PARERE DELL'ESPERTO

 Psicodiagnostica nel conflitto coniugale:
un pronunciamento del Garante della Privay

di
Gaetano Gordiano* e Diego Giordano**

* Specialista in Medicina Legale
Direttore Centro Studi Separazioni e Affido Minori
 ** Avvocato, Foro di Roma



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Psicodiagnostica nel conflitto coniugale: un pronunciamento del Garante della Privay
di Gaetano Giordano
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L'individuazione del processo penale minorile. Confronto con il sistema inglese"
di Vania Patané
Edizioni Giuffrè, 1999

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13-14 maggio 2002 

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  Il Garante per la Protezione dei Dati Personali ha accolto il ricorso di un genitore non affidatario, cui una neuropsichiatra aveva negato i dati clinici e psicodiagnostici relativi al figlio di questi, e in suo possesso. Il bambino era stato sottoposto ad una serie di visite (basate su colloqui clinici e test) all'insaputa del padre, e in vista di una udienza in Tribunale (non vi era alcun dispositivo del Giudice in proposito). Al termine delle visite (che, in un elaborato scritto, la neuropsichiatra dichiarava essersi svolte "su richiesta del genitore affidatario, e del suo avvocato dr. *** ") la professionista si era presentata in Tribunale per illustrare i risultati delle sue indagini, utilizzati come supporto dal genitore affidatario per respingere le richieste dell'altro.

Il genitore non affidatario aveva allora richiesto alla neuropsichiatra tutti i dati raccolti durante l'intervista, ivi compresi gli appunti anamnesticii, le siglature dei test, le note, i disegni prodotti, ecc., ma costei, per due anni, aveva rifiutato di fornirli (anche ad un collega incaricato dal padre di vagliarli - onde elaborare un proprio parere senza dover immediatamente sottoporre il minore a nuova visita). A parere del sanitario il genitore non affidatario era privo (in quanto non affidatario e non esercente la potestà genitoriale) della legittimità a ricevere tali dati, e aveva diritto a conoscere solo l'elaborato della neuropsichiatra presentato in Tribunale, e dal quale poteva desumere quanto gli necessitava per conoscere le condizioni psicologiche del bambino.

Il genitore ricorreva allora al Garante per la Protezione dei Dati Personali che invitava la neuropsichiatra in questione ad aderire alla richiesta del genitore. A questo punto "il medico neuropsichiatra ha precisato che copia della predetta relazione era già stata messa a disposizione del ricorrente nella citata udienza.

Il medico [come prosegue il testo del dispositivo del Garante] ha fatto riferimento al possesso di "materiale grezzo" ed ha sostenuto a) che i test sarebbero stati riferiti e commentati nella menzionata relazione; b) di non essere in possesso di dati personali del ricorrente; c) che avrebbe natura di dato personale solo "l'elaborato dello specialista" riportato nella relazione, anziché la "verbalizzazione grezza" effettuata durante la somministrazione dei test.

Il medico ha altresì precisato di detenere il risultato dell'ulteriore test denominato "Disegno della famiglia" e che il testo dell'intervista effettuata con il bambino è stato anch'esso riportato integralmente nella relazione.

Con memoria depositata in sede di audizione delle parti il ricorrente ha ribadito di non voler ottenere dal titolare del trattamento la consegna "dell'elaborazione soggettiva e personale ovvero dell'interpretazione" fornita ai test attraverso la relazione medica, ma, unicamente, la "cartella clinica" della minore, ovvero i soli dati personali relativi alla propria persona ed al figlio minore riportati in "quegli stessi test, siglature, anamnesi, appunti e quant'altro ottenuto e raccolto nel corso delle sedute attraverso le dichiarazioni ed attività svolte sul piccolo"…

"In particolare il medico ha dichiarato in sede di audizione di essere in possesso, per quanto concerne il test "Patte Noire", di alcuni "appunti corrispondenti alle elaborazioni di ogni scheda contenente le immagini" nonché, per quanto riguarda l'altro test, del "disegno redatto dalla bambina".

Deve ritenersi" continua la formula del Garante per la Protezione dei Dati Personali "che tali documenti contengano alcune informazioni di carattere personale (relative, in modo particolare, al minore e, in ipotesi, al genitore ricorrente) in ragione del tenore delle domande rivolte, del particolare contesto in cui i documenti stessi sono stati formati, nonché delle specifiche valutazioni effettuate o effettuabili su di essi dalla professionista o da terzi, valutazioni direttamente connesse al contenuto dei documenti ed aventi diretti riflessi in primo luogo sul minore.

Tali dati possono infatti fornire un insieme di elementi informativi, diretti e indiretti, sugli interessati, su situazioni di sofferenza e disagio e sul rapporto con altri eventi anche di tipo familiare.

La legge n. 675/1996 è applicabile a qualunque informazione personale relativa a soggetti identificati o identificabili e costituita da suoni, immagini (quale quella che può essere riportata in un disegno come quello in esame) ovvero compresa al loro interno o nell'ambito di dichiarazioni o di altre forme di manifestazioni del pensiero.

Il medico dovrà dunque comunicare al ricorrente i restanti dati di carattere personale non ancora comunicati, con particolare riferimento a quelli contenuti nei documenti sopra indicati. …"

Il pronunciamento del Garante (12 dicembre 2001, 13919/18037) prevede dunque che tutti i dati personali e clinico-diagnostici di un minore raccolti da un sanitario vadano forniti sia al genitore affidatario sia a quello non affidatario e non esercente, ma titolare, della potestà genitoriale, e a prescindere da chi tra i due sia il committente l'intervento psicodiagnostico. Il pronunciamento nega anche, di conseguenza, l'ammissibilità della segretezza nella pratica psicodiagnostica preordinata a supportare, , in assenza di CTU, una delle parti in causa in un conflitto coniugale in sede giudiziaria. A nostro avviso scorretta da un punto di vista etico, tale pratica può comportare, ora più di prima, anche rivalse legali e/o di natura deontologica da parte dell'altro genitore. In caso di richieste del genere è dunque bene - in primis - valutare con estrema prudenza il comportamento da tenere, e - comunque - prendere in seria considerazione l'opportunità di avvertire spontaneamente l'altro genitore, e ciò tenendo conto che: 1) il soggetto dell'atto psicodiagnostico è il minore sottoposto ad esso e che ogni decisione va presa solo nel suo esclusivo interesse; 2) che ai sensi dell'art. 155 il genitore non affidatario, se titolare della potestà genitoriale, ha il compito di vigilare sulla crescita dei figli (e il relativo impedimento, che nasce dall'occultargli dati importanti importanti a tal fine può esser fatto valere in sede giudiziaria nei confronti dello psicologo o psichiatra che omette di riferire notizie sulla salute del minore visitato); 3) che, anche alla stregua di tale pronunciamento del Garante per la Privacy la comunicazione dell'indagine psicodiagnostica al genitore non committente ma titolare della potestà genitoriale non è considerabile un venir meno all'obbligo del segreto professionale. Non ci dispiace sottolineare, proprio a questo punto, che l'interesse del minore comprende soprattutto l'assenza o la riduzione del conflitto fra i genitori, e il mantenimento di valide relazioni con entrambi (come da Convenzione Internazionale recepita come legge dal Governo Italiano), il che implica che compito deontologico del medico e dello psicologo è far si che entrambi i genitori possano occuparsi della salute e delle condizioni psicologiche del minore.

A nostro avviso solo pochissimi casi si sottraggono a tale assunto e sono quelli nei quali si ha la quasi assoluta certezza che veramente l'altro genitore sia colpevole di gravi reati verso il minore, il che individua però le situazioni in questione con quelle nelle quali vi è in pratica l'obbligo del referto all'A.G. (art. 365 c.p.).

In ogni caso, è raccomandabile la massima prudenza nel prestarsi a manovre conflittuali di tale tipo "preperitale", perché è possibile che aumentino, da parte dei genitori che ne sono "vittime", i contenziosi giudiziari promossi contro i professionisti che li hanno praticati a loro insaputa.