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Indice di Neopsiche Anno 14 / N° 21 / Dicembre 1996

Voglio laurearmi...........ma.......
M.Cristina Bottino, Mariolina Santagostino

ABSTRACT
L'ambito scolastico rappresenta un'area tradizionale di applicazione per l'Analisi Transazionale con specifico riferimento, di solito, al ruolo dei docenti ed alla popolazione scolastica dalle elementari alla maturità. L'approccio presentato nell'articolo è meno diffuso, in quanto si riferisce all'ambito universitario: sulla base di un attento esame dei bisogni degli studenti, si è formulato un modello di intervento formativo, già sperimentato, che qui viene descritto.

INTRODUZIONE
L'idea di proporre un ciclo di incontri per gli studenti universitari in difficoltà nello studio utilizzando l'Analisi Transazionale è nata dal desiderio delle autrici di contribuire in modo nuovo a risolvere un problema attualmente cruciale, relativo alla gestione delle difficoltà che lo studente ha nel portare a termine gli studi universitari.
In questi ultimi anni, in presenza di una percentuale sempre più ridotta di ragazzi che riescono concludere gli studi sul totale degli iscritti, si sono moltiplicate le iniziative a favore di un supporto maggiore e più articolato degli studenti all'interno dell'istituzione, che ha fra l'altro portato alla impostazione di servizi di tutorship nel percorso accademico.
L'esperienza che qui si riporta ha avuto origine da alcuni risultati, come vedremo in parte imprevisti, di una ricerca qualitativa svolta proprio per comprendere meglio gli obiettivi concretamente perseguibili da un servizio istituzionale di tutorship alla luce dei bisogni espressi dagli studenti. Dalle interviste ai ragazzi è emerso un insieme estremamente variegato di richieste, che si è cercato di ordinare in funzione della complessità e delle risposte più adatte ad una loro soluzione (1).

In sintesi, la ricerca ha evidenziato tre diverse tipologie di bisogni: un bisogno di informazioni, un bisogno di metodo ed un bisogno di supporto più specificatamente psicologico. E', naturalmente, su quest'area che ci soffermeremo maggiormente, ma può essere utile riprendere sinteticamente anche le prime due tipologie di richieste, rileggendole in chiave transazionale.

In primo luogo, un
bisogno di informazioni: prevedibile e molto accentuato nel momento di ingresso in una nuova struttura, ma presente più genericamente ad ogni avvio di corso per le novità sempre implicate, richiede l'organizzazione di un servizio in grado di rinforzare nei ragazzi in difficoltà l'Adulto momentaneamente disattivato dalla situazione di incertezza, rassicurare il Bambino, senza per questo rispondere in modo da esasperare il Genitore Normativo. Da notare come le richieste che apparentemente ricadono in quest'area siano, ad una prima rilevazione, la quasi totalità: è da un esame attento dei contenuti delle richieste stesse che emergono gli altri due aspetti, evidenziando come la ricerca di informazioni copra a volte bisogni più complessi di aiuto e di intervento, che devono essere compresi e chiariti se si vuole realmente contribuire alla soluzione del disagio alla base. In questa logica, rispondere alla domanda continua di informazioni con le risposte richieste finisce per bloccare il ragazzo in una situazione di dipendenza e di passività che è, a ben guardare, opposta agli obiettivi reali di un supporto centrato sulla crescita della persona.
In secondo luogo, la ricerca segnalava un
bisogno di metodo, in relazione tanto alla preparazione dei singoli esami quanto al percorso universitario nel suo insieme: spesso ben chiara negli studenti, questa carenza porta ad uno studio passivo, incapace di destreggiarsi nei programmi complessi dei corsi. Programmi adeguati in questo senso (corsi specifici, informazioni precise all'interno dei diversi insegnamenti) possono contribuire ad attivare l'Adulto e contemporaneamente diminuire un ricorso eccessivo al Bambino Adattato, favorendo uno studio individualmente finalizzato.
Infine, ed è quello che più ci interessa qui, emergeva un
bisogno di supporto specificatamente psicologico, percepito come necessario nel caso di disagi profondi e generalizzati: chiaramente al di fuori dalle competenze di un servizio istituzionale di tutoraggio, la risposta a questo bisogno rimandava immediatamente a professionalità e a strutture specifiche e, ad un primo esame, sembrava rappresentare per gli studenti la corretta risposta solo per casi rari e "gravi" di malessere o crisi. Contemporaneamente, però, era molto chiara la percezione che problemi e crisi nel percorso di studio hanno anche a che fare con le modalità individuali di avvicinamento allo stesso, in particolare con atteggiamenti immaturi, in parte retaggio del precedente percorso scolastico personale, di abitudini acquisite e in definitiva collegati in qualche modo alla "storia" di ognuno. Da una parte, dunque, il supporto psicologico sembrava ritenuto valido solo in casi di conclamata gravità (e quindi difensivamente attribuito ad altri), dall'altro l'approccio psicologico ai problemi nello studio era immediatamente individuato come potenzialmente valido per sè ed in grado di contribuire a chiarire i propri problemi.
In altri termini, dalla ricerca è sembrato emergere nello studente universitario in difficoltà un bisogno di supporto psicologico originale, in qualche modo nuovo e, per noi, imprevisto: letture più o meno specifiche e qualche corso di psicologia ormai di routine inserito in molte facoltà hanno probabilmente contribuito a creare interesse per un aiuto con approccio e taglio psicologico ai propri problemi, ma non necessariamente la disponibilità per interventi globali e profondi, difensivamente non ritenuti validi e corretti per sè.
Le ipotesi che hanno guidato l'impostazione del ciclo di incontri che presentiamo riguardano questi aspetti: le attuali proposte in termini di tutorship sembrano rispondere alle prime due tipologie di bisogni, ma, almeno in molte facoltà, lasciano scoperta l'area psicologica; anche le iniziative più recentemente attivate in questo senso sono mirate a rendere più efficace la risposta al bisogno di informazioni e tuttt'alpiù affrontare in modo più sistematico la richiesta di metodo con l'organizzazione di corsi "tecnici" specifici. Rimane dunque scoperto l'intervento in chiave psicologica: è pur vero che problemi psicologici particolarmente acuti rappresentano in genere la "molla" per richieste di terapia nel periodo universitario; e in quest'ambito specifico possono trovare - e trovano - già ora risposta. Si tratta di richieste che per definizione sono trattate in ambito privato, richiedono setting e contratti specifici ed esulano dagli ambiti di intervento di tutoship, mirando a modifiche inerenti la struttura della personalità. Sono invece assenti offerte di intervento con taglio psicologico, tese a fornire un supporto mirato e diretto alla gestione di problemi nell'area dello studio attraverso una migliore consapevolezza delle proprie modalità di comportamento.
Proprio lavorando su questi aspetti sono emersi gli spunti alla base del ciclo di incontri realizzato per un gruppo di studenti universitari, in cui le ipotesi dell'Analisi Transazionale hanno fornito un valido modello per rispondere ai problemi di studio percepiti dagli studenti sia in termini di riferimenti teorici utili per la scelta dei contenuti degli incontri, sia per il tipo di struttura adottabile.

Nel loro insieme, dunque, gli incontri realizzati hanno avuto l'obiettivo di fornire agli studenti una occasione di riflessione strutturata nel tempo sulle proprie modalità di affrontare il percorso di formazione universitaria, con particolare attenzione alle dinamiche psicologiche attivate.


L'INTERVENTO FORMATIVO REALIZZATO - LE IPOTESI TEORICHE

Nella vita del ragazzo iscritto all'università lo studio e le attività ad esso connesse (frequenza alle lezioni, esami, rapporto con i docenti, tesi e tesine) hanno un ruolo rilevante in termini di tempo e di investimento: in fondo, il ragazzo stesso si definisce e viene definito dagli altri, prima della laurea, proprio come "studente universitario". Logico, quindi, che il successo o l'insuccesso nello studio contribuiscano in modo rilevante alla definizione dell'immagine di sè in questo periodo.
Tutti sappiamo cosa significa studiare, ma ci è sembrato opportuno individuare una definizione di studio più precisa. Condizioni particolari che "fanno la differenza" con altre attività, quali leggere, scrivere o pensare, sembrano essere: in primo luogo, l'obbligatorietà per chi studia di rendere conto a qualcuno di quanto appreso; in secondo luogo, l'essere consci, mentre si legge, si scrive, si pensa, di doverne poi rendere conto; infine, la pressione inevitabile che questo crea.

"La voglia di studiare consiste proprio nell'accettare questa pressione psicologica, morale e perfino economica (o tutte queste pressioni insieme) e proprio questa pressione è l'ingrediente essenziale dello studiare" (2).

L'Analisi Transazionale ci sembra consentire una rilettura ancor più articolata di questi concetti: in particolare la teoria degli Stati dell'Io sembra fornire spunti utili per un'analisi differenziale e per un intervento volto al superamento delle difficoltà.
Infatti, riteniamo che nelle situazioni di studio (come precedentemente definite) l'attivazione degli Stati dell'Io assuma una configurazione abbastanza prevedibile ed in qualche modo tipica: con un Genitore sempre presente per definizione (se è vero che studiare è rendere conto) viene energizzato un Bambino più BA che BL.
La buona riuscita nello studio, valutata con criteri tradizionali in termini di "esami superati", sembra essere, quindi, relativamente indipendente da una rilevante attivazione dell'Adulto. Ma, soprattutto, questa configurazione sembra essere trasversale alle differenti strutture di personalità degli studenti: quasi una "struttura sovrapposta" alla propria struttura di base, che si indossa in adattamento (oppure - il che, come sappiamo, è lo stesso - in opposizione) alla situazione specifica e relativamente temporanea, e che si declina poi in base alle caratteristiche individuali di ciascuno.
Una situazione di questo genere, protratta nel tempo in una fase della vita che dovrebbe essere caratterizzata da un processo di evoluzione personale, può però
risultare frustrante a due livelli: innanzitutto perché blocca in una situazione percepita come "adolescenziale" lo studente che è alla ricerca dell'autonomia all'interno di un proprio percorso di crescita; e, in secondo luogo, anche se vi è adattamento, la preparazione conseguita in modo passivo è vissuta come sterile per i futuri percorsi professionali.
Le più frequenti ipotesi di intervento sono collegate alla modifica del rapporto docente/studente ed in genere il cambiamento viene sollecitato nel docente, cui si propone un ruolo attivo.
La nostra proposta è invece quella di lavorare direttamente con lo studente, il che richiede un cambiamento di prospettiva sostanziale. All'interno di un ambiente universitario "dato", si lavora sugli Stati dell'Io dello studente tanto nel momento di studio individuale quanto nella relazione con il docente, con il fine di diminuire il disagio avvertito, cambiando la percezione che lo studente ha di sè, del docente e della situazione ( 3).
In questo senso, il modello di intervento proposto è dunque simile ad una terapia, in cui un lavoro interno si fa agente di cambiamento, mentre il livello con cui viene trattato il disagio del singolo è per scelta più limitato.
L'ipotesi è che la nuova visione di sè che deriva dalle informazioni teoriche trasmesse, da un loro utilizzo nella rilettura dei propri comportamenti abituali e nella sperimentazione di nuove opzioni, porti ad un miglioramento del proprio vissuto.
La presentazione e la discussione della teoria degli Stati dell'Io, ritenuta fondamentale sulla base delle ipotesi sopra presentate, ha poi offerto l'occasione per approfondire altri concetti analitico-transazionali, indispensabili per l'avvio ed il consolidamento del cambiamento a livello individuale, quali: carezze, transazioni, strutturazione del tempo e spinte.

L'INTERVENTO FORMATIVO REALIZZATO - STRUTTURA

Area di intervento specifica e definita (i problemi collegati con la vita dello "studente universitario") e intervento breve ( una serie limitata di incontri) sono aspetti importanti in questo modello, in quanto capaci di fornire agli studenti risposte coerenti tanto con la loro disponibilità ad un lavoro introspettivo, quanto con il loro rifiuto di un intervento tipicamente terapeutico (considerato sproporzionato rispetto alle problematiche sentite). Riteniamo che proprio la struttura del modello consenta il superamento delle resistenze che spesso i ragazzi incontrano nel chiedere aiuto (4).

In particolare, vediamo ora lo schema operativo scelto sulla base di queste ipotesi con riferimento ai partecipanti, alla metodologia di lavoro ed alla sequenza temporale.
Un ciclo di incontri di gruppo risulta preferibile ad un approccio individuale, in quanto considerato più produttivo e protettivo per i partecipanti. Per quanto riguarda la metodologia di conduzione dei singoli incontri, è importante prevedere un'alternanza fra momenti di presentazione teorica e momenti di lavoro comune (in gruppo o in coppia), con attenzione ad eventuali lavori individuali. Per meglio collegare i diversi incontri è importante, come spesso accade nei gruppi analitico-transazionali, prevedere brevi esercitazioni da svolgere a casa e da riportare e discutere la volta successiva. Relativamente, infine, alla sequenza temporale, si è individuata una articolazione "a moduli" degli incontri: 4 incontri settimanali per il primo modulo; a distanza di un mese, altri 4 incontri settimanali per il secondo modulo. In questo schema, i primi 4 incontri sono dedicati alla presentazione dei concetti ed ad una loro prima sperimentazione; mentre i successivi 4 incontri ne permettono un approfondimento. La struttura modulare e l'intervallo tra un modulo e l'altro sono stati scelti sia allo scopo di consentire una facile integrazione nel calendario degli impegni universitari, che per consentire una maturazione delle informazioni acquisite e delle esperienze fatte nel corso del primo ciclo di 4 incontri.

L'ESPERIENZA REALIZZATA

Il modello qui presentato ha già trovato una prima realizzazione con un gruppo di 6 studenti universitari nel corso dell'anno accademico 1995-96, con i quali, in due cicli di 4 incontri ciascuno, si è proceduto a verificare l'interesse per gli argomenti proposti e la validità (in termini di risultati ottenuti) del progetto qui presentato.
La numerosità del gruppo è stata volutamente limitata, trattandosi di una prima esperienza in questo settore. Si ritiene che la dimensione ottimale possa variare da 8 a 15 persone, in modo da permettere un più ricco interscambio tra i partecipanti
L'interesse ed il coinvolgimento degli studenti è stato verificato tanto durante i singoli incontri in modo informale, quanto al termine dei 2 cicli in un momento di feedback formalizzato, ed è risultato sempre estremamente positivo.
La validità del modello e la consistenza dei risultati ottenuti sono stati spontaneamente indicati e commentati dai partecipanti, fornendo spesso un'occasione di approfondimento immediata. Si è successivamente provveduto a verificare la stabilità dei cambiamenti riportati con un feedback due mesi dopo l'ultimo incontro.
L'esperienza fatta ha inoltre permesso una migliore definizione dei materiali-stimolo e della struttura organizzativa.
Per quanto riguarda i contenuti, la teoria degli Stati dell'Io ha dimostrato la propria potenza, anche in questo ambito, sia in termini esplicativi che come strumento di crescita: fin dal primo incontro la condivisione dei nuovi concetti ha provocato un cambiamento di prospettiva nei partecipanti, che hanno sostanzialmente modificato la loro percezione di sè in relazione ai problemi connessi allo studio.
Gli altri concetti presentati si sono dimostrati tutti necessari approfondimenti/completamenti della teoria degli Stati dell'Io. Sorprendente è stata l'elasticità dimostrata dai ragazzi nell'uso e nell'integrazione dei vari temi proposti, pur sulla base di informazioni teoriche volutamente essenziali.
Un'ultima considerazione. Nell'impostare il ciclo di incontri, si era posta particolare attenzione a proporre una precisa limitazione del campo di intervento - i problemi connessi con lo studio. La proposta di un contratto limitato non ha comunque, ovviamente, impedito ai ragazzi di effettuare un trasferimento spontaneo dei concetti appresi a situazioni e relazioni non direttamente "di studio". Dunque, non si è trattato di un limite, ma anzi della chiave di accesso per un'elaborazione più ampia, resa possibile anche dal clima di fiducia che si è instaurato nel gruppo. Di più, paradossalmente la rassicurazione indirettamente fornita dalla proposta di un obiettivo limitato e controllabile, in alcuni casi ha dato il permesso ai partecipanti di chiedere un aiuto di taglio più specificamente terapeutico (che è stato oggetto di una momentanea integrazione del contratto con le conduttrici)

NOTE

  1. La ricerca è stata realizzata all'interno di una tesi di laurea di marketing, finalizzata ad individuare caratteristiche e limiti per un proficuo intervento di tutorship per gli studenti della Facoltà di Economia e Commercio dell'Università Cattolica di Milano
  2. Piattelli Palmarini, 1991, pag. 246
  3. Montuschi, 1982, pag. 150
  4. Adamo, 1990

BIBLIOGRAFIA

  1. Adamo, S.,(1990), Un breve viaggio nella propria mente, Liguori, Napoli.
  2. Holloway, M. H., Holloway, W.H., Il processo di definizione del contratto, trad.it. in Neopsiche, anno 4, N° 8, Dicembre 1986, pag.14-18
  3. James,M., Jongeward, D.,(1971), tr.it. Nati per vincere, Edizioni paoline, Milano, 1985
  4. Klein,M., (1983), tr.it. Autoanalisi Transazionale, Astrolabio, Roma,1984.
  5. Klein,M.,(1980), Thoughts and Feelings: A Functional description of Healt, Pathology, Diagnosis and Cure, in Transactional Analysis Journal, Vol.10, n.2, pag.96-100, tr.it.Moisco, C., Novellino,M., Stati dell'o, Astrolabio, Roma,1982.
  6. Montuschi, F., (1982), Analisi transazionale nell'apprendimento e nelle relazioni sociali scolastiche, in Atti del Primo Convegno italiano di Analisi Transazionale, Roma, Policlinico Gemelli, pag. 147-164.
  7. Stewart,I., Joines, V., (1987),tr. it. L'Analisi Transazionale, Garzanti, 1990.
  8. Woollams, S., Brown, M., (1987), tr. it. Analisi Transazionale, Cittadella editrice, Assisi,1985.

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