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La competenza sociale, definita come
la capacità di intessere e mantenere relazioni sulla base della
cooperazione paritetica e del supporto reciproco, risulta uno dei fattori
protettivi più rilevanti nei confronti dello sviluppo di disagio e
dell’assunzione di stili di vita patogeni.
Se, come è vero, la tendenza ad
intessere rapporti collaborativi e di supporto reciproco è una
predisposizione innata, ciò vuol dire che il comportamento prosociale
costituisce un valore evoluzionistico rilevante. Come sottolinea le teoria
sociobiologica, alcuni comportamenti interpersonali, che nel corso dello
sviluppo di una specie hanno maggiormente garantito la sicurezza, la
sopravvivenza e la riproduzione degli individui di quella specie, verranno
selezionati e trasmessi agli individui delle generazioni successive. Il
fatto che il comportamento prosociale sia diffuso non solo nella specie
umana, ci induce a pensare che tale stile interpersonale sia diffusamente
premiato in natura e che non sia solo il prodotto di una data cultura.
La desiderabilità dell’assunzione
di tale stile interpersonale è rintracciabile in differenti fattori.
In primo luogo, si riconosce che la
creazione di relazioni cooperative e di supporto permette il
raggiungimento di obiettivi altrimenti irraggiungibili per un solo
individuo.
In secondo luogo, la possibilità di
intessere relazioni cooperative e di supporto reciproco permette di
fronteggiare con maggiore senso di efficacia e percezione di controllo le
situazioni problematiche e di crisi dell’esistenza, in quanto favorisce
la percezione di poter far conto sul sostegno di altri individui, sia di
tipo strumentale, sia informativo, sia emozionale. La convinzione di poter
contare sul supporto sociale sembra, inoltre, correlata con basse
probabilità di fare ricorso, nel fronteggiamento delle difficoltà
quotidiane, a comportamenti dannosi per la salute e l’adattamento (es:
utilizzo di sostanze psicotrope, impegno in attività distrattive
pericolose come correre con l’auto, abuso di sostanze, evitamento dei
problemi e delle responsabilità, ecc.).
Inoltre, l’assunzione di uno stile
interpersonale prosociale e collaborativo tende a rinforzare una visione
positiva di se stessi e del proprio interlocutore. Se in una competizione
l’altro tende ad essere percepito come ostacolo al raggiungimento dei
propri scopi, la valutazione delle proprie risorse e vulnerabilità e di
quelle dell’altro avviene in funzione di una valutazione della
possibilità di superare l’altra persona. Nel cooperare con l’altro
offrendo e ricevendo sostegno ed aiuto, si tende a percepire se stessi e
l’altro come centri autonomi di iniziativa, con proprie aspirazioni,
capacità e vulnerabilità, che in questo caso vengono valutate non già
per la reciproca definizione di superiorità ed inferiorità, ma per la
considerazione delle reciproche risorse disponibili per il conseguimento
degli obiettivi comuni. La conseguenza è l’aumento della coesione
interpersonale, l’accettazione reciproca e, a lungo termine, la
promozione di un maggiore adattamento interpersonale e benessere
emozionale.
La coesione tra gli individui,
favorita da tale stile interpersonale è, inoltre, un fattore
incompatibile con l’isolamento, l’insensibilità nei confronti delle
altre persone e l’assunzione di comportamenti antisociali ed aggressivi
così diffusi nelle nostra cultura (si veda il fenomeno del bullismo nella
scuola) ed elementi, del resto, strettamente correlati con il disagio
psicologico e l’assunzione di stili di vita a rischio.
Dove l’assunzione di uno stile
comunicativo di tipo competitivo ed aggressivo, caratterizzato per la
ricerca della superiorità sull’altro (vincere/perdere), ingenera ansietà,
egoismo, incertezza, comunicazione povera, aggressività, bassa
produttività, la cooperazione e la prosocialità sembrano migliorare la
produttività e il rendimento, incrementare relazioni piacevoli (fiducia
reciproca) e accrescere il benessere emozionale nei gruppi, nei quali
costituiscono la forma prevalente di interazione.
Per ciò che riguarda l’ambito
delle relazioni interpersonali, le conseguenze favorevoli
dell’assunzione di un atteggiamento benevolo e collaborativo nei
confronti delle altre persone è comprensibile in base alla “legge degli
effetti reciproci”.
La legge degli affetti reciproci è
basata sull’assunto che nella comunicazione interpersonale si
verifichino forme sequenziali, nelle quali il comportamento di una persona
in interazione intensifica quello dell’interlocutore. Per esempio, se
l’individuo A manifesta un atteggiamento ostile verso l’individuo B,
questi assumerà, con tutta probabilità, un atteggiamento difensivo. La
percezione del comportamento difensivo di B può, di contro, suscitare in
A stati emozionali negativi, in grado di provocare l’assunzione di
atteggiamenti ancora più difensivi e comportamenti più ostili. Tale
spirale regressiva tende ad autoperpetuarsi e a rinforzarsi nel tempo
dando luogo a conflitti distruttivi e ad un peggioramento progressivo
della relazione tra A e B.
Al contrario, è lecito pensare che,
per la legge degli affetti reciproci, l’atteggiamento di benevolenza e
di collaboratività da parte di un individuo ha elevate probabilità di
ingenerare negli interlocutori risposte emotive e comportamentali
analoghe.
Da numerose ricerche, inoltre, sembra
che il contatto sociale di tipo collaborativo e l’attuazione di
comportamenti altruistici comportino conseguenze desiderabili anche per la
salute fisica. Si è osservato, a tale riguardo, che le persone ostili e
competitive sono preda di maggiore stress emozionale e assumono più di
frequente stili di vita a rischio, come l’essere spinti da un continuo
senso di fretta, agitazione eccessiva, respirazione accelerata, disturbi
delle funzioni fisiologiche, ecc. Al contrario, soggetti caratterizzati da
stili interpersonali di tipo collaborativo e prosociale sperimentano più
spesso piacevole senso di benessere fisico e di calma, frutto della
maggiore secrezione delle cosiddette “molecole del benessere”, le
endorfine, minore secrezione di ormoni dello stress, migliore
funzionamento del sistema immunitario e, di rado, attivazione abnorme
delle funzioni neurovegetative (battito cardiaco, secrezione di succhi
gastrici, respirazione accelerata, ecc.).
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