Sommario
Indice generale
Indice cronologico
Indice per autori
Indice di Neopsiche Anno 2 / N°3 / Giugno 1984

 
Trascritto dalla Dott.ssa Claudia Carrato

Tempo e scelte esistenziali
Melita Lupo e Giacomo Magrograssi

RIASSUNTO
In questo articolo gli autori prendono in considerazione l'evoluzione culturale del concetto di tempo sino al contributo della filosofia esistenzialistica. È negli stessi concetti chiave di obiettivo, scelta, responsabilità, consapevolezza e qui ed ora che si riconosce l'analisi transazionale integrata e assume il suo significato più ampio la problematica psicologica intorno al tempo. Nella conclusione gli autori, partendo dalla loro esperienza, forniscono alcune indicazioni pratiche sul contenuto di workshops sulla gestione del tempo.

ABSTRACT
In this article the authors consider the cultural evolution of the concept of time up to the contribution made by Existentialism.
Integrated TA. has the same key concepts of goal, choice, responsability, awareness and here and now and the psychological issues surrounding time also assume their wider meaning in these concepts.
In conclusion, drawing on their experience, the authors provide practical indications for the running of workshops on time management.

Erano spaventati di non aver tempo per tutto, e non sapevano che aver tempo significa precisamente non aver tempo per tutto.
R. Musil
L'uomo senza qualità

PREMESSA

Questo articolo è il risultato di una riflessione sulla tematica del tempo che insieme abbiamo effettuato a partire dalla nostra esperienza professionale. Ci riferiamo soprattutto al workshop "Noi e il nostro tempo" che abbiamo progettato e via via messo a punto nelle varie edizioni che abbiamo tenuto a Milano, a Roma e a Catania. La nostra ottica in questo articolo è stata di allargare il discorso transazionale sulla strutturazione del tempo a quanto di pragmaticamente fruibile a fini di cambiamento possono oggi dire la filosofia e la psicologia generale. Non è stato nostro obiettivo il fornire una descrizione della struttura e delle esercitazioni del workshop.
I contributi transazionali sulla tematica temporale sono quelli prevalentemente berniani dei cosiddetti "sei modi di strutturare il tempo" (Berne 1964) e della classificazione dei copioni di vita da un punto di vista temporale (Berne 1972). Altro apporto di un certo interesse è quello di James-Jongeward (1971) sulla relazione fra il modo di vivere il proprio tempo ed i copioni vincenti o perdenti.
Il limite che a nostro parere hanno questi contributi è soprattutto quello di fare del tempo un discorso isolato e praticamente staccato dalla problematica psicologica ed esistenziale generale e un'isola nella stessa teoria e pratica transazionale. E' vero che in Woollams-Brown (1978) troviamo una connessione tra strutturazione del tempo e riconoscimenti e tra strutturazione del tempo e Stati dell'lo ma ci pare che tale collegamento sia alquanto riduttivo rispetto ad un discorso di più ampio respiro che si può fare a partire se non dalla attuale teoria (ancora poco articolata e sviluppata al di sotto delle sue possibilità) almeno dalla pratica transazionale oggi così ricca e feconda.

L'EVOLUZIONE DEL CONCETTO DI TEMPO

Nel progettare il nostro workshop siamo partiti da una rilettura dei contributi della filosofia esistenzialistica sul concetto di tempo e, più in generale, dall'evoluzione di questo concetto nella storia.
Ci siamo così resi conto che le definizioni del concetto di tempo, almeno per ciò che riguarda la cultura occidentale, oscillano fra due filoni di pensiero fondamentali: quelli che si rifanno al tempo "qualitativo" e quelli che si imperniano sul tempo "quantitativo" (Pomian 1981).
Tale distinzione, fondamentale nel dibattito sul tempo, corrisponde ad un duplice, diversissimo aspetto nell'esperienza individuale del tempo: il vissuto personale, soggettivo, che ognuno di noi ha del suo tempo e del tempo della sua vita, quindi un'esperienza interna, individuale,
affettiva; e l'aspetto di realtà del tempo dell'orologio, oggettivo, esterno a noi, misurabile, quantificabile, cioè un'esperienza cognitiva.
Possiamo leggere l'evoluzione del concetto di tempo come un alternarsi di questa polarità all'interno delle varie culture e della riflessione storica, filosofica, scientifica o come un adattamento dell'una all'altra.
Il problema della periodizzazione nella storiografia, ad esempio, nasce dalla necessità di definire i periodi non mediante unità di tempo obiettivo "500 anni, un secolo" ma attraverso unità dotate di significato: l'età dei comuni, la rivoluzione industriale, ecc. L'attribuzione di significato dipende dalla lettura proposta sicché è la stessa griglia interpretativa dello storico ad introdurre di volta in volta nuove unità temporali per comprendere fenomeni altrimenti inesplicabili: è il caso della
longue durée in Braudel (1958), concetto che consente di collocare in un flusso di mutamento fenomeni sociali "profondi" che talora gli scienziati sociali considerano immutabili.
In più la concezione del tempo nelle varie epoche è espressiva, com'è ovvio, dei mutamenti sociali, dell'atteggiamento dell'uomo nei confronti della vita, della sua visione del mondo (1). Questo avviene per esempio con l'avvento dell'orologio, momento in cui il rapporto tra tempo quantitativo e tempo qualitativo nella vita delle persone si modifica radicalmente. Il XIV secolo è stato definito il secolo più importante nella storia del tempo, il momento in cui un'innovazione tecnologica come l'orologio meccanico diventa uno strumento pubblico il cui funzionamento non riguarda più un piccolo gruppo di studiosi, com'era stato per le meridiane e i planetari, ma tutti gli abitanti delle città ed assume un preciso significato sociale e anche politico (Le Goff 1960). "A partire dal XIV secolo (cfr. Le Goff 1963) e con un'intensità crescente, relativa all'estendersi e all'approfondirsi della "rivoluzione industriale" il tempo di lavoro e il suo complementare, il tempo libero, vengono a trovarsi nel cuore del conflitto tra operai e imprenditori (cfr. Thompson 1967)" (Pomian 1981).
Tempo qualitativo è il tempo dei primitivi e dei bambini (Werner 1926): negli uni e negli altri il tempo non è una misura astratta della successione degli eventi, ma è una qualità concreta legata all'attività. In alcune culture primitive un anno è il tempo che passa tra un evento saliente della vita della comunità (ad esempio il maturare di un frutto) e un altro, e non esiste come entità astratta e continua all'interno della quale gli eventi si pongono. Per il bambino l'idea del tempo è contraddistinta da un carattere pragmatico e affettivo: a mano a mano che il bambino cresce e le sue strutture cognitive si affinano attraverso lo stadio delle operazioni concrete e poi di quelle formali (Piaget 1946), egli passa da un vissuto egocentrico, personale del tempo, che esprime quello dello Stato dell'Io Bambino, ad un concetto del tempo che comprende anche ciò che è più lontano e astratto.
Nella storia della filosofia si sono alternate le visioni scientiste del tempo, inteso come ordine misurabile del movimento, come ordine di successione od ordine di causalità (Aristotele, Ockham, Kant) con le visioni "spiritualistiche" in cui esso viene in ultima analisi identificato con la coscienza (Plotino, S. Agostino), e con Bergson (1889) il tempo
vissuto viene esplicitamente contrapposto al tempo spazializzato proprio della scienza. Particolarmente interessante risulta per noi il discorso di Heidegger per i punti di contatto con l'uso che del concetto di tempo abbiamo scelto di fare. Caratteristico della sua concezione di tempo è il primato attribuito all'avvenire:
Heidegger (1927) distingue un tempo autentico che è quello in cui l'Esserci progetta le sue possibilità, da un tempo inautentico, dell'esistenza banale, in cui il tempo diventa una successione infinita di istanti. Egli sposta così il piano dalla necessità alla possibilità, il tempo non è ordine necessario (causale), ma la possibilità di più ordini.
Vengono dunque introdotti i termini di progetto, anticipazione, attesa, concetti ormai comuni non solo all'analisi filosofica, ma anche, pur con denominazioni diverse, alla moderna psicologia e utilizzati pragmaticamente nelle psicoterapie umanistiche.
Il tempo psicologico è quindi un tempo qualitativo, orientato, irreversibile e finito. E' il tempo del nostro ritmo biologico: è il tempo dei poeti. E' la sensazione del tempo passato che abbiamo ricordando un episodio importante per noi; è l'idea del tempo futuro che abbiamo quando facciamo un progetto; è la nostra valutazione della durata di una cosa piacevole o spiacevole, divertente o noiosa.
E' il tempo che rende finite le cose e irrimediabili le scelte, è il tempo finito e limitato della nostra vita, di ciascuno per sé.
Il tempo quantitativo, oggettivo, è il tempo esterno a noi, il tempo collettivo, il tempo per tutti; è il tempo degli orologi, è il tempo che si è enormemente dilatato con i metodi di datazione che utilizzano gli isotopi radioattivi, è il tempo che si è estremamente affinato col cogliere uno spettro temporale che va dai bilionesimi di secondo all'età dell'universo, è il tempo della società.
Tra questi due tempi l'individuo spesso si barcamena a fatica e a volte rischia di essere schiacciato. Il tempo soggettivo è sì il tempo delle mete e delle scelte legato alle nostre motivazioni, ma spesso si scontra col tempo orologio, col tempo della produzione del mondo del lavoro che ha pure le sue ragioni d'essere e i suoi obiettivi ma che spesso sono in contraddizione rispetto a quelli del tempo soggettivo, per cui l'individuo sente dolorosamente di dover vivere con un ritmo e in un tempo che non è il suo, imposto dal metronomo della produttività.
Così il tempo diventa limite e impedimento e costituisce spesso per le persone ciò che la realtà esterna costituisce per l'onnipotenza e i desideri del bambino.

IL TEMPO NELL'EQUILIBRIO DELLA VITA

Il nostro tempo umano, limitato e soggettivo, è la categoria attraverso la quale ogni nostro atto deve essere filtrato per assumere il suo significato. La limitatezza del tempo, biologico e soggettivo, è la costante presenza della finitezza della nostra vita. La morte è presente nella vita anche se non lo sappiamo e dà momento per momento una direzione ed una coloritura al nostro vivere. Ma dare questa direzione significa intervenire nella definizione della meta che momento per momento, consapevolmente o no, noi andiamo cercando o andiamo smarrendo.
E' opinione condivisa dalla maggior parte delle persone del nostro tempo e della nostra cultura che la vita vada vissuta nel modo più sereno e gratificante possibile. Il problema di tutti è però quello di dare contenuto concreto a questa astratta enunciazione.
Nel nostro essere nel mondo possiamo in generale svolgere solo un'attività per volta: possiamo scrivere un articolo, possiamo fare una passeggiata, possiamo dormire, fare il bagno, tenere una lezione, starcene in ansia e in conflitto incerti su cosa si voglia veramente fare, ecc.. Inoltre data la limitatezza del tempo, cioè della vita, ciò che non facciamo, ciò a cui noi rinunciamo, non potrà probabilmente essere mai più fatto o se verrà fatto prenderà inesorabilmente il posto di altro che avrebbe potuto essere fatto.
L'investire il nostro tempo e le nostre energie in un'attività piuttosto che in un'altra implica sempre una
scelta magari inconsapevole, anche nel non scegliere (2).
La nostra attività sia essa affettiva, cognitiva o comportamentale si colloca quindi all'interno della parabola temporale soggettiva e finita e in essa assume un suo significato sempre sovradeterminato. In quale direzione preme la sovradeterminazione dei nostri atti e dunque delle nostre scelte?
Nel migliore dei casi verso una realizzazione di noi stessi, una realizzazione delle nostre possibilità e potenzialità di operare e vivere in un modo per noi soddisfacente negli affetti, nel lavoro, nei momenti felici e in quelli, comunque inevitabili, di sofferenza e di difficoltà. Questa realizzazione di sé è possibile all'interno di quanto Beme (1964) ha definito come "autonomia" ed altri autori hanno definito come "unità dell'organismo" (Schutz 1973), "pratica dell'amore" (Fromm 1956), "autorealizzazione" (Maslow 1970).
Preme invece nella direzione di un cammino incerto, accidentato, contraddittorio e di sofferenza quando per qualche ragione le motivazioni più genuine non emergono perché trovano un terreno intrapsichico o ambientale sterile o costringente. Abbiamo così quelle scelte (o quelle non scelte il che è la stessa cosa) che in analisi transazionale siamo abituati a chiamare di copione, cioè non libere ma sostanzialmente adattive.
Essere padroni del nostro tempo è quindi essere padroni della nostra vita, stare sul ponte di comando, decidere (non solo nel senso cognitivo del termine: esiste tutta una sensibilità ed una decisionalità affettiva). In che direzione decidere? Le decisioni giuste sono quelle per cui noi stiamo bene, per cui ci sentiamo appagati, per cui non torneremmo indietro. Riguardano gli affetti, il lavoro, il tempo libero; costruiscono il loro significato nei tempi lunghi impostando il filo rosso della nostra vita ma sono prese in gran numero momento per momento nelle azioni che considereremmo le più banali (3).
Le decisioni giuste sono quelle che ci permettono la miglior vita possibile, una vita fuori da un copione banale o perdente (Berne1972).
La serenità e la gratificazione di cui parlavamo poc'anzi sono tanto più facilmente raggiungibili (4) quanto più siamo coscienti dei molteplici modi con cui possiamo spendere la nostra risorsa tempo e quindi delle opzioni alternative di fronte a ciò di cui non siamo soddisfatti. Questa grande e spesso sconosciuta varietà di scelte potenziali e di risposte è la croce e delizia dell'essere umano. Implica la sua
responsabilità da cui può derivare tanto l'angoscia come la gratificazione. Varietà di scelte e di risposte significa pure necessità di rinunciare (decidere etimologicamente significa tagliar via) a tutto ciò che non si sta scegliendo, e rinunciare veramente vuoI dire chiudere, non inquinare l'azione del presente con il dubbio sul passato (5).
Ecco dunque che dopo i concetti di
meta, scelta, e responsabilità acquista un senso nel nostro discorso anche quello di consapevolezza.
Come possiamo scegliere e dunque rinunciare in modo soddisfacente e tranquillo se non siamo consapevoli di noi qui e adesso, di cosa vogliamo noi che stiamo scegliendo? Consapevolezza significa essere nel mondo qui e ora pienamente capaci di percepire correttamente, di sentire adeguatamente e di pensare con coerenza: padroni del nostro passato e chiari sul nostro futuro cioè sulle mete che in questo momento hanno valore per noi. La meta di oggi la mettiamo a fuoco nella consapevolezza del nostro presente, in funzione di un futuro, più o meno prossimo, che ci è possibile tanto più realisticamente presentificarci tanto più realmente siamo padroni del nostro passato (6).
E' solo in quest'ottica di consapevolezza che le mete gradualmente cangianti della nostra vita possono maturare a partire da un substrato arcaico ed indifferenziato ed assumere quella forma specifica che la cultura in cui siamo immersi ci offre. Le mete non sono "date", pronte ad essere scoperte ad un profondo esame introspettivo. esse sono per lo più da coltivare, da far sbocciare ed affinare nella continua pratica della scelta consapevole.
Così anche il passato ed il futuro, motori del corretto scegliere e decidere, possono rivelarsi una trappola per l'autonomia quando anziché vivere il nostro presente nel presente vi sfuggiamo attraverso massicce fantasie su ciò che è stato o su ciò che sarà o sul passato o sul futuro di chi ci sta vicino (7) correndo così il rischio di vedere annullato il nostro personale tempo psicologico in un cortocircuito nel quale il futuro diventa già passato senza essere trascorso per il presente.

CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

All'interno del quadro che abbiamo ora delineato ogni problema pratico di gestione del tempo va molto al di là sia della berniana "strutturazione del tempo" sia delle modalità di soluzione razionalizzanti di molti dei seminari oggi in auge sul time management.
Pensiamo che un'esperienza significativa sulla problematica temporale inquadrata nell'ottica transazionale integrata debba innanzitutto sottolineare l'equazione tempo = vita. I problemi nella gestione del nostro tempo sono quasi sempre legati alle nostre motivazioni più profonde.
La maturazione e la scoperta delle motivazioni più profonde è possibile (oltre che in una vita ben equilibrata a partire da un'infanzia serena) all'interno di un lavoro psicoterapeutico formativo e ricostruttivo. In assenza di quest'ultimo seminari ed workshops sul time management spesso limitano il loro intervento e suggerimenti tecnici per un più razionale autosfruttamento attraverso una rigorosa pianificazione. Solo nei casi di lavori più seri e completi i partecipanti vengono aiutati nella ricerca di loro mete esistenziali, con il rischio però che in assenza di quel continuo supporto interattivo che è la psicoterapia queste mete siano definite dalla più immediata struttura difensiva della personalità e dunque a breve termine risultino di nuovo inadeguate.
Sottolineiamo ancora che le mete principali di ogni fase della nostra vita non sono infatti "da scoprire", non sono cioè lì pronte, soltanto negate alla nostra investigazione cosciente, già definite e mature per emergere ad un esame introspettivo e riflessivo. Le mete sono dinamiche non statiche. E' proprio la mia esperienza di oggi che farà sì che domani io abbia un certo obiettivo, e quella di ieri delineerà quello di oggi(8).
E' nostra opinione che, anche se esperienze limitate, workshops e seminari sulla gestione del tempo possano essere di utilità per gli utenti e facilitare e rendere più sereno il loro lavoro professionale. E' necessario che contengano fra l'altro:

Le difficoltà maggiori che noi abbiamo incontrato sono state in alcuni casi la presenza del Genitore, in altri la maniacalità del Bambino. In questi casi pensiamo che all'interno dell'esperienza seminariale sia compito dei conduttori quello di "leggere" e di presentare con delicatezza questi problemi alle persone interessate ma non compiere interventi più profondi in quanto adatti ad un diverso contesto contrattuale e in alcuni casi ad una diversa competenza del trainer.
Pensiamo infine che il modo di presentarsi dei conduttori di fronte ai partecipanti quanto a scansione di tempo, definizione delle mete, attenzione al qui ed ora, capacità di fare scelte e di assumersi le relative responsabilità sia già di per sé una forma d'insegnamento per processo delle più valide.

NOTE

  1. Si vedano le interessanti pagine sul tempo de Il pensiero storico - classico (Mazzarino 1966)
  2. E' frequente il caso di persone che nella loro vita quotidiana trascinano una situazione coniugale insoddisfacente continuando a subire una routine che sembrano si impostati da un "esterno svolgersi delle cose" ma che in realtà si sono costruiti passo passo per mezzo di una collusiva deresponsabilizzazione. Altro caso è di coloro che in un lavoro autonomo finiscono per essere le vittime insoddisfatte del proprio autosfruttamento. L'assenza di una cornice di luogo e di tempo nel lavoro contribuisce a far sì che alcune persone non sappiano dire di no alle richieste che vengono fatte loro ed altri si sforzino di perfezionare sempre più la quantità e la qualità dei loro impegni in un crescendo limitato solo dalla resistenza fisica e dalla malattia. Anche qui la responsabilità di scelta è precisa anche se dall'interno del sistema pare sempre di non poter fare altrimenti.
  3. Mentre per una persona l'atto automatico di mettere due cucchiaini di zucchero nel caffè può essere una decisione del tutto insignificante, per un'altra può avere un significato di autosfruttazione costante della propria aspirazione di sentirsi più snella. Per altre persone ancora può essere tutt'altro che insignificante guardare in faccia il barista, l'impiegato delle poste, ecc. può essere un atto che quando omesso porta ad un dialogo interno svalutante del proprio valore e della stima di sé.
  4. Non si dimentichi comunque che anche questa stesa ricerca quando impostata in modo maniacale può esprimere una grande compromissione dell'asse motivazionale anche perché nella vita di ciascuno una certa quota di dolore ha la sua parte ed è comunque ineliminabile.
  5. Alcune persone saltellano in modo incoerente da un'attività all'altra senza entrare veramente in alcuna e portarla a termine, altri si fermano ancora prima e trascorrono il loro tempo in un dubbio spesso angoscioso su cosa "veramente" sia il caso di fare, altri ancora mentre praticano la loro scelta ritornano a considerare le ragioni della loro valutazione mettendole in dubbio e procurandosi così ansia e stress.
  6. E' il caso di parlare di tutta una gerarchia di mete. Vi sono (consapevoli o meno) quelle primarie, possono esistere di conseguenza, rispetto a queste, diverse gerarchie di mete di ordine secondario sino a quelle della normale esistenza quotidiana.
    Se una persona ha come meta primaria di una certa fase della sua vita quella di crescere i suoi figli, in apporto al concetto che egli ha di "crescere" ed al suo sistema di riferimento, ogni decisione anche quotidiana sulle ore di sua assenza da casa, sul denaro da spendere (e quale oggetto scegliere), sulla compagnia da frequentare, ecc., ne risente inevitabilmente.
  7. Ci paiono belle le pagine di Nati per vincere che parlano di come il "perdente" distrugge il suo presente.
    Ai tre casi individuati da James-Jongeward (1971) vogliamo aggiungere il quarto che è quello dell'attaccamento nostalgico ad un passato che ritenuto migliore del presente si continua a rinverdire in fantasia.
  8. Tornando all'esempio della nota 6, se una persona decide di non portarsi più il lavoro d'ufficio da terminare a casa e di investire il tempo che vi dedicava per entrare in rapporto, per giocare, per stare coi suoi figli, sulla base di questa esperienza può costruire - scoprire una meta nuova in questa fase della sua vita (che per esempio potrebbe essere riassunta dallo slogan: prima crescere i figli poi il lavoro) che a sua volta porta tutta una ricaduta di cambiamenti conseguenti.
  9. Come per esempio imparare una lingua (acquisizione morale) o comprare la casa (acquisizione materiale).

BIBLIOGRAFIA

  1. Bergson, H.L., (1889), Essai sur les données immédiates de la coscience, Alcan, Paris; ora in Oeuvres, P.U.F., Paris 1970, pp. 1-57 (Trad. ital. parziale: Saggio sui dati immediati della coscienza, Signorelli. Roma 1957).
  2. Bergson, H.L., (1907), L'evolution créatrice, Alcan, Paris; ora ibid. pp. 487-809 (Trad. ital. parziale: L'evoluzione creatrice, Laterza, Bari 1949).
  3. Beme, E., (1964), Games People Play, Grove Press, New York (A che gioco giochiamo, Bompiani, Milano 1974).
  4. Berne, E., (1972), What do you say afier you say hello?, City National Bank, Beverly Hills ("Ciao!"...e poi?, Bompiani, Milano 1979).
  5. Braudel, F., (1958), "Histoire et science sociales. La longue durée", Annales economies, sociétes, civilisations, XIII, 4, pp. 725-753.
  6. Cassirer, E., (1906-1907), Das Erkenuntnisproblem in der Philosophie und kissenshaft der neueren Zeit, Voli. I e Il, P. Cassirer, Berlin (Storia della filosofia moderna " Il problema della conoscenza nella filosofia e nella scienza nei sistemi post-kantiani", Vol. III, Einaudi 1955).
  7. Fraisse, P., (1967), Psycologie du temps, Pu.F., Paris.
  8. Fromm, E., (1956), The art ofloving, Harpere Bros., New York (L'arie di amare, Mondadori, Milano, 1963).
  9. Giovannelli, G. e Mucciarelli, G., (1978), Lo studio psicologico del tempo, Cappelli, Bologna.
    Heidegger, M., (1927),
    Sein und Zeit, Niemeyer, HaIle (Essere e tempo, UTET, Torino 1969).
  10. James, M. e Jongeward, D., (1971), Born to win, Addison-Wesley, Reading (Nati per vincere, Ed. Paoline, Roma 1982).
    Le Goff, J., (1960), "Au Moyen Age: temps de l'Eglise et temps du marchand",
    Annales economies, sociétés, civilisations, XV, 3, pp. 417-433 (Tempo della chiesa e tempo del mercante, Einaudi, Torino, 1977, pp. 3-23).
  11. Le Goff, J., (1963), "Le temps de travail dans la "crise" du XIV siècle: du temps mediéval au temps moderne" in: Le Moyen Age, pp. 596-613 (Trad. ital. in: ibid., pp. 25-39).
  12. Maslow, A., (1970), Motivation and Personality, Maslow (Motivazione e personalità, Armando, Roma 1977).
  13. Mazzarino, 5., (1965-66), Il pensiero storico classico, VoI. Il, Laterza, Bari.
  14. Nuttin, J., (1977), "La perspective temporelle dans le comportement humain. Etude théorique et revues des recherches, in: Fraisse P. e altri: Du temps biologique au temps psycologique. Symposium de l'Association de psycologie scierìtifique de langue française, Poitiers 1977, P.U.F., Paris. 1979, pp. 307-363.
  15. Piaget, J., (1946), Le développement de la notion du temps chez l'enfant, P.U.F., Paris.
  16. Pomian, K., (1981), voce "Tempo/Temporalità" in: Enciclopedia Einaudi, Torino.
  17. Reale, P., (1982), La psicologia del tempo, Boringhieri, Torino.
  18. Sabbadini, A., (a cura di), (1979), Il tempo in psicoanalisi, Feltrinelli, Milano.
  19. Schutz, W., (1973), Elements ofencounter, Joy Press (I gruppi di incontro, CELUC, Mila-no 1978.
  20. Thompson, E.P., (1967), "Time, work-discipline, and industrial capitalism" in: Past and Present, n° 38, pp. 56-97 (Trad. ital. in:Società patrizia, cultura plebea Einaudi, Torino 1981, pp. 3-55).
  21. Werner, H., (1926), Einfuhrung in die Entvicklungspsychologie, Lipsia (Psicologia comparata dello sviluppo mentale, Giunti & Barbera, Firenze 1970).
  22. Wooliams, S. e Brown, M.. (1978), Transactional Analysis, Huron Valley Institute, Dexter.

Sommario
Indice generale
Indice cronologico
Indice per autori
Indice di Neopsiche Anno 2 / N°3 / Giugno 1984
Torna ad inizio pagina