Top and Medical News Anno 1 n. 1 - dicembre 1993
Considerazioni personali sulla C.H.I.V.A.
Ottavio Cancelli
La CHIVA, come ormai tutti sanno, è intesa come una strategia
flebochirurgica che consiste nel trattamento conservativo
emodinamico delle varici degli arti inferiori in regime ambulatoriale.
Concetti base e scopi della CHIVA.
- E' indispensabile la presenza di un circolo profondo venoso
perfettamente pervio e valvolato.
L'intervento consiste in un frazionamento della safena e dei grossi
vasi venosi verticali mediante la legatura della safena,alla crosse
a raso della femorale lasciando le tributarie ostiali e praticando
quindi delle legature degli assi venosi subito al di sotto delle
perforanti, in modo da creare un flusso di drenaggio unidirezionale
dall'alto al basso nei tratti safenici, e dal circolo profondo al
superficiale nelle perforanti sufficienti o no.
- Tale situazione emodinamica più che in ortostasi verrebbe
ulteriormente attivata durante la deambulazione quando il circolo
venoso profondo agirebbe come una potente pompa aspirante sul circolo
superficiale (effetto sifone). Durante la contrazione muscolare non si
verificherebbe inversione flusso venoso (dal circolo venoso profondo a
quello superficiale) per I'intervento di un meccanismo a cravatta
esercitato dalla contrazione delle fibre muscolari che contornano
le vene perforanti.
- Si da per scontato la possibilità di individuare con esattezza le
perforanti che verranno utilizzate come siti di rientro utilizzando un
ecotomografo e un doppler a onda continua.
- Si conserverebbe quindi il patrimonio venoso dell'arto inferiore nella
prospettiva di un suo possibile utilizzo in ambito coronarico e per
l'eventuale terapia chirurgica delle arteriopatie dell'arto inferiore.
- Il tutto viene praticato in una sola seduta, in anestesia locale,
in regime strettamente ambulatoriale con ottimi risultati estetici
e in assenza di traumi nervosi.
Precisazioni critiche sulla metodica.
- In presenza di varici safeniche. lo sappiamo da studi di anatomia ed
istopatologia, anche il circolo venoso profondo è spesso
(in circa il 50% dei casi) alterato sia per ciò che concerne la
componente valvolare che quella parietale.
- Dopo la CHIVA le varicosità più grossolane, anche se col tempo possono,
durante la deambulazione, ridursi di calibro. persistono nell'ortostasi,
come si vede chiaramente dai video presentati dagli stessi sostenitori
della metodica.
- Non ci sono prove sicure che abbiano mai confermato il meccanismo a cravatta
sopracitato.
- A detta degli stessi operatori CHIVA la metodica non è applicabile in
pazienti con varicosità diffuse in cui la mappatura delle perforanti è
estremamente complessa. Similmente la CHIVA non può essere attuata in
presenza di grosse perforanti di Cockett: si ritiene che queste perforanti
voluminose debbano essere sezionate e legate pena costanti recidive.
Anche "la conservazione della varice safenica è discutibile quando il
calibro è estremamente ectasico, il decorso molto tortuoso e quando siano
presenti grossolane lacune venose o aneurismi venosi" (Consiglio).
- A parte poi il problema non facile dell'addestramentro degli operatori in
grado di eseguire una precisa mappatura, lascia perplessi il fatto che gli
operatori CHIVA affermino di essere in grado di individuare tutte le
perforanti che dovranno essere poi utilizzate come siti di rientro, quando
si sa che le perforanti dell'arto inferiore non sono solo quelle 6-7
classiche (Cockett, Boyd, Dodd) ma che superano abbondantemente il centinaio
ed hanno spesso sede e decorso imprevedibili.
- Mal si comprende poi come, dopo le legature venose, oltre ad una riduzione di
calibro, la vena varicosa riprenderebbe gradatamente a comportarsi come una vena
normale, mentre sappiamo che esistono lavori fondamentali che dimostrano
l'irreversibilità anatomica della degenerazione varicosa.
Per ciò che concerne la conservazione del patrimonio safenico utilizzabile
in ambito coronarico si sa che la safena varicosa mal si presta ad essere
utilizzata per by-pass cardiochirurgici. Ma anche l'impiego di brevi
tratti di safena per il confezionamento di lunghi by-pass artuali nella
terapia delle arteriopatie dell'arto inferiore: lascia alquanto perplessi.
- La pratica dell'intervento in anestesia locale, in regime strettamente
ambulatoriale con buoni risultati estetici, non è una
prerogativa della CHIVA; anzi molto meglio si può fare, specie sul piano
estetico, con uno stripping corto abbinato a microincisioni in ambito
ambulatoriale, quasi sempre in una sola seduta, con dimissione del paziente
trenta minuti dopo la fine dell'intervento. Circa il fatto che la CHIVA
possa essere eseguita in una sola seduta (il che aumenterebbe la
compliance del paziente verso questo tipo di interventi) molti operatori
CHIVA contestano questa asserzione: lo stesso Consiglio, angiochirurgo di
grossa esperienza e mio amico, riconosce che "se non fosse per ragioni
facilmente intuibili la tecnica CHIVA andrebbe sempre eseguita in due tempi:
prima dovrebbe essere praticata la legatura della safena alla crosse e
almeno dopo un mese la legatura sezione dei rami varicosi subito sotto
la confluenza delle perforanti".
Ci sono poi statistiche che parlano del 15% di recidive a distanza di un anno,
il che comporta la necessità di ulteriori gesti chirurgici, talora piuttosto
complessi specie ad es. se si deve reintervenire a livello della cicatrice
inguinale.
- E ancora alcune statistiche italiane parlano del 10% circa di complicanze
flebitiche a carico dei tratti safenici interrotti (le statistiche dei francesi
danno percentuali più consistenti). In questi casi il tratto safenico
interessato dalla flebite non potrà più essere utilizzato come vena di scarico
per cui il sangue proveniente dal territorio tributario dovrà scaricarsi in
altri tratti del vaso creando in quella sede una ipertensione localizzata.
Comunque per una metodica che si prefigge di eliminare le complicanze della
stasi e dell'ipertensione venosa tutto ciò non rappresenta certo un buon risultato.
Ma anche le complicanze nervose (parestesie) sono tutt'altro che infrequenti
e sarebbero dovute alla legatura safenica sotto il ginocchio dove il
nervo è adeso alla vena.
Conclusioni
La mia personale convinzione è che da più parti vanno sicuramente riconosciuti
alcuni aspetti positivi della CHIVA: la quasi totale assenza di ematomi e la mancanza, durante l'esecuzione della tecnica, di atti che comportino vivo dolore
(quali lo stripping).
D'altra parte dopo l'intervento di exeresi una buona compressione riduce al minimo l'ematoma post-operatorio che comunque scompare completamente nell'arco di 20-30 giorni.
II dolore da stripping viene ottima-
mente controllato da analgesici a pronta
eliminazione utilizzati dall'anestesista (che deve
a nostro avviso essere sempre presente sia
quando venga praticato l'intervento di exeresi
che nel caso si esegua la CHIVA).
Comunque la mia personale convinzione è che da più parti si vuole proporre una
strategia terapeutica per la cura chirurgica delle
varici (la CHIVA) che sicuramente è innovativa
pur comprendendone male i reali vantaggi
rispetto alla metodica tradizionale: la "classi-
ca" tecnica di exeresi chirurgica (crossectomia-
stripping. lungo o corto) abbinata alla moderna
flebectomia per mini incisioni. consente di
eliminare con sicurezza i disturbi dovuti alla
ipertensione venosa, nonché di prevenire le
complicanze della malattia varicosa in regime
ambulatoriale, quasi sempre in una sola seduta
e con ottimi risultati estetici.
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