pesantezza delle gambe, i sintomi classici della malattia, sono più
intensi nel periodo immediatamente precedente le mestruazioni e peggiorano
con le gravidanze, soprattutto quelle successive alla prima, anche a
causa delle aumentate dimensioni dell'addome che ostacolano il deflusso
del sangue e ne favoriscono invece la stasi negli arti inferiori.
Per lo stesso motivo, anche l'obesità è considerata un fattore di rischio.
Ridurre i fattori di rischio,modificando lo stile di vita, significa già
prevenire la malattia, i consigli dei medici sono chiari e semplici da
mettere in pratica.
Una dieta più ricca di fibre, e quindi verdure crude o cotte, legumi secchi,
frutta fresca o secca, cereali integrali. Aiutare la pompa muscolare
anche con piccoli movimenti di flessione ed estensione del piede quando si
sta seduti o alzandosi piu volte sulla punta dei piedi quando si sta eretti.
Portando, appena possibile, le gambe più in alto del cuore di almeno 15 cm.
magari anche la notte, con un cuscino sotto il materasso. Eliminando
tutti quegli indumenti che esercitano una costrizione (stivali,cinture,
guaine, corsetti, giarrettiere) e  tacchi superiori ai 4 cm.
Proteggendosi dalle fonti di calore, anche dai raggi solari,
controllando che l'acqua del bagno e della doccia non superi i 35°-36°
ed evitando sopratutto, nel caso di gambe già compromesse, il trauma
delle cerette depilatrici.
La nuova strategia per l'intervento chirurgico delle varici si chiama CHIVA
(cura emodinamica dell'insufficienza venosa ambulatoriale) ed è una vera
e propria rivoluzione nel campo dell'angiologia. Messa a punto dal francese
Claude Franceschì, direttore del Servizio Emodinamico dell'Ospedale 
Saint Joseph di Parigi e rapidamente esportata in Italia è praticata in nove centri)
la tecnica  altamente conservativa, consente di risolvere il problema 
varici in modo non traumatico, con un intervento ambulatoriale
in anestesia locale e senza cicatrici. Il tutto, grazie a quegli apparecchi
di alta tecnologia che sono gli ecografi a doppler pulsato e che,
grazie agli ultrasuoni, consentono di seguire il "traffico" sanguigno
nelle vene millimetro per millimetro, individuando con precisione i
punti dove si creano "ingorghi".
Dopo un accurato esame emodinamico, infatti, il chirurgo interviene 
soltanto nei punti colpiti da varicosità. Attraverso minuscole incisioni i tratti danneggiati vengono ostruiti ed isolati con appositi legamenti, ed il tragitto
del sangue in risalita viene deviato nel percorso profondo attraverso
vie differenti, eliminando quel ristagno che genera la patologia varicosa.
Una chirurgia conservativa, perché il flusso sanguigno viene ristabilito
senza inutili sacrifici, la safena non viene asportata ma recuperata 
alla sua funzione, ed anche i segmenti sani vengono risparmiati.
L'operazione richiede un'ora per l'esame ecografico e venti minuti per
l'intervento vero e proprio, dopodiché il paziente può tornare
tranquillamente a casa con le sue gambe. Senza asportazione di tessuti 
e con i vasi legati ad uno ad uno, anche il rischio di complicanze è
praticamente ridotto. L'intervento ambulatoriale apre la porta della 
soluzione anche a tutti quei varicosi, anziani, diabetici, cirrotici, 
cardiopatici, che non sono in grado di tollerare lo stress dell'anestesia generale.
La metodologia è indicata per gli interventi sul circolo venoso superficiale,
che trasporta un decimo del sangue in risalita ed è interessato, nel 94(%
dei casi, della malattia. La tecnica CHIVA con cui nell'ultimo anno sono
stati trattati nell'area mediterranea circa mille casi, è stata illustrata 
a Napoli durante i lavori di un video-corso di aggiornamento (organizzato
dalla Società Italiana di Flebolinfologia, dalla Cattedra di chirurgia
Generale del II Policlinico diretta dal prof: F. Mazzeo e
dalla Divisione di Chirurgia d'Urgenza del Loreto Mare, primario prof. R. Conte)
dallo stesso Franceschi, e dal prof: S. De Franciscis
dell'Università di Catanzaro e dal dott L. Scaramuzzino dei Loreto Mare.

Gaty Sepe