Il Tarantismo

 

   Il Tarantismo è definito un fenomeno storico religioso che caratterizzò l'Italia meridionale e in particolare la Puglia fin dal Medio Evo; visse un periodo felice fino al  Settecento, ma nel secolo successivo un lento ed inesorabile declino lo portò a sopravvivere solo in alcune zone della Penisola Salentina.

   Le sue origini sono da ricercare nel mondo antico, nelle tradizioni delle civiltà classiche, collegandolo alla catartica musicale propugnata dai Pitagorici e ai riti dionisiaci delle melodie delle baccanti, praticati in tutta la Grecia e nelle sue colonie. 

   Con l'avvento e la diffusione del Cristianesimo si assistette alla crisi di questi orizzonti mitico-rituali  ed in tale processo di disgregazione San Paolo di Tarso assunse un ruolo significativo: accusando la Chiesa di Corinto di praticare una liturgia troppo irrazionale ed estatica colpì indirettamente i riti orgiastici, esaltando una figura di donna riservata e pudica al posto di quella invasata. 

   Pertanto quell'Eros o quelle pulsioni represse che fino a quel momento si erano liberamente manifestate nell'orgiasmo pagano, trovarono la loro evocazione e risoluzione in un nuovo rito socialmente e cristianamente istituzionalizzato: il Tarantismo. 

   San Paolo divenne il protettore dei tarantati, colui che concedeva la grazia per guarire dall'antico morso della taranta che avvelena e dal quale ci si liberava con l'ausilio della musica, della danza e dei colori. Il 29 giugno, in occasione della celebrazione delle feste di San Pietro e Paolo, tutti i tarantati provenienti da ogni parte del Salento si recavano nella città di Galatina presso la cappella dell'Apostolo delle Genti per ringraziarlo della guarigione avvenuta attraverso la cura domiciliare o per implorarlo nel caso tale cura non avesse avuto efficacia. 

   Il morso della taranta riguardava per lo più donne, appartenenti al mondo contadino, ed avveniva nei mesi più caldi dell'anno quando maggiore era il loro impegno nei lavori agricoli e quindi più alto il rischio di entrare in contatto con il ragno. Chi era morso cadeva in uno stato di depressione e inerzia, dal cui torpore si destava al suono di una musica segnata dal ritmo dei tamburelli, costringendolo ad eseguire una danza frenetica ed ossessiva. 

    Per liberarsi dalle insidie del veleno e guarire dal morso, occorreva mimare la danza della taranta secondo un ciclo coreutico-musicale ben definito, identificarsi con essa e costringerla a danzare fino a stancarla e a farla  "crepare ". 

   Taranta-morso-veleno diventano pertanto nel tarantismo dei simboli capaci di evocare, configurare, far defluire e risolvere i conflitti psichici dell'inconscio.

                                                                                                                                  

                                                                                       Laura  Pizzolante

 

                                                                                  

 

HomePage