La mediazione familare come
possibilità di ripresa del dialogo tra i genitori

di
Anna Bambino

Psicologa
Collaboratrice CEIPA
Socio Ordinario AIPG



Il Punto su ...
Una riflessione sulla responsabilità professionale

Editoriale
di Liusella de Cataldo


Parere dell'Esperto
Psicologi e psichiatri nel collegio peritale
di Germano Bellussi

Garante della privacy:
il ruolo dei servizi sociali nella giustizia minorile
di Gaetano Giordano
    Silvia Melchionna
    Roberto Liberatore

La mediazione penale monorile
di Elvira Musso

La mediazione familiare come possibilità di ripresa del dialogo tra i genitori
di Anna Bambino

Recensioni
Vite spezzate. I minori e l'abuso sessuale nella regione Basilicata
di Assunta Basentini
Ediz. Prov. di Potenza, 2001
a cura di Emanuela Longano
Freschi di stampa

di Isabella Merzagora Betsos
CEDAM, Pavova, 2001

< Torna alla Newsletter 7


 

     La mediazione famigliare è una strategia d’intervento nella separazione e nel divorzio che ha lo scopo di sanare e di recuperare la genitorialità condivisa. Tale strategia è centrata sulla ripresa della comunicazione tra i genitori e, contestualmente, lavora sulla loro relazione di coppia genitoriale.
La mediazione famigliare è una pratica che consente, attraverso la negoziazione, di trovare un accordo tra le parti e di sanare i contrasti, spesso violenti, sulla genitorialità; non è mai finalizzata a trattare e risolvere le ragioni che hanno portato alla separazione e al divorzio, non è, quindi, una psicoterapia della coppia.
E’ un contesto in cui le parti, alla presenza di un terzo, possono ritrovarsi, riunirsi, parlare insieme per trovare un accordo. Essere genitori responsabili significa, infatti, ampliare la prospettiva sul futuro dei figli, ma significa anche progettare un futuro vivibile per se stessi.
La mediazione famigliare si viene così a configurare come un percorso per la riorganizzazione delle relazioni famigliari in vista, o in seguito, alla separazione o al divorzio. In un contesto strutturato il mediatore, come terzo neutrale e con una formazione specifica, sollecitato dalle parti, nella garanzia del segreto professionale e in autonomia dall’ambito giudiziario, si adopera affinché i partner elaborino in prima persona un programma di separazione soddisfacente per sé e per i figli, in cui possano esercitare la comune responsabilità genitoriale.
La mediazione famigliare è, quindi, un processo strutturato, con fasi e tempi specifici, con obiettivi definiti dai genitori, che permette allo stesso tempo alla coppia di riconoscere, contenere ed elaborare il dolore e il lutto della separazione.
In Italia si è cominciato a parlare di mediazione famigliare alla fine degli anni ottanta grazie ad un gruppo di psicologi afferenti al Centro pubblico GeA di Milano che, occupandosi appunto di mediazione famigliare, ne promuove la diffusione, la pratica e la formazione. Nel 1995 viene fondata la SIMeF, Società Italiana di Mediazione Famigliare, di cui sono soci fondatori l’Associazione GeA di Milano, il Centro privato per l’età evolutiva di Roma, l’IRMeF di Roma, la Scuola genovese di formazione alla mediazione famigliare e il Centro Studi e Ricerche sulla famiglia dell’Università Cattolica di Milano.
La formazione non è ancora stata stabilita attraverso disposizioni legali nazionali, però gli Istituti di formazione che operano nel nostro paese si sono impegnati a rispettare le norme dettate dalla "Charte europèenne de la formation des mèdiateurs familiaux, exercant dans les situation de divorce et de separation", codice deontologico europeo del mediatore.
Attraverso questo documento sono state fissate le attitudini personali richieste al mediatore, le conoscenze necessarie all’esercizio della professione e le competenze specifiche.

La formazione è condotta da strutture pubbliche, private e universitarie, i principi che richiedono al mediatore sono:

- La conoscenza approfondita delle dinamiche e delle motivazioni della conflittualità coniugale;

- La capacità di controllo dei propri processi di transfert;

- La possibilità di capire quando nel contesto di aiuto si sviluppano identificazioni proiettive.

Traccerò ora un breve profilo dei centri di MF che lavorano nel nostro paese, soffermandomi, per ragioni di spazio, sugli aspetti più significativi di ciascuno.

Il Centro Genitori Ancora (GeA) di Milano nasce come progetto sperimentale per la prevenzione del disagio minorile a seguito della separazione, intesa come situazione di crisi, di stress e come evento probabile. In questo senso la mediazione rappresenta un lavoro sull’emergenza, dove si deve attivare la persona per evitare che la crisi si allarghi e la investa totalmente. Il focus dell’intervento è sul qui ed ora, senza tenere conto della storia passata della coppia, e l’obiettivo è rivolto all’acquisizione di nuove risorse per gestire la crisi.

La mediazione si articola in 10-12 incontri a cadenza settimanale e comporta delle regole ben precise, sia per i genitori che per il mediatore. Il GeA non prevede la presenza dei figli nel processo di mediazione.

Nel 1988 a Roma viene creata all’interno dell’Università, Facoltà di Psicologia, la sezione di Mediazione Famigliare, l’IRMeF. Tale Istituto nasce come progetto di intervento in collaborazione con il giudice tutelare per la salvaguardia della integrità del minore e nel 1996 diventa un servizio territoriale, aperto due giorni a settimana.

Le famiglie separate sono convocate due volte al mese per circa sei mesi, con la possibilità di aumentare o diminuire il numero delle sedute; ogni seduta dura da un’ora e mezza a due ore e offre alla coppia di genitori quello spazio necessario a ciascuno per portare il proprio contributo alla coppia. I soggetti si impegnano congiuntamente a decidere il futuro dei propri figli e possono acquisire la capacità di gestire le relazioni con l’altro membro della coppia genitoriale.

Il modello d’intervento utilizzato dall’IRMeF privilegia un’impostazione di tipo sistemico-relazionale e prevede la presenza dei figli.

Il Centro privato per l’Età Evolutiva diretto dal Prof. F. Canevelli è attivo dal 1990. Qui la mediazione inizia con la fase preliminare della valutazione, che si attiva fin dal primo contatto telefonico che avviene tra il richiedente e il mediatore, di modo che questi possa dare subito informazioni sul significato e sugli obiettivi raggiungibili con la mediazione. Segue un colloquio individuale per avere una definizione più chiara sugli obiettivi dei singoli e delle possibili aree di mediazione su cui si potrà lavorare poi con le coppie. I colloqui individuali sono al massimo due per ogni membro della coppia e consentono di effettuare una valutazione della mediabilità In questo centro gli operatori ritengono che la presenza dei bambini non sia opportuna in quanto potrebbero vivere esperienze destrutturanti.

Il modello della Scuola Genovese integra concetti di mediazione con l’epistemologia sistemica ed è stato elaborato nel servizio pubblico durante anni di lavoro con le coppie in crisi. Questa forma di mediazione nasce negli anni ottanta come esigenza di far riappropriare della capacità genitoriale coppie molto conflittuali, incapaci di gestire la separazione al punto tale da delegare il giudice a definire chi avesse ragione, chi avesse torto e chi fosse il genitore migliore. La Scuola Genovese ammette la presenza dei figli nel processo di mediazione.

In questa breve panoramica abbiamo dunque visto che, al di là dei modelli di riferimento cui si basa ogni centro e al di là delle differenti modalità d’intervento di ciascuno di essi, ciò che li accomuna tutti sono la valutazione della mediabilità delle coppie che richiedono l’intervento e la possibilità di recuperare la capacità genitoriale, per trovare accordi e decidere congiuntamente il futuro dei figli, trasformando così il conflitto distruttivo in conflitto costruttivo.

In questo processo, compito specifico del mediatore, che si pone super partes, è quello di conferire ad ogni membro della coppia la possibilità di imparare a negoziare e a parlarsi, condizione, questa, necessaria perché le parti devono lavorare assieme come genitori.

Indipendentemente dalla materia del contendere (casa coniugale, le visite, gli alimenti) e qualunque sia la strategia che il mediatore adotta, essa ha la funzione di facilitare la comunicazione e l'apprendimento fra le parti nel senso che, quanto più esse capiscono il rispettivo stato, tanto più aumentano le possibilità di accordo, di coordinamento e di apprendimento delle norme e dei metodi della negoziazione.