e vasione               

          

 

Le evasioni erano estremamente rare ad Auschwitz, ma non sconosciute.

 

Il caso più famoso fu quello di Mala Zimetbaum e del suo amante polacco, Edek Galinski. Lei era una Lauferin, o fattorina, al campo, in grado di muoversi per fare delle commissioni e portare messaggi. Entrambi erano stati membri della resistenza anti-nazista, lui in Polonia, lei in Belgio. Lui ottenne un’uniforme delle SS, lei "organizzò" un lasciapassare, e lasciarono il campo insieme sotto le spoglie di una SS che trasportava un prigioniero. Molti sopravvissuti di Auschwitz li ricordano, poiché ispirarono un’enorme speranza in tutti, ma i racconti divergono sui dettagli della distanza che riuscirono a percorrere prima di essere arrestati e riportati al campo. Alcuni sopravvissuti ricordano che essi arrivarono fino a Cracovia. Tornati ad Auschwitz, furono entrambi torturati e poi portati al patibolo per la pubblica esecuzione. Mala si tagliò le vene dei polsi con una lametta da barba che era riuscita a nascondere, fu picchiata a morte e caricata sul carro per il crematorio senza essere impiccata. Dall’altra parte del campo, Edek s’infilò il cappio e calciò la panca prima che la sentenza di morte fosse letta; le SS lo salvarono e lo impiccarono nuovamente.

 

Ci furono seicento altri casi di evasioni da Auschwitz. Quasi quattrocento fuggiaschi furono nuovamente catturati. Quando ci si accorgeva di un’evasione, tutti i prigionieri del campo erano fatti stare sugli attenti per ore, mentre si cercava il fuggitivo al di fuori del campo; una volta catturato, l’evaso era torturato, poi fatto sfilare per il campo con un cartello che diceva "evviva, sono tornato" e poi impiccato di fronte al resto dei prigionieri.

 

Friedrich, pp. 58-60

 

 

Primo Levi, nel capitolo sugli "Stereotipi", nota che gli è stato chiesto spesso perché non era fuggito da Auschwitz:

 

(E)sistevano in Germania parecchi milioni di stranieri in condizione di schiavitù, affaticati, disprezzati, sottoalimentati, malvestiti e malcurati, tagliati fuori dal contatto con la madrepatria. Non erano "prigionieri tipici", non erano integri, erano anzi demoralizzati e svigoriti. ... Per loro l’evasione era difficile ed estremamente pericolosa: erano indeboliti, oltre che demoralizzati, dalla fame e dai maltrattamenti; erano e si sentivano considerati di minor valore che bestie da soma. Avevano i capelli rasati, abiti lerci subito riconoscibili, scarpe di legno che impedivano un passo rapido e silenzioso. Se erano stranieri, non avevano conoscenze né rifugi possibili nei dintorni... Il caso particolare (ma numericamente imponente) degli ebrei era il più tragico. ... verso dove avrebbero dovuto dirigersi? A chi chiedere ospitalità? Erano fuori dal mondo, uomini e donne d’aria.

 

Levi, I sommersi e i salvati, pp. 124-125.

 

 

    

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