Il
Punto su ...
Editoriale
di Liusella
de Cataldo
"Martina
e la decisione presa nel suo interesse"
di Gustavo Sergio
Recensioni
Esame
e controesame nel processo penale
di Luisella de Cataldo Neuburger
Diritto e Psicologia
CEDAM Editore
- Padova, 2000
a cura di Anita
Lanotte
Dall'Estero
Difesa
del Rorschach in tribunale:
un'analisi
dell'ammissibilità attraverso l'uso di Standard Legali e professionali
di E. Longano
e S. Mandressi
Notizie dalla
Associazione
Convegni e Seminari
Siracusa: 22-23-24 settembre 2000
Milano: 5-6
ottobre 2000
Roma: 30 ottobre
2000
Parere dell'Esperto
Opponibilità
del segreto professionale
di A. Forza.
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Validità
genitoriale in senso psicolo-
gico e giuridico.
di M. Adamo, T. Liverani,
E. Tomeo
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Ancora una storia di bambini
sui giornali. Martina, 17 mesi, portata via all’alba con un blitz per ordine
di un giudice, titola il giornale. Si proprio come nel caso Elian, il piccolo
cubano conteso non solo dal padre e dai parenti anticastristi, ma anche
per ragioni ideologiche. E come nel caso Serena, che mobilitò 11
anni fa i sentimenti e la ragione della gente comune, ma anche quella di
politici, intellettuali, scrittori, provocando dibattiti dilaceranti che
spaccarono trasversalmente l’opinione pubblica.
Il libro che Natalia Ginzburg scrisse per far ricordare
la storia della piccola Serena ha il titolo Serena Cruz o la vera giustizia.
Può essere giusta una decisione che produce dolore, separazione,
perdita ?
Oggi come ieri, alla fine la domanda è sempre
la stessa. Come si fa ad individuare l’interesse di un bambino, come si
può decidere in situazioni drammatiche e contraddittorie in modo
razionale e nello stesso tempo rispettoso per il bambino ?
Evidentemente nessuno può pronunciare una parola
definitiva su una questione che confronta la responsabilità di chi
è chiamato a decidere con il mistero della vita di un’altra persona.
Tuttavia qualcosa si può dire su ciò che
sicuramente non bisogna fare.
La Convenzione di New York sui diritti dei bambini non
solo offre un catalogo dettagliato di tutti i diritti che le leggi degli
stati debbono assicurare ad ogni bambino ma stabilisce un principio che
fino ad oggi non è stato ancora correttamente inteso. In tutte
le decisioni relative ai bambini delle istituzioni, dei tribunali
.… l’interesse superiore del bambino deve avere una considerazione preminente.
Bisogna smetterla di considerare l’interesse del bambino
come una clausola generale (e generica) che alla fine consente la massima
discrezionalità a chi, magari con le migliori intenzioni, prende
decisioni che incidono sulla vita di un bambino.
E’ la persona del bambino, la sua realtà esistenziale
la misura ed il limite della decisione, anche se quella realtà presenta
ombre e limiti. E senza che nessuno possa dirsi padrone del suo futuro.
Per la Ginzburg interesse del minore è una definizione
troppo astratta, che non ha per tutti il medesimo senso. Più
giusto sarebbe dire il <bene>. Il bene è una parola più
vasta e consente più vaste ipotesi, più vasti pensieri. Il
bene del bambino, cioè tutto quello che non gli fa male, che non
gli porta offesa, che lo lascia crescere in pace.
La legge, anche quando tutela i diritti dei bambini,
è generale ed astratta. La decisione giudiziaria invece deve concretamente
rispettare proprio l’esistenza di quel bambino, non deve arrecargli alcun
danno.
Se ci furono illegalità, irregolarità non
fu il bambino a commetterle.
Eventualmente pagheranno i funzionari, gli operatori,
gli affidatari che hanno aggirato o violato la legge. Quando la frittata
è fatta non deve essere lui a pagarne il prezzo in termini di sofferenza
esistenziale.
Si dirà: belle parole quelle della Ginzburg, bei
sentimenti, ma in realtà non esistono parametri sicuri per decisioni
così difficili.
Invece mi sembra, che per le decisioni che tanto hanno
turbato l’opinione pubblica ieri come oggi, ci sia una regola oggettiva
cui fare riferimento.
Si tratta del famoso Code di Hampstead Haven, linee guida
elaborate negli anni 70 da Anna Freud insieme a due giuristi americani
(Goldstein e Solnit) per limitare i danni prodotti dal mutamento dell’affido
dei bambini.
La Freud, che è famosa non solo per essere la
figlia del grande Sigmund ma soprattutto perché sviluppò
proprio alla Hampstead Clinic di Londra studi e ricerche sulla psicologia
infantile, scoprì la necessità di distinguere il genitore
biologico da quello psicologico.
Quest’ultimo è chi ininterrottamente, e cioè
con quotidianità, soddisfa la necessità sentita psicologicamente
e fisicamente da un bambino di avere un genitore con cui interagire, condividere
sentimenti di amicizia, giochi e ogni altro scambio comunicativo. La genitorialità
psicologica è dunque una relazione privilegiata che si instaura
tra un bambino ed un adulto, prescindendo dalla posizione familiare o meno
di quest’ultimo e dall’occasione che l’ha prodotta.
Perciò la regola è quella della soluzione
meno dannosa: è necessario dunque un indirizzo pubblico che riduca
al minimo la rottura della continuità della relazione tra genitore
psicologico e bambino, tenendo conto che l’importanza della stabilità
della relazione e le conseguenze per la sua rottura variano con il livello
di sviluppo del bambino.
Mi pare che la regola elaborata scientificamente da Anna
Freud coincida con quanto rilevato dalla Ginzburg. Ma quest’ultima si è
limitata ad esprimere, pur con i suoi strumenti di scrittrice, solo ciò
che ogni donna o uomo che abbia esperienza e sensibilità con i bambini
intende a proposito delle decisioni di separare forzosamente un bambino
dai genitori psicologici. E cioè che si tratta di una violenza dannosa
per il bambino e perciò non giustificabile. Neppure in nome della
legge.
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