Il
training sulle abilità
sociali è stato sviluppato come un metodo sistematico di insegnamento
delle abilità basilari richieste da un’interazione sociale. Esso fonda
le sue origini nella terapia del comportamento (Wolpe, 1958) e, in quanto
tale, utilizza prevalentemente tecniche e procedure di tipo behavioristico, pur facendo implicitamente riferimento a processi più
strettamente cognitivi, quali: l’automonitoraggio, le attribuzioni, i
dialoghi interni e così via.
E’
considerato uno strumento elettivo per la promozione delle abilità
sociali in quanto privilegia l’insegnamento nel contesto di gruppo,
elemento quest’ultimo che presenta numerosi vantaggi (Nota - Soresi,
1997, 288s):
-
consente
ai partecipanti di sperimentare reali situazioni interpersonali che
possono essere fonte di difficoltà e che, proprio per questo,
diventano utili occasioni di apprendimento e di addestramento;
-
permette
esemplificazioni a partire dalle diverse difficoltà relazionali
sperimentate dai partecipanti;
-
facilita
la verifica degli effetti sugli altri dei propri comportamenti;
-
rende
più agevole la generalizzazione grazie all’utilizzo di numerose
situazioni esemplificative;
-
favorisce
la possibilità di molte occasioni di feedback
e di rinforzo;
-
permette
che si crei tra i partecipanti una rete di supporto e di mutuo aiuto;
-
consente
di raggiungere contemporaneamente più soggetti riducendo notevolmente
i costi rispetto ad un programma individuale.
Il training è una complessa procedura di apprendimento in situazione
di gruppo, graduale e progressiva, mirante all'acquisizione di nuove
informazioni, alla modifica di strutture di atteggiamenti e
all’incremento e alla messa in atto di comportamenti desiderabili.
Rispetto ad altri strumenti formativi,
esso si caratterizza per il ruolo attivo dei partecipanti, i quali
non sono visti come destinatari passivi dell'azione formativa, ma come
soggetti capaci di assumersi le proprie responsabilità e capaci di
recuperare e incrementare le proprie competenze nel gestire gli eventi.
Gli
studi e le ricerche condotte sul comportamento umano evidenziano come
l'agire sia il risultato dell'interdipendenza di diverse variabili di
natura cognitiva, emozionale e comportamentale.
Ne
deriva che per agire sull'acquisizione e sul potenziamento di abilità e,
ancor più, sulla modifica di modalità inefficaci, non basta
semplicemente informare, occorre sollecitare il coinvolgimento di colui
che apprende a diversi livelli.
Per
questo il training prevede una costante partecipazione dei soggetti ai quali
è richiesto di auto-osservare le modalità automatiche con cui affrontano
le diverse situazioni, di auto-valutarle, di definire – quando è
necessario – strategie per il miglioramento, di mantenere e
generalizzare il processo di
cambiamento (Rolandi-Bauer, 1985).
Auto-osservazione
Fondamentale
per un’efficace impostazione del training,
questa fase ha come obiettivo quello di indurre i singoli partecipanti ad
analizzare i propri repertori, stimolando la loro attenzione su come
comunicano, con chi, in quali situazioni, in che ambiente interpersonale
prevalente, con quali processi cognitivi, sotto quale spinta emozionale,
con quali comportamenti verbali e metaverbali.
Auto-valutazione
In
questa fase i partecipanti sono sollecitati a definire quali ritengono
essere i loro punti di forza e di debolezza nel repertorio della
comunicazione interpersonale e a decidere, tra le zone di debolezza
individuate, in quali desiderino operare un cambiamento.
Definizione delle strategie per il
miglioramento
Una
volta che i partecipanti hanno affinato le loro capacità di
auto-osservazione e hanno operato una scelta dei settori nei quali
vorrebbero migliorare, si passa alla definizione del come migliorare.
Il
miglioramento prevede il trasferimento di abilità strumentali e il
trasferimento di abilità cognitive.
Per
il trasferimento delle abilità strumentali si seguono solitamente i
seguenti passi: definizione di una situazione reale specifica (il partecipante descrive
una situazione tipica di difficoltà), riproduzione della situazione reale
(il partecipante si comporta come se fosse nella situazione e gli altri
ricreano l'ambiente), feedback
(il conduttore e gli altri membri del gruppo rinforzano gli aspetti
positivi ed offrono suggerimenti per modificare comportamenti specifici
non adeguati), modeling
(il conduttore o altri membri del gruppo fungono da modello), role-play
(il partecipante riproduce nuovamente l’interazione imitando il
modello), homework (prescrizione del compito a casa, rinforzo
dell'intenzione).
Per
il trasferimento delle abilità cognitive il lavoro si focalizza
sull'analisi del proprio dialogo interno, sulla costruzione di una teoria
realistica e non ansiogena nella percezione e nel fronteggiamento degli
eventi, sullo sviluppo delle abilità di problem
solving.
Continuazione del processo di
cambiamento e generalizzazione
L'ultima
parte del training mira alla prosecuzione del processo di apprendimento e al
graduale rientro a modalità di funzionamento automatico che tengano conto
delle abilità recentemente sviluppate.
Riferimenti
Bibliografici
Nota
L., Soresi S., I comportamenti
sociali. Dall’analisi all’intervento, Pordenone, Erip Editrice,
1997.
Rolandi
A., Bauer B.,
I training per il miglioramento
della competenza sociale: applicazioni al ruolo professionale, in
“Terapia del Comportamento”, 5, 1985, 97-112.
Wolpe
J.,
Psychotherapy by reciprocal
inhibition, Stanford: CA, Stanford University Press, 1958
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