RELIGIONI
GIAPPONESI II° PARTE
Alla
base di questa forma religiosa è il kami ("ente supremo",
"divinità"), una categoria assai vaga che comprende
divinità celesti e anche spiriti, animali, piante, montagne,
mari e lo stesso imperatore del Giappone. Per questo il Giappone viene
definito shinkoku dove Shin è la lettura sino-giapponese di
kami e koku sta per "nazione", "paese", quindi
il "paese degli dei". L'origine del Giappone è narrata
in alcune cronache di carattere mitologico: Izanagi con la sorella
Izanami, ergendosi sul fluttuante ponte celeste, rimesta con una lancia
la massa "informe della terra fino a farla coagulare; dalle gocce
formano sulla punta della lancia nascono le isole principali del Giappone.
Poi Izanami e Izanagi generano le isole minori e le divinità
della natura.Nella baia di Futami, nei pressi del santuario di Ise,
affiorano dal mare rocce, denominate rnyoto iwa, questi due scogli,
collegati da una corda posta dai fedeli simboleggiano l'unione della
coppia divina: ogni anno, il 5 gennaio, la corda che li unisce viene
cambiata. Dopo la creazione del mondo e delle divinità della
natura, Izanami sale al cielo mentre Izanagi affida poi alla dea del
sole Amaterasu il dominio del cielo, al dio della luna Tsukiyomi il
dominio della notte e al dio della tempesta Susanoo il dominio del
mare.
Amaterasu,
figlia di Izanagi e sorella di Susanoo, è una delle divinità
più venerate. Quando il fratello Susanoo distrugge gli argini
delle risaie da lei pianlate sulla terra e ostruisce i fossati, la
dea del sole, oltraggiata, si ritira in una caverna dei cieli, facendo
cosi cadere sul mondo la notte eterna. Ma le divinità del cielo
riescono, servendosi di uno specchio, ad attirarla fuori dal suo nascondiglio
e a illuminare nuovamente la terra.
Gli oggetti portati da Amaterasu sulla terra, lo specchio, la spada
e i gioielli, sono ancora oggi i simboli del potere imperiale e gli
emblemi dello Shintoismo presenti in tutti i templi; talvolta, accanto
a questi oggetti, si trova la corda di paglia intrecciata con la quale
le
divinità avrebbero chiuso la grotta dopo che fu lasciata dalla
stessa dea. Amaterasu fece dono dei suoi tesori al nipote Ninigi,
nominandolo sovrano del Giappone; i tenno sono i discendenti di Ninigi.
Moltissime sono le divinità popolari dello Shintoismo venerate
dai Giapponesi. Fra queste, il dio del riso Inari, sempre accompagnato
dalla volpe, sua messaggera e protettrice delle risaie; Musubi no
kami, il dio della fertilità; Kane no kami o Konjin, il dio
del metallo e divinità terrifica; l'imperatore Ojin (270-312),
divinizzato come Hachiman, il dio della guerra; lo shogun Tokugawa
Jeyasu (1542-1616) e suo nipote ldemitsu, elevati al rango di kami
e venerati nel tempio di Nikko; i caduti in guerra, anch'essi considerati
kami nel tempio Yasukuni a Tokyo.
Oggetto di culto sono anche le divinità dei villaggi e delle
città; nei templi a loro dedicati vengono condotti i neonati
maschi al trentunesimo giorno, le f.emmine al trentatreesimo per chiedere
protezione e benevolenza.
La
pratica del culto prevede, tra l'altro, la recitazione dei norito
("preghiere"), il divieto di danneggiare le risaie o di
ostruirne i fossati, la venerazione degli antenati. Fra i più
alti ideali etici, cosi come vennero codificati nell'opera Bushido
(La via del samurai), vi sono la fedeltà ai propri doveri,
l'autocontrollo, lo sprezzo della morte e l'amore per la nazione.
Numerosissime sono le festività. All'inizio dell'anno si celebra
la festa propiziatoria del raccolto, l'11 febbraio la festa in ricordo
dell'ascesa al trono del primo tenno, il 3 aprile si commemora la
morte dell'imperatore Jimmu, il 30 giugno e il 31 dicembre ricorrono
i giorni della grande purificazione e il 17 ottobre è dedicato
all'assaggio del nuovo riso. Nel corso dell'anno i fedeli compiono
vari pellegrinaggi in luoghi sacri, primo fra tutti il Fuiivama, il
monte più alto del Giappone. La festa shintoista è chiamata
Matsuri.
La visita al tempio richiede tre comportamenti rituali: la purificazione
(haraI), l'offerta (shinsen) e la recitazione di preghiere (norito).
La purificazione consiste nel lavarsi le mani e bagnarsi nelle fontane
poste dinanzi a ogni tempio, mentre l'offerta è costituita
di solito da dolci di riso e vino anch'esso di riso (sake), stoffe
e rami di ciliegio (sakaki). Le danze rituali kagura, la cui origine
è molto antica, consistono sostanzialmente in rappresentazioni
pantomimiche dei diversi miti e vengono di solito eseguite da bambine
di 10-12 anni.
Il sacerdote, che può anche essere una donna, indossa una veste
bianca sciolta, porta sul capo un cappello di taffettà (eboshi)
e impugna uno scettro (shaku). Tra i suoi compiti vi sono l'offerta
quotidiana di cibo, al mattino e alla sera, e la recita dei norito
nel corso delle feste o in occasione di matrimoni e sepolture.
I templi, circa 8000 in tutto il Giappone, sorgono sempre in luoghi
lontani da altre costruzioni e circondati da vegetazione; tali edifici
vengono spesso costruiti in vicinanza dell'acqua, simbolo della purezza.
Sono chiamati miya o jin-ga ("residenza degli dei") e la
loro entrata è sempre delimitata da un torii, un arco rosso
formato da due stipiti verticali sovrastati da due architravi, il
più alto dei quali sporge oltre gli stipiti. Lanterne di carta,
pietra o bronzo fiancheggiano spesso il portale. Quasi tutti i templi
sono piccoli e costruiti in legno, come le antiche case giapponesi;
sono sempre composti di due costruzioni sovrapposte e spesso collegate
da un passaggio interno: la sala più grande destinata al culto
(haiden) e una cappelletta più piccola, che costituisce la
parte più sacra del tempio (honden). Nella prima si recitano
le preghiere e si presentano le offerte, mentre nella seconda, alla
quale si può
accedere solo dopo particolari purificazioni, viene custodito lo shintai
("corpo del dio", "ricettacolo del dio"), dove
risiede il kami; nel tempio di Ise, ad esempio, la divinità
è rappresentata dallo specchio di metallo della dea del sole
Amaterasu. I templi sono fondamentalmente di tre tipi: i templi locali,
dedicati ai kami legati a una determinata zona (ujigami); i templi
dedicati a una singola divinità, sparsi un po' ovunque nel
paese, come quelli numerosissimi in onore di Inari; i templi statali,
come quelli di Ise o Izumo o come il tempio Meiji. Unico nel suo genere
è il tempio Yasukuni di Tokyo, consacrato a tutti i caduti
in gueri'à. Molte famiglie giapponesi custodiscono nella loro
casa un altarino degli dei kamidana, spesso arricchito da piccolissi-
me riproduzioni di templi, davanti al quale vengono presentate offerte
di cibo o rami di ciliegio.
I più importanti testi mitologici shintoisti sono il Kojiki
(Cronaca di antichi avvenimenti) e il Nihongi (Annali del Giappone).
Il primo, in tre volumi, è redatto in lingua giapponese e la
tradizione vuole che venisse fatto compilare da O no Yasumaro, su
incarico della casa imperiale, nell'anno 714; si basa su fonti precedenti
e ripercorre la storia del Giappone dall'età degli dei fino
alla morte dell'imperatrice Suiko (628 d.C.). Sempre su incarico imperiale,
il principe Toneri presentò a corte nel 720 il Nihongi, in
trenta volumi e redatto in cinese; opera assai simile alla precedente,
narra la storia del Giappone dalle mitiche origini fino al 697 d.C.
Altre opere rilevanti sono il Kujiki (Cronaca delle precedenti generazioni)
risalente al 620 d.C., attribuita al principe Shotoku Taishi, e I'
Engi shiki (Cerimoniale dell'era Engi), in cinquanta libri e compilato
intorno al 905-927 da Fujiwara Tokihira e Fujiwara Tadahira. I primi
dieci libri descrivono il rituale mentre nell'ottavo sono riportate
ventisette norito.
Tomoyo |
|