Il capitolo sui Normanni nella Storia di Alife. Angelo Gambella
Con l'insediamento nel castello di una guarnigione militare normanna -negli anni fra il 1062 (conquista del principato di Capua da parte di Riccardo Quarrel e riconoscimento del papa) e il 1066 o poco più tardi- iniziava anche per Alife il periodo normanno, che s'interpone fra la lunga dominazione longobarda ed il regno svevo. Lo stanziamento militare precedette, forse, l'insediamento nel governo della città e contea di Alife di Rainulfo fratello minore di Riccardo. In quell'occasione, il popolo -che dovette guardare con incertezza e diffidenza ai nuovi eventi- di certo non poteva immaginare quali intensi avvenimenti sarebbero accaduti in centotrenta anni di governo normanno.
La convivenza -almeno in teoria, difficile- fra minoranza normanna e popolazione longobarda, fu presto favorita dalla graduale autonomia dal principato capuano che Alife andava ottenendo per la forza politica dei suoi conti. Già alla fine dell'undicesimo secolo, Roberto figlio di Rainulfo, comandava un esercito proprio e conduceva una politica "estera" personale che non sempre coincideva con quella del principe. Roberto e, soprattutto, suo figlio, il secondo Rainulfo (Rainulfo d'Alife, n.1093ca m.1139), non solo si accordavano con i vicini stati dei normanni e con le repubbliche marinare, ma coltivavano rapporti privilegiati con i maggiori capi di stato del mondo conosciuto: con il papa a Roma, con gli imperatori a Costantinopoli e in Germania, e dal 1130 con il re in Sicilia, fratello della sposa di Rainulfo.
La forza politica dei primi conti di Alife risiedeva nella stretta parentela con i principi e soprattutto nell'aggregazione di contee di loro pertinenza, che vedeva Alife con Telese, Caiazzo, S.Agata dei Goti, i castelli del Taburno e della valle Caudina, e si trattava di centri, autonomi fra di loro e formalmente indipendenti da Capua. Quando il papa Callisto II si recò nella pontificia Benevento (1120), trovò ad accoglierlo il duca di Puglia, il principe "della città di Capua", il conte di Airola (e di Alife) e pochissimi altri; quelli erano i rappresentanti degli stati riconosciuti dal papa. E se poi leggiamo le lettere del papa a Rainulfo "uomo nobile e potente... fedele nostro e di S. Pietro", le annotazioni dei cronisti -in primo luogo Falcone di Benevento e Alessandro di Telese- e i documenti dei primi "Alifanorum atque multorum aliorum Comes" che non dovevano il potere ad alcuno e governavano "divina favente clementia" da sovrani assoluti, tramonta il concetto di contea, intesa come circoscrizione amministrativa del principato, per introdurre quello di stato normanno di Alife, una piccola entità territoriale di fatto indipendente.
Il quarto decennio del dodicesimo secolo fu decisivo per lo stato di Alife. La costituzione del nuovo regno normanno di Sicilia, imponeva una scelta precisa: totale sottomissione o lotta per l'indipendenza. Il conte, conscio della sua personale potenza e forte del matrimonio con la sorella del re, scelse inizialmente di non scegliere: riconoscimento formale della supremazia del regno, ma nessuno specifico obbligo feudale. Conservata, dunque, l'autonomia e divenuta sede del secondo vassallo del regno, con la nuova cattedrale ed il magnifico paesaggio, l'intensa attività politica ed economica, Alife viveva il momento di maggiore splendore dopo i fasti dell'impero romano. Presto però, dall'insofferenza dei baroni al nuovo regno, si prese la via delle armi e i primi successi militari la fecero capoluogo della resistenza del popolo dell'Italia Meridionale -quasi tutto schierato con la rivolta- alla politica accentratrice siculo-normanna di Ruggero II. Occupata nel 1135, risorse due anni più tardi, col trionfo di Rainulfo, elevato al titolo ducale, e con il probabile insediamento in città del fratello Riccardo di Ravecanina.
Ma la disfatta del 1138, con saccheggio e incendio della città, l'improvvisa morte di Rainulfo e la sconfitta a Galluccio di Riccardo, furono colpi durissimi, dai quali si sarebbe rialzata con l'assemblea di Silva Marca (1142), quando il re di Sicilia stabilì la nuova divisione amministrativa del regno, ponendo Alife a centro di uno stato che andava da Mignano Montelungo al Roccamonfina, da Presenzano ad Alife. Il signore è Malgerio Postella, prima alleato e poi avversario dei conti normanni; pure questa fu un'occupazione militare.
Le cose mutarono nuovamente con le incursioni dei discendenti esuli dei primi conti (1155-1167), capeggiate da Andrea di Ravecanina, eroico figlio di Riccardo, guerriero dei due imperi. Con la loro reintegrazione al potere (1169 o poco prima, conte Ruggero), la grande contea fu in parte ripristinata. La permanenza in città di un gran numero di militi, il forte castello di Tocco Caudio e il Taburno fra i possessi del conte e la probabile affinità familiare fra il conte e i baroni della contea, sono indici del rinnovato potere politico. Tanto potere del conte degli alifani, aveva sempre dato fastidio alla monarchia normanna, che, alla prima opportunità (1178) assegnò ad altri (Riccardo di Fondi) la contea. Ma, grazie ai saldi legami che i Quarrel di Alife-Ravecanina conservavano con la casa imperiale, uno di loro, Giovanni figlio di Riccardo di Ravecanina, in occasione della discesa dell'imperatore Enrico VI, fu ripristinato nel potere (1191). Negli ultimi anni del periodo normanno -prima del periodo svevo, sua diretta continuazione- ravvisiamo, nel ripristinato potere del conte, nell'attività economica dei suoi cittadini e in quella a tutto campo dei vescovi, i segnali della riacquistata vivacità del popolo.
Rimane, sui libri, la memoria storica delle imprese dei grandi conti guerrieri, dell'amministrazione e al tempo stesso dell'avventura dei normanni, iniziata con Rainulfo, conte guerriero, e proseguita con Roberto, diplomatico e fondatore di uno stato sovrano, giunta all'apice col secondo Rainulfo, pilastro della politica papale e ufficiale dei due imperi, che ha tentato di rilanciarsi con Andrea e Ruggero e che si chiude con Giovanni di Ravecanina. Resta il ricordo di quando il conte degli alifani conduceva una politica di potenza e coltivava rapporti di amicizia con in più grandi capi di stato; di quando uno di loro si faceva investire del ducato di Puglia, ricevendo il simbolico stendardo dall'imperatore, che lo reggeva per l'asta, e dal papa, che lo teneva per la punta; il ricordo, degli esuli ospitati nelle corti pontificie e imperiali, che, esuli, si facevano riconoscere la contea dal papa. Come non definire memorabile l'ultima avventura alla riconquista di Alife, con Andrea alla testa dell'esercito di Federico Barbarossa. Centotrenta anni di storia purtroppo rovinati dall'ambizione degli uomini, dalla lotta per il potere.
I normanni, rifondatori della città attraverso centotrenta anni di storia (1066ca-1197), lasciarono in eredità agli alifani la nuova cattedrale e il rinnovato castello, il culto di S. Sisto con la Historia attribuita ad Alessandro di Telese, e le basi dello statuto giuridico. Documenti superstiti e cronache contemporanee, ci consentono di tracciare un quadro abbastanza confortante della vita sociale ed economica della città e dei suoi principali borghi e castelli, Prata, Ailano, Sant'Angelo-Ravecanina, Castello. Due monete forse emesse dal secondo Rainulfo ed un tesoro di monete più recentemente rinvenuto ne testimoniano l'attività economica.
Quella crisi di assestamento iniziata colla fine del secondo Rainulfo -per un momento interrotta coll'ultimo erede della forte stirpe del primo Rainulfo- si risolse -dopo rivolte ed occupazioni- soltanto con re Carlo d'Angiò. In quel preciso momento, la città e tutti i paesi entrarono definitivamente a far parte di quel regno durato fino al 1861, quando, quasi a metà strada fra la città e la fatal Galluccio, un generale ed un re sancirono con una stretta di mano la fine dell'idea -tuttavia non deprecabile- di Ruggero II.
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