Difficoltà e complessità d'approccio psicologico e
metodologico in contesti giuridici differenziati 

di
Paolo Capri

Psicologo, Psicoterapeuta
Presidente Istituto di Formazione CEIPA
Comp. Esperto Comm. Deontologica Ordine Psicologi Lazio



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La Formazione
Difficoltà e complessità d'approccio psicologico e metodologico in contesti giuridici differenziati.
di Paolo Capri

Lo stato della formazione in
Italia per gli operatori psicologico-giuridici.
di Stefano Mariani 

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   La necessità di una programmazione organica della formazione nell'ambito della Psicologia Giuridica nasce dalla constatazione che, non esistendo competenze particolari affidate al settore da ordinamenti specifici, lo psicologo trova rilevanti problemi nello svolgere la propria attività nel contesto giuridico, anche a causa della carenza di strutture formative adeguate. I problemi più comuni che lo psicologo, esperto e non, si trova ad affrontare nel momento in cui opera o vorrebbe operare come psicologo forense possono essere sintetizzati nel modo seguente: 

A) Difficoltà di rintracciare l'ambito operativo e il settore di maggiore interesse all'interno della psicologia forense.
B) Difficoltà di effettuare una specifica formazione. C) Difficoltà di individuare correttamente le proprie competenze e i propri limiti.
D) Difficoltà di comprendere e differenziare - e far comprendere e differenziare a magistrati, avvocati, parti in causa ecc. - i ruoli fra i vari operatori giuridici, psicologi, psichiatri forensi, medici legali, avvocati, magistrati, CTU e CTP.
E) Mancanza di criteri e parametri metodologici nello svolgimento di una perizia o CTU.

A) Per quanto riguarda il primo problema (settori d'intervento), prendendo spunto da E. Ferri (1925) e G. Gulotta (1987), credo si possa suddividere la psicologia giuridica in cinque differenti campi d'indagine ed operativi:

1) la psicologia criminale, che si occupa dello studio della personalità di un individuo in quanto autore di un reato, dei concetti di criminalità e devianza, di devianza minorile, dei modelli di analisi e delle teorie interpretative;
2) la psicologia giudiziaria, che studia la personalità dell'individuo in quanto imputato, gli aspetti di responsabilità penale e pericolosità sociale, la vittimologia e la psicologia della testimonianza. 
3) la psicologia penitenziaria, che esamina i problemi psicologici relativi alla detenzione, attraverso attività di osservazione, sostegno e trattamento del condannato; che esamina la personalità di un soggetto sottoposto ad una pena, in riferimento all'ordinamento penitenziario (legge 26 luglio 1975 n. 354) sulle misure alternative alla detenzione e sul trattamento individualizzato. 
4) la psicologia giuridica civile, che valuta, attraverso consulenze tecniche, l'affidamento dei figli nei casi di separazione e divorzio, nonché l'adozione nazionale e internazionale.
5) la psicologia legale, che coordina le nozioni di psicologia esistenti all'interno del codice per contribuire al miglioramento delle leggi.

B) Rintracciato l'ambito dove voler operare emergono una serie di difficoltà legate al tipo di formazione, in quanto appare evidente che non può essere considerato sufficiente un addestramento generale sulla psicologia clinica, sull'età evolutiva o sulla psicodiagnostica. Questo perché all'interno del contesto giuridico è necessario che tutti gli operatori si uniformino attraverso, non solo il linguaggio giuridico, ma anche e soprattutto l'applicazione delle norme e degli articoli dei codici di procedura penale e civile.

Ciò appare necessario e fondamentale per la figura dello psicologo forense in quanto la difficoltà successiva ad un eventuale incarico peritale, ma anche in generale, è rappresentata dalla scarsa comunicazione e scarsa conoscenza con i magistrati, legata anche ad una poco corretta terminologia giuridica utilizzata dallo psicologo forense.
Per quanto riguarda la formazione, per lo psicologo vi è anche la complessità e la confusione fra le scuole di formazione e le associazioni, dove frequentemente non vengono chiaramente specificati gli ambiti didattici e la concretezza operativa. D'altronde l'art. 3, comma 1°, delle Linee Guida Deontologiche dello Psicologo Forense elaborate da Calvi e Gulotta (1999) e commentate poi da un comitato di esperti in un recente seminario tenutosi a Siracusa ("Lo psicologo forense, vista la particolare autorità del giudicato cui contribuisce con la propria prestazione, mantiene un livello di preparazione professionale adeguato, aggiornandosi continuamente negli ambiti in cui opera, in particolare per quanto riguarda contenuti della psicologia giuridica, segnatamente quella giudiziaria, e delle norme giuridiche rilevanti". 6 C.R.C.G. "Esaminando e compiendo accertamenti per la determinazione della custodia dei figli sono richieste competenze e conoscenze specialistiche. La competenza nello svolgere accertamenti su bambini, adulti e famiglie è necessaria, ma non è sufficiente. Occorre anche l'aggiornamento e, nella fase formativa, la supervisione nelle aree dello sviluppo e della psicopatologia dei bambini e della famiglia, oltre alla conoscenza dell'influenza che il divorzio ha su genitori e figli. Il consulente, infine, dovrebbe avere familiarità con le norme e le procedure legali inerenti il divorzio e l'affidamento dei figli".) sottolinea la necessità di mantenere un livello di preparazione professionale adeguato, in un ambito particolarmente delicato come quello forense in cui il parere professionale dello psicologo incide spesso in modo decisivo sulla decisione del giudice e quindi sugli aspetti giuridici, sociali e psicologici delle persone entrate in contatto con la giustizia, in ambito penale, civile e minorile. 

C) Altra problematica che emerge è la scarsa consapevolezza delle proprie competenze e dei propri limiti, con difficoltà nell'affrontare ad esempio alcuni tipi di quesiti proposti in modo quantomeno disinvolto dai magistrati. In altri termini, non vi è ancora la capacità di comprendere fin dove possono arrivare le risposte alle domande che vengono poste, naturalmente tenendo in debito conto della presenza di una sorta di sudditanza psicologica o dipendenza psicologica verso il magistrato, soprattutto per uno psicologo all'inizio della professione. Da sottolineare, però, a questo proposito, che molto spesso il maggiore problema consiste nel fatto che lo psicologo non sa esattamente di cosa si deve occupare nella risoluzione di un quesito, in quanto possono essere confusi i livelli professionali fra i "vissuti" di un soggetto da esaminare - adulto o minore che sia - e le prove di una sua eventuale colpevolezza, aspetto quest'ultimo che non compete alla valutazione del perito-psicologo. Tale "conflitto", peraltro, molto spesso per lo psicologo non esiste, in quanto viene immaginato come "investigativo" il suo ruolo, soprattutto nei casi di abuso sessuale su minore o nelle cause di affidamento minorile, laddove peraltro la conflittualità è più elevata.
Sempre l'art. 3 delle Linee Guida Deontologiche dello Psicologo Forense, 2° comma ("Non accetta di offrire prestazioni su argomenti in materia in cui non sia preparato e si adopera affinché i quesiti gli siano formulati in modo che egli possa correttamente rispondere".),sembra venirci in aiuto, in quanto proprio per la particolare delicatezza del ruolo, per il fatto di poter essere causa del destino di altre persone attraverso giudizi, considerazioni e analisi, lo psicologo - seguendo l'indicazione del presente articolo - non dovrebbe fornire il proprio apporto professionale su argomenti di cui non possiede la giusta preparazione, se esulano dunque, anche parzialmente, dai propri compiti e competenze. Non dovrebbe, ad esempio, utilizzare metodologie di cui non ha la necessaria preparazione (test psicologici, interviste strutturate, colloqui clinici, valutazioni attraverso analisi teoriche, ecc.), dovrebbe invece utilizzare soltanto quanto è di propria competenza specifica, delegando ad altri esperti tecniche e strumenti metodologici di cui non ne ha una profonda e radicata esperienza. 

Ciò viene anche riferito alla formulazione dei quesiti da parte del giudice in contesto peritale e dunque sull'opportunità che possa, lo psicologo, fornire il proprio contributo senza entrare nel merito investigativo-giudiziario che, ovviamente, non gli compete.

D) Nello specifico, come altra problematica, direttamente conseguente a quella precedente del punto C), vi è anche la difficoltà di comprendere i differenti ruoli fra lo psicologo giuridico e lo psichiatra forense, fra avvocato e CTP, fra CTU e CTP, fra perito e magistrato e fra CTP e le parti in causa, sia in civile che in penale.
Proprio per tutte le difficoltà e problematiche finora evidenziate, gli operatori giuridici - il magistrato in primis - spesso non hanno chiarezza del ruolo dello psicologo, confondendo i piani e i livelli professionali di chi opera all'interno dei tribunali.

E) Un'altra rilevante problematica che emerge nell'ambito psicologico-giuridico è la mancanza di criteri e parametri metodologici nello svolgimento di una perizia o CTU da parte dello psicologo e, di conseguenza, nella stesura della relazione peritale. Molto spesso gli psicologi si trovano in difficoltà nell'affrontare un incarico peritale proprio per questo tipo di lacuna metodologica e ciò porta a determinare anche una ulteriore divaricazione professionale dallo psichiatra forense (figura spesso vicina a livello operativo) che, al contrario, possiede in senso generale, per i suoi studi, maggiori confini e tracce prestabilite nello svolgimento di una perizia che lo preservano quantomeno dalle critiche di soggettività nella procedura e nella prassi. A questo proposito, l'art. 6 delle Linee Guida Deontologiche dello Psicologo Forense, 1° comma ("Nell'espletamento delle sue funzioni lo psicologo forense utilizza metodologie scientificamente affidabili"), suggerisce un aspetto importante per la chiarezza nella comunicazione con tutti gli operatori giuridici. Infatti, in questo articolo viene chiaramente specificato che lo psicologo forense è tenuto ad utilizzare metodologie scientificamente affidabili e ciò sembra particolarmente importante per ridurre gli aspetti soggettivi e non riconosciuti dalla comunità scientifica dei metodi utilizzati in ambito forense.
Inoltre, appare necessaria la vera conoscenza - acquisita oltre che con studi e aggiornamenti anche con l'esperienza - di strumenti metodologici riconosciuti scientificamente validi, come ad esempio l'utilizzo dei test psicologici che presuppongono preparazione e competenze non solo testologiche e psicometriche, ma anche e soprattutto competenze cliniche, psicopatologiche e psicodinamiche, facendo bene attenzione ad integrare elementi statistico-standardizzati normativi con elementi interpretativi.
Sempre a proposito di metodologia, un ruolo centrale nella specificità della psicologia giuridica è senz'altro quello della psicodiagnostica forense, in quanto ormai i Test psicologici - soprattutto quelli proiettivi ed il Rorschach in particolare - possono essere considerati parte integrante di qualunque esame psicologico e psichico delle perizie psichiatriche e psicologiche e delle consulenze tecniche d'ufficio, anche se l'esame della personalità in ambito penale nell'età adulta rappresenta tuttora motivo di discussione e di dibattito, in quanto, come è noto, di fatto è ancora vietata la perizia psicologica e criminologica (art. 220 c.p.p.).
Pur tuttavia, come chiariva F. Ferracuti (1989), ciò che avviene è "un aumento delle perizie psicologiche mascherate da perizie psichiatriche", anche negli accertamenti sulla capacità di intendere e di volere, ovvero sulla imputabilità, in relazione all'eventuale presenza di infermità mentale (artt. 85, 88, 89 c.p.).
Per quanto riguarda l'ambito minorile, l'esame della personalità - e dunque l'utilizzazione dei test - viene molte volte addirittura richiesto e specificato nei quesiti posti dal giudice, sia in penale nel minore autore di reato, sia ad esempio, in relazione a perizie su minori vittime di abusi sessuali o maltrattamenti, con quesiti prettamente psico-sociali; sono queste, per G. L. Ponti (1987), "perizie del tutto particolari, più psicologiche che psichiatriche".

Anche in civile, in casi di affidamento minorile in coppie separate, l'esame della personalità viene spesso richiesto addirittura a tutti i componenti del nucleo familiare. In questo tipo di consulenza, a livello metodologico l'esame psicodiagnostico dovrebbe essere orientato, tra gli altri esami, all'utilizzo dei Test di Personalità e Proiettivi integrati ad una lettura psicodinamica e relazionale della situazione e degli individui, quindi del contesto familiare. 

Concludendo queste brevi note sulle difficoltà e sulle problematiche che lo psicologo forense incontra nello svolgimento della propria attività, non resta che auspicare di poter affrontare - nei seminari, nelle sedi didattiche e formative, e nella programmazione - in modo concreto e pragmatico tutti i nodi emersi, secondo linee progettuali che possano assumere un carattere ed una connotazione di ampio respiro culturale nel confronto importante e necessario con le altre categorie professionali legate alla psicologia giuridica.