LIBERTÀ PER LEYLA ZANA

  LIBERTÀ PER IL POPOLO CURDO

  L’8 dicembre 2000 saranno ormai passati sette anni dal giorno della condanna a 15 anni di carcere, dopo che le pressioni internazionali avevano fatto rientrare la richiesta di pena di morte, di Leyla Zana. Prima donna curda ad essere stata eletta deputato all’Assemblea nazionale turca, madre di due figli e convinta pacifista, Leyla Zana ha avuto l’unica colpa di rivendicare “la convivenza pacifica di turchi e curdi in un contesto democratico”. E di averlo dichiarato in Parlamento, nel giorno del suo giuramento, parlando nella propria lingua materna, la lingua di almeno 15 milioni di curdi dal passaporto turco. Milioni di uomini, donne e bambini che il governo di Ankara continua a disconoscere, negando loro identità e cultura, distruggendone i villaggi, costringendoli a scappare sulle montagne, a sfollare nelle misere periferie delle città della Turchia occidentale, o a emigrare clandestinamente in un’Europa sempre meno disposta ad accoglierli.

  Leyla Zana, oggi ormai quarantenne, non è certo l’unica curda detenuta nelle carceri turche: con lei sei anni fa furono arrestati altri quattro deputati curdi. Prima di lei e dopo di lei migliaia di uomini e donne del suo popolo e di turchi che ne appoggiavano le rivendicazioni sono stati arrestati, spesso torturati e uccisi. E questo è continuato a succedere anche dopo l’esplicita ed effettiva rinuncia alla lotta armata da parte del Pkk e dopo che la Turchia, da sempre paese-ponte tra Europa e Asia, ha compiuto con successo i primi passi per aderire all’Unione Europea.

  Leyla Zana non è certo l’unica curda ancora rinchiusa in un carcere turco, senza aver commesso alcun reato se non quello di aver chiesto per sé e per il suo popolo il diritto di essere considerati e trattati come gli altri cittadini. Ma è divenuta, in patria e in tutto il mondo, un simbolo importante. Organizzazioni non governative, associazioni per i diritti umani, forze politiche e singoli intellettuali o normali cittadini si sono impegnati in una campagna internazionale per la sua liberazione, con iniziative, appelli e raccolte di firme.

  Nel 1996 il Parlamento Europeo le ha assegnato il premio Sacharov per la libertà di pensiero, un riconoscimento attribuito in precedenza anche a Nelson Mandela e Aleksander Dubček, che Leyla non ha potuto ritirare di persona. Il suo nome è stato proposto per il Nobel per la Pace. E perfino negli Stati Uniti, tradizionali alleati del governo di Ankara, oltre 150 parlamentari hanno esplicitamente chiesto all’ammini-strazione di Clinton di intercedere a favore della liberazione di Leyla Zana.

  Leyla Zana, però, resta in carcere, per il sesto anno della sua condanna: non ha voluto accettare la proposta di “appellarsi contro la sentenza, per motivi di salute”, fattale recentemente dal primo ministro turco Bulent Ecevit. Una proposta che Leyla ha definito “individuale e momentanea” perché riguardava lei sola, mentre i detenuti curdi sono migliaia, e lasciava totalmente irrisolta la questione di fondo. E a Ecevit, Leyla Zana ha invece chiesto di “allineare la Turchia ai valori democratici universali in politica, in diritto e in economia, evitando altre scelte che la porterebbero a un caos senza fine”; di risolvere la “tragedia pluridecennale” dei curdi; e di “varare un’amnistia generale, abolendo la pena di morte”.

  Esprimiamo a Leyla Zana e ai curdi della Turchia tutta la nostra solidarietà.

  Chiediamo al primo ministro turco Bulent Ecevit, al neo-eletto presidente della Repubblica turca Alimet Necdet Sezerdi, al governo e al parlamento turchi di arrivare finalmente a una soluzione pacifica della questione curda e all’effettivo rispetto dei diritti umani in tutto il paese.

  Chiediamo al governo italiano di farsi promotore a livello europeo e a livello dei rapporti bilaterali con il governo di Ankara di un’azione che sostenga gli sforzi verso una maggior democrazia da parte della Turchia, impegnato tra l’altro nel processo di adesione all’Unione Europea.

  L’Associazione Culturale Punto Rosso è impegnata nella ricostruzione di una cultura critica e alternativa attraverso attività di ricerca, corsi, seminari, convegni, editoria. Sulla questione curda ha svolto diverse iniziative pubbliche di formazione e di sensibilizzazione e ha partecipato a momenti di mobilitazione a sostegno del popolo curdo.

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