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La resistenza era pressoché impossibile ad Auschwitz, dove la disobbedienza significava tortura e morte, per i compagni oltre che per sé. Eppure, accadde. Il risultato più notevole provenne dal Sonderkommando che s’impadronì di un crematorio.

 

Solo pochi mesi prima della liberazione del campo, quando era già noto che l’Armata Rossa si stava avvicinando, alle SS giunse la voce che l’ultimo Sonderkommando – le squadre di prigionieri ebrei, formate per condurre i correligionari ignari verso le camere a gas – stava preparando una sommossa. Si decise di eliminarli tutti.

 

Il 7 ottobre 1944, mentre le SS stendevano una lista di trecento membri del Sonderkommando per un lavoro esterno (ciò che si pensava essere uno stratagemma per separarli e ucciderli), gli uomini del Sonderkommando iniziarono una sassaiola contro le SS, e li allontanarono. Riempirono il crematorio IV con esplosivi "organizzati" o rubati, e lo fecero saltare. Arrivarono poi ottanta o cento camion di SS, ed il Sonderkommando li affrontò con mitragliatrici rubate e granate che avevano piano piano accumulato; le SS risposero a tono e sguinzagliando cinquanta cani d’attacco.

 

Uomini del Sonderkommando di altre unità si sollevarono; alcuni s’impadronirono del crematorio II, e gettarono un’SS ed un kapò vivi nella fornace. Altri tagliarono il filo spinato e fuggirono, ma nella direzione sbagliata, restando entro i confini allargati della parte estesa del campo. Le SS ne intrappolarono alcuni in un granaio e vi appiccarono il fuoco, dando la caccia ai superstiti nei boschi; al termine della giornata, centinaia di membri del Sonderkommando erano stati arsi o fucilati.

 

Dopo che la rivolta fu sedata, i restanti duecento uomini del Sonderkommando furono giustiziati, alcuni per mezzo di lanciafiamme.

 

Friedrich, pagg. 80-85

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