Sul prossimo numero di Agorà  (n. 10, luglio-settembre 2002)...


Dopo lo studio sull'epigrafe ebraica rinvenuta nella chiesa di S. Giovanni Battista a Siracusa, il nostro collaboratore Moshe Ben-Simon presenta una vasta sintesi monografica sulla storia della presenza ebraica in Sicilia. Ne proponiamo i paragrafi iniziali.

LA PRESENZA EBRAICA IN SICILIA

Tra memoria e oblio

Premessa storica

Tra le date storiche che hanno influenzato la transizione dall'età medievale all'età moderna, secondo la storica Lea Sestieri, ha un significato particolare l'anno 1492.

Quest'anno è di notevole importanza specialmente per l'impero spagnolo che vede un cambiamento d’identità e di coscienza nazionale. Anno in cui sul trono reale siedono Ferdinando d'Aragona ed Isabella di Castiglia, conosciuti anche come i re cattolici per la loro volontà di affermare il cattolicesimo come la religione del regno unito.

Gli avvenimenti realizzati nel 1492, di notevole rilevanza per il nostro discorso sono tre:

- la presa di Granada avvenuta nel 2 gennaio 1492, cioè la conquista dell’ultimo pezzo di terra rimasto ancora sotto il dominio arabo-mussulmano;

- la cacciata degli ebrei da tutti i territori spagnoli e quindi la loro cacciata anche dalle isole di Sicilia e Sardegna, allora sottoposte al dominio spagnolo;

- la scoperta dell'America da parte di Colombo, vale a dire l’allargamento dei confini mondiali oltremare e la scoperta di nuove culture e popoli.

L'invasione di Granata da parte dell'esercito spagnolo mette fine alla presenza araba nella penisola iberica, che si protraeva oramai da secoli. Così l'unità religiosa spagnola diviene, di fatto, una realtà realizzata dai sovrani e da loro considerata raggiunta grazie all'aiuto di Dio e della santa chiesa. Unità nazionale e territoriale che rafforza una volontà arbitraria di costruire una nazione unicamente cattolica: i due re sono cattolici e così devono essere anche tutti i loro sudditi. Se la conquista di Granada è il primo passo verso la superiorità cattolica, la cacciata degli ebrei ne costituisce il secondo. 

Il noto ebreo Don Isaac Abarbanel, figura di gran rilievo per la cultura sefardita e consigliere finanziario presso la corte dei sovrani spagnoli, scrive nell'introduzione al libro Ma‘ayne Hayeshua che l'editto d’espulsione degli ebrei fu la conseguenza di un voto pronunciato dalla regina Isabella durante la guerra di Granada. Tale voto consisteva nella promessa della cacciata di tutti gli ebrei dai suoi domini se Dio le avesse concesso di conquistare quell'ultimo baluardo mussulmano in terra di Spagna.

L'editto reale, promulgato il 3 marzo, ne prevedeva la scadenza il 2 agosto. Nell'arco di cinque mesi gli ebrei dovevano lasciare tutte le loro proprietà, le sinagoghe, la loro lingua (il ladino) e le loro radici per andare a cercare altrove asilo politico. In questo modo, un regno che per secoli aveva goduto di una cultura di tolleranza capace di unire sotto di sé le tre grandi culture monoteiste, producendo così una fertile collaborazione economica e culturale, vede la sua fine.

La scoperta dell'America, e il relativo flusso di metalli preziosi che dalla stessa proviene, trova una Spagna privata di quelle classi di commercianti e piccoli artigiani arabi ed ebrei, già travi portanti del tessuto produttivo ed economico del paese.

Si racconta inoltre che le tre caravelle di Colombo dovettero partire dal piccolo porto di Palos perché i grandi porti d'Aragona e di Castiglia erano occupati dalle navi cariche d’ebrei da deportare.

 

1. SICILIA GIUDAICA

Il nucleo ebraico in Sicilia costituiva la più importante comunità dell'Italia meridionale dal punto di vista numerico, economico e culturale. Basta ricordare che, al tempo della cacciata dall'isola, il numero degli ebrei, assumendo le varie statistiche fatte dagli studiosi, oscillava fra un minimo di ventimila ad un massimo di quarantottomila anime.

Gli ebrei erano divisi in una sessantina di comunità sparse in tutta l'isola con grandi centri nelle città di Palermo, Messina, Siracusa, Catania, Agrigento e Trapani, accanto a piccoli centri nei quali la popolazione ebraica non oltrepassava le quaranta-cinquanta famiglie. Ogni comunità aveva il suo quartiere chiamato anche melah (come vengono chiamati i quartieri ebraici nei paesi del nord Africa fino ai giorni nostri), giudecca o, come veniva chiamato nella zona di Siracusa,  jurecca, dove tutti gli ebrei del posto si concentravano in un’aggregazione spontanea che permetteva loro di seguire i precetti e le abitudini particolari della religione giudaica: il macello delle carni, tajura,(espressione allora usata per la macellazione kasher in Sicilia), l’insegnamento della Torà e la frequenza alla sinagoga. Non mancavano i casi in cui, a causa di decisioni prese dal potere politico ed ecclesiale, gli ebrei erano costretti ad abitare entro zone limitate. In alcune città possiamo trovare anche più di un quartiere ebraico, come nel caso di Palermo, Siracusa o Catania. In quest’ultima c’era la giudecca di susu, nella zona di Montevergine e la giudecca di giusu nella parte bassa della città.

La presenza ebraica nell'isola risale ai tempi antichi, grazie alla posizione geografica che occupava la Sicilia nello scenario mondiale: il cuore del Mediterraneo, un crocevia portuale per il quale passavano tutti i traffici commerciali ed un punto di collegamento fra l’area mediterranea ed il continente europeo.

Il primo insediamento ebraico deve risalire all’epoca del 70 e.v., cioè dopo la distruzione del secondo Tempio di Gerusalemme da parte delle truppe dell'imperatore romano Tito e l'espulsione degli ebrei dalla Terra Santa. Durante questa ondata migratoria, presumono i ricercatori, arrivarono ebrei anche in Sicilia. Tuttavia è sicura la notizia che Saulo di Tarso, prima di questa data, all’incirca nel 60 e.v., durante i suoi viaggi si sia fermato anche in quest’isola. Pertanto non possiamo escludere che tale scelta fosse collegata ad una presenza ebraica precedente al suo arrivo. 

Sappiamo che Caecilius di Calacte, schiavo di religione ebraica che dopo la sua liberazione ha adottato il nome del padrone romano, all’incirca nel 50 e.v. lascia l’isola di Sicilia per recarsi a Roma, dove si dedica alla scrittura ed è conosciuto come il primo scrittore ebraico europeo ad occuparsi di temi non ebraici. Un ex-schiavo che diventa scrittore, rivela un basso tasso di analfabetismo nell’ebraismo già nell’epoca romana anche presso i ceti sociali più umili.

Del III secolo, è la notizia che il vescovo di Siracusa lottò per convertire al cristianesimo il gruppo ebraico residente in quella città. Altra notizia dello stesso secolo appare nelle catacombe di Roma, dove viene documentato il nome di un ebreo: Amachios da Catania, ventiduenne, seppellito nelle catacomba ebraica di Villa Torlonia.

Notizie certe sulla comunità locale risalgono al IV e V secolo, quando comunità ebraiche esistevano a Lipari, Taormina, Siracusa, Agrigento, Noto, Reggio Calabria e nell'attuale territorio di Bova Marina (RC). In tutti questi posti sono documentati reperti archeologici che mostrano una presenza ebraica: lapidi sepolcrali con i noti simboli della menorah e della palma, iscrizioni in greco di una cultura ebraica ellenizzata e la sinagoga dell'insediamento di Bova Marina risalente al IV secolo e.v. 

Il ritrovamento della sinagoga di Bova Marina, traccia di un insediamento ebraico, sembra la realizzazione di uno dei passi talmudici dove sta scritto che i migliori cedri per la festa di sukkoth crescono in Calabria. La vicinanza di quest’insediamento ebraico con la Sicilia e le tracce di una distruzione violenta, fanno ritenere che l’abitato subì una devastazione probabilmente da parte dei Longobardi e non esclude il possibile trasferimento di tale comunità, o di parte di essa, nella vicina isola.

Documenti di papa Gregorio Magno, scritti fra il 591 e il 599 e.v., mostrano i rapporti fra il clero e le comunità ebraiche: in essi si ordina alle autorità ecclesiastiche di Palermo di restituire agli ebrei i beni e le sinagoghe loro sequestrati; si chiede al rettore del patrimonio di Sicilia d’incitare gli ebrei a convertirsi in cambio della diminuzione del canone da loro dovuto; si punisce un ebreo definito seduttore degli schiavi cristiani in suo possesso e si raccomanda la sicurezza di un’ebrea fattasi cristiana che subisce molestie.

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*Moshe Ben-Simon


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