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Adolf Eichmann era il burocrate incaricato dell’immigrazione ebraica dai territori tedeschi prima della guerra e, più tardi, della logistica connessa alla raccolta degli ebrei ed alla loro deportazione nei campi di concentramento. Nel suo primo ruolo aveva lavorato a stretto contatto con i leader delle comunità ebraiche. Fu rapito in Argentina da forze israeliane nel 1960 e portato in Israele, dove fu messo sotto processo, condannato e giustiziato. Eichmann aveva visitato Auschwitz in una serie d’occasioni, e raccontò la storia seguente agli inquirenti israeliani:

 

Di tanto in tanto, la commedia s’insinua tra le pieghe stesse dell’orrore, e dà luogo a storie, presumibilmente verosimili, il cui macabro humour supera quello di qualunque invenzione surrealista. Tale fu la storia raccontata da Eichmann durante l’interrogatorio di polizia a proposito dello sfortunato consigliere commerciale Storfer di Vienna, uno dei rappresentanti della comunità ebraica. Eichmann aveva ricevuto un telegramma da Rudolph Höss, comandante di Auschwitz, che gli annunciava che Storfer era arrivato, e aveva chiesto con urgenza di vedere Eichmann. "Mi dissi: va bene, quest’uomo si è sempre comportato bene, ne vale la pena... Ci andrò di persona, e vedrò qual è il problema. E vado da Ebner [capo della GESTAPO a Vienna], e Ebner mi dice - me lo ricordo vagamente - ‘se solo non fosse stato così goffo; si è nascosto e ha provato a scappare’, una cosa del genere. E la polizia l’ha arrestato e mandato al campo di concentramento e, secondo gli ordini del Reichsführer [Himmler], nessuno poteva uscire una volta dentro. Non ci si poteva far nulla, né il dott. Ebner né io né nessun altro poteva farci niente. Andai ad Auschwitz e chiesi a Höss di vedere Storfer. ‘Sì, sì, [disse Höss], è in una delle squadre di lavoro. Dopo, con Storfer, fu una cosa normale e umana, avemmo un incontro normale, umano. Mi disse tutto il suo dolore e la sua tristezza: io dissi, ‘beh, mio caro vecchio amico [Ja, mein lieber guter Storfer], gliel’abbiamo fatta! Una bella sfortuna!’ E dissi anche, ‘Vedi, non posso davvero aiutarti, perché secondo gli ordini del Reichsführer nessuno può uscire. Non posso farti uscire. Il dott. Ebner non può farti uscire... e poi gli chiesi come stava. E lui disse, sì, si chiedeva se non poteva essere esentato dal lavoro, era pesante. E allora dissi a Höss: ‘Lavoro - Storfer non dovrà lavorare!’ Ma Höss disse: ‘Tutti lavorano qui.’ Allora replicai, ‘Va bene,’ dissi, ‘scriverò un’autorizzazione affermando che Storfer deve tenere in ordine i vialetti di ghiaia con una granata,’ c’erano lì dei piccoli viali di ghiaia, ‘e che può sedersi con la sua scopa su una delle panchine.’ [A Storfer] dissi: ‘Va bene, signor Storfer? Può andar bene così?’ Al che lui fu molto contento, e ci stringemmo la mano, e poi gli fu data la scopa, e si sedette sulla panchina. Fu una gran gioia interiore per me poter infine vedere l’uomo con il quale avevo lavorato per così tanti anni, e che potevamo parlarci." Sei settimane dopo questo normale incontro umano, Storfer era morto - non gassato, apparentemente, ma fucilato.

 

Arendt, pagg. 50-51

 

 

 

Non è chiaro quali fossero i vialetti di ghiaia che Storfer fu incaricato di spazzare; ma Primo Levi afferma che i sentieri del villaggio delle SS adiacente il campo erano cosparsi di ceneri umane e pezzetti d’ossa dei crematori.

 

(Levi, I sommersi e i salvati, pag. 100)

 

 

 

Erich von dem Bach-Zelewski era un generale degli Einsatzgruppen ad est, responsabili della fucilazione di centinaia di migliaia di ebrei. (Circa due dei sei milioni di vittime ebree della guerra furono uccisi in questo modo.) Durante una visita nel corso della quale Himmler assistette all’assassinio di cento ebrei, Bach-Zelewski gli disse:

 

Guardi gli occhi degli uomini di questa squadra, quanto profondamente siano scossi! Questi sono uomini finiti (fertig) per il resto della loro vita. Che tipo di seguaci stiamo addestrando qui? O nevrotici o selvaggi!

 

 

Nel 1942, Bach-Zelewski ebbe un crollo nervoso e fu ricoverato per "esaurimento psichico" e "allucinazioni connesse con le fucilazioni degli ebrei". In ogni modo, si riprese e tornò ad uccidere (Lifton, pagg. 159, 437).

 

Il destino di Bach-Zelewski dopo la guerra costituisce un’interessante nota a piè di pagina. Fu processato nel 1961 per il ruolo avuto nel massacro delle SA, il rivale braccio militare tedesco, nel 1934, e condannato a tre anni e mezzo di prigione; fu poi nuovamente processato nel 1962 per l’uccisione di sei comunisti nel 1933, e condannato all’ergastolo. Nessuna delle sentenze citava le sue attività con gli Einsatzgruppen. Dice la Arendt: "Fu anche il solo della sua categoria che nel 1952 si autodenunciò pubblicamente di stermini di massa, ma non fu mai perseguito per questo" (pag. 16).

 

 

 

Qual è l’importanza di Bach-Zelewski in relazione ad Auschwitz? Le sue difficoltà furono l’ispirazione per la decisione di usare il gas come metodo omicida. Höss, il comandante di Auschwitz, scrisse:

 

Avevo sentito la descrizione di Eichmann degli ebrei falciati dagli Einsatzkommandos armati di pistole e mitragliatrici. Si dice che si siano verificate molte scene cruente, gente che scappava dopo essere stata colpita, colpi di grazia da dare ai feriti e in particolare alle donne e ai bambini. Molti membri degli Einsatzkommandos, incapaci di sopportare oltre l’avanzata nel sangue, si erano tolti la vita. Alcuni erano addirittura impazziti. La maggior parte degli uomini di queste squadre avevano bisogno dell’alcol per portare a compimento l’orribile lavoro.

 

Lifton, pag. 159

 

 

Höss, l’artefice e creatore del più importante tra i campi di sterminio, cominciò la ricerca che si concluse con la selezione dello Zyklon B come agente di morte.

 

Höss scrisse le sue memorie nel 1947, poco prima di essere impiccato per il ruolo avuto nello sterminio delle vittime di Auschwitz. Potrebbe essere considerato il nazista-tipo. Aveva avuto un’educazione religiosa e aveva partecipato a pellegrinaggi a Lourdes ed altri santuari. Aveva abbracciato la carriera militare e si era legato ai nazisti fin dall’inizio. Nel 1923 partecipò al pestaggio mortale di un sospetto informatore e mandato in prigione, dove impazzì:

 

Poi crollavo esausto sul letto e mi addormentavo, solo per risvegliarmi dopo poco fradicio di sudore dei miei incubi. In questi sogni confusi, ero sempre inseguito e ucciso, oppure cadevo da un precipizio.

 

 

Liberato da un’amnistia nel 1928, si arruolò più tardi nelle SS sotto Himmler e fu assegnato alla costruzione di un campo nella città polacca di Oswiecim (Auschwitz per i tedeschi) nel 1940. Aveva già prestato servizio a Dachau, dove si era sentito spiacevolmente eccitato la prima volta che aveva visto la fustigazione di un prigioniero: "Sentii caldo e freddo dappertutto... non so darmene una spiegazione."

 

Si metta in contrasto la sua visione dell’educazione religiosa ricevuta:

 

Mi fu insegnato che il mio più alto dovere era d’aiutare coloro che erano nel bisogno. Mi fu costantemente impresso con forza che dovevo obbedire prontamente ai desideri ed agli ordini di genitori, insegnanti e sacerdoti...

 

 

O la sua visione del lavoro:

 

Per tutta la vita ho sempre goduto del lavoro. Ho fatto molti lavori manuali duri, nelle condizioni fisiche più severe, nelle miniere di carbone, nelle raffinerie e nei cantieri... Il lavoro in prigione è un mezzo per addestrare quei prigionieri che sono fondamentalmente instabili e che hanno bisogno d’imparare il significato di resistenza e perseveranza...

 

 

Fu di Höss, naturalmente, la responsabilità dell’apposizione dello slogan "Arbeit Macht Frei" sul cancello del campo.

 

Nelle sue memorie, Höss affermava d’essere un esempio di leadership, fornendo un modello ai suoi uomini: "Quando la sveglia suona per gli uomini delle SS nella truppa, anch’io devo alzarmi dal letto…"

 

Nel 1941, Himmler chiamò Höss a Berlino, ed in segreto gli chiese di trasformare Auschwitz in un campo di sterminio. A quanto riferisce Höss, Himmler disse:

 

Il Führer ha ordinato che la questione giudaica sia risolta una volta per tutte… Ora ho deciso di affidare questo compito a voi. È difficile, e oneroso, e richiede completa dedizione nonostante tutte le difficoltà che possano sorgere… Voi terrete quest’ordine assolutamente segreto, anche al cospetto dei superiori… I giudei sono i nemici giurati del popolo tedesco e debbono essere sterminati. Ogni giudeo sul quale ci riesca di mettere le mani deve essere distrutto ora durante la guerra, senza eccezioni.

 

 

L’emissario di Himmler presso Höss, per la discussione dei particolari, fu Adolf Eichmann. Eichmann rivelò il suo piano per la deportazione degli Ebrei ad Auschwitz, prima dalla Polonia, poi dalla Cecoslovacchia, poi dall’Europa Occidentale. Gli uomini ispezionarono i terreni circostanti in cerca di un luogo adatto per la camera a gas, fino a che trovarono una fattoria abbandonata che era "invero acconcia":

 

Era isolata e schermata da boschi e siepi, e non era lontana dalla ferrovia… calcolammo che, dopo aver attrezzato per il gas i locali che avevamo a disposizione, sarebbe stato possibile uccidere circa 800 persone simultaneamente, con il giusto tipo di gas.

 

Friedrich, pagg. 2-19

 

 

Höss rubava cibo dalle scorte per i prigionieri destinandolo alla sua famiglia, e si fece costruire i mobili di casa da prigionieri; viveva in modo così agiato che, si dice, la moglie affermasse: "vivrò qui sino alla morte". Ad ogni modo, egli si prese per amante un’internata non ebrea, Eleanor Hodys, la mise in stato interessante, ed infine cercò di farla uccidere. Ella fu salvata dal giudice delle SS che investigava sulla corruzione nel campo, e portata a Monaco, dove le SS la uccisero alla fine della guerra. (Friedrich, pagg. 50-51)

 

Dopo aver ascoltato la deposizione di Höss a Norimberga, uno degli avvocati della difesa disse:

 

pioveva sangue, si respiravano ceneri, l’odore dei corpi bruciati avvelenava l’atmosfera.

 

Conot, pag. 376

 

 

 

Concentrandosi su figure come Höss o Eichmann è facile dimenticarli, ma anche gli industriali che erano ansiosi di impiantare fabbriche ad Auschwitz furono perpetratori d’orrore:

 

Molte importanti società tedesche – tra esse la Krupp, la Siemens e la Bayer – erano interessate a ciò che si poteva ottenere. Auschwitz cominciò a generare una rete di campi secondari al suo esterno, trentaquattro in tutto. I prigionieri lavoravano in un cementificio… una miniera di carbone… un’acciaieria… un calzaturificio… il maggiore di questi sotto-campi era l’impianto dell’I.G. Farben… esso era noto come Buna perché il suo scopo principale era la produzione di gomma sintetica, l’altra importante installazione era un impianto d’idrogenazione progettato per convertire il carbone in olio…le fabbriche di Auschwitz erano le più grandi dell’impero Farben.

 

Le condizioni in (Buna) erano ben simili a quelle di Auschwitz – gli appelli all’alba, le razioni da fame, le squadre di lavoratori mandati fuori per dodici ore consecutive, obbligati a lavorare a ritmi infernali, percossi dalle guardie, tormentati da cani enormi. I prigionieri che morivano per il superlavoro – dozzine ogni giorno – dovevano essere riportati al campo la sera, in modo da essere sorretti e contati all’appello del mattino dopo. In totale, circa 25.000 persone furono uccise nella costruzione dell’impianto dell’I.G. Farben… uno dei misteri irrisolti di Auschwitz è che quest’impianto, costruito a prezzo di indicibili sofferenze, non produsse mai un grammo di gomma sintetica.

 

Friedrich, pagg. 41-42

 

 

Dopo il primo processo di Norimberga, si tenne un processo contro gli industriali dell’I.G. Farben, responsabili per Buna. "[D]odici furono ritenuti non colpevoli, cinque ricevettero pene da uno a quattro anni, e sei da cinque ad otto anni." Conot, pag. 517.

 

C’era anche un commercio di abiti, occhiali e capelli delle vittime assassinate. Scrisse Primo Levi:

 

… io stesso ho trovato a Katowice, dopo la liberazione, pacchi e pacchi di moduli in cui si autorizzavano i capifamiglia tedeschi a prelevare gratis abiti e scarpe per adulti e per bambini dai magazzini di Auschwitz; nessuno si domandava da dove venissero tante scarpe per bambini?

 

Levi, I sommersi e i salvati, pag. 147.

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