Fisiopatologia 
del Compenso Cerebrale

Fausto Passariello e Raffaele Carbone*

Centro Diagnostico Napoli,*Neurochirurgia, Osp. civ. Caserta, Italia



 

Esiste una notevole disparità tra il complesso delle informazioni di neurofisiopatologia e quelle effettivamente adoperate per l'approccio clinico al malato cerebrovascolare, mancando nella pratica un legame stretto tra la fisiopatologia e la clinica.

 
Il Circolo Collaterale

L'importanza dell'irrorazione cerebrale è evidente se si considera che il cervello rappresenta soltanto il 2% in peso del corpo umano, mentre il flusso ematico cerebrale (CBF) è in media di 800 ml/min, cioè circa il 15% della portata cardiaca. Il flusso regionale è circa 40-60 ml/min, dove per regione si intende circa un lobo cerebrale.
L'ischemia è una condizione in cui l'apporto di ossigeno a un tessuto è minore delle sue esigenze metaboliche. I clinici però sono interessati anche alle condizioni che preparano il terreno all'ischemia, in quanto su queste essi possono agire nel tentativo di evitare l'insorgenza dell'evento patologico.
Per questo nell'analisi del compenso vanno inglobate anche le condizioni a rischio, asintomatiche e non ischemiche, nelle quali pur in presenza di un ostacolo in una importante via di conduzione, tuttavia il circolo collaterale alimenta validamente il parenchima.
Perché si sviluppi un valido circolo collaterale è necessario che siano ben rappresentate le vie anastomotiche intracraniche già descritte nel precedente capitolo sulla diagnostica del compenso. In particolare il circolo di Willis e le anastomosi del plesso oftalmico.
Spesso il poligono di Willis è incompleto e questo condiziona l'insorgenza di eventi ischemici più drammatici in caso di ostruzione di uno dei vasi principali a destinazione endocranica.
La prima forma di compenso si ha con la variazione del flusso nelle anastomosi. Il flusso ha una direzione determinata dai gradienti di energia. Quando questi cambiano, ad es. per ostruzione o stenosi serrata di un vaso, anche la direzione del flusso ne risente con effetti di aumento, invarianza, riduzione, azzeramento, inversione.
Su queste risposte e sulle manovre di compressione si basano i tests diagnostici già descritti per l'individuazione del compenso.
Un modello abbastanza generale di circolo collaterale è mostrato in Fig.1, dove è riconoscibile lo schema elettrico del Ponte di WheatStone.
Se si incrementa notevolmente la resistenza del ramo A oppure se si apre la maglia sopprimendo il ramo A, il letto a valle V1 riceve sangue da B attraverso l'anastomosi. Ma anche per variazioni meno drastiche della resistenza di A il sangue nell'anastomosi può scorrere da B verso A.
L'equilibrio del ponte, cioè la condizione in cui nell'anastomosi non vi è flusso, si ottiene quando:

V2/V1 = B/A

mentre per

V2/V1 > B/A

il flusso va da B verso A. Viceversa per

V2/V1 < B/A

il flusso va da A verso B.

Questo avviene nel settore arterioso, mentre in quello venoso le relazioni di disuguaglianza si invertono.
Applicando al circuito il metodo alle maglie, il flusso di An (si
f
tralascia il calcolo) è dato da:

iAn = i1 - i2 = - (f/D)(AV2 - BV1);

dove il

determinante è positivo, perché somma di termini tutti positivi (resistenze e prodotti di resistenze) e f cambia segno a seconda che sia diretto verso il settore arterioso o venoso, per cui:
iAn <=> 0 se V2/V1 <=> B/A.
Nel caso che A e B siano le due carotidi interne, An la comunicante anteriore, V1 e V2 i due letti intracranici a valle, occorre che il rapporto delle resistenze dei due letti a valle sia maggiore del rapporto tra le resistenze delle due carotidi. Se V1 e V2, sono liberi senza malformazione del Willis (V1 = V2 e V1/V2 ~ 1), allora B deve essere più libera di A, cioè A ha un calibro minore o è stenotica (Fig. 2).
Nel caso che V1 e V2 siano invece molto diversi, ad es. embolia distale su V2 con alte resistenze, mentre le due carotidi sono comparabili, allora parte del flusso di B è deviato verso V1 invece che su V2. In pratica, i territori sani rubano sangue alle zone occluse (Fig. 3).
Una osservazione conclusiva è allora che l'emoderivazione (o furto) avviene solo per l'esistenza di anastomosi a monte delle zone ostruite, mentre sono messe in condizioni ideali di funzionamento le anastomosi a valle di una ostruzione.
In pratica la comunicante anteriore, posta a monte di una cerebrale media lesa nei suoi rami terminali, le ruba sangue mentre il compenso deriva dalle anastomosi piali poste a valle dell'ostruzione.

 
 
La Penombra

Se il flusso regionale cade al di sotto dei 10 ml/100gr tessuto/min, la morte neuronale sopraggiunge entro circa 6 minuti. Questo significa che nulla può essere tentato per il recupero di questa zona.
L'area necrotica è però circondata da un'area di ischemia, nella quale i neuroni sono soltanto sottoposti a una irrorazione deficitaria, pur tuttavia sufficiente a mantenerli in uno stato di vita con evidente limitazione funzionale.
Quest'area è detta di penombra ischemica o penumbra. Lo scopo ultimo di ogni terapia attuale è quindi quello di recuperare la penombra a uno stato di funzionamento normale. Nel focolaio si avrebbe una riduzione dell'HCT e dell'aggregazione eritrocitaria, mentre nell'area di penombra questi valori aumenterebbero.
L'estensione della necrosi e della penombra è determinata dalla sede dell'ostruzione vasale e dal carattere terminale o meno del letto vascolare escluso (ultimi prati).
Se il territorio ha una irrorazione dipendente da più vasi, il compenso viene in genere dalle anastomosi distali con le arterie piali e precorticali. Resta il problema della regolazione delle anastomosi piali, del perché alcune sono più ampie o meno, favorendo così in modo diverso il recupero delle aree rivascolarizzate.

 
 
Il Volume Cranico

La circolazione cerebrale si svolge in un compartimento a volume costante, la scatola cranica, per cui ogni variazione di volume dei sotto-compartimenti avviene a spese di una variazione opposta nelle altre sezioni.
La somma dei volumi di queste sezioni è quindi costante. Nessun altro organo si trova in questa condizione. Vi si avvicinano soltanto quegli organi che hanno una capsula più o meno rigida.
Altro analogo è la loggia del muscolo tibiale anteriore alla gamba, con la sua patologia da compressione nelle sindromi da rivascolarizzazione.

 
 
L'Edema

Variazioni volumetriche di alcuni compartimenti insorgono nell'edema cerebrale, citotossico (intracellulare) o vasogenico (extracellulare).
In quest'ultimo il passaggio di acqua e ioni attraverso la barriera emato-encefalica avviene per passaggio attraverso le cosiddette "tie junctions" endoletiali. L'endotelio però è solo una zona di passaggio e non si rigonfia.
L'encefalo è sprovvisto di vasi linfatici parenchimali. Gli spazi perivascolari sono funzionalmente analoghi ai vasi linfatici.
 
 

L'Autoregolazione

Malgrado la pressione sistemica (SABP) sia molto variabile, esistono meccanismi non definitivamente noti che determinano la costanza del CBF o autoregolazione.
L'autoregolazione è presente in tutti gli organi, ma è maggiormente pronunciata nel cervello e nel rene.
Se il CBF è pressocché costante, esiste tra le medie una relazione quasi lineare tra la caduta di pressione (DP) e la resistenza ( R ) del letto vascolare cerebrale.

DP = R * CBF

Questo fa sì che quando l'autoregolazione è ben funzionante si abbia vasodilatazione nella ipotensione e vasocostrizione nell'ipertensione, in modo da ridurre al minimo le variazioni del CBF.
Fattori dell' autoregolazione sono pH, l'ematocrito, pCO2, pO2, la saturazione in Ossigeno dell'emoglobina (SaO2), la differenza artero-venosa carotidea-giugulare in Ossigeno (DavO2), il sistema neurovegetativo e la pressione intracranica (ICP). Non sembra invece che ci sia correlazione tra l'attività metabolica e il CBF.
Una stenosi carotidea determina malfunzionamenti dell'autoregolazione: il CBF si riduce quando la % di stenosi è maggiore del 94% in area e del 75% in diametro con una riduzione significativa della pressione a valle.
L'autoregolazione è specifica del versante arteriolare e non di quello venulare.
 

 
Controllo miogenico

Nel 1902 Bayliss teorizzò l'effetto miogenico che prese poi il suo nome. Un vaso sottoposto a un incremento della pressione transmurale si contrae, viceversa si dilata per sua riduzione.
La cellula muscolare liscia vasale si comporterebbe cioè come un recettore di lunghezza secondo Folkow o di tensione secondo Johnson.
La vasocostrizione delle arterie prossimali sotto controllo miogenico come risposta a un incremento pressorio provoca una caduta pressoria a valle, prevenendo con un effetto protettivo la vasocostrizione miogenica delle arteriole distali.
Secondo molti autori l'autoregolazione è prevalentemente miogenica. Le giunzioni mioepiteliali si comportano come i recettori di tensione del rene.
 

 
L'Ematocrito

Il comportamento dell'ematocrito (HCT) nelle zone ischemiche è controverso: aumento o riduzione?
La riduzione dell'HCT comporta la comparsa di microvasi plasmatici, privi cioè di contenuto cellulare, nei quali il trasporto dell'Ossigeno si riduce alla sola quota disciolta nel sangue, con ulteriore aggravamento dell'ischemia.
Il flusso di sangue capillare è instabile e cambia in modo capriccioso e non sincrono con l'attività cardiaca. Quando il calibro si riduce fino ad essere paragonabile al diametro di un globulo rosso, il flusso cellulare si svolge "a bolo", nel senso che le cellule ematiche attraversano rapidamente il microvaso, che resta invece per la gran parte del tempo soltanto occupato dal plasma. Se il diametro vasale è inferiore a 2,8 m allora non è materialmente possibile che un globulo rosso possa attraversarlo. Ovviamente questo valore aumenta nelle condizioni di ridotta deformabilità eritrocitaria.
L'instabilità dell'HCT è dovuta in parte all'instabilità della velocità capillare.
Vi sono dati sperimentali e modelli matematici che depongono per un frazionamento del contenuto cellulare del sangue in una diramazione in funzione della velocità di flusso nella branca. Al di sotto di un certo calibro, l'angolo di ramificazione non sarebbe importante. La componente cellulare si trasferirebbe nella branca dotata della maggiore velocità di flusso (Fig. 4). Un elemento di riequilibrio potrebbe essere apportato dalla riduzione parallela della viscosità nella branca plasmatica con aumento della velocità di flusso.
Sussiste un problema di definizione dell'HCT, che in questo caso è visto "in vivo" rispetto alle comuni misure di laboratorio "in vitro". In entrambi i casi, però il parametro tempo è presente anche se nascosto.
L'HCT è definito come la frazione del volume del sangue intero occupata dai globuli rossi. In questa definizione il tempo non compare, ma le misure di laboratorio, ottenute per sedimentazione della componente cellulare, ci dicono che il tempo è importante in quanto la misura dipende da esso con un andamento quasi esponenziale negativo. Questo carattere è messo maggiormente in evidenza dalle misura con centrifuga, nelle quali il tempo di osservazione è molto ridotto.
"In vivo", il tempo assume invece una importanza fondamentale. Se si misura l'HCT su una microfotografia, allora è molto probabile trovare il vaso in una fase soltanto plasmatica, mentre l'osservazione seriata ci permette di osservare il contenuto cellulare.
Un metodo di misura dell'HCT consiste nella misura della superficie occupata dai globuli rossi in rapporto a quella coperta dai capillari.

 
 
Controllo locale del flusso

I vasi di resistenza cerebrali al di sotto del calibro di 0,4 mm rispondono essenzialmente a fattori di controllo di carattere locale. Questi fattori sono di varia natura: chimici, neurogeni, umorali. La fisiologia di questo controllo è difficile e variabile secondo la specie animale studiata, mentre i risultati spesso dipendono dal metodo di studio.
Ad es., nello studio degli effetti sul tono muscolare, questo può essere simulato meccanicamente o farmacologicamente e spesso i risultati delle sostanze saggiate è diverso. Inoltre, i vasi possono essere studiati isolati dal loro contesto, cioè in vitro, oppure in situ, lasciando intatte tutte le loro connessioni locali. Non vi è una regola per desumere il comportamento in situ da quello in vitro.
L'integrità della barriera emato-encefalica comporta l'assenza di azione di alcune sostanze che hanno invece un'azione energica se iniettate localmente nello spazio perivascolare.
Questi comportamenti diversi sono riassunti nella Tabella 1, alla quale si rimanda per i particolari, mentre nel testo si sottolineano alcuni elementi peculiari.
Tutti i fattori chimici locali non agiscono sull'autoregolazione, perché la loro concentrazione perivascolare non cambia durante le variazioni pressorie.
L'autoregolazione si mette in evidenza per valori pressori compresi in un intervallo tra 50 e 150 mmHg. Al di sotto del limite inferiore, l'azione vasodilatante sembra mediata dall'adenosina, mentre il limite superiore dell'autoregolazione può essere spostato verso l'alto dalla stimolazione simpatica. Quest'ultima esercita anche un'azione di protezione sulla barriera emato-encefalica durante le crisi ipertensive (Fig. 5).
L'acetilcolina ha un azione endotelio dipendente, mentre l'istamina è endotelio indipendente. Questo significa che l'infusione intra-arteriosa non sortisce effetto.
Le fibre colinergiche sono inoltre coinvolte nella anticipazione della vasodilatazione, in analogia a quanto avviene negli arti inferiori nei momenti che precedono un esercizio muscolare.
Le piccole vene possono contrarsi anche se sprovviste di cellule muscolari lisce, in quanto nella parete vasale vi sono elementi contrattili.
Inoltre, per quanto si sia osservato, non è mai stato possibile mettere in evidenza fibre connesse ai vasi parenchimali. Non c'è quindi controllo neurogeno dell'autoregolazione nei vasi parenchimali, in contrasto con quanto osservato nelle meningi.
 
 

Stima del Flusso Cerebrale

Vale la formula:

Consumo metabolico di O2 = CmRO2 = CBF * DavO2

Quando l'autoregolazione funziona, CmRO2 è funzione lineare di DavO2, che quindi può essere adoperato per la stima dell'attività metabolica.
Invece nei traumi cranici e nel coma ischemico, quando CmRO2 è ipotizzato basso e costante, l'innalzamento del DavO2 è indice clinico di una brusca caduta del flusso ematico cerebrale.
 
 

Tabella 1. - Regolazione locale dei vasi di resistenza cerebrali
v arterie isolate, s in situ, a via intra-arteriosa
 
 
Fattore
CBF
Calibro arterie piali
Note
       
Chimici Locali      
       
H+  
aumento(vs)
l’ azione della CO2 è mediata dallo ione H+
K +  
aumento(vs)
calibro ridotto oltre una soglia di K +
Ca++  
riduzione(s)
modulazione di K + e H +
adenosina  
aumento(s)
f(K+) > f(H+) > f(adenosina) 

provoca parzialmente la dilatazione al limite inferiore dell’ autoregolazione

osmolarità  
aumento(s)
 
       
Attivazione corticale
aumento
  mediata da aumento di K+ e riduzione di Ca++ 

aumento della pO2 e di H+ interstiziale

       
forte ipossia o 

ischemia temporanea

 
aumento
mediata da K+ e da adenosina
       
NEUROGENI      
       
f. adrenergiche
riduzione(s)
  ridotto da agonisti H1, H2 e nicotinici 

difesa della barriera emato encefalica ai limiti superiori e sposta il limite superiore dell’ autoregolazione

noradrenalina
riduzione(s)
  potenziato da K+
       
f. colinergiche
aumento(s)
aumento(s)
recettori muscarinici
acetilcolina
aumento(s)
aumento(v)
endotelio dipendente
       
f. serotoninergiche
 
   
serotonina
 (a)
(a)
 
       
PEPTIDI      
       
sostanza P  
aumento(s)
l’ antagonista è la Dpro-Dtrp sostanza P 

aumenta nell’ ipotalamo per incremento del metabolismo

       
peptide vasoattivo intestinale  
aumento(s)
aumento anche del calibro delle vene piali. 

Inibito dagli inibitori della ciclo-ossigenasi, mediato da PG

       
UMORALI (prodotti locali)      
       
istamina  
vario(v), aumento(s)
pochi recettori H1 

endotelio indipendente 

nessun effetto sulle vene 

aumento della permeabilità della barriera emato-encefalica

agonisti H1  
riduzione
 
agonisti H2  
aumento
 
       
bradichinina  
specie dip(v)
aumento(s)
si forma nelle aree danneggiate, azione su b2, kininasi II non coinvolta (circa 10 kininasi nel cervello), riduce il calibro delle vene piali, passaggio del Na+ nel parenchima
       
Prostaglandine (PG)      
       
PGF2a, PGE2 riduzione(a)
riduzione(v)
aumento(s)
riduzione di consumo di O2(a)
PGI2 aumento(a)
metodo dipendente(v)
aumento(s)
l’ aumento del CBF per CO2 è mediato dalle PGI2 e ridotto dalla indometacina
 

  

 

Bibliografia

1) Bayliss W.M.: On the local reactions of the arterial wall to changes in internal pressure. J. Physiol. (London) 1902, 28: 220-231.
2) Burton A.C.: On the physical equilibrium of small blood vessels. Am. J, Physiol. 1951, 164: 319-329.
3) Folkow B.: Description of the myogenic hypothesis. Supplements to Circ. Res. 1964, 15:1279-1285.
4) Fung Y.C.: A First Course in Continuum Mechanics. Prentice.Hall, Englewood Cliffs, New Jersey, II edition, 1976.5)
5) Fung Y.C.: Biomechanics: Mechanical Properties of Living Tissues. Springer-Verlag, New York, Berlin, Heidelberg, 1981.
6) Fung Y.C.: Biodynamics: Circulation. Springer-Verlag, New York, Berlin, Heidelberg, Tokio, 1984.
7) International school of cerebral blood circulation Directors: C. Alvisi, G. Mchedlishvili . "Ettore Majorana" Centre for Scientific Culture, Erice, april 1990.
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11) Ursino M: A mathematical study of Human Intracranial Hydrodynamics. Part 2 - Simulation of clinical tests. Annals of Biomedical Engineering, 1988, 16: 403-416.
12) Ursino M., Savelli L.: Contribution of the myogenic mechanism to autoregulation: study with a mathematical model. Automedica, 1989, 10: 127-146.
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