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Neopsiche Anno 1 / N° 2 / Dicembre
1983
Trascritto dalla Dott.ssa Claudia Carrato
Trattamento della
nevrosi d'ansia
Jean Wilmotte, 1982 Traduzione
di Daniela Chiapperotti
Actualites en Analyse Transactionelle, VI, 23, pag. 142-148
RIASSUNTO
Questo articolo, composto di due parti, è un utile strumento
nel trattamento delle nevrosi d'ansia. Nella prima parte viene fatta
una lettura, in chiave transazionale, dell'ultima classificazione
della nevrosi d'ansia elaborata dall'Associazione Americana di
Psichiatria.
Nella seconda parte vengono date precise indicazioni terapeutiche
concernenti sia il primo colloquio, sia il trattamento vero e
proprio. Nell'ambito di quest'ultimo l'autore distingue le seguenti
tappe: consolidamento dell'Adulto, decontaminazione dell'Adulto,
deconfusione del Bambino.
SUMMARY
This two part article is a useful
instrument in the treatment of anxiety neuroses. The first part is
composed of a reading, with a transactional viewpoint, of the latest
classification of anxiety neuroses as developed by the American
Association of Psychiatry.
The second part offers precise therapeutic indication for both the
first interview as well as the actual treatment. Regarding the
latter, the author distinguishes the following three stages:
consolidation of the Adult, decontamination of the Adult, deconfusing
the Child.
INTRODUZIONE
L'ultima edizione del Manuale di Diagnosi e di Statistica delle
Malattie Mentali, edita dall'Associazione Americana di Psichiatria
(1) nel 1980, divide la vecchia "nevrosi d'ansia" in due quadri
clinici:
1. Stato di panico
I criteri adottati per porre
questa diagnosi sono:
a) almeno tre episodi di panico nel corso di un
periodo di tre settimane, in circostanze che non siano un intenso
esercizio fisico o una situazione minacciante l'esistenza; inoltre,
questi episodi non sono suscitati solo dall'esposizione a situazioni
fobiche precise;
b) le
situazioni di panico si manifestano con dei discreti periodi di
apprensione e di paura, e almeno quattro dei seguenti sintomi sono
presenti in ogni crisi di panico: difficoltà respiratorie,
palpitazioni cardiache, sensazioni di soffocamento odi
strangolamento, sensazione di vertigine o di stordimento, sentimento
di irrealtà, pizzicori con sensazione di addormentamento nelle
mani o nei piedi, vampate di caldo o di freddo, traspirazione,
sensazione di malessere, paura di morire, di impazzire o di fare
delle cose incontrollate durante l'episodio;
c)
l'episodio di panico non è dovuto a una malattia fisica
né a altro disturbo mentale più grave come una
depressione, una somatizzazione o una schizofrenia;
2. Disturbo di ansietà
generalizzata
Qui il quadro clinico si
definisce come:
a) un'ansietà generalizzata persistente
manifestatasi attraverso sintomi appartenenti a tre delle seguenti
categorie:
1) tensione muscolare;
2) iperattività automatica;
3) paura del futuro;
4) vigilanza e stato di all'erta quasi costante;
b) l'umore ansioso continua da almeno un mese;
c) il
disturbo non è dovuto ad un'altra malattia mentale quale la
depressione o la schizofrenia;
d)
l'esordio avviene dopo i diciotto anni d'età.
Marks (2) constata, durante una rassegna
della letteratura scientifica, che la prevalenza di questa patologia
nella popolazione normale è valutata tra 2 e 4,7% in
Inghilterra e negli Stati Uniti. Si tratta dunque di una patologia
che l'analista transazionale si troverà con molta
probabilità ad affrontare.
GRIGLIA DI LETTURA TRANSAZIONALE
Forman e Ramsburg (3) considerano
che questo disturbo è caratterizzato da un Bambino spaventato
con una importante contaminazione dell'Adulto da parte del Bambino.
In certi casi l'ansietà può essere un sentimento
parassita, ovvero una risposta appresa, secondo questi autori, questa
nevrosi non è caratterizzata da un tipo particolare di
copione. Il gioco "Perché nonŠsi ma" è molto frequente
in questi soggetti. Berne (4), da parte sua, divide questi pazienti
in due gruppi. Nel primo vi sono quelli che presentano soprattutto
dei sintomi somatici, che passano facilmente sotto il controllo
Adulto, attraverso il lavoro di analisi transazionale. Questi sintomi
sono, da questo momento, avvertiti come inoffensivi e non
ostacolanti. Nel secondo gruppo, l'ansietà sociale è
dominante e i soggetti si mettono a giocare a "Non è la
volontà che mi manca" e a "Psichiatria". Berne aggiunge che
questi pazienti sovente abbandonano la terapia soprattutto quando
sono confrontati da uno psicoterapeuta che li spaventa facendo
qualcosa per loro, anziché giocare da parte sua a "Stavo solo
cercando di aiutarti".
Secondo Wagner (5) il paziente è in una posizione non-OK nella
misura in cui adotta un modo negativo di far fronte
all'ansietà sforzandosi di evitarla senza risolvere il
conflitto o il problema soggiacente. Il soggetto resta focalizzato
sull'ansia che prova anziché utilizzare tutta l'energia
mobilitata in questo processo al fine di identificare il problema ed
affrontarlo. Wagner elenca i vari modi in cui questo tipo di risposta
può essere stata appresa: secondo Steiner, questa può
provenire da un'ingiunzione precoce di copione. E' il caso, ad
esempio, di una mia paziente la cui madre restava sveglia intere
notti, spiando il ritorno del marito violento ed etilista,
stringendo, tutta tremante, i suoi bambini tra le braccia. Secondo
Jacqui Schiff, tra i 4 e i 6 anni, il bambino si crea dei fantasmi
che sono spesso eccitanti e servono per controllare il proprio
comportamento. Può succedere che a partire da certe scene
vissute a quest'epoca, il bambino elabori dei fantasmi ansiogeni.
Infine, Wagner ne vede un'altra possibile fonte quando il bambino
è sottoposto ad aspettative irrealisiche da parte dei suoi
genitori. Anche se è ansioso di piacere loro, il bambino non
ha i mezzi di soddisfare quelle richieste che superano le sue
capacità del momento e ciò gli procura uno stato di
stress prolungato. Io penso che si possa aggiungere a questi elementi
un mini copione con un driver "Sbrigati" e un'ingiunzione "Non
pensare". Inoltre, trovo utile integrare l'approccio cognitivo di
Beck (6) che sostiene esserci un disturbo del pensiero importante
nella nevrosi d'ansia e che questo disturbo si caratterizzi con
pensieri ripetitivi concernenti pericolo, una diminuzione della
capacità di valutare correttamente questi pensieri di paura,
una focalizzazione eccessiva dell'attenzione sugli stimoli di
pericolo e le sensazioni interne di paura, a detrimento della
capacità di attenzione riguardo ai compiti da eseguire. Per
lui, il soggetto ansioso non è più capace di
discriminare correttamente tra una situazione pericolosa o non, come
saprebbe farlo un soggetto normale (contaminazione importante
dell'Adulto). Tra i temi di pericolo più frequentemente
trovati presso questi pazienti, Beck (7) segnala quelli di morte
improvvisa, di catastrofe fisica imminente, di situazione di
umiliazione, di accidente cardiaco, di situazioni in cui il soggetto
si vede criticato o rifiutato. L'autore insiste infine sul fatto che
questi temi di pericolo sono avvertiti dal soggetto come altamente
probabili e si accompagnano, molto frequentemente, con immagini
visive di scene pericolose. L'insieme di questi elementi sono
riportati nella figura 1.
Bisogna tenere conto inoltre, che è possibile che il soggetto
non abbia avuto l'occasione di integrare nel suo Genitore le
informazioni relative alla paura, alla sua utilità di
protezione in vista di pericoli e alla possibilità di reagire
in sua presenza. L'Adulto, da parte sua, forse non conosce il modo
per far fronte all'ansietà. La credenza arcaica del Bambino
che contamina il funzionamento dell'Adulto è che la paura
potrebbe distruggerlo o farlo impazzire. Le "vie d'uscita" che si
riserva un tale soggetto sono di due tipi:
- precipitarsi in ciò che è
temuto "diventando pazzo" attraverso l'agitazione e
l'incapacitazione (alcolismo compensatorio, abusi di sedativi,
grosse crisi di agitazione). Si tratta proprio di "diventare
pazzo" nel senso in cui Boiyd (8) lo intende, e cioè:
accumulare sufficientemente e mozioni che giustifichino di
emettere pubblicamente un comportamento inaccettabile, o per avere
il diritto di rinunciare alla responsabilità personale
della propria condotta.
- L'altra via d'uscita è il
suicidio. Mavis Kleine (9) ricorda che nei soggetti con un mini -
copione di tipo "Sbrigati" c'è sempre, a livello più
profondo, un potente desiderio, implicito od esplicito, di
morte.
PIANO DI TRATTAMENTO
- Prima del primo
colloquio:
Generalmente questi pazienti non
iniziano una terapia che dopo cinque anni di esistenza dei sintomi
(10). Lo "Sbrigati" spiega il fatto che essi abbiano avuto sovente
frequenti contatti con specialisti, sempre in situazioni di
urgenza, alla ricerca di una soluzione immediata e istantanea.
Quando c'è stato un inizio di trattamento più
regolare, spesso è stato abbandonato, non accettando quasi
mai, questi soggetti, l'investimento di tempo necessario per
arrivare al risultato ricercato. Questa constatazione sottolinea
immediatamente l'importanza di intervenire dalle prime sedute al
livello di questo "driver".
- l primo colloquio:
Quanto detto in precedenza
mostra l'importanza, perché una situazione terapeutica
possa crearsi, di dare subito al paziente il "permesso" di
prendersi il suo tempo per guarire. Quando il paziente ci consulta
è, nella maggior parte dei casi, in uno stato di crisi: noi
ci troviamo quindi di fronte ad un Bambino agitato che ci manda
numerosi appelli simbiotici. E' necessario, all'inizio del
trattamento, accettare questa richiesta di simbiosi e di
rispondere con un Genitore Affettivo efficace e rassicurante, un
Adulto disponibile a comunicare informazioni utili all'Adulto
contaminato del soggetto. Inoltre il paziente è
frequentemente nel Bambino Ribelle in quanto i suoi precedenti
contatti con specialisti sono stati sovente un dialogo tra sordi:
il soggetto si lamentava per i suoi disturbi fisici e il medico
gli rispondeva che non aveva niente.
In questo dialogo esiste una svalutazione in ognuno dei due
protagonisti: il medico svaluta la realtà dei sintomi
fisici e la realtà soggettiva dell'angoscia vissuta dal
paziente; il soggetto svaluta, da parte sua, il significato di
questi stimoli somatici interni. E' importante non ripetere
nuovamente questo "dialogo tra sordi"; bisogna perciò
sottolineare al soggetto che noi riconosciamo come reali i sintomi
che egli avverte e la paura che li accompagna. E' utile in questo
stadio, mostrargli che, se i sintomi sono reali sono dovuti al
funzionamento del sistema nervoso autonomo (in risposta ad una
situazione esterna o ad un conflitto) e non ad una lesione
organica specifica: si tratta cioè di cambiare il
significato attribuito allo stimolo.
- Lavoro successivo:
La strategia generale sarà di
consolidare innanzitutto l'Adulto del paziente prima di lavorare alle
paure arcaiche a livello del suo Bambino.
1. Consolidare l'Adulto: il miglior modo per andare incontro
all'ingiunzione "Non pensare" è di indirizzarsi all'Adulto
del soggetto fornendogli le informazioni che gli mancano.
Schachter e Singer hanno elaborato, attraverso il lavoro
sperimentale (11) una teoria dell'emozione che dimostra che questa
è costituita in un primo tempo da uno stato di all'erta
dell'organismo (risposta fisiologica, come un'accelerazione del
ritmo cardiaco), e in un secondo tempo da immagini, da pensieri e
da dialoghi interni giustificanti questo stato di all'erta e che
gli danno un orientamento emozionale specifico (gioia, tristezza,
paura, collera). Tutto ciò è spiegato subito al
paziente attraverso esempi concreti, per mostrargli come
l'emozione che egli sente sia causata soprattutto dai propri
pensieri. E' allora proposto al soggetto, come compito a casa, di
osservare nei giorni seguenti, nel momento in cui si sente
particolarmente ansioso, le situazioni o le fantasie che hanno
preceduto questa emozione, quindi, di prestare attenzione a
ciò che egli ha pensato a proposito di queste situazioni o
di queste fantasie (12). Il paziente riporterà per esempio,
come episodio di ansietà intensa (emozione), il fatto di
essersi trovato in una coda di attesa molto lunga (situazione
scatenante) e di aver realizzato che si stava dicendo che avrebbe
sicuramente perso coscienza davanti a tutti, e ciò sarebbe
stato molto ridicolo (pensiero ansiogeno). Partendo da questo,
è allora facile spiegare al soggetto come questa fantasia
inneschi una spirale di escalation dell'ansia: il pensiero della
tensione muscolare, l'accelerazione del battito cardiaco e del
ritmo respiratorio e la percezione da parte sua di questa risposta
fisica, aggrava il pensiero ansiogeno. E' spesso utile, a questo
punto, dare al soggetto una breve informazione riguardante il
funzionamento del sistema nervoso autonomo. Se prende ansiolitici
è utile, una volta calmato l'episodio di crisi acuta,
chiedere al soggetto di iniziare a prendere i sedativi "al
bisogno" impegnandosi prima di far fronte all'ansia provata senza
medicamenti e annotando sistematicamente le situazioni vissute
come intollerabili che hanno portato a prendere dei sedativi (
collaborazione dell'Adulto).
2. Decontaminare
l'Adulto: qui il lavoro si
farà a partire dalle auto - osservazioni del soggetto e
dalle evidenziazioni dei pensieri ansiogeni specifici (cfr. i
differenti temi evocati da Beck più sopra). Questi pensieri
"catastrofici" saranno rivalutati insieme. Il soggetto sarà
spinto a rimpiazzarli con dei pensieri meglio adattati alla
realtà. Sarà inoltre proposto al soggetto di
classificare i suoi stati ansiosi su una scala soggettiva che va
da 0 (assenza di ansia) a 100 (il massimo di ansia immaginabile da
lui); questo al fine di aiutarlo a meglio discriminare i
differenti livelli: ciò serve a diminuire la
grandiosità che porta numerosi pazienti a dichiarare di
essere sempre angosciati e in stato di panico.
Un altro modo di lottare contro la grandiosità è di
proporre al soggetto la fantasia guidata della mezz'ora prima
della fine del mondo (13) e di chiedergli in questa situazione
come valuterebbe il problema attuale. Ci sono altre
possibilità di aiutare i soggetti a identificare
correttamente il significato delle sensazioni fisiche percepite.
Per esempio, il soggetto che si sente ansioso in una coda d'attesa
può imparare a valutarne più correttamente le cause:
l'accelerazione del ritmo cardiaco è dovuta ad una certa
irritabilità a causa della sua impazienza (situazione
frequentemente ritrovata in presenza di uno "Sbrigati"). Infine,
Wagner (14) sottolinea l'utilità di mostrare che le paure
non sono in rapporto ad una situazione nel "qui ed ora"; al
contrario, la paura concerne un elemento futuro eventuale e il
comportamento di paura è basato su un problema del passato
(dell'infanzia). Secondo questo autore, il soggetto emette delle
proiezioni ansiogene in relazione al futuro per evitare i problemi
emotivi non risolti nel passato.
3. Informare il Genitore: il paziente è poco protetto contro
l'ansietà in quanto il suo Genitore sembra poco informato a
questo proposito. Vi sono tutta una serie di regole importanti di
vita che questo Genitore deve imparare. E' possibile aiutare il
paziente ad acquisirle proponendogli la lettura del libro di Marks
(15). Questo Genitore deve assimilare le seguenti realtà:
"l'ansietà è intrinseca alla condizione umana. Ogni
individuo è portato a conoscerla. Ci sono anche soggetti
che la ricercano attivamente come un'eccitazione piacevole. Quando
non è estrema, la paura ha un ruolo di segnale d'allarme
molto utile per proteggerci dai pericoli dell'esistenza.
L'ansietà non rende folli. L'essere umano è
normalmente capace di far fronte coi propri mezzi alle sue paure
quotidiane. La novità, l'estraneità e l'ignoto
possono provocare la paura e sono, allo stesso tempo, spesso
ricercate come capaci di provocare piacere. E' vano il voler
escludere la paura dalla propria esistenza. E' di tutti il vivere
con dei momenti d'ansia".
Infine è utile informarsi sui modi personali che il
soggetto ha spontaneamente elaborato per far fronte alla paura.
Una volta fatto l'inventario dei "trucchi personali", ci
sarà modo di rinforzarli attraverso l'attenzione che
verrà data ad essi e attraverso le carezze condizionali che
si daranno al soggetto per la loro utilizzazione.
4. Deconfusione del
Bambino:
- Interessare il "Piccolo
Professore".
Prima di esplorare il materiale
arcaico delle paure del Bambino è possibile preparare il
terreno portando il "Piccolo Professore" a porsi delle
domande.
Numerose metafore sono indicate a questo scolpo. E' possibile
iniziare semplicemente col ricordare la definizione d'angoscia
data da Beck (16): "l'allarme è peggio del fuoco!".
E' possibile anche riferirsi al breve poema di Marks (17):
"Non poté mai provare per paura di morire, Non ha mai
provato ed è morta".
Oppure:
"Non poteva provare, per paura di morire
Ma quando ha provato, le sue paure sono morte".
Spesso io propongo ai miei pazienti l'immagine della spia rossa
che si accende sul cruscotto dell'auto quando il serbatoio della
benzina è quasi vuoto, chiedo loro se, in questo caso, la
soluzione che essi adottano è di svitare la lampadina
perché la spia si spenga, o di identificare il problema che
essa segnala per trovare una soluzione (in questo caso fare il
pieno di carburante). Questo li aiuta a capire il ruolo utile
della paura e il modo di farvi fronte.
- Le paure arcaiche
Wagner (18) parla della
necessità di una "forma attuale di esorcismo" che segue le
seguenti fasi:
- stabilire chiaramente le paure del Bambino;
- ritrovare le esperienze dell'infanzia non risolte che alimentano
la paura attuale;
- dare maggiori informazioni al soggetto circa questa esperienza
infantile precoce;
- trovare delle nuove soluzioni per l'esperienza infantile
precoce.
Come si è già detto precedentemente, le immagini
mentali sembrano giocare un ruolo importante nel mantenimento
dell'ansia attuale. E' dunque utile interrogare i pazienti sulle
fantasie ansiose più utilizzate e sui loro incubi
"preferiti". E' utile inoltre informarsi sui ricordi
particolarmente traumatici.
Prendiamo come esempio un uomo di 26 anni che curo per una nevrosi
d'ansia esistente da più di due anni. Il primo episodio
è sopravvenuto durante un incontro di calcio al quale egli
partecipava come giocatore, e si manifestò con i sintomi di
una sincope intensa. L'infermiere dell'ambulanza chiamate per
portarlo in ospedale, vedendolo pallidissimo dichiarò: "E'
un infarto!". Il paziente si ricorda che udendo questa frase fu
assolutamente sconvolto. Attraverso domande più
sistematiche, si scopre che presentò alla nascita una
anossia neo - natale per strangolamento cordonale. Egli non ne ha
chiaramente alcun ricordo, tuttavia alcuni potranno chiedersi se
non si tratta in questo caso di una prima esperienza di angoscia
intensa memorizzata a livello somatico. All'età di 4 anni,
sua nonna morì di cancro e, malgrado il divieto dei suoi
genitori, si introdusse nella stanza in cui giaceva la defunta e
fu spaventato scoprendola "tutta gialla". Attualmente ha sovente
la convinzione di avere il viso livido, come una maschera
mortuaria.
Si ricorda di un sogno che faceva spesso da bambino e il cui tema
era sempre lo stesso: si ritrovava in mutande al centro del
cortile di fronte a tutti i suoi compagni. Egli associa questo
sentimento di ridicolaggine alla sua paura di perdere conoscenza
in pubblico. Un altro sogno attualmente molto frequente è
di essere assassinato da persona sconosciute.
Questo caso ci mostra la ricchezza del materiale fantasmatico che
ruota attorno alla morte e alla paura del ridicolo disponibile in
un paziente. I Goulding (19) suggeriscono di spingere le fantasie
catastrofiche fino in fondo. Per il paziente precedente questo
consiste nel fargli immaginare e vivere la scena di perdita di
coscienza in pubblico e del ridicolo eventuale che potrebbe
risultare per lui. In altri pazienti sarà indicato far loro
immaginare la propria agonia e la propria morte.
E' pure utile proporre al soggetto, sotto forma di fantasia
guidata, di affrontare le situazioni particolarmente paurose o i
fantasmi particolarmente penosi: una volta che li sente in modo
particolarmente vivo, egli impara a farvi fronte senza cedere
all'ansietà (a causa del rafforzamento di un'analisi Adulta
della situazione reale o immaginaria e lo sviluppo di un Genitore
Affettivo rassicurante per il Bambino spaventato della persona).
Il paziente di cui ho citato la storia si inventò, durante
una di queste fantasie, una sorta di "frase magica" destinata a
rassicurarlo e la utilizzò più tardi con successo
nella realtà. Questa frase era: "In fondo, lottare contro
l'angoscia è come perdersi nella notte in un castello
abitato da fantasmi senza aver paura!" (sospiro del Piccolo
Professore che ha trovato una soluzione).
E' importante che in questo tipo di lavoro il bersaglio non sia la
completa padronanza della paura, ma piuttosto la capacità
di farvi fronte. Affinché il Bambino riconquisti la
posizione OK, è necessario che accetti di "lasciarsi andare
alla vita" con fiducia.
- Bloccare le uscite tragiche:
Poiché vi è il
rischio che il soggetto abbia programmato di evitare un livello
troppo intenso di paura fuggendo sia nella follia che nel
suicidio, è necessario, all'inizio della terapia, bloccare
queste vie d'uscita con un adeguato contratto, a secondo del caso,
di non - suicidio o di non - pazzia.
CONCLUSIONI
Negli studi di follow - up, la
percentuale di guarigioni della nevrosi d'ansia generalmente
osservate si aggira attorno al cinquanta per cento. Questa
constatazione e l'esigenza, attualmente, delle efficaci strategie
terapeutiche descritte qui sopra, ci permette di avvicinarci al
paziente ansioso senza condividere la sua paura e il suo
pessimismo.
BIBLIOGRAFIA
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- Beck, A.T., Cognitive Terapy and the Emotional
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- Marks, I, op. cit.
- Wagner, J., op. cit.
- Goulding, M., e R., 1979,
Changing Lives Through Redecision Therapy, Brunner & Mazel,
New York.
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