SALVIAMO LA TERRA

Nei prossimi 30 anni oltre il 70% della superficie terrestre potrebbe essere danneggiata dagli impatti di strade, estrazione mineraria, espansione delle citta' e altri sviluppi infrastrutturali.
Secondo le previsioni, America latina e Caraibi sono le regioni piu' esposte agli impatti con piu' dell'80% del territorio a rischio, seguite da Asia e Pacifico dove il 75% del territorio puo' subire gravi danni a causa
dell'aumento rapido e non adeguatamente programmato delle infrastrutture.

Sempre entro il 2032, piu' della meta' della popolazione mondiale potrebbe risiedere in aree con problemi idrici se si permettera' al settore privato di gestire l'acqua facendo prevalere il profitto sui diritti dei cittadini.
L'Asia occidentale, comprese il medio oriente, e' la regione in cui probabilmente il 90% della popolazione vivra' con gravi problemi legati alla disponibilita' di acqua.

La popolazione denutrita sembra che diminuira'. La fame declinera' fino a riguardare il 2.5% della popolazione entro il 2032, in linea con gli obiettivi della Millennium Declaration delle Nazioni Unite.

Una politica di riduzione delle emissioni che coinvolga governi, industria e singoli cittadini potrebbe portare a forti tagli delle emissioni di gas serra. I livelli di CO2 potrebbero, con sufficiente volonta' da parte del
pubblico e del privato, iniziare a stabilizzarsi nell'atmosfera entro il 2032.

Queste sono alcune delle conclusioni del rapporto "GEO-3" dell'UNEP (United Nations Environment Programme) alla cui stesura hanno contribuito 1,000
scienziati da tutto il mondo. Sin dal 1972, quando con la conferenza di Stoccolma fu creato l'UNEP, ci sono stati alcuni successi ma anche molti peggioramenti:
Ad esempio, in Europa e America settentrionale la qualita' dei fiumi e dell'aria e' migliorata. L'accordo sulla riduzione delle emissioni dei CFC (clorofluorocarburi) per proteggere lo strato di ozono e' un altro notevole
successo. Ma in generale c'e' stato un continuo declino nella qualita' dell'ambiente, specialmente in estese parti del mondo in via di sviluppo.

Il peggioramento della qualita' ambientale sembra stia incrementando in intensita' e frequenza i disastri naturali come cicloni, alluvioni e siccita' intensificando la vulnerabilita' delle persone, la insicurezza alimentare e le malattie.

I poveri, i malati e gli svantaggiati in ogni paese e regione sono particolarmente vulnerabili. Tutti sono in qualche modo vulnerabili dinanzi ai pericoli ambientali, ma e' evidente che il divario tra i ricchi e i poveri nel far fronte ai cambiamenti ambientali sta crescendo.
Si stima che il numero di persone colpite dai disastri e' salito da una media annuali di 147 milioni degli anni '80, a 211 milioni degli anni '90.
Le perdite finanziarie globali causate da disastri naturali nel 1999 sono stimate intorno ai 100 miliardi di dollari [poco meno di quanto costera' lo scudo spaziale degli USA, ndt].

Il livello dei disastri legati al clima e' cresciuto, e molti esperti legano questo al cambiamento climatico provocato dalle attivita' umane. Negli anni
'90, il 90% di coloro che sono morti durante i disastri, sono stati vittime di eventi come alluvioni, tempeste e siccita'.

Il rapporto GEO-3 dice che il degrado ambientale sta costando anche in termini economici. L'India, ad esempio, perde 10 miliardi di dollari l'anno
o il 4.5% del PIL. Il solo degrado del suolo provoca perdite di produttivita' pari a 2.4 miliardi di dollari l'anno.

Il peggioramento della qualita' ambientale sta anche aumentando i rischi sanitari. L'inquinamento marino alle acque di rifiuto e' precipitato in una grave crisi sanitaria. Per esempio, l'assunzione di molluschi sta causando
2.5 milioni di casi di epatite ogni anno, con 25,000 morti e 25,000 persone che subiscono danni a lungo termine.

Il rapporto conclude che una delle cause chiave di tali peggioramenti e' il crescente divario tra le parti ricche e quelle povere del globo. Attualmente, il 20% della popolazione usufruisce dell'86% della ricchezza
globale, mentre 4 miliardi di persone vivono con meno di 1-2 dollari al giorno.



GEO-3 1972-2002: Dal passato al presente

SUOLO - La principale causa del degrado del terreno e' stata la crescita della popolazione. Rispetto al 1972 ci sono 2 miliardi e 220 milioni di bocche in piu' da sfamare. Nella regione Asia-Pacifico, l'area irrigata e' cresciuta dai 125 milioni di ettari del 1972 a oltre 175 milioni. L'irrigazione eccessiva e mal gestita
puo' degradare i suoli causando diversi danni come la salanizzazione. Come risultato, oltre il 10% (25-30 milioni di ettari) delle terre mondiali soggette a irrigazione sono classificate come gravemente degradate.

L'erosione del suolo e' un fattore chiave nel degrado dei terreni. Circa 2 miliardi di ettari di suolo, equivalenti al 15% della terraferma o un'area estesa quanto gli USA e il Messico uniti, e' classificata come degradata a
causa delle attivita' umane.
Un sesto di essa, 305 milioni di ettari, e' fortemente o estremamente degradata. I suoli estremamente degradati sono cosi' danneggiati che non possono essere recuperati.

I principali tipi di degrado del suolo sono l'erosione causata dall'acqua, 56%; erosione del vento, 28%; degrado chimico, 12%; danni fisici o strutturali, 4%.

Il pascolo eccessivo sta causando il 35% del degrado del suolo; la deforestazione il 30%; l'agricoltura il 27%; il sovrasfruttamento della fauna il 7% e le attivita' industriali l'1%.

Negli ultimi 30 anni e' cresciuta l'agricoltura urbana. E' praticata dalla maggior parte delle abitazioni nell'Asia sud orientale e nelle isole del Pacifico. Circa il 30% del cibo della Federazione Russa proviene dal 3% dei
terreni suburbani. Mentre a Mosca il 65% della popolazione pratica agricoltura urbana.

ACQUA - Circa meta' dei fiumi del globo sono gravemente inquinati. Il 60% dei 227 fiumi piu' grandi sono stati fortemente o moderatamente frammentati
da dighe e altre opere d'ingegneria.

Tra i benefici di queste opere c'e' l'aumento della produzione agricola e l'idroelettricita'. Ma le paludi e altri importanti ecosistemi hanno subito danni irreversibili. Sin dal 1950, tra i 40 e gli 80 milioni di persone sono
state spostate per la costruzione di tali opere.

Due miliardi di persone, ossia un terzo della popolazione mondiale, dipendono dall'acqua delle falde acquifere. In alcuni paesi, come India, Cina, l'ex-Unione Sovietica, il medio oriente e gli USA occidentali, l'acqua
delle falde si sta progressivamente esaurendo come risultato della sovra-estrazione.

L'estrazione eccessiva di acqua puo' causare l'intrusione di acqua salata nelle falde vicine alla costa rendendo l'acqua di falda non piu' potabile. Ad esempio, la contaminazione di acqua salata e' avanzata di 10 km nel
Mandras, India.

Circa 80 paesi, rappresentanti il 40% della popolazione mondiale, soffrivano di gravi carenze idriche a meta' degli anni '90.

1.1 miliardi di persone non hanno sufficiente accesso ad acqua potabile pulita, e 2.4 miliardi non hanno accesso a migliori condizioni igieniche, soprattutto in Africa e Asia. Tuttavia, la percentuale di persone servite con migliori forniture di acqua e' cresciuta dal 79% nel 1990, all'82% nel 2000.

Le malattie connesse all'acqua continuano a colpire: 2 miliardi di persone sono a rischio per la sola malaria; ci sono 4 miliardi di casi di diarrea e 2.2 milioni di morti ogni anno, equivalenti a 20 aerei jumbo schiantati ogni
giorno.

Le infezioni intestinali di vermi affliggono il 10% della popolazione dei paesi in via di sviluppo. Circa 6 milioni di persone sono cieche per il tracoma, una malattia contagiosa degli occhi. 200 milioni sono affetti da
schistosomiasi che negli umani causa bilarzosi.

FORESTE E BIODIVERSITA' - La FAO stima che le foreste, le quali coprono un terzo della superficie della terra o 3miliardi e 866milioni di ettari, sono
diminuite del 2.4% sin dal 1990. Le perdite maggiori sono avvenute in Africa dove 52.6 milioni di ettari (lo 0.7% della copertura forestale africana)
sono andati perduti nell'ultimo decennio.

La produzione di legname ha raggiunto i 3 miliardi e 335 milioni metri cubi di cui circa meta' usati come combustibile, soprattutto nei paesi sviluppati.

I metodi usati per tagliare il legname sono spesso distruttivi. In Africa occidentale, per produrre 1 metro cubo di legname, vengono distrutti 2 metri cubi.

Alla fine del 2000 circa il 2% delle foreste e' stato certificato per lo sfruttamento sostenibile con schemi come quelli adottati dall'FSC (Forest Stewardship Council). La maggior parte si trova in Canada, Finlandia,
Germania, Norvegia, Polonia, Svezia, e USA.

Le foreste di mangrovie, che fanno da difesa naturale all'ecosistema marino, e nelle quali nascono molte specie di pesci marini, si riproducono o sostano gli uccelli migratori, sono minacciate dagli impatti di alcune attivita'
umane come il turismo o gli sviluppi infrastrutturali costieri. Il 50% della distruzione di mangrovie e' dovuta al taglio delle stesse foreste per dar spazio all'allevamento di gamberetti.

La perdita e la frammentazione di habitat come le foreste, le paludi e le foreste di mangrovie hanno aumentato le pressioni sulla selvaggina mondiale.
Il 20% delle specie ornitologiche e quasi un quarto dei mammiferi sono attualmente ritenuti minacciati a livello globale.

L'introduzione di specie aliene e' una minaccia crescente. Le specie aliene spesso non hanno predatori naturali negli habitat in cui sono state introdotte e possono entrare in competizione con le specie native per
alimentarsi e nutrirsi.

Si stima che fino al 1939, erano state introdotte negli ambienti acquatici mondiali 497 specie marine e di acqua dolce aliene. Nel periodo tra il 1980 e il 1998, questa cifra e' salita a 2214.

L'estensione totale delle aree protette, come parchi nazionali, e' aumentata da 2.78 milioni km2 nel 1970, a 12.18 milioni km2 nel 2000. Il numero dei siti e' salito da 3,392 a 11,496 nello stesso periodo. Uno studio condotto su 93 aree protette ha concluso che molti di essi stanno fermando con successo gli impatti negativi delle attivita' umane.

La moratoria sulla caccia commerciale alle balene, imposta alla meta' degli anni '80, sembra essere stata un grande successo.

COSTE E MARE - Nel 1994 il 37% della popolazione mondiale viveva entro 60 km dalla costa. Globalmente le acque di rifiuto sono la fonte principale di
contaminazione. La rapida urbanizzazione dei paesi in via di sviluppo, la crescita della popolazione e la mancanza di adeguati sistemi di trattamento e depurazione delle acque, stanno facendo crescere il volume degli scarichi.

L'impatto economico globale della contaminazione marina, in termini di malattie umane, sarebbe pari a 13 miliardi di dollari ogni anno.

Gli scarichi di acque non depurate, uniti al dilavamento di fertilizzanti dall'entroterra e le emissioni di macchine, tir e altri veicoli stanno arricchendo i mari e gli oceani di nitriti e nitrati.

Nel 1991 gli allevatori di pesce coreani hanno subito perdite di 133 milioni di dollari in seguito all'esponenziale aumento delle alghe tossiche, le cosiddette maree rosse, provocato dai nutrienti azotati.
L'uso di fertilizzanti sta crescendo nei paesi in via di sviluppo, mentre si e' stabilizzato in quelli sviluppati.

Altre minacce all'ecosistema marino comprendono i cambiamenti climatici, fuoriuscite di petrolio, scarico di metalli pesanti, di inquinanti organici persistenti (POPs) e di rifiuti. La sedimentazione, risultato degli sviluppi
lungo la costa, della deforestazione e dell'agricoltura, e' diventata una minaccia globale per le barriere coralline soprattutto nei Caraibi, nell'Oceano Indiano, e in Asia sud orientale.

Poco meno di un terzo degli stock ittici mondiali sono considerati esauriti, sovra-sfruttati o in ripresa a causa della pesca eccessiva alimentata dai sussidi statali stimati per circa 15-20 miliardi di dollari all'anno.

ATMOSFERA - Il degrado dello strato di ozono, che protegge le forme di vita dai raggi ultravioletti, ha raggiunto livelli record. Nel Settembre 2000 il
buco nell'ozono sull'Antartico copriva un'area di 28 milioni km2.

Il protocollo di Montreal e' stato adottato nel 1987. La produzione di CFC (clorofluorocarburi) e' a livelli bassissimi.

Sono stati forniti 1.1 miliardi di dollari a 114 paesi in via di sviluppo.
Nel 2000 il consumo totale di CFC era stato ridotto dell'85%. Le condizioni dello strato di ozono ritorneranno a quelle precedenti solo a meta' del XXI
secolo.

Le concentrazioni di CO2, il principale gas responsabile dei cambiamenti climatici, attualmente sono a 370 ppm (parti per milione) o il 30% in piu' del 1750. Anche gli altri gas serra, come il metano, son aumentati.

L'Asia e il Pacifico hanno emesso 2,167 milioni di tonnellate di CO2 nel 1998; seguiti da Europa con 1,677 milioni di tonnellate; America Settentrionale con 1,614 milioni di tonnellate; America Latina e Caraibi con
365 milioni di tonnellate; Africa con 223 mln di tonnellate; e Asia Occidentale con 187 mln di tonnellate. Per un totale di 6 miliardi e 233 milioni di tonnellate.


Il rapporto delinea degli scenari per il futuro. Secondo Klaus Toepfer, direttore esecutivo dell'UNEP, l'umanita' si trova di fronte ad un bivio: le scelte di oggi definiranno l'ambiente di cui godranno le generazioni future.
Due sono gli scenari previsti dal rapporto: uno parla di un futuro guidato dalle forze del mercato; l'altro in cui si raggiungono cambiamenti nei valori, stili di vita, politiche rigide e cooperazione tra tutti i settori della societa'.
Nel primo caso le persone che vivono in aree con problemi idrici aumenteranno, le infrastrutture avranno impatti negativi sul 70% della superficie terrestre distruggendo gli ecosistemi e la biodiversita', le
emissioni annuali di CO2 raggiungeranno i 16 miliardi di tonnellate.
Nel secondo caso le aree a rischio idrico rimarranno stabili o diminuiranno a seguito di una migliore gestione dell'acqua, le infrastrutture avranno impatti sul 55% della superficie, e le emissioni di CO2 non supereranno gli
8 mld di tonnellate grazie al largo uso di tecnologie a risparmio energetico.