Il mio cammino verso il kayak da mare,

un mondo per me nuovo

di  Alessandro Cazzaniga

 

 

Il pregresso

Nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai a passeggiare lungo una spiaggia dell’adriatico quando notai un bel kayak da mare sul bagnasciuga (chissà che modello era…), fatto sta che fui subito affascinato dall’aspetto di questa imbarcazione.

Indubbiamente l’aspetto era decisamente tecnico, i materiali avanzati e le linee filanti, tuttavia vi era un non sò che di primitivo, forse lontana reminescenza delle piroghe viste nei film hollywoodiani.

Fino ad allora avevo avuto solo qualche sporadico contatto con il mondo del kayak fluviale (anni prima un corso all’idroscalo e qualche discesa di fiume tranquillo), avevo quindi in testa l’immagine della canoa tozza e manovriera. Inoltre, complice una gamba con più chiodi di una ferramenta, ero inconsciamente alla ricerca di un nuovo sport che mi sostituisse il windsurf e lo sci (per me ormai proibiti) e che fosse capace di darmi altrettanta libertà e possibilità di muovermi nell’ambiente.

 Capii subito che avevo trovato la risposta.

Dato che abito lontano dal mare ma vicino al fiume Adda, arrivato l’inverno mi iscrissi ad un corso di kayak fluviale per riprendere i rudimenti appresi anni addietro ma con la già dichiarata idea di una futura applicazione marina.

Gli istruttori e gli amici del Trezzo Kayak accolsero di buon grado questa mia esigenza e mi incoraggiarono anzi a diventare la loro costola “marina”.  A loro la va la mia gratitudine per avermi dato le basi della pratica con tutta la dovuta gradualità (prima piscina e poi fiume facile).

Trascorsi così l’inverno tra allenamento in piscina, qualche uscita sull’Adda e ricerche in internet di argomenti di kayak marino.

L’approdo al mare

Arrivati i primi scampoli di primavera ho preso quindi contatto con Seakayakitaly e mi sono recato all’Elba per fare due giorni di corso.

Inizialmente temevo una disfatta perché ci sono arrivato nel pieno di un mal di gola (voi direte: ma che chiavica quest’uomo, la gamba, la gola…avete ragione… ) e le previsioni davano tre giorni di pioggia. Tuttavia la fortuna aiuta gli audaci e, in barba alle previsioni, è spuntato il sole.

Ho iniziato quindi il corso di kayak da mare il giorno di Pasqua e per prima cosa ho dovuto fare il ribaltamento per stare 15 secondi sott’acqua … che botta l’acqua fredda sulla faccia, il primo pensiero è stato il consueto “ ma chi me l’ha fatto fare ? ”.

Però ancora a testa in giù, aperti gli occhi ho visto l’acqua del mare di un bel colore azzurro attraverso il quale filtrava il sole e ho capito che sarebbe andato tutto bene e che mi sarei divertito.

Quel giorno ho provato l’uscita bagnata con capriola, il rientro ed eskimo, l’uso del paddle float, l’eskimo a pala lunga. Stavo finalmente toccando con mano i vari argomenti di cui avevo letto nei siti internet e sui libri durante l’inverno.

La cosa però che mi ha più colpito è stata la sensazione di progressività e morbidezza nelle manovre con la pagaia eskimese rispetto alla pagaia da competizione con cui ero abituato.

A fine della giornata di corso abbiamo fatto un piccolo giro appena al di fuori del porto:

Come va veloce il kayak da mare rispetto a quello da fiume!

Il lunedì dell’Angelo il tempo è stato brutto e ci siamo quindi dedicati ai filmati, sia moderni che d’epoca (belli!) e al carteggio.

Il martedì è tornato un tempo passabile e abbiamo fatto la seconda parte del corso con i salvataggi ed il perfezionamento dell’eskimo.

La parte dei salvataggi è stata divertente, merito anche della chiarezza con cui Gaudenzio ha trasmesso le idee; quella dell’eskimo l’ho vissuta più come una sfida perché come tutti i principianti percepisco l’eskimo come un traguardo da consolidare. In effetti alla decima volta che mi ribaltavo ero un po’ cotto… comunque il mal di gola mi è passato.

Il mio primo salvataggio a T (incredibile come si svuotano bene questi kayak marini)

Il salvataggio in affiancamento con pagaia

Di nuovo “in sella”

Un ultimo giretto (però, agile questo kayak “Sinik”…)