da: Agorà, Anno II, n. 4, gennaio-marzo 2001, pagg. 48-50

Orazio Valenti: Lo scultore Eugenio Russo

 

Scomparso a 90 anni, nel sereno riserbo delle pareti domestiche, l'artista "delle forme dai sentimenti degli antichi valori".

Da poche settimane scomparso, lo scultore Eugenio Russo, ha lasciato non poche testimonianze del suo instancabile amore per l'arte in tutti i sensi.

Nato a Catania nel 1910, si è diplomato a Roma presso l'Accademia di Belle Arti nel 1934. Negli anni 1952 / 1980 ha insegnato "Plastica", prima presso il Liceo Artistico e gli Istituti d'Arte di Catania e di Giarre, poi "Scultura" presso l'Accademia di Belle Arti di Catania.

La sua forte preparazione, la sua acuta sensibilità, lo hanno distinto, fin dagli anni Trenta, in diverse tecniche che vanno dalla pittura alla scultura con terracotta variamente trattata, legno, bronzo, marmo.

Della giovanile esperienza pittorica ha conservato l'originalità per le rifiniture con terracotte lavorate, fregiate, patinate con effetti di colorazione e velatura originali. Anche se le sue opere mature sembrano semplici a prima vista, riguardandole meglio nel sentimento che traspare dalla forma, nei solchi, nei graffi sottili, nelle morbidezze accoglienti e dolci, notiamo un impegno operativo composto e severo.

Le sue opere di pittura, disegno e scultura, percorrono parecchie mostre collettive e personali dal 1934 ad oggi, a Roma, Milano, Venezia, Monza, Gubbio, Catania, ecc..

«La sua impostazione culturale severa nella materia e dalla sensibilità poetica lo faceva sempre discreto nel dar giudizio sulle opere degli altri, mai interveniva in polemiche», ci dice il prof. Sciavarello, suo amico ed estimatore.

Un vero artista era il Russo, della mano, dell'umiltà, dello spirito.

Le sue opere sembrano erroneamente legate alla Madre Materia, perché escono da questa come sfumate in un'unica pasta, avvolte da un velo amniotico, come a difendersi da un parto timido e possente, palpitante di mestizia e mistero.

Non parlano ma, meditano estatiche profondendo i sentimenti degli antichi valori, come quelli dell'amore materno, familiare, agricolo, per non parlare poi dei temi religiosi impregnati di una spiritualità intima, direi quasi ancestrale. Ed è proprio questo aspetto che collega la sua arte formale ad un passato remoto, preistorico, quando le sculture rappresentavano abbozzi umani arrotondati. Ma non possiamo semplicemente reincarnarlo a questi seppur elettivi esempi, perché da quei mantelli, dai corpi plasmati dalle sue mani, rigurgita delicata in noi un'eco che collega passato e presente, con ondulazioni marcate di sentimenti animici e riservati.

E così è stata la sua personalità.

Appena due mesi prima della sua scomparsa avevo avuto un affettuoso incontro a casa sua. Sì, sembrava un uomo come tanti altri, col peso degli anni, la tristezza di non avere la forza fisica di rendere espressiva la materia, ma dietro la sua figura curva sul bastone di un anelito nascosto, c'erano i suoi più profondi pensieri carichi di ricordi, di potenzialità creativa, di forme inespresse come fossero germi che volessero uscire da quegli occhi frammisti ad una tenerezza ferma e trasparente.

«Cosa sentiva quando nei suoi pensieri e nelle sue mani si agitava una figura... 

 

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