COSTRUIRE
CLN
NELLA DEMOCRAZIA
PER IL SOCIALISMO
LETTERA APERTA PER UNA NUOVA STAGIONE DI LOTTE
L’attacco sferrato dalle
classi dominanti alle libertà, ai diritti, alle conquiste del mondo del lavoro
e allo stato sociale ha, ormai, assunto proporzioni incontrollate quanto
inaudite. E non è affatto vero che vi sia una forte e convincente, quanto
consapevole e matura, risposta di massa e generalizzata ai grandi drammi del
presente. Al contrario assistiamo alla decomposizione dei grandi partiti di
sinistra e all’avanzare di una confusione “ideologica”, di linea, di
proposta che non risparmia neppure alcune organizzazioni che si richiamano al
marxismo-leninismo e alle grandi lezioni (positive o negative) che ci derivano
da oltre un secolo di storia. Una furia devastante sta invadendo il pianeta: il
suo nome è neoliberismo (o meglio: neo-imperialismo). Per imporsi ha una
necessità impellente di travolgere ogni aspetto della vita economica, culturale
e sociale. E’ incredibile non comprendere come si stia tentando di imporre un
credo unico politico e religioso, come si rinnovi quella pratica che
storicamente ha favorito e “promosso” l’insediamento di fascismi e
dittature cruente (da Mussolini a Pinochet, da Hitler a Fuijmori, da Petain a
Menen, da Franco a Banzer), stragi di Stato e golpe palesi o striscianti (enorme
il ruolo della CIA e di altri servizi segreti deviati e devianti asserviti al
Capitale e che non possono farci dimenticare né Piazza Fontana né il Cile di
Allende e il loro intreccio con poteri occulti): è incredibile non capire che
il capitalismo ha tentato ripetutamente (come soluzione oltre ogni compromesso)
di fascistizzare se stesso (non sono rari i tentativi negli stessi USA che
trovano ora in Bush un fiero fantoccio) e che capitalistici erano i regimi
nazisti, le fallimentari società riformiste e democratico-borghesi, governi
“religiosi” o neo-monarchici, governi di centrodestra e governi di
centrosinistra. Il capitalismo ha diverse maschere anche se sta decidendo di
farne a meno e di sferrare l’attacco decisivo per imporre un potere senza
regole ed oltre ogni diritto. Ecco perché, nonostante non vi sia più l’URSS
e in presenza di una profonda crisi della sinistra di classe o
socialdemocratica, l’anticomunismo si propone in forme se non uguali
altrettanto virulente come in passato. Il neo-liberismo non rifiuta il
conflitto, anzi, lo auspica ma il suo stesso “sopravvivere” rende
inevitabile allontanare il conflitto reale (di classe) tentando di trovare
inconsapevoli alleati anche tra i suoi stessi contestatori (è risibile, da
furbi o da pericolosi ipocriti, infatti, smarrirsi nella protesta anziché
dotarla di una direzione consapevole). I comunisti devono, in forme anche nuove,
senza distaccarsi da ciò che si esprime e vive nella società, valorizzando un
giusto rapporto tra gli accadimenti nella struttura economica e il loro rapporto
con la sovrastruttura, tra lotte quotidiane e scopo finale, oltre infiniti
dualismi, oggi più che mai, proporsi, indagare, organizzare, dirigere e unirsi.
Unirsi per unire: per non celebrare inconsistenti vittorie, per non perdere
domani. Crediamo non rinviabile la nascita e la fondazione di Comitati di
Liberazione dal Neoliberismo (CLN), democratici per allargare la democrazia,
legali contro ogni impunità, operanti alla luce del sole contro tenebrosi
complotti sovversivi predisposti dalle forze reazionarie, che vadano oltre il
proprio “gruppo” e la propria “formazione politica”, che sappiano vivere
dentro i movimenti con la capacità di proporre e programmare, di esprimere
tattica e strategia concrete. CLN che partano dal basso per “formare
avanguardie” che posseggano l’abc della “dottrina delle avanguardie”
per, poi, creare coscienza, praticare una nuova alfabetizzazione verso se stessi
e le masse su valori irrinunciabili, per marciare, in tanti e in tante, verso
un’emancipazione dei popoli come condizione per un socialismo da edificare
inedito. Mettere in discussione il presente è anche mettersi in discussione. La
neo-globalizzazione, la neo-mondializzazione o come
più ci piace chiamarla non cambia l’essenza della realtà: depredando
e distruggendo, tra accentramento d’ogni decisione e corporazioni
transnazionali, tra esplosione dell’individualismo e umanità-merce, si vuole
piegare ogni resistenza popolare, ogni antagonismo, mettere in soggezione anche
i propri alleati o servi e opprimere fino a cancellare la stessa dignità e il
grande patrimonio di intere nazioni, la loro stessa storia, tradizioni incluse.
Maastricht, ALCA, NAFTA e, poi, FMI, WTO, BM e altre non vuote sigle (tra
capitalismo legale e capitalismo illegale) sono contenitori di un piano
apocalittico, a forte egemonia statunitense, affinché tutto sia come prima e di
nuovo la barbarie prenda il sopravvento sulla civiltà. Il neoliberismo sta
realizzando ciò che s’impedì di realizzare al nazismo (con una capacità
diversa, impossessandosi di frasi e temi che non gli appartengono come quando
dopo aver rubato si grida “al ladro” e si indica un innocente costringendolo
intanto alla fuga) e, in forme indubbiamente “originali”, sta riconsegnando
la storia a pagine buie che sarà difficile scrivere se i “nuovi partigiani”
non sapranno resistere ed avanzare. Difendere le Costituzioni, difendere Carte
(dal lavoro ai diritti dell’infanzia), difenderci dal razzismo, dalla
corruzione, dall’intreccio tra mafia e politica, da profittatori senza
scrupoli, da venditori di armi o ladri di organi, dai mercanti di schiavi e
caporali in divisa o senza, da integralismi vecchi e nuovi, da inquinatori di
cibi e acqua, aria e suolo, da vandali che sfruttano donne e bambini, da
“narcotrafficanti” e predoni di materie prime, da gentaglia che mina i campi
di grano e toglie il pane (per poi diventare benefattrice con i propri avanzi) e
ogni cura a chi è povero in virtù della propria ricchezza trafugata sta
diventando una colpa e sottopone a condanne per realizzare le quali iene ed
avvoltoi voraci si stanno prodigando ad inventare “leggi” che non tarderanno
ad essere “normali” se non c’è un “antagonismo” di massa né
superficiale, né occasionale, né pressappochista e spontaneo, né malato di
mere rivendicazioni accomodanti, né malato di incrostazioni vecchio-sindacali e
meno che mai se trascura l’attualità della “questione comunista”. Altro
che perdersi in movimenti (per quanto entusiasmanti) o confondersi con proposte
morali (per quanto eccezionali). Non basta per dire no alla ghettizzazione di
milioni di esseri viventi indebitati senza aver mai visto denaro, che subiscono
embarghi senza aver dichiarato guerre, che muoiono infanti o adolescenti senza
sapere i perché, che vivono in un campo profughi o in una prigione
metropolitana (Bronx o favelas fa lo stesso) pur essendo innocenti, che vagano
alla ricerca disperata di un lavoro pur avendo esperienza, disponibilità o un
titolo di studio, che recitano, cantano, suonano, dipingono, danzano ad un
angolo di una stanza senza finestre e porte pur amando una cultura
disinteressata, che vedono sfaldarsi le loro speranze e le loro meravigliose
“utopie” per il profitto di pochi. E allora: che senso ha sapere se Fassino,
in Italia, o Blair o tanti altri saranno dei bravi riformisti, dei conservatori
dal volto umano, se Fini è un democratico di destra e Rutelli un piccolo (per
quanto rassicurante) servo sciocco di poteri forti ed esclusivi. Che senso ha
sapere se Bertinotti crede davvero nell’unità di tutti i diversi che vogliono
battersi per un mondo nuovo (mentre tra scissioni, correnti e mozioni, crisi
calpestata e Marx menzionato quanto Keynes si volteggia tra belle idee
proclamate e azioni contrastanti), se Vauro lo rispettiamo perché le sue
vignette ci fanno ridere mentre il suo segretario di partito è meritevole di
fischi, se Cento è un ottimo verde mentre non pochi suoi compagni di partito
degli arrivisti dispersi tra ulivi, querce, margherite, girasoli e foglie di
fico e, in fondo, Magri e Tortorella non sono da buttare e Ingrao scrive anche
delle belle poesie. Che senso ha sapere se
la CGIL ci piace quando si chiama FIOM e non ci piace quando non si chiama FIOM
o sapere se Agnoletto è più predisposto alle lotte o alle interviste mentre
Toni Negri che si è fatto gli affari suoi per un bel pezzo e ha tanto parlato
inguaiando mezzo mondo ora vuole fare un partito almeno demoliamo
definitivamente la tradizione, la storia e le lotte di settant’anni di
comunismo italiano (errori inclusi). Ha senso riproporre che società vogliamo,
precisare l’essere comunisti oggi e avere il coraggio di misurarci con la
realtà e con le nostre stesse contraddizioni. Che senso ha continuare a
domandarci perché Carta e “il manifesto” quotidiano comunista parlano
spesso del Chiapas e di Cuba e poi quando organizzi tu la presenza anche
autorevole e significativa di Cuba e del Chiapas in Italia non ne parlano più e
che senso ha sapere se a Roma i social forum sono tanti perché non si è
trovato un portavoce che li ha messi tutti d’accordo o perché tutti vogliono
fare i portavoce o se sono non pochi a scrivere libri, fare convegni e dibattiti
su come si trasforma la società ma poi non ci fanno vedere mai come si fa nel
concreto oppure li trovi alla testa del corteo se non è pericoloso andarci…
Da una parte siamo diventati notai che registrano gli avvenimenti e solo dopo ne
parlano o vi si contrappongono o li accettano e dall’altra un nuovo ’68
senza quei contenuti, quella capacità di contaminarci e contaminare, di leggere
e studiare, di ascoltare oltre che dire, di tendere la mano a chi balbetta in
fondo all’aula magna di un’Università, di fare una carezza ad una compagna
e sorridere o viceversa, di non odiare un compagno o una compagna che la pensa
diversamente da te ma di contrapporre idee ad idee per poi verificarle nelle
lotte stringendosi in uno stesso corteo, in una stessa scuola, dentro o davanti
un’identica fabbrica, inventando, ragionando… Rischiare di vivere un nuovo ’68 senza fantasia è davvero
opprimente e alienante è pensarlo lontani dalla funzione storica della classe
operaia mai sopita e dalla lotta anticapitalistica, dentro mille alleanze che
con te vogliono condividere questa fatica, su cui poggia il futuro stesso di
questa umanità…
Siamo una minoranza: ancora
più minoritari sono coloro che dominano. Un po’ di più quella massa enorme
di piccolo-borghesi che a volte ti trovi vicino e improvvisamente dall’altra
parte della barricata: ecco, dunque, l’impegno che abbiamo davanti: uno,
dieci, cento CLN per informare, per rendere protagoniste masse amorfe, apatiche,
conquistate da un’egemonia e un “senso comune”, un conformismo e un’ebetudine
stuporosa che li vedrà spettatori silenti del decomporsi delle classi in lotta
sullo stesso terreno che le ha generate se non avanza un piano coinvolgente, la
chiarezza di una prospettiva, “il coraggio” di proporre ed agire dei
comunisti e delle comuniste. Siamo all’oblio: ce lo ricordano le morti
innocenti di una guerra finalizzata a sporchi interessi di “elites”, le
morti sul lavoro, il monopolio dell’informazione e la mediocrità dei suoi
attori, l’istruzione umiliata insieme ad ogni servizio indispensabile, lo
strapotere di lobbies e comitati d’affari, l’arroganza del potere e
l’imbecillità di chi lo consente, il libero circolare di denaro sporco e il
filo spinato ai confini delle nazioni “civilizzate” per uomini e donne alla
ricerca di “futuro”: questo e tanto, tantissimo, altro. Proponiamo di
organizzare una lunga primavera calda: una marcia in Italia (dal Sud al Nord,
dal Tirreno all’Adriatico) perché uno spettro deve aggirarsi nella nostra
penisola e portare idee ed iniziative, entrare nei luoghi di studio e di lavoro,
dove la gente involontariamente e anche senza comunicare si sfiora, si schiva o
si tocca. Proponiamo una grande festa internazionale estiva a Roma perché Porto
Alegre o la città de L’Avana o l’incontro bolivariano o Genova si rinnovino
continuamente e un po’ ovunque. Proponiamo seminari per capire, per istruirci,
occasioni per unirci e percorrere con intelligenza uno, dieci, cento passi.
Servono, dunque, i CLN ma serve anche riflettere su noi stessi. E’ grande
anche la nostra incapacità di abbandonare non poche mediocrità miste a
presunzione e non rara ipocrisia, limiti e atteggiamenti opportunistici. Spesso
siamo impegnati a denigrare più un
compagno o una compagna di viaggio che l’avversario, a criticare o ad oscurare
nostri potenziali alleati piuttosto che i nemici dell’umanità, ad essere
“concorrenti” come piace al capitale e a cercare “promozioni o pezzi di
mercato” come non disdegnano fare i possessori di mezzi di produzione e
finanza. Spesso siamo spaventati dalle capacità che esprime chi si schiera con
noi come se questo ci mettesse in ombra… mentre dovremmo aiutare ogni capacità,
ogni intelligenza, ogni risorsa a manifestarsi, ad essere valorizzata. Homo
homini lupus: a sinistra. Homo homini lupus: come appartiene alla cultura dei
“padroni”, quella cultura che utilizza il 90% del capitale per speculazioni
gestite da poche migliaia di mani, che condanna un terzo dell’umanità a
vivere senza mezzi di sussistenza, che pratica il vero terrorismo e lo fomenta,
le vere guerre e le ordisce, che realizzandosi lo sviluppo tecnologico lo
orienta contro le moltitudini, le emargina, le umilia, uccide ogni giorno
centinaia di Galileo Galilei e manda al rogo donne e “ribelli”. Una sorta di
“privatizzazione delle lotte”, una banale e ridicola “guerra di Spagna”,
un bisogno di egemonia verso i tuoi alleati che ti rende parte di una cultura
negativa che dovresti contrastare: come ritorna attuale il pensiero di Gramsci
per una grande “rivoluzione intellettuale e morale” e “l’uomo nuovo”
dei diari di Ernesto Che Guevara. Sapere è essenziale per dire quanto prestare
l’orecchio alle parole degli altri, lo è imparare per insegnare, farsi
dirigere per governare: se non cambia l’uomo nessuna vera “emancipazione”
è possibile. A volte bisogna camminare piano per non separarsi dagli altri,
bisogna saper accelerare per non farsi calpestare, fermarsi per non sbagliare
strada e per curiosare, indagare, osservare, scoprire e percorrere anche strade
inesplorate senza la paura di perdersi e cercare linguaggi diversi per non
essere soli, confondersi con gli altri senza rinunciare alle proprie idee, alle
proprie esperienze, diversità e liberarsi dalle gabbie che una pessima
educazione ci ha messo intorno. Non è facile: ma chi ha detto che la semplicità
lo sia? Sulla tessera di DP per il 2002 abbiamo scritto: “la storia è un
continuo farsi e quindi essenzialmente imprevedibile” ecco perché “solo chi
veramente vuole identifica gli elementi necessari alla realizzazione della sua
volontà”.
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