PARERE DELL'ESPERTO

L'abusante adolescente

di
Simona Iaconella

Psicologa Psicoterapeuta



Il Punto su ...
"Validation": quanto vale e in cosa consiste
Editoriale
di Luisella de Cataldo

Parere dell'Esperto
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L'abusante adolescente
di Simona Iaconella

Psicodiagnostica nel conflitto coniugale: un pronunciamento del Garante della Privay
di Gaetano Giordano
    Diego Giordano

Recensioni
L'individuazione del processo penale minorile. Confronto con il sistema inglese"
di Vania Patané
Edizioni Giuffrè, 1999

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Convegni e Seminari
Pieve di Cadore:
13-14 maggio 2002 

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  La letteratura comprende molti studi relativi alle vittime di violenza sessuale, ed in particolare a quelle minorenni, mentre sono poco numerose le ricerche che si occupano degli abusanti. Tale sproporzione rappresenta il segno di una cultura sensibile alla tutela della vittima ed alla necessità di proteggerla e di porre rimedio ai danni provocati dalle violenze subite, mentre sussiste l'errato convincimento secondo cui conoscere le caratteristiche degli abusanti e comprendere le motivazioni delle loro azioni equivarrebbe a giustificarli. Tale conoscenza potrebbe invece contribuire alla realizzazione di interventi più adeguati, venendo così incontro all'esigenza primaria di tutelare più efficacemente sia la società che i singoli individui (Zipparri, 1999).

Il presente lavoro propone alcune considerazioni sul complesso fenomeno della violenza sessuale agita da un adolescente nei confronti di un coetaneo, ed utilizza il genere maschile nel riferirsi agli abusanti, dato che la maggior parte di essi sono di sesso maschile.

L’adolescenza è un periodo di rilevanti cambiamenti corporei e comporta l’insorgenza di nuovi interessi legati alla profonda maturazione in atto. Le caratteristiche principali di questa complessa fase sono lo sviluppo sessuale, la perdita della sicurezza relativa alla propria identità e la conseguente necessità di ottenere una nuova conferma di sé, la tendenza a superare la propria dipendenza dalle figure parentali. In tale processo, gli adolescenti vivono le proprie esperienze sessuali anche come strumento per avere conferma di sé e della propria identità, ma in maniera ambivalente: da un lato è pressante il desiderio di sperimentarsi e di verificare le proprie capacità ricevendo una sorta di conferma dell’essere "diventato grande"; dall’altro le prime esperienze sessuali generano spesso preoccupazioni e sensi di colpa, che rimangono talvolta nel profondo e possono essere all’origine di successive difficoltà relazionali e sessuali (Fabrizi, 1998).

Se il distacco dalla famiglia avviene troppo presto, l’adolescente può vivere esperienze sessuali molto precoci, basate non tanto su un desiderio fisico, quanto su quello di ricevere amore, attenzione, affetto e di ottenere l’appagamento del bisogno di intimità che a volte non ha ricevuto in famiglia, giungendo così ad un uso "non sessuale" del sesso. Possono crearsi quindi delle situazioni di promiscuità sessuale, che non sono espressione del desiderio sessuale ma del desiderio compulsivo di riempire un vuoto interiore che invece diventa sempre più profondo. In altri casi invece, la sessualità può essere vissuta come modalità per segnalare il raggiungimento dell’autosufficienza dalla famiglia, oppure come strumento per facilitare la conquista di un’autonomia che risulta difficile, rappresentando quindi per l’adolescente un tentativo estremo per dimostrare ai genitori di "essere diventato grande".

Se di fatto il controllo sociale sul comportamento sessuale è molto diminuito, questo non garantisce che gli adolescenti giungano al momento delle loro prime esperienze sessuali con una consapevolezza chiara e matura, tanto che spesso la precocità delle prime esperienze si mescola ad una mancanza di responsabilità, che può portare a mettere in atto modalità inadeguate di relazione. La sessualità tra adolescenti assume infinite sfumature, che possono essere collocate lungo un continuum che va dalle relazioni consensuali fino alla violenza sessuale. D’altro canto, la definizione di "violenza sessuale" nel rapporto tra adolescenti è a volte difficile, in quanto la differenza di età tra i protagonisti dell’evento è ridotta, e le attività sessuali tra coetanei possono essere talmente confuse da arrivare a costituire, dal punto di vista penale, veri e propri reati.

Questa tematica solleva lo spinoso problema dell’accertamento e della valutazione del grado di maturità e di capacità critica necessarie affinché il minorenne possa estrinsecare realmente un "libero consenso": se da un lato non si possono ignorare la spiccata accelerazione dello sviluppo fisico e la precocità della pubertà verificatesi negli ultimi decenni, dall’altro il carattere particolarmente instabile e vulnerabile della personalità evolutiva dell’adolescente richiede una particolare attenzione (De Leo, 1997).

L’esperienza professionale con minorenni denunciati per violenza sessuale indica che, nel caso di rapporti tra adolescenti, non sempre si è trattato di violenze sessuali vere e proprie, intese come atti in cui il consenso della vittima è del tutto assente. Vi sono, infatti, anche dei casi in cui il rapporto, dapprima consensuale, si è trasformato successivamente in abuso.

I minorenni che vengono denunciati per violenza sessuale costituiscono dunque una popolazione eterogenea e differiscono da quella adulta nella messa in atto di comportamenti più diversificati ed in molte importanti dimensioni cliniche.

Fondamentale è la conoscenza della relazione esistente tra l’abusante e l’abusato prima del rapporto che ha dato luogo alla denuncia per violenza sessuale. Le ricerche in questo settore riportano che le violenze avvengono spesso tra persone che si conoscono, in situazioni in cui può essere difficile definire i confini tra intimità e intimidazione, soprattutto nei casi in cui l’età della vittima non è molto diversa da quella dell’aggressore. Nel caso di relazione preesistente tra l’abusante e l’abusato, bisogna distinguere tra violenza intra ed extra-familiare e tener conto dell’intensità del vincolo affettivo tra l’abusante e la vittima.

Per quanto concerne le relazioni tra fratelli, i comportamenti incestuosi si sviluppano di solito secondo un continuum che, partendo da lievi manifestazioni di esibizione, evolve in manifestazioni sempre più gravi, fino alla violenza sessuale vera e propria. Possono inoltre variare notevolmente per quanto riguarda la durata e la frequenza, l’impiego o meno di violenza, il tipo di comportamenti, la loro progressione nel tempo (Vassalli, 1993). Il rapporto sessuale può essere vissuto dai fratelli come una scoperta comune della sessualità e non sempre è accompagnato da traumi, a meno che non venga scoperto e condannato dai familiari. Qualora si tratti di rapporti omosessuali, invece, questi possono provocare disturbi dell’identità di genere ed indurre allo sviluppo di omosessualità; a tali relazioni sessuali sono spesso associati anche disturbi dell’alimentazione.

Per quanto concerne la violenza extra-familiare, in molti studi si rileva che mentre i maggiorenni autori di violenza sessuale agiscono generalmente da soli, gli adolescenti compiono frequentemente reati di gruppo. La tendenza dell’adolescente ad aggregarsi con i coetanei rappresenta una delle esigenze specifiche dell’età ed è generata da molti fattori tra cui, in questo contesto, sembrano assumere particolare rilievo il bisogno di condividere con i coetanei i profondi e fondamentali cambiamenti che riguardano la propria esistenza e, nel contempo, la necessità di superare l’insicurezza che tali mutamenti producono. Nella ricerca dell’identità, a volte il gruppo può assumere caratteristiche trasgressive, ed il giovane può trovare una propria dimensione personale ed una propria affermazione nella disapprovazione da parte della società (Novelletto, 2000). In molti casi, d’altra parte, le violenze sessuali compiute in gruppo potrebbero essere spiegate in riferimento alla crisi adolescenziale ed allo sviluppo psico-sessuale, più che sulla base di interpretazioni relative alla formazione di bande delinquenziali. Infatti, il gruppo di minorenni autori di violenza sessuale deriva spesso da un’aggregazione casuale e difficilmente assume la fisionomia di una banda stabile con obiettivi precisi (Scardaccione, 1987).

Nell’occuparsi di relazioni sessuali che danno luogo ad una denuncia per violenza sessuale, una delle difficoltà consiste nel distinguere tra agiti sessuali che possono essere considerati come gesti impulsivi frutto della trasgressività caratteristica dell’adolescenza, ed azioni delinquenziali che sono espressione di una vera e propria psicopatologia.

Generalmente nel caso dell’adolescente le condotte antisociali rappresentano un fenomeno transitorio e isolato senza specifici significati psicopatologici, non risultando ancora stabilmente inserite nell’organizzazione di personalità ed essendo spesso legate alla difficoltà di assimilare i cambiamenti in atto (Nardi, 1991). Spesso dunque l’agito sessuale è il segnale della difficoltà dell’adolescente di far fronte ai cambiamenti specifici della fase che attraversa e di integrare le componenti aggressive e sessuali nella propria immagine in trasformazione. In altri casi, si ha l'impressione che si tratti di una problematica presente in un adolescente che non ha raggiunto la capacità di riconoscere l’altro come diverso da sé e che ha una difficoltà ad entrare in relazione con un’altra persona.

Un agito sessuale che violi la libertà altrui dà luogo spesso ad una denuncia. Ha inizio così un iter giudiziario, ed è importante riflettere sulle conseguenze che tale denuncia può avere sull’immagine di sé di un adolescente, sulla sua identità di genere e sulla sua mascolinità. Egli, infatti, è alla ricerca di una propria identità e, in fase adolescenziale, la violenza sessuale può rappresentare per un soggetto di sesso maschile una prova di forza, una sorta di "rito di iniziazione" che consacra il passaggio dall’adolescenza all’età adulta.

I ragazzi denunciati, d’altra parte, generalmente non corrispondono all’immagine socialmente diffusa che li descrive come coraggiosi, violenti e sprezzanti; in realtà, sono spesso spaventati e angosciati, non solo per il timore delle indagini e del giudizio penale, ma anche perché la denuncia e l’ingresso nel sistema penale li portano sovente ad una violenta e improvvisa riconsiderazione del proprio agire. In molti casi, infatti, la coercizione violenta che hanno esercitato nei confronti di un coetaneo era considerata una questione privata tra pari, di cui possono sentirsi in parte moralmente responsabili ma che non necessariamente considerano un reato. Vi è pertanto l’irruzione dell’aspetto di giudizio pubblico in un’area ritenuta esclusivamente privata, e può determinarsi la perdita di punti di riferimento mentali attraverso cui pensare se stessi. A volte i ragazzi si sentono vittime della vicenda, anche perché non riconoscono l’altro come una persona con una propria realtà separata e quindi capace di soffrire, ed è presente il rischio che si stabilizzino modalità di soddisfacimento perverse che in adolescenza non sono ancora strutturate (Saottini, 1999).

E’ importante dunque evitare la sovrapposizione del minorenne con i suoi comportamenti; l’ingresso nel sistema penale comporta, infatti, un rischio di etichettamento e la conferma di un’identità negativa; per l’adolescente, la cui personalità è in formazione. L’etichetta di "stupratore" può costituire uno strumento per trovare una collocazione sociale e per conseguire un potere relazionale che non riesce ad ottenere altrimenti. Egli può giungere così ad una "ipervirilità caricaturale", che gli fornisce una conferma di sé. Bisogna quindi lavorare per dare un senso alla distruttività dei comportamenti, in quanto attorno alla condotta deviante nell'adolescente non si è ancora stabilmente organizzata la personalità, e l’acquisizione di identificazioni più solide e armoniche può facilitare un’evoluzione in senso favorevole per l’abusante e può costituire una valida forma di tutela per la società.

Quando invece gli atti sessuali che hanno dato avvio all’iter giudiziario si sono verificati in una relazione tra coetanei che inizialmente era consensuale, ricevere una denuncia per violenza sessuale ha talvolta serie conseguenze per l’adolescente, causando inibizioni o l’insorgenza di veri e propri disturbi nell’area della sessualità. L’esperienza clinica in questo settore indica, infatti, che gli adolescenti sono spesso molto spaventati dalla denuncia e riportano di avere, rispetto al passato, maggiori difficoltà a stabilire relazioni con persone dell’altro sesso; si rende dunque necessario un lavoro di elaborazione dell’accaduto, finalizzato anche alla ricerca di modalità di rapporto più adeguate.

Nel caso in cui venga accertata la responsabilità, è necessario interrogarsi sul percorso evolutivo del minorenne, che nel presente lo induce a "scegliere" delle modalità violente, o comunque disfunzionali, per entrare in relazione con l’altro. Sarà utile al riguardo ripercorrere con lui la storia del suo sviluppo, ed aiutarlo a rimuovere le condizioni negative che lo ostacolano, cercando di reintegrarlo nel tessuto comunitario, restituendolo principalmente a se stesso e fornendogli dei sostegni nel processo evolutivo, a partire dalle sue potenzialità (Moro, 2000). E’ dunque particolarmente importante effettuare un intervento che consenta all’adolescente di far leva sulle proprie risorse e di costruire un proprio percorso di vita soddisfacente, senza dover far ricorso a modalità violente per stabilire relazioni interpersonali.

A volte gli stessi minorenni abusanti sono estremamente spaventati dalla parte di sé che li ha indotti a mettere in atto una violenza sessuale, ed è importante che gli adulti siano in grado di aiutarli ad affrontare questa tematica. D’altra parte, non è facile identificarsi con un abusante e la difficoltà di entrare in contatto con la sua sofferenza e il suo disagio, o in altri casi quella di accettare che egli non manifesti alcuna emozione particolare rispetto all’abuso, può comportare la difficoltà di effettuare un intervento efficace. E’ importante invece che l’ambiente diventi capace di accogliere e contenere la crisi evolutiva: attraverso adeguati rapporti, si può restituire all’adolescente la fiducia nella possibilità di comprendere il significato simbolico dei propri atti violenti e di risolvere i propri conflitti interni. Diviene così possibile accompagnarlo in un percorso che gli consenta di trasformare il proprio mondo pulsionale ed elaborarlo in qualcosa di comprensibile e controllabile, per poter vivere esperienze in un contesto relazionale soddisfacente in quanto caratterizzato dal principio della reciprocità. Per favorire lo sviluppo è necessario fornire all’adolescente chiavi di lettura di quanto accade dentro e fuori di sé, e creare delle condizioni che consentano di mettersi in discussione e di analizzare il linguaggio proprio ed altrui, passando attraverso l’accettazione dell’altro, ammettendo non solo intellettualmente ma soprattutto emotivamente che l’altro è diverso ed agisce in conformità a principi personali e diversi da quelli del soggetto.

In conclusione, nel tratteggiare scenari futuri, si ritiene indispensabile un approfondimento della conoscenza degli abusanti adolescenti, poiché conoscere significa poter intervenire adeguatamente e favorire lo sviluppo delle infinite possibilità che possono fiorire in ciascuna esistenza umana. Inoltre, poiché il tasso di recidiva in questo settore è molto elevato, occuparsi degli abusanti minorenni può contribuire ad evitare che essi diventino successivamente dei pedofili o dei padri abusanti, prevenendo in tal modo un numero rilevante di disagi per le potenziali vittime e riducendo gli alti costi sociali di tale reato.
 



Bibliografia

-De Leo G. Libertà e comunicazione sessuale, in (a cura di) Simonelli C., Petruccelli F., Vizzari V. Sessualità e terzo millennio, Franco Angeli, Milano, 1997, Vol. I

-Fabrizi A., Alì C. Educazione alla sessualità e prevenzione del disagio giovanile: ricerca con studenti delle scuole medie superiori, in (a cura di) Simonelli C. et al., 1998, Vol. II

-Moro A.C. Manuale di diritto minorile, Zanichelli, Bologna, 2000

-Nardi B., Magari S., Delicati F., Mariani L., Giunto P. Aggressività e devianza nell'adolescenza, in Esperienze di giustizia minorile, n. 3-4, pg 199-212, 1991

-Novelletto A., Biondo D., Monniello G. L’adolescente violento Franco Angeli, Milano, 2000

-Saottini C. Molestie sessuali e adolescenza, Adolescenza, n. 1, pg 40-52, 1999

-Scardaccione G. La violenza sessuale nei delitti commessi da minori nel Lazio Esperienze di giustizia minorile, 1987, n. 4, pg 115-154

-Vassalli A. Adolescenza e abuso sessuale intrafamiliare: problemi di intervento, Adolescenza, 1993, pg 21-37

-Zipparri S. La personalità di chi abusa sessualmente del minore alla luce del test di Rorschach: un'ipotesi preliminare, in (a cura di) Callieri B., Frighi L. La problematica attuale delle condotte pedofile, Edizioni Universitarie Romane, Roma, 1999