l'AMPHITEATRUM.
G.F.Trutta nelle sue Dissertazioni Historiche delle Antichità Alifane (1776), fornisce notizie in merito alla presenza di un anfiteatro in Alife. Allo studioso, non era sfuggita la “prodigiosa quantità di spezzati mattoni” disseminati sul terreno “accosto alla chiesa di S.Gio. Gerosolimitano” (il Mausoleo Acilii Glabriones) e, nei pressi di questo monumento, lo studioso ipotizzò la presenza dell’anfiteatro. Trutta conosceva peraltro l’iscrizione latina (di età medio imperiale - CIL IX, 2350) posta in onore del duoviro L.Fadius Pierus, il quale a sue spese aveva organizzato “munera gladiatoria e venationes” con feroci bestie africane. Il Trutta giustifica l’assenza di ruderi del monumento “sebbene di essi non ne sia rimasto vestigio” per lo zelo dei primi cristiani, che vollero cancellarli dal territorio “fecero dunque a gara i primi scrupolosi fedeli, …in abbattere teatri, circhi ed anfiteatri” perché luoghi di “indegnità gladiatoria”, di oscenità e di culto delle deità pagane poco compatibili con la nuova religione (editto di Teodosio 392 d.C.). Peraltro, alcuni anfiteatri – Capua fine II sec. a.C. – furono demoliti perché collocati fuori le mura per ragioni di sicurezza. Dopo la guerra sociale, 91 a.C. e civile, 83 a.C. sorsero all’interno e poi nuovamente all’infuori le mura - Pompei 75 a.C., Nocera e Atella.
Nel 1976, ricognizioni aeree effettuate dalla Soprintendenza sul territorio di Allifae, individuarono proprio in un terreno poco distante dal Mausoleo, evidenti tracce dell’anfiteatro romano di Alife. Infatti, anche alla semplice osservazione ad occhio nudo, si percepiscono le tracce delle mura del monumento per assenza di vegetazione. Nel 1986 e 1987 poi, una campagna di scavi nata occasionalmente portò finalmente alla luce alcune parti del monumento. I ruderi apparvero stranamente tagliati alla sommità tanto nei saggi effettuati sul viale Caduti sul Lavoro, tanto nel campo adiacente, ove erano ad appena diciotto centimetri dal piano di campagna.
Venne così alla luce la parte dell’anello murario esterno, spesso circa mt.1,60, parte di quello interno, il “podium”, le strutture radiali dei “cunei” con tracce delle volte e delle celle ( le concamerazioni di sostegno della cavea) e perfino la soglia interna di accesso all’arena di una delle due porte, la “Libitinalis”, posta sull’asse Nord – Sud e che era coperta da corridoi a volta ( itinera magna ), rilevata alla profondità di mt. 3,10 dal piano attuale. L’altra porta, la “Triumphalis”, fu trovata a Sud nel terreno adiacente la strada, insieme alle solite strutture radiali e perimetrali. Ricordo numerosi frammenti di intonaci dipinti in affresco, caduti dalle pareti di pietra, conglomerato e mattoni. Allifae ebbe dunque un grandioso AMPHITEATRUM di circa mt.110x85, caratterizzato dalle dimensioni eccezionali dell’arena di mt. 72x45 circa, di poco inferiori a quelle dello stesso Colosseo di Roma, mt.77x46,50, prossime a quelle di Capua di mt. 76x45 e quasi identiche a quello di Arretium (mt. 72x43 ca.). La fascia di cavea é ampia circa 18 mt., come per Arretium (mt. 18 ca.) che poteva contenere circa 11000 spettatori. Dalle tracce del monumento sull’erba, trassi queste dimensioni ed un grafico planimetrico nel 1987, che fu poi confermato e migliorato dai rilievi degli scavi del 1987 ( le misure ragguardevoli dell’anfiteatro di Alife non ci devono stupire, la consuetudine di spettacoli e combattimenti gladiatori nacque in Campania per gli Etruschi di Kapu: “dai ludi funerari trarrano poi origine proprio in Campania i ludi gladiatori” - Werner Johannowsky. Fu proprio la stessa Capua ad avere la più importante scuola gladiatorium del mondo romano, attiva già nel 70 a.C., e forse le acclamazioni per Spartacus ed i suoi si levarono nella grande arena di Allifae. Le riflessioni di Trutta hanno contribuito a rimuovere dalla coltre dell’oblio l’anfiteatro di Allifae.
Ora è là in quel campo, con quella sua smisurata arena, che ancora oggi nelle giornate di luglio, quando l’erba con il suo verde intenso e rigoglioso, sembra rispondere ad un richiamo imperioso allorché le poderose muraglie proiettano i loro andamenti, bruciando la vegetazione e generando quei magici corridoi di terra riarsa.
Poi verso sera, come nelle “plenas vespertine”, in quel campo spira la brezza dal “Tifernus”, da Nord e dalla porta dell’infausta Libitina, espandendosi ovunque. Volgendo lo sguardo verso il Cila, verso quella parte dello spazio celeste ( pars postica del cielo) e ostile dagli auspici negativi, popolato dalle oscure divinità infernali e del fato (Cilens) come tramanda l’ “Etrusca disciplina”, avvertiamo la fredda carezza diffondersi ovunque, serpeggiando tra l’erba alta che ha occupato l’arena e allora non è impossibile udire l’urlo impietoso del “maeniana”, il clangore dei “crupellari” e il ruggito rabbioso della belva africana, che il “munificentissimo” duumviro e decurione L.Piero Fadio, dette nelle “plenas
“GLAD. PARIA XXX ET VENATION. BESTIARUM AFRICANAR”
e poi ancora
“N. VENATION PLENAS ET GLADIATORUM PARIA XXXI”
ed ancora esaltandosi nei
“LUDOS SCAENICOS P.S.F. AUGUSTALES”
(CIL IX, 2350)

Alessandro Parisi,
4 novembre 1994 e 28 dicembre 2002
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