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La Competenza Sociale

a cura del Dott. Rosario Capo - psicologo


 

La competenza sociale, definita come la capacità di intessere e mantenere relazioni sulla base della cooperazione paritetica e del supporto reciproco, risulta uno dei fattori protettivi più rilevanti nei confronti dello sviluppo di disagio e dell’assunzione di stili di vita patogeni.

Se, come è vero, la tendenza ad intessere rapporti collaborativi e di supporto reciproco è una predisposizione innata, ciò vuol dire che il comportamento prosociale costituisce un valore evoluzionistico rilevante. Come sottolinea le teoria sociobiologica, alcuni comportamenti interpersonali, che nel corso dello sviluppo di una specie hanno maggiormente garantito la sicurezza, la sopravvivenza e la riproduzione degli individui di quella specie, verranno selezionati e trasmessi agli individui delle generazioni successive. Il fatto che il comportamento prosociale sia diffuso non solo nella specie umana, ci induce a pensare che tale stile interpersonale sia diffusamente premiato in natura e che non sia solo il prodotto di una data cultura.

La desiderabilità dell’assunzione di tale stile interpersonale è rintracciabile in differenti fattori.

In primo luogo, si riconosce che la creazione di relazioni cooperative e di supporto permette il raggiungimento di obiettivi altrimenti irraggiungibili per un solo individuo.

In secondo luogo, la possibilità di intessere relazioni cooperative e di supporto reciproco permette di fronteggiare con maggiore senso di efficacia e percezione di controllo le situazioni problematiche e di crisi dell’esistenza, in quanto favorisce la percezione di poter far conto sul sostegno di altri individui, sia di tipo strumentale, sia informativo, sia emozionale. La convinzione di poter contare sul supporto sociale sembra, inoltre, correlata con basse probabilità di fare ricorso, nel fronteggiamento delle difficoltà quotidiane, a comportamenti dannosi per la salute e l’adattamento (es: utilizzo di sostanze psicotrope, impegno in attività distrattive pericolose come correre con l’auto, abuso di sostanze, evitamento dei problemi e delle responsabilità, ecc.).

Inoltre, l’assunzione di uno stile interpersonale prosociale e collaborativo tende a rinforzare una visione positiva di se stessi e del proprio interlocutore. Se in una competizione l’altro tende ad essere percepito come ostacolo al raggiungimento dei propri scopi, la valutazione delle proprie risorse e vulnerabilità e di quelle dell’altro avviene in funzione di una valutazione della possibilità di superare l’altra persona. Nel cooperare con l’altro offrendo e ricevendo sostegno ed aiuto, si tende a percepire se stessi e l’altro come centri autonomi di iniziativa, con proprie aspirazioni, capacità e vulnerabilità, che in questo caso vengono valutate non già per la reciproca definizione di superiorità ed inferiorità, ma per la considerazione delle reciproche risorse disponibili per il conseguimento degli obiettivi comuni. La conseguenza è l’aumento della coesione interpersonale, l’accettazione reciproca e, a lungo termine, la promozione di un maggiore adattamento interpersonale e benessere emozionale.

La coesione tra gli individui, favorita da tale stile interpersonale è, inoltre, un fattore incompatibile con l’isolamento, l’insensibilità nei confronti delle altre persone e l’assunzione di comportamenti antisociali ed aggressivi così diffusi nelle nostra cultura (si veda il fenomeno del bullismo nella scuola) ed elementi, del resto, strettamente correlati con il disagio psicologico e l’assunzione di stili di vita a rischio.

Dove l’assunzione di uno stile comunicativo di tipo competitivo ed aggressivo, caratterizzato per la ricerca della superiorità sull’altro (vincere/perdere), ingenera ansietà, egoismo, incertezza, comunicazione povera, aggressività, bassa produttività, la cooperazione e la prosocialità sembrano migliorare la produttività e il rendimento, incrementare relazioni piacevoli (fiducia reciproca) e accrescere il benessere emozionale nei gruppi, nei quali costituiscono la forma prevalente di interazione.

Per ciò che riguarda l’ambito delle relazioni interpersonali, le conseguenze favorevoli dell’assunzione di un atteggiamento benevolo e collaborativo nei confronti delle altre persone è comprensibile in base alla “legge degli effetti reciproci”.

La legge degli affetti reciproci è basata sull’assunto che nella comunicazione interpersonale si verifichino forme sequenziali, nelle quali il comportamento di una persona in interazione intensifica quello dell’interlocutore. Per esempio, se l’individuo A manifesta un atteggiamento ostile verso l’individuo B, questi assumerà, con tutta probabilità, un atteggiamento difensivo. La percezione del comportamento difensivo di B può, di contro, suscitare in A stati emozionali negativi, in grado di provocare l’assunzione di atteggiamenti ancora più difensivi e comportamenti più ostili. Tale spirale regressiva tende ad autoperpetuarsi e a rinforzarsi nel tempo dando luogo a conflitti distruttivi e ad un peggioramento progressivo della relazione tra A e B.

Al contrario, è lecito pensare che, per la legge degli affetti reciproci, l’atteggiamento di benevolenza e di collaboratività da parte di un individuo ha elevate probabilità di ingenerare negli interlocutori risposte emotive e comportamentali analoghe.

Da numerose ricerche, inoltre, sembra che il contatto sociale di tipo collaborativo e l’attuazione di comportamenti altruistici comportino conseguenze desiderabili anche per la salute fisica. Si è osservato, a tale riguardo, che le persone ostili e competitive sono preda di maggiore stress emozionale e assumono più di frequente stili di vita a rischio, come l’essere spinti da un continuo senso di fretta, agitazione eccessiva, respirazione accelerata, disturbi delle funzioni fisiologiche, ecc. Al contrario, soggetti caratterizzati da stili interpersonali di tipo collaborativo e prosociale sperimentano più spesso piacevole senso di benessere fisico e di calma, frutto della maggiore secrezione delle cosiddette “molecole del benessere”, le endorfine, minore secrezione di ormoni dello stress, migliore funzionamento del sistema immunitario e, di rado, attivazione abnorme delle funzioni neurovegetative (battito cardiaco, secrezione di succhi gastrici, respirazione accelerata, ecc.).

 

 

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aggiornato il 29/07/2001

a cura del dott. G. Romano