Centro Diagnostico
Napoli,*Neurochirurgia, Osp. civ. Caserta, Italia
Esiste una notevole disparità tra il complesso delle informazioni di neurofisiopatologia e quelle effettivamente adoperate per l'approccio clinico al malato cerebrovascolare, mancando nella pratica un legame stretto tra la fisiopatologia e la clinica.
L'importanza dell'irrorazione cerebrale è evidente se si considera
che il cervello rappresenta soltanto il 2% in peso del corpo umano, mentre
il flusso ematico cerebrale (CBF) è in media di 800 ml/min, cioè
circa il 15% della portata cardiaca. Il flusso regionale è circa
40-60 ml/min, dove per regione si intende circa un lobo cerebrale.
L'ischemia è una condizione in cui l'apporto di ossigeno a un
tessuto è minore delle sue esigenze metaboliche. I clinici però
sono interessati anche alle condizioni che preparano il terreno all'ischemia,
in quanto su queste essi possono agire nel tentativo di evitare l'insorgenza
dell'evento patologico.
Per questo nell'analisi del compenso vanno inglobate anche le condizioni
a rischio, asintomatiche e non ischemiche, nelle quali pur in presenza
di un ostacolo in una importante via di conduzione, tuttavia il circolo
collaterale alimenta validamente il parenchima.
Perché si sviluppi un valido circolo collaterale è necessario
che siano ben rappresentate le vie anastomotiche intracraniche già
descritte nel precedente capitolo sulla diagnostica del compenso. In particolare
il circolo di Willis e le anastomosi del plesso oftalmico.
Spesso il poligono di Willis è incompleto e questo condiziona
l'insorgenza di eventi ischemici più drammatici in caso di ostruzione
di uno dei vasi principali a destinazione endocranica.
La prima forma di compenso si ha con la variazione del flusso nelle
anastomosi. Il flusso ha una direzione determinata dai gradienti di energia.
Quando questi cambiano, ad es. per ostruzione o stenosi serrata di un vaso,
anche la direzione del flusso ne risente con effetti di aumento, invarianza,
riduzione, azzeramento, inversione.
Su queste risposte e sulle manovre di compressione si basano i tests
diagnostici già descritti per l'individuazione del compenso.
Un modello abbastanza generale di circolo collaterale è mostrato
in Fig.1, dove è riconoscibile lo schema
elettrico del Ponte di WheatStone.
Se si incrementa notevolmente la resistenza del ramo A oppure se si
apre la maglia sopprimendo il ramo A, il letto a valle V1 riceve
sangue da B attraverso l'anastomosi. Ma anche per variazioni meno drastiche
della resistenza di A il sangue nell'anastomosi può scorrere da
B verso A.
L'equilibrio del ponte, cioè la condizione in cui nell'anastomosi
non vi è flusso, si ottiene quando:
mentre per
il flusso va da B verso A. Viceversa per
il flusso va da A verso B.
Questo avviene nel settore arterioso, mentre in quello venoso le relazioni
di disuguaglianza si invertono.
Applicando al circuito il metodo alle maglie, il flusso di An (si
f
tralascia il calcolo) è dato da:
iAn = i1 - i2 = - (f/D)(AV2 - BV1);
dove il
determinante è positivo, perché somma di termini tutti
positivi (resistenze e prodotti di resistenze) e f cambia segno a seconda
che sia diretto verso il settore arterioso o venoso, per cui:
iAn <=> 0 se V2/V1 <=> B/A.
Nel caso che A e B siano le due carotidi interne, An la comunicante
anteriore, V1 e V2 i due letti intracranici a valle,
occorre che il rapporto delle resistenze dei due letti a valle sia maggiore
del rapporto tra le resistenze delle due carotidi. Se V1 e V2,
sono liberi senza malformazione del Willis (V1 = V2
e V1/V2 ~ 1), allora B deve essere più libera
di A, cioè A ha un calibro minore o è stenotica (Fig.
2).
Nel caso che V1 e V2 siano invece molto diversi,
ad es. embolia distale su V2 con alte resistenze, mentre le
due carotidi sono comparabili, allora parte del flusso di B è deviato
verso V1 invece che su V2. In pratica, i territori
sani rubano sangue alle zone occluse (Fig. 3).
Una osservazione conclusiva è allora che l'emoderivazione (o
furto) avviene solo per l'esistenza di anastomosi a monte delle zone ostruite,
mentre sono messe in condizioni ideali di funzionamento le anastomosi a
valle di una ostruzione.
In pratica la comunicante anteriore, posta a monte di una cerebrale
media lesa nei suoi rami terminali, le ruba sangue mentre il compenso deriva
dalle anastomosi piali poste a valle dell'ostruzione.
Se il flusso regionale cade al di sotto dei 10 ml/100gr tessuto/min,
la morte neuronale sopraggiunge entro circa 6 minuti. Questo significa
che nulla può essere tentato per il recupero di questa zona.
L'area necrotica è però circondata da un'area di ischemia,
nella quale i neuroni sono soltanto sottoposti a una irrorazione deficitaria,
pur tuttavia sufficiente a mantenerli in uno stato di vita con evidente
limitazione funzionale.
Quest'area è detta di penombra ischemica o penumbra. Lo scopo
ultimo di ogni terapia attuale è quindi quello di recuperare la
penombra a uno stato di funzionamento normale. Nel focolaio si avrebbe
una riduzione dell'HCT e dell'aggregazione eritrocitaria, mentre nell'area
di penombra questi valori aumenterebbero.
L'estensione della necrosi e della penombra è determinata dalla
sede dell'ostruzione vasale e dal carattere terminale o meno del letto
vascolare escluso (ultimi prati).
Se il territorio ha una irrorazione dipendente da più vasi,
il compenso viene in genere dalle anastomosi distali con le arterie piali
e precorticali. Resta il problema della regolazione delle anastomosi piali,
del perché alcune sono più ampie o meno, favorendo così
in modo diverso il recupero delle aree rivascolarizzate.
La circolazione cerebrale si svolge in un compartimento a volume costante,
la scatola cranica, per cui ogni variazione di volume dei sotto-compartimenti
avviene a spese di una variazione opposta nelle altre sezioni.
La somma dei volumi di queste sezioni è quindi costante. Nessun
altro organo si trova in questa condizione. Vi si avvicinano soltanto quegli
organi che hanno una capsula più o meno rigida.
Altro analogo è la loggia del muscolo tibiale anteriore alla
gamba, con la sua patologia da compressione nelle sindromi da rivascolarizzazione.
Variazioni volumetriche di alcuni compartimenti insorgono nell'edema
cerebrale, citotossico (intracellulare) o vasogenico (extracellulare).
In quest'ultimo il passaggio di acqua e ioni attraverso la barriera
emato-encefalica avviene per passaggio attraverso le cosiddette "tie junctions"
endoletiali. L'endotelio però è solo una zona di passaggio
e non si rigonfia.
L'encefalo è sprovvisto di vasi linfatici parenchimali. Gli
spazi perivascolari sono funzionalmente analoghi ai vasi linfatici.
Malgrado la pressione sistemica (SABP) sia molto variabile, esistono
meccanismi non definitivamente noti che determinano la costanza del CBF
o autoregolazione.
L'autoregolazione è presente in tutti gli organi, ma è
maggiormente pronunciata nel cervello e nel rene.
Se il CBF è pressocché costante, esiste tra le medie
una relazione quasi lineare tra la caduta di pressione (DP) e la resistenza
( R ) del letto vascolare cerebrale.
DP = R * CBF
Questo fa sì che quando l'autoregolazione è ben funzionante
si abbia vasodilatazione nella ipotensione e vasocostrizione nell'ipertensione,
in modo da ridurre al minimo le variazioni del CBF.
Fattori dell' autoregolazione sono pH, l'ematocrito, pCO2,
pO2, la saturazione in Ossigeno dell'emoglobina (SaO2),
la differenza artero-venosa carotidea-giugulare in Ossigeno (DavO2),
il sistema neurovegetativo e la pressione intracranica (ICP). Non sembra
invece che ci sia correlazione tra l'attività metabolica e il CBF.
Una stenosi carotidea determina malfunzionamenti dell'autoregolazione:
il CBF si riduce quando la % di stenosi è maggiore del 94% in area
e del 75% in diametro con una riduzione significativa della pressione a
valle.
L'autoregolazione è specifica del versante arteriolare e non
di quello venulare.
Nel 1902 Bayliss teorizzò l'effetto miogenico che prese poi il
suo nome. Un vaso sottoposto a un incremento della pressione transmurale
si contrae, viceversa si dilata per sua riduzione.
La cellula muscolare liscia vasale si comporterebbe cioè come
un recettore di lunghezza secondo Folkow o di tensione secondo Johnson.
La vasocostrizione delle arterie prossimali sotto controllo miogenico
come risposta a un incremento pressorio provoca una caduta pressoria a
valle, prevenendo con un effetto protettivo la vasocostrizione miogenica
delle arteriole distali.
Secondo molti autori l'autoregolazione è prevalentemente miogenica.
Le giunzioni mioepiteliali si comportano come i recettori di tensione del
rene.
Il comportamento dell'ematocrito (HCT) nelle zone ischemiche è
controverso: aumento o riduzione?
La riduzione dell'HCT comporta la comparsa di microvasi plasmatici,
privi cioè di contenuto cellulare, nei quali il trasporto dell'Ossigeno
si riduce alla sola quota disciolta nel sangue, con ulteriore aggravamento
dell'ischemia.
Il flusso di sangue capillare è instabile e cambia in modo capriccioso
e non sincrono con l'attività cardiaca. Quando il calibro si riduce
fino ad essere paragonabile al diametro di un globulo rosso, il flusso
cellulare si svolge "a bolo", nel senso che le cellule ematiche attraversano
rapidamente il microvaso, che resta invece per la gran parte del tempo
soltanto occupato dal plasma. Se il diametro vasale è inferiore
a 2,8 m allora non è materialmente possibile che un globulo rosso
possa attraversarlo. Ovviamente questo valore aumenta nelle condizioni
di ridotta deformabilità eritrocitaria.
L'instabilità dell'HCT è dovuta in parte all'instabilità
della velocità capillare.
Vi sono dati sperimentali e modelli matematici che depongono per un
frazionamento del contenuto cellulare del sangue in una diramazione in
funzione della velocità di flusso nella branca. Al di sotto di un
certo calibro, l'angolo di ramificazione non sarebbe importante. La componente
cellulare si trasferirebbe nella branca dotata della maggiore velocità
di flusso (Fig. 4). Un elemento di riequilibrio
potrebbe essere apportato dalla riduzione parallela della viscosità
nella branca plasmatica con aumento della velocità di flusso.
Sussiste un problema di definizione dell'HCT, che in questo caso è
visto "in vivo" rispetto alle comuni misure di laboratorio "in vitro".
In entrambi i casi, però il parametro tempo è presente anche
se nascosto.
L'HCT è definito come la frazione del volume del sangue intero
occupata dai globuli rossi. In questa definizione il tempo non compare,
ma le misure di laboratorio, ottenute per sedimentazione della componente
cellulare, ci dicono che il tempo è importante in quanto la misura
dipende da esso con un andamento quasi esponenziale negativo. Questo carattere
è messo maggiormente in evidenza dalle misura con centrifuga, nelle
quali il tempo di osservazione è molto ridotto.
"In vivo", il tempo assume invece una importanza fondamentale. Se si
misura l'HCT su una microfotografia, allora è molto probabile trovare
il vaso in una fase soltanto plasmatica, mentre l'osservazione seriata
ci permette di osservare il contenuto cellulare.
Un metodo di misura dell'HCT consiste nella misura della superficie
occupata dai globuli rossi in rapporto a quella coperta dai capillari.
I vasi di resistenza cerebrali al di sotto del calibro di 0,4 mm rispondono
essenzialmente a fattori di controllo di carattere locale. Questi fattori
sono di varia natura: chimici, neurogeni, umorali. La fisiologia di questo
controllo è difficile e variabile secondo la specie animale studiata,
mentre i risultati spesso dipendono dal metodo di studio.
Ad es., nello studio degli effetti sul tono muscolare, questo può
essere simulato meccanicamente o farmacologicamente e spesso i risultati
delle sostanze saggiate è diverso. Inoltre, i vasi possono essere
studiati isolati dal loro contesto, cioè in vitro, oppure in situ,
lasciando intatte tutte le loro connessioni locali. Non vi è una
regola per desumere il comportamento in situ da quello in vitro.
L'integrità della barriera emato-encefalica comporta l'assenza
di azione di alcune sostanze che hanno invece un'azione energica se iniettate
localmente nello spazio perivascolare.
Questi comportamenti diversi sono riassunti nella Tabella 1, alla quale
si rimanda per i particolari, mentre nel testo si sottolineano alcuni elementi
peculiari.
Tutti i fattori chimici locali non agiscono sull'autoregolazione, perché
la loro concentrazione perivascolare non cambia durante le variazioni pressorie.
L'autoregolazione si mette in evidenza per valori pressori compresi
in un intervallo tra 50 e 150 mmHg. Al di sotto del limite inferiore, l'azione
vasodilatante sembra mediata dall'adenosina, mentre il limite superiore
dell'autoregolazione può essere spostato verso l'alto dalla stimolazione
simpatica. Quest'ultima esercita anche un'azione di protezione sulla barriera
emato-encefalica durante le crisi ipertensive (Fig.
5).
L'acetilcolina ha un azione endotelio dipendente, mentre l'istamina
è endotelio indipendente. Questo significa che l'infusione intra-arteriosa
non sortisce effetto.
Le fibre colinergiche sono inoltre coinvolte nella anticipazione della
vasodilatazione, in analogia a quanto avviene negli arti inferiori nei
momenti che precedono un esercizio muscolare.
Le piccole vene possono contrarsi anche se sprovviste di cellule muscolari
lisce, in quanto nella parete vasale vi sono elementi contrattili.
Inoltre, per quanto si sia osservato, non è mai stato possibile
mettere in evidenza fibre connesse ai vasi parenchimali. Non c'è
quindi controllo neurogeno dell'autoregolazione nei vasi parenchimali,
in contrasto con quanto osservato nelle meningi.
Vale la formula:
Quando l'autoregolazione funziona, CmRO2 è funzione
lineare di DavO2, che quindi può essere adoperato
per la stima dell'attività metabolica.
Invece nei traumi cranici e nel coma ischemico, quando CmRO2
è ipotizzato basso e costante, l'innalzamento del DavO2
è indice clinico di una brusca caduta del flusso ematico cerebrale.
Fattore |
|
|
|
Chimici Locali | |||
H+ |
|
l’ azione della CO2 è mediata dallo ione H+ | |
K + |
|
calibro ridotto oltre una soglia di K + | |
Ca++ |
|
modulazione di K + e H + | |
adenosina |
|
f(K+) > f(H+)
> f(adenosina)
provoca parzialmente la dilatazione al limite inferiore dell’ autoregolazione |
|
osmolarità |
|
||
Attivazione corticale |
|
mediata da aumento di K+
e riduzione di Ca++
aumento della pO2 e di H+ interstiziale |
|
forte ipossia o
ischemia temporanea |
|
mediata da K+ e da adenosina | |
NEUROGENI | |||
f. adrenergiche |
|
ridotto da agonisti H1,
H2 e nicotinici
difesa della barriera emato encefalica ai limiti superiori e sposta il limite superiore dell’ autoregolazione |
|
noradrenalina |
|
potenziato da K+ | |
f. colinergiche |
|
|
recettori muscarinici |
acetilcolina |
|
|
endotelio dipendente |
f. serotoninergiche |
|
||
serotonina |
|
|
|
PEPTIDI | |||
sostanza P |
|
l’ antagonista è la
Dpro-Dtrp sostanza P
aumenta nell’ ipotalamo per incremento del metabolismo |
|
peptide vasoattivo intestinale |
|
aumento anche del calibro
delle vene piali.
Inibito dagli inibitori della ciclo-ossigenasi, mediato da PG |
|
UMORALI (prodotti locali) | |||
istamina |
|
pochi recettori H1
endotelio indipendente nessun effetto sulle vene aumento della permeabilità della barriera emato-encefalica |
|
agonisti H1 |
|
||
agonisti H2 |
|
||
bradichinina |
|
si forma nelle aree danneggiate, azione su b2, kininasi II non coinvolta (circa 10 kininasi nel cervello), riduce il calibro delle vene piali, passaggio del Na+ nel parenchima | |
Prostaglandine (PG) | |||
PGF2a, PGE2 | riduzione(a) |
|
riduzione di consumo di O2(a) |
PGI2 | aumento(a) |
|
l’ aumento del CBF per CO2 è mediato dalle PGI2 e ridotto dalla indometacina |
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