CENNI STORICI
E INTRODUTTIVI
ALLA PSICOLOGIA
GIURIDICA
di Paolo Capri*
*Psicologo, Psicoterapeuta
Presidente Istituto di Formazione
CEIPA, Roma.
Consiglio Direttivo Associazione
Italiana di Psicologia Giuridica AIPG
Consiglio Direttivo Associazione
Italiana Rorschach AIR
Componente Esperto Commissione
Deontologica Ordine degli Psicologi del Lazio
La psicologia giuridica in Italia ha radici
molto antiche e forti tradizioni che risalgono addirittura agli inizi del '900, epoca in
cui illuminati studiosi come U. Fiore (1909), S. G. Ferrari, A. Renda (1906) e S. De
Sanctis (1913) già segnalavano, attraverso articoli e lavori specifici, le varie
direzioni in cui si poteva sviluppare la materia.
Ma soltanto nel 1925 con la pubblicazione di Psicologia
Giudiziaria di Enrico Altavilla - giurista napoletano, docente di Diritto e Procedura
Penale la psicologia giuridica ebbe una vera sistematizzazione, riuscendo a
cogliere le sfumature del Diritto e della Psicologia, coniugandole allinterno del
processo e nel contempo facendo mantenere ad entrambe le discipline la loro necessaria
autonomia. Basti pensare, per rimarcarne gli aspetti attuali, ai concetti espressi da
Altavilla come il "valore relativo della verità giudiziale", della
"psicologia della testimonianza", della "psicologia del suicidio",
ecc.
Dopo il trattato di Altavilla, però, iniziò una fase in cui
la psicologia giuridica ebbe un lungo periodo di ostracismo e chiusura da parte del sapere
giuridico, come conseguenza di conflitti culturali e scientifici legati a interessi
dellepoca.
Fino agli anni cinquanta, di fatto, quasi più nulla; nel
1954 ci fu, però, come una ripresa scientifica, con la pubblicazione in lingua italiana
del volume di Mira y Lopez Manuale di psicologia giuridica, e la pubblicazione
degli Atti del convegno nazionale di alcune fra le più urgenti riforme della Procedura
Penale. Fu, questo, come ricorda Gulotta (1987), un congresso di grande rilievo e di
apertura rispetto le tematiche future e le collaborazioni fra le due discipline, in cui
importanti giuristi e psicologi (fra gli altri Battaglini, Bellavista, Beria
dArgentine, DallOra, De Nicola, Di Tullio, Gemelli, Musatti, Nuvolone) si
confrontarono sullindagine della personalità sullimputato e sulla persona
offesa, sulluso della narcoanalisi, della psicoanalisi e delle tecniche proiettive.
Comunque, la collaborazione fra gli psicologi sperimentali
dell'epoca e i giuristi era proseguita anche attraverso studi, incontri e pubblicazioni di
articoli, con interessi reciproci legati alla maggiore comprensione del crimine e alla
possibilità di rendere più equa la giustizia anche con gli studi sulla personalità.
Anche C. Musatti (1931) contribuì con la pubblicazione di un volume sulla psicologia
della testimonianza, ovviamente in chiave psicoanalitica; sulla stessa traccia,
psicodinamica, con lo studio dell'inconscio, proseguirono altri studiosi, affrontando
argomenti legati alla personalità criminale e all'attività del giudice. La psicologia,
comunque, offriva in quel periodo contributi anche di altre fonti teoriche, non
necessariamente psicoanalitiche.
Purtroppo, però, la forte esposizione e la marcata
caratterizzazione delle teorie psicologiche andarono a scontrarsi con le acquisizioni
concettuali antecedenti, con i lombrosiani e i filosofi idealisti fortemente critici e
schierati contro la psicoanalisi. Ma anche i giuristi tendevano a quel punto a non
accettare più le teorie psicologiche, anche in considerazione del fatto che
l'impostazione dogmatica della dottrina giuridica stava prevalendo definitivamente sulle
concezioni della scuola positiva che trascinò nell'ostracismo anche la psicologia
giuridica, fino a quel momento, come abbiamo detto, in forte espansione (Radzinowicz
1968). Ciò anche a causa del posizionamento quasi ufficiale assunto dai maggiori
rappresentanti dell'epoca della psicologia giuridica, che criticarono in vario modo "l'inconcludenza
delle astrazioni ed astruserie della dogmatica giuridica col solo e comodo sussidio della
logica astratta", a favore "dell'applicazione del metodo positivo nelle
discipline criminali" (E. Ferri: Prefazione a Psicologia Giudiziaria
di E. Altavilla).
Ma il vero ritorno incisivo della psicologia giuridica può
essere collocato verso la fine degli anni '70, con l'impulso di autori e studiosi come
Gaetano De Leo, Luisella de Cataldo, Guglielmo Gulotta (questi ultimi due fondatori a
Milano nel 1977 del Gruppo di Psicologia Giuridica e la de Cataldo organizzatrice
dal 1986 di Seminari di Psicologia Giuridica di ampio respiro nazionale e
internazionale per conto dell'ISISC Istituto Superiore Internazionale di Scienze
Criminali ) ed altri, a parte alcune sporadiche emersioni in superficie di
classici criminologi allievi di Di Tullio - come Franco Ferracuti (1959) o Mario
Fontanesi (1958) che nei congressi, attraverso articoli o pratica professionale,
riprendendo quanto era emerso nel famoso convegno del 1954 sulle riforme della Procedura
Penale, contribuirono allo sviluppo della psicologia giuridica attraverso attività
prettamente psicologiche nellambito penitenziario e criminologico, come ad esempio
lo studio del condannato attraverso una metodologia poi comunemente acquisita, come
l'esame di personalità (Fontanesi, Ferracuti 1970). Importante, ci sembra, ricordare a
questo proposito la positiva esperienza del lavoro svolto presso l'Istituto di
Osservazione del Ministero di Grazia e Giustizia con sede nella casa Circondariale di
Roma Rebibbia "Nuovo Complesso", di cui era Direttore dell'Istituto di
Osservazione Mario Fontanesi, Istituto che aveva come scopo lo studio approfondito
della personalità del condannato su tre livelli - anamnesi, colloqui clinici, Test
proiettivi - come primo passo innovatore verso l'individualizzazione della pena attuata
con il nuovo ordinamento penitenziario del 1975.
Tale esperienza fu presentata in vari congressi
internazionali di criminologia ed in diverse riunioni intergovernative dell'allora
Consiglio d'Europa; fu studiata da osservatori provenienti da molti Paesi stranieri
(Olanda, Giappone, Stati Uniti, ecc.), che poi la riprodussero nelle loro Istituzioni e
dove, peraltro, tuttora risulta essere la base di molti ordinamenti penitenziari.
Attualmente, la psicologia giuridica sembra avere finalmente
raggiunto un punto stabile di equilibrio fra le diverse discipline che regolano l'ambito
forense, trovando una sua collocazione fra il diritto e la psichiatria forense. Ne sono
testimoni i numerosi Corsi di Formazione, di Perfezionamento e Master, svolti
presso strutture pubbliche e private, ma anche la nascita di associazioni di
psicologia giuridica (Associazione Italiana di Psicologia Giuridica AIPG, struttura
a carattere nazionale di psicologi e giuristi), che si vanno ad affiancare a
strutture più prettamente criminologiche o a centro studi e ricerche (Società
Italiana di Criminologia S.I.C., Istituto Superiore Internazionale di Scienze Criminali
ISISC, Istituto di Formazione e Ricerca Scientifica CEIPA, ecc.), l'intervento sempre
più massiccio di psicologi nei Tribunali, soli, o in collaborazione collegiale con altre
figure professionali nell'ottica della complementarietà e della interdisciplinarietà
(psichiatra forense o medico legale) e, finalmente, l'assegnazione di cattedre
universitarie in questa materia.
Ma anche lelaborazione di indicazioni su come
intervenire in ambito peritale da parte di periti e consulenti tecnici, come ad esempio le
Linee Guida Deontologiche dello Psicologo Forense e la Carta di Noto (Linee Guida
specifiche per l'esame del minore in caso di abuso sessuale), indicano unattenzione
particolare rispetto la disciplina, che si è evidentemente resa necessaria dal notevole
incremento del lavoro peritale per gli psicologi. Tali linee guida presentano una serie di
articoli relativi ai comportamenti dei consulenti, per aiutarli appunto nello svolgimento
delle consulenze (Linee Guida Deontologiche dello Psicologo Forense, 1999; La Carta di
Noto, 1996, 2002).
Come sappiamo e fin qui sommariamente descritto, la
psicologia giuridica è una materia della psicologia che si occupa della pratica forense
e, come afferma Gulotta, "per il vasto campo che abbraccia può utilizzare
contributi della psicologia generale, della psicologia sperimentale, dinamica,
comunicazione sociale, ecc." (Gulotta, 1987).
Prendendo spunto da E. Ferri (E. Altavilla, 1925)
rielaborato poi da G. Gulotta (1987) - credo si possa suddividere la psicologia giuridica
in cinque differenti campi:
1) la psicologia criminale, che si occupa dello studio
della personalità di un individuo in quanto autore di un reato, dei concetti di
criminalità e devianza, di devianza minorile, dei modelli di analisi e delle teorie
interpretative;
2) la psicologia giudiziaria, che studia la
personalità dell'individuo in quanto imputato, nonché le persone che partecipano al
processo (giudici, testimoni, avvocati, parti lese). Analizza gli aspetti di
responsabilità penale e pericolosità sociale, le strategie e le tattiche in ambito
processuale, la vittimologia e la psicologia della testimonianza.
Innovativo, a tale proposito, sarebbe lo studio della
personalità del giudice, togato o popolare, come d'altronde già avviene in altri
sistemi, in cui vengono effettuati accertamenti psicodiagnostici obbligatori per la
selezione dei futuri magistrati (Ermentini 1976).
Ciò soprattutto in considerazione della permanenza di più
individui - giudici togati e non - in lunghe camere di consiglio, in quanto, come è noto,
gli artt. 525 e 527 del codice di procedura penale prescrivono che la deliberazione della
sentenza deve avvenire senza interruzione e in situazione di assoluta segretezza.
Come già da noi sottolineato in un altro lavoro "Indubbiamente
si deve ritenere che lunghe permanenze in camera di consiglio o in qualunque altro ambito
in cui in gruppo è necessario prendere delle decisioni di elevata responsabilità,
possono determinarsi aspetti positivi ed aspetti negativi: fra i primi ci sono,
senz'altro, la possibilità di ponderare a fondo e con proficui scambi di idee ed opinioni
- se non intervengono negativamente alcune dinamiche di gruppo - i propri convincimenti e
le proprie intuizioni, fra i secondi concorrono l'influenzabilità e la suggestionabilità
di soggetti più condizionati sia dal punto di vista ambientale sia da quello delle altre
persone, nonché la possibilità di prendere decisioni o prese di posizione soltanto per
imporre la propria personalità spesso in contrapposizione ad altre figure accentratrici
(leader - controleader)" (Abbate, Capri 1988). Questo a conferma dell'utilità
dell'esame di personalità su figure ad alta caratterizzazione giudicante.
3) la psicologia penitenziaria, che esamina i problemi
psicologici relativi alla detenzione, attraverso attività di osservazione, sostegno e
trattamento del condannato; che esamina la personalità di un soggetto sottoposto ad una
pena, in riferimento allordinamento penitenziario (legge 26 luglio 1975 n. 354)
sulle misure alternative alla detenzione e sul trattamento individualizzato. In
particolare l'individuazione del trattamento comporta un'attenta considerazione dei
bisogni di ciascun individuo.
"Il trattamento penitenziario deve rispondere ai
particolari bisogni della personalità di ciascun soggetto. Nei confronti dei condannati e
degli internati è predisposta l'osservazione scientifica della personalità per rilevare
le carenze fisiopsichiche e le altre cause del disadattamento sociale. L'osservazione è
compiuta all'inizio dell'esecuzione e proseguita nel corso di essa. Per ciascun condannato
e interrato, in base ai risultati della osservazione, sono formulate indicazioni in merito
al trattamento rieducativo da effettuare ed è compilato il relativo programma che è
integrato o modificato secondo le esigenze che si prospettano nel corso
dell'educazione" (art. 13 legge 354 del 1975).
Per quanto riguarda l'esame della personalità contemplato
dall'art. 13, lo psicologo elabora una relazione sullo stato di salute mentale e sulla
personalità del soggetto che farà parte di una "relazione di sintesi" composta
dall'osservazione degli altri specialisti all'interno del carcere. L'equipe di lavoro
degli esperti fornirà, in tal modo, al magistrato di sorveglianza gli strumenti per
decidere sulla individualizzazione della pena e sulle eventuali misure alternative alla
detenzione;
4) la psicologia giuridica civile, che valuta,
attraverso consulenze tecniche nei casi di separazione e divorzio e nei casi di adozione,
le capacità genitoriali in ordine all'affidamento dei figli e all'adozione nazionale e
internazionale;
5) la psicologia legale, che coordina le nozioni di
psicologia esistenti all'interno del codice per contribuire al miglioramento delle leggi,
naturalmente attraverso analisi delle categorie giuridiche a rilevanza psicologica.
Vediamo adesso quali sono o potrebbero essere le difficoltà
che il riconoscimento che la psicologia giuridica ha avuto dalla comunità scientifica e
di conseguenza lespansione dellattività peritale potrebbe comportare nel
lavoro dei consulenti, un lavoro che determina e si confronta con il destino
dellaltro, attraverso anche le risposte fornite in seguito ad un quesito.
Proprio a questo proposito e per la complessità
delloperato psicologico, sarebbe necessario mantenere elevato il livello qualitativo
dellintervento, attraverso una specifica e valida formazione, acquisendo i
relativi aggiornamenti, anche in considerazione delle difficoltà ad individuare
correttamente le proprie competenze e i propri limiti.
Daltronde, sappiamo bene che la continua evoluzione che
si chiede alla psicologia giuridica e allo psicologo forense appare come la naturale
conseguenza della scienza psicologica, che fonda le sue basi scientifiche sulla ricerca e
la continua sperimentazione, in quanto, come sappiamo, la psicologia viene infatti
considerata una scienza dinamica, in movimento e non adinamica e cristallizzata, come
invece vengono considerate altre scienze definite "dure". Sarebbe importante,
appunto, per lo psicologo forense essere in linea con le basi teoriche dei costrutti
psicologici generali, attraverso unattività di formazione approfondita e
aggiornamenti continui.
Un ruolo centrale come metodologia
specifica della psicologia giuridica è senz'altro quello della psicodiagnostica
forense, in quanto ormai i Test psicologici - soprattutto quelli proiettivi ed il
Rorschach in particolare - possono essere considerati parte integrante di qualunque esame
psicologico e psichico delle perizie psichiatriche, psicologiche e delle consulenze
tecniche d'ufficio, anche se l'esame della personalità in ambito penale nell'età adulta
rappresenta tuttora motivo di discussione e di dibattito (de Cataldo 1987, 1988; Gulotta
1987; Iaria, Capri, Lanotte 1992), in quanto, come è noto, di fatto è ancora vietata la
perizia psicologica e criminologica (art. 220 c.p.p.).
Ricordiamo, a questo proposito, quanto affermava già nel
1959 F. Ferracuti, in un intervento in apertura di un importante convegno nazionale
tenutosi a Roma presso lIstituto di Medicina Legale sulla "Metodologia
psicologica nellesame della personalità a fini medico-legali", ovvero che "Lesame
psicologico mediante reattivi mentali e lesame della personalità per tratti, pur
non sostituendo lesame psichiatrico, possono utilmente integrarlo validandone
oggettivamente alcune delle ipotesi diagnostiche ottenute per via intuitiva e
comprensiva" (Ferracuti, 1959). Da quel momento lutilizzo di metodologie
psicologiche ebbe una rilevante espansione, furono di fatto acquisiti gli strumenti
dindagine della personalità allinterno dellambito peritale.
Come poi chiariva in seguito sempre F. Ferracuti (1989), in
riferimento al ruolo e allimportanza della psicologia in ambito forense, ciò "che
avviene è un aumento delle perizie psicologiche mascherate da perizie
psichiatriche", anche negli accertamenti sulla capacità di intendere e di
volere, ovvero sulla imputabilità, in relazione all'eventuale presenza di infermità
mentale (artt. 85, 88, 89 c.p.); affermava lautore che si stava sempre più
sviluppando una metodologia prettamente psicologica allinterno delle perizie
psichiatriche, ovvero lanalisi dei fatti attraverso un osservazione relazionale e
dinamica e attraverso lo studio della personalità.
Per quanto riguarda l'ambito minorile, l'esame della
personalità viene molte volte addirittura richiesto e specificato nei quesiti posti dal
giudice; in penale, per valutare, tra l'altro, l'imputabilità e il grado di
responsabilità (art. 98 c.p.) di un minore autore di un reato, in cui, come chiarisce G.
De Leo (1991), "Pur non essendo stata modificata dal nuovo cpp, la perizia
psicologica e criminologica subirà comunque dei sensibili cambiamenti legati alle
profonde modifiche del contesto processuale nel quale si inserisce" (art. 9 nuovo
processo penale minorile).
O anche, ad esempio, in relazione a perizie su minori vittime
di abusi sessuali o maltrattamenti, con quesiti prettamente psico-sociali (Fornari 1989);
sono queste, per G. L. Ponti (1987), "perizie del tutto particolari, più
psicologiche che psichiatriche".
Anche in civile, in casi di affidamento minorile in coppie
separate, l'esame della personalità viene spesso richiesto addirittura a tutti i
componenti del nucleo familiare, oltre ad approfondite valutazioni sulle relazioni fra i
componenti della famiglia, sullambiente culturale e sociale dei protagonisti.
In entrambi i casi - nell'età adulta e nell'età evolutiva -
ormai può ritenersi dunque acquisita l'integrazione di più metodologie dell'esame
psichico, tra le altre quella classica della psichiatria clinica con colloqui liberi e
tematici che consente di giungere a deduzioni ottenute con elementi intuitivo-comprensivi,
in cui inevitabilmente vengono esaltate le qualità dell'esaminatore, la sua preparazione
e la sua esperienza, e quella cosiddetta sperimentale della psicologia clinica attraverso
i Test psicologici, che tende a raggiungere risultati e chiavi di lettura obiettivi ed
oggettivi, attraverso la standardizzazione e la taratura dei Test stessi, ed i cui dati
possono essere utilizzati, valutati e criticati anche da altri esperti (Abbate, Capri,
Ferracuti 1990; Capri 1989; Capri, Lanotte 1997; Ferracuti 1959). E' ovvio che per quanto
concerne un ambito come quello, ad esempio, dell'affidamento dei minori in coppie
separate, l'esame psicodiagnostico dovrebbe essere orientato, tra gli altri esami,
all'utilizzo dei Test di Personalità e Proiettivi integrati ad una lettura psicodinamica
e relazionale della situazione e degli individui, quindi del contesto familiare.
Per quanto riguarda la metodologia psicologica relativa ai
Test, in conseguenza anche della sempre maggiore specificità che viene richiesta
allesperto, appare necessaria la vera conoscenza - acquisita oltre che con studi e
aggiornamenti anche con l'esperienza - di strumenti diagnostici riconosciuti
scientificamente validi, conoscenza che presuppone però preparazione e competenze non
solo testologiche e psicometriche, ma anche e soprattutto cliniche, psicopatologiche e
psicodinamiche, facendo bene attenzione ad integrare elementi statistico-standardizzati
normativi con elementi contenutistici.
Infatti, l'utilizzazione distorta di strumenti tecnici (test
proiettivi), che mirano ad ampliare ed approfondire la conoscenza e la comprensione di
dinamiche e processi intrapsichici individuali, può compromettere lintero esame di
personalità e il processo diagnostico, alimentando il libero arbitrio rispetto a
posizioni scientifiche acquisite, rendendo dunque non affidabile lintera
metodologia.
Per concludere queste brevi note, si può dire
che dopo un lungo periodo di chiusura verso questa materia, durato vari decenni, sono
dunque attualmente ben percepibili, come abbiamo visto, concreti passi in avanti nella
realizzazione di quella integrazione della psicologia giuridica all'interno di altre
discipline, nell'ottica di una collaborazione fra diverse materie e figure professionali;
proprio per questo, però, assumono ancora maggiore importanza momenti di confronto e di
scambi scientifici e culturali interdisciplinari, per aiutare una disciplina così
complessa, come la psicologia giuridica, ad interagire con altre discipline maggiormente
strutturate, sia per loro stesse intrinseche finalità, sia per storia e tradizione.
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