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Riflessioni critiche su dispersione scolastica e devianza di
* Psicologo, Consulente in Psicologia
Forense CEIPA - Roma, AIPG - Roma
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"CENTRO PSICHE" - Latina |
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Un problema emergente nella letteratura psicologica risulta essere relativo proprio all’analisi delle condizioni e delle dinamiche sottese a quel fenomeno multiforme e multi- dimensionale che viene definito come ‘dispersione scolastica’, che trova l’apice, in negativo, la propria estrema manifestazione nel cosiddetto ‘abbandono scolastico’ o ‘drop-out’. La
dispersione scolastica risulta essere in costante crescita e il CENSIS
ha fornito numerose prove a riguardo (cfr. soprattutto CENSIS, 1996). Tuttavia,
allo stato attuale, mancherebbe una definizione univoca e genericamente
accettata del fenomeno stesso.
Se
può essere definita ‘dispersione scolastica’ quell’ insieme di processi
attraverso i quali si verificano ritardi, rallentamenti o abbandoni in
uno specifico iter o circuito scolastico (Besozzi, 1993), il problema,
invero, appare molto più ampio arrivando a toccare tutti quegli
aspetti di insuccesso educativo e formativo, di incompleto utilizzo di
capacità cognitive ed intellettive, di inefficace apprendimento
e di inadeguato sviluppo personale a livello qualitativo.
Qualunque
studente può riportare un giudizio o un voto non positivo, non particolarmente
brillante o cedere in una prova, in una verifica scolastica : questo è
patrimonio del quotidiano. Tuttavia, di insuccesso scolastico si può
soffrire con conseguenze a volte non sempre prevedibili o ipotizzabili.
Alcuni
Autori sostengono che la comprensione del fenomeno dispersione scolastica
debba riferirsi a modelli sistemici
a scapito di quelli deterministici
(Adamo, 1996), constatando l’impossibilità di ricondurlo ad una
o a poche ristrette cause; per altri Autori, invece, (LeCompte e Dworkin,
1991) risulta possibile individuare differenti categorie di fattori interagenti
: fattori relativi agli studenti, all’Istituzione scolastica, fattori di
interazione tra i due precedenti e fattori macrosistemici; questi
ultimi contemplano non solo basse prestazioni scolastiche, debole motivazione,
scarso impegno nello studio e inadeguato livello di interazione docenti/studenti,
ma anche e soprattutto la valenza/influenza delle condizioni di vita sociale,
culturale, economica e politica in cui i sistemi scolastici risultano essere
inseriti, in concomitanza alla diffusione/rilevanza di specifici fenomeni
sociali (droga, alcool, violenza ecc.).
Ma
quali possono essere le cause del fenomeno ‘dispersione’ ? nel mosaico
delle differenti posizioni, risulta possibile distinguere tra cause istituzionali
ed extraistituzionali (Salati, 1992): le prime si riferiscono all’Istituzione
scolastica in prima persona, ‘rea’ di non presidiare e monitorare in maniera
adeguata il processo di insegnamento/apprendimento: dalla mancanza di strutture,
spazi e servizi alle difficoltà burocratiche, dal livello di professionalità
dei membri della comunità scolastica alla tipologia della comunicazione
docente/gruppo-classe; le seconde, invece, implicherebbero il ruolo fondamentale
del sistema familiare e, in genere, dell’ambiente socio-culturale e socio-economico
di appartenenza.
La
variabile che viene maggiormente indicata come la chiave di lettura principale
del fenomeno è indubbiamente la variabile età : il
disorientamento caratterizzante la fase adolescenziale potrebbe essere
esteso direttamente all’esperienza scolastica, ovvero, proprio in quest’ultima
manifestarsi pienamente; difficoltà scolastiche anche minime, semplici
segnali di malessere, insofferenza, malumori potrebbero essere amplificate
nel contesto scolastico, spingendo lo studente/adolescente all’estrema
soluzione dell’abbandono (Righi 1996).
L’insuccesso
scolastico quindi può essere considerato come manifestazione
di perturbazioni più o meno gravi (Righi, op. cit.), transitorie
o durature (Marcelli e Braconnier, 1989) di questa fase del ciclo
vitale.
La
difficoltosa accettazione dei cambiamenti del periodo adolescenziale e
la non agevole gestione del livello di tensione a questi associato, potrebbero
spingere lo studente/adolescente a disinvestire il proprio impegno
nello studio, sull’apprendere e sul pensare, e a declassare l’importanza
dell’Istituzione scolastica nel proprio planning di vita (Pelanda,1997),
in particolar modo quando viene percepito in modo inadeguato sia il rapporto
con gli adulti (mancanza di sostegno, mancanza di risposte in maniera adeguata
e costruttiva) che quello con i coetanei (mancanza di sostegno, non accettazione,
rifiuto, senso di inadeguatezza).
Ecco
allora l’insorgenza di atteggiamenti difensivi o intellettualizzanti, in
particolar modo quando l’incremento delle difficoltà scolastiche
assume carattere egodistonico.
Autori
di stampo psicanalitico hanno posto l’accento, con un certo effetto, su
alcune caratteristiche del periodo adolescenziale, quali “la messa alla
prova dell’equilibrio narcisistico’ e il cosiddetto ‘attacco al pensiero’
(Jeammet, 1992), sostenendo che ripetuti fallimenti scolastici potrebbero
condurre l’individuo alla dis-elaborazione delle proprie esperienze (Pelanda,
1995).
L’esperienza
scolastica si pone in un momento nodale per la costruzione, lo sviluppo
e la qualificazione dell’identità personale e sociale dello studente/adolescente,
in grado di influire sulla rappresentazione di Sé e sulle direttive
progettuali della propria esistenza (Guichard 1987).
Oltre
alla variabile ‘età‘, è innegabile l’importanza dei fattori
squisitamente cognitivi nel verificarsi delle situazioni prodromiche
o caratterizzanti il fenomeno, soprattutto per quanto concerne gli aspetti
motivazionali, l’ autorientamento e l’autopercezione delle proprie abilità.
Negli
ultimi anni un consistente numero di ricerche si è soffermato sulle
caratteristiche del ‘soggetto che abbandona’ e sulle possibili rappresentazioni
sociali di tale comportamento estremo.
Secondo
alcuni recenti contributi (McCaul 1999), le conseguenze del fenomeno ‘drop-out’
possono essere raggruppate in tre categorie principali : economiche,
sociali e personali. Risulta essere assai probabile, quindi, per chi
abbandona la scuola avere minori possibilità di guadagno ovvero
di aspirazioni lavorative e professionali medio-alte (livello economico),
come risulta assai probabile per lo stesso individuo assumere atteggiamenti
e comportamenti antisociali e “politicamente non corretti” (livello sociale),
in quanto gli aspetti di progettualità, di organizzazione
del quotidiano, e di percezione di efficacia ed efficienza personale
rischiano una notevole compromissione (livello personale).
Se
da un lato non bisogna erroneamente credere che l’abbandono scolastico
predisponga l’individuo forzatamente e unilateralmente a comportamenti
estremi e socialmente non desiderabili ovvero ad eventi particolarmente
traumatici, dall’altro bisogna sottolineare la stretta relazione tra la
concezione di ‘abbandono scolastico’ come ‘fallimento dell’agenzia di socializzazione
comunità
scolastica’ e la concezione di ‘devianza minorile’ come ‘fallimento
della socializzazione’ (Palmonari, 1993).
Appare
più che lecito quindi parlare di fattori predisponenti in
fenomeni multiformi e multidimensionali, dove il ruolo centrale resta la
fase del ciclo vitale.
Sebbene
le teorie tradizionali sulla devianza minorile focalizzino l’attenzione
sugli aspetti di disagio (Palmonari, op. cit.) o considerino la
stessa come espressione o comportamento ‘subculturale’ (De Leo, 1990) e
in riferimento a teorie anomiche (Cohen, 1955) o ancora come indebolimento
della formulazione del ‘giudizio morale’ (Kohlberg, 1969 e 1976), nella
maggior parte delle teorie psicologiche e sociologiche sul tema si osserva
una maggiore attenzione proprio sul fattore ‘socializzazione’: devianza
come manifestazione di una inadeguata interiorizzazione delle norme ascritte
in un dato sistema sociale di riferimento.
In
realtà, l’opinione più diffusa quando si parla di ‘devianza
minorile’ sottende l’accostamento, da una parte, dei comportamenti che
possono essere perseguibili giuridicamente e, dall’altra, di quelli che
pur non essendo perseguibili a livello giuridico, vengono considerati come
indici
di disadattamento (Palmonari, op. cit.).
Le
problematiche scolastiche (dall’assenteismo al drop-out) insieme, ad esempio,
ai comportamenti evitanti (tipo le ‘fughe’ dalla propria casa) e alla promiscuità
sessuale, rientrerebbero proprio in questo secondo caso.
Nella
letteratura anglosassone si utilizza il termine status offence (ovvero
il reato statutario) per descrivere questi comportamenti, in contrapposizione
alla delinquency dei comportamenti perseguibili dalla legge.
I numerosi programmi di intervento attuati negli ultimi tempi tendono,
e molto, ad insistere sulla valorizzazione e sul potenziamento dei cosiddetti
‘fattori protettivi’ all’interno della comunità scolastica, ma la
vera ‘sfida del futuro’ appare quella di sviluppare ulteriormente la già
accresciuta consapevolezza dei fenomeni qui considerati, creando opportunità
sinergiche di intervento tra operatori scolastici e giuridici
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