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LE COMPLICANZE IN IMPLANTOLOGIA
Roberto Marra; Livia Nastri; Giovanni Maddaluno

*Professore a contratto - Cattedra di Parodontologia Prof. F. Caruso Istituto di Clinica Odontoiatrica e Stomatologica Dir. Prof. A. Ferro Seconda Università di Napoli
Procedure cliniche sempre più accurate e continue ricerche in ambito tecnologico applicate alla chirurgia implantare hanno consentito negli ultimi anni un livello sempre più predicibile di successo nella osteointegrazione degli impianti di moderna concezione nonché nella loro sopravvivenza a lungo termine. D'altronde, nonostante l'altissima probabilità di successo ottenibile con un'attenta esecuzione di protocolli implantologici corretti, l'attuale diffusione di tale metodica protesica induce ad un'attenta analisi dei fattori che eventualmente conducano all'insuccesso e che sono stati evidenziati dagli studi retrospettivi da un punto di vista quasi esclusivamente statistico.
Molti sono gli autori che consigliano un'attenta selezione dei casi, successiva ad un'accorta anamnesi che metta in evidenza la presenza di patologie sistemiche in qualche modo correlabili all'insuccesso della riabilitazione implantoprotesica.
Più importanti, se considerati da un punto di vista strettamente legato all'atto chirurgico implanto-protesico, sono i fattori sfavorevoli direttamente coinvolti nell'intervento di inserimento della fixture. Nel 1991 Jaffin e Berman affrontarono le problematiche di tipo regionale da prendere in esame per ottenere una buona osteointegrazione dell'impianto ed evidenziarono tra queste la presenza di un osso poco compatto, con trabecolatura poco fitta, indicato da Brånemark come osso di tipo IV, cui gli Autori attribuirono effetti determinanti nell'elevare la percentuale media di fallimento degli impianti. Vanno inoltre valutate, da una parte, la quantità di osso residuo e quindi la sua capacità di dare una buona stabilità primaria ad un impianto dimensionalmente adeguato a sopportare i carichi occlusali, e, dall'altra, la prossimità alle strutture anatomiche importanti quali il canale alveolare inferiore ed i forami mentonieri per l'arcata mandibolare e i seni mascellari, le cavità piriformi e il canale naso-palatino per l'arcata mascellare che interferiscono con la scelta della misura e delle sedi di installazione delle fixtures.
Tuttavia, per meglio comprendere i fenomeni eziopatogenetici nelle complicanze della terapia implantoprotesica, gli studi più recenti mirano alla dimostrazione degli aspetti microbiologici, immunologici, immunoistochimici e biomeccanici fino ad arrivare alla proposizione di cure per le patologie perimplantari attraverso protocolli che vanno dall'applicazione di farmaci a livello topico e sistemico nonché metodiche chirurgiche ben codificate.
L'importanza dell'argomento è sottolineata dal fatto che siano state proposte più classificazioni, tra le quali:
a) Classificazione della Scuola Svedese:

  • Perdita di ancoraggio osseo.
  • Problemi gengivali
  • Complicanze meccaniche.
b) Classificazione secondo la Scuola UCLA:
  • Complicanze durante il primo stadio chirurgico:
    1. Lesione di strutture anatomiche contigue alla sede dell'impianto;
    2. Esposizione delle spire;
    3. Complicanze ascessuali;
    4. Perdita della vite di copertura.
  • Complicanze durante il secondo stadio chirurgico:
    1. Errata selezione e posizionamento dell'impianto;
    2. Danneggiamento della testa esagonale della fixture;
    3. Perdita dell'abutment e frattura della vite dell'abutment;
    4. Carico protesico precoce;
    5. Aspirazione di strumenti;
    6. Esposizione delle spire;
    7. Frattura della fixture;
    8. Eccessivo riassorbimento osseo;
    9. Formazione di placca /tartaro;
    10. Problemi parodontali;
    11. Errata selezione dell'altezza dell'abutment.
  • Complicanze protesiche:
    1. Spazio insufficiente sotto la protesi fissa;
    2. Abutment che penetrano attraverso la mucosa alveolare;
    3. Frattura delle viti in oro o di titanio degli abutment;
    4. Frattura della protesi in resina o in ceramica;
    5. Perdita di una fixture nel settore posteriore del mascellare.
c) Classificazione secondo Balshi:
  1. Fixture non integrate:
  2. Prima del carico protesico;
  3. Dopo la protesizzazione
  4. Frattura delle componenti dello strumentario:
  5. Frattura della fixture,
  6. Frattura della vite dell'abutment;
  7. Frattura della vite d'oro / vite di connessione del pilastro.
  8. Contaminazione chirurgica chimico-fisica e batterica dell'impianto;
  9. Deiscenze post-chirurgiche e lesioni mucose
  10. Rapida perdita di osso marginale all'impianto (superiore a 1mm annuo) perimplantite;
  11. Fistole ed ascessi;
  12. Frattura mandibolare da inserimento degli impianti;
  13. Lesione di strutture anatomiche importanti: vasi e nervi,
  14. Ematomi emorragie ed ecchimosi,
  15. Iperplasie e ipertrofie gengivali;
  16. Misfitting dell'abutment con la fixture / della sovrastruttura con gli abutment,
  17. Frattura della sovrastruttura o della copertura in acrilico,
  18. Estetica compromessa;
  19. Inadeguata posizione dell'impianto;
  20. Errata scelta degli abutment;
  21. Problemi fonetici;
  22. Disfunzioni dell'ATM;
  23. Embolia;
  24. Strumenti aspirati o ingoiati.
L'infiammazione dei tessuti perimplantari è il quadro clinico che si osserva nella maggior parte delle complicanze sopra citate, pertanto è utile distinguere tali processi infiammatori in mucosite e perimplantite in modo tale da distinguere anatomicamente oltre che cronologicamente, l'evoluzione del fenomeno infiammatorio. Si intende per mucosite la sofferenza dei tessuti molli perimplantari di una fixture in funzione (1st European Workshop on Periodontology). La flora batterica coinvolta è la stessa che troviamo in caso di malattia parodontale e normalmente con scarsa sintomatologia soggettiva e buone possibilità di restitutio ad integrum.
Si intende per perimplantite l'evenienza in cui i fenomeni infiammatori si estendono anche alla struttura ossea di sostegno di un impianto in funzione(1st European Workshop on Periodontology).
La mucosite si evidenzia clinicamente con eritema, edema, iperemia e sanguinamento come risulta evidente nell'immagine riportata (Foto 1).Questo paziente presentava contemporaneamente due fattori di rischio, uno derivante dalla pregressa parodontite cronica diffusa, l'altro dall'uso abituale del tabacco. Un'analisi più attenta della riabilitazione implantoprotesica evidenziava, inoltre, un errore nel disegno del profilo emergente della parete palatina della corona protesica corrispondente all'impianto, tale da favorire un impatto traumatico del cibo in quella zona (food impaction). In questi casi la correzione del profilo della corona protesica, il controllo della malattia parodontale e la cessazione o la drastica diminuzione del fumo di sigarette, associata all'applicazione topica di farmaci (metronidazolo, tetraciclina), rappresentano uno dei protocolli terapeutici più documentati.
La perimplantite è sempre preceduta da una mucosite. La qual cosa rende necessario un accurato sondaggio (Foto 2) e un controllo radiografico (Foto 3) perché si possa effettuare una diagnosi differenziale ed accertare l'entità delle lesioni. La compromissione dei tessuti ossei perimplantari limitatamente alle prime spire può essere ancora reversibile ma, se la stabilità dell'impianto è oramai compromessa, il recupero dello stesso è pressoché impossibile.
Il sovraccarico occlusale ed il misfitting della sovrastruttura protesica rappresentano le cause primarie della perimplantite, pertanto la correzione o la sostituzione del manufatto protesico associata ad un bilanciamento occlusale costituiscono correttivi indispensabili da associare alla terapia tissutale vera e propria della perimplantite. Trattasi di un approccio chirurgico, meccanico e farmacologico, come riferito da Mombelli e Lang, basato su un monitoraggio continuo dei pazienti implantari e terapie diverse secondo la gravità dell'infiammazione: all'igiene professionale con strumentario adatto (curettes non metalliche) si possono associare applicazione di antisettici locali quali clorexidina digluconato per 3 o 4 settimane, antibioticoterapia sistemica con ornidazolo (2 x 500 mg/die per dieci giorni) o amoxicillina + acido clavulanico (2 gr/die per dieci giorni), antibioticoterapia topica con sistemi Slow Realing Devices quali fibre di tetraciclina Hc o gel di metronidazolo. Nei casi più gravi si può arrivare all'impiego di tecniche rigenerative del tessuto osseo perduto con l'utilizzo di membrana con o senza innesti, fino ad arrivare all'espianto della fixture e alla sua sostituzione immediata (Wide diameter) o ritardata previa terapia GBR.
Il caso riportato (Foto 2) rappresenta una perimplantite franca come evidenziato dal profondo sondaggio oltre che dall'evidenza radiografica (Foto 3). Anche dall'anamnesi di questo paziente si evidenzia la parodontite cronica dell'adulto, associata all'abitudine al fumo. Inoltre l'osservazione del manufatto protesico rivela una frattura della ceramica della faccia vestibolare della corona posta in sede 3.5 che costituisce un chiaro segno di sbilanciamento occlusale. In questo caso è stata attuata una terapia farmacologica sistemica con ornidazolo, una terapia farmacologica topica con gel di metronidazolo, associata all'uso di clorexidina e al bilanciamento occlusale del manufatto implantoprotesico per attuare una terapia rigenerativa perimplantare in assenza di infiammazione.
Altro esempio di complicanza nella terapia implantoprotesica è la frattura dell'impianto che si manifesta clinicamente con dolore ità della metodica implantare. Una volta accertata la presenza di una condizione patologica è doverosa, però, una altrettanto tempestiva procedura terapeutica, selezionata di volta in volta tra le diverse soluzioni proposte per le singole evenienze cliniche, che riesca a ripristinare una corretta funzione della riabilitazione implantoprotesica ed assicurare, infine, un successo a lungo termine pari o superiore a quello sinora evidenziato dagli studi retrospettivi.



LETTURE CONSIGLIATE:

  • Albrektsson T:; Isidor F: Consensus report of session IV. In: Lang N.P.; Karring T., ed. Proceedings of the First European Workshop on Periodontology. London: Quintessence 365-369, 1994.
  • Bain C.A. "Smoking and implant failure - Benefits of a smoking cessation protocol" Int. J. Oral Maxillofac. Implants 6,756-8; 1996.
  • Bain C.A.; Moy P.K. "The association between the failure of dental implants and cigarette smoking" Int. J. Oral Maxillofac. Implants 8,609-15; 1993
  • Balshi T.: "Preventing and resolving complications with osseointegrated implants" Dental Clinics of North America, 33/4:821-67; 1989
  • Favero G.A. "Osseointegrazione Clinica: I Pricipi di Brånemark" - pp. 61-65, pp. 341-358; Ed. Masson 1994.
  • Flemmig T.F.; Berwick R.H.F. et al. "Effekt des recalls auf die sub gingivale mikroflora von osseointegrierten implantaten" Z. Zahnarztl. Implantol. VI: 45-51, 1990.
  • Haas R.; Haimböck W.; Mailath G.; Watzek G. "The relationship of smoking on peri-implant tissue: A retrospective study" J. Prosthet. Dent. 76,6,592-6; 1996.
  • Isidor F. "Loss of osseointegration caused by occlusal load of oral implants. Aclinical and radiographic study in monkeys" Clin. Oral Implants Res. 7,2-June; 1996.
  • Jaffin R.A., Berman C.L. "The excessive loss of Brånemark fixtures in type IV bone" J Periodontol 1991;62:2-4.
  • Lang N.P. "Five years of Guided Tissue Regenerazion in Implant Dentistry" Basel (CH), December 10-11 1993, Membrane Symposium 1993 (Univ. Bern).
  • Mombelli A.; Lang N.P. "The Diagnosis and treatment of peri-implantitis" Periodontology 2000, vol. 17, 63-76, 1998.
  • Tonetti M. "Risk Factors for osseodisintegration" Periodontology 2000, vol. 17, 55-62, 1998.
  • Zarb G.A.; Schmitt A.: "The longitudinal clinical effectiveness of osseointegrated dental implants: the Toronto study. Part III: Problems and complications encountered" J. of Prosth. Dent., 64:185-94; 1990.