Lo stato della formazione in Italia per gli
operatori psicologico-giuridici

di
Stefano Mariani

Resp. Settore Clinico CEIPA 
Socio Ordinario AIPG



Il Punto su ...
Noi e i diversi da noi.
Editoriale
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Talvolta anche il buonismo può uccidere.
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Giurisprudenza
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Mobbing sul lavoro, maltrattamenti e violenza privata.
Recensioni
Adolescenti e Violenza. Strategie di diagnosi e riabilitazione.
di Lino Rossi
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Notizie dalla Associazione

Convegni e Seminari
Siracusa: 9-11 novembre 01

La Formazione
Difficoltà e complessità d'approccio psicologico e metodologico in contesti giuridici differenziati.
di Paolo Capri

Lo stato della formazione in
Italia per gli operatori psicologico-giuridici.
di Stefano Mariani 

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     L’attenzione dei maggiori esperti che operano nel settore forense si sta attualmente concentrando verso lo studio e l’organizzazione di quei principi che nel prossimo futuro dovranno orientare, a livello teorico, le basi strutturali della formazione per i nuovi tecnici che desidereranno esercitare nell’ambito psicologico-giuridico. L’esigenza di questa attenta riflessione appare soprattutto motivata dal tentativo di garantire una più elevata qualificazione professionale proprio in un momento storico che molti definiscono cruciale, considerando l’importanza di un fenomeno che cresce per complessità e dimensioni. Appare sempre più chiaro il fatto che una risposta consapevole e puntuale alle questioni poste negli ambiti giudiziari in cui gli psicologi sono chiamati ad intervenire, deve necessariamente implicare un’ elevata competenza tecnica. L’attualità ed il rilievo delle motivazioni che sostengono tali approfondimenti ad opera della comunità scientifica hanno orientato i propositi di questo articolo, spingendoci a penetrare nel complesso scenario della competenza psicologico-giuridica in Italia. Il tentativo è quello di fornire un contributo all’attuale dibattito, individuando alcune direttrici ed orientamenti di fondo capaci, per quanto possibile, di recuperare le inclinazioni presenti nei multiformi iter formativi maturati all’interno delle diverse scuole e corsi di specializzazione in Psicologia Giuridica. Per costruire dei punti sui quali avviare la nostra riflessione abbiamo rivolto l’attenzione tanto ai Corsi post-universitari, che a quelli promossi da istituti ed associazioni private. 
Nel complesso panorama della formazione vale comunque la pena premettere che il 30% della preparazione viene promossa in ambito universitario, anche se non possiamo considerare questi iter accademici come finalizzati all’ acquisizione di un tipo di competenza strettamente mirata ad operare sul campo.
I Corsi di Perfezionamento occupano il 23% dell’attività didattica di tipo universitario, mentre la fetta più cospicua spetta agli istituti privati con il 46%.
Rispetto la dislocazione geografica, questa appare piuttosto disomogenea. 
La concentrazione delle opportunità didattiche sembra, infatti, ripartita quasi in maniera equivalente tra nord e centro Italia, rispettivamente con il 37% ed il 40%, lasciando al sud e isole il 20% del restante. Le strutture nazionali che si occupano di indirizzare le competenze degli psicologi in campo forense prevedono la possibilità che a questi, nei percorsi di insegnamento previsti, si affianchino altri specializzandi. Nel 46% dei casi si tratta di laureati in medicina, nel 37% di laureati in giurisprudenza. Per il 34% è prevista la partecipazione per operatori di altri settori come sociologi, laureati in scienze dell'educazione o scienze della comunicazione.
In una elevata percentuale dei casi da noi esaminati (31%) è prevista anche la partecipazione di studenti in procinto di conseguire la laurea. Operatori altamente specializzati nel campo giudiziario, come avvocati o magistrati, sono coinvolti, nella formazione psicologica, in misura estremamente ridotta (9%).
I dati che emergono fino a questo punto consentono una prima valutazione. Appare evidente come il grado di specificità richiesto, a chi accede a tali percorsi, non sia sempre elevato. Sembra emergere piuttosto un orientamento di tipo ‘formativo-divulgativo’ della materia, conoscitivo nel senso più lato del termine, quindi non particolarmente specialistico o comunque raramente indirizzato a creare una consistente specializzazione in un settore ristretto di conoscenza.
Il fatto che figure professionali eterogenee spesso trovino avvicinamenti scarsamente motivati da una precisa strategia didattica, rende sempre più debole il filo che dovrebbe legare gli stessi strumenti didattici agli obiettivi che tali corsi intendono raggiungere.
Sarebbe opportuno auspicare una diversificazione tra orientamenti didattici tesi a divulgare, da quelli strettamente ed altamente specialistici, destinati ad affinare gli strumenti di chi opera nel settore. Il terreno formativo-informativo di scambio appare, quindi, troppo dissimile e composito, tanto da compromettere potenzialmente una imprescindibile integrazione di abilità come continuamente auspicato da esperti del settore. Nel tentativo di garantire delle direttive generali, come accennato spesso di tipo prevalentemente divulgativo, aumenta il rischio di creare un terreno che è solo apparentemente capace di integrare diverse competenze. 
Molti istituti ed associazioni, per esempio, offrono una formazione a più livelli, rispetto diverse aree di intervento in corsi di formazione relativamente brevi per durata ed ore di lezione effettuate, mentre appaiono in misura fortemente ridotta (9%) i corsi che potremmo definire altamente specialistici.
Come dire che aspettative formative consistenti da un punto di vista teorico non sembrano poter essere in tutti i casi supportate da un tempo di studio adeguato se non si considerano attentamente gli obiettivi che le diverse scuole si prefiggono di raggiungere.
Non considerando la formazione universitaria, in circa il 60% dei casi ci troviamo di fronte a lezioni strutturate semestralmente dove vengono, allo stesso tempo, trattati temi estremamente complessi ed eterogenei tra di loro.
Nel 40% circa dei casi, infatti, le svariate aree si sovrappongono e si combinano differentemente. 
Corsi unicamente di Psicologia Giuridica occupano circa il 30% dei casi. Vengono affiancati per il 48% da insegnamenti di Criminologia, per il 3% da quelli di Medicina Legale e per l’11% dalla Psicodiagnostica Forense. 
Il 3% delle strutture prese in considerazione propone ambiti di applicazione ed approfondimento vaghi, eccessivamente confusi e, quindi, scarsamente definibili. Questo quadro delinea la necessità di una maggiore attenzione al legame esistente tra mete formative e gli strumenti necessari per conseguirle. In questo senso vale la pena di menzionare quello che è emerso rispetto alla qualità degli strumenti utilizzati. Mentre un po’ ovunque i temi affrontati sembrano coprire un arco esteso di argomenti (dalla definizione del campo di studi della psicologia giuridica, agli aspetti clinici, ai modelli di intervento), tale variabilità spesso non viene affiancata da indicazioni pratiche che consentano di individuarne le conseguenze dirette sul piano operativo. Solo il 3% delle strutture, per esempio, prevede l'utilizzo di video didattici che accompagnino le riflessioni teoriche. Infine è importante sottolineare un aspetto particolarmente rilevante. Solamente il 6% delle strutture considerate prevede un periodico informativo, escludendo quelle associazioni che operano solamente attraverso strumenti di questo tipo e che, quindi, non prevedono alcuna formazione ‘sul campo’.
La competenza trasmessa rischia, quindi, oltre che di pagare il prezzo ad una scadente specificità, anche di rimanere fine a se stessa per la insufficienza di strumenti utili, come notiziari e pubblicazioni periodiche, a mantenere collegamenti e a garantire un aggiornamento imprescindibile per un campo in continua evoluzione. In questo senso è doveroso sottolineare come strumenti di questo tipo sarebbero, parallelamente, in grado di stimolare direttamente ed indirettamente spinte verso il campo della ricerca.
E’ evidente, da quanto emerso, che la situazione appare, nella maggior parte dei casi, estremamente complessa e, a volte, disorganizzata dal punto di vista didattico. La speranza futura di una sistematizzazione a livello formativo si trasforma, quindi, in una legittima preoccupazione.