CAPITOLO IV

I RAPPORTI DEL SEN. ANDREOTTI CON I CUGINI ANTONINO E IGNAZIO SALVO, L’ON. SALVATORE LIMA E VITO CIANCIMINO

 

 

SEZIONE I - I rapporti tra il sen. Andreotti ed i cugini Antonino e Ignazio Salvo

 

§ 1 - L’inserimento dei cugini Antonino e Ignazio Salvo nell’organizzazione mafiosa ed i loro rapporti con i diversi schieramenti di "Cosa Nostra"

L’affiliazione di Ignazio Salvo all’associazione criminale "Cosa Nostra" è stata accertata dalla sentenza n. 91/90 emessa il 10 dicembre 1990 dalla Corte di Assise di Appello di Palermo a conclusione del secondo grado di giudizio nel c.d. maxiprocesso.

In particolare, con riferimento alla posizione di Ignazio Salvo, nella motivazione della predetta pronunzia giurisdizionale si sono evidenziate le circostanze di seguito riportate, che appaiono dotate di indubbio rilievo anche ai fini della prova dell’appartenenza di Antonino Salvo al sodalizio criminale:

Osserva (…) la corte che va condiviso il convincimento espresso dai primi giudici in ordine all'affermazione di responsabilità dell'imputato per associazione per delinquere di tipo mafioso (…).

La corte di primo grado, con la sentenza impugnata, aveva infatti rilevato come la figura del SALVO (unitamente al di lui cugino Antonino, deceduto nelle more del processo) fosse stata adeguatamente messa in luce dalle stesse informative nel tempo acquisite dagli organi investigativi (ed il fatto, oggetto di contestazioni difensive anche specifiche, peraltro evidenziato per il giusto inquadramento della personalità dell'imputato, per altro verso destinatario di notevole considerazione a cagione dell'alto livello di inserimento imprenditoriale, è stato vieppiù stigmatizzato - ma ingiustamente, per quanto qui si specificherà - dalle difese sul rilievo di una pretesa valutazione indiscriminata della posizione dei due cugini, in collegamento allo stesso tenore di varie fonti probatorie espresse con riferimento a "i SALVO").

Avevano dunque osservato i primi giudici che i SALVO (sintetica espressione univocamente riferita ai due cugini qui imputati), in vari rapporti informativi redatti dai carabinieri, erano stati ritenuti inseriti nel contesto associativo mafioso, anche in dipendenza di una conosciuta tradizione familiare (il padre di Ignazio, per quanto qui interessa, era stato considerato in un certo periodo perfino il "capo-mafia" di Salemi).

Erano state, in realtà, le dichiarazioni di Tommaso BUSCETTA che avevano confermato in modo chiaro ed inequivocabile l'attribuzione al SALVO (e al cugino) della qualità di "uomo d'onore"; perchè le stesse erano assai precise e circostanziate e per di più suffragate da obiettivi riscontri processuali.

Il dato di maggiore portata indiziaria era infatti riposto nel fatto che nel dicembre del 1980 il BUSCETTA, con i suoi familiari, aveva potuto trovare comoda (rectius, lussuosa) ospitalità presso la villa dei SALVO adiacente al complesso alberghiero "La Zagarella", dove aveva ricevuto visite da entrambi i cugini e dopo che i familiari avevano effettuato un viaggio dal Brasile utilizzando un aereo privato noleggiato da una società (…) formalmente gestita da Ignazio LO PRESTI (imprenditore "vicino" ai "perdenti" e defilatosi in periodo di "guerra di mafia") ma sostanzialmente, secondo le deduzioni che ne erano state tratte, a carico dei medesimi SALVO.

In particolare, alcune intercettazioni telefoniche (anch'esse storicamente incontestabili, salve le deduzioni difensive sul loro tenore, di cui si dirà) avevano messo in luce uno strano interesse dei SALVO (idest, anche dell'odierno imputato) in ordine alla figura del BUSCETTA; si era infatti desunto, dalla comparazione di esse, che Ignazio SALVO (mentre il cugino, dopo aver fatto perfino rinviare le nozze della figlia, in piena "guerra di mafia", nel giugno 1981, si era dato a "vacanze" lunghe quanto fuori stagione, a bordo della sua imbarcazione…; … in una telefonata la moglie di LO PRESTI definisce "troppo strani" lo spostamento del matrimonio e la "sparizione" di SALVO) si era attivato per stabilire un contatto con BUSCETTA in Brasile, interessando il LO PRESTI per ottenerne il numero di telefono da un certo faccendiere Carmelo GAETA, comprendendosi dunque che lo scopo sotteso a quell'interesse, letto fra le righe delle conversazioni, era di propiziare il rientro in patria di BUSCETTA (e non è ultroneo qui ricordare il ruolo di costui, decisamente sovrastante, nel quadro degli assetti facenti capo ai "perdenti" in lotta per una riscossa contro i "corleonesi" dopo le prime cruente sconfitte subite in quella primavera…).

Ed ancora, la eloquente vicinanza degli imprenditori (originari di Salemi, ma insediatisi da tempo risalente a Palermo, dove avevano conseguito una eccezionale crescita specie nel settore delle esattorie, a sua volta sospettato di inquinamenti mafiosi) agli ambienti della criminalità organizzata era stata confermata dal ritrovamento nel cadavere di Salvatore INZERILLO del loro recapito telefonico riservato (e l'INZERILLO poche ragioni di confidenziali rapporti poteva avere, nel suo incontestato spessore criminale); dalla "sistemazione" nel settore delle esattorie di due congiunti di Gaetano BADALAMENTI (Silvio BADALAMENTI, ucciso nel 1983 … e suo fratello, di sospetto inserimento mafioso, come da rivelazioni dei collaboratori …), nonchè di altri personaggi di estrazione mafiosa (come Giovanni ZANCA, che faceva da autista a Francesco CAMBRIA, presidente del consiglio di amministrazione della "SATRIS" …); ed infine dalle stesse dichiarazioni di Benedetta BONO (l'amante del capo mafioso Carmelo COLLETTI…) circa la scontata vicinanza dei predetti.

(…)

Chiarito, come la sede processuale impone, che giammai i giudici intenderebbero fondare il loro convincimento sul contenuto di informative di carabinieri, possibilmente basate su fonti confidenziali o comunque incontrollabili, merita osservare che, seppure in qualche caso fosse stato espresso un apprezzamento favorevole, il fatto (fisiologicamente comprensibile) sarebbe comunque certamente neutralizzato dalle numerose e convergenti indicazioni nel senso invece prospettato dall'accusa (…), laddove proprio il padre dell'odierno imputato era stato indicato come il "capo-mafia" di Salemi, a sua volta coinvolto in faide locali per il controllo della supremazia criminale.

Potrà, allora, discutersi se ad una discendenza di quel tipo possa correttamente attribuirsi valore sintomatico (…); ma non potrà contestarsi, come hanno dedotto le difese, che i SALVO, che avevano subìto perfino un sequestro di persona (di Luigi CORLEO, suocero dell'esattore Antonino SALVO…), fossero piuttosto vittime della mafia (quando, specialmente, gli inquirenti avevano messo in luce inquietanti sospetti ai margini di numerosi omicidi in danno di pregiudicati ritenuti a vario titolo responsabili del sequestro medesimo, quasi alla stregua di una ritorsione mafiosa negli assetti contrapposti …).

Il vero è che tali argomenti (…) avevano trovato adeguato e coerente sbocco nelle risultanze processuali. In primo luogo, nelle rivelazioni di BUSCETTA (…).

Ma, ai margini di queste (…), va rilevato come non siano nel giusto le deduzioni circa la specifica inattendibilità del "pentito"; se è vero (…) che costui (ben disposto … a mitigare le chiamate in correità nei riguardi di persone a lui vicine) aveva in un primo tempo (in un contesto ormai di dichiarata collaborazione con la giustizia) perfino negato di conoscere i cugini SALVO, per essere alla fine costretto ad ammettere il contrario, a fronte delle contestazioni circa il contenuto delle telefonate intercettate (e tuttavia mantenendo una linea abbastanza compiacente: ""…il ruolo dei SALVO in "cosa nostra" era modesto …"").

E difatti dalle rivelazioni, inevitabili, di BUSCETTA è emerso che anche l'odierno imputato era un affiliato (ma "non coinvolto nelle vicende di mafia"); che anche lui era andato a trovarlo nella villa contigua alla "Zagarella" (minuziosamente descritta dal "pentito") dove aveva alloggiato alla fine dell'anno 1980; che aveva un rapporto notevolmente confidenziale con Stefano BONTATE (una volta, per scherzo, aveva criticato un tavolo troppo vecchio del BONTATE, proponendo al BUSCETTA di comprarne uno nuovo; un'altra volta aveva ironizzato sulla sua macchina: tutti atteggiamenti dunque di tono decisamente confidenziale), spinto al punto di parlare per esempio di Michele GRECO come di un uomo "senza spina dorsale e in mano dei corleonesi" (…).

Anche il fatto storico della utilizzazione da parte di BUSCETTA del lussuoso rifugio offertogli dai SALVO non è oggetto di contestazione; deducendosi, però, da parte dell'imputato, che questo gesto di solidarietà a favore dell'illustre latitante (ma anche questo depone per comportamenti non da vittima ma da connivente) era stato il frutto di esclusiva iniziativa da parte del (defunto) cugino Antonino. Laddove, ogni questione, anche ai margini delle motivazioni dei primi giudici che hanno ritenuto la linea difensiva artificiosamente costruita e sorretta perfino da testi compiacenti (sul fatto che Ignazio SALVO aveva allegato di avere trascorso all'estero quei giorni di fine d'anno, come da biglietti aerei prodotti, e di avere saputo solo dopo di quanto era avvenuto a sua insaputa), è destinata ad essere decisamente smentita dal rilievo che secondo lo stesso BUSCETTA anche l'odierno imputato era andato a trovarlo (e nulla prova la esatta coincidenza tra il viaggio e la complessiva durata della permanenza a Palermo di BUSCETTA, il quale aveva … ricordato che lo stesso era andato anche a trovare Stefano BONTATE); ed ancora una volta soccorrono le considerazioni di base in ordine alla verificata non animosità del "pentito" ed anzi al suo atteggiamento di segno decisamente contrario (…).

Ugualmente infondate sono le articolate censure difensive ai margini delle intercettazioni telefoniche, la cui sequenza cronologica è essa stessa di sicura portata probatoria.

Il LO PRESTI, infatti, era un sicuro tramite di BUSCETTA, se è vero che a casa sua lo stesso aveva telefonato dal Brasile subito dopo l'omicidio INZERILLO per mettersi in contatto con il fratello dell'ucciso (… egli si qualifica con il nome convenzionale di "Roberto", che la moglie di LO PRESTI, Maria CORLEO, confermerà di avere bene conosciuto perchè era stato pure a cena a casa sua; e dà incarico alla stessa donna di riferire il messaggio al marito; il giorno dopo, … richiama e parla con Ignazio LO PRESTI, che gli si rivolge con tono rispettoso e dandogli del "lei" - "signor Roberto" - mentre lui lo chiama confidenzialmente di "tu", e lo stesso lo avverte che se lui ritiene di dover venire loro avrebbero organizzato tutto, parlando di un certo "Nino" molto interessato alla cosa; si noti che lo stesso LO PRESTI e la moglie avrebbero fatto intendere che costui era il SALVO -… e di questo lo stesso BUSCETTA avrebbe poi fatto confidenza a Fabrizio Norberto SANSONE). Ed è appunto per questo comprensibile che Ignazio SALVO telefoni al LO PRESTI il 22 giugno 1981 (…) per stabilire un contatto finalizzato agli ulteriori sviluppi (la difesa insisterà nel dire che si trattava di affari di prestiti di denaro, ma la telefonata è di tenore tutt'altro che coerente a questo, se è vero che il SALVO invita il LO PRESTI a venirlo a trovare a Salemi - "al paese nostro" - e in un posto chiaramente inadatto a quel fine: "alla casa di Paolo? … in campagna?"; "all'acqua, là …"; "in campagna … dove c'è la fontana …": insomma in luoghi di raduni di tipo diverso); e che il giorno dopo, di buon mattino, lo richiami per dirgli: "hai qualche cosa?" (cioè i soldi che gli doveva, secondo le poco perspicue deduzioni difensive: perchè se fosse vero che "qualche cosa" non può essere il recapito telefonico di BUSCETTA, non sarebbe meno vero che non possa essere neppure, a fortiori, la somma di denaro della quale asseritamente il SALVO era creditore; tanto è vero che il LO PRESTI dice che sia il SALVO stesso a richiamarlo ancora, e questo, a tacer d'altro, contrasta con il tono ossequioso e obbediente del primo: "agli ordini"). Il tutto è comprensibile proprio perchè quello stesso giorno il LO PRESTI si mette in contatto telefonico con Carmelo GAETA (…), con il quale parla dell'amico "Nino", che è "partito", e poi gli chiede il recapito telefonico di "Roberto", che lui deve dare a "Giuseppe, che è il cugino di Nino", sottolineando il sottinteso, che tosto si capirà, con un: "hai capito?", carico di significato, allo stesso modo della risposta ermetica del GAETA: "ho capito" (aggiungendo, a chiarimento … che "Roberto" avrebbe dovuto richiamare lui ma non l'aveva più fatto, solo che "ora invece sia Nino che suo cugino Giuseppe - hai capito? - hanno bisogno di mettersi in contatto con lui"; e "siccome domani mattina [il cugino di Nino] mi deve chiamare …", tanto rivestiva carattere di urgenza).

E difatti il giorno successivo (mentre nelle more il LO PRESTI sarà arrestato) il SALVO ritelefona (…) e parla ancora con la moglie, qualificandosi "Giuseppe" (la CORLEO dirà di avere ben inteso che si trattava di Ignazio SALVO; e si veda pure la deposizione di Vincenzo FALLUCA che lo ha confermato …); laddove la consecuzione logica dei comportamenti non può essere incrinata, nella sua portata indiziaria, neppure ammettendo (per vera la tesi difensiva) che la precauzione fosse giustificata dall'arresto del LO PRESTI (ma si noti che questo fatto viene comunicato alla donna alle ore 15 circa di quel giorno … mentre quella precauzione era stata "adottata" alle ore otto circa del mattino).

E naturalmente, in questo contesto, le pur riluttanti ammissioni di BUSCETTA (…) ai margini di queste vicende non prestano affatto il fianco ad alcuna perplessità; come pure, le ragioni dell'interesse ai contatti con quel personaggio in Brasile non possono che risiedere nei termini esatti dell'accusa.

Di tal che le ulteriori acquisizioni (di CALDERONE che ha confermato che l'imputato era un affiliato da lui conosciuto (…) e di MARINO MANNOIA che aveva avuto analoga notizia nell'ambiente (…) finiscono con il sovrapporsi ad un quadro complessivo di sicura portata probatoria.

Nel presente processo, sono stati acquisiti ulteriori elementi di prova che denotano la particolare rilevanza del ruolo assunto dai cugini Salvo all’interno dell’organizzazione mafiosa e gli intensi rapporti da essi instaurati in un primo tempo con i massimi esponenti dello schieramento "moderato" di "Cosa Nostra" e successivamente con il vertice della contrapposta fazione dei "corleonesi".

Le risultanze dell’istruttoria dibattimentale, inoltre, dimostrano che l’organizzazione criminale attribuiva grande importanza alle relazioni intrattenute dai cugini Salvo con ambienti politici, e che i Salvo in diverse conversazioni con autorevoli esponenti mafiosi esposero il loro stretto legame con il sen. Andreotti.

Il collaboratore di giustizia Tommaso Buscetta all’udienza del 9 gennaio 1996 ha riferito quanto segue, con riferimento al comportamento tenuto, nel corso della seconda "guerra di mafia", dai cugini Salvo:

DOMANDA – (…) quali furono le cause di questa seconda guerra di mafia, quali furono gli schieramenti, e poi andiamo al suo ruolo in particolare?

RISPOSTA - Gli schieramenti sono: da una parte c'è Stefano Bontade, Salvatore Inserillo (rectius Inzerillo: n.d.e.), Gigino Pizzuto, Rosario Riccobono, (…) che venivano informati delle cose che accadevano in seno alla Commissione, sempre con ritardo, e quando dico queste cose intendo dire, per esempio, morte di Capitani dei carabinieri o Colonnelli dei carabinieri uccisi in azioni violente, e questi nominativi che ho fatto prima, non erano a conoscenza di queste decisioni. Decisioni che venivano comunicate dopo e venivano anche respinte quando si chiedevano a queste persone delle chiarificazioni, dicendo: "Ma adesso facciamo riunioni per difendere gli sbirri?".

DOMANDA - E dall'altra parte, l'altro schieramento da chi era formato?

RISPOSTA - L'altro schieramento era formato da Michele Greco, Salvatore Riina, Giuseppe Calò, tanti altri (…).

DOMANDA - E quale fu il suo ruolo all'interno di questa seconda guerra di mafia?

RISPOSTA - Il mio ruolo fu quello di consigliare a Stefano Bontade di demordere dall'opinione di fare fuori Riina, (…) e la mia parte fu di dire: "Io non desidero assolutamente fare parte di queste discussioni e desidero allontanarmi e non essere presente a queste cose", fra l'altro, ho ricevuto anche l'offerta di poter assumere il ruolo che aveva Giuseppe Calò, invitato da lui stesso, e caldeggiato anche da persone estranee della provincia di Palermo, come i cugini Salvo, i quali vedevano in me un mediatore, una persona a cui potersi appoggiare per finire tutti questi soprusi.

DOMANDA - Il ruolo di Calò qual'era, per chiarirlo, che le veniva offerto?

INTERVENTO DEL PRESIDENTE –

Fu invitato da Calò a fare che cosa?

RISPOSTA - Ad entrare in Commissione al suo posto.

(…)

DOMANDA - E quindi queste discussioni con Bontade in che anno si verificano?

RISPOSTA - Nell'anno '80.

DOMANDA - 1980. E, dopodiché, cosa accade? Lei resta in Italia oppure va fuori?

RISPOSTA - Io esattamente credo che il 3, il 4 gennaio, il 5 gennaio me ne vado in Brasile.

DOMANDA - Il 3-4 gennaio di che anno?

RISPOSTA - Del 1981.

DOMANDA - E in Brasile cessano i suoi rapporti con Bontade, con Cosa Nostra, oppure vi sono ancora dei contatti?

RISPOSTA - No no, continuano, continuo ad avere informazioni, poi in Brasile io mi ritrovo con dei Greco, cugini di Michele Greco, mi ritrovo con Antonino Salamone, e abbiamo possibilità di verificare dopo la morte di Stefano Bontade e di dire: "Adesso le cose si mettono in una brutta maniera", il Salamone ritorna in Sicilia, il Greco ritorna in Sicilia, parlano con Michele Greco, e Michele Greco dice che non si devono preoccupare perché era stato fatto fuori Stefano Bontade in quanto aveva tramato per uccidere Salvatore Riina.

INTERVENTO DEL PRESIDENTE –

Chi è questo Greco che ritorna in Sicilia?

RISPOSTA - Nicola Greco.

DOMANDA - C'era qualcuno che le telefonava da Palermo, in quel periodo, per chiedere qualcosa a lei?

(…)

RISPOSTA - Io ho ricevuto delle telefonate che fanno parte degli interrogatori dei processi dove si parlava, dove c'era un certo Lo Presti Ignazio, non uomo d'onore, ingegnere, che era socio di Salvatore Inserillo (rectius Inzerillo: n.d.e.) e cugino dei cugini Salvo, cioè la moglie del suddetto ingegnere Lo Presti era cugina dei Salvo. E’ in queste telefonate (…) si cerca di farmi tornare in Italia dicendomi che ci sono possibilità (…) che io potessi essere ospitato per poter porre fine a tutto quello che sta succedendo a Palermo.

DOMANDA - Chi è che la invitava a tornare in Italia in queste telefonate?

RISPOSTA - I cugini Salvo.

DOMANDA - E perché i cugini Salvo avevano interesse che lei tornasse in Italia?

RISPOSTA - Perché in quel momento quello che succedeva a Palermo era cronaca di tutti giorni e cronache che tutti possiamo sapere, se leggiamo i giornali di quell'epoca.

DOMANDA - E cosa importava ai cugini Salvo della guerra di mafia che era in corso in quel periodo?

RISPOSTA - I cugini Salvo, pur appartenendo a un'altra provincia...

DOMANDA - Quando lei dice appartenendo, in che senso?

RISPOSTA - Come uomini d'onore. Perché quando parlo dei cugini Salvo (…) io parlo di Ignazio Salvo che è sottocapo della famiglia di Salemi e di Nino Salvo che è capoticino (rectius capodecina: n.d.e.) della famiglia di Salemi, e figli di uomini d'onore.

DOMANDA - Io le stavo chiedendo: quale fu il ruolo, qual'era l'interesse dei cugini Salvo allo svolgimento e all'evoluzione di questa guerra di mafia? Loro erano schierati da una parte, dall'altra, che interessi avevano?

RISPOSTA - Gli interessi dei cugini Salvo non era perché erano schierati da una parte all'altra perché loro non potevano intervenire come diritto, potevano intervenire in quanto vivevano a Palermo, e la loro attività si svolgeva a Palermo. Quindi loro erano interessati in virtù di pacifisti, niente di andare contro, o contro uno o contro l'altro, e l'attività che loro volevano da me non era di rivincita ma era un'attività di poter mediare questa guerra.

Dalle suesposte dichiarazioni si desume, dunque, che i Salvo caldeggiarono l’ingresso (poi non realizzatosi) del Buscetta nella "Commissione" di "Cosa Nostra" e, dopo l’esplosione della seconda "guerra di mafia", si adoperarono per favorire il ritorno del Buscetta in Sicilia allo scopo di avvalersi della sua mediazione per ottenere una pacificazione tra gli schieramenti contrapposti.

Il collaboratore di giustizia ha evidenziato che Ignazio Salvo ed Antonino Salvo erano, rispettivamente, "sottocapo" e "capodecina" della "famiglia" di Salemi.

Il Buscetta ha chiarito di avere sentito parlare per la prima volta dei Salvo dal dott. Barbaccia (medico ed esponente politico organicamente inserito in "Cosa Nostra"), nel corso di un periodo di detenzione presso la Casa Circondariale di Palermo, iniziato nel 1972.

Il collaborante ha così riassunto il contenuto dei colloqui con il dott. Barbaccia (verificatisi, di regola, con frequenza settimanale in occasione di visite mediche):

DOMANDA - E nel corso di queste discussioni Barbaccia le parlava dell'on. Lima?

RISPOSTA - Sì, parlava dell'on. Lima, del nuovo stato di cose che si erano instaurate a Palermo, che dopo... Per esempio una cosa che trattavo era che i fratelli La Barbera non c'erano più, Gioacchino Pennino era vecchio, non si interessava più. I nuovi amici che si interessavano per Lima si chiamavano i Salvo. Solo in quell'epoca io appresi che c'erano delle persone che si chiamassero Salvo, prima non l'avevo saputo.

(…)

DOMANDA - Ritorniamo all'appoggio di Cosa Nostra all'on. Lima: cosa le dice più esattamente Barbaccia nel corso di questi vostri colloqui?

RISPOSTA - Che il candidato dei cugini Salvo, di cui mi fa una relazione, chi erano e le importanze che avessero e in Cosa Nostra e come persone di primo piano nel mondo economico, erano i cugini Salvo. Il candidato, l'unico candidato dei cugini Salvo si chiamava Salvo Lima; i cugini Salvo non avevano altro candidato all'infuori di Salvo Lima, nella Provincia di Palermo; quello che io conosco è nella Provincia di Palermo.

Il medesimo collaboratore di giustizia ha aggiunto che nell’estate del 1980, mentre era latitante, prese parte ad un pranzo presso l’abitazione di Giuseppe Calò, a Roma, insieme ad Antonino Salvo, il quale gli comunicò che l’on. Lima desiderava salutarlo e scusarsi con lui per non avere avuto la possibilità di operare in suo favore nel periodo in cui il Buscetta era detenuto ("si vuole scusare per quello che non ha potuto fare durante gli anni della tua detenzione"). Egli quindi si recò presso l’Hotel Flora (sito a Roma) in compagnia di Antonino Salvo, per incontrare l'on. Lima. Antonino Salvo, dopo i saluti, lasciò soli il Buscetta e l’on. Lima.

Dopo la conclusione dell’incontro con l’on. Lima, Antonino Salvo rappresentò al Buscetta che i "corleonesi" creavano gravi difficoltà all’on. Lima attraverso il Ciancimino, il quale era appoggiato da costoro in modo incondizionato ("i corleonesi fanno la vita impossibile a Lima, attraverso Ciancimino, perché Ciancimino è indomabile ed è appoggiato incondizionatamente dei corleonesi").

Dai discorsi fatti dall’on. Lima e da Antonino Salvo, il Buscetta trasse la conclusione che costoro intendevano avvalersi della sua mediazione per la gestione dei rapporti con i "corleonesi". Le dichiarazioni rese sull’argomento dal Buscetta, ed i relativi riscontri, formano oggetto di più approfondita trattazione nella Sezione II del presente capitolo.

Il Buscetta ha altresì dichiarato di avere conosciuto personalmente i cugini Salvo intorno al luglio 1980, subito dopo essersi reso latitante. I Salvo gli furono presentati da Stefano Bontate. Nei mesi successivi, il Buscetta incontrò frequentemente i Salvo, i quali, conversando con lui, gli parlarono più volte in termini amichevoli del sen. Andreotti ("come se potessero, in qualsiasi momento, poter contare sul Senatore").

Il collaborante ha comunque precisato di non essere in grado di indicare alcuna circostanza in cui i cugini Salvo ed il sen. Andreotti si siano incontrati, né alcuna persona che abbia assistito a simili incontri, né alcuna specifica iniziativa assunta dal sen. Andreotti in favore dell’associazione mafiosa su richiesta dei Salvo.

I Salvo gli parlarono in termini amichevoli anche dell’on. Lima, che essi consideravano "come se fosse uno della loro stessa famiglia, (…) come se fosse un parente, (…) come se fosse una cosa loro". I Salvo sostenevano incondizionatamente l’on. Lima perché costui "rispondeva a tutti i requisiti dell'uomo di cui loro avevano bisogno".

Il collaborante ha poi esplicitato di avere trascorso le festività natalizie del 1980, insieme alla propria famiglia (ritornata a Palermo dal Brasile con un viaggio aereo organizzato dall’ing. Lo Presti attraverso i Salvo), presso la villa del genero di Antonino Salvo, Gaetano Sangiorgi ("uomo d’onore" della "famiglia" di Salemi).

Il Buscetta ha precisato che i Salvo avevano instaurato rapporti particolarmente stretti con Stefano Bontate e con Gaetano Badalamenti, i quali furono incaricati anche di ritrovare – dopo il sequestro del Corleo - almeno il cadavere del suocero di Antonino Salvo.

Le dichiarazioni rese in proposito dal Buscetta all’udienza del 9 gennaio 1996 sono di seguito riportate:

DOMANDA - Ritorniamo a Nino e Ignazio Salvo. Lei ha già detto di averne sentito parlare, per la prima volta, nel carcere di Palermo, attraverso il dottor Barbaccia, li ha mai conosciuti personalmente, e se sì, quando?

RISPOSTA - Li ho conosciuti personalmente nell'agosto-luglio, subito dopo che mi sono dato alla latitanza mi sono stati presentati da Stefano Bontade.

INTERVENTO DEL PRESIDENTE –

Quindi siamo nell'anno?

RISPOSTA - 1980, subito dopo la latitanza.

DOMANDA - Quando dice: mi furono presentati, intende...?

RISPOSTA - Ufficialmente, nel senso di uomini d'onore.

DOMANDA - Vuole ripetere che cosa sa della loro esatta qualifica in Cosa Nostra?

RISPOSTA - La qualifica in Cosa Nostra è che sono figli, tutti e due, di uomini d'onore.

DOMANDA - No, loro come qualifica, erano soldati o erano altro?

RISPOSTA - Uno è Ignazio, sotto capo, e l'altro è Capo dei...

DOMANDA - Della famiglia?

RISPOSTA - Salemi, quindi provincia di Trapani.

DOMANDA - I Salvo, lo ha già accennato, erano in rapporti con Salvo Lima. Sa qualche cosa di più di ciò che ha detto su questi rapporti tra i cugini Salvo e Salvo Lima?

RISPOSTA - Qualcosa di più, i rapporti sono elettorali, perché ho detto poc'anzi che il candidato per i cugini Salvo era Salvo Lima, e logicamente consideravano Salvo Lima come se fosse uno della loro stessa famiglia, intendo dire famiglia, non Cosa Nostra, come se fosse un parente. Loro parlavano di Salvo Lima come se fosse una cosa loro, Salvo Lima significava per loro difenderlo e portarlo incondizionatamente perché Salvo Lima rispondeva a tutti i requisiti dell'uomo di cui loro avevano bisogno.

DOMANDA - Dopo questo incontro, durante il quale le vengono presentati, cioè l'incontro dell'hotel Flora al quale partecipa Nino Salvo. Successivamente, lei ha modo di incontrare, di avere altri rapporti?

INTERVENTO DEL PRESIDENTE –

L'incontro all'Hotel Flora quando avviene?

RISPOSTA - Avviene durante l'estate dell'80, perché è un'estate caldissima.

DOMANDA - Quindi, dopo questo incontro, ha modo di incontrare altre volte i cugini Salvo?

RISPOSTA - Sì, li incontro moltissime volte, sia nella tenuta di Michele Greco, Favarella, ma anche nel mese di dicembre, volendo passare le feste natalizie insieme alla mia famiglia, mi offrono...

DOMANDA - Perché durante questo suo periodo di latitanza lei a Palermo era stato da solo?

RISPOSTA - In questo periodo sì. In questo periodo che è l'estate del 1980 sì. Poi, quando si avvicinano le feste natalizie, provvedo a far venire la mia famiglia dal Brasile, i miei figli, mia moglie e mio suocero.

DOMANDA - E come avviene questo rientro, come arrivano a Palermo?

RISPOSTA - Loro sbarcano a Parigi, e a Palermo vengono con un aereo privato.

DOMANDA - Di chi era questo aereo privato, o chi aveva provveduto a quest'aereo?

RISPOSTA - Chi aveva provveduto era Salvatore Inserillo (rectius Inzerillo: n.d.e.), ma so che chi si interessava di queste cose, era l'ingegner Lo Presti attraverso i cugini Salvo.

DOMANDA - Quindi chi aveva provveduto, nel senso di chi aveva pagato, o chi si era interessato di organizzare la cosa?

RISPOSTA - Chi aveva pagato ricordo che era Salvatore Inserillo (rectius Inzerillo: n.d.e.), chi aveva organizzato era l'ingegner Ignazio Lo Presti.

DOMANDA - Questo che ha detto che era in che rapporti con i Salvo, vuole ripetere?

RISPOSTA - Cugino acquisito.

DOMANDA - Quindi lei ha detto che fa venire la famiglia per passare le festività del Natale '80 a Palermo. Dove le trascorre?

RISPOSTA - Le trascorro in una villa del genero di Nino Salvo.

DOMANDA - Come si chiamava questo genero?

RISPOSTA - Gaetano Sangiorgi. Questa villa è situata a 50 metri dalla villa del suocero di Nino Salvo, ed è a 50 metri dalla villa di Ignazio Salvo.

DOMANDA - Ricorda il nome della località?

RISPOSTA - Zagarella.

DOMANDA - Gaetano Sangiorgi era uomo d'onore?

RISPOSTA - Sì, era uomo d'onore della famiglia di Salemi.

DOMANDA - Quali erano i rapporti, se ve ne erano, tra i cugini Salvo, Stefano Bontade e Gaetano Badalamenti? E` a conoscenza di questi rapporti, se ve ne erano?

RISPOSTA - I rapporti c'erano, ed erano molto intimi. Gaetano Badalamenti (…) era tanto stimato dai cugini Salvo, che insieme a Stefano Bontade, fu l'incaricato principale di poter trovare, quanto meno, il corpo del sequestrato suocero di Nino Salvo, se non vado errato, Corleo. E Badalamenti si profuse veramente nell'opera di trovare quanto meno il corpo del suocero.

DOMANDA - E come mai i Salvo si rivolgono a Badalamenti, anch'essi uomini d'onore si rivolgono a Badalamenti per sapere dove ritrovare il corpo del suocero sequestrato? Cosa aveva causato questo sequestro?

RISPOSTA - Il prestigio, in quegli anni, di Gaetano Badalamenti, era immenso. Il prestigio di Gaetano Badalamenti, dopo l'arresto di Luciano Liggio, diventa lui il capo della provincia di Palermo, ed è lui che gestisce tutte le cose più importanti che succedono in Cosa Nostra. Gaetano Badalamenti era senza dubbio l'uomo più qualificato per poter fare una richiesta simile, ma questa richiesta è una cosa che costa cara a Badalamenti. La ricerca del corpo del suocero di Nino Salvo costa a Badalamenti di essere il capo di Cosa Nostra, tra le altre cose, per il suo interessamento. Perché negli anni si è saputo e che a fare il sequestro del suocero di Nino Salvo fosse stato in persona proprio Salvatore Riina insieme a Scarpuzzedda.

DOMANDA - E questo all'insaputa di Gaetano Badalamenti?

RISPOSTA - Ma questo all'insaputa di tutti quanti, era una cosa molto segreta ed arrivano a queste conclusioni proprio attraverso le cose che giorno dopo giorno riusciva a racimolare Gaetano Badalamenti.

(…)

DOMANDA - Le avevo chiesto dei rapporti tra i cugini Salvo, Stefano Bontade e Gaetano Badalamenti, lei ha accennato a questi con Gaetano Badalamenti. Con Stefano Bontade vi erano rapporti, e se sì, di che natura, di che intensità?

RISPOSTA - Uguali a quelli di Gaetano Badalamenti, tanto che poi Stefano Bontade rimane sempre nella Commissione, mentre Gaetano Badalamenti viene espulso, e chi chiede il favore della casa per ricevere i miei familiari, è proprio Stefano Bontade, per i quali loro si offrono e, anzi, con molto piacere. Ma per spiegare che Stefano Bontade rimane in rapporti buonissimi con i cugini Salvo.

(…)

DOMANDA - Le chiedevo: i cugini Salvo le ebbero mai a parlare di esponenti politici?

RISPOSTA - Sì.

DOMANDA - Di chi?

RISPOSTA - Mi parlarono di Andreotti, del Senatore Giulio Andreotti.

DOMANDA - In che termini gliene parlarono?

RISPOSTA - Come se potessero, in qualsiasi momento, poter contare sul Senatore. Me ne parlarono in termini, direi, proprio di intima confidenza. Addirittura con me lo chiamava "Lo zio", però questo "zio" non deve rappresentare che chiamassero lui, al Senatore come una persona, come si intende nei termini siciliani, lo zio tale, forse per omettere il nome. Anche loro stessi parlandone solo con me omettevano il nome e lo nominavano come "Lo zio".

DOMANDA - Gliene parlarono una sola volta o più volte?

RISPOSTA - I cugini Salvo vennero a trovarmi prima che arrivasse la mia famiglia alla Zagarella, direi, quasi tutte le sere per tenermi compagnia, e nelle innumerevoli volte che vennero parlavamo di politica.

INTERVENTO DEL PRESIDENTE –

Tutti e due?

RISPOSTA - Sì, tutti e due insieme perché tutti e due avevamo le ville oltre a quella del genero, nello stesso posto dove c'era la villa del genero.

DOMANDA - Avete parlato più volte di politica, nel corso di questi numerosi incontri, e di questo loro rapporto con l'onorevole Andreotti, gliene parlarono una volta o più volte?

RISPOSTA - Più volte. I termini erano sempre amichevoli, erano sempre di amicizia fra loro e il Senatore Andreotti, tra loro e Salvo Lima e Salvo Lima con Andreotti. Di cose specifiche non ne abbiamo parlato perché in Cosa Nostra non esiste molta curiosità. Io non ho mai chiesto ai Salvo come abbiamo fatto ad avere l'Esattoria Comunale, non ho mai chiesto che cosa fossero le sue attività, perché questo è il comportamento di un uomo d'onore: "non chiedere". Se gli viene detta una cosa la apprende, se non gli viene detta è una cosa che non si chiede.

Nella successiva udienza del 10 gennaio 1996 il Buscetta ha compiuto le seguenti precisazioni:

DOMANDA - Può fare il nome di persone che abbiano assistito ad incontri tra i cugini Salvo ed Andreotti?

RISPOSTA - Io non ce l'ho.

DOMANDA - Può indicare delle circostanze che a lei risultino, in cui queste persone si siano incontrate, i due Salvo e Andreotti?

RISPOSTA - Non ce l'ho.

(…)

DOMANDA - Può indicare iniziative specifiche assunte dall'on. Andreotti in favore della mafia, su richiesta dell'on. Lima o su richiesta dei cugini Salvo?

RISPOSTA - Non li so.

DOMANDA - Passiamo ai Salvo. Queste persone erano importanti in Cosa Nostra?

RISPOSTA - L'ho detto ieri, sì.

DOMANDA - Ricorda le dichiarazioni che ha reso al dottor Falcone nell'interrogatorio del 10 novembre 1984? (…) Ha detto, in quell'interrogatorio: (…) "Il ruolo dei Salvo in Cosa Nostra era modesto".

(…)

DOMANDA - Lei ricorda di avere escluso, davanti al dottor Falcone, che i Salvo fossero dei violenti?

RISPOSTA - Sì.

(…)

DOMANDA - Ricorda di avere escluso, davanti al dottor Falcone, che i Salvo fossero degli uomini sanguinari?

RISPOSTA - Ho escluso che fossero dei sanguinari.

DOMANDA - Lei ricorda di avere rappresentato al dottor Falcone che i Salvo avevano ricevuto dei soprusi da parte di Cosa Nostra?

RISPOSTA - Ricordo.

DOMANDA - Si ricorda in particolare a quale episodio lei intendeva riferirsi?

RISPOSTA - Al sequestro del suocero di Nino Salvo.

DOMANDA - Lei ebbe occasione di parlare dei Salvo con Badalamenti e con Stefano Bontade, nel corso della sua vita?

RISPOSTA - Sì.

DOMANDA - Le dissero qualche cosa questi due personaggi, in ordine al sequestro Corleo?

RISPOSTA - Sì.

DOMANDA - Le dissero o le fecero capire che in questo sequestro era coinvolto anche Totò Riina?

RISPOSTA - Me lo dissero anche i Salvo.

DOMANDA - Quindi i Salvo erano consapevoli del fatto che Riina era uno degli autori del sequestro del suocero?

RISPOSTA - Erano consapevoli ma non avevano la certezza per poterlo ancora dimostrare.

DOMANDA - Qual è, per quel che lei sa, il motivo per il quale è stato ucciso Ignazio Salvo?

RISPOSTA - Io non lo so, come faccio a saperlo, non lo so.

(…)

DOMANDA - Ricorda quando i Salvo, o uno di essi, ed in questo caso quale per primo, conobbe - l'epoca quindi - quando conobbe Badalamenti e perché lo conobbe? Ricorda l'epoca in cui i Salvo o uno di essi per primo, conobbe Badalamenti e la ragione di questa conoscenza?

RISPOSTA - Io non lo ricordo.

DOMANDA - Le risulta che Nino Salvo abbia versato a Bontade 2 miliardi e mezzo per ottenere la liberazione o, perlomeno, la restituzione del cadavere del suocero?

RISPOSTA - Non solo non mi risulta, ma so che è anche bugiarda questa espressione.

DOMANDA - Cioè non è vera?

RISPOSTA - Esatto.

DOMANDA - Quando ha sentito parlare, per la prima volta, dei cugini Salvo?

RISPOSTA - Quando sono tornato a Palermo, intorno agli anni '72, '73.

DOMANDA - In che termini le vennero rappresentati questi cugini?

RISPOSTA - Come esattori, ricchi, come le persone che appoggiavano la candidatura di Lima.

DOMANDA - In quell'epoca già le vennero rappresentati come uomini d'onore o lo seppe più tardi?

RISPOSTA - No, certamente lo sapevo già in quell'epoca, anche se non li conoscevo personalmente.

DOMANDA - Quando li ha conosciuti personalmente?

RISPOSTA - Nel 1980.

DOMANDA - Dopo la sua evasione, così lei l'ha definita, da Torino, quanto tempo lei è rimasto in Italia?

RISPOSTA - Dal giugno '80 ad inizio gennaio '81.

DOMANDA - Quindi la sua frequentazione con i Salvo durò soltanto in questi 6 mesi, 7 mesi?

RISPOSTA - Esatto.

DOMANDA - Senta, lei disse al dottor Falcone che i Salvo avevano amicizie di natura politica?

RISPOSTA - Non mi ricordo se glielo ho detto, ma credo di no, e non volevo affrontare questo problema.

DOMANDA - Nel cosiddetto maxi-processo ci fu un avvocato di parte civile che, con riferimento alle sue dichiarazioni rese al dottor Falcone, la invitò a fare i nomi dei politici a cui lei aveva fatto cenno, sia pure senza rivelarne il nome, negli interrogatori al dottor Falcone?

RISPOSTA - Non ricordo.

DOMANDA - Quindi non ricorda che l'avvocato Galasso la incitò a fare i nomi?

RISPOSTA - Non ricordo.

DOMANDA - Quindi lei non ricorda neppure di avere negato di avere mai fatto riferimento a conoscenze politiche?

RISPOSTA - Non ricordo.

DOMANDA - Non ricorda che le venne contestato un passo delle sue dichiarazioni, in cui si sosteneva il contrario, che lei disse che allora evidentemente doveva essere frutto di un equivoco o di un fraintendimento del giudice istruttore?

RISPOSTA - Non ricordo questo passo.

DOMANDA - Quando lei ha parlato dei Salvo al dottor Falcone, non temeva di aprire il fronte della politica? Perché con Lima lo si sarebbe aperto e con i Salvo no, visto la loro caratura, anche politica?

(…)

RISPOSTA - Nel 1984 io non ammisi al dottor Falcone, agli inizi della mia collaborazione non volevo parlare dei Salvo. Quando finì di interrogarmi, il dottor Falcone uscì fuori con delle trascrizioni, ricavate da bobine, sulle intercettazioni telefoniche fatte sul telefono dell'ingegnere Lo Presti, dove c'era tutta una spiegazione, che si parlava che i cugini Salvo desideravano che io entrassi in Italia, affinché si potesse mettere fine a questa guerra. Di fronte a queste cose io, costretto dalle evidenze che erano nate al dottor Falcone, perché io parlando con Lo Presti, e Lo Presti parlando con Ignazio Salvo, si era creato un circuito che io non potevo più negare. Allora solo a questi fini ammisi dei cugini Salvo, ma fu molto dopo la chiusura del mio primo interrogatorio con il dottor Falcone.

(…)

DOMANDA – (…) leggo dal verbale depositato: "Pur nutrendo qualche dubbio sulla reale volontà dello Stato di lottare alla mafia, ho deciso di riferire parte delle cose che sono tutt'ora a mia conoscenza, ritenendo che ne sia questo il momento, riservandomi di riferire il testo nel prosieguo". (…) Lei ha dichiarato, poco fa, di essersi deciso a parlare dei Salvo solo dopo, e solo perché il dottor Falcone le aveva contestato il contenuto di registrazioni di telefonate intercorse tra lei, Lo Presti, etc. etc.. Nel verbale delle dichiarazioni del 10 novembre 1984, verbale nel quale per la prima volta lei si diffonde sui Salvo, lei esordisce in questi termini: "Pur nutrendo tutt'ora qualche dubbio sulla reale volontà dello Stato di lottare alla mafia, ho deciso di riferire parte delle cose che sono tutt'ora a mia conoscenza", etc.. Ora io le chiedo, perché in questo ravviserei una contraddizione, se ci può spiegare come mai qui, da questo verbale, risulterebbe invece che la decisione di parlare dei Salvo sia in lei maturata autonomamente e non si fa anche riferimento a questa che invece sarebbe stata l'occasione vera del suo ripensamento. Questa è la contestazione.

RISPOSTA - Io posso rispondere brevemente, per dire che la data già di per sé fa vedere che è una cosa che io non volevo parlare con il giudice Falcone, perché il giudice Falcone chiude con il mandato di cattura del mese di settembre del 1984. Il verbale ha una data, del novembre del 1984, significa proprio quello che ho detto prima, che il dottor Falcone viene con le registrazioni telefoniche trascritte e comincia a parlare dei Salvo, a cui io non trovo più scappatoia e deve, irrimediabilmente... Le parole di contorno che sono dette, all'inizio del verbale, è una forma fiorita di scrivere di un giudice istruttore. Io non avrò detto nella maniera com'è scritto nel verbale, ho detto: va bene, vista questa evidenza, continuerò a collaborare. Quindi è probabile, è vero tutto quello che è scritto nel verbale, però nasce da un riscontro processuale prodottomi dal dottor Falcone.

INTERVENTO DEL PRESIDENTE –

Le furono contestate queste dichiarazioni?

RISPOSTA - Le bobine, e dice: "Lei, signor Buscetta, non ha mai voluto parlare dei Salvo, ma mi dica, mi spieghi, come mai si parla dei Salvo?".

INTERVENTO DEL PRESIDENTE –

E questo non è stato messo a verbale?

RISPOSTA - No, io non credo che non è messo. Può darsi che ci siano dei verbali precedenti a questo, non dobbiamo dire cosa succede il 20 novembre, dobbiamo dire cosa succede il 19 novembre anche, non posso rispondere così. Comunque è un dato certo che ho risposto per i Salvo dopo le contestazioni sulle intercettazioni telefoniche.

INTERVENTO DEL PRESIDENTE –

Quindi conferma che le cose andarono così?

RISPOSTA - Confermo.

Le spiegazioni offerte dal Buscetta in ordine alle ragioni per cui egli, dopo alcune iniziali riluttanze, si era risolto a riferire all’autorità giudiziaria quanto a sua conoscenza circa i cugini Salvo (senza però trattare compiutamente il tema delle loro relazioni politiche), trovano conferma nel contenuto della sentenza n.91/90 emessa il 10 dicembre 1990 dalla Corte di Assise di Appello di Palermo. In questa pronunzia, infatti, si è rilevato che il collaborante aveva in un primo tempo negato di conoscere i cugini Salvo, per essere alla fine costretto ad ammettere il contrario, a fronte delle contestazioni circa il contenuto delle telefonate intercettate, e tuttavia aveva ugualmente mantenuto una linea abbastanza compiacente, sostenendo che il ruolo dei Salvo in "Cosa Nostra" era modesto.

Quanto alla credibilità soggettiva del Buscetta, può – ai semplici fini della valutazione delle dichiarazioni da lui rese sull’argomento in esame – osservarsi che la sentenza n.91/90 emessa il 10 dicembre 1990 dalla Corte di Assise di Appello di Palermo ha rilevato come – pur senza nascondersi alcuni suoi aspetti contraddittori, talune reticenze e le riserve mentali tendenti a coprire la sua posizione e quella dei suoi più fedeli amici - sia possibile cogliere una generale attendibilità della sue rivelazioni, che raggiunge valori assai consistenti in relazione alle imputazioni di associazione per delinquere di tipo mafioso (non ravvisandosi alcun motivo che avrebbe indotto il collaborante a coinvolgere persone del tutto estranee all'organizzazione).

L’esattezza delle conclusioni cui è pervenuta la suddetta sentenza n.91/90 è stata riconosciuta dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 80 del 30 gennaio 1992.

Per quanto attiene agli episodi che formano oggetto di esame nel presente capitolo, non emerge alcuna ragione che possa avere indotto il Buscetta ad assumere un contegno calunniatorio nei confronti dei soggetti menzionati nelle sue dichiarazioni.

Non può certamente sostenersi che il Buscetta sia mosso da risentimento nei confronti dei Salvo a causa della loro successiva vicinanza allo schieramento dei "corleonesi". Va, anzi, osservato che il Buscetta, nelle sue iniziali dichiarazioni, rese in un periodo ampiamente successivo a quello in cui i Salvo si erano "messi a disposizione" del gruppo facente capo al Riina, cercò di sminuire vistosamente la rilevanza del loro legame con l’organizzazione mafiosa, ed, anche dopo avere ammesso la propria conoscenza dei Salvo, cercò di non aggravare la loro posizione processuale.

Ad analoghe conclusioni deve pervenirsi con riguardo alle affermazioni compiute dal Buscetta circa le relazioni politiche intrattenute dai cugini Salvo.

Il Buscetta, infatti, prima del 1992, si era rifiutato di riferire compiutamente all’autorità giudiziaria quanto a sua conoscenza sui rapporti tra mafia e politica, pur avendo lasciato intendere già nel 1985 al Pubblico Ministero statunitense Richard Martin di essere in possesso di informazioni relative al sen. Andreotti, nell’ambito della tematica delle relazioni instaurate da "Cosa Nostra" a livello politico.

Il Martin, esaminato quale teste all’udienza del 9 luglio 1996, ha reso le dichiarazioni di seguito riportate in merito alle risposte fornitegli dal Buscetta nel corso di un interrogatorio svoltosi nella primavera del 1985:

MARTIN R.: L'argomento che lui diceva forse potrebbe creare difficoltà era l'argomento del livello politico della "Cosa Nostra". Io ho detto che non potevo pensare come questo potrebbe rilevante nel nostro processo. Però, se venisse fuori qualsiasi domanda su questo argomento, lui doveva rispondere. Lui ha detto che aveva capito, va bene. Poi mi ha detto, per farmi capire il livello del problema che lui ha accennato, lui ha detto per farmi capire questo, ha detto un solo nome, Andreotti.

P.M.: Avete avuto modo di ritornare su questo argomento, su questa preoccupazione o meglio sulla preoccupazione che il Buscetta nutriva per questo argomento eventuale durante la sua testimonianza per essere ben consapevoli che sia lei che Buscetta avevate ben compreso il problema? (…) E' stato un fatto assolutamente casuale, incidentale, oppure su questo problema vi siete soffermati un po' di tempo (…) dal suo punto di vista, per essere ben consapevole che Buscetta avesse capito, e Buscetta per farle capire quale era il livello della sua preoccupazione?

MARTIN R.: E' la seconda, cioè ci siamo fermati a questo
punto per essere assolutamente sicuri che lui ha capito che doveva rispondere a tutte le domande. Poi è stato lui ad accennare a me che c'era un argomento al quale aveva una certa preoccupazione, e sembrava di essere una preoccupazione più per la sua testimonianza qui in Italia. Cioè lui ha detto che era preoccupato se cominciava a parlare a livello politico a quel momento, sarebbe troppo a digerire qui in Italia.

P.M.: Cioè il contenuto delle sue dichiarazioni sarebbe stato difficile da digerire in Italia?

MARTIN R.: Sì.

P.M.: E le disse qualcosa in particolare? Ricorda le parole di Buscetta, per quanto possibile, considerato il tempo trascorso?

MARTIN R.: Mi ha detto che aveva timore che aprendo questo argomento, lui sarebbe preso per un pazzo, preso come uno di ... Vitale ...

P.M.: Chi era Vitale?

MARTIN R.: Leonardo Vitale è uno che ha parlato della "Cosa Nostra" qui in Italia negli anni '60 se non sbaglio, però è stato veramente preso come un pazzo, è stato messo dentro l'ospedale se non sbaglio ... perchè le dichiarazioni sue erano prese come le dichiarazioni di uno matto. Più o meno io ho risposto come ho risposto prima che non ... io non potevo vedere come questo soggetto, questo argomento potrebbe venire fuori durante il processo, ma se qualcuno chiedesse anche su questo argomento, lui doveva rispondere.

P.M.: E Buscetta cosa le rispose?

MARTIN R.: Lui ha risposto, ha capito assolutamente che era d'accordo, ma ... è proprio a questo punto, quando lui ha detto, ma per farsi capire il problema suo, ha detto:-"Io dico un solo nome", ha detto Andreotti.

P.M.: Ricorda in che epoca avvenne questo interrogatorio nel corso del quale Buscetta le fece questo ... le manifestò questa sua preoccupazione? E le fece il nome di Andreotti?

MARTIN R.: Era primavera dell'85.

P.M.: Ricorda dove vi trovavate? Eravate da soli, o c'erano anche delle altre persone?

MARTIN R.: C'erano altri agenti della DEA, questo è avvenuto in una casa (…) era una casa protetta, nella vicinanza di New York, località esatta non sapevo, non volevo sapere. C'erano diversi agenti lì, però il colloquio con Buscetta è stato con me davanti a un agente della DEA che si chiama Petrucci Antony.

La circostanza che nel 1985 il Buscetta, a proposito del tema riguardante i rapporti tra mafia e politica, abbia fatto il nome del sen. Andreotti al Martin, trova riscontro nella deposizione resa all’udienza del 17 luglio 1996 dal teste Anthony Petrucci (già agente speciale della D.E.A., responsabile della sicurezza del predetto collaborante dal marzo al novembre 1985), il quale ha riferito quanto segue:

P.M.: Mister Petrucci lei sa se l'assistant attorny (rectius Attorney: n.d.e.) Richard Martin ha interrogato il signor Buscetta negli Stati Uniti?

PETRUCCI A.: Sì, lo ha fatto.

P.M.: Durante questi interrogatori lei era presente?

PETRUCCI A.: Sì, ero presente.

(…)

P.M.: Ricorda se durante uno di questi interrogatori il signor Buscetta ebbe modo di fare il nome del senatore Andreotti all'attorny (rectius Attorney: n.d.e.) Rick Martin?

PETRUCCI A.: Sì, lo ha fatto.

P.M.: Vuole riferire al Tribunale in che occasione l'ha fatto e che cosa ricorda di questa occasione stessa?

PETRUCCI A.: E' successo durante la primavera del, credo che sia stato, aprile del 1985. In quel periodo il signor Martin stava consigliando il signor Buscetta delle condizioni della sua permanenza negli Stati Uniti per quanto riguarda la sua cooperazione e collaborazione con il sistema giuridico degli Stati Uniti. Il signor Martin ha avvisato il signor Buscetta che lui era obbligato di raccontare tutta la verità durante la sua permanenza in custodia negli Stati Uniti, doveva rispondere in maniera vera a tutte le domande postegli. Buscetta ha dichiarato che in parte non era possibile questo perchè lui ha detto all'Autorità Italiana e in modo particolare al dott. Falcone che lui era disponibile parlare di qualsiasi cosa concernente la mafia e la loro attività però non avrebbe mai parlato di qualsiasi cosa politica. Lui ha dichiarato a noi della DEA che sarebbe disposto a parlare sulla mafia e su qualsiasi partita di droga che è arrivata negli Stati Uniti però non era disposto a parlare sulla situazione politica. Rick Martin ha detto che è importante che lei - parlando con Buscetta - parlasse di tutto. Buscetta ha detto che era troppo complicato, molto complicato, e ha detto che l'unica parola che lui poteva pronunciare sarebbe uno, tanto per fare capire alla DEA quanto era complicata la situazione e ha detto il nome Andreotti. In quel momento il signor Martin ha detto al signor Buscetta che potevano intraprendere i discorsi che riguardavano semplicemente i fatti accaduti e rilevanti per gli Stati Uniti lasciando da parte per ora la situazione politica in Italia che non gli riguardava.

P.M.: Mister Petrucci ha avuto modo di parlare con mister Martin di questo aspetto della preparazione della testimonianza di Buscetta? Oppure ha semplicemente ascoltato questo fatto e poi non ha più parlato con mister Martin di questo?

PETRUCCI A.: L'unico riferimento che ha fatto in quel periodo al signor Martin è stato di chiedergli se quando Buscetta ha pronunciato il nome di Andreotti fosse nel contesto della situazione politica in Italia e poi dopo di che ha affermato che stava parlando della situazione politica e poi, dopo di che non abbiamo parlato più di Andreotti con Martin.

(…)

P.M.: Quando il signor Buscetta ha fatto il nome di Andreotti intendeva riferirsi ad un nome che riguardava i rapporti mafia-politica oppure no?

PETRUCCI A.: Sì, ho capito proprio questo, infatti dalle seguenti conversazioni con Buscetta ho capito questo, sì.

P.M.: Dopo questa occasione, abbiamo sentito mi pare dell'aprile 1985, il signor Petrucci ha avuto modo di ritornare sull'argomento con Buscetta e se sì, quando? Che cosa può dirci?

PETRUCCI A.: Sì, abbiamo parlato in diverse occasioni. Quasi ogni volta che un giudice o un magistrato dall'Italia venisse a parlare con il signor Buscetta abbiamo parlato di questo. Durante le loro conversazioni veniva sempre il momento in quanto loro, i giudici e i magistrati chiedevano a Buscetta di questo discorso fra mafia e politica. Il signor Buscetta diceva a loro, come a sua volta diceva pure al dott. Falcone che non voleva entrare nel merito della politica. Dopo questi colloqui fossero finiti il signor Petrucci parlava con Buscetta chiedendogli perchè volevano sapere di questo rapporto mafia-politica e Buscetta rispose che loro, i giudici, non capivano quanto fosse complicato il discorso, e lui credeva che se parlasse di queste persone che lui riteneva molto potenti, che tutti avrebbero pensato che lui fosse matto.

(…)

AVV.BONGIORNO: (…) se lei non sapeva se il nome era stato fatto a Falcone, Falcone era un giudice italiano che sentiva Buscetta, per quale ragione non ha ritenuto di riferire questa circostanza che per l'Italia è molto importante?

PETRUCCI A.: Per quanto mi riguarda quando Falcone parlava con Buscetta, loro parlarono sempre dei fatti accaduti in Italia che non riguardavano nè il mio compito e nè me, quindi. Voglio specificare il mio ruolo: io ero l'agente speciale assegnato a questo caso per la sicurezza. Inizialmente ero responsabile all'inizio per l'investigazione che si chiamava "la pizza connection". E per quanto mi riguardava tutte le informazioni che mi interessavano si trattava dei fatti rilevanti al caso della pizza connection, quello era il mio caso, era la mia responsabilità quel caso. Quando Buscetta all'inizio, per la prima volta menzionò il nome di Andreotti al signor Martin era in questo contesto, che lui Martin dava dicendo a Buscetta, stava raccontando tutte le condizioni necessarie per la sua permanenza negli Stati Uniti quindi lui doveva dire tutto quello che sapeva in questo senso, in questo contesto, e uscì il nome di Andreotti. Siccome noi non eravamo coinvolti in nessuna investigazione in Italia, non c'era bisogno che io parlassi con Buscetta dei fatti italiani, io mi ritenevo responsabile per i fatti negli Stati Uniti.

(…)

PRESIDENTE:. (…) dopo che lui ascoltò le parole di Buscetta che era interrogato da Martin, e fu fatto il nome di Andreotti, lui ha detto che in un momento successivo ne parlò con Martin. In che termini ne parlarono, o no? Con Martin non ne ha riparlato?

PETRUCCI A.: Ma lei vuole sapere i discorsi con Buscetta o con Martin?

PRESIDENTE:. No, se ne riparlò con Martin, non lo so non l'abbiamo capito bene.

PETRUCCI A.: No. So soltanto la stessa data.

Benché si riscontrino sensibili divergenze (dovute, verosimilmente, al lungo tempo trascorso ed alla diversità dell’interpretazione dell’accaduto elaborata da ciascuno dei soggetti coinvolti) tra le precisazioni fornite dal Martin, dal Petrucci e dal Buscetta (nonché tra le stesse asserzioni compiute dal collaboratore di giustizia) sia in ordine alle ragioni per cui non si ritenne di informare della predetta indicazione relativa al sen. Andreotti (ancorchè assai sintetica ed apodittica) le autorità statunitensi ed il dott. Falcone, sia in ordine al restante contenuto del dialogo tra il Buscetta ed il Martin, va comunque osservato che le deposizioni dei suindicati soggetti convergono nell’evidenziare che tale indicazione fu effettivamente compiuta dal Buscetta nel 1985 nel corso di un colloquio con il Martin, in presenza del Petrucci.

Nei successivi interrogatori davanti all’autorità giudiziaria italiana, il Buscetta continuò a rifiutarsi di rispondere sul tema dei rapporti tra mafia e politica.

Un radicale mutamento nell’atteggiamento del collaboratore di giustizia è riscontrabile nell’interrogatorio dell’11 settembre 1992 (acquisito al fascicolo per il dibattimento, trattandosi di atto compiuto nell’ambito di una commissione rogatoria internazionale), in cui il Buscetta, con riguardo all’omicidio dell’on. Lima, ha dichiarato quanto segue:

"premetto che questo argomento si inserisce in una situazione estremamente complessa, che richiederebbe lungo tempo per potere essere spiegata e documentata.

Infatti, per comprendere le vere ragioni di questo omicidio, bisogna andare molto indietro nel tempo, e spiegare quali rapporti esistevano, fin dagli anni Sessanta, tra Cosa Nostra, gli ambienti politici e gli ambienti giudiziari.

In questo momento, ritengo un mio dovere morale dare un contributo alle indagini su questo delitto, poiché ritengo che ciò sarebbe stato considerato giusto dal dott. Giovanni FALCONE, cui, anche in questo momento, vanno i miei più sentiti sentimenti di stima ed ammirazione per ciò che ha fatto nell’interesse della Giustizia.

I tragici omicidi del dott. FALCONE e del dott. BORSELLINO mi hanno colpito profondamente e, dopo dolorosa riflessione, mi hanno indotto a rivedere il mio recente atteggiamento di non disponibilità a rispondere su questi argomenti. (…)

L’on. LIMA era figlio di un uomo d’onore.

Infatti, il padre, il cui nome era forse Vincenzo, apparteneva alla famiglia di Salvatore LA BARBERA (Palermo Centro).

Io lo conobbi personalmente e lo frequentai anche fino al 1963, allorché andai via da Palermo per la prima volta.

Non mi risulta, invece, che fosse uomo d’onore lo stesso LIMA Salvatore.

Riterrei, anzi, di escluderlo, poiché l'avrei saputo certamente da SALVO Ignazio e SALVO Nino, uomini d’onore della famiglia di Salemi, specialmente nelle circostanze di cui fra breve parlerò.

Negli anni Sessanta, io personalmente ebbi più volte contatti con il LIMA Salvatore, al quale mi rivolgevo quando avevo bisogno di favori. (…)

Normalmente, non mi incontravo personalmente con lui, ma prendevo i contatti attraverso Brandaleone Ferdinando. (…)

Proprio nell’estate del 1980, io mi incontrai personalmente, mentre ero a Roma ospite nella casa di Pippo Calò, con il Lima. (…) Invero, l’incontro era stato richiesto dallo stesso Lima, tramite il Nino Salvo, il quale si trovava in quel periodo anche lui a Roma (…).

In quel periodo, tra gli esponenti di Cosa Nostra, LIMA era particolarmente vicino a BONTATE Stefano. Infatti, egli era politicamente in contrasto con CIANCIMINO Vito, a sua volta legato a Totò RIINA ed ai corleonesi.

Peraltro, non era neppure il BONTATE il tramite diretto cui ci si rivolgeva per contattare l’on. LIMA. Detto tramite, invece, era costituito dai cugini Nino ed Ignazio SALVO.

Ho motivo di ritenere che, dopo l’omicidio del BONTATE, sempre il SALVO Ignazio abbia continuato ad essere - insieme a Nino (fino alla morte di questo) - il tramite degli altri esponenti di Cosa Nostra, a partire da Totò RIINA. (…)

Mi consta che LIMA Salvo era effettivamente l’uomo politico a cui principalmente Cosa Nostra si rivolgeva per le questioni di interesse dell’organizzazione, che dovevano trovare una soluzione a Roma.

Per la verità, mi risulta anche, personalmente, che esponenti di primo piano di Cosa Nostra hanno avuto contatti politici a Roma, utilizzando come "ponte" i cugini SALVO, anche senza l’intervento di LIMA Salvo".

Nel successivo interrogatorio del 6 aprile 1993 il Buscetta ha integrato ulteriormente le proprie dichiarazioni, affermando:

"Mi sono indotto a riferire quel che di seguito dirò, nonostante che persistano in me notevoli perplessità circa le conseguenze delle mie dichiarazioni.

Faccio riferimento non solo ad eventuali conseguenze di carattere personale (quel che dirò fa sì che io debba temere non solo più Cosa Nostra), ma anche alle possibili - se non prevedibili - conseguenze di carattere generale, politico e/o giudiziario, che il livello toccato dalle mie odierne dichiarazioni potrà causare.

Ricollegandomi agli ultimi interrogatori da me resi a magistrati della Procura di Palermo, intendo definitivamente sciogliere le riserve che allora avevo ritenuto di fare, poiché ero convinto che non fosse ancora giunto il momento per affrontare argomenti di una delicatezza estrema.

Oggi posso subito precisare che il "referente politico nazionale", cui LIMA Salvatore si rivolgeva per le questioni di interesse di Cosa Nostra, che dovevano trovare una soluzione a Roma, era l’onorevole Giulio ANDREOTTI. Questa mia affermazione si basa da un lato su quello che ho sentito in carcere – dal 1972 al 1980 – da uomini di Cosa Nostra (…); dall’altro sul fatto che me l’avevano esplicitamente detto i cugini Salvo. Quanto a Lima io non ho mai appreso da lui qualcosa che esplicitamente riguardasse questo suo rapporto con Giulio Andreotti relativamente a Cosa Nostra.

Preciso altresì, ricollegandomi ancora una volta a quanto già ebbi parzialmente ad anticipare in precedente interrogatorio (11 settembre 1992), che Lima Salvatore non era l’unico tramite tra i più importanti esponenti di Cosa Nostra e l’onorevole Andreotti.

Dissi infatti, in quell’interrogatorio, che esponenti di primo piano di Cosa Nostra avevano avuto contatti politici a Roma, utilizzando come "ponte" i cugini Salvo, anche senza l’intervento dell’onorevole Lima (…)".

Ai limitati fini della valutazione delle dichiarazioni che formano oggetto del presente capitolo, deve osservarsi che le motivazioni esplicitate dal Buscetta forniscono una logica spiegazione del fatto che egli abbia deciso di affrontare il tema dei rapporti tra mafia e politica soltanto a distanza di diversi anni dall’inizio della sua collaborazione con la giustizia.

Ne consegue, quindi, che la modificazione del contenuto delle dichiarazioni accusatorie del collaborante, intervenuta a seguito delle stragi del 1992, non ne implica la complessiva inattendibilità, discendendo da un genuino ripensamento, e non dall’adeguamento ad altre risultanze processuali.

Il travagliato percorso attraverso cui il Buscetta è giunto a porre a disposizione dell’autorità giudiziaria il proprio patrimonio conoscitivo in ordine alle vicende che formano oggetto del presente capitolo denota, altresì, la mancanza di animosità ed il disinteresse del collaborante, ferma restando la necessità di una approfondita verifica critica delle sue dichiarazioni in relazione a ciascuno degli episodi da lui riferiti, allo scopo di distinguerne il contenuto rappresentativo da quello valutativo, di individuare le eventuali sovrapposizioni di ricordi, di controllare l’affidabilità delle sue asserzioni de relato.

Nel caso di specie, le dichiarazioni del Buscetta sono caratterizzate da un elevato grado di attendibilità intrinseca, poiché riguardano vicende nelle quali egli è stato personalmente coinvolto ovvero argomenti su cui egli ha appreso precise notizie da fonti sicuramente credibili, si sostanziano in una narrazione dettagliata, puntuale ed esente da contraddizioni logiche interne, e si ricollegano ad una spontanea scelta collaborativa.

Le affermazioni del Buscetta sul ruolo ricoperto dai Salvo nell’ambito di "Cosa Nostra" e sui loro rapporti con i massimi esponenti dello schieramento "moderato" dell’illecito sodalizio trovano conferma nelle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Antonino Calderone e Salvatore Cucuzza.

Antonino Calderone, esaminato all’udienza del 17 settembre 1996, ha riferito che i cugini Salvo intorno al 1975 furono presentati a lui e a suo fratello Giuseppe Calderone da Gaetano Badalamenti, il quale precisò che Ignazio Salvo era "vice-rappresentante" e Antonino Salvo era "capodecina".

Il collaborante ha aggiunto che i rapporti tra i cugini Salvo e Gaetano Badalamenti erano assai stretti, e che il Badalamenti aveva ricevuto l’incarico di ritrovare i resti del Corleo.

Antonino Calderone ha affermato di avere incontrato ripetutamente i cugini Salvo, menzionando i seguenti episodi:

Le dichiarazioni rese dal collaborante sono di seguito riportate:

P.M.: Lei ha mai conosciuto i cugini Nino e Ignazio Salvo?

CALDERONE A.: Si, gli ho conosciuti e me li ha presentanti Gaetano Badalamenti a casa sua ero io e mio fratello. Ce li ha rappresentati come uomini d'onore ci ha detto che Ignazio era vice rappresentante e Nino era capo de cina (rectius decina: n.d.e.). Siamo stati molto vicini ci davamo del tu, mentre loro a Gaetano Badalamenti lo chiamavano o "don Tanino" o "ziu Tanino" e lui li chiamava "dottore Ignazio" "dottore Nino" ma con noi altri ci davano del tu.

P.M.: Senta, quante volte lei ha avuto occasione d'incontrarli?

CALDERONE A.: Ma molte volte.

P.M.: Ne ricorda qualcuno in particolare?

CALDERONE A.: Guardi, ci siamo incontrati con Nino ci siamo incontrati anche nella sua proprietà vicino a Gela, ci siamo incontrati a casa sua a mangiare a casa sua, ci siamo incontrati...

P.M.: Scusi, a mangiare a casa sua a casa di chi e dove?

CALDERONE A.: A casa di Ignazio Salvo che addirittura quando siamo entrati c'erano le guardie, dico: ma cos'è queste guardie? Dice: qua sopra c'è (…) nostro inquilino...

P.M.: Mi scusi è sicuro che fosse casa di Ignazio Salvo?

CALDERONE A.: O di Ignazio o di Nino, uno dei due, abitavano tutte e 2 insieme.

P.M.: Dove si trovava questa casa?

CALDERONE A.: Dove si trovava?

P.M.: si.

CALDERONE A.: Non glielo so dire ora, ma...

P.M.: Comunque era la casa sita nello stesso...

CALDERONE A.: In un palazzo (…) 50 anni, non era una casa nuova.

P.M.: Dicevo in questo palazzo ci abitava...

CALDERONE A.: Abitava il ministro Ruffini.

P.M.: Abitava il ministro Ruffini, che cosa ricorda di questo pranzo? Perchè lo sta ricordando?

CALDERONE A.: Siamo entrati in una stanza molto grande c'era un tavolo, se non era quadrato, ma quasi. Ero io, mio fratello, Di Cristina, Gaetano Badalamenti, Stefano Bontate e i due Salvo non abbiamo visto donne, le loro mogli non abbiamo visto. Abbiamo visto che uscivano da una porticina che forse era annessa alle cucine delle persone, non erano di colore (…) erano... Che lui Nino mi disse che erano gente che venivano non so dalla Polinesia, non so di dove venivano che lì glieli mandavano un'agenzia che erano con grembiuli ci servirono a tavola, parlavano un pò l'italiano e poi...

P.M.: E questo è stato un'occasione...

CALDERONE A.: Un'altra volta siamo andati a mangiare a Zagarella addirittura c'era un mio compare che aveva un cane...

P.M.: Scusi suo compare chi è?

CALDERONE A.: Il Francesco Cinardo, a Zagarella ci fecero mangiare in una stanza un pò appartata un privè, il cane mi ricordo benissimo nel pavimento scivolava, c'era la cera, non so, e l'hanno... e per mangiare gli hanno dato una ciotola d'argento, ha mangiato, e a fine pranzo mi è rimasto impresso che lui ha chiamato un certo Vittorio, una persona molto distinta, alto, elegante e gli disse "Ci porti un pò di quella grappa"

P.M.: Mi scusi signor Calderone, lasciamo stare la grappa. Calderone scusi...

CALDERONE A.: Della grappa fatta proprio casereccia.

P.M.: Scusi signor Calderone, lasciamo stare la grappa, vuole invece ricordare chi eravate a questo pranzo, lei ha detto Francesco Cinardo.

CALDERONE A.: Io, Francesco Cinardo, Pinuzzo Di Cristina, Stefano Bontà e non mi ricordo se c'era Tano e i due (...)

P.M.: Cioè "Tano" è Gaetano Badalamenti

CALDERONE A.: Sì, sissignore.

P.M.: Era Gaetano Badalamenti. E dei Salvo chi era presente?

CALDERONE A.: Tutti e due, Ignazio e Nino. Ma quello più brillante era Nino, Ignazio era, come posso dire, la mente, il grande banchiere, la persona tutta compita. Nino no, scherzava, faceva battute.

P.M.: Scusi, il Vittorio al quale ha fatto riferimento sa dirci qualche cosa in particolare, lo vuole descrivere meglio?

CALDERONE A.: Era il direttore dell'albergo.

P.M.: Ah, era il direttore dell'albergo.

CALDERONE A.: Sissignore, una persona... Ma lui ci scherzava, Nino ci scherzava.

P.M.: Quando avvenne questo incontro. Ecco, riesce a ricordare quando avvenne questo incontro?

CALDERONE A.: Prego?

P.M.: Riesce a ricordare quando avvenne questo incontro.

CALDERONE A.: '76, '77, è facile '76, non mi ricordo, non posso quantificare.

P.M.: Dopo questa occasione vi siete visti altre volte?

CALDERONE A.: Ma ci siamo visti tantissime volte. Una volta avevamo bisogno che c'era un vice Questore a Catania che ci disturbava perchè faceva il proprio dovere e ne abbiamo parlato con loro, siamo andati nell'esattoria. Nell'esattoria ci sono andato diverse volte, quella volta con Di Gristina, delle volte con mio fratello, delle volte da solo ed abbiamo chiesto e abbiamo detto che avevamo questo problema e loro dicono: "Ma questo problema lo può risolvere Salvino"

P.M.: Chi è Salvino?

CALDERONE A.: Salvino Lima, e ci diedero l'appuntamento a Roma, diedero l'indirizzo per il giorno ipsilon, noi siamo arrivati in aereo, abbiamo preso il taxi, siamo andati a Roma, era Roma...

PRESIDENTE: Noi chi?

CALDERONE A.: La Roma anziana, la Roma... no, proprio il cuore di Roma, non glielo sò dire dove.

P.M.: Mi scusi Calderone, voi chi, lei e chi?

CALDERONE A.: Io e mio fratello.

P.M.: E a Palermo all'esattoria chi c'era andato?

CALDERONE A.: Io e mio fratello.

P.M.: E con chi avevate parlato?

CALDERONE A.: Avevamo parlato con Tano Badalamenti, dice: "Parlatene con i Salvo"

P.M.: Scusi, lei e suo fratello prima ne avete parlato con Gaetano Badalamenti il quale vi dice, andatene a parlare, con chi?

CALDERONE A.: "Parlatene con i Salvo", perchè quando si parlava di politica e di cose loro erano, loro erano quelli che avevano tutti gli uomini politici nelle mani.

P.M.: E all'esattoria con chi parlate lei e suo fratello?

CALDERONE A.: Con tutti e due, con Nino e con Ignazio.

(…)

P.M.: Perfetto, ritorniamo quindi a questo incontro in questa zona di Roma che lei ha descritto, dove...

CALDERONE A.: C'era un cordone, saliamo, sulla sinistra mi pare c'era una porta e ci venne ad aprire se non mi ricordo male o era Maniglia o era... ci dissero che erano gli uffici di Maniglia. O era Maniglia o era Nino, ma c'erano e...

P.M.: Scusi un istante, salite a che piano riesce a ricordarlo?

CALDERONE A.: Una grande stanza con un gran tavolo all'antica, c'era una finestra in faccia che si vedeva fuori e subito dopo è arrivato Salvo Lima, io ho detto: "Come mai, ce l'avevano qua?" perchè non è che (…) dovevamo andarci nella mattinata. E' arrivato Salvo Lima e gli abbiamo detto che questo Questore ci disturbava, che noi non potevamo stare tranquilli e lui disse: "ne parlerò con chi di dovere e vi darò delle risposte"

P.M.: Scusi un istante Calderone, questo vice questore che ha citato più volte come si chiama o come...

CALDERONE A.: Cipolla, era della Criminalpol di Catania.

P.M.: Cipolla, e poi lei ha fatto riferimento che vi siete meravigliati dell'avviso improvviso di Salvo Lima, perchè.

CALDERONE A.: Improvviso di Salvo Lima.

P.M.: Perchè questa meraviglia?

CALDERONE A.: Ce l'avevano lì.

P.M.: No, non ho capito il perchè della meraviglia, non avevate un appuntamento?

CALDERONE A.: No, non ne avevamo, avevamo l'appuntamento della giornata, della mattinata, prendiamo l'aereo e veniamo, ma non è che c'era l'orario.

P.M.: Quindi vi siete meravigliati perchè è arrivato immediatamente?

CALDERONE A.: Sì, ci siamo meravigliati però ovviamente, sa poi facevamo commenti dopo (…) "Ma che l'avevano sotto la sedia"

P.M.: Ho capito. Ed ancora un'altra cosa, lei ha detto "Siamo saliti in questo palazzo" e a che piano siete saliti se lo ricorda?

CALDERONE A.: Ma al primo piano se non erro, al primo piano.

P.M.: E siete entrati in un ufficio, in una casa che era dove, sulla destra o sulla sinistra di questo primo piano?

CALDERONE A.: La porta mi pare che era a sinistra.

P.M.: A sinistra quindi salendo.

CALDERONE A.: Poi siamo entrati in questa specie di vestibolo e poi c'era una porta che portava in questa grande stanza. (…) E di rimpetto a questa porta c'era un altro ufficio che questo doveva essere l'ufficio di Maniglia dove c'erano ingegneri o cose, qualche cosa del genere.

P.M.: Quindi l'ufficio di Maniglia era di fronte a questo dove siete entrati?

CALDERONE A.: No, sempre nella stessa casa.

P.M.: Ah, sempre nella stessa casa.

CALDERONE A.: C'era, che io penso che era la stessa casa, ci hanno fatti entrare in questa stanza grande con questo grande tavolo ma così guardando di rimpetto c'era un'altra porta e mi pare che c'erano tavoli, cose, forse quello era l'ufficio di Maniglia, degli ingegneri, non lo so.

P.M.: Scusi un istante intanto, lei ha detto "Forse venne ad aprirci, non ricordo se Francesco Maniglia o Nino Salvo" lei ha conosciuto Francesco Maniglia?

CALDERONE A.: Sì, l'ho conosciuto a Francesco Maniglia, l'ho visto nei suoi studi, nei suoi uffici a Palermo, ci sono andato con Giuseppe Di Cristina ed addirittura era abbigliato che stava dipingendo perchè si dava alla pittura.

P.M.: E quindi non ricorda però se quel giorno venne ad aprirle Francesco Maniglia o altro.

CALDERONE A.: Non glielo so dire, le direi una fesseria, mi pare che c'era ma non sono sicuro.

P.M.: Non è sicuro. Ritorniamo un attimo alla risposta che le diede a suo dire l'Onorevole Salvo Lima, quale fu?

CALDERONE A.: Dopo tempo ci dissero, perchè non ce l'ha data lui.

P.M.: E chi ve la diede?

CALDERONE A.: Ce l'hanno data i Salvo, ci dissero che la moglie di Cipolla era una maestra ed aveva chiesto il trasferimento e sicuramente Cipolla si trasferiva ed allora dice "facciamo passare la cosa inosservata".

P.M.: Lei a seguito di questa attività doverosa del vice questore Cipolla che cosa fece, fece qualche cosa?

CALDERONE A.: Prego, a seguito?

P.M.: Di questa attività che lei ha definito doverosa, dice "faceva il suo dovere anzi era uno dei pochi che faceva il proprio dovere" che cosa fece, subì qualcosa, ebbe una qualche reazione?

CALDERONE A.: Mi mandò a cercare, mi mandava dei biglietti, io mandavo l'avvocato dicendo "Ma che cosa vuole" e l'avvocato le parlò e disse "Senta, se le porto Calderone poi me lo riporto?" lui disse "non le posso dire niente" e allora l'avvocato mi disse "Senta se ne vada da qua, perchè se lo prendono i falchi l'arrestano" mentre invece dopo tanto tempo mi hanno fermato, mi hanno portato da Cipolla e mi hanno levato il porto d'armi.

(…)

P.M.: Ritornando ai suoi incontri con i Salvo, perchè poi abbiamo interrotto un pò il discorso, dopo questo incontro negli uffici di Maniglia a Roma ve ne sono stati degli altri e se sì dove?

CALDERONE A.: Prego, ritornando con i Salvo?

P.M.: Sì.

CALDERONE A.: A Roma, no, a Catania Nino Salvo è venuto. E' venuto perchè ci fu un periodo che Maniglia era quasi fallito o stava fallendo o c'aveva dei grandi problemi perchè gli avevano bloccato i pagamenti, lui c'aveva dei lavori nell'Arabia Saudita, non so dove, fuori, c'aveva tanti lavori e gli avevano bloccato i pagamenti, non poteva pagare, stava fallendo o era fallito o stava fallendo, cercava di aggiustarli e Nino parlò con mio fratello se mio fratello parlasse con Carmelo Costanzo se potevano rilevare questi lavori però loro volevano un 10%, Maniglia voleva un 10% di utile. Diede appuntamento o ci telefonò, dice "Arrivo all'aeroporto di Catania alle 4,30, alle 5,00" non lo ricordo, io e l'autista di Carmelo Costanzo, tale Tano Chinnici, mio fratello rimase alle imprese Costanzo, io e Tano Chinnici siamo andati all'aeroporto a prelevarlo. Aspettiamo, aspettiamo e non arriva niente, chiediamo lì, Tano Chinnici era un pò il (…) dell'aeroporto, perchè era sempre lì all'aeroporto per... (…) Accompagna a questo, accompagna a quello.

P.M.: (…) Quindi Gaetano Chinnici, Tano Chinnici lei ha detto era che cosa?

CALDERONE A.: Ma era l'autista personale del Cavaliere Costanzo e all'aeroporto conosceva tutti, gli faceva regali perchè all'ultimo momento arrivava qualcuno che doveva prendere l'aereo, lo facevano passare, era tutto lì dentro e allora ci vado con lui e gli dico "Senta Tano, chieda se c'è l'aereo che viene o da Palermo o da Roma" dice "A quest'ora non arrivano aerei nè da Palermo nè da Roma" "E come mai se questo ha detto che arrivava alle 5,00? E si informi meglio, si informi meglio" e questi dicono "No, arriva un aereo personale alle 5,15" che viene o da Roma o da Palermo, non lo so da dove. Sta di fatto che subito dopo si vede questo uccello bianco, era bello, un bell'aereo a reattori che si ferma al centro della pista e scende lui, Nino. (…) Nino Salvo. (...) E gli dico "Come mai?" e dice "Non lo sapevi, questi sono aerei di Francesco, Francesco Maniglia" l'accompagnamo nell'impre-sa Costanzo, parlano e Carmelo Costanzo gli disse "No, il 10% non lo possiamo dare, io cercherò se posso parlare con altre imprese per fare una specie di consorzio per levare tutti questi lavori, ma il 10% a Maniglia non lo possiamo dare" perchè Maniglia voleva il 10% per salvarsi. Fatto sta che non se ne fece niente.

P.M.: Scusi signor Calderone, a questo incontro chi prese parte?

CALDERONE A.: Ma mio fratello, Nino e Carmelo. Nei primi momenti c'ero pure io ma poi erano cose che non mi interessavano, mi sono messo con De Luca.

P.M.: E Carmelo chi è?

CALDERONE A.: Carmelo Costanzo.

P.M.: Carmelo Costanzo, quindi...

CALDERONE A.: Il Cavaliere.

P.M.: Il Cavaliere. E riesce a collocare nel tempo questo incontro, questa venuta di Nino Salvo dal Cavaliere Costanzo?

CALDERONE A.: Ma può darsi che sia nel '77, non lo so, lei lo vedrà nelle date di quando Maniglia finirà nei guai, non lo so dire.

PRESIDENTE: Ma Maniglia c'era in quell'incontro?

CALDERONE A.: '76, '77.

P.M.: Maniglia, chiede il Presidente, era presente a questo incontro?

CALDERONE A.: No.

P.M.: Maniglia non c'era.

CALDERONE A.: No, non ce l'ha detto Maniglia a noi altri, ce l'ha detto Salvo, Nino Salvo.

P.M.: E Nino Salvo ve lo dice sia prima dell'incontro che dopo l'incontro?

CALDERONE A.: Sì, che dice che voleva incontrarsi con Carmelo Costanzo per questi fatti.

P.M.: E scusi, che necessità c'era se si voleva incontrare con Carmelo Costanzo, di rivolgersi a suo fratello o a lei?

CALDERONE A.: Come che necessità c'era? Una cosa è che si rivolgono, anche se si conoscevano, ma non si conoscevano penso, una cosa è che si rivolge così e una cosa è che si rivolge a noi altri uomini d'onore che gli facevamo la protezione ai Costanzo e tutte le altre cose. Non ha la stessa... lo stesso significato.

(…)

P.M.: Facciamo un attimo un passo indietro per cercare di collocare nel tempo quella venuta a Catania di Nino Salvo. Lei ha detto '76-'77, suo fratello è sicuramente vivo, no?

CALDERONE A.: Sì, è vivo.

P.M.: Suo fratello ebbe l'attentato quando?

CALDERONE A.: Ma nel settembre del '78.

P.M.: Settembre del '78, quindi deve essere un periodo antecedente al settembre del '78.

CALDERONE A.: Sì, sì.

(…)

P.M.: L'ultima domanda, signor Calderone. Che rapporti vi erano tra Gaetano Badalamenti e i cugini Salvo?

CALDERONE: Intimissimi, intimissimi, intimissimi. I cugini Salvo lo avevano incaricato di potere avere le ossa del suocero, perchè i cugini Salvo avevano un problema con eredità e cose, e se non si trovava il morto, c'erano problemi. Ma a parte questo, volevano, volevano, volevano le ossa di Corleo. Ed era incaricato Gaetano Badalamenti.

(…)

AVV.BONGIORNO: Signor Calderone, lei ha già parlato dell'episodio relativo al Vice-Questore Cipolla durante l'esame del Pubblico Ministero. Ora io voglio sapere questo: lei ha parlato anche del fatto che i Salvo riferirono poi a suo fratello, dettero una risposta a suo fratello. Io voglio una precisazione sul punto. I Salvo che cosa riferirono a suo fratello? Che Lima aveva fatto un tentativo e che questo tentativo non era riuscito?

CALDERONE: No. Riferirono che Lima si era informato, aveva detto ... e loro gli risposero, siccome la moglie è una maestra e ha chiesto il trasferimento, facciamo passare le cose in sordina. Anche lui si trasferirà. Questa è la risposta.

AVV.BONGIORNO: Senta Calderone, io le contesto che lei invece precedentemente, processo verbale di interrogatorio 27 luglio 1987 innanzi al Tribunale penale di Marsiglia, ha detto così: io le leggo le sue dichiarazioni:-"Successivamente, mio fratello Giuseppe fu informato dai Salvo che l'Onorevole Lima aveva tentato di fare trasferire Cipolla, ma che non c'era riuscito". Quindi lei in queste dichiarazioni parla di un tentativo non riuscito. Lei conferma queste dichiarazioni?

CALDERONE: Non le confermo. Può darsi che è un tentativo no non riuscito! Un tentativo che gli dissero che la moglie doveva essere trasferita, e allora meglio lasciare le cose così. No non riuscito.

PRESIDENTE: Avvocato, però continui, perchè non mi sembra esatta la contestazione.

AVV.BONGIORNO: Sì, perchè lui dice:-"Per dei motivi che ricordo confusamente". Poi dice:- (…) "Sembra comunque che il Ministro competente dell'epoca avesse detto a Lima di pazientare un po', perchè il Dottore Cipolla di lì a poco sarebbe andato via spontaneamente. Forse per dei motivi inerenti il lavoro di sua moglie". (…) E' quello che ha detto stamattina. Io quello che voglio sapere è questo. Quale è secondo me la difformità? Che qui lui parla come se avesse parlato con questo Ministro competente e non avesse fatto nessun tentativo perchè gli hanno detto:-"Guardi, di qui a poco tanto va via". Invece nel verbale sembra quasi che Lima tenta, non ci riesce e poi si rivolge al Ministro competente. Io voglio sapere se a monte c'è un tentativo. E comunque lui ce lo può chiarire adesso. (…) Allora Calderone, Salvo le riferì di un tentativo non riuscito? Oppure direttamente le disse questa notizia:-"Io nemmeno tento, perchè tanto deve essere trasferito"? (…).

CALDERONE: No, ha detto ... "Mi hanno detto che la moglie che è maestra, deve fare ... ha fatto una domanda di trasferimento. Perciò automaticamente si trasferisce pure lui".

(…)

AVV. BONGIORNO: E allora, queste assicurazioni chi le aveva date a Lima? Il Ministro competente così come io le ho letto nel verbale? Questo me lo conferma o no?

CALDERONE: Glielo aveva dato chi di dovere, non lo so se era il Ministro competente, chi era ... Lui ci disse che doveva parlare con qualcuno. Se era il Ministro, se era ... non lo so.

(…)

AVV.SBACCHI: Senta, lei ha detto di avere conosciuto i Salvo, ma non ha detto quando. Ce lo può dire?

CALDERONE: Mah, intorno ... nel 1975.

AVV.SBACCHI: Attorno al 1975 dove?

CALDERONE: A Cinisi, in casa di Gaetano Badalamenti.

In ordine alla credibilità soggettiva di Antonino Calderone, risultano pienamente condivisibili le valutazioni espresse nella sentenza n.91/90 emessa il 10 dicembre 1990 dalla Corte di Assise di Appello di Palermo, che di seguito si riportano:

Nella primavera del 1987, nelle more della celebrazione del dibattimento di primo grado, veniva arrestato in Francia Antonino CALDERONE, il quale aveva successivamente iniziato la sua collaborazione, rivelando tutti i segreti di "cosa nostra" da lui conosciuti. Costui era in realtà fratello di Giuseppe CALDERONE, il quale era stato capo della "famiglia" di Catania e grosso esponente dell'associazione, tanto da rivestire il ruolo di rappresentante nell'organo regionale (o "interprovinciale", secondo la definizione di BUSCETTA) di raccordo tra le varie aggregazioni mafiose. Lo stesso era stato ucciso nel 1978 e il suo posto sarebbe stato preso poi da Benedetto SANTAPAOLA.

Il collaboratore ha raccontato come fosse stato informato da suo fratello, con il quale spesso era solito recarsi ad incontri tra gli associati, dei vari segreti di "cosa nostra", ottenendo spiegazione dei fatti che si svolgevano dinanzi alla sua attenzione. Dopo la morte del fratello, le informazioni gli erano state prevalentemente fornite dal cugino Salvatore MARCHESE, che era ottimo amico del SANTAPAOLA, ma lui stesso ha precisato che in realtà aveva potuto notare che l'originaria fiducia e simpatia della quale era circondato al tempo in cui era in vita, e al comando, suo fratello, era venuta gradatamente scemando fino a trasformarsi in una specie di diffidenza (significativo il racconto del CALDERONE sui progressivi approcci che gli altri, fra cui SANTAPAOLA, facevano per comprendere il suo livello di affidabilità a seguito della eliminazione del fratello, ovviamente caduto nel quadro della faida locale di "successione").

La corte, che ha acquisito le rivelazioni di questo collaboratore ed ha proceduto, in sede di rinnovazione del dibattimento, alla sua audizione, ha tratto il convincimento della notevole attendibilità delle informazioni fornite. Il CALDERONE, infatti, non ha in nessun caso mostrato risentimenti di alcun genere contro nessuno; ha raccontato fatti che, in notevole misura, hanno trovato conferma nelle altre risultanze processuali (in alcuni casi ha perfino scoperto alcune delle reticenze di BUSCETTA, costringendo costui, a contestazione del giudice, a farne ammissione…); non ha quasi mai espresso apprezzamenti soggettivi, se non precisando se e come un certo fatto dipendesse da sue valutazioni personali (…); soprattutto, ha dimostrato una concreta resipiscenza non cercando di sottrarsi alle proprie responsabilità; non ha mai acceduto a retoriche affermazioni di principio cercando di accreditare, come avevano fatto BUSCETTA e CONTORNO (tentazione alla quale non aveva resistito DI CRISTINA, nel suo programma di "lotta" ai "corleonesi" anche tramite i carabinieri), un'immagine di "mafia buona" in contrapposizione alla denunziata crudeltà degli avversari; nè ha cercato di selezionare dati e persone in relazione alla maggiore o minore vicinanza alla sua stessa persona o a quelle che più gli erano state alleate.

Sotto i profili della precisione, della coerenza, della spontaneità e della genuinità, può formularsi un giudizio sicuramente positivo in ordine alle suesposte dichiarazioni di Antonino Calderone, che si fondano su una diretta conoscenza dei fatti ovvero su informazioni comunicategli da persone a lui strettamente legate (come il fratello Giuseppe).

Va altresì rilevata l’esattezza delle indicazioni di luoghi compiute da Antonino Calderone. In particolare, l’on. Attilio Ruffini ha riferito che la sua abitazione e quella di Antonino Salvo erano ubicate nello stesso stabile. Inoltre, l’ing. Francesco Maniglia, nella sua deposizione testimoniale, ha specificato di avere aperto nel 1974 un ufficio a Roma nello stesso stabile (sito in Via Campania n. 31) in cui si trovava lo studio dell’on. Lima, ha evidenziato che entrambi gli appartamenti erano collocati nel primo piano dell’edificio, ha chiarito di avere concesso ai cugini Salvo la possibilità di utilizzare il predetto ufficio per ricevere altre persone senza che costoro dovessero rendergliene nota l’identità, ed ha aggiunto che, quando veniva avvisato preventivamente dai Salvo, assicurava la presenza di un proprio collaboratore nell’appartamento per consentire loro di accedervi.

Si trattava, dunque, di una situazione assolutamente peculiare, che rendeva possibile all’on. Lima di recarsi immediatamente nell’ufficio del Maniglia nei casi in cui fosse richiesta la sua presenza, ed ai Salvo di organizzarvi riunioni il cui oggetto ed i cui partecipanti non venivano portati a conoscenza del titolare dell’appartamento.

Deve pertanto osservarsi che la descrizione delle modalità dell’incontro presso gli uffici del Maniglia (con la precisazione che l’on. Lima era giunto immediatamente dopo l’arrivo dei fratelli Calderone malgrado non fosse stato fissato l’orario dell’appuntamento) presuppone una puntuale conoscenza dei luoghi, e conferma logicamente la partecipazione del collaboratore di giustizia all’episodio da lui menzionato.

La credibilità delle dichiarazioni di Antonino Calderone non è sminuita dalla circostanza che l’ing. Maniglia abbia negato di essere stato presente in occasione dell’incontro svoltosi presso il suo ufficio tra i fratelli Calderone e l’on. Lima. Sul punto, va infatti rilevato che il collaboratore di giustizia non ha affermato con certezza che l’ing. Maniglia si trovasse all’interno dell’appartamento, ed ha prospettato, in alternativa, la possibilità che sia stato Antonino Salvo ad accoglierlo all’ingresso dell’ufficio.

In ordine all’incontro tra Giuseppe Calderone, Antonino Salvo e Carmelo Costanzo, un significativo riscontro alle dichiarazioni del Calderone si trae dalla deposizione del teste Gaetano Chinnici, il quale all’udienza del 24 settembre 1996 – pur negando di avere conosciuto i cugini Salvo - ha riferito di avere accompagnato, su incarico di Carmelo Costanzo, Antonino Calderone all’aeroporto di Catania, dove venne prelevato un individuo. Il teste ha sostenuto di non avere visto quest’ultimo soggetto, aggiungendo però che il medesimo si collocò, insieme ad Antonino Calderone, nel sedile posteriore dell’autovettura guidata dallo stesso Chinnici, fu condotto presso gli uffici del Costanzo, e successivamente fu accompagnato di nuovo all’aeroporto.

Relativamente ai restanti episodi menzionati dal collaboratore di giustizia, non sono stati acquisiti specifici riscontri estrinseci.

La credibilità di Antonino Calderone non può comunque essere sminuita per il fatto che il teste Vittorio De Martino, nella sua deposizione, abbia affermato di non ricordare l’incontro tenutosi, secondo le indicazioni del collaborante, presso l’Hotel Zagarella. Si trattava, infatti, di un episodio non suscettibile di attirare particolarmente l’attenzione del teste, il quale, peraltro, nelle risposte inizialmente fornite all’autorità giudiziaria, ha mostrato vistose carenze mnemoniche su vicende ben più rilevanti, riuscendo a focalizzare solo in seguito i propri ricordi.

Ulteriori significativi elementi di convincimento sui rapporti tra i cugini Salvo e l’associazione mafiosa si traggono dalla deposizione del collaboratore di giustizia Salvatore Cucuzza, esaminato all’udienza del 22 aprile 1997.

Il Cucuzza ha dichiarato che Antonino ed Ignazio Salvo gli furono presentati come "uomini d’onore" della "famiglia" di Salemi da Giuseppe Greco (detto "Scarpuzzedda") nella tenuta agricola "Favarella", di proprietà di Michele Greco, anteriormente alla primavera del 1981 (e cioè in epoca precedente all’esplosione della "guerra di mafia").

Il Cucuzza ha precisato che Ignazio Salvo era sicuramente il "sottocapo" della predetta cosca mafiosa, e che, secondo il suo ricordo, Antonino Salvo ricopriva la carica di "capodecina".

Nel corso della "guerra di mafia", nell’estate del 1981, Antonino Salvo mise a disposizione di Giuseppe Greco un bungalow presso l’Hotel Zagarella. Giuseppe Greco, Giuseppe Lucchese ed il Cucuzza si trasferirono in questo immobile, dal quale si spostavano in altri luoghi ogni volta che venivano informati della possibilità di uccidere qualcuno degli avversari.

Il Cucuzza, il Lucchese e Giuseppe Greco erano stati ospitati presso l’Hotel Zagarella in maniera irregolare, in quanto essi non avevano esibito alcun documento, e nell’albergo non vi era traccia della loro presenza.

Il collaboratore di giustizia ha chiarito che in precedenza i Salvo erano stati sempre considerati vicini al Badalamenti ed al Bontate. Dopo l’inizio della "guerra di mafia" essi invece passarono dalla parte dello schieramento vincente. Antonino Salvo fece capire che si metteva a disposizione della nuova leadership, facente capo, oltre che al Riina, a Giuseppe Greco.

Vi fu una prima riunione tra Antonino Salvo, Giuseppe Greco e Salvatore Cucuzza nel giardino dell’abitazione di Salvatore Scaduto.

Nel corso della riunione si parlò della forza politica ed economica che i Salvo mettevano a disposizione di questa nuova leadership.

Antonino Salvo, dopo avere esposto che in passato aveva messo "tutto a disposizione" del Bontate e del Badalamenti, prese atto della nuova realtà, espresse l’avviso che "Cosa Nostra" dovesse essere guidata da Palermo, ed offrì ai suoi interlocutori di mettere a loro disposizione le proprie conoscenze, a livello politico e nella magistratura.

Si parlò anche del fatto che alcuni mesi prima Antonino Salvo aveva ospitato il Buscetta. Antonino Salvo affermò di essere stato convinto, in buona fede, che il Buscetta potesse svolgere una funzione pacificatrice o potesse, insieme a lui, convincere il Badalamenti a giungere ad un accordo, e sostenne di essersi prestato solo per questa ragione ad ospitare il Buscetta. Il problema fu quindi superato.

Mentre dimoravano nel bungalow presso l’Hotel Zagarella, nell’estate del 1981, il Cucuzza, il Lucchese e Giuseppe Greco furono invitati al ricevimento nuziale di una figlia di Antonino Salvo.

Il Cucuzza ha evidenziato che i Salvo rappresentavano per "Cosa Nostra" una importante risorsa ("un grosso capitale") a livello economico e politico, pur non collocandosi ai vertici dell’organizzazione mafiosa.

Il collaboratore di giustizia ha chiarito che altri "uomini d’onore" gli riferirono che il sen. Andreotti conosceva i Salvo, ma ha aggiunto che ciò non gli risulta per conoscenza diretta ed ha precisato di ignorare se fossero stati effettuati interventi sul sen. Andreotti da parte di "Cosa Nostra" per il tramite dei Salvo.

CUCUZZA S.: per la guerra di mafia, cioè per affrontare la guerra, perché, effettivamente la guerra, (…) quella che si è combattuta di più, era in questi tre paesi, per esempio CIACULLI, SANTA MARIA DI GESU', e i paesi diciamo vicino... BAGHERIA (…)

P.M. NATOLI: va be', CIACULLI, lo considera paese? Diciamo che (…) è una zona...

CUCUZZA S.: ...era PALERMO...

P.M. NATOLI: un rione di PALERMO...

CUCUZZA S.: sì, PALERMO.

P.M. NATOLI: e quindi (…) cosa fa lei, si mette a disposizione di...

CUCUZZA S.: di PINO GRECO (…). Siamo stati un periodo, così, accampati (…). Poi, PINO GRECO disse (…) di organizzarmi, prendermi qualche cosa, e... e ci trasferimmo tutti (…) in un bungalow, comunque era (…) una dependance dell'albergo "ZAGARELLA", ci venne...

P.M. NATOLI: e come mai andaste lì?

CUCUZZA S.: perché lui era riuscito, PINO GRECO, o gliel'hanno invitato i cugini SALVO, o questo NINO SALVO gli ha dato una... una dependance, là, ed eravamo io, (…) PINO GRECO e GIUSEPPE LUCCHESE e (…) da lì ci spostavamo ogni qualvolta c'era una battuta di... di qualcuno che... che noi cercavamo, che era contro di noi, e poi la sera ritornavo di nuovo in albergo.

P.M. NATOLI: scusi, per farci capire, "c'era una battuta", che cosa significa?

CUCUZZA S.: quando (…) c'era per esempio (…) uno degli avversari che girava per PALERMO, o sapevamo che dormiva in un posto e... c'erano persone libere che potevano girare, e ce lo individuavano, e noi poi scendevamo...

P.M. NATOLI: quindi, "battuta", significa che vi informavano della possibilità (…) di uccidere un avversario.

CUCUZZA S.: sissignore.

(…)

P.M. NATOLI: (…) lei ha detto quindi che in questo bungalow (…) messovi a disposizione, siamo (…) in che periodo?

CUCUZZA S.: nell'81, in estate.

(…)

P.M. NATOLI: viene messa a disposizione di (…) PINO GRECO...

CUCUZZA S.: sì, sì.

P.M. NATOLI: ...PINO GRECO intendiamo ha un soprannome?

CUCUZZA S.: "SCARPUZZEDDA", ci dicevano, sì.

P.M. NATOLI: "SCARPUZZEDDA". Quindi viene messa a disposizione da NINO SALVO, ha detto così?

CUCUZZA S.: sì.

P.M. NATOLI: è la prima volta che lei sente nominare questo nome, NINO SALVO?

CUCUZZA S.: no, no, per la verità, no...

P.M. NATOLI: e allora facciamo...

CUCUZZA S.: ...l'avevo visto...

P.M. NATOLI: ...un passo indietro, e ci dica quando lei sente parlare di NINO SALVO e se per caso, sente parlare anche di IGNAZIO SALVO?

CUCUZZA S.: no, io quando ho sentito parlare (…), li ho visti, per la prima volta li ho visti a FAVARELLA, che venivano quasi sempre assieme con IGNAZIO...

P.M. NATOLI: quindi NINO ed IGNAZIO.

CUCUZZA S.: ...ed IGNAZIO, sì.

(…)

P.M. NATOLI: ...FAVARELLA che cosa è, e che cosa si faceva a FAVARELLA?

CUCUZZA S.: (...) FAVARELLA era una tenuta agricola di MICHELE GRECO, dove...

P.M. NATOLI: e che cosa facevate?

CUCUZZA S.: mah, ci riunivamo là periodicamente, (…) comunque ero fisso là perché c'era questa amicizia, ma comunque venivano da tutta la SICILIA, ma anche persone così importanti, qualche politico, qualche cosa, insomma, c'era un buon rapporto in quei periodi, non...

P.M. NATOLI: quindi è (…) un luogo di riunione (…) di "COSA NOSTRA".

CUCUZZA S.: sì, sì.

P.M. NATOLI: quindi, e lei la prima volta conosce lì, NINO ed IGNAZIO SALVO...

CUCUZZA S.: sì, sì.

P.M. NATOLI: ricorda quando fu, e chi glieli presentò?

CUCUZZA S.: me li presentò PINO GRECO.

P.M. NATOLI: glieli presentò in che qualità?

CUCUZZA S.: di uomini d'onore.

P.M. NATOLI: di uomini d'onore. Sa di quale "famiglia"?

CUCUZZA S.: di SALEMI.

P.M. NATOLI: sa se per caso rivestivano cariche all'interno della "famiglia", o chi di loro rivestisse cariche?

CUCUZZA S.: IGNAZIO, per certezza, era il sotto capo, NINO se non sbaglio, era il capo decina...

P.M. NATOLI: e in che periodo glieli presenta PINO GRECO?

CUCUZZA S.: prima della guerra, (…) diciamo nei primi anni '80, (…) i primi mesi, cioè prima della primavera, che poi scoppia la guerra.

P.M. NATOLI: quindi (…) prima della primavera del?

CUCUZZA S.: '81.

P.M. NATOLI: dell'81. Quindi STEFANO BONTADE è ancora vivo?

CUCUZZA S.: sì, sì.

P.M. NATOLI: ecco, e allora dopo questa occasione, ve ne sono delle altre?

CUCUZZA S.: no, ci siamo visti di queste volte a FAVARELLA, poi dopo la guerra ci siamo rivisti di nuovo a ZAGARELLA...

(…)

P.M. NATOLI: e allora, l'avevo interrotta, dice: "dopo la guerra rivedo i SALVO". (…) cosa intende per "dopo la guerra", per collocarlo nel tempo, in che anno siamo?

CUCUZZA S.: siamo (…) nell'81, a... la primavera dell'81.

P.M. NATOLI: inizia la guerra?

CUCUZZA S.: inizia la guerra, poi dopo un paio di mesi ci siamo ritrovati (…) a ZAGARELLA...

P.M. NATOLI: quindi, quando voi siete ospiti nel bungalow?

CUCUZZA S.: sì, sì. E il primo appuntamento lo abbiamo fatto con PINO GRECO e NINO SALVO nella casa (…) di SALVATORE SCADUTO, il padre di GIOVANNI SCADUTO.

P.M. NATOLI: questa casa dove si trovava?

CUCUZZA S.: (…) a circa duecento, trecento metri da ZAGARELLA, prima di arrivare a ZAGARELLA, comunque.

P.M. NATOLI: quindi, siamo sempre (…) a SANTA FLAVIA?

CUCUZZA S.: sì, sì, nella curva che poi immette (…) nel rettilineo per arrivare a ZAGARELLA.

(…)

P.M. NATOLI: ...perché c'è questa riunione? Cioè perché sta facendo riferimento a questa riunione?

CUCUZZA S.: e perché (…) i SALVO erano stati sempre considerati vicino a BADALAMENTI, a BONTADE, e quindi con la guerra, l'inizio della guerra, queste persone passano di mano, sia a RIINA, e sia diciamo al gruppo di PALERMO, che (…) NINO SALVO riteneva il gruppo di PALERMO, (…) il più vincente, perché lui...

P.M. NATOLI: ci faccia capire che cosa intende (…) con questa frase, "più vincente"?

CUCUZZA S.: cioè diciamo che lui riteneva che adesso (…) diceva lui con le strade, con le autostrade, (…) PALERMO può arrivare ovunque, (…) non ci sono più (…) quelle distanze (…) incolmabili come nei paesi arretrati, quindi adesso PALERMO dominava, diciamo tutta la SICILIA, parlando di "COSA NOSTRA", comunque. E quindi praticamente faceva capire che si metteva a disposizione di questa nuova leadership, che era quella palermitana... PINO GRECO nonostante avesse allora, trenta, trentadue anni, non so, so che era ritenuto a PALERMO quello che guidava le file, a parte diciamo TOTO' RIINA, naturalmente. Quindi specialmente nel mandamento di CIACULLI, era lui insomma, incontrastato, nonostante MICHELE GRECO avesse la carica (…) di segretario (…) della Commissione. E quindi si parlava di... di rapporti che... della forza, diciamo sia politica che economica, che i SALVO mettevano a disposizione di questa nuova... nuova realtà. Perché loro si sono adeguati a questo.

P.M. NATOLI: quindi, mi faccia (…) capire meglio, tutto questo è oggetto di discussione in questa riunione in casa di SALVATORE SCADUTO (…) padre di GIOVANNI?

CUCUZZA S.: sì, sì.

P.M. NATOLI: e quindi siete presenti, chi? Oltre a lei, PINO GRECO...

CUCUZZA S.: io (…) PINO GRECO, e NINO SALVO (…) siamo nel giardino di casa...

P.M. NATOLI: quindi siete voi tre?

CUCUZZA S.: sì, sì.

P.M. NATOLI: eh. Ed allora vada avanti (…) in questo ricordo.

CUCUZZA S.: no, praticamente lui fa (…) delle riflessioni, praticamente e si riferisce al passato, quando c'erano dei rapporti con BADALAMENTI, e adesso prende atto della nuova realtà, perché lui praticamente dice che metteva tutto a disposizione del passato di BADALAMENTI e (…) di BONTADE, eh... quindi adesso...

P.M. NATOLI: e vi dice che cosa è questo mettere tutto a disposizione?

CUCUZZA S.: i SALVO, per chi è palermitano come me, insomma sa che sono una potenza economica, e sono stati sempre diciamo elettori (…) di politici, insomma sono stati molto... dietro le quinte naturalmente, perché non si sono mai esposti in prima persona, come... di portarsi alle politiche, o comunque persone importanti, dal punto di vista economico, e dal punto di vista, diciamo delle amicizie. E quindi, praticamente ne possiamo usufruire, adesso noi.

P.M. NATOLI: cioè questo lo dice (…) NINO SALVO...

CUCUZZA S.: NINO SALVO...

P.M. NATOLI: ...nel corso di questa...

CUCUZZA S.: sì, sì.

P.M. NATOLI: e desidererei che lei facesse uno sforzo di memoria, per tentare di ripetere più fedelmente che sia possibile, quello che vi dice NINO SALVO, più che sintetizzare il suo pensiero (…) se riesce ad utilizzare le sue parole.

CUCUZZA S.: le parole erano queste, che lui riteneva che adesso, ecco PALERMO doveva orchestrare, guidare tutta "COSA NOSTRA", perché non credeva più nei paesi, insomma, no, non credeva più perché non... non fossero efficienti, ma che adesso PALERMO era quella che guidava "COSA NOSTRA", e quindi lui questo lo aveva capito. E naturalmente si offrì, come era giusto che facesse, diciamo perché era un uomo d'onore, e quindi doveva (…) mettere a disposizione le loro... le sue conoscenze, perché non è che potevamo utilizzarlo, per cosa diversa, non è che poteva andare a fare dei reati, diciamo così, o di sangue, o qualcosa. Quindi, lui praticamente diceva a PINO GRECO, che dal momento che adesso questa era... una realtà, parliamo già che alcuni sono morti, diciamo (…) la guerra non è finita, ma comunque lui sapeva già le sorti.

P.M. NATOLI: cioè, (…) in quel momento dello schieramento avversario, chi avevate ucciso? (…) non lei personalmente (…) insomma i suoi alleati. Chi avevano ucciso?

CUCUZZA S.: beh... INZERILLO, BONTADE...

P.M. NATOLI: siamo nell'estate dell'81?

CUCUZZA S.: sì, sì.

(…)

P.M. NATOLI: ed è subito (…) dopo questi omicidi, quindi che (…) NINO SALVO si mette a disposizione?

CUCUZZA S.: sissignore.

P.M. NATOLI: senta, un chiarimento, voi sapevate che NINO SALVO aveva dato ospitalità a TOMMASO BUSCETTA, appena (…) un anno prima?

CUCUZZA S.: sì, sì.

P.M. NATOLI: no, neppure un anno prima, appena qualche mese prima, (…) nel Natale dell'80...

CUCUZZA S.: sì, sì.

P.M. NATOLI: come si giustifica, cioè gli diceste nulla, si giustificò, NINO SALVO?

CUCUZZA S.: sì, comunque lui la spiegazione l'aveva data, e sicuramente prima di questo nostro colloquio, perché (…) si è saputo che c'erano telefonate (…) di BUSCETTA, poi ad un parente suo, avevamo saputo (…) queste cose...

P.M. NATOLI: questo parente suo, chi era (…)?

CUCUZZA S.: era... non so se era un costruttore, sì, comunque era un parente di... dei SALVO...

(…)

P.M. NATOLI: (…) come si chiama, come si chiamava?

CUCUZZA S.: non se... se dico un fesseria, dico... LO PRESTI, o n... non mi...

P.M. NATOLI: IGNAZIO LO PRESTI, per caso?

CUCUZZA S.: credo... credo sia LO PRESTI, IGNAZIO no...

P.M. NATOLI: oh, quindi sapevate che c'erano state queste...

CUCUZZA S.: queste telefonate...

P.M. NATOLI: ...telefonate ad IGNAZIO LO PRESTI.

CUCUZZA S.: LO PRE...

P.M. NATOLI: e quindi lei dice: "forse si era... - cioè forse - ...sicuramente si era già discolpato prima", ma nel corso (…) di questa riunione (…) PINO GRECO o lei, gli chiedete conto di questo fatto?

CUCUZZA S.: sì, dico, si affrontò pure questo... queste cose, ma molto (…) lievemente, perché già c'era stato...

P.M. NATOLI: eh, che cosa vi dice, NINO...

CUCUZZA S.: ma lui era...

P.M. NATOLI: NINO SALVO?

CUCUZZA S.: ...convinto in buona fede che BUSCETTA poteva in qualche modo, portare la pace, o magari essendo una persona conosciuta (…) da lui, assieme magari, convincendo BADALAMENTI di arrivare a qualche accordo. E solo per questo si era prestato ora questo... e se era così una difesa, oppure era la realtà, ma comunque poi ha avuto il coraggio, di affrontarla, questa cosa, NINO SALVO e quindi se ne è discussa in poche parole, e questa (…) l'abbiamo superata, anche perché c'era la buona fede; perché nel momento in cui noi ci siamo fidati di stare in una casa (…) di NINO SALVO, vuol dire che dubbi non avevamo più. Che ci potesse tradire, perché altrimenti come si faceva a dormire, sapendo che lui era in qualche modo legato (…) ai... scappati, i perdenti e come si chiamavano allora.

P.M. NATOLI: ho capito.

CUCUZZA S.: quindi c'era una certa sicurezza.

P.M. NATOLI: senta, ma credo che non abbia dato una risposta, o perlomeno non l'ho percepita bene, a una domanda che le avevo fatto in precedenza (…) e cioè: vi dice che cosa intende con "mettere a vostra disposizione ciò che già era stato a disposizione di BADALAMENTI e di BONTADE?".

CUCUZZA S.: tutte le conoscenze che aveva NINO SALVO...

P.M. NATOLI: e che cosa...

CUCUZZA S.: ...IGNAZIO SALVO...

P.M. NATOLI: ...erano queste conoscenze?

CUCUZZA S.: a livello politico, a livello di Magistratura, a livello... dello Stato, tutto quello che poteva fare, era a nostra disposizione, a disposizione di chi, secondo le cose (…) come si sono svolte, i vincenti e quelli che hanno preso poi il sopravvento, il comando, e questo... poi specificatamente, sappiamo che...

P.M. NATOLI: fa dei nomi o si esprime così per categorie generiche?

CUCUZZA S.: no, personalmente quando sono stato io presente, il nome n... non ne ha fatti, anche perché noi sapevamo la... la sua potenza, la sua forza politica (…) per cui...

P.M. NATOLI: ..."noi sapevamo" (…) si limiti alla sua conoscenza, cosa sapeva lei di questi rapporti che il NINO SALVO intratteneva con esponenti politici, o appartenenti alla Magistratura?

CUCUZZA S.: NINO SALVO... IGNAZIO SALVO erano persone che in Commissione, magari suggerivano un politico, (…) o del trapanese, o di PALERMO, e quindi poi noi... se la Commissione lo decideva si... poi lui con la sua forza magari economica, lo portava avanti; per quanto riguarda invece, il... la Magistratura, noi ricordiamoci che siamo nell'81, anche '82, e veramente questi problemi, ancora ehm... devono nascere. Ci so... ricordiamo che nel... nei primi anni '70, fino ad arrivare all'inizio della guerra, diciamo che problemi di grossi processi, non... non ce ne erano, cioè i nostri processi di "COSA NOSTRA", ma forse per... parlo anche degli anni '60 in poi, in realtà si pagava solo la processura, cioè io non ho visto difficilmente un processo, che arrivasse oltre, (…) arrivasse in Cassazione (…)

P.M. NATOLI: ci fa capire questa espressione (…) si pagava soltanto (…) la processura, cioè?

CUCUZZA S.: cioè in gergo nostro, era quando ci capitava di andare in carcere, era come dire: "andiamo a pagare la processura", (…) cioè praticamente l... il periodo istruttorio che allora era 18 mesi, oppure due anni, cioè si arrivava sempre più o meno a...

P.M. NATOLI: cioè durante gli anni '70, voi non avete sentito il peso, diciamo dell'azione giudiziaria?

CUCUZZA S.: n... no, no, assolutamente, perché (…) gli unici processi, (…) parliamo dei 114, parliamo delle associazioni, ma duravano solo... ricordo non so se... se mi sbaglio, ma STEFANO BONTADE o BADALAMENTI hanno preso magari due anni, questi sono le condanne più eclatanti...

P.M. NATOLI: nel processo dei 114?

CUCUZZA S.: sì, sì. Quindi non erano grossi... grossi problemi in quel periodo.

P.M. NATOLI: e gli altri 112 che fine fecero?

CUCUZZA S.: no, ci sono state appunto delle condanne lievi, diciamo non è... non fu un processo che ebbe grande e... grande scalpore dal punto di vista, diciamo repressivo...

(…)

P.M. NATOLI: e le altre denunce per associazione, non vi terrorizzavano?

CUCUZZA S.: no, no, c'era la convinzione non... che ci veniva da... dall'esperienza che al limite era... perché c'era una convinzione dentro di noi, che quando succedeva un fatto eclatante, c'era naturalmente un po' di attenzione in più, ma è a ondate, anche come nei giorni d'oggi, c'è un periodo dove succede un fatto spiacevole, e c'è (…) una reazione, ma questa reazione finisce nel tempo diluita. Allora non c'erano (…) queste grandi (…) prese di posizione, (…) parlando degli anni '70, dei primi anni '70.

(…)

P.M. NATOLI: (…) ritorniamo alla sua conoscenza dei SALVO. (…) eravamo a quella riunione (…) in casa del padre (…) di GIOVANNI SCADUTO, dopo quella riunione (…) lei ha notizia di un passaggio dei SALVO dallo schieramento BADALAMENTI/BONTADE allo schieramento dei corleonesi, del quale pure lei faceva parte?

CUCUZZA S.: e sì, certamente!

P.M. NATOLI: e cosa può dirci in proposito?

CUCUZZA S.: gliel'ho detto, che si... in questa riunione si parlò, appunto (…) della presa di posizione.

(…)

P.M. NATOLI: (…) Intendo dire, dopo ne sa più nulla, oppure...

CUCUZZA S.: no! Sapevo che era nella disponibilità di TOTO' RIINA, (…) di PINO GRECO... quando poi io non lo incontrai più, sapevo che era dalla nostra parte, quindi tutto quello che aveva lo metteva dalla nostra parte. Cioè, i suoi singoli episodio o interventi io (…) non li so, ma certamente si adoperò, (…) sia per il Maxi-Processo, sia (…) per qualsiasi cosa che successivamente, poi ci serviva.

(…)

P.M. NATOLI: si adoperò per il Maxi-Processo chi? NINO SALVO?

CUCUZZA S.: NINO SALVO, sì sì.

P.M. NATOLI: ma NINO SALVO lei lo sa quando muore?

CUCUZZA S.: NINO SALVO... NINO SALVO muore con... con un tumore là, in SVIZZERA (…) l'anno non me lo ricordo!

(…)

P.M. NATOLI: dico, rispetto al Maxi-Processo, era già iniziato, doveva iniziare? Come siamo...

CUCUZZA S.: no! Questo NINO SALVO, io del Maxi-Processo mi ricordo IGNAZIO SALVO imputato, e... lo vedevo che veniva pure, certe volte all'Aula Bunker.

P.M. NATOLI: eh!

CUCUZZA S.: ...di NINO non lo so, perché non so se è morto prima o morto dopo, questo non lo so.

P.M. NATOLI: non lo sa! Di IGNAZIO SALVO? Perché fino a questo momento...

CUCUZZA S.: perché lo vedevo.

P.M. NATOLI: ...tutto sommato lei ha parlato dei SALVO, ma poi individualizzando ha parlato soprattutto di NINO SALVO. Di IGNAZIO SALVO, lo ha mai incontrato, al di là di quelle riunioni alla FAVARELLA, cui ha fatto riferimento, oppure no?

CUCUZZA S.: no! Solo a FAVARELLA l'ho incontrato a IGNAZIO SALVO.

P.M. NATOLI: solo a FAVARELLA.

CUCUZZA S.: sì, sì.

P.M. NATOLI: quindi siamo in un periodo che (…) è anteriore allo scoppio (…) della guerra di mafia, giusto?

CUCUZZA S.: sì, sì, sì.

P.M. NATOLI: quindi, poi, invece, lo vede soltanto al Maxi-Processo.

CUCUZZA S.: sì, al Maxi-Processo.

P.M. NATOLI: come imputato anche lui.

CUCUZZA S.: sì, sì.

P.M. NATOLI: non sa nulla di interventi di IGNAZIO SALVO?

CUCUZZA S.: no, no, specificatamente no.

(…)

CUCUZZA S.: ...sapevo che c'era un interessamento di tutti, e... e anche di SALVO, ma non... non so!

P.M. NATOLI: di IGNAZIO SALVO?

CUCUZZA S.: IGNAZIO, sì.

P.M. NATOLI: IGNAZIO. Chi è che glielo dice?

CUCUZZA S.: e... cioè, là... non so chi me lo dice, non posso dirlo, è passato... son passati tanti anni, quindi... ho incontrato tante persone, non so se PIPPO CALO' o qualcuno della... della mia "famiglia", ma comunque l'interessamento è generale.

(…)

P.M. NATOLI: al di là di questo però (…) non ricorda (…) null'altro di specifico.

CUCUZZA S.: no.

(…)

P.M. NATOLI: ...nel periodo in cui lei e gli altri, cioè PINO GRECO, GIUSEPPE LUCCHESE (…) vi trovate alla ZAGARELLA, in quel famoso bungalow (…) lei ha modo di partecipare a qualche fatto familiare di NINO SALVO, e se sì, a quale?

CUCUZZA S.: ehm... mentre eravamo ospiti alla ZAGARELLA c'è stato l'evento... si è sposata una figlia di NINO SALVO, e... e noi, siccome eravamo là, siamo stati invitati alla... alla festa.

P.M. NATOLI: ricorda il nome di questa figlia?

CUCUZZA S.: no, il nome della figlia no.

P.M. NATOLI: ricorda il nome del marito o il cognome del marito?

CUCUZZA S.: il nome del marito lo... lo ricordavo, è... non so se si chiamava...

P.M. NATOLI: comunque, il periodo qual è? Ricordiamolo, così...

CUCUZZA S.: uhm... nell'estate... o fine '81, comunque, nell'estate '82, '81, ma... ma comunque là è... mentre eravamo là, secondo me, la festa era... era d'estate...

P.M. NATOLI: ed è l'estate in cui voi siete...

CUCUZZA S.: sì, sì, siamo ospiti là.

P.M. NATOLI: eh! Aveva finito di dire che era l'estate...

CUCUZZA S.: '81.

P.M. NATOLI: ...dell'81, mi pare di capire.

CUCUZZA S.: sì, sì.

P.M. NATOLI: no?

CUCUZZA S.: sì, sì.

P.M. NATOLI: perché subito dopo l'inizio della guerra di mafia...

CUCUZZA S.: sì.

P.M. NATOLI: ...ha detto.

CUCUZZA S.: un'estate sola siamo stati là...

P.M. NATOLI: ecco!

CUCUZZA S.: ...quindi è questa!

P.M. NATOLI: ed è l'estate in cui (…) scoppiò la guerra di mafia?

CUCUZZA S.: sì, sì. Quindi, siamo stati là, e... la sera sono andato io e LUCCHESE a prendere NINO SALVO, e... e lì, e al bordo piscina c'erano tutti quelli... tipo carretti siciliani, ed ognuno di quelli faceva una specialità siciliana, le panelle, le cose che... insomma, si mangiano a MONDELLO, tipo... E... io lo presi a NINO SALVO (…) e lo portai in un angolo, lui ci fece portare un po' di aragoste, qualche cosa da bere, però per quella occasione c'era pure... perché vicino alla ZAGARELLA ci aveva la villa MASINO SPADARO, c'era SPADARO, io e... PINO GRECO e... poi... LUCCHESE e un'altra persona, che non era dell'ambiente di "COSA NOSTRA", era amico di... di SPADARO. E siamo stati là quasi un'oretta a parlare, chiacchierare e a mangiare qualcosa.

P.M. NATOLI: quindi, durante...

CUCUZZA S.: queste...

P.M. NATOLI: il...

CUCUZZA S.: il matrimonio.

P.M. NATOLI: ...ricevimento nuziale?

CUCUZZA S.: sì, sì.

P.M. NATOLI: quante persone c'erano?

(…)

CUCUZZA S.: sì, ma... c'era... là c'è una... una piscina grandissima, e tutto il bordo piscina era tutto pieno. Ma saranno stati superiore... duecento/trecento persone, sicuramente ci saranno state.

P.M. NATOLI: ho capito!

CUCUZZA S.: molte persone.

P.M. NATOLI: senta, per caso lei vede il Senatore ANDREOTTI che partecipa a questo matrimonio? (…) o sente parlare di una sua presenza?

CUCUZZA S.: no, non l'ho sentito e (…) né l'ho visto, diciamo...

(…)

P.M. NATOLI: il matrimonio, lo abbiamo saputo da altri testi già (…) poteva essere quella di PATRIZIA SALVO e GIUSEPPE FAVUZZA?

CUCUZZA S.: a FAVUZZA me lo ricordo, il nome della... della sposa non... non l'ho mai saputo.

P.M. NATOLI: non se lo ricorda!

CUCUZZA S.: ...nemmeno allora.

P.M. NATOLI: ho capito! E comunque è questo del 29 agosto...

CUCUZZA S.: sì.

P.M. NATOLI: ...del 1981.

CUCUZZA S.: sì.

P.M. NATOLI: senta, a proposito di "famiglia" SALVO, di "famiglia" allargata, cioè con parentele acquisite (…) lei ha mai conosciuto TANI SANGIORGI, e se sì, cosa può dirci?

CUCUZZA S.: sì, l'ho conosciuto in quel periodo, e... siamo (…) diventati amici.

P.M. NATOLI: in quel periodo significa (…) in questo 1981?

CUCUZZA S.: sì, sì. Lui aveva un laboratorio di analisi VIA PRINCIPE DI BELMONTE, credo, là vicin... dove mio fratello andò a farsi diversi esami; poi mi fece pure un favore personale, io avevo a quell'epoca una barca, una barca a vela piccola, comunque era quasi otto metri, e lui aveva la patente, io no, e... gli ho chiesto se la poteva portare dove... vicino... o era SANTA FLAVIA, si chiama, o PORTICELLO (…) in un porticciolo (…) dal porto dell'ACQUA SANTA.

P.M. NATOLI: ho capito! Senta, sa se TANI SANGIORGI appartiene a "COSA NOSTRA" oppure no?

CUCUZZA S.: sì, è uomo d'onore TANI SANGIORGI.

P.M. NATOLI: come lo sa e chi glielo ha presentato? Se glielo hanno presentato.

CUCUZZA S.: (…) se non sbaglio, quasi sicuramente, me l'ha presentato GIOVANNI SCADUTO, che erano molto amici anche con PINO GRECO, per la verità, ma...

P.M. NATOLI: mi scusi, io le devo (…) ricordare (…) prima di passare alla contestazione, che il 6 dicembre del '96 lei ha detto: "mi fu presentato come uomo d'onore da PINO GRECO".

CUCUZZA S.: sì Dottore, sono... molto probabilmente ho detto, forse, più sicuramente avevo detto e... perché erano molto amici con... con SCADUTO...

P.M. NATOLI: per la verità è in termini di certezza (…) presentata la cosa...

(…)

CUCUZZA S.: no, no, ma comunque e... tutti e due erano amici (…) come dire (…) o PINO GRECO o GIOVANNI SCADUTO.

P.M. NATOLI: ho capito! Non sa null'altro? A quale "famiglia" appartenesse lo sa?

CUCUZZA S.: no, no, no, non... non lo chiesi mai.

P.M. NATOLI: non lo chiese!

CUCUZZA S.: mi è stato presentato come uomo d'onore e basta.

(…)

P.M. NATOLI: (…) Come può definire i SALVO all'interno di "COSA NOSTRA"? Cosa erano per "COSA NOSTRA"?

CUCUZZA S.: eh! Per "COSA NOSTRA" erano anche... a parte diciamo la potenza economico-politica, anche come "COSA NOSTRA" erano abbastanza votati, a parte la carica che avevano come uomini d'onore, ma provenivano da una famiglia mafiosa...

P.M. NATOLI: no, no, mi perdoni! Non sono stato chiaro nella domanda, evidentemente.

CUCUZZA S.: sì.

P.M. NATOLI: cioè, cosa rappresentavano i SALVO per "COSA NOSTRA"?

CUCUZZA S.: cioè, rappresentavano... lei intende dire la funzione di queste persone o...

P.M. NATOLI: sì.

CUCUZZA S.: ...oppure l'importanza in seno...

P.M. NATOLI: vediamo! Provi a dare una risposta, diversamente le ricorderò la sua dichiarazione, e così ci arriviamo.

CUCUZZA S.: i SALVO rappresentavano la forza politica ed economica di "COSA NOSTRA", perché avevano... come si dice? Sia in seno in COSA... diciamo in... chi li rappresentava in Commissione, i loro... insomma, gli davano una... cioè una figura importantissima, "COSA NOSTRA" con loro aveva un grosso... un grosso capitale diciamo, a livello economico e politico, diciamo importante.

(…)

P.M. NATOLI: un'altra domanda è questa invece: qual era il rapporto, se ne è a conoscenza, che intercorreva fra i SALVO e gli uomini politici? (…) cioè, come giudicavano i politici, per quello che lei sa, se lo sa, i SALVO?

CUCUZZA S.: no, loro da... da uomini d'onore, diciamo di vecchio stampo, non avevano una grande considerazione, diciamo degli uomini politici, tanto che, in occasione... ho dimenticato anzi a dirlo, in casa di... di SCADUTO, facevano una... così, una riflessione, hanno detto...

P.M. NATOLI: mi scusi Signor CUCUZZA (…) lei continua ad usare la terza persona plurale, facevano, a chi si riferisce?

CUCUZZA S.: no, facevano osservare a noi, che stavamo parlando (…) io e PINO GRECO, con PINO GRECO. Lui ha fatto una considerazione, NINO SALVO, rispetto a come ritenevano i politici (…) dicendo che bisognava fare... creare dei politici uomini d'onore da ragazzi, cioè, da appena laureati, e quindi responsabilizzarli, così sapevano a cosa andavano incontro quando prendevano in giro... perché politico, nell'immaginario collettivo, è uno che facilmente promette qualcosa che poi (…) non mantiene. Cioè, questa è la considerazione che aveva...

P.M. NATOLI: quindi, vuole chiarire un attimo meglio (…) questo progetto? (…) è sempre NINO SALVO che parla, no?

CUCUZZA S.: sì, sì. (…) sì, NINO SALVO.

P.M. NATOLI: e quindi, NINO SALVO dice che (…) si doveva fare che cosa?

CUCUZZA S.: sì, cioè, voleva proporre appunto (…) degli uomini, delle persone laureate, persone già istruite, e... diciamo farle... e... intraprendere la carriera politica appoggiandoli con la loro forza, sarebbero diventati dei politici (…) abbastanza importanti, e quindi poi, essendo uomini d'onore, si potevano benissimo manovrare meglio.

P.M. NATOLI: e allora quello che continuo a non capire è questo, bisognava prendere dei politici e combinarli come uomini d'onore (…) o prendere degli uomini d'onore e farli diventare politici?

CUCUZZA S.: no, prendere degli uomini d'onore (…) giovani, combinarli, o se erano combinati (…) farci fare, insomma, la carriera politica.

P.M. NATOLI: ho capito! Quindi (…) la precondizione era che fossero uomini d'onore?

CUCUZZA S.: uomini d'onore, sì, sì.

P.M. NATOLI: e questo perché? In modo da?

CUCUZZA S.: in modo da potere avere la possibilità, e quindi la certezza che questi non... conoscendo le regole di "COSA NOSTRA", non si approfittassero o dicessero qualcosa che non rispondesse poi al vero. Quindi...

(…)

P.M. NATOLI: ho capito! Senta, ci avviamo verso le ultime domande. Lei ha mai sentito parlare (…) di un direttore della ZAGARELLA che si chiamava VITTORIO DE MARTINO?

CUCUZZA S.: sì, ne ho sentito parlare.

P.M. NATOLI: cosa sa di questo VITTORIO DE MARTINO?

CUCUZZA S.: cioè, con noi che eravamo ospitati là e ci conosceva, si... si metteva a disposizione per la qualsiasi cosa...

P.M. NATOLI: vi conosceva, nel senso sapeva che era il Signor CUCUZZA? O sapeva che era il Signor CUCUZZA facente parte di "COSA NOSTRA"?

CUCUZZA S.: no! Io non... non mi sono mai presentato col mio nome, e... Comunque lui avrà avuto delle raccomandazioni specifiche, quindi ci trattava in una maniera molto particolare.

P.M. NATOLI: (…) Intendo chiederle questo, lui si rese conto, durante il periodo della vostra permanenza alla ZAGARELLA, che voi non eravate degli ospiti normali, e che quindi gravitavate in un certo ambiente, oppure no?

CUCUZZA S.: io credo di sì, devo dire così (…) condizionale, perché (…) non gliel'ho mai detto, ma comunque il suo comportamento e il nostro faceva capire che lui sa... più o meno, capì che c'era qualcosa di particolare per noi, ma non... io onestamente non ci ho mai detto chi ero. Quindi, però...

P.M. NATOLI: quindi, in ogni caso voi eravate ospitati in maniera irregolare, giusto?

CUCUZZA S.: irregolare, sì, sì.

P.M. NATOLI: perché non avevate lasciato documenti...

CUCUZZA S.: sì, sì.

P.M. NATOLI: ...non c'era traccia di una vostra presenza...

CUCUZZA S.: sì, sì.

P.M. NATOLI: ...in quell'albergo.

CUCUZZA S.: sissignore! Quindi lui, sicuramente lo capiva, anche perché era stato, sicuramente, raccomandati da qualcuno... insomma... e... eravamo là per ospiti dei SALVO, quindi eravamo raccomandati (…) e quindi non è che c'era... non ci faceva nessuna domanda.

(…)

AVV. COPPI: lei era molto amico di GAETANO SANGIORGI?

CUCUZZA S.: sì.

AVV. COPPI: SANGIORGI le ha mai detto di aver ricevuto un regalo di nozze da parte del Senatore ANDREOTTI?

CUCUZZA S.: no!

AVV. COPPI: a lei risulta direttamente, per sua conoscenza diretta quindi, che il Senatore ANDREOTTI conoscesse i cugini SALVO?

(…)

CUCUZZA S.: per conoscenza mia diretta, a me l'hanno dovuto dire uomini d'onore, perché io (…) non ho mai assistito ad un colloquio con ANDREOTTI, il Senatore ANDREOTTI con i SALVO.

(…)

AVV. COPPI: ...come conoscenza diretta...

CUCUZZA S.: no!

(…)

AVV. COPPI: lei può indicarmi interventi di "COSA NOSTRA" effettuati sul Senatore ANDREOTTI, per il tramite dei SALVO, e l'oggetto di questi eventuali interventi?

CUCUZZA S.: no, interventi specifici io non ne conosco.

(…)

AVV. COPPI: lei fino a quando ebbe contatti comunque con i cugini SALVO?

CUCUZZA S.: eh! Durante tutta... tutta l'estate, diciamo dell'81, e... quando li ho conosciuti (…) nei primi dell'80.

(…)

AVV. COPPI: quindi li ha conosciuti per... la sua frequentazione è durata circa un anno?

CUCUZZA S.: sì, sì, più o meno diciamo.

AVV. COPPI: oh! E poi perché sono cessati i suoi rapporti con i cugini SALVO?

CUCUZZA S.: ma per... così, per occasione, io (…) li ho trovati là perché stavamo... io andavo alla FAVARELLA e li incontravo là, poi, successivamente ero a ZAGARELLA e... e quindi anche questa era un'occasione, che ci veniva a trovare, perché ci aveva ospitati (…) in quella stanza là, ma poi (…) le strade si sono divise, i rapporti con i SALVO non li avevo io, personalmente.

(…)

AVV. COPPI: senta, mi può ripetere, perché potrei essermi distratto, quando lei ha dato risposte ai Pubblici Ministeri su questo punto, lei ha partecipato a più di un matrimonio di figlie dei SALVO con i relativi mariti, o ad uno soltanto (…)?

CUCUZZA S.: uno soltanto.

AVV. COPPI: quello di FAVUZZA o quello di SANGIORGI?

CUCUZZA S.: quello di FAVUZZA.

AVV. COPPI: e a questo non era presente, lei ha già detto, il Senatore ANDREOTTI?

CUCUZZA S.: no!

AVV. COPPI: d'accordo!

CUCUZZA S.: che io non l'ho visto, questo ho detto!

(…)

AVV. COPPI: d'accordo! Lei ha inoltrato richieste nel suo personale interesse o nell'interesse di "COSA NOSTRA" al Senatore ANDREOTTI, attraverso i cugini SALVO?

CUCUZZA S.: no, personalmente no.

AVV. COPPI: ci può indicare delle persone di "COSA NOSTRA" che abbiano avanzato delle richieste particolari al Senatore ANDREOTTI attraverso i cugini SALVO? E in questo caso indicare anche l'oggetto di tali, eventuali richieste?

CUCUZZA S.: mah, il... veramente questa è una domanda a cui posso dire... come alle altr... no! Però non... posto in questi termini, io non so se (…) richieste sono state avanzate.

AVV. COPPI: e appunto!

CUCUZZA S.: ...io sono una cellula di "COSA NOSTRA" (…) non è che sono "COSA NOSTRA".

AVV. COPPI: (…) le ho chiesto se a lei risulta?

CUCUZZA S.: no, no, no, io... e io poi gli dico di no, l'ho detto...

(…)

AVV. COPPI: (…) Le risulta (…) specificamente, che il TOTO' RIINA abbia interessato, abbia cercato di interessare il Senatore ANDREOTTI (…) per il Maxi-Processo?

CUCUZZA S.: no! Io... a chi si interessava... e... sapevo che ANDREOTTI era... così, se vogliamo dirlo, nella disponibilità dei SALVO, ma non so se RIINA, quando e come si sia interessato, io non lo so questo.

(…)

AVV. COPPI: questi SALVO erano a livello di capi in "COSA NOSTRA" o erano oggetto, diciamo di sfruttamento da parte di "COSA NOSTRA"? In altre parole contavano molto in "COSA NOSTRA", erano in grado di impartire ordini o in realtà erano soltanto ingranaggi di cui "COSA NOSTRA" si serviva?

CUCUZZA S.: no, intanto in "COSA NOSTRA" nelle loro "famiglie" avevano una carica, essendo IGNAZIO sottocapo e poi provenivano da una famiglia mafiosa, voglio dire una delle più importanti della SICILIA, perché SALEMI (…) è una "famiglia" molta antica e molto rappresentativa, fortissima. Certamente non avevano... indirizzavano quello che era... per quanto riguarda la politica, l'imprenditoria, insomma loro erano... potevano dare un indirizzo dal punto di vista politico, di portare qualcuno non portare qualcuno, sulle amicizie. E certo erano appetibili dal punto di vista diciamo, della... della comodità di avere la possibilità di averli in mano. Quindi, BADALAMENTI per un certo periodo e... BONTADE...

(…)

AVV. COPPI: ma la mia domanda era questa, insomma costoro erano dei veri e propri capi in "COSA NOSTRA" (…), io mi permetto di rappresentarle che BUSCETTA nei vari procedimenti nei quali ha reso le sue dichiarazioni su questo tema, ha escluso che i SALVO contassero molto "COSA NOSTRA" e ha ricordato piuttosto alcuni soprusi o alcune angherie che i SALVO hanno subìto da "COSA NOSTRA" nostra, a partire dal sequestro del suocero...

CUCUZZA S.: sì.

AVV. COPPI: quindi, sotto questo punto di vista sembrerebbe che i SALVO fossero più sfruttati da "COSA NOSTRA" che non capi di "COSA NOSTRA". Ecco, (…) volevo avere da lei un contributo per cercare di chiarire il significato dei SALVO per "COSA NOSTRA", proprio sulla scia della domanda del Pubblico Ministero.

CUCUZZA S.: sì, Avvocato, io lo... per quello che... che è possibile io lo farò. E... in "COSA NOSTRA" c'è una gerarchia e naturalmente i SALVO non erano ai vertici, avevano sotto di loro chi eseguiva ordini e sopra di loro chi gli dava ordini a loro stessi. Cioè, (…) IGNAZIO era sottocapo, ma sopra di lui c'era il rappresentante della sua "famiglia", poi c'era il mandamento, poi c'era il capo provinciale, per cui certamente e... vista anche come dice lei è possibile che per esempio, un capo mandamento ne sfrutti l'amicizia il potere economico. Certo, questo è possibile...

(…)

AVV. SBACCHI: senta, che rapporti aveva lei, con i cugini SALVO? (…) come rapporti personali (…) e di "COSA NOSTRA", ecco.

(…)

CUCUZZA S.: di "COSA NOSTRA" e... erano questi, che... io l'ho conosciuto i prima anni '80, ma così, scambiando... prima hanno... saluti, e poi successivamente (…) a ZAGARELLA e successivamente nella caser... qualche o assistito ad un... così, a dei discorsi con PINO GRECO. Ma non c'erano rapporti (…) di grande amicizia, ci salutavamo, (…) così, veniva con molto cordiale, ma non è che c'erano una grande amicizia.

AVV. SBACCHI: mentre i rapporti molto cordiali, se ho capito bene erano con SANGIORGI, esatto?

CUCUZZA S.: sì, perché era più o meno della mia stessa età, e quindi c'era molto più... scherzavamo con lui, perché è un tipo molto... molto alla mano, molto scherzoso.

(…)

P.M. NATOLI: ...lei ha ricordo, e più che ricordo, ha conoscenza di incontri tra BONTADE ed i cugini SALVO?

CUCUZZA S.: sì, c'erano dei rapporti buoni con... con i SALVO.

P.M. NATOLI: con i SALVO (…) intende tutti e due o sempre uno dei due in particolare?

CUCUZZA S.: no, anche tutti e due; (…) perché devo dire che prima della guerra, diciamo che i più vicini ai SALVO erano BONTADE e (…) la cordata (…) di BONTADE.

P.M. NATOLI: ho capito.

CUCUZZA S.: ...lasciamo stare BADALAMENTI.

P.M. NATOLI: comunque dico, per sua conoscenza diretta questa?

CUCUZZA S.: sì, sì.

(…)

P.M. NATOLI: senta, ancora un'altra domanda. Lei nel parlare, diciamo, della "dote" (tra virgolette) che i SALVO addussero ai corleonesi, ha parlato di appoggi nella Magistratura. E' corretto il mio ricordo?

CUCUZZA S.: correttissimo, sì.

P.M. NATOLI: i SALVO in questo caso facevano riferimento (…) alla appartenenza di questi Magistrati? Cioè, erano Magistrati palermitani, Magistrati romani o Magistrati di altre sedi, oppure genericamente fecero quell'affermazione? (…) che significava avere (…) appoggi nella Magistratura? Significa al Palazzo di Giustizia di PALERMO o anche altrove?

CUCUZZA S.: cioè, anche... principalmente PALERMO, ma comunque non escludevano, quindi (…) non hanno fatto dei limiti (…) alle possibilità; parlavano della Magistratura in senso generale; quindi non ha detto PALERMO, si parlava di... della Magistratura; loro avevano delle conoscenze per il ruolo ruolo, ma non ci siamo soffermati, non si è soffermato a... a dire chi e dove, in quali sedi.

P.M. NATOLI: ho capito.

CUCUZZA S.: si parlava in generale, diciamo.

In ordine alla credibilità soggettiva del Cucuzza, può formularsi un giudizio ampiamente positivo.

La profondità dell’anteriore radicamento del Cucuzza nell’organizzazione criminale è desumibile dalle risultanze probatorie menzionate nella sentenza n.91/90 emessa il 10 dicembre 1990 dalla Corte di Assise di Appello di Palermo. Questa pronunzia giudiziale ha, infatti, affermato la responsabilità del Cucuzza per il reato di cui all’art. 416 bis c.p., rilevando che:

  • il Buscetta ha indicato nel Cucuzza (da lui conosciuto in carcere intorno agli anni 1974-75) il capo della "famiglia" del Borgo, subentrato - quale uomo particolarmente gradito ai "corleonesi" - a Leopoldo Cancelliere nella veste di "reggente" della cosca;
  • il Contorno ha indicato nel Cucuzza il capo della "famiglia" del Borgo ricordandone le significative abituali frequentazioni con Giuseppe Greco "scarpuzzedda", Giuseppe Lucchese, Prestifilippo, Leonardo Greco ed altri personaggi di primo piano nell'organizzazione;
  • il Marino Mannoia ha confermato che il Cucuzza per un certo tempo era stato "reggente" della "famiglia" del Borgo ed aveva fatto parte (insieme ai predetti Giuseppe Greco, Lucchese e Prestifilippo) del "gruppo di fuoco" del quale si servivano, durante la "guerra di mafia", le fazioni opposte al Buscetta ed all’Inzerillo.

Il Cucuzza, dopo avere compiuto una scelta di dissociazione da "Cosa Nostra", negli ultimi mesi del 1996 ha iniziato a collaborare con la giustizia; egli ha, quindi, ammesso di essere stato affiliato all’organizzazione mafiosa nel 1975, di avere assunto una posizione di vertice nella struttura criminale (divenendo anche capo del "mandamento" di Porta Nuova – nel quale era inserita la "famiglia" del Borgo - dal dicembre 1994 al maggio 1996), e di avere commesso numerosi delitti di estrema gravità (come omicidi ed estorsioni).

Le suindicate dichiarazioni da lui rese appaiono intrinsecamente attendibili, presentando i caratteri della spontaneità, della genuinità, della specificità, della coerenza, della univocità, del disinteresse, e traendo origine dal personale coinvolgimento del soggetto nei fatti narrati.

La circostanza che i cugini Salvo abbiano instaurato intensi rapporti prima con alcuni autorevoli esponenti dello schieramento "moderato" di "Cosa Nostra" e successivamente con i "corleonesi" trova conferma nelle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Vincenzo Sinacori, esaminato all’udienza del 22 aprile 1997.

Il Sinacori ha anzitutto riferito che Antonino ed Ignazio Salvo erano "uomini d’onore" della "famiglia" di Salemi (rientrante nel "mandamento" di Mazara del Vallo), e che Ignazio Salvo era "sottocapo" della medesima cosca mafiosa, dichiarando quanto segue:

P.M. NATOLI: (…) chi è TANI SANGIORGI?

SINACORI V.: TANI SANGIORGI è un uomo d'onore della "famiglia" di SALEMI (…) che ricade nel nostro mandamento.

(…)

SINACORI V.: era il genero di NINO SALVO, nipote di IGNAZIO SALVO (…) i quali erano uomini d'onore della "famiglia" di SALEMI, (…) e in più, IGNAZIO, IGNAZIO era il sottocapo della "famiglia" di SALEMI.

P.M. NATOLI: era il sottocapo. NINO, invece?

SINACORI V.: NINO, invece, forse... credo che sia, che era soldato.

La discrasia riscontrabile tra le rispettive indicazioni del Sinacori, da un lato, e dei collaboranti Buscetta, Calderone e Cucuzza, dall’altro, circa l’esatta definizione del ruolo (di semplice "soldato" secondo il primo, di "capodecina" secondo gli altri) ricoperto da Antonino Salvo nell’ambito della "famiglia" di Salemi, è agevolmente spiegabile se si tiene conto sia della variabilità dell’organigramma della struttura criminale, sia della diversa collocazione cronologica del bagaglio conoscitivo dei dichiaranti.

In proposito, occorre infatti osservare che il Buscetta, il Calderone ed il Cucuzza, i quali hanno ricevuto notizia del fatto che Antonino Salvo era titolare della carica di "capodecina" della predetta cosca mafiosa, hanno aderito all’associazione mafiosa in epoca anteriore al 1981.

La circostanza che il Sinacori, affiliato a "Cosa Nostra" nel dicembre 1981, abbia appreso semplicemente che Antonino Salvo era inserito nell’organizzazione mafiosa, induce a ritenere che quest’ultimo abbia cessato di esercitare la predetta carica prima del momento in cui il medesimo collaborante entrò a far parte dell’illecito sodalizio.

Le difformi indicazioni dei collaboratori di giustizia sono, quindi, ricollegabili alla diversità del ruolo (in un certo periodo di "capodecina" e poi, in epoca successiva alla "guerra di mafia", di semplice "soldato") ricoperto da Antonino Salvo nel corso del tempo.

Dalla deposizione del Sinacori si desume altresì che Gaetano Sangiorgi gli riferì che i cugini Salvo conoscevano il sen. Andreotti.

Inoltre, tra la fine del mese di dicembre del 1995 e la fine del mese di marzo del 1996, anche Matteo Messina Denaro (capo del "mandamento" di Castelvetrano) riferì al Sinacori che i Salvo conoscevano il sen. Andreotti, e che prima degli anni ‘80 Gaetano Badalamenti e Stefano Bontate avevano rapporti con il sen. Andreotti tramite i Salvo.

Matteo Messina Denaro specificò che i rapporti di amicizia tra Ignazio Salvo ed il sen. Andreotti si erano protratti fino ad epoca recente.

Queste affermazioni furono compiute da Matteo Messina Denaro nel contesto di un discorso riguardante il processo pendente a carico del sen. Andreotti. Matteo Messina Denaro espresse l’opinione che il processo non sarebbe neppure iniziato se il sen. Andreotti avesse ammesso di avere conosciuto i Salvo (dato che questi ultimi erano incensurati, ed il sen. Andreotti non poteva sapere se fossero o meno mafiosi).

Il collaborante ha chiarito che Matteo Messina Denaro gli parlava di fatti riferitigli dal proprio padre Francesco Messina Denaro (capo della "provincia" di Trapani).

Il Sinacori ha esplicitato che furono queste le uniche occasioni in cui non sentì parlare del sen. Andreotti in termini negativi.

Il collaboratore di giustizia ha altresì affermato che, nell’ambito della "guerra di mafia" scoppiata negli anni ’80, i cugini Antonino ed Ignazio Salvo avrebbero dovuto essere uccisi perché erano vicini a Stefano Bontate e Gaetano Badalamenti (tanto che Tommaso Buscetta fu trovato in un villino di proprietà di Antonino Salvo, nei pressi di Palermo). I Salvo, però, erano stati risparmiati da Salvatore Riina.

Il Sinacori ha asserito che il Riina così ebbe nella propria disponibilità, dal 1982 in poi, i cugini Salvo e tutte le loro amicizie, tra cui quella con il sen. Andreotti; tuttavia, dopo il negativo esito del maxiprocesso, fece uccidere Ignazio Salvo (il quale non risultava più utile per i suoi disegni).

Il collaboratore di giustizia, a seguito delle contestazioni mossegli dalla difesa, ha, però, precisato che l’affermazione che i rapporti tra i Salvo ed il sen. Andreotti siano stati posti a disposizione dei "corleonesi" costituisce il frutto di una sua deduzione.

Secondo il Sinacori, per gli "uomini d’onore" della provincia di Trapani il "punto di riferimento per arrivare ai Salvo" era rappresentato da Paolo Rabito ("consigliere" della "famiglia" di Salemi), il quale fissava gli appuntamenti e manteneva i contatti con loro.

Il Sinacori, dopo avere preso appuntamento tramite Paolo Rabito, incontrò tre volte Ignazio Salvo nella abitazione di quest’ultimo, mentre lo stesso era sottoposto alla misura degli arresti domiciliari. Il Sinacori fu accompagnato due volte da Francesco Messina (detto "Mastro Ciccio") ed una volta da Giovan Battista Agate, il quale doveva parlare con Ignazio Salvo per un problema processuale relativo al fratello Mariano Agate. Il Sinacori ha specificato che in queste occasioni Francesco Messina, appena arrivato, portava ad Ignazio Salvo i saluti di Salvatore Riina.

Dopo la cessazione della misura degli arresti domiciliari cui era stato sottoposto Ignazio Salvo, il Sinacori si recò per due volte ad incontrarlo, insieme con Matteo Messina Denaro, in un ufficio sito nello stesso stabile.

Il Rabito fu presente in quattro dei suddetti incontri.

Il collaborante ha spiegato la necessità di rivolgersi al Rabito rilevando che, malgrado i cugini Salvo appartenessero alla "famiglia" di Salemi, "i veri rapporti con i Salvo li hanno avuti sempre i palermitani, prima Tanino Badalamenti e Stefano Bontade, e successivamente Giovanni Brusca e Totò Riina".

Prima che Ignazio Salvo fosse tratto in arresto, il Sinacori aveva avuto modo di incontrarlo a Mazara del Vallo.

Il collaboratore di giustizia ha esplicitato di avere conosciuto anche Antonino Salvo.

Le dichiarazioni rese sull’argomento dal collaborante (con eccezione di quelle relative alle circostanze riferitegli dal Sangiorgi, che saranno prese in esame nel paragrafo 3) sono di seguito riportate:

P.M. NATOLI: (…) la seconda fonte di conoscenze sul Senatore ANDREOTTI, quando io le ho chiesto (…) ne sente parlare in "COSA NOSTRA", chi è la seconda fonte?

SINACORI V.: la seconda fonte è MATTEO MESSINA DENARO. Siamo fine '95, '96, prima di essere arrestato, siccome abbiamo trascorso un periodo di latitanza insieme, e si parlava del più e del meno, un giorno (…) si è caduto nel discorso (…) in questo processo ANDREOTTI. E lui mi diceva che... cosa che mi aveva già detto TANI, nel senso che questo processo se lo era cercato ANDREOTTI, perché bastava dire che conosceva i SALVO, tanto i SALVO erano incensurati, non ci potevano fare niente, perché lui sapeva che effettivamente i SALVO conoscevano ANDREOTTI e che i rapporti li tenevano, parliamo noi nei primi... prima degli anni '80, i veri rapporti con il Senatore ANDREOTTI, mi dice il MATTEO, li aveva GAETANO BADALAMENTI STEFANO BONTADE, mi dice il MATTEO. Lui sicuramente lo avrà saputo, perché MATTEO è del '62, ci ha trentacinque anni, non è che può sapere cose... sicuramente siccome suo padre è il Capo Provinciale della provincia di TRAPANI, può essere una fonte da dove lui può apprendere queste notizie.

P.M. NATOLI: suo padre...

SINACORI V.: il padre di MATTEO MESSINA.

P.M. NATOLI: come si chiama?

SINACORI V.: FRANCESCO MESSINA DENARO.

(…)

P.M. NATOLI: ecco, che cosa aveva occasionato questo vostro discorso?

SINACORI V.: cioè, noi eravamo assieme, seguivamo... leggevamo il giornale, vedevamo la televisione, sicuramente sarà stato o qualche articolo sul giornale o qualche ripresa televisiva (…) in cui si parlava di questo processo, e io chiese se effetti... se... siccome a me non risultava un... un rapporto con ANDREOTTI, lui mi disse che effettivamente il rapporto lo avevamo GAETANO BADALAMENTI e STEFANO BONTADE, sempre tramite i SALVO.

P.M. NATOLI: voi eravate insieme per quale motivo?

SINACORI V.: eravamo latitanti.

P.M. NATOLI: eravate latitanti. Passavate insieme quel periodo di latitanza?

SINACORI V.: sì, sì, sì.

P.M. NATOLI: ricorda dove vi trovavate?

SINACORI V.: lui stava con me a casa mia, (…) dove stavo io latitante, a TRAPANI.

(…)

P.M. NATOLI: e quindi lei ricorda che questo fatto avviene, cioè questa notizia da MATTEO MESSINA DENARO (…) avviene nel periodo in cui siete (…) latitanti a TRAPANI. Quindi nel tempo riesce...

SINACORI V.: sì.

P.M. NATOLI: ...ecco!

SINACORI V.: ...fra... siccome lui è stato con me di seguito da (…) fine dicembre '95, fino a fine marzo '96.

P.M. NATOLI: quindi...

SINACORI V.: in questo periodo.

(…)

P.M. NATOLI: e lei quand'è che sente parlare (…) del Senatore ANDREOTTI in termini negativi? Se riesce a ricordarlo, negativi per voi.

SINACORI V.: ma, io... io del Senatore ANDREOTTI ne sento parlare negativamente, tranne quello che mi dice il MATTEO MESSINA DENARO, perché MESSINA DENARO MATTEO mi dice a me, mi dice che i rapporti con il Senatore ANDREOTTI ce li ha TANO BADALAMENTI e STEFANO BONTADE, sempre tramite i SALVO, sempre tramite i SALVO (…) ci hanno i rapporti (…) con il Senatore ANDREOTTI. Io il Senatore ANDREOTTI non lo so se aveva rapporti, (...) non ho mai sentito niente, a parte cose cattive.

(…)

SINACORI V.: so che (…) l'omicidio LIMA e l'omicidio SALVO sono collegati nella stessa strategia. Perché...

P.M. NATOLI: cioè?

SINACORI V.: nella stessa strategia, riferimento sempre Maxi-Processo, che non c'era stato un interessamento totale da parte di queste persone per "COSA NOSTRA". Quindi, dovevano morire.

P.M. NATOLI: lei sa come queste due persone, SALVO LIMA e IGNAZIO SALVO, avrebbero dovuto influenzare il Maxi-Processo in senso favorevole a "COSA NOSTRA"?

SINACORI V.: io posso dire che, siccome i SALVO, i SALVO io intendo NINO e IGNAZIO, nel passato erano, come ho detto poco fa, con STEFANO BONTADE e GAETANO BADALAMENTI, siccome come risaputo c'è stata una guerra negli anni '80, una guerra contro queste persone, tanto è ve... siccome i SALVO erano con queste persone, con GAETANO BADALAMENTI e con STEFANO BONTADE, tanto è vero che a MASINO BUSCETTA l'hanno trovato a casa, loro, nei pressi di PALERMO; cioè, (...) in quella occasione loro dovevano morire, perché erano con loro...

P.M. NATOLI: (…) "Loro dovevano morire" chi?

SINACORI V.: i SALVO.

P.M. NATOLI: NINO e IGNAZIO...

SINACORI V.: e IGNAZIO, sì...

(…)

P.M. NATOLI: perché, invece, NINO muore nel suo letto, sia pure...

SINACORI V.: NINO muore di tumore...

P.M. NATOLI: ...di malattia...

SINACORI V.: e IGNAZIO...

P.M. NATOLI: ...e IGNAZIO SALVO muore nel '92, dopo il Maxi-Processo?

SINACORI V.: sì, perché TOTO' RIINA... TOTO' RIINA li salva, per così dire, perché si mette in mano tutte le sue amicizie, tra cui quella del Senatore ANDREOTTI e tutti gli altri, perché loro avevano delle amicizie dappertutto; loro hanno spadroneggiato in SICILIA, a livello di Magistrati, di... di tutto; non c'erano problemi con i SALVO, nei periodi buoni. Quindi, lui li salva, si mette in mano queste... queste persone; poi, quando se le mette in mano, poi ci spara (…) a IGNAZIO SALVO, "non ci serve più IGNAZIO SALVO".

P.M. NATOLI: che significa "quando se le mette in mano"? Cioè, le persone che prima erano nelle mani di IGNAZIO SALVO, quando poi se le mette in mano RIINA, non serve più IGNAZIO SALVO? Vuole essere più chiaro su questo punto?

(…)

SINACORI V.: il RIINA, praticamente, salva IGNAZIO SALVO e NINO SALVO in una prima fase, (...) durante la guerra con STEFANO BOUTADE (...); li salva, perché dovevano morire subito loro là; loro erano coinvolti, coinvolti nel senso hanno dato alloggio a uno che noi cercavamo.

P.M. NATOLI: (...) cioè, li salva perché?

SINACORI V.: perché lui... il TOTO' RIINA si mette in mano i SALVO, TOTO' RIINA si mette in mano i SALVO, e di conseguenza le amicizie che ci hanno i SALVO.

P.M. NATOLI: e quali sono queste amicizie?

SINACORI V.: fra cui il Senatore ANDREOTTI. Non è che è solo il Senatore ANDREOTTI, i SALVO in SICILIA spadroneggiano. Perché... anche come ceto sociale, (…) i SALVO sono stati sempre dei personaggi.

P.M. NATOLI: e seguendo il suo discorso, lei ha già detto, dice: "ad un certo punto, poi, TOTO' RIINA se li prende in mano lui, e quindi uccide IGNAZIO SALVO" (…) questo passaggio successivo, questo anello successivo (…) come lo spiega?

SINACORI V.: uccide IGNAZIO SALVO perché poi l... la sentenza... ritorniamo sempre alla sentenza del Maxi-Processo. Siccome avevano interessato a... a SALVO LIMA per interessarsi di questo Maxi-Processo... il Maxi-Processo è finito male, per noi malissimo, no male, malissimo. Una dimostrazione TOTO' RIINA la doveva dare, no a lui perso... lui se l'è presa personalmente, però la doveva dare anche a "COSA NOSTRA", che TOTO' RIINA era il capo di "COSA NOSTRA".

P.M. NATOLI: SALVO LIMA attraverso chi avrebbe dovuto influenzare positivamente per voi il Maxi-Processo?

SINACORI V.: (...) io SALVO LIMA non lo conosco, non l'ho mai conosciuto. Io so i rapporti che aveva IGNAZIO SALVO. I SALVO avevano rapporti con ANDREOTTI, come mi dice MATTEO, (…) e come mi sostiene anche TANI SANGIORGI in quella famosa riunione, dove mi dice che bastava che ANDREOTTI diceva che conos... come effettivamente ci conosce, bastava dire questo che per noi non avremmo preso alcun processo, e niente. Io da lì so (…) che ci sono rapporti tra SALVO... IGNAZIO SALVO e ANDREOTTI (…) dai discorsi di MATTEO MESSINA DENARO e dai discorsi di TANI SANGIORGI.

(…)

P.M. NATOLI: ...che cosa sa su PAOLO RABITO? Lo ha conosciuto? E che cosa può dirci eventualmente dei rapporti tra PAOLO RABITO e i cugini SALVO?

SINACORI V.: sì, PAOLO RABITO era, come ho già detto, consigliere della famiglia mafiosa di SALEMI, ed era il punto di riferimento per arrivare ai SALVO; nel senso, se uno doveva parlare con i SALVO, almeno parlo della provincia di TRAPANI, lo faceva sapere a PAOLO, e PAOLO fissava l'appuntamento; era lui che teneva i contatti con i SA... perché i SALVO, nonostante fossero salemitani, hanno abitato (…) sempre a PALERMO. E...

P.M. NATOLI: scusi un istante, questo che sta appena finendo di dire, è frutto di qualcosa che le dicono altri uomini d'onore, o lei lo sperimenta personalmente?

SINACORI V.: no, io lo sperimento personalmente che i SALVO abitano a PALERMO, e lo sento dire anche in "COSA NOSTRA" che loro...

P.M. NATOLI: non che i SALVO abitino a PALERMO, credo che non ci volesse molto; dico lo sperimenta personalmente che PAOLO RABITO serve per gli appuntamenti con i SALVO?

SINACORI V.: sì, sì, lo sperimento personalmente, perché io stesso ho chiesto appuntamento per incontrare i SALVO, e parlavo con lui, e lui mi fissava l'appuntamento.

P.M. NATOLI: allora, se vuole riferire con calma e in ordine quali appuntamenti ha (…) chiesto e (…) da quale dei SALVO è andato per questi appuntamenti?

SINACORI V.: io sono andato un paio di volte con "MASTRO CICCIO" a PALERMO dai SALVO, tramite l'appuntamento prefissato con PAOLO...

P.M. NATOLI: scusi dai SALVO, chi?

SINACORI V.: da IGNAZIO SALVO.

P.M. NATOLI: da IGNAZIO SALVO.

SINACORI V.: da IGNAZIO SALVO, mentre lui si trovava agli arresti domiciliari.

P.M. NATOLI: dove è andato a trovarlo?

SINACORI V.: io sono andato a trovarlo... ci siamo dati con PAOLO, la prima volta l'appuntamento nei pressi della "STATUA DELLA LIBERTA'", e poi lui... abbiamo girato dalla parte opposta la statua, c'era un garage, scendevamo giù, lui aveva la chiave, e c'era un ascensore personale di IGNAZIO SALVO che arrivava direttamente al suo attico, questo era un ascensore solo (…) per la "famiglia" SALVO, per IGNAZIO SALVO.

(…)

P.M. NATOLI: ...l'appuntamento dove ve lo date e che strada fate?

SINACORI V.: ce lo diamo noi prima della statua, poi arrivando alla statua, arrivando alla statua, giriamo a destra, c'è una strada a destra, e poi nuovamente a destra, c'è una stradina, cammini un cinquanta metri, non lo so, sulla destra c'è uno scantinato, scendiamo giù, PAOLO e... in un garage (…) cioè c'è un cancello, PAOLO apre il cancello, scendiamo giù, a piedi, perché la macchina ce l'abbiamo posteggiata, PAOLO ci ha la chiave (…) di un ascensore personale di IGNAZIO SALVO, saliamo su, questo ascensore si ferma nell'attico di IGNAZIO SALVO. Facciamo l'appuntamento...

P.M. NATOLI: scusi un attimo, ha una chiave dell'ascensore?

SINACORI V.: sì.

P.M. NATOLI: l'ha vista lei questa chiave?

SINACORI V.: ho visto lui che apriva.

P.M. NATOLI: che cosa può dirci, se può dirci qualche cosa di più specifico?

SINACORI V.: posso dire che lui (…) ha aperto con questa chiave l'ascensore.

P.M. NATOLI: entrando nell'ascensore che cosa ha fatto? (…) come aziona l'ascensore?

SINACORI V.: io adesso non me lo ricordo come aziona l'ascensore, so che quest'ascensore era un ascensore personale di IGNAZIO SALVO, non era un ascensore dove salivano tutti, questo era un ascensore che prendeva solo lui. E arrivava (…) all'attico, dove abitava lui.

P.M. NATOLI: benissimo; arrivate nell'attico, intanto una domanda, prima di arrivare nell'attico; giù in questo scantinato nota qualche cosa? Che cosa è un magazzino, un deposito, che cosa è?

SINACORI V.: no, no, è (...) lo scantinato del palazzo.

P.M. NATOLI: e c'è, dico, che cosa, depositate delle cose...

SINACORI V.: posteggio, è (…) un garage.

P.M. NATOLI: ...uno scantinato utilizzato per parcheggio.

SINACORI V.: sì.

(…)

P.M. NATOLI: ...quindi risaliamo di nuovo con l'ascensore nell'attico di IGNAZIO SALVO...

SINACORI V.: nell'attico di IGNAZIO SALVO...

P.M. NATOLI: chi siete e che cosa avviene?

SINACORI V.: siamo io, "MASTRO CICCIO" e PAOLO RABITO.

P.M. NATOLI: e su trovate?

SINACORI V.: e siccome... lui lo sa che dobbiamo arrivare noi...

P.M. NATOLI: dico su trovate chi?

SINACORI V.: IGNAZIO SALVO, (...) perché lui ci aspetta, (...) in quell'occasione c'era una cameriera, che era forse una filippina, qualcosa del genere.

P.M. NATOLI: (...) quindi quante volte lei va a casa di IGNAZIO SALVO mentre si trova agli arresti domiciliari (…) seguendo questo percorso?

SINACORI V.: mentre era agli arresti domiciliari ci vado, credo tre volte.

P.M. NATOLI: sempre con "MASTRO CICCIO"?

SINACORI V.: una volta con BATTISTA AGATE.

P.M. NATOLI: chi è BATTISTA AGATE?

SINACORI V.: BATTISTA AGATE è uomo d'onore di MAZARA, e fratello di MARIANO AGATE.

P.M. NATOLI: fratello di MARIANO AGATE. E dicevo seguendo sempre questo percorso?

SINACORI V.: no, perché (…) le volte successive, siccome noi già sapevamo dove... dove era questo garage, PAOLO si faceva trovare davanti al garage, noi posteggiavamo la macchina nei paraggi, e ci andavamo a piedi, e lui si faceva trovare davanti il garage, però prendevamo sempre questo ascensore personale di IGNAZIO SALVO per andare su. (…) non ci davamo più appuntamento alla statua.

P.M. NATOLI: ho capito, quindi quella è stata solo la prima volta, perché non sapevate dove andare.

SINACORI V.: sì, quando arrivavo tanti saluti... "MASTRO CICCIO" gli diceva sempre "tanti saluti dallo ZU' TOTUCCIO".

PRESIDENTE: ma questi incontri in quali tempi so...

SINACORI V.: lui era agli arresti domiciliari.

PRESIDENTE: sì, e va be', in che tempo, non la sa precisare, in quale anno, insomma ecco?

SINACORI V.: io non riesco a collocarlo, so soltanto che era agli arresti domiciliari, perché... lo so perché quando ci andavamo dovevamo essere anche un poco prudenti e cauti, ad andarci, anche se loro si... il PAOLO ci diceva che questo era un ascensore personale e che non lo sapeva nessuno, anche se... se per caso doveva arrivare la Polizia a controllare a IGNAZIO SALVO, noi avevamo la possibilità di scendere, io...

P.M. NATOLI: e la Polizia da dove sarebbe salita?

SINACORI V.: dall'ascensore quello principale, che c'è dall'altra parte, dalla portineria.

P.M. NATOLI: e, e questa portineria dava...

SINACORI V.: nella "STATUA DELLA LIBERTA'".

P.M. NATOLI: quindi rispetto a questo garage (…) scantinato?

SINACORI V.: alle spalle.

P.M. NATOLI: (…) per individuare meglio questa strada, lei ricorda vicino a questa strada, a questo garage/scantinato, qualche cosa in particolare...

(…)

SINACORI V.: ...là ci doveva essere il "BAR SICILIA", credo.

P.M. NATOLI: il "BAR SICILIA".

SINACORI V.: sì.

(…)

P.M. NATOLI: questi incontri quanto durano? Cioè sono fugaci, visto e considerato...

SINACORI V.: no, sono... sono appuntamenti che durano un'ora, due ore, dipende dai discorsi.

P.M. NATOLI: quindi senza alcuna preoccupazione di tempo?

SINACORI V.: no, no, no.

P.M. NATOLI: poi lei ha incontri con IGNAZIO SALVO, solo ed esclusivamente quando IGNAZIO SALVO è agli arresti domiciliari, o anche in periodi diversi?

SINACORI V.: no, il periodo in cui lui è libero lo incontro in un...

P.M. NATOLI: libero prima degli arresti domiciliari...

SINACORI V.: no, no...

P.M. NATOLI: ...o dopo?

SINACORI V.: ...successivamente, dopo.

P.M. NATOLI: quindi dopo gli arresti domiciliari.

SINACORI V.: dopo gli arresti domiciliari, ehm...

P.M. NATOLI: dove lo incontra?

SINACORI V.: lo incontro sempre dalla parte di questo garage, più avanti c'era un ufficio che era suo, e facevamo appuntamenti là, ho fatto una...

P.M. NATOLI: vuole descrivere questo ufficio, a che piano si trova?

SINACORI V.: siamo a piano terra, c'era un ufficio, entravamo là...

PRESIDENTE: dello stesso palazzo?

SINACORI V.: lo stesso palazzo, però non è... lo stesso lato del garage, più avanti.

P.M. NATOLI: quindi siamo nello stesso palazzo in cui c'è l'attico di IGNAZIO SALVO?

SINACORI V.: sì, nello stesso palazzo...

P.M. NATOLI: benissimo. L'ingresso principale vuole ridirci da che parte sta?

SINACORI V.: sempre alle spalle.

P.M. NATOLI: mi scusi alle spalle... partiamo, l'ingresso principale sa su quale strada si apre?

SINACORI V.: su... dalla parte della statua.

P.M. NATOLI: dalla "STATUA DELLA LIBERTA'"; questo garage al quale lei ha fatto riferimento si trova rispetto all'ingresso principale, dove?

SINACORI V.: alle spalle.

P.M. NATOLI: alle spalle. L'ufficio del quale ha finito di parlare, rispetto all'ingresso del garage viene prima, viene dopo...

SINACORI V.: no, (…) sempre alle spalle, siamo.

P.M. NATOLI: sì, ma dico, arrivando al garage, l'ufficio (…) è prima del garage o dopo il garage?

SINACORI V.: dopo il garage.

P.M. NATOLI: dopo il garage.

SINACORI V.: sempre sul lato destro.

P.M. NATOLI: sempre sul lato destro di questa strada. A che piano si trova?

SINACORI V.: piano terra.

P.M. NATOLI: piano terra. Vuole descriverlo, c'è un portone di ingresso, c'è qualcos'altro?

SINACORI V.: c'è un portone che c'è... una porta a vetro.

P.M. NATOLI: c'è una porta a vetri, e quindi...

(…)

SINACORI V.: entriamo, là ci sono diverse... diverse stanze, noi ci siamo messi...

P.M. NATOLI: mi scusi, prima delle stanze vorrei fotografare l'ingresso dell'ufficio, c'è una porta a vetri, che cosa significa? E' una casa o qualcos'altro?

SINACORI V.: è un... sono uffici, Dotto'.

P.M. NATOLI: l'ho capito che sono uffici, ma originariamente che cosa erano? Si intuisce, perché c'è...

SINACORI V.: no, (…) non lo so che cosa era originariamente, io vedo ufficio (…) ben arredato e tutto, se... se poi era garage io non lo so.

P.M. NATOLI: no, lasci perdere il garage, non l'ha detto nessuno; lei parla di una porta a vetri (…), che cosa intende dire con questi vetri? (…) cioè sono vetri normali così come in qualsiasi casa, che si aprono...

SINACORI V.: no, c'è una porta a vetro, cioè c'è l'ingresso è costituito da una vetrata con una porta.

P.M. NATOLI: quindi l'ingresso è costituito da una vetrata?

SINACORI V.: sì.

P.M. NATOLI: oh, davanti alla vetrata c'è qualche cosa?

SINACORI V.: sicuramente c'era la saracinesca, però era alzata, io non lo so.

P.M. NATOLI: ah, quindi lei non l'ha vista?

SINACORI V.: no!

P.M. NATOLI: oh, benissimo. Entriamo dentro, quindi stava dicendo, è un ufficio ben arredato...

SINACORI V.: sì.

P.M. NATOLI: ...che cosa... che cosa c'è? Su quante stanze si sviluppa, come sono?

SINACORI V.: noi... noi entriamo in una stanza dove lui ci fa accomodare, IGNAZIO SALVO, sia a me che a MATTEO MESSINA DENARO, ci fa accomodare in una stanza, ci mettiamo là, siccome era MATTEO che ci doveva parlare, e ci siamo messi là e MATTEO ci ha parlato (…) per un problema riguardante (…) il "PARADISE BEACH", l'albergo che c'è a SELINUNTE, che siccome MATTEO sapeva che...

P.M. NATOLI: non ci interessa l'oggetto, quindi era relativo al "PARADISE BEACH", perché anche questo credo che sia un problema che riguarda un altro processo. Quindi, quante volte ci va lei, nel momento in cui IGNAZIO SALVO non è più agli arresti domiciliari? Questa è un'occasione con MATTEO MESSINA DENARO...

SINACORI V.: e un'altra volta sempre con MATTEO, sempre per problemi che avevano su CASTELVETRANO.

P.M. NATOLI: oh, allora complessivamente quante volte lei va a trovare IGNAZIO SALVO, quando è agli arresti domiciliari, quante volte?

SINACORI V.: ho detto tre volte, due, cinque volte complessivamente.

P.M. NATOLI: cinque volte. Alcune volte ho sentito dire con "MASTRO CICCIO", poi?

SINACORI V.: una volta con BATTISTA AGATE...

P.M. NATOLI: una volta con AGATE con GIOVAN BATTISTA AGATE...

SINACORI V.: e due volte quaggiù, con MATTEO MESSINA... MESSINA DENARO.

P.M. NATOLI: e due volte con MATTEO MESSINA DENARO; e invece, e altre due volte quando lui è libero.

SINACORI V.: no, altre due volte, queste sono, quando lui è libero, e qui sono nell'ufficio.

P.M. NATOLI: ah, scusi, quindi sono cinque volte a casa e due volte...

SINACORI V.: no...

PRESIDENTE: sono cinque volte complessive.

P.M. NATOLI: cinque volte complessivamente.

SINACORI V.: sì, sì.

P.M. NATOLI: è così, o mi sbaglio io?

SINACORI V.: sì, sì.

P.M. NATOLI: cinque volte complessivamente. Tutte e cinque le volte per andare a trovare IGNAZIO SALVO, lei si rivolge a lei o comunque altri, e lei lo sa, indirettamente, si rivolgono a PAOLO RABITO?

SINACORI V.: sì. PAOLO RABITO o GASPARE CASCIOLO, però anche se parliamo con GASPARE CASCIOLO che è il rappresentante di SALEMI, GASPARE sempre con PAOLO parla.

(…)

P.M. NATOLI: ...tutte e cinque le volte vede, cioè PAOLO RABITO partecipa a questi incontri?

SINACORI V.: sì, (…) tranne l'ultima che non... non c'era, (…) non lo so perché non c'era.

P.M. NATOLI: ...in quattro di questi incontri...

SINACORI V.: sì.

P.M. NATOLI: ...è presente PAOLO RABITO. Senta, e chi ve lo dice, per quale motivo c'era la necessità di passare attraverso PAOLO RABITO?

SINACORI V.: cioè secondo le regole di "COSA NOSTRA", non ci doveva essere (…) alcun motivo, perché siccome loro sono salemitani, cioè appartengono alla "famiglia" di SALEMI, di conseguenza al nostro mandamento, come regola di "COSA NOSTRA", li potevamo mandare a chiamare e loro dovevano venire. Ma siccome con i SALVO non ha mai funzionato così, almeno (…) per quello che mi ricordo io, perché pur essendo salemitani, i veri rapporti con i SALVO li hanno avuti sempre i palermitani, prima TANINO BADALAMENTI e STEFANO BONTADE, e successivamente GIOVANNI BRUSCA e TOTO' RIINA. Ehm... e per noi era... però funzionava così, e doveva funzionare così, nessuno poteva parlare.

(…)

AVV. COPPI: lei ha parlato con MESSINA DENARO, poi del processo ANDREOTTI, ricorda se MESSINA DENARO le disse che ANDREOTTI aveva sbagliato a non riconoscere la sua amicizia con i SALVO?

SINACORI V.: sì, me lo disse, difatti...

AVV. COPPI: oh! In che cosa consisteva l'errore?

SINACORI V.: l'errore consisteva nel fatto che ANDREOTTI non aveva ammesso la conoscenza con... con i SALVO.

AVV. COPPI: sì, ma perché era uno sbaglio...

(…)

SINACORI V.: ...se lui diceva che se ANDREOTTI avrebbe ammesso questo conoscenza, non sarebbe partito neanche il processo (...) perché i SALVO era una persona incensurata, e ANDREOTTI non è che poteva sapere se i SALVO erano mafiosi, o non erano mafiosi.

AVV. COPPI: va bene. Senta, a lei risulta che le richieste di "COSA NOSTRA", di uomini di "COSA NOSTRA", venivano trasmesse sempre attraverso i cugini SALVO, al Senatore ANDREOTTI, secondo quello che lei ha appreso ovviamente...

SINACORI V.: no, a me questo...

AVV. COPPI: (…) o le risulta che i SALVO abbiano messo direttamente in contatto, persone di "COSA NOSTRA", con il Senatore ANDREOTTI?

SINACORI V.: a me mi risulta, per come mi è stato detto, e come ripeto da... dal SANGIORGI e da MATTEO MESSINA DENARO, che i SALVO conoscevano ANDREOTTI, questo mi risulta a me, e questo ho detto.

(…)

AVV. COPPI: lei ha detto che MATTEO MESSINA DENARO, le disse che i SALVO conoscevano il Senatore ANDREOTTI, adesso vorrei sapere, sempre MATTEO MESSINA DENARO, le disse anche che i cugini SALVO, presentavano, mettevano in contatto direttamente con il Senatore ANDREOTTI, persone di "COSA NOSTRA"...

SINACORI V.: no...

AVV. COPPI: ...che volevano conoscere il Senatore ANDREOTTI?

SINACORI V.: ...no, questo non me lo disse.

AVV. COPPI: non glielo ha detto. Oh! Lei ha parlato con MATTEO MESSINA DENARO, solo di fatti che questo MATTEO MESSINA DENARO conosceva direttamente, o ha parlato anche di fatti che MATTEO MESSINA DENARO conosceva attraverso altre fonti?

SINACORI V.: MATTEO MESSINA DENARO, mi parlava di fatti (…) che lui aveva saputo da suo padre.

(…)

AVV. COPPI: benissimo. A lei risulta che i SALVO, dopo la morte di BONTADE, l'uccisione di BONTADE, passarono tra le fila dei corleonesi?

SINACORI V.: sì.

AVV. COPPI: i SALVO misero a disposizione dei corleonesi tutte le loro conoscenze, lei ha detto questa mattina, compreso anche quella di IGNAZIO SALVO dopo di che...

VOCE: no, no, di ANDREOTTI.

AVV. COPPI: scusi, co... certo, compresa, compresa anche quella di ANDREOTTI, dopo di che IGNAZIO SALVO, venne ucciso. Può indicarci il periodo di tempo in cui sarebbe avvenuta questa messa a disposizione del Senatore ANDREOTTI da parte di IGNAZIO SALVO ai corleonesi?

SINACORI V.: dall'82 fino a quando è morto IGNAZIO SALVO.

AVV. COPPI: quindi lei conferma che IGNAZIO SALVO, avrebbe messo a disposizione di TOTO' RIINA e dei corleonesi, tutte le sue conoscenze, compresa anche quella del Senatore ANDREOTTI, è d'accordo?

SINACORI V.: sì.

AVV. COPPI: ecco, allora senta, io le contesto, che per ben due volte, nel verbale del 20 febbraio del 1997, lei ha detto esattamente il contrario, le leggo i punti (…). Alla pagina 29, il Pubblico Ministero le fa questa domanda: (…) "qual era il vostro rapporto con i SALVO? Perché ritengo secondo logica, che anche queste conoscenze dei SALVO, quindi prima fra tutte questa con l'Onorevole ANDREOTTI, dovesse essere messa a vostra disposizione", lei risponde: "secondo la logica dovrebbe essere così, ma non è mai stata così, per quello a mia conoscenza". Adesso passiamo a pagina 36, (…) il Pubblico Ministero le chiede: "quindi non sa, non sa altro? Ma le chiedo allora questi rapporti tra i SALVO ed ANDREOTTI", lei risponde: "c'erano", "sì ed erano stati - Pubblico Ministero - per quello che lei sa, messi a disposizione? Ossia erano stati utilizzati da "COSA NOSTRA"?" "Io credo di sì, però a me non risulta dottore, io credo di sì, perché come le ho detto poco fa", il Pubblico Ministero gli dice: "no, lei per conoscenze personali, non...", SINACORI: "non lo so".

(…)

AVV. COPPI: quindi sono due cose completamente diverse, oggi si dice che la conoscenza di ANDREOTTI è stata messa a disposizione di TOTO' RIINA e dei corleonesi, allora, una volta lo ha escluso, e la seconda volta ha detto: "credo di sì, ma personalmente non ne so niente"...

(…)

PRESIDENTE: allora, lei che cosa ha da dire su quello che lei ha dichiarato in precedenza e che l'Avvocato Coppi le ha letto, dica!

SINACORI V.: io ho detto che quello che so io, dei rapporti di ANDREOTTI, (…) con IGNAZIO SALVO, l'ho saputo da TANI SANGIORGI, e MATTEO MESSINA DENARO, loro mi dicono che si conoscono, che TANI SANGIORGI, nel '93 mi dice, nel '93 mi dice che i rapporti ci sono, (…) tra IGNAZIO SALVO e il Senatore ANDREOTTI, stessa cosa mi dice il MATTEO MESSINA DENARO, io me ne vado dietro (…) le cose che mi dicono queste due persone, io non ho mai detto che io so cose specifiche (…) del Senatore ANDREOTTI, io non lo conosco il Senatore ANDREOTTI.

PRESIDENTE: la domanda è un'altra, cioè se la conoscenza di ANDREOTTI, del Senatore ANDREOTTI da parte dei (…) SALVO, fu messa a disposizione dei corleonesi...

(…)

SINACORI V.: ...allora, quello che dico io, è che non mi risulta personalmente, però ho fatto io poco... innanzi... avevo fatto la premessa, che siccome IGNAZIO SALVO, erano prima con STEFANO BONTADE e TANINO BADALAMENTI, e loro tramite IGNAZIO SALVO avevano i rapporti con ANDREOTTI, successivamente alla guerra di mafia, e quindi nel momento in cui TOTO' RIINA si mette nelle mani ai SALVO, si mette in mano ai SALVO, per me è automatico...

AVV. COPPI: ma glielo dissero o è una...

SINACORI V.: no, no...

AVV. COPPI: ...sua deduzione?

SINACORI V.: ...no, non me lo dissero.

(…)

AVV. COPPI: va bene. Senta, e prima dell'arresto, badi, prima dell'arresto di IGNAZIO SALVO, noi abbiamo sentito che lei si è incontrato con IGNAZIO SALVO, dopo il suo arresto, prima dell'arresto, lei aveva mia incontrato IGNAZIO SALVO?

SINACORI V.: sì, sì.

AVV. COPPI: l'aveva incontrato anche prima.

SINACORI V.: sì.

AVV. COPPI: adesso ci vuole dire...

SINACORI V.: ma non... l'ho incontrato a MAZARA, non l'ho incontrato...

PRESIDENTE: a MAZARA.

AVV. COPPI: a MAZARA. L'aveva incontrato molto spesso, di frequente?

SINACORI V.: no, no, molto spesso no, non avevo niente da...

AVV. COPPI: e le occasioni invece dei suoi incontri con IGNAZIO SALVO, dopo l'arresto, furono soltanto perché lei accompagnava persone che dovevano parlare con SALVO IGNAZIO?

SINACORI V.: sì.

AVV. COPPI: lei non aveva motivi particolari, quindi per incontrarsi con...

SINACORI V.: no.

AVV. COPPI: ...IGNAZIO SALVO.

SINACORI V.: no.

(…)

AVV. SBACCHI: (…) lei dice di essersi... di essere stato affiliato alla fine dell'81, esatto? Ricordo bene?

SINACORI V.: ricorda bene, sì.

AVV. SBACCHI: sì. E lei allora che sa della guerra di mafia che, diciamo, è di quel periodo? ...o comincia un po' prima, dovrebbe cominciare aprile '81 con (…) l'omicidio BONTADE.

SINACORI V.: solo... quello che so io, quello che mi è stato detto a me, che il gruppo BONTADE (…) voleva prendere il sopravvento (…) sul gruppo RIINA, e c'è stata la guerra.

AVV. SBACCHI: sì. Lei ha detto, tra le altre cose, che cercavano BUSCETTA.

SINACORI V.: sì.

AVV. SBACCHI: sì. Perché veniva cercato BUSCETTA? Lei, parlando dei SALVO, ha detto che avevano (…) in qualche modo ospitato il BUSCETTA, che era ricercato.

SINACORI V.: sì, perché BUSCETTA faceva parte del gruppo (…) di BADALAMENTI.

AVV. SBACCHI: ma BUSCETTA non le risulta che fosse in BRASILE quando comincia questa guerra di mafia?

SINACORI V.: no, a me non mi risulta. Io poi ho sentito che l'hanno arrestato a casa di... di NINO SALVO, (…) al mare, in un villino al mare, là, che era di proprietà di NINO SALVO.

AVV. SBACCHI: questo è quello che sa lei?

SINACORI V.: sì.

AVV. SBACCHI: quindi lei sa che BUSCETTA era schierato, diciamo, con BONTADE?

SINACORI V.: sì...

AVV. SBACCHI: e questo...

SINACORI V.: ...e con BADALAMENTI, perché la gue...

AVV. SBACCHI: era schierato con BONTADE e con BADALAMENTI.

SINACORI V.: sì.

AVV. SBACCHI: e questo era il motivo per cui i SALVO dovevano essere in qualche modo puniti, se ho capito...

SINACORI V.: no, no...

AVV. SBACCHI: ...bene?

SINACORI V.: ...no solo per... perché i SALVO erano amici di BADALAMENTI e STEFANO BONTADE, e di conseguenza di MASINO BUSCETTA.

AVV. SBACCHI: e di conseguenza di...

SINACORI V.: tanto è vero che l'hanno trovato a casa sua.

(…)

AVV. SBACCHI: sa soltanto questo. Oh. Senta, lei ha detto di conoscere IGNAZIO SALVO. Ha conosciuto anche NINO SALVO?

SINACORI V.: sì.

AVV. SBACCHI: oh. IGNAZIO SALVO o NINO SALVO le hanno mai detto di conoscere il Presidente ANDREOTTI?

SINACORI V.: no.

AVV. SBACCHI: non le hanno mai detto...

SINACORI V.: no, io conoscevo i SALVO, parliamo (…) prima di morire NINO SALVO, (…) ma io non è che avevo confidenza con lui, io ero un semplice soldato, loro venivano e parlavano o con... o con TAMBURELLO o con "MASTRO CICCIO", non è che parlavano con me.

AVV. SBACCHI: comunque, diciamo, non le hanno mai detto...

SINACORI V.: no.

AVV. SBACCHI: lei però dopo, diciamo, ha avuto modo di parlare e di incontrare IGNAZIO SALVO.

SINACORI V.: sì.

AVV. SBACCHI: esatto?

SINACORI V.: esatto.

AVV. SBACCHI: oh. In questa, diciamo, fase successiva, quando lei assume evidentemente un qualche ruolo nell'organizzazione, IGNAZIO SALVO le ha mai detto di conoscere il Presidente ANDREOTTI?

SINACORI V.: no, non me l'ha...

AVV. SBACCHI: non...

SINACORI V.: ...non l'ha mai detto.

AVV. SBACCHI: senta, lei è stato, ha detto, cinque volte in casa di SALVO. Per quali ragioni? Ci può spiegare?

SINACORI V.: perché accompagnavo "MASTRO CICCIO"...

AVV. SBACCHI: sì.

SINACORI V.: ...ho accompagnato due vo...

AVV. SBACCHI: ma lei partecipava ai colloqui? Questo...

SINACORI V.: sì, ero là, però mi sedevo in un... nel divano assieme a PAOLO, e loro parlavano sempre nella stessa stanza, però loro parlavano. Io ho accompagnato due volte a "MASTRO CICCIO", come ho già detto, e una volta a BATTISTA AGATE. BATTISTA AGATE credo per problemi di processo di suo fratello, però non so di specifico il fatto; so che do... siccome lo accompagnai io, perché BATTISTA non lo sapeva dove doveva andare, lo accompagni, che doveva parlare con IGNAZIO SALVO per problemi di processo.

(…)

AVV. SBACCHI: sì. Quando lei... poi c'è un momento in cui parla di amicizie, dopo la guerra di mafia, cioè dopo l'omicidio BONTADE, che transitano dal gruppo BADALAMENTI...

PRESIDENTE: amicizie...

AVV. SBACCHI: ...BONTADE...

PRESIDENTE: ...di chi? Amicizie di chi?

AVV. SBACCHI: amicizie dei SALVO.

PRESIDENTE: eh.

AVV. SBACCHI: che transitano... Scusi Presidente, mancava questo passaggio. Cioè, che passano dal BONTADE a, invece, al gruppo corleonese.

SINACORI V.: sì.

AVV. SBACCHI: dico, questo come le risulta o, se le risulta...

SINACORI V.: questo mi risulta...

AVV. SBACCHI: ...come le risulta...

SINACORI V.: ...come...

AVV. SBACCHI: ...o è una sua deduzione?

SINACORI V.: no, questo mi risulta prima perché, come ripeto, il TANI SANGIORGI mi dice in quella riunione che...

AVV. SBACCHI: no, io sto dicendo...

SINACORI V.: e io...

AVV. SBACCHI: ...cose diverse.

SINACORI V.: e io... e io le sto spiegando... e poi ci arrivo là. Che TANI SANGIORGI in quell'occasione mi dice che se ANDREOTTI avesse ammesso la conoscenza con i SALVO, come effettivamente (...) si conoscevano, questo... quindi, già per me questa era una cosa; poi il fatto che MATTEO mi dice che i rapporti (…) ce l'aveva (…) con ANDREOTTI i SALVO, prima con... prima tramite (…) BADALAMENTI e BONTADE; e poi il fatto che, io credo di averlo detto questa mattina, siccome i SALVO appartenevano al gruppo BADALAMENTI e BONTADE, ed essendo usciti indenni dalla guerra di mafia nell'80, siccome... il RIINA si aveva preso (…) tutte le amicizie (…) del SALVO.

AVV. SBACCHI: dico, ma quest...

PRESIDENTE: come lo sa? Questo vuole sapere l'Avvocato. Come lo sa questo? Come lo sa questo?

SINACORI V.: come so che cosa?

PRESIDENTE: questo che ha detto...

AVV. SBACCHI: queste amicizie che (…) si sarebbero...

SINACORI V.: perché me lo dice MATTEO.

AVV. SBACCHI: ma MATTEO le dice esattamente quello che lei ha detto poc'anzi?

SINACORI V.: e mi ha...

AVV. SBACCHI: ...che ha detto pure stamattina?

SINACORI V.: MATTEO mi dice che le amicizie de... che i SALVO hanno l'amicizia con ANDREOTTI; MATTEO mi dice che i SALVO (…) hanno l'amicizia con ANDREOTTI; fino a ultimamente, prima di morire IGNAZIO SALVO, che erano amici di ANDREOTTI. MATTEO... siccome io so (…) che i SALVO conoscono AND... che i SALVO... che TOTO' RIINA si conosce con i SALVO, perché mi costa personalmente, che noi, quando andavamo dai SALVO, (…) gli mandavamo sempre i saluti dello "ZU' TOTUCCIO", e loro ripetevano sempre: "tanti saluti, ricambiamo". Io questo so...

AVV. SBACCHI: quindi (…) lei sa quello che le ha detto (…) MESSINA DENARO...

SINACORI V.: sì, sì.

AVV. SBACCHI: ...quello che le ha detto SANGIORGI...

SINACORI V.: e quello...

AVV. SBACCHI: ...è il fatto che il RIINA conoscesse SALVO...

SINACORI V.: sì.

AVV. SBACCHI: ...nella sostanza?

SINACORI V.: sì, sì.

AVV. SBACCHI: oh! Senta, per quanto riguarda il quinto appuntamento di cui ha parlato lei, o comunque uno dei cinque (…) incontri che lei ha avuto con IGNAZIO SALVO in casa o in ufficio, sono cinque complessivamente; a uno, RABITO lei ha detto che non c'era.

SINACORI V.: sì.

AVV. SBACCHI: in quell'occasione chi vi accompagnò, come fu preso l'appuntamento?

SINACORI V.: no... l'appuntamento lo prese sempre il RABITO. Il RABITO ci disse solo che lui non ci poteva venire, ci disse: "a tale..."... tale giorno, tale orario, lui... siccome noi sapevamo dove, dov'era, ci siamo andati.

(…)

P.M. NATOLI: (…) E' a conoscenza dei rapporti di fatto che esistevano tra IGNAZIO SALVO e GASPARE CASCIOLO?

SINACORI V.: e... i rapporti tra IGNAZIO SALVO e GASPARE CASCIOLO...

P.M. NATOLI: intanto vuole ricordarci, all'interno della "famiglia", quali erano i ruoli (…) di questi due soggetti?

SINACORI V.: sì. Il GASPARE CASCIOLO era il rappresentante della "famiglia" di SALEMI, e IGNAZIO SALVO era il sottocapo, sarebbe il vice rappresentante.

P.M. NATOLI: sì.

SINACORI V.: i rapporti non sono mai stati buoni, no da parte di GASPARE CASCIOLO contro IGNAZIO SALVO, IGNAZIO SALVO aveva un carattere particolare, era un tipo arrogante, (…) siccome il GASPARE CASCIOLO era (…) una brava persona, nel senso che era buono d'animo, e (…) IGNAZIO SALVO ci faceva un sacco di angherie; cioè, sulla carta il rappresentante era GASPARE CASCIOLO, ma di fatto, chi comandava a SALEMI era IGNAZIO SALVO.

P.M. NATOLI: ho capito!

SINACORI V.: ...per la sua personalità, perché... quello si lasciava... queste cose li so, perché poi, dopo la morte di IGNAZIO SALVO (…) GASPARE CASCIOLO incominciò a dirmi come lo trattava, lo trattavano male (…) IGNAZIO SALVO trattava male a (…) GASPARE CASCIOLO.

L’inesattezza nella quale è incorso il Sinacori, sostenendo di avere sentito che il Buscetta era stato tratto in arresto mentre si trovava in un villino di proprietà di Antonino Salvo, è frutto di una sovrapposizione di ricordi tra la notizia della cattura del Buscetta e la notizia che l’autorità giudiziaria aveva accertato che costui aveva trascorso parte della sua latitanza in un immobile avente caratteristiche del tutto analoghe a quelle descritte dal Sinacori. Si tratta di un’incertezza mnemonica dovuta al lungo tempo trascorso, la quale non incide sulla complessiva attendibilità del collaborante.

Quanto alla credibilità soggettiva ed al disinteresse del Sinacori, può formularsi un giudizio pienamente positivo, sulla base delle argomentazioni sviluppate nel paragrafo 3.

La suesposte affermazioni da lui compiute presentano un contenuto rappresentativo caratterizzato da notevole ricchezza di dettagli e precisione di riferimenti, oltre che da coerenza logica e da spontaneità di espressione.

Deve, inoltre, riconoscersi l’affidabilità delle dichiarazioni de relato dal collaboratore di giustizia, che hanno ad oggetto circostanze comunicategli da un altro esponente di vertice di "Cosa Nostra", come Matteo Messina Denaro, il quale riponeva in lui una fiducia tale da soggiornare per diversi mesi, durante la latitanza, nella stessa abitazione del Sinacori, non aveva alcuna ragione per fornirgli false informazioni su un argomento estremamente delicato, e poteva avvalersi del babaglio conoscitivo proprio del padre Francesco Messina Denaro, inserito ai massimi livelli dell’organizzazione mafiosa.

Dal contenuto rappresentativo delle dichiarazioni del Sinacori vanno, evidentemente, escluse le sue deduzioni, quali sono state enucleate nel corso del controesame. Ciò vale, segnatamente, per la circostanza che i Salvo abbiano "messo a disposizione" dei "corleonesi" la loro conoscenza del sen. Andreotti. Le risposte fornite dal collaboratore di giustizia a fronte delle contestazioni della difesa hanno, infatti, consentito di chiarire che egli era giunto a questa conclusione attraverso un ragionamento deduttivo che prendeva le mosse da due dati a sua conoscenza: la circostanza che il Bontate ed il Badalamenti in passato avevano intrattenuto rapporti con il sen. Andreotti attraverso i Salvo, ed il fatto che dopo la "guerra di mafia" il Riina si era "messo in mano" i Salvo.

Converge con questa ricostruzione dell’accaduto quella esposta dal collaboratore di giustizia Francesco Marino Mannoia, esaminato alle udienze del 4 e 5 novembre 1996.

Il Marino Mannoia ha dichiarato di avere conosciuto i cugini Antonino ed Ignazio Salvo subito dopo la sua affiliazione alla "famiglia" di Santa Maria di Gesù, avvenuta nel 1975, e di avere poi avuto la possibilità di vederli in alcune occasioni in cui essi si recavano ad incontrare Stefano Bontate.

Intorno al 1978, Antonino Salvo fu presentato ufficialmente al Marino Mannoia come "uomo d’onore" della "famiglia" di Salemi. In quella stessa occasione, ma non in presenza di Antonino Salvo, il Bontate riferì al Marino Mannoia che anche Ignazio Salvo era "uomo d’onore" della stessa "famiglia". Il Bontate non presentò al Marino Mannoia anche Ignazio Salvo in quanto intendeva rispettare il carattere schivo di costui. Il Bontate fece presente al Marino Mannoia che l’appartenenza dei Salvo a "Cosa Nostra" era molto riservata e non era stata resa nota a moltissimi "uomini d’onore", in considerazione del ruolo rivestito dai Salvo, della funzione esattoriale da essi esercitata, delle loro amicizie nel mondo finanziario, del loro inserimento nel mondo politico.

La qualità di "uomini d’onore" dei cugini Salvo era conosciuta da alcuni soltanto dei componenti della "famiglia" di Santa Maria di Gesù, e non era nota fuori dell’ambiente di "Cosa Nostra".

Anche prima di conoscere il ruolo dei Salvo all’interno di "Cosa Nostra", il Marino Mannoia aveva visto il Bontate in loro compagnia, nelle vicinanze dell’esattoria comunale e nell’abitazione del Badalamenti.

Il Bontate aveva conosciuto i cugini Salvo attraverso Gaetano Badalamenti. I Salvo, che erano già strettamente legati al Badalamenti, successivamente stabilirono un simile rapporto anche con il Bontate. La loro frequentazione con il Bontate si intensificò dal 1977 in poi.

Il Bontate spesso si recava ad incontrare Antonino Salvo presso l’Hotel Zagarella.

Antonino Salvo fornì al Bontate, per circa due mesi, un’Alfetta blindata in un periodo molto critico per "Cosa Nostra": quello – collocato intorno alla fine del 1978 - in cui il Badalamenti era stato espulso dalla "commissione" ed il Bontate aveva rifiutato di dimettersi.

Verso la fine del 1978, o nel 1979, Antonino Salvo chiese al Bontate di dare una "lezione" dimostrativa a Gaetano Sangiorgi, perché quest’ultimo era un soggetto spavaldo ed irascibile. Il Bontate diede ordine di togliere al Sangiorgi le chiavi della sua autovettura ed una pistola che costui portava addosso. Il Marino Mannoia, insieme ad altri, diede quindi la "lezione" al Sangiorgi.

Il Bontate, discutendo con il Marino Mannoia, era assolutamente riservato in ordine ai legami dei cugini Salvo con il mondo della politica, ma parlava del fatto che i Salvo erano inseriti in "Cosa Nostra", della loro parte nell’economia italiana e siciliana, dei loro contatti con il Badalamenti.

Il Marino Mannoia era a conoscenza del fatto che il Buscetta, durante il suo soggiorno a Palermo nel 1980, era stato ospitato dai Salvo.

Dopo la morte del Bontate, il Riina si impossessò di tutte le amicizie politiche del medesimo esponente mafioso. Anche i cugini Salvo passarono alle dirette dipendenze del Riina.

In occasione del Natale del 1982, i cugini Salvo inviarono presso la Casa Circondariale di Palermo un autocarro carico di generi alimentari e bottiglie di champagne, destinato ai detenuti (quasi tutti "uomini d’onore") reclusi nella 7^ Sezione dell’istituto penitenziario.

Le dichiarazioni rese sui predetti temi dal collaborante sono di seguito riportate:

P.M. NATOLI: (…) Lei, ha conosciuto personalmente i cugini NINO ed IGNAZIO SALVO?

MANNOIA F.: sì, certamente.

P.M. NATOLI: vuole riferire quando li conosce e ciò che è a sua conoscenza su questo rapporto?

MANNOIA F.: io conosco i cugini SALVO, già subito dopo la mia iniziazione nella "famiglia".

P.M. NATOLI: vuole ricordare, proprio come flash, quando viene iniziato?

MANNOIA F.: nei primi mesi del '75, verso la primavera del '75.

P.M. NATOLI: quindi li conosce già in questa epoca...

MANNOIA F.: sì.

P.M. NATOLI: ...e che cosa avviene?

MANNOIA F.: di tanto in tanto, io li vedevo, li incontravo, loro venivano a trovare STEFANO BONTADE. Nel periodo... negli ultimi anni precedenti la morte del BONTADE, verso il '78, '77/'78, se non ricordo male, io ebbi presentato ufficialmente NINO SALVO, nel FONDO MAGLIOCCO.

P.M. NATOLI: presentato ufficialmente che cosa intende?

MANNOIA F.: presentato ufficialmente nel senso che NINO SALVO mi fu presentato come appartenente a "COSA NOSTRA", uomo d'onore della "famiglia" di SALEMI.

P.M. NATOLI: benissimo.

MANNOIA F.: in quella stessa occasione, non dinnanzi al NINO SALVO, il BONTADE mi riferì che anche IGNAZIO era uomo d'onore della stessa "famiglia". Il BONTADE mi raccomandò, mi fece presente che questa appartenenza dei SALVO in "COSA NOSTRA", era una cosa molto riservata e che non era divulgata a moltissimi uomini d'onore, per il ruolo che i SALVO rivestivano, sia per (…) la loro funzione, di esattori e sia per il loro inserimento (…) nel loro mondo politico ed altre cose.

P.M. NATOLI: lei sa come STEFANO BONTADE avesse conosciuto i cugini SALVO?

MANNOIA F.: lui ha conosciuto i cugini SALVO attraverso GAETANO BADALAMENTI, che i SALVO erano molto intimi di GAETANO BADALAMENTI. Successivamente dopo, sono diventati molto intimi anche con STEFANO BONTADE.

P.M. NATOLI: a quando risale, per quella che è la sua conoscenza, questo rapporto di frequentazione tra i SALVO e STEFANO BONTADE?

MANNOIA F.: io non lo posso classificare nel tempo, certamente BONTADE li conosceva da molto tempo. Ma la loro frequenza più assidua avviene dal... di quello che io sono in grado di riferire, è certamente dal '77 in poi.

P.M. NATOLI: già quando lei viene combinato in "COSA NOSTRA", i SALVO conoscevano STEFANO BONTADE per quello che è a sua conoscenza?

MANNOIA F.: sì, io qualche volta, qualche volta ebbi modo di vedere BONTADE in compagnia dei SALVO, ma io non sapevo ancora (...) del loro ruolo all'interno di "COSA NOSTRA".

P.M. NATOLI: li vede dove, quindi, proprio in quale posto esattamente?

MANNOIA F.: una volta mi è capitato di vederli dinnanzi, nelle vicinanze di un loro ufficio, esattoria comunale. E una volta li ho visti a casa di GAETANO BADALAMENTI, dove c'erano anche i SALVO.

P.M. NATOLI: in casa di GAETANO BADALAMENTI sita dove?

MANNOIA F.: sita a CARINI, a CINISI.

P.M. NATOLI: a CINISI. Senta Signor MANNOIA, il rapporto di frequentazione con STEFANO BONTADE, era uguale da parte di entrambi i cugini SALVO o qualcuno dei due era più amico tra virgolette? Cioè lo frequentava di più?

MANNOIA F.: di una particolare intimità vi era (...) con NINO SALVO, perché spesso noi lo andavamo a trovare a ZAGARELLA, dove il SALVO aveva dato (…) in prestito un bunker per la villeggiatura, a SALVATORE FEDERICO, e SALVATORE FEDERICO fece il battesimo anche del figlio, e spesso andavamo a trovare NINO SALVO a ZAGARELLA, e ci intrattenevamo diverse ore lì.

P.M. NATOLI: senta, lei ha detto un bunker.

MANNOIA F.: un bungalow, mi scusi.

P.M. NATOLI: (…) Quindi, già lo frequentavate voi, ZAGARELLA, diciamo alla metà degli anni '70 giusto?

MANNOIA F.: sì, già a partire dal '76/'77.

P.M. NATOLI: dal '76/'77. (…)

MANNOIA F.: aveva (…) una bellissima barca, NINO SALVO, un bellissimo yacht che teneva ancora a PORTICELLO. Una bellissima barca.

(…)

MANNOIA F.: BADALAMENTI ha rivestito la carica di capo della commissione e quindi era la persona più importante, in seno a "COSA NOSTRA", fino a quando ne ha fatto parte, appunto, fino alla fine, credo, del '78. (…) BADALAMENTI certamente, per quello che era stata, diciamo, la sua carica in seno a "COSA NOSTRA", la commissione, in quel periodo era la persona più importante di "COSA NOSTRA", perché era il capo della commissione. Ma fuori dalla commissione i rapporti con il BONTADE, con ANTONINO SALAMONE, con il RIMI, erano rapporti molto solidi. Molto... molto forti, quindi erano di una corrente diversa da altri membri di "COSA NOSTRA".

(…)

P.M. NATOLI: fino al 1978, fino al momento in cui BADALAMENTI fa ancora parte di "COSA NOSTRA". Fino a quel periodo questa diversità di fronti si manifestò apertamente oppure no?

MANNOIA F.: no, fino a quel periodo era un po' celata, però, naturalmente i corleonesi sentivano un po'... diciamo, SALVATORE RIINA si sentiva un po' estromesso, (…) dagli interessi, da (…) tutto quello che poteva (…) portare beneficio nel capoluogo palermitano. Fino a che (...) hanno trovato l'occasione propizia, (…) nella fine del '78, con delle motivazioni che in sede di commissione sono state esaminate, e quindi hanno dato ragione a loro, per quello che era accaduto, (…) per un'iniziativa del BADALAMENTI. E quindi, hanno raggiunto la maggioranza e... e facendo l'espulsione di GAETANO BADALAMENTI. In quella stessa occasione chiesero al BONTADE di dimettersi, siamo (…) alla fine del '78, il BONTADE gli disse: "io non mi dimetto, perché non ho responsabilità... - quella responsabilità che loro hanno attribuito a BADALAMENTI - e possiamo anche fare la guerra". E ricordo che proprio in quel periodo, per circa qualche mese, un paio di mesi, NINO SALVO favorì (…) un'ALFETTA blindata a STEFANO BONTADE, perché era un periodo molto critico per "COSA NOSTRA".

(…)

MANNOIA F.: dopo la morte di STEFANO BONTADE, SALVATORE RIINA si impossessò di tutte le amicizie politiche che il BONTADE aveva nel sua disponibilità. Fra l'altro RIINA già era in buoni rapporti con l'Onorevole SALVO LIMA e anche con VITO CIANCIMINO. Anche i cugini SALVO passarono alle sue dirette dipendenze, nel senso che erano direttamente (...) comandati da SALVATORE RIINA. In particolare ricordo che nel... durante la mia detenzione dal 2 dicembre '80 al maggio '83, ed esattamente il Natale dell'83, all'interno dell'UCCIARDONE i cugini SALVO mandarono (...) direttamente dallo ZAGARELLA, all'interno del carcere...

PRESIDENTE: senta, nel Natale dell'83 lei era ancora in carcere era?

MANNOIA F.: sì.

PRESIDENTE: Natale '83.

MANNOIA F.: Natale '83. Io sono evaso Signor Presidente dal carcere mandamentale di CASTELBUONO il 13 maggio dell'83.

PRESIDENTE: quindi nel Natale dell'83 lei non era in carcere?

MANNOIA F.: Natale '82 (…) mi perdoni. Natale '82. (…) Nel Natale '82 i SALVO mandarono un camion pieno di mangiare, champagne, tutto quello che poteva servire all'interno dell'UCCIARDONE che eravamo tutti... quasi tutti uomini d'onore rinchiusi alla 7^ sezione e quindi abbiamo, abbiamo fatto questo grande cenone e vi era anche l'Onorevole DI FRESCO, che era arrestato, ed anche l'ex Sindaco di BAGHERIA, MICHELANGELO AIELLO. Quindi anche i SALVO passarono alle sue dipendenze di SALVATORE RIINA.

(…)

MANNOIA F.: una sera (…) per volere di NINO SALVO, genero di SAN GIORGI (rectius Sangiorgi: n.d.e.), un uomo d'onore, una sera STEFANO BONTADE disse (…) di recarci appunto nei pressi dell'impresa MANIGLIA, nei pressi dello stabile MANIGLIA, dietro la palestra PANDOLFINI esattamente, in VIA DIEGO ALBANESE, perché dovevamo dare una lezione dimostrativa a SAN GIORGI (rectius Sangiorgi: n.d.e.), che è un'analista, genero appunto di SALVO, dovevamo levarci le chiavi della macchina e toglierli anche una pistola che lui portava addosso, che era un tipo spavaldo, e (…) questa lezione avvenne proprio lì vicino l'impresa MANIGLIA, e lui veniva dall'impresa MANIGLIA.

P.M. NATOLI: senta, intanto questo SAN GIORGI (rectius Sangiorgi: n.d.e.) analista ricorda come si chiama di nome di battesimo?

MANNOIA F.: sì, lo so con certezza, ma in questo momento non lo ricordo.

P.M. NATOLI: si chiama per caso GAETANO?

MANNOIA F.: sì GAETANO SAN GIORNI (rectius Sangiorgi: n.d.e.).

P.M. NATOLI: un'altra domanda, chi chiese a STEFANO BONTADE di dare questa lezione a SAN GIORGI (rectius Sangiorgi: n.d.e.) GAETANO?

MANNOIA F.: il suocero, NINO SALVO.

P.M. NATOLI: NINO SALVO. Non sa nulla sul perché?

MANNOIA F.: era un tipo spavaldo, a volte maltrattava qualche uomo d'onore, era una persona un po' irascibile. Lui (…) era uomo d'onore di una "famiglia"... io credevo che fosse del palermitano, ma comunque una "famiglia" della periferia di PALERMO.

P.M. NATOLI: quindi chiarisco un attimo questa conoscenza della "famiglia" o questa risposta sulla "famiglia" di appartenenza del SAN GIORGI (rectius Sangiorgi: n.d.e.). (…)

MANNOIA F.: quando(…) lo appresi io (…) il BONTADE mi disse che era un uomo d'onore (…) allora in un primo tempo io capii che era di una "famiglia" (…) del palermitano, ma poi successivamente credo di avere saputo di una "famiglia" della periferia di PALERMO, non so se abbia fatto rientro alle sue origini, alla "famiglia" diciamo di SALEMI, ma (…) in un primo tempo non era di SALEMI, combinato a SALEMI, era una "famiglia" del palermitano.

P.M. NATOLI: ancora un chiarimento su questa vicenda. Quando colloca nel tempo, se è in grado di dirlo, questo episodio della lezione, tra virgolette, che dovevate dare a GAETANO SAN GIORGI (rectius Sangiorgi: n.d.e.)?

MANNOIA F.: lui aveva una BMW... credo nella fine del '78, '79.

(…)

AVV. COPPI: (…) lei ha già dichiarato che frequentava BONTADE, che i SALVO frequentavano i BONTADE etc., etc.. E ha anche detto che NINO SALVO le venne presentato come uomo d'onore. IGNAZIO SALVO invece non le venne presentato come uomo d'onore?

MANNOIA F.: no! Me lo disse STEFANO, nella stessa occasione in cui mi presentò NINO SALVO, mi disse che anche IGNAZIO SALVO era (…) un uomo d'onore della stessa "famiglia", ma erano entrambi in una maniera molto riservata.

AVV. COPPI: però non ha... non c'è stata presentazione rituale tra IGNAZIO SALVO e lei come uomini d'onore?

MANNOIA F.: no!

AVV. COPPI: no. E la ragione di questa mancata presentazione è in grado di precisarla?

MANNOIA F.: uhm... no! Perché il BONTADE mi disse così, e mi disse anche che era una persona (…) un po' diffidente dall'essere conosciuto da tutti, vah, da... allargare il raggio di presentazione.

AVV. COPPI: quindi, fu voluta questa mancata presentazione?

MANNOIA F.: STEFANO rispettata il carattere (…) di IGNAZIO. (…) STEFANO mi disse che lui (…) era una persona, diciamo, un po' schifa (rectius schiva: n.d.e.), e... dice: "non te lo presento perché... per non allargare - diciamo - il raggio delle presentazioni".

AVV. COPPI: perfetto!

MANNOIA F.: in quella maniera riservata.

(…)

AVV. COPPI: adesso io però le contesto che nel suo interrogatorio del 7 novembre del 1989, reso al Dottor FALCONE, lei invece ha detto una cosa completamente diversa; lei ha detto così: "altro uomo d'onore della "famiglia" di SALEMI era NINO SALVO, ormai deceduto, e lo stesso dicasi per il cugino IGNAZIO SALVO, con cui tuttavia non c'è stata mai l'occasione di presentarci ritualmente come uomini d'onore". Quindi sembrerebbe che il fatto sia soltanto occasione e non frutto di una scelta di BONTADE, come lei ha detto, ispirata alla necessità di mantenere riservatezza sulla posizione di IGNAZIO SALVO.

MANNOIA F.: ma io... lei la vede in una... formulata diversa, io continuo a dire che per me è la stessa dichiarazione, perché era una maniera riservata, e quindi non vi è stata mai l'occasione, non si è presentata l'occasione propizia o in atmosfera diversa, in cui STEFANO riteneva opportuno per (…) far conoscere anche al SALVO, (…) a IGNAZIO che eravamo entrambi uomini d'onore.

(…)

AVV. COPPI: si è mai verificata un'occasione nella quale voi foste insieme, cioè lei, BONTADE ed IGNAZIO SALVO?

MANNOIA F.: non mi ricordo, ma credo che qualche volta, a FONDO MAGLIOCCO, siamo stati insieme.

AVV. COPPI: siete stat...

MANNOIA F.: ...ma naturalmente insieme a tante altre perso... a quelle persone, diciamo, intime e vicine a STEFANO.

AVV. COPPI: senta, lei sa spiegarmi la ragione del perché la stessa ragione di riservatezza usata nei confronti di IGNAZIO SALVO non è valsa nei confronti di NINO? E quindi, perché uno l'è stato presentato come uomo d'onore e l'altro no?

MANNOIA F.: mah, io ho cercato di spiegarlo per quello che io ricordo di quest... per quello che mi aveva detto STEFANO. STEFANO (…) non mi nascose che quello era uomo d'onore, anche lui in una maniera riservata, ma che era una persona molto più schiva (…) di NINO!

(…)

AVV. COPPI: (…) è giusto che uno l'è stato presentato ritualmente come uomo d'onore e l'altro no?

MANNOIA F.: è giusto, è esatto!

(…)

AVV. COPPI: quindi, nei confronti di NINO SALVO non valevano le ragioni di riservatezza che valevano nei confronti di IGNAZIO?

MANNOIA F.: NINO era molto più intimo con STEFANO, ed era lui che andava più spesso a trovare, diciamo, STEFANO.

AVV. COPPI: d'accordo, questa è la sua risposta! Senta, NINO SALVO le ha mai confidato che il cugino era uomo d'onore?

MANNOIA F.: no!

AVV. COPPI: questa qualità di uomini d'onore dei cugini SALVO era molto nota nel vostro ambiente?

MANNOIA F.: non era a conoscenza di tutti.

(…)

AVV. COPPI: no, e chi ne era a conoscenza invece?

MANNOIA F.: mah, io posso rispondere per quelli che erano i componenti (…) della mia "famiglia", sono a conoscenza naturalmente di GIROLAMO TERESI, di GIOVANNI TERESI, il consigliere, di SALVATORE FEDERICO, di me e di qualche altro...

AVV. COPPI: (…) Le risulta che invece che fuori dell'ambiente di "COSA NOSTRA" fosse nota la qualità di appartenenti a "COSA NOSTRA" dei cugini SALVO?

PRESIDENTE: fuori "COSA NOSTRA"?

AVV. COPPI: fuori "COSA NOSTRA", certo!

MANNOIA F.: non ho capito Avvocato! Fuori dall'ambiente di "COSA NOSTRA"?

AVV. COPPI: sì.

MANNOIA F.: no, assolutamente no!

AVV. COPPI: "assolutamente no" che vuol dire? Che non le risulta o che lei non lo sa...

MANNOIA F.: no...

AVV. COPPI: ...o lo esclude?

MANNOIA F.: no, lo escludo!

AVV. COPPI: lo esclude. Quindi, qual era la considerazione dei cugini SALVO al di fuori di "COSA NOSTRA"? Di persone appartenenti o non appartenenti a "COSA NOSTRA"?

MANNOIA F.: mah, riferimento a chi Avvocato!

(…)

AVV. COPPI: (…) voglio sapere se fuori di "COSA NOSTRA" (…) da parte dell'opinione pubblica, nella PALERMO che contava, nella PALERMO BENE i SALVO erano considerati uomini d'onore o no? Mi pare che abbia risposto che lo esclude!

MANNOIA F.: ma io lo escludo (…) per quella che è la mia esperienza...

(…)

AVV. COPPI: va bene, d'accordo, d'accordo! Senta, e perché allora la qualità di uomini d'onore dei SALVO doveva rimanere così riservata, quale era la ragione?

MANNOIA F.: per il ruolo che rivestivano i SALVO appunto come esattori dell'esattoria comunale, appunto, per le loro amicizie che avevano.

AVV. COPPI: quale tipo di amicizie?

MANNOIA F.: amicizie nel mondo finanziario e politico.

AVV. COPPI: e nel mondo politico, d'accordo! Senta, mi sa dire adesso quale fu la ragione per la quale BONTADE le presentò NINO SALVO come uomo d'onore?

MANNOIA F.: per rispetto!

AVV. COPPI: come?

MANNOIA F.: solamente per rispetto.

AVV. COPPI: rispetto verso NINO SALVO o verso di lei?

MANNOIA F.: entrambi...

AVV. COPPI: ...tre...

MANNOIA F.: ...ci vedevamo e quindi... diciamo, ha avuto l'occasione per presentarmi NINO che era una persona più disponibile (…) meno schiva dell'IGNAZIO.

AVV. COPPI: ecco, d'accordo! Grazie a questa appartenenza comune a "COSA NOSTRA", lei ci può dire se ha avuto poi dei particolari rapporti con NINO SALVO determinati proprio dalla comune appartenenza a "COSA NOSTRA"?

MANNOIA F.: rapporti chi, io?

AVV. COPPI: lei!

MANNOIA F.: sì, io andavo spesso a trovare NINO SALVO...

AVV. COPPI: no, intendo dire... non... certo, questi rapporti di conoscenza li diamo per scontati, intendo dire rapporti di affari, particolari piaceri, particolari interventi? Lei ha chiesto qualche cosa, le è stato chiesto qualche cosa?

MANNOIA F.: no, io non avevo interesse di chiedere se... se può...

AVV. COPPI: quindi, lei non ha mai chiesto nulla a NINO SALVO sulla base dei rapport...

MANNOIA F.: non vi è stata l'occasione di chiedergli nulla.

AVV. COPPI: e NINO SALVO a lei?

MANNOIA F.: no!

AVV. COPPI: no.

MANNOIA F.: solo quel fatto, attraverso STEFANO BONTADE, per dare una lezione a suo genero (…) che si comportava male.

AVV. COPPI: benissimo! Rispetto a questi fatti di cui stiamo parlando, quindi la presentazione di NINO SALVO come uomo d'onore, per quel che risulta, se lo sa, quando i SALVO sarebbero stati affiliati a "COSA NOSTRA"?

MANNOIA F.: no, per quello che io credo di ricordare, per aver sentito, nel... verso la metà degli anni '70.

AVV. COPPI: nella metà degli anni '70.

MANNOIA F.: ...ma potrei anche io sbagliarmi, non è che io andai a chiedere esattamente quand'è che (…) facevano parte di "COSA NOSTRA".

(…)

AVV. COPPI: (…) io voglio sapere se STEFANO BONTADE aveva occasione di parlare con lui dei SALVO, e parlando dei SALVO quale atteggiamento assumeva, se era molto diffuso? Molto ricco di particolari? Se lo metteva a conoscenza di tutto quello che egli faceva o non faceva con i SALVO (…) o invece se era riservato in questi...

(…)

MANNOIA F.: no, STEFANO BONTADE era abbastanza loquace con me, perché non era solo in... non è che mi confidava o parlava solamente dei SALVO, ma parlava di tante altre cose con...

PRESIDENTE: ma con riferimento ai SALVO l'Avvocato vuole sapere.

MANNOIA F.: no, parlava abbastanza loquacemente, certamente non poteva dirmi tutto quello che era a sua conoscenza, almeno per quello che mi risulta, non... non aveva reticenze nei miei confronti.

AVV. COPPI: senta, lei, sempre nel famoso interrogatorio che abbiamo già citato prima, leggo le righe che mi interessano, ma son pronto a leggerlo tutto, lei dice questo: "i motivi di tanta riservatezza di BONTADE nei confronti dei cugini SALVO erano dovuti ai loro legami col mondo della politica, e sul punto STEFANO BONTADE era con me assolutamente riservato".

MANNOIA F.: sì, una cosa è l'argomento politico, perché io sono stato sempre apolitico, è un argomento è parlare dei SALVO che erano anche membri di "COSA NOSTRA".

(…)

PRESIDENTE: questa parte del testo che ha letto l'Avvocato Coppi (…) lo conferma questo?

(…)

MANNOIA F.: sì, sì, lo confermo certo!

AVV. COPPI: quindi, per quanto riguarda il tema politico, almeno il tema politico, invece BONTADE, per ciò che riguardava i suoi rapporti con i SALVO, anche con lei era estremamente riservato, siamo d'accordo?

MANNOIA F.: in... in linea di massima, non totalmente.

(…)

AVV. COPPI: ha detto: "assolutamente riservato!"

(…)

MANNOIA F.: sì, riservato...

(…)

PRESIDENTE: ...per quanto riguarda il tema politico, lei ha detto: (…) "era assolutamente riservato".

MANNOIA F.: riservato, sì.

PRESIDENTE: e allora lei lo conferma oppure no?

MANNOIA F.: lo confermo.

(…)

AVV. COPPI: era assolutamente riservata. E la ragione di questa riservatezza a fronte invece della loquacità sugli altri temi, sugli altri argomenti?

MANNOIA F.: mah, riservato su... su talune circostanze, su talune circostanze STEFANO si apriva.

(…)

AVV. COPPI: (…) io voglio sapere perché non si apriva sul mondo della politica, solo perché lei era apolitico e non gli interessava di politica?

MANNOIA F.: no, non è che STEFANO doveva dirmi a me tutto quello che lui faceva con i SALVO, per l'amor di Dio, io ero sempre un soldato, anche se alle sue dirette dipendenze, anche se potevo fingere, anche da consigliere, non è che era detto che il rappresentante debba dirmi tutte le sue... i minimi angoli nascosti della sua vita con i rapporti con altre persone, con i SALVO e con altri.

AVV. COPPI: sa...

MANNOIA F.: ...del mondo politico.

AVV. COPPI: (…) mi sembra di ricordare che lei abbia più di una volta dichiarato che era molto intimo di STEFANO BONTADE, ecco perché le ho fatto questa domanda.

MANNOIA F.: sì.

AVV. COPPI: lei conferma comunque questa sua (…) particolare intimità con STEFANO BONTADE?

MANNOIA F.: sì, certo che la confermo!

AVV. COPPI: benissimo! Ricorda allora quali erano invece gli argomenti sui quali STEFANO BONTADE era particolarmente loquace quando parlava dei SALVO?

MANNOIA F.: ma STEFANO era... era... con me era loquacissimo (…) io ho detto (…) che vi erano argomenti in cui certamente non riteneva... riteneva necessario dirle, o le avrebbe dette in un'altra circostanza.

AVV. COPPI: sì, ma ne ricorda almeno uno di questi argomenti?

(…)

MANNOIA F.: argomenti, mi faccia capire bene la domanda Avvocato!

PRESIDENTE: argomenti sui SALVO (…) sui quali STEFANO BONTADE era loquacissimo?

(…)

MANNOIA F.: loquacissimo che i SALVO erano persone, appunto, inserite in "COSA NOSTRA", i SALVO avevano parte dell'economia italiana e siciliana, i SALVO erano in contatto con GAETANO BADALAMENTI, perché fu lui a presentarglielo, noi andavamo spesso a trovarli a ZAGARELLA, facevano delle feste in cui mangiavamo assieme, quindi mi sembrava abbastanza loquace nel senso di parlare, e anche in loro assenza, dei SALVO. Fattore delicato come dare una lezione a suo genero, mi sembra che già andiamo più di là delle situazioni normali... entriamo in rapporti quasi familiari, di intimità.

(…)

AVV. COPPI: (…) Dopo la morte di BONTADE, (…) RIINA ha cercato di accaparrarsi la fiducia di ANDREOTTI?

(…)

MANNOIA F.: dopo no.

(…)

MANNOIA F.: dopo la morte di BONTADE, RIINA si impossessò di tutte le amicizie del BONTADE, sia politiche e anche (…) quelle dei cugini SALVO. Io non so se il RIINA, si è veramente impossessato della personalità (…) del Senatore ANDREOTTI!

AVV. COPPI: quindi, non è in grado di dirmi se il Senatore ANDREOTTI avrebbe concesso la sua fiducia e la sua amicizia al Signor TOTO' RIINA?

MANNOIA F.: le voci erano quelle che ha tentato di accaparrarsi anche di questa sua fiducia.

(…)

AVV. COPPI: lei ieri ha fatto riferimento ad un personaggio, io non so, potrebbe trattarsi di omonimia. Ad un certo personaggio che si chiama MICHELANGELO AIELLO, sindaco di BAGHERIA e ha anche detto che (…) con questo AIELLO lei era in carcere quando i due cugini SALVO mandarono delle ceste con dei doni?

MANNOIA F.: no ceste, un camion!

AVV. COPPI: un camion, un camion. Senta ho capito bene che tutto questo sarebbe avvenuto nel 1982?

MANNOIA F.: sì, anche il Presidente mi aveva fatto osservare che avevo detto Natale '83, invece era (…) Natale '82.

(…)

AVV. SBACCHI: (…) Lei sapeva BUSCETTA (…) dove era ospitato (…) durante quel periodo di soggiorno a PALERMO, nell'anno '80?

MANNOIA F.: alcune volte l'ho visto, appunto, da MAGLIOCCO e poi sapevo che era, diciamo, ospitato anche dai SALVO. Non so, da NINO, penso.

(…)

AVV. SBACCHI: senta, lei ha parlato del riserbo per i legami dei SALVO con la politica. E ha detto che BONTADE era assolutamente riservato. Cioè BONTADE non parlò mai con lei di politica? Questa è la domanda.

MANNOIA F.: no, era molto riservato. Sapeva che io non mi interessavo di politica, ero apolitico.

Il Marino Mannoia ha altresì riferito di avere appreso dal Bontate che i cugini Salvo, pur non esercitando un ruolo decisionale all’interno della "commissione" di "Cosa Nostra", erano d’accordo sulla decisione di uccidere il Presidente della Regione siciliana Piersanti Mattarella. Al riguardo, il collaborante ha dichiarato quanto segue:

MANNOIA F.: (…) io so che, sempre da STEFANO BONTADE, che (…) la situazione, diciamo, precipitò, nel senso che hanno riunito la commissione e deliberato definitivamente la decisione di eliminare MATTARELLA.

P.M. SCARPIN.: lei sa (…) se all'interno della commissione vi furono voci discordanti oppure se fu una decisione unanime?

MANNOIA F.: la decisione fu unanime, però il BONTADE non era felice per questa scelta.

P.M. SCARPIN.: perché non era felice?

MANNOIA F.: il BONTADE era di un altro stampo, (…) un'altra natura, anche se lui era criminale come (…) tutti noi. E, lui, avrebbe voluto che la cosa si potesse cercare di risolvere magari, con il tempo diversamente, ma i fatti di quel momento hanno portato a questa decisione unanime, appunto, (…) a deliberare l'eliminazione del MATTARELLA.

P.M. SCARPIN.: senta, STEFANO BONTADE le disse se in ordine alla decisione di uccidere PIERSANTI MATTARELLA, i cugini SALVO avevano espresso una loro opinione? Avevano espresso la loro volontà?

MANNOIA F.: no, i cugini SALVO, non hanno avuto certamente un ruolo, né all'interno della commissione, e all'esterno io non lo so, diciamo, che posizione hanno preso.

PRESIDENTE: quindi la commissione era presieduta in quel periodo da BADALAMENTI allora?

MANNOIA F.: sì.

PRESIDENTE: era questo il periodo? O no? O non più di BADALAMENTI?

P.M. SCARPIN: chi c'era in commissione in questo periodo?

MANNOIA F.: no, quando parliamo già di questa riunione, (…) il capo commissione è (…) MICHELE GRECO. (…)

P.M. SCARPIN.: senta, per sussidio alla sua memoria, il 3 aprile del 1993, quando lei ha raccontato questo episodio al Pubblico Ministero, nel corso di una commissione rogatoria...

MANNOIA F.: no, io, senta, mi scusi Avvocato...

P.M. SCARPIN.: sì.

MANNOIA F.: ...erano certamente d'accordo i cugini SALVO, a questa, diciamo, situazione, ma non so quale ruolo abbiano avuto di specifico loro, in questa decisione.

P.M. SCARPIN.: ho capito. Che i cugini SALVO erano d'accordo, lei lo ha saputo da qualcuno o è una sua deduzione?

MANNOIA F.: no, STEFANO mani... manifestò chiaramente, diciamo, la... la decisione, la volontà di tutti coloro che hanno deciso questo.

P.M. SCARPIN.: e le disse espressamente che i cugini SALVO erano d'accordo?

MANNOIA F.: sì, ma non hanno avuto ruolo all'interno della commissione...

P.M. SCARPIN.: certo.

MANNOIA F.: ...decisionale.

Lo stesso collaboratore di giustizia ha reso, a proposito dei Salvo, ulteriori dichiarazioni concernenti diverse vicende, che vengono prese in esame in altri capitoli.

Per quanto attiene alla credibilità soggettiva del Marino Mannoia è sufficiente richiamare le considerazioni svolte nel capitolo relativo ai rapporti tra il sen. Andreotti e Michele Sindona.

Le dichiarazioni del collaborante sopra riportate risultano intrinsecamente attendibili per la coerenza logica interna del racconto, la puntualità specifica nella descrizione dei vari fatti, l’assoluta mancanza di animosità.

Deve inoltre riconoscersi la piena affidabilità delle notizie fornite dal Bontate al Marino Mannoia con riguardo agli episodi di cui si tratta nel presente paragrafo, tenuto conto del particolare rapporto fiduciario instauratosi tra i due soggetti, della insussistenza di ragioni di mendacio, della conformità del racconto alle ulteriori risultanze istruttorie.

Va, peraltro, osservato che l’omessa indicazione, da parte del Bontate, delle cariche rivestite dai cugini Salvo all’interno dell’organizzazione mafiosa, può ricollegarsi al fatto che si trattava di un tema estraneo agli interessi del Marino Mannoia (il quale non esercitava un ruolo direttivo in "Cosa Nostra") ed alle vicende riferite a quest’ultimo.

La circostanza che i Salvo abbiano instaurato negli anni ‘70 stretti rapporti con il Bontate e il Badalamenti, e si siano successivamente avvicinati allo schieramento mafioso "vincente", trova puntuale riscontro nelle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Francesco Di Carlo, esaminato all’udienza del 30 ottobre 1996.

Il Di Carlo ha riferito che i cugini Antonino e Ignazio Salvo gli furono presentati come appartenenti a "Cosa Nostra" intorno al 1974 da Gaetano Badalamenti, in un appartamento acquisitato o condotto in locazione da quest’ultimo, sito a Palermo in Via Campolo, dove il Di Carlo si era recato in compagnia di Antonino Badalamenti. In questa occasione erano presenti anche Angelo Noto (appartenente alla "famiglia" di Gaetano Badalamenti) e Salvatore Scaglione ("rappresentante" della "famiglia" della Noce). Secondo il ricordo del collaboratore di giustizia, fino a quel momento i cugini Salvo non rivestivano cariche all’interno dell’associazione mafiosa.

Tra il 1974 e l’inizio del 1982, il Di Carlo incontrò Antonino Salvo parecchie volte (circa 20, a suo ricordo).

Il collaborante ha, in particolare, menzionato:

  • un incontro realizzatosi nel 1975 a Solunto con Antonino Salvo e con il principe Alessandro Vanni Calvello di San Vincenzo, il quale fu interpellato per risolvere i problemi relativi al passaggio, sulla sua proprietà, di tubature occorrenti per l’Hotel Zagarella;
  • alcuni incontri casuali con Antonino Salvo in presenza di Stefano Bontate o Gaetano Badalamenti;
  • un incontro con Antonino Salvo e Gaetano Badalamenti presso l’ufficio di Alberto Salvo (fratello di Antonino), dove il Di Carlo si era recato allo scopo di chiedere aiuto per la realizzazione di un suo progetto di esportazione di vino in Inghilterra;
  • un incontro verificatosi intorno al settembre del 1979, in occasione di un appuntamento fissato dal Di Carlo presso il Fondo "Favarella" con Michele e Salvatore Greco, insieme ai quali egli doveva recarsi a conferire con Giuseppe Madonia (esponente mafioso di Vallelunga); all’appuntamento giunsero anche i cugini Salvo in compagnia di un'altra persona; tutti i soggetti in questione, quindi, si misero in viaggio a bordo di due autovetture; durante il percorso, Salvatore Greco riferì al Di Carlo che il Presidente della Regione Mattarella era "finito", aggiungendo: "in tutti i sensi"; il Di Carlo comprese quindi che il Mattarella sarebbe stato ucciso; al riguardo, il collaboratore di giustizia ha specificato che sul predetto esponente politico circolavano lagnanze sia nell’ambiente politico siciliano, sia all’interno di "Cosa Nostra", per l’azione di contrasto da lui svolta nei confronti dell’on. Lima, dei Salvo e di Vito Ciancimino, ha esplicitato che gli attacchi condotti contro i Salvo ed il Ciancimino avevano determinato la decisione di uccidere il Mattarella ("quando tocchi i Salvo che è un impero finanziario politico e tocca Ciancimino che ci portava tanti affari ai corleonesi, allora si incomincia a scavare la fossa"), ha evidenziato che i Salvo avevano parlato del Mattarella con Michele Greco (con il quale in quel periodo avevano stabilito stretti rapporti), ed ha aggiunto che Antonino Salvo aveva comunicato di avere appreso da fonte sicura quali fossero le iniziative che il Mattarella intendeva adottare;
  • un incontro casuale con Antonino Salvo, avvenuto alla fine del 1979, mentre il Di Carlo si recava presso un caseggiato di pertinenza di Michele e Salvatore Greco; in questa circostanza, Antonino Salvo, che usciva dallo stesso luogo a bordo di un’autovettura sulla quale si trovava anche Mario D’Acquisto (esponente politico vicino ai Salvo), salutò il Di Carlo stringendogli la mano attraverso i finestrini.

Il collaboratore di giustizia ha precisato di avere incontrato per l’ultima volta Antonino Salvo all’inizio del 1982.

Dalla deposizione del Di Carlo si desume che intorno agli anni 1975-76 soltanto gli esponenti mafiosi di livello elevato erano a conoscenza dell’affiliazione dei Salvo a "Cosa Nostra", e per rivolgersi ai Salvo occorreva avvalersi dell’intermediazione di Stefano Bontate e di Gaetano Badalamenti, anche perché "i Salvo in Sicilia rappresentavano una forza politica, una forza finanziaria e non tutti (…) potevano conoscere i Salvo".

I Salvo erano stati molto vicini a Gaetano Badalamenti finchè quest’ultimo faceva parte della "commissione" di "Cosa Nostra". Dopo l’espulsione di Gaetano Badalamenti dal sodalizio criminoso, avvenuta nel 1978, l’unico "punto di appoggio" rimasto ai cugini Salvo all’interno di "Cosa Nostra" era costituito dal Bontate, il quale aveva però visto ridursi la sua posizione di potere. A questo punto, il Bontate aveva indotto i Salvo ad avvicinarsi a Michele e Salvatore Greco, che considerava suoi amici, e che, a suo avviso, avevano assunto una posizione neutrale in relazione allo scontro tra lo schieramento "moderato" ed i "corleonesi".

Queste relazioni tra i Salvo ed i Greco, iniziate nel 1978, erano divenute gradualmente più intense. Di conseguenza, i Salvo avevano stabilito rapporti più amichevoli anche con i "corleonesi". Una volta esplosa la "guerra di mafia", i Salvo si erano definitivamente avvicinati ai "corleonesi".

Il Di Carlo ha esplicitato anche che Antonino Salvo intratteneva stretti rapporti sia con esponenti della corrente dorotea (come l’on. Ruffini e Salvatore Grillo), sia con esponenti della corrente andreottiana. I Salvo erano collegati principalmente – anche se non escusivamente – alla corrente andreottiana, perché si trattava della corrente più forte, e perché essi erano uniti da un rapporto di amicizia all’on. Lima.

In una occasione, il Di Carlo chiese ad Antonino Salvo quali fossero le ragioni della sua vicinanza ad esponenti politici di correnti diverse. Antonino Salvo rispose "che uno deve tenere tutte le redini per manovrare".

Le dichiarazioni rese in proposito dal collaborante sono di seguito trascritte:

P.M.: Senta, signor Di Carlo, lei durante la sua permanenza in Cosa Nostra ha mai sentito parlare o ha mai conosciuto i cugini Nino ed Ignazio Salvo?

DI CARLO F.: Certo che ne ho sentito parlare, li ho conosciuti ma da moltissimo tempo.

P.M.: Vuole riferire quando e come ne ha sentito parlare o li ha conosciuti?

DI CARLO F.: I cugini Salvo io li ho conosciuti verso il '71 ma in occasione così ... Io ero Cosa nostra mentre loro penso che non lo erano ancora, anche perché là non c'era nessuno per presentarmi ... ma è stato un occasione perché io andavo a trovare un mio concittadino, quando dico concittadino è di Altofonte, che aveva un ufficio vicino l'Hotel Delle Palme, una traversina di via Roma.

P.M.: Come si chiamava?

DI CARLO F.: Avvocato Colmone. Andavo a trovare a lui ...

P.M.: Scusi, vuole ripetere questo cognome .... Avvocato ..?

DI CARLO F.: Colmone.

P.M.: Colmone. vada avanti, prego.

DI CARLO F.: Andando a trovare a lui, lo trovo là, davanti all'Hotel delle Palme a Palermo, non so che cosa c'era ... c'era una qualche cosa, una piccola riunione politica e cose ... E così ho conosciuto i Salvo, mi ha fatto vedere e dice questi sono le esattori Salvo. Poi l'ho conosciuti come Cosa Nostra.

P.M.: E quando avviene questa conoscenza come Cosa Nostra?

DI CARLO F.: Come Cosa Nostra li ho conosciuti verso '74.

P.M.: Dove avviene la conoscenza e attraverso chi?

DI CARLO F.: La conoscenza avviene tramite Gaetano Badalamenti, proprio a casa di Gaetano Badalamenti, almeno casa ... in quel periodo aveva preso in affitto o l'aveva di proprietà, non lo so, in via Campolo, era uscito lui dal carcere, in via Campolo aveva un appartamento a Palermo.

P.M.: E chi c'era in occasione di questo incontro e di questa presentazione?

DI CARLO F.: Io ci vado con Nino Badalamenti perché eravamo sempre quasi pure assieme sempre, ci vado e là trovo questi cugini Salvo e quella volta mi sono presentati come Cosa Nostra. C'era un certo Angelo Noto che era della famiglia di Gaetano Badalamenti, c'era, mi pare Totò Scaglione che era figlioccio di Gaetano Badalamenti.

P.M.: E Totò Scaglione in quel momento che cosa è?

DI CARLO F.: Rappresentante della Noce, della famiglia Noce.

P.M.: Via Campolo nel territorio di quale famiglia si trovava?

DI CARLO F.: Alla Noce sempre.

P.M.: Alla Noce. Quindi ricapitolando le vengono presentati da Gaetano Badalamenti i due Salvo. I nomi li ricorda?

DI CARLO F.: Nino e Ignazio.

P.M.: C'è ... le viene indicato a quale famiglia appartenessero e se rivestissero cariche?

DI CARLO F.: No, fino a quel momento, mi sembra che non avessero cariche, so che appartenevano alla famiglia di Salemi, provincia di Trapani.

P.M.: Quindi una famiglia della provincia di Trapani. C'è un motivo particolare per questo incontro oppure è casuale?

DI CARLO F.: No, no. E' casuale quell'incontro. Poi io li incontro tantissime volte, in seguito ho avuto tanti incontri con ... specialmente con Nino.

P.M.: Riesce a ricordare quante volte li ha incontrati? Approssimativamente, ovviamente.

DI CARLO F.: Approssimativamente sì, perché ne ho avuti tanti specialmente con Nino ... A volte capitava di avere appuntamenti io per qualche cosa o tante volte capitava occasionalmente ... Io mi ricordo (...) di Nino che l'ho incontrato ...

P.M.: (...) Quante volte significa una decina di volte, un centinaio di volte, un migliaio di volte .. cioè proprio per grandi approssimazioni. Ci faccia capire.

DI CARLO F.: Penso una ventina di volte in tutto il periodo.

P.M.: Quindi periodo che allora riesce a collocare da quando a quando?

DI CARLO F.: A cominciare al '74 fino a '81, inizio '82 io l'ho incontrato tantissime volte.

P.M.: E queste tantissime volte sarebbero una ventina di volte o cos'altro?

DI CARLO F.: Una ventina di volte.

P.M.: Una ventina di volte. Di questa ventina di volte riesce ad indicare in questo momento sinteticamente quelle che ricorda meglio? Se ne ricorda meglio qualcuna.

DI CARLO F.: Io mi ricordo qualche volta, mi sembra, nel '75 perché c'era una cosa specifica, ricordo, con Alessandro Sanvincenzo (rectius San Vincenzo: n.d.e.) abbiamo dovuto andare a Solunto perché ci avevano mandato un appuntamento che Nino Salvo aveva un problema di fare passare qualche tubolatura, fognatura, non so, di acqua o che cosa era e dovevano passare e scavare nelle proprietà di Alessandro Sanvincenzo (rectius San Vincenzo: n.d.e.).

P.M.: Alessandro Sanvincenzo (rectius San Vincenzo: n.d.e.) è uomo d'onore oppure no?

DI CARLO F.: Certo è uomo d'onore, è nato dopo pochissimo di me, dopo pochissimo tempo.

P.M.: Va be', quindi è uomo d'onore pure lui. E che rapporto aveva con i Salvo o con Zagarella? Cioè Perché avete questo incontro? Faccia capire.

DI CARLO F.: Alessandro che ci hanno mandato un appuntamento e dice che Nino Salvo aveva qualche problema là ... perché mi sembra che avevano già finito di costruire la Zagarella e dovevano (...) portarci dell'acqua, supplemento di fognature, non mi ricordo, tubolatura era comunque, e dovevano fare un passaggio e dovevano toccare la proprietà del principe ...

P.M.: Perché questa proprietà è adiacente, è limitrofa alla Zagarella?

DI CARLO F.: Sì, la villa del Castello di Solunto è al limite proprio.

P.M.: E' al limite. E lei è presente in questa occasione.

DI CARLO F.: Abbiamo visto per vedere Alessandro che cosa era e c'era Nino, va bene, ci ha offerto il caffè, abbiamo preso il caffè, abbiamo parlato un po' così. Questo è uno che mi ricordo, questo è il '75. Va bene? Poi l'ho incontrato qualche volta così sia da Stefano Bontate sia anche con Tano Badalamenti, in quel periodo ma casualmente però, giusto per prenderci un caffè e basta. Poi mi ricordo quelle del '78 in poi ci ho avuto molte più occasioni di incontrarlo sia per parlare sia per qualche cosa da sbrigare.

P.M.: E riesce a ricordare queste occasioni dal '78 in poi?

DI CARLO F.: Io vorrei precisare una cosa, mi scusi signor Giudice, c'era in quel periodo quando io parlo '75, '76 e qualche anno ancora c'era ... non tutti conoscevano i Salvo come Cosa Nostra, diciamo tutta Cosa Nostra, era un certo livello di persone e poi c'erano altre cose chiunque sia aveva bisogno dei Salvo prima dovevano passare da Gaetano Badalamenti o Stefano Bontate, non è che chiunque sia poteva andare dai Salvo. Questo si sapeva in Cosa Nostra anche perché i Salvo in Sicilia rappresentavano una forza politica, una forza finanziaria e non tutti conoscevano, potevano conoscere i Salvo. Poi si è cominciato un po' il nome a giurare (rectius girare: n.d.e.) e qualcuno ha avuto modo di averli presentati. Mi ricordo nei primi anni chi era più vicino a Badalamenti o Bontate poteva avere queste occasioni, siccome io ero amico di tutti e fedele solo con i Corleonesi avevo anche occasioni di vederlo da Bontate, di averlo visto specialmente Nino, voglio precisare anche questo, specialmente Nino lo avevo visto sia da Badalamenti e sia da Bontate.

P.M.: Quindi da Badalamenti intende a Palermo o altrove?

DI CARLO F.: No, anche ... Da Badalamenti l'ho visto una volta e Nino Salvo e io e Badalamenti perché ero andato dal fratello, Alberto mi sembra che si chiamava, avevano un ufficio in via Vincenzo di Marco, in quella zona, una parallela della via Libertà ...

PRESIDENTE: Alberto chi?

(...)

DI CARLO F.: Salvo, fratello di Nino Salvo.

P.M.: Quindi Alberto Salvo, fratello di Nino.

(...)

DI CARLO F.: Siamo andati in questo ufficio e mi ricordo che c'era Badalamenti anche perché Badalamenti mi doveva raccomandare perché avevo intenzione di esportare vino in Inghilterra e sapendo che loro avevano sia a Salemi un industria di vini ... che poi mentre loro mi hanno detto che ne avevano altri situazioni che potevano cercare di darmi una mano di aiuto per esportare i vini in Inghilterra ... c'ero andato così, per sapere un po' tutto. E ho trovato là Nino anche, perché ero andato con Badalamenti per parlare con Alberto mentre si è fatto trovare Nino e ho avuto pure quest'altra occasione e c'era pure quell'altro che avevo incontrato con Badalamenti, Angelo Noto.

P.M.: Angelo Noto. Che ha detto era uomo d'onore di Badalamenti?

DI CARLO F.: Badalamenti. A Cinisi... Badalamenti ... Questo Angelo Noto. Comunque questa è stata un'altra volta che mi ricordo, poi ci sono state altre. Ma mi ricordo una in particolare. Nel '79, autunno del '79, io dovevo andare a parlare con Piddu Madonia, quello della provincia di Caltanissetta. Ne ho parlato con Michele Greco ... Mi doveva sbrigare una cosa là, questo Madonia, nella provincia di Caltanissetta. Ho parlato con Michele Greco e Michele Greco mi dice: senti Fra' fai l'occasione, noi domani dobbiamo andare a un appuntamento con Piddu di Vallelunga perché dobbiamo andare nel feudo che loro si erano comprati, non so come si chiama, dice, dobbiamo andare là, vieni con noi e così ha l'occasione di parlarci. L'indomani che mi avevano detto all'orario che si partiva mi presento a Favarella, di buon mattino, mi sembra che siamo partiti verso le 7.30 o le otto, mentre eravamo là per partire arriva la macchina, si aspettava non so a chi aspettavano poi ho saputo chi aspettavano, arriva la macchina, che era una Mercedes, mi sembra, con questi cugini Salvo, Nino e Ignazio, nell'occasione c'era, e anche un funzionario, non so che cosa era, ma penso che era di qualche ente, dovevano fare qualche verifica nel feudo, non lo so che cosa era, era un funzionario di qualche ente che dovevano andare a fare una perizia nel feudo. Ci siamo salutati, quelli ci siamo salutati in un modo, con il funzionario solo con la mano così, mentre come Cosa Nostra c'era … quando non ci si vedeva da tanto tempo ci baciavamo. Visto che eravamo in 5, 6 che dovevamo andare verso quella zona e che poi io avevo chiesto a Michele Greco, siccome avevo altri appuntamenti, che io avrei parlato con Madonia davanti a lui e poi me ne sarei ritornato. E così abbiamo pensato che io andavo con la mia macchina assieme a loro. E siamo partiti con due macchine. Io avevo il BMW e loro il Mercedes. Con me si è messo a camminare il senatore, fratello di Michele Greco, Salvatore Greco, si è messo nella mia macchina.

(…)

P.M.: Vada avanti, vada avanti. Quindi sulla sua macchina e lei e Totò Greco il senatore

DI CARLO F.: Il Senatore. con il senatore io avevo un buon rapporto di amicizia e anche buoni rapporti personali e anche perché siamo stati molte volte a mangiare in comuni amici con le famiglie e cose... e c'era un rapporto ... E poi mi piaceva Totò il senatore, Totò Greco perché aveva un sentimento, un principio di Cosa Nostra non violenta e poi sapeva parlare di politica e di tutto, era un uomo aperto, un liberale, chiamiamolo un liberale di Cosa Nostra. Mi sono messo in macchina con lui. Io ho avuto sempre l'abitudine di stuzzicare sempre qualcuno e abbiamo cominciato a parlare di politica ... Di politica non so come è stato si va a finire a parlare del presidente Mattarella, che in quel periodo non so se era Presidente della Regione. Parlando di corrente e di politica e di persone, io le dico che lui vantava tanto Lima, vantava tanto D'Acquisto, Mario D'Acquisto, politico siciliano ... che io ci conoscevo un'amicizia anche a lui di prima, i primissimi anni '70 con Mario D'Acquisto ...

P.M.: Non interrompa il ricordo, vada avanti con questo. Poi riprendiamo Mario D'Acquisto.

DI CARLO F.: Stiamo sulla macchina e parlando così e le dico: sì, però la corrente di Mattarella e Mattarella vedo che va forte. Mi fa: Mattarella è finito. Ci ho detto: no, vedi che io ... No, no, dice, Fra', Mattarella è finito. Io lo guardo, ci facciamo un sorrisino. Ho detto: come è finito politicamente? In tutti i sensi. Ma non siamo andati più avanti di là.

P.M.: E siamo in che periodo, Di Carlo?

DI CARLO F.: Verso settembre.

P.M.: Del 19...?

DI CARLO F.: Settembre '79.

(…)

P.M.: Ma che cosa significava quella frase "è finito", lei che cosa comprese?

DI CARLO F.: A parte che io, le ripeto, che sapevo qualche altra cosa da altre fonti. Le dico che significava che da là non si sa perché Cosa Nostra ... a volte si stabilisce nel '78 che deve morire e poi muore nell'85. Di là in poi significa che c'era sentenza o che se ne aveva parlato che si doveva togliere.

(...)

P.M.: Togliere che cosa significa in italiano?

DI CARLO F.: Ammazzarlo.

(…)

P.M.: (...) Senta, lei ha ripetutamente fatto riferimento ad altri motivi sul Mattarella dei quali era a conoscenza. Quali sono questi motivi, li vuole riferire la Tribunale? Dica tutto quello che sa su questo omicidio del Presidente Mattarella.

DI CARLO F.: Sul presidente Mattarella già correvano voci anche del '78 in poi sia in seno alla politica siciliana, sia a Cosa Nostra e tantissimi. C'è chi lo presentava in un modo, c'è chi lo presentava in un altro modo e già c'erano voci in giro. C'è chi si veniva a lamentare e sia (...) per i discorsi che aveva fatto il Mattarella, non so, ufficialmente o in varie riunioni che aveva con i propri più intimi lui. Il Mattarella aveva attaccato sempre sia Lima che i Salvo e prima ancora Ciancimino. Questo attacco che aveva diretto a volte e anche alle spalle si cominciava a maturare che il Mattarella cominciava a avere dei nemici. Il Mattarella non sapeva chi aveva di fronte.

P.M.: Che significa non sapeva chi aveva di fronte o meglio...?

DI CARLO F.: Non può sapere chi erano i Salvo. Mattarella conosce i Salvo per affaristi, industriali, li conosce per politici, li conosce per finanzieri ma non conosce che quelli sono Cosa Nostra e uno non può parlare male di Cosa Nostra perché c'è solo sentenza di morte. Non può capire che c'è un Ciancimino, che io fino ad adesso non posso dire che non è Cosa Nostra Ciancimino perché i Corleonesi non presentano mai, va bene, non posso dire ... Però c'è un Ciancimino che i corleonesi sembra che hanno, non lo so, un presidente di Repubblica per loro questo Ciancimino. Allora comincia a toccare Ciancimino, comincia a toccare i Salvo e Lima .... Va be', Lima ... sono politici tra loro, Lima non era Cosa Nostra e non ci fa niente. Ma quando tocchi i Salvo che è un impero finanziario politico e tocca Ciancimino che ci portava tanti affari ai corleonesi, allora si incomincia a scavare la fossa.

P.M.: E questo lei lo apprende già nel '78?

DI CARLO F.: Poi c'era, nel '71 proprio mi ricordo che c'era poi la nomina che voleva portare o aveva portato i comunisti al governo, cercava di estromettere Ciancimino da qualsiasi attività politica sia alla comune sia agli enti locali. C'erano un sacco di scorsi (rectius discorsi: n.d.e.). Ognuno arrivava e ne faceva uno, da là si comincia a chiacchierare una persona che male e male e in Cosa Nostra poi finisce che muore. Questo era il discorso.

P.M.: Scusi, lei ha detto: ognuno arrivava e portava questi discorsi. Ognuno chi era?

DI CARLO F.: Ciancimino li portava a Bino Provenzano, Bino Provenzano parlando con Totuccio Riina e cose li portava da Michele Greco e in tutta la commissione. I Salvo li portavano direttamente a Michele Greco visto che in quel periodo erano diventati intimi con Michele Greco il senatore e poi con i corleonesi anche un po' ... Ognuno portava questi discorsi. Poi non so da dove c'era venuto negli ultimi periodi c'era venuto a Nino Salvo che dice che aveva saputo da una fonte sicuro che Mattarella a Roma, nella sua corrente politica o i suoi superiori a livello politico, aveva fatto lagnanze e voleva fare un'inchiesta nella regione di Palermo e cose ... E tutta questa situazione. Se era vero o non era vero, da dove l'aveva saputo, l'aveva saputo da Tribunale di Palermo, non so. Tanti discorsi simili.

P.M.: Senta, lei ha indicato qualcuna di queste fonti o delle fonti di queste notizie. Lei ne sente qualche altra direttamente? Ne ricorda delle altre?

DI CARLO F.: Io mi sono ricordato di una fonte di questo e fatto un verbale e c'è un accertamento che stanno facendo, va bene? Di altri ....

P.M.: Io parlo di fonti politiche, no? Lei ha parlato di Ciancimino da un lato, ha parlato dei Salvo che sono politici e uomini d'onore dall'altro. Ricorda qualche altra fonte politica dalla quale o comunque che gravitava nell'ambiente politico?

DI CARLO F.: Sì, perché da là mi incontro io ... c'è un altro incontro che io faccio nel '79, alla fine del '79, mentre vado (…) la mattina, ero con la mia macchina, dopo avere attraversato il cancello nella stradella che si andava verso il caseggiato dove ci aveva Michele Greco (…) e Totò Greco aveva una specie di ufficio amministrativo e poi riceveva là tutti i politici e cose ... Sulla macchina che stava uscendo incontro Nino Salvo e accanto c'era seduto Mario D'Acquisto. Nino Salvo si è fermato con la macchina, da macchina e macchina ci siamo dato la mano, la mano sinistra, ci siamo salutati così e se ne è andato. Questo è uno dei politici che ho incontrato e questo era uno di quelli che portava pure notizie ai vari Greco o a Lima o ai Salvo perché era intimo con i Salvo, Mario D'Acquisto.

(…)

P.M.: Sì. Lei ha fatto riferimento in una precedente risposta, due o tre volte, grosso modo parlando dei cugini Salvo a questa frase, se ricordo bene, erano una potenza politica. Che cosa intendeva dire, che cosa è a sua conoscenza su questo punto?

DI CARLO F.: Ma sia in quel periodo che poi dopo non c'è politico di qualsiasi corrente, parlo in Democrazia per quello che mi costa, che non era ...

P.M.: Scusi, democrazia che cosa significa? E' un partito politico o qualche altra cosa?

DI CARLO F.: No, Democrazia partito politico, ci sono tanti correnti?

P.M.: Quindi Democrazia Cristiana?

DI CARLO F.: Democrazia Cristiana.

P.M.: Ecco, allora dica così perché potrebbe insorgere qualche dubbio di interpretazione. Vada avanti. Prego.

DI CARLO F.: E quello che risultava che poi si verificava aveva i correnti più forti che erano quella Andreottiana e anche quella Dorotea perché i rapporti lui li aveva intimissimi con l'onorevole Ruffini che non era Andreottiano e con qualche altro che non era andreottiano. Ma anche con gli Andreottiani era intimo. Tutti ci facevano la corte proprio a Palermo, era una cosa risaputa certo non in mezzo alla strada ma a un certo livello era più che risaputo. Poi io parlando con Stefano sapevo tante situazioni su Nino Salvo perché Stefano era stato uno dei più intimi.

P.M.: Senta, faccia capire meglio, perché ha fatto degli accenni ma non ha dato una risposta precisa su questo punto, faccia capire meglio qual'è il percorso all'interno di Cosa Nostra dei cugini Salvo? Perché l'abbiamo sentito, le abbiamo sentito dire che erano vicini a Badalamenti che poi sono vicini ad altri e tra ... a Michele Greco, ai Corleonesi ... Ma lei aveva esordito dicendo che i Badalamentiani ed i Corleonesi erano contrapposti. Come spiega questo apparente contrasto?

DI CARLO F.: Allora questo contrasto ...dobbiamo parlare un po' della commissione come si va maturando la commissione e come poi avviene la vicinanza dei Salvo ai Greco e poi ai Corleonesi. E' giusto?

P.M.: Va benissimo. Faccia come ritiene.

DI CARLO F.: Perché i Salvo stanno vicinissimo a Badalamenti e a Bontate finche Badalamenti è dentro Cosa Nostra ed è nella commissione ma dal '78 quando cade Gaetano Badalamenti ci rimane solo un punto di appoggio che è Bontate. Anche Bontate pur avendo ... che aveva la stessa accusa di Badalamenti e poi esce assolto e rimane capo-mandamento, e rimane dentro Cosa Nostra però non è più quello di prima come potenza dentro la commissione e allora Bontate per cercare di avvicinare e cercare di scaricarsi un po' le spalle di tutti le situazioni dei Salvo li fa avvicinare di più, perché già li conoscevano, ma li fa avvicinare di più sia a Michele Greco che al senatore che erano una delle facce più pulite di Cosa Nostra. Li fa avvicinare a loro anche perché, perché Bontate fino all'ultimo, fino a un periodo specialmente negli ultimi. Sia Michele Greco sia i Greco li riteneva amici suoi intimi anche quando si tenevano neutrali nella situazione, cercavano di mettere pace tra i corleonesi e Bontate e compagni. Ecco, perché li fa avvicinare là e allora la vicinanza comincia nel '78 e vanno diventando sempre più intimi. Avvicinandosi ai Greco i Salvo diventano forzativamente un po' più amici anche con i corleonesi e con Ciancimino perché Ciancimino è un corleonese anche che politico. Poi quando succede quello che succede di Bontate diventano tutti corleonesi, quando muore Bontate, diventa tutto corleonese in Nino e anche suo cugino. Questi sono i passi che fa Nino Salvo dai Bontate - Badalamenti passa ai Greco e dai Greco passa ai Corleonesi.

(…)

P.M.: Lei aveva fatto riferimento poc'anzi raccontando di qualche incontro di Mario D'Acquisto e lo avevamo accantonato e le avevo detto poi ci ritorneremo. Stava parlando di qualche incontro con l'onorevole Mario D'Acquisto, a che cosa intendeva riferirsi?

DI CARLO F.: Una volta che ho visto, che ho incontrato i D'Acquisto l'ho incontrato in uno studio che c'era anche Lima presente. Io ero andato là con Totò Ciriminna. Totò Ciriminna era il vice capo della famiglia di Borgo Vecchio (…) Eravamo andati in un ufficio tra via Francesco Crispi, di fronte il porto, là in un ufficio ... siccome sono passati tantissimi anni, almeno mi sembra là in un angolo e ho visto che c'era l'onorevole Lima e c'era questo onorevole D'Acquisto. Ho visto, la prima volta l'ho visto là poi l'ho visto qualche volta sfuggitamente, come si può incontrare a Palermo qualsiasi cittadino. E poi come presenza l'ho visto ... il fatto che ho narrato prima, sulla macchina con i Salvo però mi ricordo che il senatore, chiamiamolo di nuovo senatore, Totò Greco, evitiamo, Totò Greco, mi ricordo già nel '74, '75, non mi ricordo che assessorato aveva il D'Acquisto e aveva sbrigato delle cose ... se era assessorato alle finanze o casa era. Per ciò mi ricordo che già c'erano vicino perché i Greco erano vicinissimo, specialmente prima ai Fanfaniani e anche i Limiani, quelli di Lima corrente. Poi si sono schierati tutti per la corrente del presidente Andreotti, Lima e Salvo, specialmente che c'era questa situazione di potere arrivare direttamente, specialmente che Nino Salvo era Cosa Nostra, le strade si sono cominciate ... quelli che non avevano potere non potevano sbrigare o portare qualche favore che ci si chiedeva e allora si tralasciava e si prendeva solo una certa corrente. Ma all'inizio, mi ricordo, tutti ognuno ci aveva, dai piccoli ai più grandi chi ci aveva una strada la cercava di sfruttare se aveva di bisogno.

P.M.: Senta, sa se i Salvo appoggiassero soltanto, come ha detto lei, questi uomini della DC o di una corrente della DC? Oppure avessero anche altre strade, altri appoggi?

DI CARLO F.: Ma per quello che mi risulta a volte ... a me è piaciuto sempre a volte capire perché io non ho fatto mai politica ma qualcosa, quando capivo che qualcuno se ne intendeva di politica mi piaceva ragionare un po'. Una volta ci ho chiesto a Nino Salvo come mai questa vicinanza con altri che non erano della stessa corrente. Lui mi diceva che uno deve tenere tutte le redini per manovrare.

P.M.: E questi altri chi erano, gliene fece i nomi, li ha mai saputi?

DI CARLO F.: Nella provincia di Trapani loro avevano Salvatore Grillo, il vecchio democratico di quella zona, che era doroteo, ed era intimissimo con Nino e specialmente con Ignazio anche. Poi a Palermo Ruffini era doroteo ma era nelle mani proprie dei Salvo. Ed a qualche altro ... così io sapevo che non si tenevano solo ad una corrente. Certo era la corrente più forte, la corrente più principale e poi la fratellanza che ho visto ... si davano del tu con Lima, sia Nino Salvo che Lima si davano del tu visto la fratellanza che avevano, l'amicizia capisco che la prima corrente che tenevano era questa, andreottiana chiamiamola.

(…)

AVV.COPPI: Voglio sapere se Greco, Totò Greco, le parlò di contrasti esistenti fra Mattarella e Ciancimino. Lei ha già dato questa mattina un inizio di risposta al punto. Se potesse completarla.

DI CARLO F.: Ma io i contrasti li sapevo non solo da Greco. Va bene. Poi i già li sapevo i contrasti che aveva tra Lima e ... fra Lima e Mattarella, e Lima con Ciancimino. Va bene. Già i contrasti li sapevo, da altre fonti mi venivano.

AVV.COPPI: Benissimo. Senta, lei questa mattina ha già parlato del fatto che i Salvo si sarebbero allontanati da Badalamenti e avvicinati ai Greco e ha anche precisato più o meno la data, dopo la caduta, diciamo, il disfavore di Badalamenti presso Cosa Nostra. Mi può specificare, se ritiene di potere aggiungere qualche cosa, a quello che ha detto già questa mattina circa il ruolo che avrebbe giuocato Stefano Bontate in marcia di avvicinamento dei Salvo ai corleonesi?

DI CARLO F.: Ma più che ai corleonesi i Salvo si sono avvicinati prima ai Greco. Dopo ai corleonesi.

AVV.COPPI: E Bontate che ruolo ... se lo ha avuto. Ha avuto un ruolo particolare in questa ...?

DI CARLO F.: Bontate siccome era l'amico intimo da sempre, sia lui sia il Badalamenti, quando non c'è più Badalamenti cerca di avvicinare i Salvo dai Greco. Perché i Greco li riteneva intimi amici. Neutri e anche amici.

AVV.COPPI: La domanda che le facevo nasce proprio da questo. Perché (…) mi risultava, appunto, che Bontate e Badalamenti erano amici. Lei questo me lo conferma, vero?

DI CARLO F.: Ma certo. Amici da sempre.

AVV.COPPI: E allora mi può spiegare (…) come mai Bontate che pur era amico di Badalamenti, favorisce questo avvicinamento dei Salvo a coloro che in definitiva avevano determinato la caduta di Badalamenti o comunque erano contrari a Badalamenti. (…)

DI CARLO F.: Perché il Badalamenti non è più in Cosa Nostra.

AVV.COPPI: Quindi bastava questa circostanza perché, nonostante l'amicizia, Bontate orientasse ormai i Salvo verso altra sponda, diciamo, vero?

DI CARLO F.: No l'altra sponda. Dobbiamo vedere i Greco in mezzo a questa sponda perché solo all'inizio erano nell'altra sponda. (…) Quindi i Greco ... i Greco erano anche intimi di Bontate, di prima dei corleonesi.

AVV.COPPI: Ho capito. Però poi si approda finalmente (…) comunque ai corleonesi?

DI CARLO F.: Sì. dopo che nasce la guerra di mafia, quando muore Stefano Bontate.

(…)

DI CARLO F.: Sì. Io esco da Cosa Nostra nel 1982.

AVV.SBACCHI: Ah! '82. E perché? (…)

DI CARLO F.: Io esco da Cosa Nostra, va bene, perché (…) viene mio fratello nel mese di luglio e mi dicono: don Bernardo e sia Totuccio mi hanno detto di comunicarti, visto il tuo comportamento, visto che tu non vuoi stare alle regole di Cosa Nostra e visto che contesti e visto che ti fai una vita un po' per i fatti tuoi meglio in questa situazione che lasci stare, esci fuori di Cosa Nostra, visto gli interessi che ci hai in Inghilterra, per un periodo ...

AVV.SBACCHI: Quindi lei è stato espulso in sostanza?

(…)

DI CARLO F.: Certo.

(…)

AVV.SBACCHI: Quindi lei viene espulso. Da allora lei chi ha incontrato di uomini di Cosa Nostra dopo l'espulsione?

DI CARLO F.: (…) incontro qualcuno di Cosa Nostra. Caruana, Cuntrera. Poi me ne vado in Inghilterra e là si stabilisce uno dei Caruana, ed è Cosa Nostra.

AVV.SBACCHI: Lei ha incontrato Salvo in quel periodo? I Salvo.

DI CARLO F.: No. L'ultima volta che incontro i Salvo è nei primissimi '82. A Nino solo però. Non plurale Salvo. Nino Salvo. E poi non lo vedo più.

AVV.SBACCHI: E' espulso lei da Cosa Nostra? Lei era già stato espulso o ancora no?

DI CARLO F.: No, ancora no. Perché io sono espulso .. l'ho detto prima, avvocato, verso luglio.

(…)

AVV.SBACCHI: Non si ricorda. Senta, lei ha detto che Mattarella, sostanzialmente, ... ha raccontato una cosa un po' confusa. Cioè che Mattarella voleva fare giustizia, aveva parlato con qualcuno ...

DI CARLO F.: Di Mattarella discorsi ne uscivano tanti, se ne sentivano. Però discorsi riportati, come si suol dire, ce n'erano tanti. Ma quelli più, diciamo, più pesante era che lui o in sede di Assemblea o in sede private, non lo so, (…) Aveva attaccato direttamente il Ciancimino e il Lima e in particolare i Salvo chiamandoli affarista e tutto il resto.

AVV.SBACCHI: Ma dico, questa questa inchiesta che voleva fare Mattarella è un'altra cosa. Lei ha detto Mattarella è andato a Roma. Voleva fare un'inchiesta. E' tornato. Mi spieghi che cosa è successo? Ritengo anche ...

DI CARLO F.: Il Salvo è andato a dire a gente di Cosa Nostra, sia i Greco sia a Bontate e a tutti, dicendo che avevano saputo, aveva saputo che il Mattarella sollecitava perché voleva vedere tutto questo affarismo, questa inchiesta che c'era a Palermo.

AVV.SBACCHI: E chi aveva sollecitato Mattarella, scusi?

DI CARLO F.: Non lo so dove aveva sollecitato. C'era questo discorso che stava venendo da Roma dove (…)

AVV.SBACCHI: Aveva sollecitato la magistratura? Aveva sollecitato la magistratura?

DI CARLO F.: Ma prima politico, forse prima la situazione politica a Roma e poi aveva sollecitato la magistratura a Palermo.

AVV.SBACCHI: Esattamente chi aveva sollecitato?

DI CARLO F.: Ma non lo so esattamente.

AVV.SBACCHI: Allora glielo chiedo io per averlo letto che visto che non fa parte dei miei atti. Aveva parlato col Procuratore Paino?

DI CARLO F.: Ma c'è un discorso che aveva detto che aveva saputo da ... dal giudice Paino, non so se era Procuratore, se era P.M..

AVV.SBACCHI: Aveva saputo (...) il quale era amico di Nino Salvo.

DI CARLO F.: Paino, questo mi risulta a me che me l'aveva detto Nino Salvo. Non mi risulta per averli visti assieme ma quelle erano altre cose che mi aveva detto che poteva parlare con Paino per risolvere qualche cosa al Tribunale.

Il Di Carlo ha altresì affermato di avere appreso in diverse occasioni, sia nell’ambito di "Cosa Nostra" sia dai cugini Salvo, che questi ultimi conoscevano il sen. Andreotti.

Prescindendo dalle sue propalazioni riguardanti vicende (come il processo a carico dei Rimi) che vengono approfonditamente trattate in altri capitoli, deve rilevarsi che il Di Carlo ha riferito di essere venuto a conoscenza dei rapporti tra i cugini Salvo e l’imputato in occasione di due incontri verificatisi a Roma, e precisamente:

  • un pranzo tenutosi in una grande sala (diversa dalla sala-ristorante) sita nel piano terreno dell’Hotel Excelsior, in Via Veneto, intorno alla fine del 1980 o all’inizio del 1981 (in particolare, mentre era in corso il montaggio di un film girato dal figlio di Michele Greco, Giuseppe Greco), con la presenza del Di Carlo (allora latitante), di Giuseppe Greco, di Michele Greco, di Antonino Salvo, del sen. Giuseppe Cerami, di Franco Franchi, di Pietro Lo Iacono, di Michele Zaza e di Nunzio Barbarossa;
  • un successivo pranzo con Antonino Salvo e l’on. Lima svoltosi nel febbraio o nel marzo del 1981 in un "ristorante toscano" sito in una traversa di Via Veneto.

Con riguardo al pranzo tenutosi in una sala dell’Hotel Excelsior, il collaboratore di giustizia ha esplicitato di essersi seduto accanto ad Antonino Salvo e di avergli chiesto "dove doveva andare così estremamente elegante". Antonino Salvo rispose che nel pomeriggio avrebbe dovuto recarsi dal sen. Andreotti insieme all’on. Lima, con il quale aveva preso appuntamento.

Relativamente al pranzo svoltosi nel "ristorante toscano", il collaborante ha precisato che Antonino Salvo aveva preso appuntamento con lui in questo luogo in quanto doveva dargli una risposta in ordine ad una richiesta di aiuto rivoltagli dal Di Carlo con riferimento ad un processo in cui quest’ultimo era stato rinviato a giudizio. Il Di Carlo, giunto presso il ristorante, notò che Antonino Salvo era seduto in compagnia dell’on. Lima, e si unì a loro. Nel corso del pranzo, Antonino Salvo disse al Di Carlo che nel pomeriggio avrebbe dovuto recarsi, insieme all’on. Lima, presso l’ufficio del Presidente Andreotti.

Rispondendo alle domande formulate dal P.M., il collaboratore di giustizia ha affermato di essersi offerto, dopo il pranzo, di accompagnare Antonino Salvo e l’on. Lima a Piazza Colonna a bordo della propria autovettura, ritenendo che l’incontro con l'on. Andreotti avrebbe dovuto svolgersi in tale luogo. Tuttavia Antonino Salvo non accettò la sua offerta, spiegando che lui e l’on. Lima dovevano recarsi "a San Lorenzo" prima dell’appuntamento fissato a Piazza Colonna. Il Di Carlo pertanto si limitò ad accompagnare Antonino Salvo e l’on. Lima a Piazza Barberini, dove essi salirono a bordo di un taxi.

Nel corso del controesame condotto dalla difesa dell’imputato, il Di Carlo ha precisato che Antonino Salvo e l’on. Lima dovevano recarsi in un primo tempo "a San Lorenzo" e ad incontrare il Presidente Andreotti, e successivamente a Montecitorio ("mi hanno detto dovevano andare a San Lorenzo, poi dice dobbiamo andare a Montecitorio. A Montecitorio o là, al Parlamento, come viene chiamato, al Governo, andavano a vedere altri non lo so. Ma la prima cosa dovevano andare a vedere il presidente Andreotti").

Nell’interrogatorio reso davanti al P.M. in data 31 luglio 1996, il collaborante aveva dichiarato: " Lima e Nino Salvo, dovevano andare là. Quando… quando abbiamo finito ho detto: io ho… avete la macchina? Dice: "No, no, dice, prendiamo un taxi". Ho detto: posso accompagnare sul taxi. Io, pensando che dovevano andare a, chiamiamola Piazza Colonna, come si chiama? Là dove c'è il Parlamento? (…) Montecitorio. Pensavo là. Gli ho detto: in caso vi lascio a corso Vittorio Emanuele. Lasciò là. "No no, perché, dice, l'ufficio di… di Andreotti lontano è di qua", a San Lorenzo, non so… zona San Lorenzo, la chiamano, non lo so dov'è. Mentre io li ho lasciati a piazza Barberini che c'era il tassista". Aveva, poi, aggiunto: "Questo pranzo, si è stati fino alle 16,30; quando sento il discorso di dove dovevano andare, mi offro di volerli accompagnare, ma in principio, io avevo capito che dovevano andare a… là, dove c'è il Governo. Va bene? Mentre poi, mi dicono che dovevano andare in un ufficio, che io non so, in un ufficio, che era molto più distante di questo Presidente e cose. Là ci dovevano andare, ma più tardi, per altri appuntamenti che avevano per i fatti loro".

Dalla deposizione dibattimentale del collaborante si desume anche che il Di Carlo ed Antonino Salvo avevano stabilito che si sarebbero incontrati a Roma (impegno, questo, che si concretizzò – dopo qualche mese -nell’appuntamento presso il "ristorante toscano") in occasione di un pranzo di esponenti mafiosi organizzato da Michele Greco, e svoltosi nella tenuta di "Favarella" verso il 22 o 23 dicembre del 1980 ovvero del 1979 (secondo due diverse indicazioni fornite, nel corso dell’esame, dal Di Carlo, il quale ha infine mostrato di ritenere che si trattasse del 1979), con la partecipazione anche dei capi dei "mandamenti", dei loro accompagnatori, dei capi delle altre "province", e di alcuni frequentatori abituali della tenuta.

In questa riunione tenutasi nel periodo natalizio, Antonino Salvo, in presenza di Stefano Bontate, manifestò al Di Carlo il convincimento che sarebbe stato opportuna un’iniziativa di Salvatore Riina e Bernardo Provenzano diretta a limitare l’influenza di Vito Ciancimino, evidenziò che i rapporti tra quest’ultimo e Salvo Lima erano spesso assai problematici, ed aggiunse: "Ciancimino è una palla al piede per noi, è mal visto sia in politica, nell'ambiente politico, non ha più un elettorato. Noi siamo all'altezza con strade dirette a Roma con qualsiasi corrente", e specificò: "abbiamo le strade di arrivare a Roma di manipolare anche la politica a Roma e ancora (…) ci andiamo a tenere un piccolo assessore, un piccolo consigliere comunale, che poi era ex, e che poi è mal visto sia pubblicamente (…) come opinione pubblica e sia dentro la politica palermitana". Il Di Carlo suggerì ad Antonino Salvo di desistere da simili propositi.

In altre occasioni il Bontate, parlando con il Di Carlo, si espresse nei seguenti termini: "quando si arriva ad avere uno di Cosa Nostra, che non l'avevamo avuto mai, che può parlare a livello politico nazionale (…), ancora tengono a un Ciancimino", evidenziò che Antonino Salvo poteva rivolgersi all’on. Lima ed all’on. Andreotti, e precisò che il Presidente Andreotti "aveva dato modo a Nino Salvo e a Lima di farci vedere che era a disposizione in qualche cosa che l'avevano disturbato".

Nella stessa occasione in cui chiese di fare pressione sul Riina per indurlo ad escludere il Ciancimino dalla vita politica, Antonino Salvo riferì al Di Carlo che in precedenza (ad avviso del collaborante, nel 1979) i "corleonesi" tramite i Greco gli avevano chiesto di adoperarsi perché il Ciancimino fosse ricevuto dall’on. Andreotti così da recuperare la propria immagine e da inserirsi nella corrente andreottiana. Antonino Salvo aveva promesso che si sarebbe recato, insieme all’on. Lima, dall’on. Andreotti per cercare di conseguire il risultato richiesto.

In seguito il Di Carlo apprese da Stefano Bontate, da Salvatore Greco e da Antonino Salvo che l'on. Andreotti aveva rifiutato di ricevere il Ciancimino ed aveva sconsigliato un avvicinamento di quest’ultimo alla sua corrente.

Il Di Carlo ha aggiunto che dopo il 2 febbraio 1980 si recò, insieme ad Antonio Ferro e a Carmelo Colletti, presso l’abitazione di Antonino Salvo, sita a Palermo in Via Ariosto n. 12. In questa circostanza Antonino Salvo chiese nuovamente al Di Carlo di esercitare pressioni sul Provenzano e sul Riina per indurli a convincere il Ciancimino a non provocare le situazioni che venivano a crearsi costantemente nella politica palermitana.

Si trascrive di seguito il contenuto delle dichiarazioni rese dal collaborante sui temi in questione:

P.M.: (...) Sa se i cugini Salvo conoscessero o meno il senatore Giulio Andreotti?

DI CARLO F.: Per quello che mi risulta in varie occasioni ci ho sentito dire che lo conoscevano e che ci andavano e che avevano rapporti. Ma non solo da loro ... l'ho sentito anche in Cosa Nostra, va bene.

P.M.: Allora separiamo i due momenti. Fermiamoci ai Salvo. Quando sente dire loro di questo rapporto di conoscenza e dove vi trovate?

(…)

DI CARLO F.: (...) me ne ricordavo uno alla fine di dicembre del 1980.

P.M.: Dove avviene? A Roma, dove?

DI CARLO F.: A Roma ... pensandoci ... io nei verbali ai giudice che mi ha parlato di questo ne ho fatto mettere due ma mi ricordo che poi ne ho avuto un altro ma va be' ma non ha significato perché sono incontri così con Mimmo Teresi, va bene, e Nino Salvo. Per ciò se io ..

P.M.: Cominci per piacere in ordine di ricordo con il primo che lei ricorda. Quindi stava parlando di uno verso la fine del 1980.

DI CARLO F.: Mi ricordo, però non so se questo è prima o è prima l'altro che dico dopo perché c'è la differenza di qualche 20 giorni, 15 giorni non mi ricordo, va bene, per ciò posso anche fare confusione di uno all'altro.

P.M.: Va bene. Vada avanti.

DI CARLO F.: Dunque l'ho incontrato a Roma.

P.M.: Chi incontra? Scusi. Chi incontra a Roma?

DI CARLO F.: Salvo.

P.M.: Quali dei Salvo?

DI CARLO F.: Nino Salvo, ho detto. Nino.

P.M.: E lo incontra dove?

DI CARLO F.: In via Veneto a Roma però non so se è questo oppure quello dei primi '81. Comunque c'è stato un pranzo all'Hotel Excelsior in via Veneto nel periodo che il film di Michele Greco stava montando il film che aveva girato, lo stava recu..., non so come si dice montare, mi sembra, in gergo di registi, stava montando, stava preparando e quando montano un film a volte passa un mese. Avevo visto Giuseppe Greco sia un periodo ... sia a Roma anche il barbiere era nello stesso barbiere che io mi servivo, avevo visto tanto tempo Giuseppe e lui proprio mi ha detto che stavano preparando ma in quella occasione là c'era, c'erano tante persone di Cosa Nostra. C'era Michele Greco, era salito il padre .... eravamo 10 o 12 persone. C'era Michele Zaza, Nunzio Barbarossa, Nino Salvo, c'era il senatore Cerami, c'ero io, mi ero dimenticato di dirci un nome che poi mi ricordo che era latitante pure là ed era venuto, Petrino Lo Iacono, era consigliere di Bontate, era pure là, c'era Franco Franchi che aveva lavorato pure in questo film, mi sembra, ma Franco Franchi io lo conoscevo da tanto tempo prima e poi uno che non avevo mai visto da vicino che lo conoscevo tramite cinema a metà giornata che stavamo finendo di mangiare è spuntato Ciccio Ingrassia. Ho visto una persona altissima, anziana già, altissima, un po' differente di come lo ricordavo nel film. Queste eravamo le persone là. Si è mangiato però non eravamo nella stanza ristorante perché non c'erano altri commensali, come si dice in italiano, che mangiavano. Eravamo in un tavolo che avevano messo là, forse la mattina ci facevano colazione le persone in questa grande sala a pianterreno. Eravamo tutti là anche perché se c'era altra gente che mangiavano non avremmo potuto ... perché c'era un po' di confusione, chi parlava di qua, chi parlava di là e ci avrebbero sentito quello che facevamo.. Comunque accanto a me ci avevo Nino Salvo, mi ricordo, e allora parlando di tante cose così ci ho chiesto dove doveva andare così estremamente elegante. Complimenti tra amici di Cosa Nostra se ne fanno ... di cravatte di qua e di là. Mi ha detto, dice, no, il pomeriggio ci ho un appuntamento deve arrivare ... ho capito che doveva arrivare Salvo Lima da dove non lo so, se veniva da Palermo e veniva da qualche altra città perché dovevano andare ... anzi prima non me lo dice Lima, poi me lo dice quando mi dice devo andare dal Presidente Andreotti. Visto che c'era il senatore seduto accanto, Michele Greco, ci faccio ci devi andare con il senatore? Si è messo a ridere e dice: no, se ci vado con lui nemmeno ci riceve, dice, no, deve arrivare Salvo ... lo chiamava lui Salvo a Lima ... e ci ... appuntamento con lui. Questo era un'altra volta che ne ho sentito parlare.

P.M.: Il senatore, vuole ripetere chi era quello era a tavolo.

DI CARLO F.: Senatore Cerami che già in quel periodo era diventato uomo d'onore della famiglia di Ciaculli.

P.M.: Ricorda il nome di questo senatore, nome di battesimo?

DI CARLO F.: Giuseppe si doveva chiamare.

P.M.: Giuseppe Cerami. Quindi questa è un'altra occasione. Ve ne sono delle altre in cui ... Mi scusi, anzi fermiamoci su questa. ricorda come vi siete, come si trovò lei in ...a questo pranzo all'Excelsior? Cioè attraverso chi le venne detto di andare lì?

DI CARLO F.: Io quasi ... se non ci telefonavo ci andavo spesso perché appunto un punto di riferimento perché i numeri di telefono e nemmeno indirizzi dove abitavo io a Roma non ne davo mai essendo in condizioni di latitante e per tanti motivi non solo la latitanza. Passavo sempre da negozi che aveva Nunzio Barbarossa ..

P.M.: Nunzio Barbarossa chi era? Anticipiamo questa domanda.

DI CARLO F.: Nunzio Barbarossa è stato ... no consigliere ... capodecina, non mi ricordo che mansioni aveva comunque aveva un titolo nella famiglia di Napoli, era Cosa Nostra di Napoli. Era uno dei più antichi di Cosa Nostra della famiglia proprio Napoli Città.

P.M.: Sì, quella diretta dal fratello di Michele Zaza, no?

DI CARLO F.: Di Salvatore Zaza.

P.M.: Di Salvatore Zaza. E allora quindi lei passava da questo negozio ...

DI CARLO F.: Passavo di questo negozio e lui mi diceva se c'era un appuntamento o chi mi aveva chiamato oppure a volte chiamavano che io dovevo scendere in Sicilia e scendevo in Sicilia, se non avevo chiamato io ... non c'era bisogno perché io mi sentivo sempre per telefono ... sia che cercavo qualcuno che poteva rintracciare a Bernardo se lui non era a casa con il telefono oppure cercavo notizie se mi cercavano, se mi volevano. Sempre se mi cercavano, perché la polizia mi cercava, se mi cercava Cosa Nostra, amici.

P.M.: Senta, Bernardo chi era? Cerchi di usare i cognomi per piacere. Bernardo?

DI CARLO F.: Scusi, signor Giudice, di nuovo, a volte mi sfugge. Bernardo Brusca il mio capomandamento.

P.M.: Bernardo Brusca. Quindi questo negozio di Barbarossa era un suo punto di riferimento abituale o comunque frequente?

DI CARLO F.: Sì, Chissà mi dovevano rintracciare o qualcosa .... anche io avevo il numero di casa (...) di Nunzio Barbarossa e chissà io telefonavo a lui per sapere se mi avevano chiamato.

(...)

P.M.: (...) Dove si trovava quindi questo negozio di Barbarossa, signor Di Carlo?

DI CARLO F.: A circa 3 o 400 metri dalla stazione centrale, Termini, stazione Termini.

P.M.: Quindi dalla stazione Termini. Che attività commerciale si svolgeva in questo negozio?

DI CARLO F.: Stavo per dargli anche il nome della strada, signor Giudice, in via Alberto Amedeo, dovrebbe essere.

P.M.: Via Alberto Amedeo. Benissimo. Che attività commerciale si svolgeva, le chiedevo?

DI CARLO F.: Ma ne aveva due o tre negozi. Uno vendeva tutte cose, non so, radie, tutte cose elettriche e tutte queste cose, attrezzature, stereofonia e cose. Poi c'era uno che vendeva solo cose per arredamento di casa, non so, anche lenzuola ... tutti questo abbigliamento di casa o anche personale ...

P.M.: Ritorniamo quindi a questo incontro. Lei passa dal negozio di Barbarossa. Che cosa avviene in questo negozio? Cioè come è che lei sa che deve andare a ...?

DI CARLO F.: Mi dice, mi dice: c'è u zu' Michele che ti vuole vedere e si trova così così e c'è anche Nino Salvo. Io veramente avevo qualche altra cosa da fare ma ci ho detto: Va be' allora vengo una volta che ci sono, che mi vogliono vedere, mi debbono parlare ...Chissà vengo e me ne vado. Ma una volata arrivato là sono rimasto con loro a mangiare e sono stato fino alle tre e mezza, le quattro ... e ho mangiato là con questa gente. da là è nato il discorso che mi ha detto Nino perché era seduto giusto giusto accanto a me.

P.M.: E questo lo abbiamo ascoltato. Senta, lei ha detto poc'anzi che conosceva da prima Franco Franchi perché?

DI CARLO F.: A Franco Franchi lo conosco tramite qualche altro amico mio ed era venuto pure in campagna da me, ma questo è all'inizio degli anni '70. Poi nel '78, '77 forse era, con Pitrino Lo Iacono e tantissimi si sono messi a chiederlo come cortesia, ha voluto fare una serata al castello e pagandolo ...

P.M.: Il Castello di dove? Scusi. Il Castello di...?

DI CARLO F.: Il castello di san Nicola, il locale che io gestivo ... più che gestione l'avevo messo in piedi questa società ...

P.M.: (...) Quindi insistono per fare fare questa serata presso il castello di San Nicola. E che cosa sa, se sa qualcosa, all'interno di Cosa Nostra di Franco Franchi?

DI CARLO F.: Ma Franco Franchi all'interno di Cosa Nostra è solo una persona, per dire, amica così, anche perché compare di Pietrino Lo Iacono.

P.M.: E Pietrino Lo Iacono era che cosa in quel tempo?

DI CARLO F.: E' stato sempre consigliere, era stato per tantissimo periodo di ... anzi una volta ha fatto per tre anni, quattro anni il sottocapo a Stefano Bontate. Poi era stato consigliere perché appunto è successo lo stesso fatto con me nella mia famiglia che il Teresi si era scambiato con lui perché era giovane Teresi e aveva voluto fare il sottocapo e no il consigliere ... ed aveva fatto il consigliere ed era consigliere fino alla morte di Stefano.

(…)

P.M.: (…) un altro particolare su questo pranzo. Ricorda, per caso, chi pagò il conto?

DI CARLO F.: Il conto lo ha pagato Michele Zaza, alla fine, quando si alzò.

P.M.: Lei ha fatto già riferimento a qualche altra occasione in cui sente parlare di questo rapporto di conoscenza tra i cugini Salvo e il senatore Andreotti.

DI CARLO F.: Dopo questa che io dico ...questa dopo o è stato prima io ne ho avuto un altro incontro con Nino Salvo, che sarebbe stato verso il 22, 23 di dicembre, sempre dello stesso anno ...

P.M.: Quindi 19...

DI CARLO F.: Anta ... Perché questo incontro che dico io era stato dopo, questo di cui vi sto parlando adesso era stato prima (...) Io ce ne ho un altro incontro. A Favarella, mentre si faceva il pranzo, ed era il primo anno che vedevo (...) no, no, il secondo anno che vedevo Nino Salvo presente perché prima non si era visto mai presente nei pranzi che si facevano di farci gli auguri tutti noi di Cosa Nostra, tutti noi? Quelli più intimi che frequentavamo Zagarella oppure i capiprovincia o i capimandamento ... e c'era questa ricorrenza che per Natale (...) Ci facevamo gli auguri e si mangiava. Michele Greco faceva un grande pranzo.

P.M.: Mi scusi un istante, signor Di Carlo, lei ha detto pranzo alla Zagarella ...

DI CARLO F.: Mi scusi. Favarella con questi ...

P.M.: Favarella.

DI CARLO F.: Favarella non Zagarella. A Zagarella non ci ho mangiato mai veramente.

P.M.: (...) questo pranzo avviene nelle festività di natale di quale anno?

DI CARLO F.: Natale, festività di natale di '80.

(...)

PRESIDENTE: Quello dell'Excelsior quando avviene? (…)

(…)

DI CARLO F.: Io, signor Presidente, io pensavo che era stato fine '80 mentre, poi siccome ne ho avuto un altro così occasionale, mentre è stato nei primi di Gennaio, penso, nei primi di gennaio, nell'81, nel mese di gennaio '81. Mentre io ho pensavo sempre che era stato dicembre '80 ...

PRESIDENTE: Questo l'Excelsior?

DI CARLO F.: ... la differenza di qualche mese. Però pensando che io avevo avuto già un primo discorso con i Salvo ed era stato ... e quello ci ho un punto di riferimento, anche dopo tanti anni, che era stato verso il 22 o il 23 di dicembre dell'80 che c'è questa decorrenza che tutti ci andavamo là a mangiare e ci facevamo gli auguri, allora dopo ho pensato che allora quella è stata dopo se questo è stato prima.

P.M.: Ed allora ... eravamo fermi a questo pranzo del 22, 23 dicembre '80 alla Favarella. Vada avanti.

(...)

PRESIDENTE: Racconti questo episodio Di Carlo.

DI CARLO F.: Sì, signor Presidente. Eravamo là che mangiavamo c'erano tutti i capiprovincia di altre province, capoprovincia anche, chiamiamola capoprovincia, Michele Greco che era il padrone di casa, tutta la commissione, qualcuno più intimo che frequentava Favarella il quale ero io poi c'erano gli accompagnatori dei capimandamento, insomma eravamo tutti là. Mi ricordo che c'è Nino Salvo, in quell'occasione mi presenta il genero che l'avevano combinato da poco, il genere (rectius genero: n.d.e.) di Nino Salvo, Gaetano Sangiorgi. Mi chiama per presentarmi a suo genero. Chiedo dove l'avevano combinato e mi dice a Salemi, poi siccome si sta tutto il giorno là c'è stato un minuto che ci siamo appartati e mi chiama Stefano e Nino Salvo. In quella occasione Nino Salvo mi fa presente un discorso così. Dice, sai ne ho parlato con Stefano e Stefano mi ha detto se te ne voglio parlare te ne parlo ... visto che tu sei tanto intimo con Totuccio Riina e Bino Provenzano e vedo che tu sei un giovane che capisce molte cose, ma perché non vedono di cercare di limitare l'influenza di Ciancimino. Perché Ciancimino è una palla al piede per noi, è mal visto sia in politica, nell'ambiente politico, non ha più un elettorato. Noi siamo all'altezza con strade dirette a Roma con qualsiasi corrente. Perché ancora fare ... abbiamo problemi che hanno sempre problema con Lima. Ho ascoltato il discorso, sapendo chi è Ciancimino, sapendo che i Corleonesi, perché nessuno conosce i corleonesi come me per l'intimità che ciò avuto ... il modo di parlare e capirli .... ci ho detto: Don Nino non chieda questo a nessuno perché conosco io i Corleonesi, non ci tocchi Ciancimino, non ci dica questo perché quando ai corleonesi si tocca un corleonesi la pensano a loro modo, non ne parli più, lasci stare. Con Stefano ci siamo guardati negli occhi e ci siamo capiti subito, perché Stefano capiva anche i Corleonesi e poi aveva avuto tanti conseguenze, e ci dice a Nino fai come ti dice Franco, lascia stare, che vuoi fare ... pazienza, Vedi queste teste come ci tengono con Ciancimino non ce ne parlare. Finito là il discorso.

P.M.: Scusi. lei ha detto che Nino Salvo in questa circostanza le dice vedi sai che ora possiamo arrivare a Roma ecc. ecc. Che cosa intende dire? Lo spieghi meglio, che cosa disse di più specifico?

DI CARLO F.: Specifico in quell'occasione non ha detto lui niente ... ha detto che abbiamo noi una strada, abbiamo le strade di arrivare a Roma di manipolare anche la politica a Roma e ancora, dice, ci andiamo a tenere un piccolo assessore, un piccolo consigliere comunale, che poi era ex, e che poi è mal visto sia pubblicamente, dice, come opinione pubblica e sia dentro la politica palermitana. Queste sono le parole che mi ha detto. Ma poi io c'è stata altre occasioni che ne parlo con Stefano e in qualche modo abbiamo parlato anche del diretto rapporto che i Salvo e i Lima si erano creati.

P.M.: Lo dica allora. Riferisca di queste occasioni.

DI CARLO F.: In altre occasioni mi ha detto, perché con Stefano mi vedevo, in altre occasioni mi ha detto, parlando così, i diretti rapporti che avevano con l'onorevole, con il Presidente Andreotti.

P.M.: Cioè riesce a ricordare, riesce ad ancorare il suo ricordo a qualche cosa di specifico? Cioè qual'è l'occasione per la quale parlate di questo argomento con Stefano Bontate?

DI CARLO F.: Ma in altre occasioni che si parlava sempre di problemi che avevano, che c'erano a Palermo di tanti piccolezze che spuntavano, a volte si parlava di politica però non c'era in quel minuto con Stefano, non c'era nessuna riferenza proprio per uno specifico fatto, si parlava così del più e del meno anche perché Stefano aveva altre vedute per Cosa Nostra. Stefano era quello che voleva ampliare, Stefano era quello che voleva portare Cosa Nostra in una via di mezzo tra Cosa Nostra quella violenta e la massoneria, voleva portare un tipo di Cosa Nostra, visto i tempi, (…) a un livello più civile, chiamiamolo civile, più liberale. Perché (…) c'erano due linee diverse. I corleonesi che volevano portare Cosa Nostra indietro, (…) e quelli che la volevano portare liberale con i tempi, voleva camminare a passo dei tempi. Ce ne erano tanti, molti discorsi che si facevano con Stefano, ecco, perché capitava di discutere e si parlava di politica. E dice quando si arriva ad avere uno di Cosa Nostra, che non l'avevamo avuto mai, che può parlare a livello politico nazionale, dice, ancora tengono a un Ciancimino che un po' ci porta una questione e un po' ce ne porta un'altra e si riferiva ai problemi che c'erano, politici, che erano molti politici che succedevano tante cose.

P.M.: Scusi, ma chi era questo uomo politico che poteva parlare con questa persona così importante? I nomi. Chi era il politico e chi era la persona importante?

DI CARLO F.: Ho detto la persona importante chi era. Era Nino Salvo con Lima. Nino Salvo che era Cosa Nostra perché non si era avuto mai uno di Cosa Nostra, a parte quelli di Cosa Nostra antichi che c'erano stati ma la Sicilia non aveva i problemi che aveva la moderna Cosa Nostra, pure che c'erano stati uomini politici Cosa Nostra non si era mai arrivati a parlare con politici nazionali.

P.M.: E i politici nazionali chi sono?

DI CARLO F.: Nino Salvo, sempre Lima e l'onorevole Andreotti. Lui parlava per questa linea.

P.M.: Stefano Bontate glielo fece il nome di Andreotti oppure no?

DI CARLO F.: Certo che me lo ha fatto.

P.M.: Lo dica allora.

DI CARLO F.: Però non c'era stato in quella occasione, questa è stata un'altra occasione. Non so se sono chiaro?

P.M.: Sto dicendo ... stavo facendo riferimento ai suoi, alle occasioni di suoi incontri, di suoi discorsi con Stefano Bontate e le avevo chiesto le fece il nome, le fece i nomi di questi politici nazionali importanti.

DI CARLO F.: Sì, che me l'ha fatto.

P.M.: Qual'è questo nome o questi nomi?

DI CARLO F.: Presidente Andreotti.

P.M.: E le disse qualche cosa in particolare del Presidente Andreotti oppure no?

DI CARLO F.: Che aveva dato modo a Nino Salvo e a Lima di farci vedere che era a disposizione in qualche cosa che l'avevano disturbato.

(…)

P.M.: ... dopo, dopo questa occasione ve ne è qualche altra nella quale lei ha modo di apprendere direttamente del rapporto di un conoscenza tra Nino Salvo e il Presidente Andreotti?

DI CARLO F.: In quella, in quella, che noi ci siamo visto, in questa mangiata, chiamiamola mangiata, in questo pranzo di Favarello (rectius Favarella: n.d.e.) con Nino Salvo siamo rimasti che noi ci dovevamo rivedere a Roma però lui non sapeva quando e nemmeno io perché io non stavo sempre a Roma, scendevo, andavo a Londra in quel periodo, insomma, andavo di qua e di là. E allora ci siamo detti che ci dovevamo vedere anche perché mi doveva dare una risposta che io ci avevo un processo che, mi sembra, già eravamo stati rimandati, si dice in inglese ...quando finisce l'istruttoria come si dice?

P.M.: Rinviato a giudizio.

DI CARLO F.: Rinviato, rinviato a giudizio. Mi sembra che eravamo rinviato a giudizio e lui mi doveva dare una mano per vedere di potere vedere qualcosa al Tribunale di Palermo perché da quando ...anche che io facoltà prima di avere sempre possibilità o qualche strada ... ma essendo latitante non frequentavo più, non frequentavo più ... Lui mi doveva dare una mano e mi ha detto che ci dovevamo rivedere a Roma. Ci ho detto, poi io ti telefono. Perché io avevo il numero di Nino Salvo sia degli uffici e sia di casa. Un giorno ci telefono e mi dice che doveva salire. E dice, chissà decido di salire dove ti trovo, dove ti posso trovare? Ci ho detto, fai sempre il numero o ci passi da Nunzio che io sempre mi vedo o ci telefono e saprò. E così, non mi ricordo quando è stato, però è stato febbraio, marzo dell'81, passo da Nunzio Barbarossa e mi dice: vedi che nel pomeriggio c'è Nino Salvo che ti aspetta a questo indirizzo. E io nel pomeriggio sono andato a quell'indirizzo. Quell'indirizzo era un ristorante toscano, si chiamava Ristorante Toscano ...

P.M.: Sa dove si trova?

DI CARLO F.: Una traversa di via Veneto. (…) Sulla destra salendo da Piazza Barberini, dall'ambasciata (…) americana (…) Sulla destra. salendo verso Villa Borghese, come si chiama ... là ...Murotorto.

P.M.: Verso Villa Borghese. E allora prendete questo appuntamento e che cosa avviene?

DI CARLO F.: Ci vado. Posteggio la macchina che avevo la macchina, posteggio. Vedo il ristorante qual'era perché non c'ero stato mai. Posteggio la macchina, guardo lì dentro e non c'era nessuno. Mi vado a prendere un aperitivo all'angolo che c'era un bar, (…) in via Veneto, nell'altro lato però ho attraversato. Ho perso un quarto d'ora così, sono rientrato di nuovo là e ho visto che era seduto sia lui sia l'onorevole Lima.

P.M.: Quindi lui chi?

DI CARLO F.: Mi scusi di nuovo che non faccio mai i nomi. Lui sarebbe Nino Salvo e l'onorevole Salvo Lima.

P.M.: Bene.

DI CARLO F.: Ci siamo salutati, ci siamo stretti la mano, mi sono seduto e così ... cominciati i discorsi. Io avevo qualche cosa da discutere con lui, si parlava qua e là e ho assistito a tanti discorsi. Poi mentre eravamo là seduti che mangiavamo è venuto più di una persona a parlare con loro e se ne sono andati forse erano, non lo so, portaborse, come li chiamano adesso. Gli portavano qualche appuntamento che dovevano avere o ci prendevano. Poi gli ho detto a Nino: che fai quanti giorni ti fermi? Dice: no, ma l'indomani dovrei scendere perché ci ho situazioni a Palermo da sbrigare. Dice, oggi tutto il pomeriggio siamo impegnati perché dobbiamo andare dal Presidente Andreotti. Va bene. Comunque abbiamo finito tutto quello che dovevamo finire, poi ci siamo alzati. Mi ero proposto di accompagnarli e si stava andando verso fuori, dove verso io ci avevo la macchina. Parlo un attimo a che ci ho il tempo il Lima accanto, parlo con Nino Salvo e ci chiedo se aveva notizie, se sapeva in quale Corte andava il mio processo e cose ... Comunque parliamo 5 minuti così, quando li dovevo accompagnare ci ho detto: vi accompagno e vi lascio a piazza Colonna. Lui mi dice. no, no, noi dobbiamo andare prima a San Lorenzo. Almeno io ho capito San Lorenzo perché da sempre mi ricordo proprio così, questa frase però nemmeno sono proprio sicuro 100%. Però mi ricorda, è quello che ho detto, San Lorenzo. Ci ho detto: io pensavo là. Dice: no no, là dopo abbiamo appuntamento, ci dobbiamo andare. Ci ho detto: allora vi lascio nel taxi. Il taxi all'angolo di via Veneto di fronte questo gran Hotel. Non c'erano in quel momento ma a che erano sopra la macchina li ho lasciati a Piazza Barberina che c'era il taxi. Si sono presi il taxi, ci siamo salutati e se ne sono andati.

P.M.: Senta, ricorda grosso modo che ore fossero quando vi siete allontanati da questo ristorante? Quanto durò il pranzo?

DI CARLO F.: E' durato ... più che il pranzo, mangiare ... veramente si chiacchierava sempre, è durato un pochettino a lungo perché finito verso le 4.15, 4.30 così, verso le 4.30 infatti persone già non ce ne erano più. Però ho visto nel ristorante che anche tardi veniva qualche persona e la servivano, la facevano mangiare per ciò non so se era un ristorante che faceva servizio continuo.

P.M.: Va be'. Dico, voi quindi andate via verso le 16.15, 16.30 e lei li lascia a piazza Barberini.

DI CARLO F.: Barberini. C'erano taxi, si sono presi il taxi e se ne sono andati.

P.M.: Senta, ha fatto riferimento più volte a questi discorsi, a queste chiacchiere che vi siete scambiate a pranzo. Riesce a ricordare di che cosa avete parlare?

DI CARLO F.: Specialmente loro parlavano di politici romani e io i nomi non è (...) perché non avevo interesse. Parlavano ...Franco, ci ho sentito dire, ci ho sentito dire altri discorsi però non capivo. Poi parlavano della politica che c'era momentanea, va bene? Tanti discorsi che a me non è che mi interessavano tanto. Quindi non mi ricordo altri nomi e nemmeno cognomi. Non hanno fatto mai nemmeno chiamare onorevole o ... chiamavano prima il nome parlando.

(…)

PRESIDENTE: Questo episodio di cui lei ha parlato Di Carlo, in che periodo è avvenuto, è accaduto?

DI CARLO F.: Ma già l'ho detto, mi sembra, signor Presidente ...

PRESIDENTE: E lo ripeta.

DI CARLO F.: Mi sembra che fra fine febbraio '82, no ... no '81, non facciamo ... Quindi febbraio, nei primi di febbraio o marzo, siamo là in questi due mesi.

PRESIDENTE: Va bene.

DI CARLO F.: Perché è dopo qualche mese che io mi ero visto alla Favarella con Nino Salvo.

(…)

P.M.: Signor Di Carlo, (…) lei è a conoscenza di una richiesta che Nino Salvo fece in presenza di Stefano Bontate per vedere se c'era la possibilità di fare ricevere il Ciancimino dal Presidente Andreotti?

DI CARLO F.: Sì, sono a conoscenza di questo fatto.

P.M.: Ecco, cosa sa, quando è avvenuto.

DI CARLO F.: Questo è avvenuto, perché ci sono due episodi su questo. Uno è avvenuto proprio in quei giorni in cui parlavamo con Stefano Bontate e Nino Salvo prima di Natale, in quella festa che sarebbe '80 o '79, natale '79, di cui c'erano che i corleonesi tramite i Greco avevano chiesto a Nino Salvo, visto la sua amicizia sia con Lima, quella si sapeva, era risaputa e sia questa strada diretta verso il presidente Andreotti, di poter fare ricevere il Ciancimino dal Presidente Andreotti per vedere di farci recuperare l'immagine di Ciancimino, visto che era chiacchierato, e per poterlo vedere di inserirlo nella corrente e darci un'assistenza politica definitiva. Il Lima aveva odiato sempre il Ciancimino e i Salvo a una richiesta del genere, essendo Cosa Nostra Nino Salvo, ha dovuto subire la richiesta dicendo che con Lima sarebbe andato dal Presidente Andreotti e avrebbe visto che cosa poteva fare.

P.M.: E lei seppe qualche cosa poi su questo eventuale incontro?

DI CARLO F.: Poi ho saputo, in secondo tempo, che il presidente Andreotti quando aveva ascoltato nel discorso il nome di Ciancimino aveva detto che non voleva riceverlo e che aveva sconsigliato un avvicinamento di Ciancimino nella corrente perché sarebbe stato come suicidare la corrente per quello che si diceva, a Palermo specialmente, per quello che si diceva nei giornali e nelle strade di Palermo di Ciancimino.

P.M.: E questo chi glielo dice, di questa risposta lei da chi apprende?

DI CARLO F.: Lo apprendo da Stefano e sia anche di Salvatore Greco e cose... perché a volte parlavamo così, perché tutti non avrebbero sopportato l'avvicinamento di Ciancimino anche i Greco però dovevano subire per i corleonesi.

P.M.: E' sicuro che lo apprende soltanto da Stefano Bontate e da ...

DI CARLO F.: Anche da Nino Salvo personalmente.

P.M.: Ed anche da Nino Salvo, ecco.

DI CARLO F.: Ma anche che poi c'è un altro fatto perché magari poi ci sono andati di nuovo alla carica passando qualche anno, questo venne dopo, se lei mi interroga viene dopo, che volevano magari farlo inserire nell'ambiente di Palermo, locale, a livelli consigliere comunale e cose ... cose che non hanno voluto nemmeno scrivere nella democrazia... nella segreteria Democrazia Cristiana di Palermo stesso, quella che era. Insomma hanno rifiutato qualsiasi contatto. Però il contatto ce lo avevano lo stesso perché essendo vicinissime ai corleonesi per non dire come Cosa Nostra, perché siccome non mi risulta averlo presentato non posso dire Ciancimino Cosa Nostra ma era uguale, e Nino Salvo Cosa Nostra si dovevano trattare per forza.

P.M.: Senta, ritorniamo un attimo sulla date. Riesce a ricordare quindi quando vi è la richiesta e quando lei apprende da Nino Salvo, da Stefano Bontate e da Totò Greco della risposta?

DI CARLO F.: Ma c'è un fatto che io un giorno con Nino ... Antonio Ferro, Carmelo Colletti vado a casa di Nino Salvo, era un appuntamento che avevano il Carmelo Colletti e Nino Ferro, Antonio Ferro, con Salvo. Erano venuti a trovarci. Ci siamo dati un appuntamento a Palermo, ci siamo visti e Carmelo Colletti telefona a Nino Salvo dicendoci che ci stavamo andando. Capisco che dall'altra parte ci dicevano se sapevano l'indirizzo e cose e quello ci dice: no, vengo con uno che sa, con Franco che sa l'indirizzo. Non ci dice il cognome, gli dice Franco.

P.M.: E questo indirizzo qual'era, se lo ricorda?

DI CARLO F.: Via Ariosto 12.

P.M.: Via Ariosto 12. Allora ...

DI CARLO F.: Ci siamo andati, abbiamo posteggiato la macchina che era con la mia macchina, quando ci siamo avvicinati nella portineria ci siamo sorpresi che c'erano due carabinieri in divisa, è stata una sorpresa non uno spavento perché non avevamo nessuna cosa da spaventarci, anche quando io mi ricordo che ero latitante però avendo un altro documento non significava niente, non conoscendomi. Però siamo rimasti sorpresi ma non hanno chiesto documenti nè niente, hanno chiesto solo dove andavamo. Gli abbiamo detto che andavamo dal dottor Salvo, c'era pure il portiere e ci ha detto di accomodarci e siamo saliti. Ci siamo andati ...

P.M.: Scusi un istante. La sorveglianza dei carabinieri per chi era?

DI CARLO F.: Ma poi ci ha detto Nino Salvo che era perché ci abitava il ministro Ruffini nello stesso stabile in quel periodo. E in quel periodo non so se era ministro della Difesa o cosa era ... C'erano i carabinieri per la sorveglianza.

P.M.: Va bene. Quindi andate da Nino Salvo, che cosa vi dite in questo incontro?

DI CARLO F.: Ma loro dovevano parlare, non lo so a che cosa erano interessati perché mi sembra che Nino Salvo aveva un feudo nella provincia di Agrigento e dovevano parlare per qualche cosa che interessava a ... Parlando, che hanno parlato e finire di parlare e cose ... poi Nino Salvo si rivolge a me di nuovo, non so quanti mesi erano passati di quella volta che mi era parlato davanti Stefano Bontate, e mi ripete lo stesso discorso che mi aveva fatto con Stefano Bontate quando poteva ... se io potevo sempre influire, fare pressione su Bino, ma più che Bino lui sapeva che io ero intimo con Totuccio Riina ... Faccio il cognome perché ogni volta lei mi richiama.

P.M.: Sì. E Bino chi è?

DI CARLO F.: Bino Provenzano.

P.M.: Sì.

DI CARLO F.: Sempre per lo stesso discorso se potevano vedere di convincere il Ciancimino di evitare questa situazione che si veniva a creare ogni volta nella politica locale di Palermo. Allora io, sapendo che ci avevo fatto un discorso e se Nino Salvo sarebbe stato uno capacissimo di Cosa Nostra, perché era una persona abbastanza diligente, preparata, forse era una cima nella politica o nella finanza, però come Cosa Nostra sono tutti altri i discorsi, se era un altro non mi avrebbe fatto la seconda lo stesso discorso davanti altre persone .... Per come io ci avevo detto di non parlarne a nessuno. Mi fa questo discorso, va bene. E’ davanti Antonio Ferro che lui mi fa pure intimissimo amico sia come Cosa Nostra ma come famiglia perché, come vi dicevo prima, c'ero stato a casa loro. E anche con Carmelo Colletta perché Carmelo Colletta l'avevo portato io.

P.M.: D'accordo. Quindi per localizzare nel tempo questo ritorno ... quindi questo ritorno alla carica di Nino Salvo avviene dopo che lei è latitante, mi pare di capire, giusto?

DI CARLO F.: Nell'80.

P.M.: Quindi quando lei è già latitante?

PRESIDENTE: O no?

P.M.: Oppure no?

DI CARLO F.: No, latitante ero.

P.M.: E quindi lei inizia la latitanza ... lo vuole ripetere il ...?

DI CARLO F.: 2 febbraio '80.

P.M.: Quindi questo incontro è dopo il 2 febbraio dell'80 quindi la precedente richiesta deve essere anteriore a questa data, è così o no?

DI CARLO F.: L'abbiamo detto, è Natale del '79.

(…)

AVV.COPPI: Vorrei sapere sul fattore Andreotti quanti episodi lei ricorda? Di quanti episodi è in grado di riferire?

DI CARLO F.: Due a Roma, di quelli di cui ho parlato. E anche due o tre volte a Palermo.

AVV.COPPI: Quando parla di due a Roma e di altri a Palermo, vuole riferirli alle persone alle quali lei poi raccorda questi suoi ricordi?

DI CARLO F.: A Palermo sia Nino Salvo che Salvatore Greco e anche Bontate.

AVV.COPPI: A Roma?

DI CARLO F.: A Roma in quel pranzo che abbiamo fatto all'Hotel che c'era Nino Salvo e tutti gli altri, se vuole le ripeto i nomi.

AVV.COPPI: No, no. dopo ne parliamo delle persone sufficienti al pranzo. Adesso mi era sufficiente fare riferimento a dei nomi per poter poi individuare meglio nel corso del controesame questi episodi.

DI CARLO F.: E l'altro quello che ho parlato del ristorante Toscano.

AVV.COPPI: Benissimo. Senta, lei questa mattina ha però ricordato che sarebbero stati numerosi gli episodi nell'ambito dei quali si sarebbe fatto riferimento la senatore Andreotti oltre quelli di Roma e ha parlato una serie di colloqui che lei avrebbe avuto con vari personaggi di Cosa Nostra tutti aventi per oggetto in qualche misura il senatore Andreotti. Lo conferma questo?

DI CARLO F.: Sì, lo confermo.

AVV.COPPI: Lo conferma. Perché nel corso del suo esame del 31 luglio del 1996 davanti al P.M. lei in realtà si è limitato però a riferire gli episodi nei quali era coinvolto Nino Salvo oltre il discorso Ciancimino di cui verremo a parlare in seguito e in modo particolare non ha fatto riferimento, per esempio, a tutta questa serie di colloqui che lei avrebbe avuto con Bontate aventi per oggetto il senatore Andreotti? In misura maggiore o minore poco importa.

DI CARLO F.: Perché mi sembra che il 31 luglio si era fatto tardi e per un motivo o l'altro si è fermato l'interrogatorio se continuava notte e giorno arrivavamo a tutto.

(…)

AVV.COPPI: Allora la domanda è questa. Perché in occasione del suo interrogatorio del 31 luglio del 1996, parlando del fattore Andreotti, lei si è limitato a dire che sul fattore Andreotti poteva riferire uno o due episodi, vista l'amicizia che avevo con Nino Salvo, e non ha subito detto, salvo poi, parlarne in seguito, che in realtà lei su Andreotti poteva riferire numerosissimi episodi come ha detto questa mattina. Per esempio i colloqui con Stefano Bontate. Perché non lo ha detto subito?

DI CARLO F.: Io mi sono riferito a quei due episodi perché li ritenevo a Roma e più ... più specifichi. Perché là entrava il nome Andreotti, così tanto per entrare, ma i discorsi erano altri discorsi. Poi entrava Andreotti come definitivo. Ma quelli due di Roma erano due specifichi. Nino Salvo mi diceva che stava andando dall'onorevole ... dal presidente Andreotti. Ecco perché differivo un po'.

AVV.COPPI: No, non è così, guardi. Non è così. Perché io le contesto la frase immediatamente precedente e prima di tutto le contesto che anche questa mattina i discorsi erano specifici perché abbiamo sentito parlare di discorsi grazie ai quali addirittura si poteva tutto a Roma, si poteva giungere ad Andreotti. Comunque lei dice così: "Di altre situazioni che non mi viene in questo minuto, non mi viene in mente molte cose, leggendo i giornali e leggendo tutta la situazione in Italia, fattori per dire ...: Andreotti". E lei che tira fuori il nome Andreotti. Non è stato sollecitato a fare questo nome. Poi aggiunge: "Il fattore Andreotti, io mi posso ricordare ..." Quindi il fattore Andreotti, non il fattore Andreotti con riferimento a Nino Salvo. "Il fattore Andreotti, io mi posso ricordare uno o due episodi, vista l'amicizia che avevo con Nino Salvo."

DI CARLO F.: Perché anche di altri episodi io parlo con Stefano Bontate. Il discorso era su Nino Salvo.

AVV.COPPI: Nossignore. Nossignore, non è così. Il discorso non è con Nino Salvo. Fino a quel punto, per gli atti messi a disposizione della Difesa, non si era parlato di Nino Salvo. E' lei che tira fuori il nome di Andreotti. Nessuno glielo ha chiesto, per quello che mi risulta, e lei parla soltanto di uno o due episodi come se fossero gli unici episodi (…) di cui lei può parlare con riferimento al senatore Andreotti.

DI CARLO F.: Quel minuto, quando sono arrivato, mi ricordavo solo questi due. Poi sono venuti gli altri.

AVV.COPPI: Questa mattina sono venuti, scusi? Questa mattina sono venuti gli altri? Se li è ricordati ...

DI CARLO F.: No di stamattina. Sono venuti a suo tempo.

(…)

AVV.COPPI: (…) io voglio sapere dal signor Di Carlo (…) perché comunque in quella occasione lui ha detto di essere in grado di riferire solo uno o due episodi. Mi vuole rispondere su questo punto? (…)

(…)

DI CARLO F.: Perché in quella occasione mi sembravano le due cose più importanti che potevo dire. Io lo ritenevo e nello stesso tempo non mi ricordavo tutte ... Perché i discorsi vengono: Per il Bontate quando si comincia a parlare di commissione e di tante altre cose, di altri verbali che ho fatto per altri cose e altre circostanze, allora comincia a spuntare il nome politico, il nome Andreotti comincia a spuntare.

AVV.COPPI: Quindi voglio... io voglio sapere questo. Lei a quella data, 31 luglio, già sapeva e già si ricordava e quindi già sapeva che poi ne avrebbe parlato di episodi riferitole da Bontate o in quel momento lei non se ne ricordava affatto?

DI CARLO F.: Già mi ricordavo qualche episodio, ma non lo ritenevo importante per dirlo perché non vedevo la connessione con i Salvo. Vedevo così, un discorso che si faceva ... Non là, va bene? Dei due episodi l'ho detto io (…) ai giudici, l'ho detto io subito. Avevo due episodi che mi ricordavo così. Poi, ci ho detto, se me ne ricordo altri glieli dico. Infatti è passato qualche mese da quando è ... poi questo è luglio. Mi domando se mi ero ricordato qualche altra cosa. Ecco che mi ero ricordato ...

AVV.COPPI: Quindi in sostanza lei... Quindi lei in sostanza in quel momento ha fatto una scelta di non parlare di alcuni episodi che però già conosceva?

DI CARLO F.: No, no, no. Non avevo fatto una scelta. Qualche piccolo episodio che avevo parlato solo con Bontate non lo ritenevo ...perché Bontate non era un politico, Bontate non è ...

AVV.COPPI: Appunto dico.

DI CARLO F.: Ma poi mi sono ricordato tantissimi episodi che vanno a legare altre cose. Dalle domande che mi facevano i giudici spuntava Mattarella, spuntava questo, spuntava quello politico, è spuntato questo discorso.

AVV.COPPI: Guardi, a me non piacciono le risposte ... a me non piacciono le risposte tanto lunghe. La faccia breve e risponda alle mie domande. Quindi lei in quel giorno pur già sapendo, pur già ricordando di confidenze fattele da Bontate, ha deciso, perché lo riteneva non importante, ha deciso in quell'occasione di non parlare di Bontate e di quel che Bontate le aveva riferito sul senatore Andreotti. Siamo d'accordo?

DI CARLO F.: No, avvocato. Se lei mi ascolta il senso è un altro.

AVV.COPPI: (…) Lei quel giorno (…) ricordava o no che Bontate che le aveva già parlato del senatore Andreotti? Lo ricordava o non quel giorno?

DI CARLO F.: Ancora no. Prima che mi interrogavano ancora no. Poi avevo riflettuto nella cosa e ho messo tanti piccoli episodi che mi andavo ricordando.

AVV.COPPI: Lei sta dicendo in questo momento ...

DI CARLO F.: Oppure mentre mi stanno per interrogare di un altro fatto che poi è collegato con la commissione o con i Greco o con che cosa, spuntava pure qualche altro episodio. E mi veniva in mente.

(…)

AVV.COPPI: E allora la domanda era se se lo ricordava già allora e ha deciso di rinviare ad un momento successivo la esposizione anche di ciò che aveva appreso da Bontate o se in quel momento se lo era dimenticato. A fronte di quello che ha dichiarato nel verbale 31 luglio (…) e della dichiarazione che ha reso poc'anzi.

(…)

DI CARLO F.: Quando ho parlato di quei due episodi mi ricordavo solo di quelli. Gli altri,quando me ne sono ricordato, li ho detto ai Giudici.

(…)

AVV.COPPI: (…) Parliamo del pranzo (…) all'hotel Excelsior. (…) Vuole dirci in particolare, perché diamo per scontato che lei abbia già detto le persone presenti, vorrei solo sapere se Franco Franchi e Ciccio Ingrassia sedevano al suo tavolo o meno? Se hanno pranzato con lei o meno? Ingrassia, abbiamo visto è arrivato dopo. Ma vorrei sapere se lei ricorda se sedevano al suo tavolo o meno?

DI CARLO F.: Franco Franchi era seduto, si era seduto. Era un tavolo rettangolare lungo. Mentre Ciccio Ingrassia è venuto quasi alla fine del pranzo.

AVV.COPPI: Si ricorda dove si è seduto?

DI CARLO F.: Ma non si è seduto ... perché quasi ci cominciavamo ad alzare. Era all'inpiedi.

AVV.COPPI: D'accordo. Va bene. Lei ha pranzato solo quella volta con Franco Franchi e Ciccio Ingrassia o ha pranzato altre volte con loro?

DI CARLO F.: No. Io era la prima volta che conoscevo Ciccio Ingrassia. Mentre con Franco Franchi avevo avuto altre occasioni di pranzare, anche a Palermo.

AVV.COPPI: Ha scambiato con loro qualche parola in quell'occasione, in modo particolare ... tanto Franco Franchi è morto. Quindi con Ingrassia ha avuto occasione di scambiare qualche parola?

DI CARLO F.: No. Con Ingrassia nemmeno una parola. Con Franco sì perché ci conoscevamo da tanti anni.

AVV.COPPI: Quando Nino Salvo le disse che si doveva incontrare quella sera con il presidente Andreotti, Ingrassia era lì vicino? E' stato in grado di sentire questo scambio di battute o no?

DI CARLO F.: Ma Ingrassia forse nemmeno era arrivato ancora.

AVV.COPPI: Quindi questo è un colloquio che è avvenuto prima del suo arrivo? Ho capito.

DI CARLO F.: Sì. Mentre all'inizio eravamo seduti accanto così, ma nessuno ci sentiva perché poi c'era ... essendo 10, 12 persone c'era confusione. Ognuno parlava per i suoi affari e io così ho chiesto, una battuta.

AVV.COPPI: Quindi lei non è in grado ... D'accordo, d'accordo. Tenga conto che stamattina ha già detto tante cose quindi non c'è bisogno di dilungarsi. Vorrei sapere invece se lei è in grado, in relazione a questo scambio di battute che vi sarebbero state con Nino Salvo, un qualche testimone vivente, naturalmente, di questo scambio di battute?

DI CARLO F.: Ma no, non penso.

AVV.COPPI: Non pensa. Va bene.

DI CARLO F.: Non penso che c'erano.

AVV.COPPI: D'accordo. Lei pensa (…) che le persone che erano vicine a lei ve ne sia qualcuna che potrebbe aver sentito questo scambio di battute o esclude che qualcuno abbia potuto sentire e riferire oggi come testimone se è vivente?

DI CARLO F.: Io non lo posso né confermare e nemmeno escludere. Bisogna interrogare queste persone.

AVV.COPPI: Va bene. Lei ha mai avuto dubbi che Nino Salvo potesse dirle delle bugie circa i suoi rapporti con il senatore Andreotti?

DI CARLO F.: Io mai dubbi. Specialmente Nino Salvo, essendo Cosa Nostra. Se non era Cosa Nostra poteva anche nascermi un dubbio. Ma non vedevo il motivo perché non esse... chissà non era Cosa Nostra mi doveva dire una bugia. A me non mi interessava. Ma essendo Cosa Nostra non si scherza con queste ...

AVV.COPPI: D'accordo. (…) Lei, con riferimento alla domanda che le ho appena fatto, così ha detto, foglio 24 sempre del famoso 31 luglio. "No, siccome ho sentito nei giornali sempre, non lo so perché, che dice che il senatore Andreotti che conosce il Salvo, mi sono sempre fatto, puntini, puntini, e se il Salvo a me mi avesse detto una bugia, visto che era seduto accanto a me ..." ecc. Quindi questa riflessione che lei fa che cosa significa? "Se il Salvo a me mi avesse detto una bugia"? E' un dubbio che lei ha avuto? Intorno alla possibilità che Salvo le dicesse bugie o questa frase deve essere interpretata in qualche altro modo e in questo caso in quale modo noi la dobbiamo interpretare?

DI CARLO F.: Veda professore, siccome avevo letto sempre per il presidente Andreotti tutta questa situazione e visto che negava sempre di avere conosciuto i Salvo anch'io mi sono creato il pro... Ma era scontato con tutti di Cosa Nostra, a un certo livello, e poi a me mi erano capitati quelli due episodi di Roma, proprio personale e diretti, (…) veramente ho fatto una riflessione. Ho detto: ma possibile mai? Ecco da dove è venuto. Possibile mai che uno di Cosa Nostra mi dice una bugia. Perché per me è veramente una sorpresa e non poteva essere.

AVV.COPPI: D'accordo. Perfetto. Senta, lei chiese a Salvo che cosa doveva fare quella sera perché vide che era vestito in modo particolarmente elegante. E gli altri commensali erano vestiti di stracci?

DI CARLO F.: No, non voglio offendere le persone. Perché per gli stracci ci potevo essere io. Anche che avevo la reputazione di essere sempre elegante. All'Excelsior non si va vestiti di stracci perché il portiere neanche ti fa entrare, vero?

(…)

PRESIDENTE: Gli altri come erano vestiti, Di Carlo?

DI CARLO F.: Signor Presidente, erano vestiti anche eleganti, tutti. Va be'. Ma in particolare ho ... giusto che era accanto a me, e Nino Salvo era una persona che ci stava alle battute di scherzo, visto che aveva una cravatta nuovissima, qua e là, ci ho fatto la battuta. E dove devi andare? Devi andare a donne questa sera? Qua e là. Questa era la battuta. Lui mi ha detto: no, no, debbo andare (…)

AVV.COPPI: (…) Senta il secondo (…) episodio. Ma lo chiamiamo d'ora in poi episodio ristorante toscano, così evitiamo di fare confusioni. L'episodio toscano rispetto all'episodio Excelsior vuole dirci definitivamente se è avvenuto prima o dopo e a quale distanza di tempo comunque i due episodi debbono essere collocati, l'uno rispetto all'altro?

DI CARLO F.: Qualche mese di distanza.

AVV.COPPI: Ecco. Quale prima e quale dopo.

DI CARLO F.: Dopo quello di toscano.

AVV.COPPI: Quindi l'episodio toscano è il secondo?

DI CARLO F.: E' dopo.

AVV.COPPI: D'accordo. Tralasciamo tutta la parte del pranzo perché lei l'ha già raccontata questa mattina. Lei dice che al termine del pranzo si offrì di accompagnare Lima e Salvo dal senatore Andreotti perché aveva appreso da loro che costoro si dovevano recare presso di lui. D'accordo?

DI CARLO F.: Sì.

AVV.COPPI: Benissimo. Le dissero se si dovevano recare presso un ufficio del senatore Andreotti?

DI CARLO F.: Da quello che avevo capito io a tavole, si dovevano recare dal presidente Andreotti, in ufficio del presidente Andreotti. Ma quando ci alziamo, anche che io parlo con ... distaccato un po' con Salvo, quando ci stacchiamo parliamo per le cose che ci dovevamo vedere noi, ci ho chiesto di qualche notizia. Poi ci avviamo fuori. Quando siamo fuori ci ho detto: vi accompagno con (…) Ho detto: io vi lascio a piazza Colonna. Se volete…

(…)

AVV.COPPI: La domanda che le ho fatto è diversa. I due le dissero che si dovevano recare dal presidente Andreotti e siamo d'accordo. Le dissero che si dovevano incontrare in un ufficio del presidente Andreotti?

DI CARLO F.: Hanno detto che dovevano andare a trovare il presidente Andreotti al suo ufficio.

AVV.COPPI: Al suo ufficio. Benissimo.

DI CARLO F.: Per quello che mi ricordo.

AVV.COPPI: Certo, certo. Quello che si ricorda. Son passati tanti anni. Le precisarono dove si trovava l'ufficio del senatore Andreotti dove si dovevano recare?

DI CARLO F.: Più che precisone quando io ci ho detto che li lasciavo con la macchina a piazza Colonna, va bene? Mi hanno detto: no, no, dobbiamo andare in un altro posto; non è piazza Colonna. Mi sembra, per quello che mi ricordo, San Lorenzo. Ho sentito questa frase. L'unica frase che mi ricordo.

AVV.COPPI: Ma San Lorenzo era il luogo dove si trovava l'ufficio del senatore Andreotti dove si sarebbero dovuti incontrare?

DI CARLO F.: Questo non l'abbiamo precisato. Ma quando io li voglio lasciare, perché per me il presidente Andreotti è nato (…) là a Montecitorio. Va bene? Perché tutti sappiamo e l'abbiamo visto in televisione, là. Quando io mi offro di portarli a piazza Colonna, mi sembra che si chiama piazza Colonna, mi offro di lasciarli ... Mi hanno detto: no, no; noi dobbiamo andare prima ... a San Lorenzo.

AVV.COPPI: Quindi, scusi, quando dicevano ... quando dicevano prima a San Lorenzo, intendevano quindi dire in un luogo diverso da quello in cui poi si sarebbero dovuti incontrare con senatore Andreotti, per quello che lei ha capito?

DI CARLO F.: No, no. Mi hanno detto dovevano andare a San Lorenzo, poi dice dobbiamo andare a Montecitorio. A Montecitorio o là, al Parlamento, come viene chiamato, al Governo, andavano a vedere altri non lo so. Ma la prima cosa dovevano andare a vedere il presidente Andreotti.

AVV.COPPI: Dove? Dove?

DI CARLO F.: Poi mi dicono ...

AVV.COPPI: Dove? Dove? Dove? Dove dovevano andare ad incontrarsi col presidente Andreotti? Tanto è vero che lei gli aveva proposto di accompagnarli a piazza Colonna e loro gli hanno detto. no. Dove si dovevano incontrare col presidente Andreotti?

DI CARLO F.: Avvocato, (…) glielo ripeto di nuovo. Quando ci alziamo ... Io so che debbono andare a vedere ...

AVV.COPPI: No, guardi, io dove? Dove?

(…)

DI CARLO F.: Ma io non lo chiedo, avvocato. Per me, pensavo di andarli a lasciare a piazza Colonna. Poi mi dicono che dovevano andare a San Lorenzo, almeno così mi ricordo questa frase, sono fatti loro, e li ho lasciati al taxi.

AVV.COPPI: Ma dovevano andare a San Lorenzo per incontrarsi lì con il senatore Andreotti, o per fare una cosa prima di incontrarsi poi in altro posto con il senatore Andreotti? E' chiara la domanda?

DI CARLO F.: Sì. Chiarissima, avvocato. E io le ripeto. Io ... c'era un po' di confidenza o più intimità con Nino Salvo, non c'era tutta questa intimità con Lima. Io non vado a decifrare ... Ma dove dovete andarlo ad incontrare? Ma dove? Là o là? Sembra che un senso di cortesia, delicatezza, anzi ne avevo sentito assai, a pranzo, che dovevano andare là e questo basta. Per me dovevano andare a Montecitorio. Poi mentre ho capito che non dovevano andare là e andavano a San Lorenzo, che io mi ricordo questa frase, così, va bene? L'ho lasciati al taxi e se ne sono andati.

AVV.COPPI: Benissimo. Allora senta ...

DI CARLO F.: Non l'ha specificato.

AVV.COPPI: ... quando lei .. quando lei ha sentito da costoro che dovevano andare a incontrarsi col senatore Andreotti, lei in un primo momento ha pensato che il luogo dell'incontro fosse Montecitorio. Giusto?

DI CARLO F.: Certo. Io l'ho pensato questo.

AVV.COPPI: Giusto.

DI CARLO F.: Ma non lo chiedo perché non mi interessa chiedere.

AVV.COPPI: Sì, sì. D'accordo.

DI CARLO F.: Non è giusto nemmeno chiedere.

AVV.COPPI: D'accordo. D'accordo. Per favore mi risponda nella maniera più sintetica possibile. A Montecitorio. Comunque lei, a parte questo passaggio per San Lorenzo, quindi era sempre convinto che l'incontro si sarebbe dovuto verificare a Montecitorio?

DI CARLO F.: Io ero convinto che era a Montecitorio. poi hanno detto San Lorenzo e fra di me stesso ho pensato che si incontravano in questo San Lorenzo. Che non so se era specificamente San Lorenzo. Perché se lei vede nell'interrogatorio non mi ricordo. Forse San Lorenzo.

AVV.COPPI: Ecco. Adesso io glielo contesto il suo interrogatorio. Perché lei ha detto delle cose completamente diverse. (…) Sempre 31 luglio, pagina 28. Allora. Indagato Di Carlo: "Lima e Nino Salvo dovevano andare là. Quando ... quando abbiamo finito ho detto: io ho ... avete la macchina? Dice: no, no. Dice: prendiamo un taxi. Ho detto: posso accompagnare sul taxi. Io pensando che dovevano andare a, chiamiamola piazza Colonna, come si chiama? Là dove c'è il Parlamento?" P.M.: "Montecitorio?" Indagato Di Carlo: "Montecitorio. Pensavo là. Gli ho detto: in caso vi lascio a corso Vittorio Emanuele. Lasciò là. Virgolette. No, no. Perché, dice, l'ufficio di Andreotti lontano è di qua. A San Lorenzo. Non so. Zona San Lorenzo la chiamano. Non lo so dov'è. Mentre io li ho lasciati a piazza Barberini che c'era il tassista, ecc." Quindi qui lo studio di Andreotti è ubicato a San Lorenzo. E (…) lei ritorna sull'argomento, dietro sollecitazione del P.M., incominciando a metà delle sue dichiarazioni registrate a pagina 30, sempre del 31 luglio, del 1996. "Questo pranzo, quello del toscano si è (...) fino alle 16.30. Quando sento il discorso di dove dovevano andare, mi offro di volerli accompagnare ma in principio io avevo capito che dovevano andare a ... là, dove c'è il Governo. Va bene? Mentre poi mi dicono che dovevano andare in un ufficio che io non so. In un ufficio, che era molto più distante, di questo presidente e cose. Là ci dovevano andare, ma più tardi, per altri appuntamenti che avevano per i fatti loro". Quindi costoro le parlano di un ufficio, di un ufficio distante da lì, di un ufficio che è di Andreotti e di un ufficio che lei colloca in zona San Lorenzo. D'accordo? Ha capito adesso il contrasto fra quello che ha dichiarato oggi e quello che invece risulta dal verbale 31 luglio 1996? Cosa ci può dire in proposito?

(…)

DI CARLO F.: Per me quando ho sentito parlare che dovevano andare dal presidente ... così, no che mi informavano, perché sono a tavola così, come un ospite, va bene? E con delicatezza sia per l'una e sia per l'altra, anche che quello era Cosa Nostra.

PRESIDENTE: Insomma Di Carlo, le dissero che a San Lorenzo andavano nell'ufficio del senatore Andreotti oppure no?

DI CARLO F.: Per me dovevano andare ... prima avevo pensato che dovevano andare a Montecitorio...

PRESIDENTE: Quello che le dissero.

DI CARLO F.: Ha detto che dovevano andare all'ufficio di Andreotti.

PRESIDENTE: Come?

DI CARLO F.: Andreotti .. Però pensavo là. Poi sono andati mentre a San Lorenzo. Se aveva l'ufficio là o se c'era là ufficio di Andreotti, non lo so. Va bene? Io ho capito San Lorenzo.

PRESIDENTE: Senta, nella contestazione, nelle sue dichiarazioni che le ha letto l'avvocato Coppi, si comprende, si comprende che le dissero che l'ufficio ... andavano a San Lorenzo nell'ufficio del presidente Andreotti. Lei che cosa dice? Glielo dissero oppure non glielo dissero?

DI CARLO F.: Se prima si era parlato che dovevano andare da Andreotti, quando mi dicono San Lorenzo, per me vanno dall'ufficio del senatore... presidente Andreotti.

PRESIDENTE: Quindi è una sua deduzione e non una dichiarazione? Una ... cioè ...

DI CARLO F.: Certo. Una mia deduzione. Perché io non domando, specificamente, ma qual'è? A che ora uscite? A che ora non uscite? Mi scusi, signor Presidente, io per me ho preso queste parole e le ho ripetute ai Giudici. Ma infine, infine dove andavano lo sapevano loro. Per me a tavola avevano detto da Andreotti. E per me sono andati da Andreotti.

(…)

AVV.COPPI: Chi le parlò della zona San Lorenzo? Lima, Nino Salvo o entrambi?

DI CARLO F.: No, no. Nino Salvo.

AVV.COPPI: Nino Salvo. (…) Le risulta per colloqui e incontri successivi che comunque costoro siano andati in zona San Lorenzo ad incontrarsi col senatore Andreotti?

DI CARLO F.: Non ho avuto più discorsi su questo genere.

AVV.COPPI: Lei ha letto i giornali italiani di questi ultimi anni?

DI CARLO F.: Ma ... C'è quando arrivava c'è quando non arrivava il Corriere della Sera.

AVV.COPPI: Solo il Corriere della Sera? Ha seguito la vicenda del senatore Andreotti sui giornali in questi anni?

DI CARLO F.: Quando ne parlavano anche su quelli inglesi.

AVV.COPPI: Anche su quelli ... Quindi lei è al corrente, in sostanza, di questa vicenda?

DI CARLO F.: Ma non tutta. (…) Normalmente i giornali inglesi non riportano giornalmente le cose dell'Italia ...

AVV.COPPI: Allora, senta, contestazione. Contestazione. Siamo sempre al verbale (…) 30 luglio. Di altre situazioni (…) non mi viene in mente questo minuto, non mi viene in mente molte cose. Leggendo i giornali e leggendo tutta la situazione in Italia, fattori per dire Andreotti, io il fattore Andreotti mi posso ricordare ecc. ecc. E anche successivamente più di una volta lei ha sempre fatto riferimento (…) Siccome dice che leggeva il Corriere della Sera ...

(…)

DI CARLO F.: E quando non arrivava che dovevo fare?

(…)

AVV.COPPI: Senta, lei ha letto da qualche parte, si ricorda di aver letto da qualche parte che il senatore Andreotti ha uno studio in piazza San Lorenzo in Lucina? Lo ha letto da qualche parte?

DI CARLO F.: Non l'ho letto mai questo.

AVV.COPPI: Qualcuno le ha detto che il senatore Andreotti ha uno studio in piazza San Lorenzo in Lucina.

DI CARLO F.: Un attimo solo. Ho letto circa una settimana fa o 4 giorni fa, in un giornale, quando mi contestava la mia situazione, che ci aveva uno studio prima, all'87, non so, ...

AVV.COPPI: Cioè quando ha appreso di essere stato denunciato per false dichiarazioni al P.M..

DI CARLO F.: Ecco. In questo ... in un giornale ho letto questo.

AVV.COPPI: Quindi solo lì e per la prima volta lei ha sentito parlare di San Lorenzo in Lucina, come luogo della ubicazione. Quindi lei non è in grado di rispondermi a questa domanda e cioè se le risulta che fino al 1987 il senatore Andreotti aveva uno studio in tutt'altra zona di Roma. O per lo meno in un altro sito di Roma?

DI CARLO F.: No, non lo so.

AVV.COPPI: Quindi (…) non le risulta neppure che solo nel 1987 il senatore Andreotti si è trasferito in piazza San Lorenzo in Lucina?

DI CARLO F.: Ma l'ho letto 4 giorni fa nei giornali, come le dicevo.

(…)

AVV.COPPI: (…) Senta, dunque, lei ha accennato al fatto che Nino Salvo avrebbe promesso ai Corleonesi e ai fratelli Greco di cercare di far ricevere Ciancimino da Andreotti. Lo ha detto questa mattina. Ovviamente lo conferma?

DI CARLO F.: Lo confermo perché me lo ha raccontato ... me l'ha detto anche Nino Salvo.

AVV.COPPI: Sì. Nino Salvo ebbe occasione di dire a lei che sarebbe andato da Andreotti per questo argomento in compagnia di Salvo Lima?

DI CARLO F.: No che sarebbe andato. E nella risposta poi, nell'occasione che si parlava che voleva allontanare Ciancimino che mi racconta anche questo episodio.

AVV.COPPI: Però Nino Salvo non le disse che sarebbe andato da Andreotti con Lima? Per questo argomento.

DI CARLO F.: No, no.

AVV.COPPI: Non gliel'ha detto. E quindi lei non ha avuto poi delle risposte da parte di Nino Salvo circa un suo incontro con Andreotti su questo argomento?

DI CARLO F.: No, no. Mi ha raccontato l'episodio.

AVV.COPPI: D'accordo. Quindi ...

DI CARLO F.: Che avevano chiesto.

AVV.COPPI: ... Nino Salvo le disse che si era incontrato con Andreotti per trattare l'argomento Ciancimino? Non che ha saputo di ... se si è incontrato lui con Andreotti per parlare di questo argomento? Glielo ha detto in termini specifici, diretti, immediati, così come io le sto chiedendo? Le parlò quindi di un suo incontro con Andreotti per trattare dell'argomento Ciancimino?

DI CARLO F.: Mi ha raccontato che era stato sia con Lima e sia con ... sia Salvo e sia Lima erano stati incaricati per parlare con presidente Andreotti, per vedere di recuperare il Ciancimino politicamente.

AVV.COPPI: (…) Quando Nino Salvo le parlava di Andreotti, come nominava Andreotti? Non voglio suggerirle nessun tipo di prenome, diminutivo, ecc. Come parlava di Andreotti? Come lo qualificava?

DI CARLO F.: Io sentivo dire sempre presidente. Ma anche all'onorevole Lima ci ho sentito dire presidente.

AVV.COPPI: Le risulta che Nino Salvo abbia parlato di Andreotti indicandolo semplicemente come Giulio, zio Giulio? E via dicendo.

DI CARLO F.: No, non ho sentito mai questa frase che si riferiva al presidente Andreotti.

(…)

AVV.SBACCHI: (…) Lei ha detto di avere appreso dal giornale della vicenda Andreotti. Cioè lei che cosa ha letto sul giornale della vicenda Andreotti?

DI CARLO F.: Ma se ne dicevano tante per quello che l'accusavano e cose così. Non è che mi posso ricordare tutto quello che ho letto nei giornali. Ma i vari accuse che ci facevano. Sempre sui Salvo, se aveva incontrato Salvo e cose.

AVV.SBACCHI: Sì. E non ricorda altri particolari di queste letture, tranne i Salvo?

DI CARLO F.: No, non mi ricordo altro.

AVV.SBACCHI: Non si ricorda, non riesce a ricordare altro. Cioè quello che lei ha detto. Incontri ... cioè il fatto che il senatore Andreotti negasse di conoscere i Salvo mentre era accusato di conoscerli. E' questa? Vorrei aver ...

DI CARLO F.: Ci contestavano la sua amicizia con i Salvo, incontri e qua e là. E così leggevo qualcosa.

(…)

AVV.SBACCHI: (…) Senta, a proposito di quell'incontro (…) quando c'era Michele Greco, per intenderci. Dovrebbe essere (…) Ristorante Excelsior.

DI CARLO F.: No ristorante. Hotel.

AVV.SBACCHI: Hotel Excelsior. Sì, sì. (…) Tutti questi signori, Michele Greco, Franco Franchi, Ciccio Ingrassia, che ci facevano là? A Roma?

DI CARLO F.: Franco Franchi abitava a Roma.

AVV.SBACCHI: No. Dico, l'occasione dell'incontro io vorrei sapere. Lei ha detto qualcosa. Stavano montando il film. Io volevo sapere se c'era la presentazione del film? Perché per montare il film, tutta questa gente mi pare eccessivo.

DI CARLO F.: No presentazione del film. Perché sono due cose distinte e separate. Ho saputo tramite il figlio di Michele Greco che in quel periodo stavano montando il film. Montare a volte passa anche un mese per metterlo pronto per fare l'inaugurazione. Era il periodo che lo stavano montando. Siccome c'era Michele Greco e siccome c'era Nino Salvo... e quando Michele Greco veniva a Roma ci vedeva a quelli che abitavamo, più o meno, quando eravamo là. E anche per rispetto, chissà sapevamo che era là, andavamo a vederlo.

(…)

AVV.SBACCHI: (…) Senta, io vorrei capire un'altra cosa che mi pare contraddittoria. Lei ha detto che Nino Salvo aveva fatto un discorso per cui Ciancimino era opportuno che si mettesse da parte. Ne aveva parlato con lei e lei prudentemente gli aveva consigliato: non parlarne con nessuno (…) Esatto? Poi ha detto che Nino Salvo avrebbe sostenuto il rientro in politica di Ciancimino. Cioè era chiamato a sostenere questa battaglia per fare rientrare Ciancimino o ridargli un ruolo in politica. Me la spiega questa ...?

DI CARLO F.: Ma questo è stato prima. E' stato qualche ... non lo so quanto tempo prima; è stato prima. Nell'occasione che ha l'idea di toglierlo dai piedi come politico sia lui, ma di più lui che Lima, mi racconta il fatto che ci avevano proposto.

AVV.SBACCHI: Cioè?

DI CARLO F.: Ci avevano proposto di andare a parlare e di vedere, assieme a Lima, il Salvo anche, di andare a parlare col presidente Andreotti se (…) poteva riceverlo.

AVV.SBACCHI: Il Salvo parla con lei. Scusi. Per capire. Salvo parla con lei e dice: Ciancimino sarebbe bene che si mettesse da parte, che i corleonesi lo mettessero da parte. E nello stesso tempo le racconta di essere intervenuto perché Ciancimino facesse politica. E' così?

(…)

DI CARLO F.: Lei la presenta in un altro modo. Il Salvo parla con me e c'era presente Stefano Bontate, per vedere se io potevo influire da Totò Riina a farci avere questa idea, di toglierlo. Non ho detto parla con me per togliere Ciancimino. Sia che io non avevo i titoli sia ... Avevo i titoli dell'amicizia intima con Totuccio Riina. Siccome Stefano non ci parlava tanto di queste cose, e nemmeno di altre, si salutavano così, si parlava di Cosa Nostra e basta, allora mi ... Nino Salvo parla con me vedendo che ero intimo con Totuccio Riina. Se potevo farci questa cortesia di cercare di farci capire (…) Di togliere dalla politica Ciancimino. Non averlo in mezzo ai piedi, sia Lima e sia i Salvo. Perché era chiacchierato, perché era arrogante, perché nella politica non lo potevano vedere.

AVV.SBACCHI: Andiamo avanti con l'altro discorso. Cioè quello invece di perorare la causa di Ciancimino, ovverosia tentare il rientro in politica di Ciancimino. Quando avviene?

DI CARLO F.: Ma penso che nel '79, questo.

AVV.SBACCHI: E quello allora quando, mi scusi?

DI CARLO F.: Eh?

AVV.SBACCHI: Il discorso che ha chiuso lei un minuto fa, quando avviene?

DI CARLO F.: Ma avviene nel Natale '80.

AVV.SBACCHI: Avviene nel Natale '80.

DI CARLO F.: O Natale '79, che stiamo per arrivare a '80. Nel Natale '79 avviene.

AVV.SBACCHI: Avviene nel ... E l'altro discorso che invece bisogna rilanciare Ciancimino in politica, quando avviene?

DI CARLO F.: Quando ci viene negato quella, la prima, che non l'ha voluto ricevere, hanno tentato di rilanciarlo in quel modo, localmente, sempre nell'80.

AVV.SBACCHI: Sempre nell'80? Ma la mia domanda è questa. Il signor Salvo quand'è che le racconta, secondo quello che ha detto lei, che si deve interessare del rilancio di Ciancimino in politica? Questa è la mia domanda.

DI CARLO F.: Quello è qualche poco tempo prima che me parla a me, nel '79, Natale.

AVV.SBACCHI: Pure questo. Di rilanciare Ciancimino in politica? Pure Natale del '79?

DI CARLO F.: Non facciamo confusione con i Natali.

AVV.SBACCHI: No, lei me lo deve dire.

DI CARLO F.: Natale '79: mi fa il discorso di dirci a Totuccio Riina se poteva cercare di allontanare Ciancimino. E mi fa il discorso che già aveva avuto che volevano farcelo ricevere dal presidente Andreotti. E cioè qualche poco tempo prima.

AVV.SBACCHI: E allora il primo dei due discorsi qual'è? Quello mettiamo da parte Ciancimino o quello rilanciamo Ciancimino? (…)

DI CARLO F.: Il primo è rilanciare Ciancimino. L'ho spiegato oggi e glielo spiego di nuovo, avvocato. Il primo è rilanciare Ciancimino, altrimenti io non l'avrei saputo quando mi parla il Salvo del discorso di allontanarlo. Non l'avrei saputo io in quel momento che già lo volevano mettere nei confronti col presidente Andreotti. Volevano portarlo ... farlo ricevere, come si dice.

(…)

AVV.SBACCHI: Che cosa le risulta dei rapporti ... Al di là di quello che ha detto, lei ha mai visto Nino Salvo con Andreotti?

DI CARLO F.: No, no, avvocato.

AVV.SBACCHI: Lei sa qualche episodio specifico di incontri di Nino Salvo con Andreotti, al di là di quello che ha detto.

DI CARLO F.: Al di là di quello che ho detto, no.

AVV.SBACCHI: No. Quello che sa è perché le è stato riferito?

DI CARLO F.: No, riferito. Detto da Nino Salvo.

AVV.SBACCHI: Riferito o detto è la stessa cosa. Detto da Nino Salvo.

DI CARLO F.: Uno davanti Lima me l'ha detto. L'altri l'ha detto solo Nino Salvo.

In ordine alla credibilità soggettiva del Di Carlo, può formularsi un giudizio positivo tenuto conto delle circostanze evidenziate nel capitolo relativo ai rapporti tra il sen. Andreotti e Michele Sindona.

Nel valutare l’attendibilità intrinseca delle sue dichiarazioni dibattimentali, occorre premettere che in esse non si riscontrano nuovi dati nettamente contrastanti con quelli precedentemente offerti nell’interrogatorio davanti al P.M..

Le stesse espressioni adoperate dal Di Carlo nell’interrogatorio del 31 luglio 1996 ("di altre situazioni che… non mi viene… in questo minuto, non mi viene in mente molte cose, leggendo i giornali, e leggendo tutta la situazione in Italia, fattori per dire…: Andreotti. Il fattore Andreotti, io mi posso ricordare uno-due episodi, vista l'amicizia che avevo con Nino Salvo") denotano, senza possibilità di dubbio, che egli si accingeva a riferire soltanto alcuni fatti sui quali era già riuscito a ravvivare il proprio ricordo, e non escludeva di potere successivamente richiamare alla memoria ulteriori episodi.

Per quanto attiene alla ricostruzione della vicenda concernente il pranzo presso il "ristorante toscano", deve osservarsi che le diverse dichiarazioni rese dal Di Carlo presentano, in realtà, un nucleo comune essenziale, costituito dai seguenti elementi:

  • durante il pranzo Antonino Salvo comunicò al Di Carlo che lui e l’on. Lima avrebbero dovuto recarsi, nel prosieguo della giornata, ad incontrare il Presidente Andreotti;
  • terminato il pranzo, il Di Carlo, ritenendo che l’incontro con il Presidente Andreotti dovesse svolgersi in Piazza Colonna ovvero in Piazza di Montecitorio, si offrì di accompagnare con la propria autovettura Antonino Salvo e l’on. Lima presso tale luogo;
  • Antonino Salvo non accettò l’offerta del Di Carlo, spiegando che avrebbe dovuto recarsi, insieme con l’on. Lima, prima "a San Lorenzo", dove vi sarebbe stato l’incontro con il Presidente Andreotti, e soltanto successivamente presso Piazza Colonna, dove era fissato un appuntamento con altri.

Le marginali discrasie riscontrabili tra le diverse dichiarazioni del collaboratore di giustizia non intaccano il suesposto nucleo comune (che esprime il significato essenziale dell’episodio) e possono riconnettersi a problemi mnemonici ed espressivi derivanti dal lungo tempo trascorso e dalla considerevole durata del successivo periodo di detenzione del Di Carlo in uno Stato estero.

Il fatto che il collaborante abbia esposto il proprio bagaglio conoscitivo con una progressiva gradualità di approfondimenti mnemonici e con una palese incertezza nell’individuazione dei riferimenti cronologici è ricollegabile alla comprensibile difficoltà da lui incontrata nel rammentare esattamente e completamente, e nell’esprimere con chiarezza ed ordine logico, una notevole quantità di eventi, verificatisi in un periodo ormai lontano, e seguiti da un’esperienza esistenziale del tutto diversa.

Deve, inoltre, rilevarsi che gli ulteriori episodi narrati dal Di Carlo nel corso dell’esame dibattimentale costituiscono una integrazione ed un completamento di quelli riferiti nell’interrogatorio del 31 luglio 1996.

E’, poi, assai significativo che – pur in presenza delle suddette difficoltà mnemoniche ed espressive – le dichiarazioni del Di Carlo presentino un contenuto ricco di particolari e di riferimenti descrittivi, senza limitarsi al solo oggetto delle domande formulate, abbiano ad oggetto numerose circostanze precedentemente non note agli inquirenti, e non si ricolleghino ad alcuna situazione di coercizione e di condizionamento. Si tratta, infatti, di una serie di elementi che denotano inequivocabilmente la genuinità della deposizione del collaboratore di giustizia.

Deve dunque concludersi che un esame complessivo delle suesposte dichiarazioni del Di Carlo consente di affermarne l’attendibilità intrinseca.

Va inoltre osservato che lo svolgimento degli incontri presso l’Hotel Excelsior ed il "ristorante toscano", con le modalità descritte dal collaboratore di giustizia, è perfettamente coerente con una serie di altre risultanze probatorie acquisite nel corso del dibattimento.

In particolare, dalla deposizione resa dal teste Luciano Guglielmini (ispettore in servizio presso il Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato) all’udienza del 25 marzo 1997 si desume che:

  • il Di Carlo si rese latitante dopo l’emissione, nei suoi confronti, di un mandato di cattura adottato il 23 febbraio 1980 dall’Ufficio Istruzione del Tribunale di Palermo;
  • Michele Greco alloggiò all’Hotel Excelsior, sito a Roma in Via Veneto, dal 5 all'8 Gennaio 1981, dal 28 al 31 gennaio 1981, dal 15 al 18 Marzo 1981, dal 1° al 5 Aprile 1981, dal 12 al 16 Aprile 1981;
  • Giuseppe Greco (figlio di Michele Greco e produttore cinematografico) alloggiò all’Hotel Excelsior dal 1° al 16 Aprile 1981;
  • Antonino Salvo alloggiò all’Hotel Excelsior dal 3 al 6 Novembre 1980, dal 3 al 4 Dicembre 1980, dal 5 al 6 Febbraio 1981, dal 25 al 27 Febbraio 1981, dal 3 al 5 Marzo 1981, dal 25 al 27 Marzo 1981, dal 13 al 14 Aprile 1981, dal 29 al 30 Aprile 1981, dal 20 al 23 Maggio 1981, dal 17 al 21 Giugno 1981, dall'11 al 12 Novembre 1981, dal 16 al 19 Novembre 1981;
  • Nunzio Barbarossa era titolare sia di una rivendita di piccoli elettrodomestici, abbigliamento, biancheria con sede a Roma in via Principe Amedeo n. 174, nei pressi della Stazione Termini, sia di un magazzino ubicato nella stessa zona;
  • il Barbarossa apparteneva alla "famiglia" di Michele Zaza, integrata all'interno di "Cosa Nostra" siciliana, ed era in contatto con i Cuntrera ed i Caruana;
  • Giuseppe Greco svolse l’attività di produttore del film "Crema, cioccolata e paprika", tra i cui interpreti vi era Franco Franchi;
  • la programmazione del film nelle sale italiane fu autorizzata dall’Istituto Luce dalla data del 3 Agosto 1981;
  • due portieri dell’Hotel Excelsior, Valter Ferrari e Adolfo Facchin, i quali all’epoca vi lavoravano con la qualifica di "ragazzi di portineria", hanno ricordato la presenza di Franco Franchi all'interno dell'albergo in diverse circostanze, e segnatamente in occasione di ricevimenti organizzati in una grande sala dell’Hotel Excelsior (sala la cui ubicazione è stata così descritta dal teste: "entrando nell'Hotel Excelsior, abbiamo sulla destra la reception e praticamente è di fronte, si salgono dei gradini, … è grandissima e porta poi anche al locale ristorante"); essi hanno ricordato di avere visto nell’albergo anche Ciccio Ingrassia.

Nell’interrogatorio reso in data 19 aprile 1984 davanti al Giudice Istruttore del Tribunale di Palermo, Antonino Salvo dichiarò di avere concesso in prestito, a titolo di cortesia, la propria autovettura Mercedes 500 a Michele Greco, poiché il veicolo doveva essere utilizzato dal figlio Giuseppe Greco per alcune riprese cinematografiche.

Esaminato quale teste in data 20 marzo 1984 davanti alla Corte di Assise di Caltanissetta nel processo relativo alla "strage Chinnici", il dott. Antonino Cassarà affermò che Giuseppe Greco "per le riprese di un film (Crema, cioccolata e paprica) chiese e ottenne in prestito da Salvo Antonino una Mercedes 5000, la sola esistente a Palerno almeno a quell’epoca"; il teste, inoltre, specificò di ritenere che le riprese del film fossero state effettuate verso il 1980 (v. il relativo verbale, prodotto dal P.M. il 17 novembre 1998 ed acquisito il 15 dicembre 1998).

Dal tabulato della carta di credito di Antonino Salvo si evince che quest'ultimo effettuò pagamenti a Roma presso il Grand Hotel Excelsior nei giorni 4 dicembre 1980, 6 febbraio 1981, 28 febbraio 1981, 6 marzo 1981, 19 marzo 1981, 27 marzo 1981, 14 aprile 1981, e presso il "Girarrosto Fiorentino" il 25 marzo 1981.

La circostanza che anche Ignazio Salvo abbia frequentato il ristorante "Girarrosto Toscano" trova conferma nella deposizione testimoniale resa da Giuseppa Puma (vedova del medesimo) all’udienza del 15 aprile 1998.

L’on. Antonino Drago, nella deposizione testimoniale resa all’udienza del 25 settembre 1996, ha affermato di avere pranzato o cenato insieme con l’on. Lima, i cugini Salvo ed altre persone a Roma nel ristorante "Girarrosto Toscano", che si trovava sotto l’appartamento romano dell’on. Lima e nelle vicinanze dell’Hotel Flora, dove il teste alloggiava.

L’on. Giuseppe Campione, esaminato all’udienza del 17 luglio 1996, ha riferito che Antonino Salvo prese parte a Roma, presso il "Girarrosto Toscano", ad una cena con diversi esponenti siciliani della corrente andreottiana (l’on. Lima, l’on. Drago, l’on. D'Acquisto, l’on. Augello, l’on. Merlino), svoltasi prima del Congresso Regionale di Agrigento della Democrazia Cristiana (tenutosi nel 1983).

Il teste ing. Francesco Maniglia, escusso all’udienza del 18 settembre 1996, ha dichiarato di avere incontrato in alcune occasioni l’on. Lima a Roma nel ristorante "Girarrosto Toscano", ubicato sotto lo studio del medesimo esponente politico, sito in Via Campania n.31.

Il Maniglia ha aggiunto di avere pranzato al "Girarrosto Toscano" qualche volta con i cugini Salvo; di avere visto più volte l’on. Lima insieme all’on. Drago nel medesimo ristorante tra il 1975 ed il 1979; e di avere incontrato in una occasione l’on. Lima mentre costui pranzava al "Girarrosto Toscano" con Antonino ovvero con Ignazio Salvo.

Ciò posto, va osservato che, se il Di Carlo non avesse effettivamente preso parte ai due incontri conviviali da lui descritti, non si comprenderebbe come egli abbia potuto conoscere, e ricordare puntualmente a distanza di quindici anni, una serie di fatti realmente verificatisi nel 1981, e ricostruibili solo con notevoli difficoltà da chi non li avesse direttamente percepiti:

  • la circostanza che l’Hotel Excelsior fosse frequentato nei primi mesi del 1981 sia da Antonino Salvo, sia da Michele Greco, sia da Giuseppe Greco (i quali, peraltro, vi furono presenti contemporaneamente nei giorni 13 e 14 Aprile 1981);
  • il fatto che Franco Franchi si recasse nello stesso albergo per partecipare a ricevimenti tenuti in una sala distinta dal locale adibito a ristorante e dotata di caratteristiche corrispondenti a quelle descritte dal Di Carlo;
  • il fatto che Giuseppe Greco nel 1981 fosse impegnato nella realizzazione di un film tra i cui interpreti figurava Franco Franchi;
  • il fatto che Antonino Salvo fosse a conoscenza della predetta attività svolta da Giuseppe Greco nel campo cinematografico (tanto da concedergli la possibilità di utilizzare la sua autovettura Mercedes 500 per alcune riprese del film);
  • la circostanza che il ristorante "Girarrosto Toscano" fosse frequentato in quel periodo sia da Antonino Salvo, sia dall’on.Lima, e che costoro vi si recassero a pranzare insieme.

Deve altresì rilevarsi che, pur con qualche approssimazione (del resto, inevitabile per il lungo tempo trascorso, e della quale lo stesso Di Carlo appare pienamente consapevole), la collocazione cronologica degli episodi enunziata dal collaboratore di giustizia è sostanzialmente conforme alle indicazioni desumibili dai predetti elementi estrinseci di riscontro.

Va tuttavia osservato che non sono stati acquisiti riscontri specifici in ordine alla circostanza che, a seguito dei due incontri conviviali descritti dal collaborante, Antonino Salvo e l’on. Lima si siano effettivamente recati a conferire con il sen. Andreotti.

La semplice presenza del sen. Andreotti a Roma in corrispondenza di alcune delle date nelle quali Antonino Salvo alloggiò nella stessa città nei primi mesi del 1981 è un dato che – prestandosi ad interpretazioni diverse rispetto alla sua diretta inerenza al fatto da provare – non può ritenersi, da solo, sufficiente a confermare la realizzazione di incontri tra i due soggetti.

La genericità delle notizie fornite dal collaboratore di giustizia in ordine all’incontro che Antonino Salvo avrebbe dovuto avere con il sen. Andreotti dopo il pranzo all’Hotel Excelsior non consente alcuna verifica ab extrinseco sulla veridicità delle affermazioni provenienti dalla sua fonte di riferimento.

Per quanto attiene al luogo dove Antonino Salvo, dopo il pranzo al "Girarrosto Toscano", avrebbe dovuto incontrarsi con il sen. Andreotti, le indicazioni desumibili dalla deposizione del Di Carlo risultano prive di qualsiasi conferma estrinseca.

Sul punto, occorre premettere che il collaborante, parlando di "San Lorenzo", ha certamente fatto riferimento ad un luogo diverso da Piazza San Lorenzo in Lucina (dove il sen. Andreotti – secondo le spontanee dichiarazioni da lui rese all’udienza del 24 febbraio 1997, le quali non risultano contraddette da altri elementi di convincimento – trasferì il proprio studio soltanto nel 1987).

Infatti, nell’interrogatorio reso davanti al P.M. in data 31 luglio 1996, il Di Carlo ha dichiarato che Antonino Salvo non aveva accettato di essere da lui accompagnato a Piazza Colonna spiegando che l’ufficio dell’on. Andreotti, ubicato "a San Lorenzo", era "molto più distante".

Una simile affermazione, e lo stesso fatto di non accettare il passaggio offerto dal Di Carlo, sarebbero completamente privi di senso se Antonino Salvo avesse inteso riferirsi a Piazza San Lorenzo in Lucina, che – come ha chiarito il teste Guglielmini – si trova a breve distanza da Piazza di Montecitorio.

Deve dunque ritenersi che Antonino Salvo abbia inteso fare riferimento ad un luogo ben distinto da Piazza San Lorenzo in Lucina, e collocato a considerevole distanza da Piazza di Montecitorio, come il quartiere di San Lorenzo.

Non vi è prova, però, del fatto che il sen. Andreotti, nel 1981, avesse la disponibilità, in tale quartiere, di un ufficio da utilizzare per incontri con altre persone, sicchè deve rilevarsi che le affermazioni del collaboratore di giustizia, sul punto, sono carenti di adeguati riscontri.

Sulla base delle considerazioni che precedono, deve concludersi che gli elementi probatori raccolti non valgono a dimostrare l’effettiva realizzazione dei due incontri con il sen. Andreotti, che il Di Carlo ha dichiarato essergli stati preventivamente comunicati da Antonino Salvo.

Le dichiarazioni del Di Carlo confermano, comunque, una significativa situazione di fatto desumibile anche da altri elementi probatori raccolti: la circostanza che Antonino Salvo non aveva alcuna remora a manifestare i propri stretti rapporti con l’on. Lima, e a parlare dei propri rapporti con il sen. Andreotti, in presenza di esponenti mafiosi di rilievo.

Del resto, un simile atteggiamento è perfettamente comprensibile, dato che ad Antonino Salvo non poteva sfuggire l’interesse che le sue relazioni con ambienti politici suscitavano nei vertici di "Cosa Nostra", con i quali egli intendeva mantenere un continuativo collegamento (tanto da avvicinarsi con decisione, dopo il declino dello schieramento "moderato", a quello "vincente").

Le dichiarazioni rese dal Di Carlo su vicende coinvolgenti il Ciancimino formano oggetto di specifico esame nella Sezione III del presente capitolo.

L’inserimento dei cugini Antonino ed Ignazio Salvo nell’organizzazione mafiosa, e la circostanza che essi evidenziassero i loro legami con l’on. Lima e il sen. Andreotti nei colloqui con altri aderenti all’illecito sodalizio, trovano puntuale riscontro nella deposizione resa dal collaboratore di giustizia Gioacchino Pennino all’udienza del 15 dicembre 1995.

Dalle dichiarazioni del Pennino si desume che nel 1980 i cugini Salvo gli furono ritualmente presentati come "uomini d’onore" della "famiglia" di Salemi da Giuseppe Di Catania, appartenente alla "famiglia" dell’Acquasanta (il quale, prima di prendere questa iniziativa, chiese il permesso a Michele Greco). La presentazione avvenne in un ufficio di Antonino Salvo, sito a Palermo in Via Ariosto. Al Pennino fu riferito che Ignazio Salvo era (o era stato) "vice-rappresentante" della "famiglia" di Salemi. La riunione era motivata dall’esigenza di fornire suggerimenti tecnici a Gaetano Sangiorgi, il quale aveva aperto un laboratorio di analisi.

I rapporti tra il Pennino ed i Salvo divennero cordiali e proseguirono nel tempo, anche perché il Pennino in quel periodo aveva già aderito (unitamente a Vito Ciancimino) alla corrente andreottiana, della quale i Salvo facevano parte a Palermo (mentre aderivano alla corrente dorotea nella zona di Trapani).

In particolare, i Salvo sostenevano, nelle elezioni nazionali (per le quali la circoscrizione elettorale della Sicilia Occidentale comprendeva le province di Palermo, Trapani, Agrigento e Caltanissetta), sia alcuni candidati trapanesi loro amici (Lipari e Cascio), sia i candidati della corrente andreottiana (come l’on. D’Acquisto e l’on. Augello). Nelle elezioni comunali, provinciali e regionali essi appoggiavano, nella circoscrizione elettorale di Palermo, esclusivamente candidati della corrente andreottiana, e, nella circoscrizione elettorale di Trapani, candidati loro amici, come Salvatore Grillo.

Il Pennino si incontrò ripetutamente con i Salvo, cui chiese anche alcuni favori.

La frequentazione con i Salvo proseguì anche dopo l’adesione del Pennino alla corrente dorotea, avvenuta nel 1983; il Pennino ottenne da Ignazio Salvo un contributo dell’importo di Ł. 5.000.000 per il sen. Cerami.

Il Pennino si recò ad incontrare Ignazio Salvo anche nel 1987, nel periodo in cui quest’ultimo era sottoposto alla misura degli arresti domiciliari.

Il collaborante ha evidenziato che i Salvo consideravano l’on. Lima come un loro amico e come un soggetto assai affidabile. Sia i Salvo, sia l’on. Lima, riferirono al Pennino che Marcello Lima (figlio del medesimo esponente politico), dipendente dell’Esattoria gestita dai Salvo, riceveva lo stipendio senza prestare, di fatto, alcuna attività lavorativa.

I Salvo, inoltre, riponevano un grande affidamento nell’on. Andreotti. Essi ribadirono più volte al Pennino (ritenendo così di accrescere il proprio prestigio) di avere un rapporto di amicizia personale con l'on. Andreotti, ed aggiunsero che, qualora il Pennino avesse avuto bisogno dell’on. Andreotti, avrebbe senz’altro potuto rivolgersi a loro.

Il Pennino, comunque, non chiese alcun intervento del sen. Andreotti attraverso i cugini Salvo.

Mentre Antonino Salvo parlava del sen. Andreotti con un certo ossequio, invece Ignazio Salvo manifestava una maggiore familiarità con il medesimo esponente politico.

Il collaborante ha inoltre riferito di avere procurato un quantitativo di veleno (e precisamente di stricnina) ai Salvo, i quali gliene avevano fatto richiesta, in epoca anteriore alle elezioni del 1983. Inizialmente, i Salvo comunicarono al Pennino semplicemente che "serviva questa quantità di sostanza". La quantità di stricnina loro consegnata si rivelò, però, insufficiente; i Salvo fecero presente al Pennino che la sostanza serviva per le "alte sfere" di "Cosa Nostra", e che quindi avevano necessità di riceverne un altro quantitativo. Il Pennino, pertanto, provvide a soddisfare la loro richiesta.

Le dichiarazioni rese dal collaborante sono di seguito riportate:

P.M. SCARP.: dottore lei ha conosciuto i cugini ANTONINO e IGNAZIO SALVO?

PENNINO G.: sì, ho conosciuto i predetti.

PRESIDENTE: come li ha conosciuti e che rapporti ha avuto con loro?

PENNINO G.: io li ho conosciuti... ne avevo sentito parlare, li avevo intravisti, ma di fatto nel 1980 mi sono stati presentati come uomini d'onore. Un uomo d'onore che frequentava il tiro a volo, mi ebbe a dire che loro avevano piacere di incontrarmi. E chiese il permesso a MICHELE GRECO che era anch'egli un frequentatore, perché io potessi recarmi da loro per la presentazione, siccome era (…) un uomo d'onore riservato, si recò da MICHELE GRECO a chiedergli il permesso. Ci recammo negli uffici in VIA ARIOSTO, (…) di NINO SALVO e in un ufficio che era posto in un piano basso, secondo, terzo, trovai il predetto, subito dopo viene il cugino IGNAZIO, (…) e fui presentato ritualmente facendo presente alla parte del mio accompagnatore la mia posizione molto riservata e che aveva chiesto il permesso a MICHELE GRECO. Vi furono...

(…)

PRESIDENTE: l'accompagnatore suo chi era? L'accompagnatore suo chi era?

PENNINO G.: DI CATANIA GIUSEPPE.

(…)

P.M. SCARP.: lei ha detto, fummo presentati ritualmente in che senso?

PENNINO G.: come uomini d'onore, come appartenenti a "COSA NOSTRA", loro erano... facevano parte alla "famiglia" di SALEMI, così mi è stato detto, e addirittura che l'IGNAZIO era vice rappresentante di quella "famiglia", o era, o era stato, o era o era stato vice rappresentante di quella "famiglia". Questa è stata l'occasione in cui io li ho conosciuti e li ho avuti presentati ritualmente. Devo continuare?

(…)

PRESIDENTE: DI CATANIA di quale "famiglia" era DI CATANIA?

PENNINO G.: ACQUASANTA.

(…)

P.M. SCARP.: che altri rapporti ha avuto con loro nel tempo?

PENNINO G.: nel tempo ci sono stati rapporti molto cordiali, in quella riunione la motivazione ufficiale che mi fu data fu quella di aiutare il genero di NINO SALVO che venne subito dopo, quella giornata, siccome aveva aperto un laboratorio di analisi, aveva... necessità di suggerimenti tecnici per aprire dei centri prelievi, lo scopo ufficiale fu questo, peraltro si intavolano già dei rapporti cordialità, siccome gli stessi, noi SALEMI e i parenti di mia moglie erano pure originari di SALEMI, si parlò del mio suocero defunto, di mio cognato, e che loro avevano sentito parlare molto bene, intavolavano i rapporti, in effetti continuarono nel tempo anche tenuto conto che io, in quel periodo già avevo aderito alla corrente di ANDREOTTI, con CIANCIMINO.

P.M. SCARP.: lei ha detto il genero di SALVO? Chi era questo genero di SALVO?

PENNINO G.: il dottor GAETANO SANGIORGI detto "TANI", "TANI".

P.M. SCARP.: e GAETANO SANGIORGI era pure un aderente all'organizzazione mafiosa oppure no?

PENNINO G.: ma guardi (…) in quella ricorrenza dell'80 non era ancora aderente a "COSA NOSTRA", perché l'anno successivo, in una occasione di una mia visita presso gli uffici di NINO SALVO, (…) mi fu presentato ritualmente dicendo che era stato pochissimo tempo prima affiliato (…) alla "famiglia" di SALEMI.

P.M. SCARP.: quindi che altri incontri ha avuto con i SALVO, poi?

PENNINO G.: e ne ho avuto numerosi. Cioè mi sono visto ripetutamente gli ho chiesto delle cortesie. Mi fecero entrare, tramite un uomo di fiducia, una persona da me caldeggiata, all'Esattoria; ho un centro elettronico collegato all'Esattoria. Poi ci siamo visti spesso, anche perché poi io, nel 1984, ebbi anche a transitare nella corrente dorotea. Ho avuto numerosi incontri e loro, tra l'altro i SALVO, mentre io ero andreottiano, erano anche loro andreottiani. Erano amici dell'On. LIMA e gravitavano a PALERMO, (…) poi vi specificherò perché mi limito a PALERMO, nella corrente dell'On. LIMA, che giudicavano affidabilissimo, loro amico, gran persona per bene. Così come l'On. ANDREOTTI avevano grande stima e addirittura un'amicizia del tutto personale che non aveva bisogno dell'intervento mediato di LIMA. E questo me lo ribadirono più di una volta, facendo con questo, chiaramente, atteggiarsi... atteggiarsi ad avere... che il loro prestigio potesse aumentare da queste dichiarazioni, e mi dissero che, qualora avessi avuto bisogno, senz'altro mi potevo di..., dell'On. ANDREOTTI, mi potevo rivolgere a loro. Anche perché pensavano, poiché avevano disistima del CIANCIMINO che potessi, fra me e CIANCIMINO, venire fuori qualche conflittualità e questa... allora in caso di necessità potevo, direttamente, rivolgermi tramite loro al Sen. ANDREOTTI. Lo giudicavano affidabilissimo, una persona di grande, di grande affidamento. Anzi rammento che c'era una divergenza nel porgermi la loro amicizia, di diversità nel porgermi (...) la loro amicizia, da parte dei cugini. Perché il NINO parlava di "ZIO GIULIO", "ZIO GIULIO" per dire che era qualcosa di... aveva una certa riverenza, ossequio, come l'interpretazione di "ZIO" viene data normalmente in Sicilia a un senso di rispetto. Mentre l'IGNAZIO parlava di GIULIO, quasi atteggiandosi ad avere rapporti più diretti e più familiari. Poi con i SALVO io ho avuto altri rapporti. Mi rammento (...) di un epis... quando io transitai nella corrente dorotea loro mi chiesero un aiuto. Ah, ecco, vorrei precisare, poco fa ho detto che facevano parte della corrente andreottiana di LIMA a PALERMO perché ho detto PALERMO? Perché nel trapanese loro avevano la loro corrente nei dorotei. E' un fatto anomalo, un fatto strano. Ma non... perché in genere uno aderisce a una corrente e basta. Allora erano imprenditori. Loro (...) provenivano (...) dal trapanese. IGNAZIO aveva fatto politica direttamente in politica nel partito del... se i ricordi non mi ingannano, (...) colà facevano parte integrante del gruppo doroteo. Avevano una persona a loro amico come Consigliere Regionale come il Dottor SALVATORE GRILLO, e poi una serie di consiglieri comunali e provinciali e un pacchetto di tessere, chiaramente. Siccome le elezioni regionali si svolgevano a livello provinciale, vorrei spiegare il concetto. Un candidato regionale per la provincia di TRAPANI, per un can... votavano (...) soltanto gli abitanti del trapanese e quindi, pure essendo consigliere regionale, riceveva i voti della provincia di TRAPANI. Mentre per le altre elezioni, quelle nazionali votavano alcune province. Difatti si parla di circoscrizione occidentale e orientale della Sicilia. La circoscrizione occidentale aggregava quattro province: quella di PALERMO, quella di TRAPANI, quella di CALTANISSETTA e quella di AGRIGENTO. In questo caso loro avevano degli amici che loro appoggiavano (...) provenienti dalla provincia di TRAPANI, e ho potuto osservare, al tempo, che hanno appoggiato un certo LIPARI e un certo CASCIO, anche per CASCIO mi chiesero un mio contributo elettorale che io diedi nell'83. Però, avevano lo spazio e quindi davano le loro preferenze anche all'On. D'ACQUISTO, all'On. AUGELLO che erano i candidati di LIMA. Allorquando c'erano le elezioni comunali e provinciali della provincia di PALERMO, (...) davano i loro suffragi esclusivamente ai candidati andreottiani, quale è stato l'On. D'ACQUISTO quando si è candidato per il Consiglio Regionale e tanti altri. Ora, quindi, loro erano aderenti alla corrente andreottiana a PALERMO avevano adesione alla corrente dorotea nel trapanese. Con loro ho intrattenuto altri rapporti anche sul piano personale, perché mi invitarono al matrimonio di una figlia che sposò nell'81 con un certo FAVUZZA, mi avevano invitato anche a un panfilo che avevano ma io non sono andato perché non sono amante del mare. Poi con il genero, con SANGIORGI ho avuto sempre rapporti professionali gradevoli e sono anche sul piano personale. Poi, come ho detto, successivamente nell'83, transitai con i dorotei, quindi la loro corrente, praticamente, di TRAPANI ho avuti incontri, incontri allargati, per esempio a IGNAZIO SALVO e al Sen. CERAMI, in un locale dove l'IGNAZIO teneva una specie di... controllo dati, al pian terreno di dove abitava. In quell'occasione rammento che erano le elezioni dell'83, il CERAMI mi ebbe a richiedere tramite me un contributo e lui gli diede 5 (cinque) milioni. Poi, precedentemente, mi avevano chiesto un fatto antipatico, che gli procurassi un veleno. E io gli procurai un veleno. Un veleno. E io gli procurai un veleno. Siccome la prima quantità che ebbi a loro portare era insufficiente per le loro necessità, mi dovetti rivolgere a altre due persone per... per portare la quantità necessaria. Poi i nostri rapporti si sono improntati ad incontri continui, periodici, ecco. Mentre... poi loro furono arrestati e io, soltanto dopo il loro arresto ebbi un incontro con IGNAZIO SALVO al suo domicilio nell'87. Perché mi convocò tramite un nipote, un farmacista il Dottor SIRCHIA GAETANO per esigenze dello stesso farmacista. In quell'occasione fu lo stesso ad accompagnarmi, a casa (...) di IGNAZIO SALVO in cui precedentemente io non ero mai stato, e lo stesso mi diede un indirizzo (...) presso un suo amico e un mio amico dove accompagnare il SIRCHIA che aveva delle necessità, con un altro co... presso un altro associato a "COSA NOSTRA".

(...)

P.M. SCARP.: questa abitazione di IGNAZIO SALVO dove si è recato, dove si trovava?

PENNINO G.: in fondo alla VIA LIBERTA', dove... c'è lo slargo accanto a quel monumento.

P.M. SCARP.: e in che anno è avvenuto questo incontro?

PENNINO G.: nel 1987, quando era agli arresti domiciliari.

P.M. SCARP.: era agli arresti domiciliari e lei è andato alla casa di IGNAZIO SALVO?

PENNINO G.: sì, sì.

P.M. SCARP.: e non è stato controllato da nessuno?

PENNINO G.: veramente non ho visto nessuno, io.

P.M. SCARP.: non c'erano Carabinieri, non c'era Polizia, sotto per controllare?

PENNINO G.: assolutamente nessuno. Anzi siccome era in un orario all'imbrunire, mi sembra di non aver visto (...) neanche portiere.

P.M. SCARP.: ma mentre... quanto durò quest'incontro con IGNAZIO SALVO?

PENNINO G.: ma non so, un venti minuti circa.

P.M. SCARP.: e nessuno della Polizia, Carabinieri venne a controllare?

PENNINO G.: ma le dico che non ho visto nessuno, assolutamente. Assolutamente. Poi che vuole il SIRCHIA, con naturalezza, era a casa dello zio, si introdusse con naturalezza là, con tranquillità. Mi venne ad aprire, addirittura, lo stesso IGNAZIO SALVO.

(...)

PRESIDENTE: (...) SIRCHIA era nipote di SALVO? SIRCHIA?

PENNINO G.: sì, nipote... nipote, credo, di NINO. Però chiamava zio l'IGNAZIO. Ed era titolare di una farmacia in VIA DEL VESPRO a PALERMO, che prima e poi si trasferì in CORSO TUGURI (rectius Tukory: n.d.e.). GAETANO SIRCHIA.

(...)

P.M. SCARP.: Dottore, poco fa lei ha detto che i SALVO le chiesero di procurare loro del veleno. Che tipo di veleno?

PENNINO G.: stricnina.

P.M. SCARP.: stricnina. Le dissero anche per conto di chi era fatta quella loro richiesta? Interessava loro personalmente?

(...)

PENNINO G.: veramente in una prima occasione non mi dissero niente. Mi dissero che serviva questa quantità di sostanza. La seconda volta li trovai apprensivi, contrariamente al loro stato di tranquillità, diciamo, di sicurezza. Li trovai apprensivi, quasi in ansia, dissero che serviva per le "alte sfere" (...), intendiamo "alte sfere" di "COSA NOSTRA" e quindi avevano necessità di averne procurata un'altra quantità che io (...) attraverso due canali, procurai. Prima un canale e poi altri due canali.

(…)

P.M. SCARP.: sa se i cugini SALVO, conoscevano un figlio dell'On.le LIMA?

PENNINO G.: sì, certamente.

P.M. SCARP.: come, perché?

PENNINO G.: no, perché in un paio di occasioni, una volta LIMA, una volta tutti e due mi ebbero a dire che praticamente era un dipendente loro, della esattoria, e gli mandavano lo stipendio senza che lui ci andasse, lavorasse.

(...)

PRESIDENTE: e chi era questo figlio di LIMA?

PENNINO G.: MARCELLO LIMA.

(…)

AVV. SBACCHI: (...) Senta, lei ha mai chiesto ai Signori SALVO di presentarle l'Onorevole ANDREOTTI?

PENNINO G.: no.

AVV. SBACCHI: non l'ha mia chiesto. Lei ha mai chiesto un intervento dell'Onorevole ANDREOTTI tramite i Signori SALVO?

PENNINO G.: no.

In merito alla credibilità soggettiva ed al disinteresse del Pennino, può esprimersi un giudizio positivo per le considerazioni esposte nel paragrafo 3.

Le suindicate dichiarazioni da lui rese si caratterizzano per la spontaneità, per la precisione, per la puntualità specifica nella descrizione dei vari fatti, per la univocità e la coerenza logica interna, e risultano quindi provviste di un elevato grado di attendibilità intrinseca.

In ordine all’affiliazione dei cugini Salvo all’illecito sodalizio, alla riservatezza da cui essa era circondata, ed al ruolo disimpegnato da Antonino Salvo nell’interesse di "Cosa Nostra", si traggono significativi elementi di convincimento dalle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Gaspare Mutolo, esaminato all’udienza del 30 maggio 1996.

Il Mutolo ha riferito che tra il 1981 ed il 1982 Rosario Riccobono (capo del "mandamento" di Partanna Mondello) gli presentò ritualmente, nel proprio villino sito a Partanna Mondello nella zona di "Santocanale", Ignazio Salvo.

Il Mutolo ha precisato che già in precedenza egli aveva sentito parlare di Antonino e di Ignazio Salvo, i quali però non gli erano mai stati presentati ritualmente. Si trattava, infatti, di "uomini d’onore" riservati, i quali venivano presentati soltanto ad alcuni degli associati.

Quando fu presentato al Mutolo, invece, "Ignazio Salvo non era più riservato".

Nel corso dell’incontro tenutosi nel predetto villino, Riccobono chiese ad Ignazio Salvo di interessarsi riguardo all’esito che avrebbe potuto avere "a Roma" il processo per l’omicidio Cappiello (nel quale era imputato anche il fidanzato della figlia del Riccobono, Michele Micalizzi, era intervenuta una condanna nel giudizio di primo grado, era stata emessa una sentenza di assoluzione nel giudizio di appello, ed era pendente il ricorso per cassazione). Ignazio Salvo rispose: "non ti preoccupare perchè anche a giorni mi devo vedere con Salvo Lima a Roma e dopo si parla con l'On. Andreotti e ci pensa lui, non ci sono problemi".

Ignazio Salvo, dunque, avrebbe dovuto sottoporre il caso all’on. Lima, il quale, a sua volta, avrebbe dovuto rivolgersi all’on. Andreotti.

Nella medesima occasione, il Mutolo chiese ad Ignazio Salvo di interessarsi per un giudizio pendente davanti alla Corte di Appello di Palermo, a seguito di una sentenza di primo grado che lo aveva condannato alla pena di sei mesi di reclusione. Ignazio Salvo rassicurò il Mutolo, il quale venne poi assolto.

Il processo per l’omicidio Cappiello venne trattato in Cassazione dopo la morte del Riccobono, scomparso il 30 novembre 1982. La Suprema Corte annullò la sentenza di assoluzione, e nel successivo giudizio di rinvio venne confermata la condanna inflitta nel giudizio di primo grado.

Il Mutolo ha inoltre evidenziato che, dopo la morte di Stefano Bontate, i Salvo assunsero il compito di mantenere i contatti con l’on. Lima anche per trasmettergli le istanze provenienti da altri "uomini d’onore", ferma restando la possibilità che taluni esponenti di vertice di "Cosa Nostra" come Salvatore Riina conferissero direttamente con il predetto uomo politico.

Le sopra riassunte dichiarazioni del Mutolo sono di seguito riportate:

P.M.: (…) Il secondo versante al quale lei ha fatto cenno con riferimento all'On. Lima è stato quello dell'aggiustamento dei processi. Cosa ha appreso in Cosa Nostra su questo versante.

MUTOLO G.: Guardi, io direttamente prima diciamo dell'81 ne sentivo parlare che l'On. Lima era interessato anche se c'era di parlare con qualche Presidente al Tribunale di Palermo parlava insomma, dopo io nell'81, fine '81 insomma, la data con precisione io non la ricordo, non so se '81 o fine '82, io ho avuto presentato da Saro Riccobono a Ignazio Salvo per aggiustare il processo Cappiello a Roma e Ignazio Salvo (…) disse che si interessava lui, che doveva parlare con Salvo Lima e dopo Salvo Lima parlava direttamente con l'On. Andreotti per cui non c'erano problemi per questo processo per noi tanto importante.

P.M.: E scusi un attimo, lei parla con Ignazio Salvo alla presenza di Rosario Riccobono. Dove avviene questo incontro, chi lo procurò, che cosa vi siete detti più specificatamente.

MUTOLO G.: Guardi Riccobono invita a Ignazio Salvo in un villino che aveva Rosario Riccobono, sono io, Saro Riccobono...

(…)

P.M.: Questo villino dove si trovava?

MUTOLO G.: Si trovava a Partanna Mondello, noi gli diciamo la Santa Canale, che l'hanno sequestrato il villino dopo, quindi ci viene presentato a me...

P.M.: Un attimo soltanto, vuole ripetere la zona per piacere? Si trovava dove, a Santo?

MUTOLO G.: Santo Canale.

P.M.: Santo Canale.

MUTOLO G.: Cioè che sarebbe diciamo un terreno che c'è tra Partanna e Cardillo, insomma, sono tutti nominativi che noi avevamo noi insomma, ma era un villino che aveva insomma Saro Riccobono dove l'hanno sequestrato io so.

P.M.: E allora in questo villino che cosa avviene? Saro Riccobono invita chi?

MUTOLO G.: Invita a Ignazio Salvo.

P.M.: E Ignazio Salvo chi era?

MUTOLO G.: Ignazio Salvo è diciamo un uomo d'onore della famiglia di Salemi, cognato di Antonino Salvo, personaggi importantissimi insomma che hanno esattorie comunali, hanno un sacco di interessi diciamo a Palermo e in altre province, in cui il Riccobono...

P.M.: Scusi un istante, lei dice "uomo d'onore della famiglia di Salemi" Le venne ritualmente presentato?

MUTOLO G.: Sì, sì. Mi viene ritualmente presentato e...

P.M.: Prima di questa occasione dell'81 primi '82, lei aveva sentito parlare di Ignazio e di Nino Salvo?

MUTOLO G.: Io avevo sentito parlare molto spesso sia di Nino Salvo e sia di Ignazio Salvo, però non avevo avuto mai l'occasione di averli presentati perchè erano persone, diciamo riservate, non è che li presentavano a tutti. (…) Però io già sapevo...

P.M.: Scusi che significa "erano persone riservate" signor Mutolo?

MUTOLO G.: Erano dei personaggi importanti, quindi a me mi viene presentato ritualmente diciamo Ignazio Salvo, la moglie di Riccobono mi ricordo che ci portò anche il caffè insomma seduti e Saro Riccobono era molto preoccupato, cioè per l'esito che poteva avere il processo Cappiello a Roma e quindi ci diceva di interessarsi e lui con fare così molto rassicurante, tranquillo dice "non ti preoccupare perchè anche a giorni mi devo vedere con Salvo Lima a Roma e dopo si parla con l'On. Andreotti e ci pensa lui, non ci sono problemi" e mi ricordo che nell'occasione io parlai con Ignazio Salvo se si poteva interessare a Palermo che io avevo un processino da fare che erano lì a pochi giorni e quindi si potrebbe vedere la data tramite questo processino che è stato fatto e dopo mi hanno assolto e se non sbaglio era il Presidente Mollica, e niente, ci assicurò di stare tranquillo anche se Riccobono era diciamo un pochettino preoccupato per quello che aveva saputo, per quello che sapeva, del processo che non era un processo diciamo molto facile da potere sostenere insomma l'assoluzione.

(…)

P.M.: (…) E questo processino era da fare, da celebrare in Tribunale o in Corte d'Appello?

MUTOLO G.: No, no, a me mi dovevano fare l'appello perchè già il Tribunale mi aveva condannato a sei mesi perchè era un processino reso nel carcere di Palermo.

P.M.: Per quale imputazione?

MUTOLO G.: In una delle tante volte che scendevo io da Teramo, da Sulmona a Palermo e quindi non so se era oltraggio, minaccia, qualche cosa del genere. Già ero stato condannato a sei mesi ma non era tanto per i sei mesi ma era semplicemente perchè i sei mesi facevano scattare un certo meccanismo di altre conseguenze, ecco, e quindi io ricordo che... anzi in questo momento mi sto ricordando che l'avvocato Inzerillo non sapendo niente di questo interessamento voleva che io mi presentavo, diciamo al Tribunale, in modo da potermi giustificare. Ma io ero talmente tranquillo, pacifico che nemmeno sono andato al Tribunale insomma.

P.M.: E quale fu poi l'esito di questo processino in appello?

MUTOLO G.: Mi hanno assolto, Non so se per insufficienza di prove, per non aver commesso il fatto, non so insomma, non mi interessava insomma, intrinsecamente non mi interessava.

P.M.: E lei ha fatto riferimento a questo processino in appello per dire che quell'incontro quindi nella villa di Saro Riccobono come si colloca rispetto a questo processino?

MUTOLO G.: Ma era 5 o 6 giorni prima che si facesse insomma il processino di appello a Palermo.

P.M.: E con riferimento al suo stato di libertà o di semi libertà lei in quel periodo se lo ricorda com'era, in semilibertà o già libero?

MUTOLO G.: Ma guardi, io parlando con lei non mi ricordo, perchè io, cioè, dal momento che io sono uscito dal carcere di Teramo, non è che più sentivo la detenzione, perchè andavo a Palermo quando mi faceva comodo, anche per un giorno, anche per due ore (…) Quindi io posso anche sbagliarmi se ero a semilibertà, se ero libero, io non mi ricordo perchè ripeto, a Palermo dopo che io ho avuto la semilibertà insomma non avevo nessun problema di scendere a Palermo insomma e salire.

(…)

P.M.: Lei ha fatto riferimento parlando di questo incontro nella villa di Saro Riccobono sita a Santo Canale, a preoccupazioni di Riccobono per il processo Cappiello. In quel momento in cui voi avete questo incontro, il processo per l'omicidio dell'agente Cappiello in che fase era, se riesce a ricordarlo?

MUTOLO G.: Guardi, noi siamo tutti liberi, anche Salvatore Davì, diciamo, sono tutti liberi, solo c'è la preoccupazione perchè c'è l'appello della Procura di Palermo e quindi la preoccupazione di Saro Riccobono qual'è, che Roma possa passare il processo, possa rinviare il processo a Palermo e magari trovare una Corte che non dava l'assoluzione e siccome per Riccobono era diciamo, questo processo un martello, perchè da quando da fidanzati il Michele Micalizzi andò in galera per questo omicidio, la figlia Margherita era sempre che piangeva, tanto che si trovò la strada per poterla fare entrare ogni settimana minimo al carcere di Palermo e fare colloqui, insomma, era una cosa che a parte la galera, va bene, ma era una cosa che Riccobono sentiva diciamo molto forte e logicamente sicuramente da qualche persona diciamo competente, sapeva che il processo se non era seguito sicuramente poteva finire male per come è finito male, perchè dopo Riccobono viene diciamo ucciso.

P.M.: Quando viene ucciso?

MUTOLO G.: Viene ucciso il 30 novembre del '92, lo fanno scomparire.

P.M.: Il 30 novembre del '92?

MUTOLO G.: (…) e quindi Roma passa il processo e dopo conferma diciamo le condanne per il Davì, Micalizzi e Buffa, quindi la preoccupazione era fondata che aveva il Riccobono, non è insomma che era una preoccupazione infondata o era diciamo un processino già con l'assoluzione, dice "va bene, se sono assolti perchè ci deve essere l'intervento?" no, era una assoluzione diciamo un pochettino forzata per non dire forzatissima, perchè insomma quando ci fu l'assoluzione c'è stato insomma una serie di fatti che... (…), ma ci fu una forzatura in cui insomma l'assoluzione è nata propria.

P.M.: E questo in appello.

MUTOLO G.: In appello sissignore.

P.M.: E quindi l'annullamento al quale ha fatto riferimento lei, per chiarirlo, intanto Saro Riccobono se vuole ripetere quando viene ucciso per quello che le risulta?

MUTOLO G.: 30 novembre 1982.

P.M.: 1982. E questo annullamento della Cassazione avviene prima della morte di Riccobono o dopo?

MUTOLO G.: Dopo.

P.M.: Dopo la morte.

MUTOLO G.: Dopo la morte di Riccobono in Cassazione fanno diciamo il ricorso e passano il processo e il processo ritorna a Palermo. Dopo il processo lo fa un altra Corte in cui condanna... riconferma diciamo la condanna che era stata inflitta nel primo grado.

P.M.: Ed allora come mai nonostante l'intervento richiesto da Saro Riccobono a Ignazio Salvo il quale avrebbe parlato per quello che vi disse, con l'On. Lima che a sua volta avrebbe parlato con l'On. Andreotti, il processo viene annullato, cioè la sentenza di assoluzione viene annullata dalla Cassazione con rinvio?

MUTOLO G.: Ma certamente dopo la morte del Riccobono questi personaggi non è che non sanno se Riccobono è morto o è vivo, dopo la morte di Riccobono non ci fu più nessuna pressione, non ci fu nessun interessamento. Certamente se Riccobono era vivo, un mese prima, due mesi prima che si facesse il processo, gli rinfrescava le idee e quindi la sentenza certamente sarebbe stata in una maniera diversa.

P.M.: Quindi fino al momento in cui Saro Riccobono è vivo, per quello che le risulta, il processo che esito ebbe?

MUTOLO G.: Guardi, fino a che Riccobono è vivo, in primo grado nel processo ci sono state le condanne, anche se ci furono fatte delle assicurazioni del Presidente, insomma, però insomma ci sono state le condanne. In appello quando c'è stata l'assoluzione noi avevamo diciamo il giudice a latere che era diciamo una persona già parlata tranquilla e pacifica e invece il Presidente che fino all'ultimo momento si è dovuto diciamo ricorrere a una specie di minaccia così, che due ragazzi con una lambrettina hanno fatto finta di avere sbagliato e gli hanno tagliato la giacca, il cappotto, quello che era, però ci furono altri interventi verso il Procuratore Pizzillo in cui si minacciò completamente esplicitamente Riccobono ci mandò a dire che appena c'era questa condanna, diciamo, ci arrivavano dieci scopettate in viso e questo era Riccobono. Ci fu diciamo, altri interventi che gli avvocati in qualche modo dicevano che erano... insomma che lo vedevano perso il processo. Ci fu anche la morte del giudice Cesare Terranova che in qualche modo ha influenzato un poco il Presidente a cambiare perchè fino a qualche mese prima, il Presidente se non ricordo male Farace, che era di Capo d'Orlando, di Messina, aveva un nipote che era un dottore, non so o direttore o dottore al Civico di Palermo, completamente mandò la risposta che lo zio era orientato alle condanne perchè le prove c'erano, va, non è insomma che... Però tutto assieme si forzarono le minacce, le pressioni e quindi è venuta fuori quella sentenza, ma c'erano altri interessamenti anche da altri magistrati.

P.M.: Ancora tra le cose che lei ha detto per le quali desidereremmo un chiarimento. Ha parlato di Nino e Ignazio Salvo come di uomini d'onore riservati. In maniera sintetica vuole dire che cosa si intende o si intendeva per uomo d'onore riservato?

MUTOLO G.: Guardi, ci sono dei personaggi importanti, per personaggi che non si vogliono mandare diciamo alla sbaraglio che subito si vuole fare conoscere a tutta l'organizzazione e quindi anche se si sa, anche se uno insomma lo capisce, però non vengono presentati. Nel fatto specifico dei cugini Salvo, si tenevano riservati perchè siccome questi avevano delle attività, degli uffici a Palermo, una volta che un uomo d'onore li conosceva come uomo d'onore, insomma c'era un certo dovere che uno ci poteva andare per disturbarli, per fare qualche cosa. Invece non presentandoli ad altri uomini d'onore insomma si tenevano un pò a disparte, però nell'ambito di Cosa Nostra noi sapevamo che questi personaggi erano i personaggi più importanti diciamo degli industriali, impresari, insomma, che c'erano in Sicilia.

P.M.: Senta signor Mutolo, vuole ripetere per chiarezza quali erano i tramiti che Cosa Nostra utilizzava per l'aggiustamento dei processi, con riferimento ad esempio all'epoca della morte di Stefano Bontate, cioè fino a quando Stefano Bontate è vivo e dopo che Stefano Bontate viene ucciso. Per quella che è la sua esperienza personale come avveniva? Chiunque di voi poteva parlare con l'On. Lima oppure vi erano delle modalità particolari da seguire?

MUTOLO G.: No, guardi, c'era diciamo una regola che era più che altro una regola di rispetto e di riservatezza, cioè non tutti potevano parlare diciamo con questi personaggi importanti. In quel periodo quelli che potevano parlare diciamo con l'On. Salvo Lima erano Stefano Bontate, diciamo Gaetano Badalamenti, Mimmo Teresi, Vitale. Se voleva anche Riccobono, però se volevo io, io non ci andavo mai. Bisognava diciamo seguire tutta una prassi, perchè c'erano degli uomini appositamente che avevano i contatti con questi personaggi, altrimenti chiunque si sentiva autorizzato a disturbare una persona del genere. Però chiunque poteva avere di bisogno poteva interferire tramite diciamo questi personaggi. Dopo la morte di Stefano Bontate il compito è passato diciamo a Ignazio Salvo e a Nino Salvo.

(…)

AVV.COPPI: Riccobono conosceva Lima?

MUTOLO G.: Certo.

AVV.COPPI: Poteva parlare direttamente con Lima?

MUTOLO G.: Se voleva, sì.

AVV.COPPI: E come mai per raccomandare il processo Cappiello ha avuto bisogno di convocare Ignazio Salvo e non si è rivolto direttamente a Lima?

MUTOLO G.: Guardi, perché in quel periodo, diciamo, c'era quel cambiamento, diciamo, che Stefano Bontate morto, quindi c'erano delle regole ben precise e oltre, diciamo, il Lima poteva essere già parlato anche di Ignazio Salvo e quindi il ... il Riccobono non si è voluto mettere nelle condizioni ... perché quello era un periodo in cui, diciamo, Salvatore Riina attacca qualsiasi mafioso per il minimo ... cioè per la minima scusa, insomma, lo attacca. Quindi il Riccobono cerca di fare le cose regolari; chiama a Ignazio Salvo e Ignazio Salvo, insomma, ci dice: per parlare si chiama Roma, per l'intervento si chiama Roma. Doveva parlare con Lima perché quella persona che stava bene con l'onorevole Giulio Andreotti era Salvo Lima.

AVV.COPPI: Quindi Riccobono parlando con Ignazio Salvo non correva rischi. Se avesse parlato direttamente con Lima con il quale pur poteva parlare, avrebbe corso rischi. Questo è il concetto?

MUTOLO G.: Cioè non correva rischi, ma ha voluto fare questo. Io ora, in fondo in fondo, non lo so. Io le posso dire che le cose sono andate così. Il perché (...) Riccobono non andò direttamente nel villino di Lima, io non lo so. Può darsi che Lima non c'era, che era partito, ...

PRESIDENTE: Lasci stare i può darsi.

AVV.COPPI: Ci basti sapere che Riccobono, volendo, poteva parlare direttamente con Lima. D'accordo?

MUTOLO G.: Volendo ci poteva parlare perché, ripeto, lui aveva il villino a Valdesi, che era il nostro territorio.

AVV.COPPI: Benissimo. Senta, in ... nel processo di Palermo, quello che lei definisce il processetto, quello diretto dal Presidente Mollica, lei era colpevole o innocente.

MUTOLO G.: Guardi io, effettivamente, una guardia quando scrive c'è un motivo, non è che non c'è un motivo. Era una specie di oltraggio, minaccia, non mi ricordo più ora come l'ha motivato la guardia. Quindi qualche cosa gliel'ho detto non è...

AVV.COPPI: Quindi era colpevole?

MUTOLO G.: Ero stato condannato. Be', ora se le debbo dire a lei se ero colpevole o innocente le debbo dire che, effettivamente, quelle minacce ci furono alla guardia. Non è che la guardia si sognò e ha scritto che io l'ho minacciato.

AVV.COPPI: Quindi lei è stato assolto ingiustamente in grado di Appello?

MUTOLO G.: No, guardi, io sono stato assolto per la mia mentalità, che era allora, giustamente. Perché qualsiasi cosa che io facevo veniva sempre giustificata (…) da qualche mio pensiero..

AVV.COPPI: Considerato il fatto che lei avrebbe commesso questo oltraggio e considerato che poi, però, è stato assolto in grado in Appello, noi possiamo dire che quella sentenza era, non secondo la sua mentalità, ma secondo legge era una sentenza ingiusta.

MUTOLO G.: Sissignora.

AVV.COPPI: Sissignora. Senta, lei ha già fatto il nome del Presidente della Corte di Appello del processo Cappiello, che se ho ben capito sarebbe il Presidente Farace. Mi vuole dire anche il nome del Giudice a latere?

MUTOLO G.: Guardi il Giudice a latere (...) non lo so. Era una persona che io ci posso descrivere in una maniera dettagliata. Era una persona un po' bassina, grosso, scuro nel viso, con la voce un po' rauca, era parente di altri magistrati, però non mi ricordo chi, insomma.

AVV.COPPI: Ci descrive, dopo quello che ha già descritto nei confronti del Presidente Farace, quali minacce vennero esercitate nei confronti del Giudice a latere per convincerlo ad emettere una sentenza combinata?

PRESIDENTE: Non è che ha parlato ... non ha parlato di minacce. Era parlato.

AVV.COPPI: Dice che il primo ... Ecco, insomma. In che termini gli è stato parlato al Giudice a latere?

(…)

MUTOLO G.: No, il Giudice a latere era, diciamo, quella persona che a noi ci faceva sapere addirittura l'andamento cioè il convincimento che aveva il Presidente. Cioè il Giudice a latere era una persona, insomma, parlata, avvicinata, insomma, ammorbidita, favorevole, insomma, all'assoluzione.

AVV.COPPI: Ho capito.

MUTOLO G.: Era il Presidente che non era d'accordo all'assoluzione.

AVV.COPPI: Ho capito. Senta, dopo la morte di Riccobono non c'era nessuno interessato all'esito del processo Cappiello che potesse prendere contatti con Ignazio Salvo?

MUTOLO G.: Guardi, dopo la morte di ... di Ferro Riccobono io credo che, che ne ho commentato anche il diretto interessato che sarebbe Salvatore Davì, (…) quando arrivò la conferma della condanna a Roma, perché dopo è stato fatto il processo a Palermo mentre noi siamo al carcere di Palermo, io commento la conferma con Salvatore Davì, in cui noi siamo convinti che quella condanna, se sono stati condannati di nuovo, era perché non c'era stato più interessamento.

AVV.COPPI: Sì, questo è stato (…) il suo commento. Ma io volevo sapere, dopo la morte di Riccobono non c'era nessuno che avrebbe potuto prendere contatti con Ignazio Salvo?

MUTOLO G.: Che avrebbe potuto? Se voleva certamente c'erano altre persone. Ma sicuramente noi della famiglia di Partanna Mondello si vede non ha voluto prendere più contatti nessuno. Cioè non ci interessava più nessuno.

AVV.COPPI: Ma lei era in carcere dopo la morte di Riccobono?

MUTOLO G.: Sissignore.

AVV.COPPI: E non poteva, quindi, prendere o far prendere contatti con Ignazio Salvo visto che le era stato già presentato come uomo d'onore?

MUTOLO G.: Non me lo potevo permettere io.

AVV.COPPI: E perché non se lo poteva permettere?

MUTOLO G.: Prima perché, diciamo, erano cose che potevano interessare ... potevano essere interessati i diretti personaggi interessati. C'era Davì Salvatore che è anche un uomo d'onore, c'era il Micalizzi che era anche latitante e quindi come me conoscevano il capo mandamento. Quindi l'interesse, al limite, poteva essere più loro che mio.

AVV.COPPI: Però lei ...

MUTOLO G.: Quindi io non vedevo nessun interessamento ...

AVV.COPPI: Però lei aveva conosciuto ...

MUTOLO G.: Io non ho ritenuto opportuno nemmeno una parola nè verso Ignazio Salvo e nè verso nessuno.

(…)

AVV.SBACCHI: (…) Senta torniamo al discorso. Omicidio Cappiello. In primo grado sono stati condannati. Poi si è fatto il giudizio di Appello. Il discorso di Riccobono Salvo quando avviene esattamente? Se lo può collocare. Lei l'ha già detto, non si ricorda bene. Se ha fatto mente locale e si ricorda e me lo potesse dire sarebbe meglio.

MUTOLO G.: Guardi io credo che siamo nell'82.

AVV.SBACCHI: Non aveva detto '81.

MUTOLO G.: Gennaio, febbraio del 1982.

AVV.SBACCHI: Gennaio o febb...

MUTOLO G.: Perché mi ricordo che subito dopo c'era l'Appello di questo processo che avevo preso in galera di ...

AVV.SBACCHI: Subito dopo c'era l'Appello o la Cassazione, scusi?

MUTOLO G.: No, l'Appello. Per quanto riguarda un processino che io avevo.

AVV.SBACCHI: Ah! Il (…) processino. Sì, sì ,sì.

MUTOLO G.: Io focalizzo. Ora ho fatto mente locale. Che siccome nella circostanza specifico si parlò anche di fare interessare al Presidente Mollica per l'Appello di questo processino, quindi nell'occasione in cui si parlò ad Ignazio Salvo per l'interessamento di Roma mi ricordò che si parlo di questo processino che dopo io sono andato assolto. Debbo facalizzare la data bene e quando ho parlato con Ignazio Salvo.

AVV.SBACCHI: Mi dica un'altra cosa. A quel momento l'omicidio Cappiello il processo a che punto era?

MUTOLO G.: Guardi c'era stata l'assoluzione dell'Appello però c'era stato il ricorso, diciamo, di noi detenuti e del Procuratore Generale e quindi a distanza di tempo si doveva fare insomma ...

AVV.SBACCHI: A distanza di tempo ..., ecco, quanto tempo mancava alla celebrazione dell'Appello ... del ricorso per Cassazione.

MUTOLO G.: Guardi, io non so ora ... cioè in Cassazione non è che i processi hanno una regola. Ci sono processi che a volte che con l'interessamento ...

AVV.SBACCHI: No, no, non mi interessa sapere quanto la Cassazione ...

MUTOLO G.: ... Ci sono altri processi che a volte passano due anni, tre anni, però ci sono processi, e io ho avuto l'esperienza diretta, che in Cassazione un processo mio, cioè sempre quello dei nove anni, in cui ci fu l'interessamento e anche a Roma andò male in cui nel giro di pochissimi mesi il processo si fece anche se l'avvocato Aldo Catalinovi mi aveva scritto per dirmi vedi che devi aspettare perché ci sono 1390 processi ... invece dopo nel giro di quattro mesi hanno fatto l'Appello.

(…)

AVV.SBACCHI: La domanda è un'altra. Il processo Cappiello in Cassazione era già fissato o no? Questo intendevo dire.

MUTOLO G.: No, no, ancora non era fissato.

AVV.SBACCHI: E allora, mi dica un'altra cosa. Quindi come avviene questo colloquio, me lo riferisce? Cioè intanto vorrei sapere Ignazio Salvo chi lo avvertì che Riccobono gli voleva parlare.

MUTOLO G.: Guardi, io chi l'ha avvertito ... certamente non sono stato io. Io l'ho visto a Ignazio Salvo nel villino di Rosario Riccobono, ero assieme a Micalizzi Salvatore. Riccobono ci parlò perché ci premeva l'interessamento di questo processo Cappiello, nell'occasione ci abbiamo parlato anche di questo processino ...

(…)

AVV.SBACCHI: Quando arrivò Salvo che fa si appartò con Riccobono?

MUTOLO G.: No, no. Non si appartò per niente.

AVV.SBACCHI: Avete parlato tutti assieme.

MUTOLO G.: Sissignore.

AVV.SBACCHI: Senta, lei ha detto che Salvo era riservato. Mi spiega che significa riservato? Cioè significa ...

MUTOLO G.: Ci sono persone che per tanti motivi, anche mafiosi, per un certo periodo non vengono presentati ...

AVV.SBACCHI: Ho capito.

MUTOLO G.: ... E quindi Ignazio Salvo io ho detto che ci fu un periodo in cui non era presentato a tutti però nel 1981 a me mi è stato presentato ...

AVV.SBACCHI: Quindi a lei è stato presentato. Perché?

MUTOLO G.: ...Anche se io lo conoscevo come nome però non mi era stato mai presentato prima.

AVV.SBACCHI: E perché le fu presentato, scusi?

MUTOLO G.: Mi è stato presentato in quell'occasione che ci siamo visti da Riccobono.

AVV.SBACCHI: No, dico presentato, quando dico presentato intendo come uomo d'onore.

MUTOLO G.: Come uomo d'onore, sissignore.

AVV.SBACCHI: Dico, e perché? Visto che si doveva tenere un po' da parte.

MUTOLO G.: No. Già è il periodo in cui ... si vede che in quel periodo cioè quella specie riservatezza non è che per una persona è sempre riservata, ci sono periodi che uno è riservato ... in quel momento Ignazio Salvo non era più riservato.

AVV.SBACCHI: Ho capito.

MUTOLO G.: Era sì una persona importate però a me mi è stato presentato.

AVV.SBACCHI: Senta, allora che cosa disse Ignazio Salvo esattamente in occasione di questo incontro?

MUTOLO G.: A riferimento al processo Cappiello?

AVV.SBACCHI: Sì, naturale.

MUTOLO G.: Che di li a pochi giorni si doveva incontrare a Roma con l'onorevole Salvo Lima e non c'erano problemi perché appena vedeva a Salvo Lima ci parlava e Salvo Lima subito portava il messaggio all'onorevole Andreotti.

AVV.SBACCHI: Quindi in sostanza Salvo Ignazio avrebbe parlato con Lima e Lima avrebbe parlato con il presidente Andreotti, è così?

MUTOLO G.: Sissignore.

(…)

AVV.SBACCHI: (…) Ma dico, lei prima di fare questa dichiarazione che le ricordo in data 4 marzo 1993 ne aveva fatto un'altra sull'omicidio Cappiello e sull'interessamento a Roma? Presidente glielo sto chiedendo prima della contestazione.

PRESIDENTE: Ricorda, Mutolo, se aveva fatto una dichiarazione di tipo un po' diverso rispetto a questa di oggi?

MUTOLO G.: Un po' diversa ... io non lo so. Se io ho parlato dell'interessamento di Ignazio Salvo ... ma sicuramente se è fatto in una maniera diversa è perché io avevo fatto delle riserve, io non mi ricordo il verbale come è fatto. Se lei gentilmente lo vuole leggere vedrà certamente che il verbale non è completo sicuramente sarà con delle riserve per parlare meglio. Sicuramente insomma è così.

(…)

AVV.SBACCHI: C'è una contestazione. (…) io do lettura della dichiarazione 27 agosto (…) 1992. (…) "Ricordo che Riccobono invitò nella sua villa Salvo Ignazio, uomo d'onore della famiglia di Salemi, affinché si interessasse dell'esito del processo. Il Salvo assicurò che non ci sarebbero stati problemi e disse che di lì a poco sarebbe andato a Roma per incontrarsi con Lima Salvo.

(…)

MUTOLO G.: No, signor Presidente, mi scusi, ma sicuramente io dicendo questo ha fatto delle riserve di parlare meglio. Io mi ricordo perché io ho detto ... intanto tutti i verbali (…) che io ho fatto (…) e le cose in cui io ci dovevo ritornare dopo io faccio delle riserve in modo che dopo ne parlavo in una maniera più ampia.

(…)

P.M.: Volevo invitarlo a leggere le due righe successive.

(…)

AVV.SBACCHI: Benissimo. E allora continuiamo "dell'andamento di questo processo comunque dell'andamento di questo processo, comunque, mi riservo di parlare in seguito più diffusamente."

(…)

PRESIDENTE: Quindi lei si rende conto della differenza tra questa dichiarazione che ha letto l'avvocato Sbacchi e quella che ha fatto oggi?

MUTOLO G.: Signor Presidente, ma per me è uguale perché io in quel verbale che ha letto ora l'avvocato Sbacchi io mi riservo di parlare più ampiamente perché,se guarda la data, è il periodo in cui io non voglio parlare di personaggi politici. Insomma il discorso è questo. Cioè sarebbe strano se questo verbale sarebbe stato fatto nel '95, '96.

(…)

AVV.SBACCHI: Senta passiamo ad altro argomento. Lei ha detto che il processo andò male, esatto? Il processo Cappiello parliamo, dell'omicidio Cappiello. Lei mi deve dire esattamente che cosa ha saputo dopo questo incontro presso villa di Riccobono a proposito dell'interessamento per la soluzione processo Cappiello?

(…)

MUTOLO G.: Se è questa la domanda cioè la risposta è che il signor Ignazio Salvo, va bene, ci aveva assicurato nella maniera tranquilla che di lì a poco avrebbe incontrato l'onorevole Lima, l'onorevole Lima avrebbe parlato con l'onorevole Andreotti e non c'erano problemi e dopo ...

AVV.SBACCHI: E dopo? Che seppe dopo?

PRESIDENTE: Dopo che cosa ha saputo Mutolo? Mutolo, risponda alla domanda senza fare polemica.

MUTOLO G.: Che c'era l'interessamento di queste persone al momento in cui si doveva fare il processo. Però lei tenga presente che dopo 10 mesi, 11 mesi, dopo un anno Riccobono muore e quindi questo interessamento non verrà certamente ricordato da alcuna persona quindi l'andamento va male, il processo va male.

AVV.SBACCHI: (…) La difesa voleva conoscere un'altra cosa. Lei dopo che finisce il colloquio Salvo, Riccobono, presente lei. Lei ha modo di parlare con qualcuno dell'omicidio Cappiello? Di questo processo per l'omicidio Cappiello?

MUTOLO G.: Io posso parlare dell'omicidio Cappiello (…) con i miei amici che erano Rosario Riccobono, i fratelli Micalizzi ...

PRESIDENTE: Ne ha parlato oppure no?

MUTOLO G.: ... Sicuri, tranquilli della risposta che ci aveva dato Ignazio Salvo io non ... cioè mi facci capire lei cosa vuol sapere io non la comprendo insomma ... cosa lei intende dire. Cioè se abbiamo avuto risposta? Se io ho parlato con qualcuno? E l'avrei detto. Io cioè vedo solo una volta a Ignazio Salvo non è che dico che l'ho visto 50 volte.

AVV.SBACCHI: Quindi lei non ha parlato più con nessuno.

MUTOLO G.: L'ho visto soltanto una volta.

AVV.SBACCHI: Lei di questo non ha parlato più con nessuno?

MUTOLO G.: No, io ... questo era un processo che a Riccobono ci interessava perché per come ho detto poc'anzi aveva la figlia Margherita che non gli dava pace a Rosario Riccobono sempre era preoccupata, anche lui era preoccupato che a Roma se non c'era l'intervento, se non c'era l'interessamento ...

(…)

AVV.SBACCHI: Lei sa se Ignazio Salvo è stato detenuto in carcere?

MUTOLO G.: Guardi, io non lo so ma credo che sia stato pochissimo tempo insomma in carcere però io non l'ho visto.

AVV.SBACCHI: Questo non lo sa. Ed era Salvo il contatto con Lima, esatto?

MUTOLO G.: Sissignore.

AVV.SBACCHI: Quindi non sa di altri contatti con Lima se non quelli attraverso Salvo?

MUTOLO G.: Con i cugini Salvo. Cioè quelli però dopo la morte di Stefano Bontate.

AVV.SBACCHI: Dopo la morte di Stefano Bontate.

MUTOLO G.: Certo se ci voleva parlare Salvatore Riina insomma ... non è che Riina guardava insomma ... quelle che erano le regole. Riina insomma ...

AVV.SBACCHI: Ma lei sa niente di questo?

MUTOLO G.: ... Riina se voleva parlare insomma ci andava ...

PRESIDENTE: Lei lo sa o è una sua deduzione questa? Mutolo, lei lo sa perché lo ha saputo oppure è una sua deduzione?

AVV.SBACCHI: No, non è una mia deduzione. Cioè c'erano delle regole comportamentali che potevano valere per me ma non per un personaggio come Rosario Riccobono e nel tempo dopo come Salvatore Riina. Io non ci potevo andare da Salvo Lima (...) Ma se Riina ci voleva andare ci andava.

Con riguardo alla credibilità soggettiva del Mutolo, è sufficiente richiamare la positiva valutazione formulata nel capitolo relativo ai rapporti tra il sen. Andreotti e Michele Sindona.

Le circostanze riferite dal collaborante in merito ai tentativi di "aggiustamento" del processo per l’omicidio del Cappiello e del processo instaurato a carico dello stesso Mutolo sono caratterizzate da precisione e ricchezza di dettagli per quanto attiene:

  • all’incontro tra Rosario Riccobono ed Ignazio Salvo;
  • all’impegno, assunto da quest’ultimo, di conferire pochi giorni dopo, a Roma, con l’on. Salvo Lima affinché costui, a sua volta, prendesse contatto con il sen. Andreotti allo scopo di interferire sull’esercizio della funzione giurisdizionale da parte della Corte di Cassazione, inducendola a confermare la pronunzia assolutoria emessa in grado di appello;
  • all’interessamento promesso da Ignazio Salvo relativamente al processo pendente a carico del Mutolo.

La circostanza che inizialmente il collaborante non abbia fatto riferimento al sen. Andreotti è spiegabile tenuto conto della sua espressa riserva di parlare più diffusamente dell’argomento. La successiva integrazione delle contenuto delle sue dichiarazioni era, dunque, già stata preannunziata nella fase iniziale.

Va, poi, osservato che, nel caso in esame, le aggiunte successive non si pongono in un rapporto di alternatività logica con le originarie affermazioni del collaborante, ma ne costituiscono un completamento.

Le indicazioni fornite dal Mutolo, con riguardo allo svolgimento del processo per l’omicidio dell’agente di P.S. Gaetano Cappiello, sono coerenti con i dati desumibili dalla documentazione prodotta dalla difesa dell’imputato (doc. nn. 18, 19, 20), che evidenzia che:

  • con sentenza del 20 aprile 1977 la Corte di Assise di Palermo dichiarò Michele Micalizzi, Salvatore Davì ed Antonino Buffa colpevoli del delitto di omicidio aggravato, commesso in danno della guardia di P.S. Gaetano Cappiello, e di altri reati;
  • il Micalizzi, il Davì ed il Buffa furono assolti, per insufficienza di prove, dall’imputazione di omicidio con sentenza emessa il 6 ottobre 1979 dalla Corte di Assise di Appello di Palermo;
  • quest’ultima pronunzia fu annullata con rinvio dalla Corte di Cassazione con sentenza del 21 marzo 1983;
  • nel giudizio di rinvio la Corte di Assise di Appello di Palermo, con sentenza del 24 maggio 1985, confermò la pronunzia di condanna adottata nel primo grado di giudizio;
  • il ricorso proposto dagli imputati avverso la sentenza del 24 maggio 1985 fu rigettato dalla Corte di cassazione in data 5 maggio 1986.

Nessun elemento specifico è stato, invece, esposto dal collaborante con riguardo alle modalità di esplicazione dei tentativi di "aggiustamento".

Il Mutolo, infatti, non è stato in grado di riferire se Ignazio Salvo abbia effettivamente trasmesso la predetta segnalazione all’on. Lima ed al sen. Andreotti, ed ha aggiunto che dopo la morte del Riccobono non vi fu alcun interessamento.

Il collaborante, inoltre, non ha chiarito le modalità attraverso le quali Ignazio Salvo si sarebbe adoperato per interferire sul processo instaurato nei confronti dello stesso Mutolo.

La valenza dimostrativa delle suesposte dichiarazioni va quindi circoscritta essenzialmente all’adesione dei Salvo all’illecito sodalizio, alla riservatezza mantenuta - per un determinato periodo - in ordine alla loro affiliazione, all’interessamento promesso da Ignazio Salvo per la favorevole soluzione delle predette vicende processuali, ed alla circostanza che Ignazio Salvo, nei colloqui con altri esponenti mafiosi, esplicitasse la propria possibilità di trasmettere le loro istanze all’on. Lima e, per il tramite di quest’ultimo, al sen. Andreotti.

Va comunque rilevato che il contegno tenuto in questa occasione da Ignazio Salvo non appare suscettibile di escludere la sussistenza di rapporti diretti tra di lui ed il sen. Andreotti, essendo finalizzato semplicemente ad avvalersi dell’autorevole intermediazione dell’on. Lima per esercitare una più incisiva pressione in vista della soluzione di uno specifico problema giudiziario, che interessava in modo particolare al Riccobono a causa del coinvolgimento del fidanzato della propria figlia.

Ciò posto, deve osservarsi che sulla base delle deposizioni rese in piena autonomia dai predetti collaboratori di giustizia è rimasto dimostrato che:

  • i cugini Salvo erano organicamente inseriti nell’associazione mafiosa "Cosa Nostra" sin da epoca anteriore al 1976 (cfr. le dichiarazioni del Buscetta, del Calderone, del Di Carlo);
  • Ignazio Salvo era "sottocapo" della "famiglia" di Salemi (secondo quanto hanno riferito il Buscetta, il Calderone, il Cucuzza, il Sinacori, il Pennino);
  • Antonino Salvo per un certo periodo rivestì la carica di "capodecina" della stessa cosca mafiosa (come si evince dalle affermazioni del Buscetta, del Calderone, del Cucuzza);
  • i cugini Salvo in un primo tempo erano particolarmente vicini ad esponenti dello schieramento "moderato" di "Cosa Nostra", come Gaetano Badalamenti e Stefano Bontate (cfr. le dichiarazioni del Buscetta, del Calderone, del Cucuzza, del Sinacori, del Marino Mannoia, del Di Carlo);
  • dopo l’inizio della "guerra di mafia", i cugini Salvo passarono dalla parte dello schieramento "vincente", che faceva capo al Riina (cfr. le dichiarazioni del Cucuzza, del Sinacori, del Marino Mannoia, del Di Carlo);
  • diversi esponenti di "Cosa Nostra" si rivolsero ai Salvo per cercare di ottenere una favorevole soluzione di vicende processuali (come si evince dalle sopra riassunte dichiarazioni del Sinacori, del Di Carlo, del Mutolo, nonché da quelle di altri collaboranti, menzionate in altri capitoli);
  • i cugini Salvo manifestavano ad altri esponenti mafiosi i loro stretti rapporti con l’on. Lima (come si evince dalle dichiarazioni del Buscetta, del Calderone, del Di Carlo, del Pennino, del Mutolo);
  • i cugini Salvo, nei loro colloqui con diversi esponenti mafiosi, evidenziavano i loro rapporti con il sen. Andreotti (come si desume dalle indicazioni fornite dal Buscetta, dal Di Carlo, dal Pennino);
  • per alcuni anni, l’appartenenza dei Salvo a "Cosa Nostra" venne resa nota solo ad alcuni degli associati (come emerge dalle precisazioni compiute dal Marino Mannoia, dal Di Carlo, dal Mutolo).

Dalla sentenza emessa il 16 dicembre 1987 dalla Corte di Assise di Palermo nel c.d. maxiprocesso si desume, comunque, che da tempo erano stati avanzati sospetti sull’inserimento dei cugini Salvo nel sodalizio criminale. Sul punto, la pronunzia in questione ha evidenziato quanto segue:

I sospetti sull'appartenenza di Ignazio Salvo (e del cugino defunto Nino) alla mafia risalgono ad epoca non recente.

Peraltro, in vari rapporti informativi redatti dai Carabinieri del trapanese l'attività economica dei Salvo e il loro inglobamento nell'associazione mafiosa, talora in termini apertamente contraddittori, vengono per lo più considerati come dati di fatto acquisiti dalla pubblica opinione di Salemi. In alcuni rapporti si precisa, anzi, che il padre di Ignazio sarebbe stato considerato in alcuni periodi come il capomafia del paese.

Sui problemi relativi alle esattorie ed ai cugini Salvo si era concentrata, nel 1982, l’attenzione del Prefetto di Palermo gen. Carlo Alberto Dalla Chiesa, il quale – rendendosi conto dell’importanza della questione - avvertì l’esigenza di accennarvi in occasione di un suo incontro con il Ministro dell’Interno on. Virginio Rognoni, svoltosi a Ficuzza nell’agosto dello stesso anno.

In proposito, il Rognoni, escusso quale teste all’udienza del 20 maggio 1998, ha riferito quanto segue:

AVVOCATO SBACCHI:

Mi scusi, l’ultima domanda: lei ha detto di una conversazione con Prefetto DALLA CHIESA e parlò di collegamenti tra la mafia catanese e la mafia palermitana.

ROGNONI VIRGINIO:

Sì.

AVVOCATO SBACCHI:

Era… rappresentava un qualcosa di nuovo che si era verificato? Che cosa… cosa le disse? Cioè, come…

ROGNONI VIRGINIO:

E beh, lui riteneva sulla base degli elementi che aveva in mano… perché, torno a ripetere, l’ultimo disco… l’ultimo incontro con DALLA CHIESA fu a Ficuzza, ci fu… c’era anche presente il Generale VAL DI CARA (rectius Valditara: n.d.e.), perché venne con noi come Generale dell’Arma a Ficuzza, e poi andammo a pranzo penso nella Caserma, credo che era una Caserma dei Carabinieri… e in quello… in quella occasione il Generale DALLA CHIESA mi… La domanda? Scusi un attimo. Ha ragione il Presidente di richiamarmi.

PRESIDENTE:

Mafia catanese…

ROGNONI VIRGINIO:

Ah, ecco, mi parlò della… Secondo me, diceva il Generale DALLA CHIESA, c’è oggi una insorgenza mafiosa nella Sicilia orientale, a Catania, di cui dobbiamo preoccuparci.

AVVOCATO SBACCHI:

Ho capito.

ROGNONI VIRGINIO:

Poi c’erano anche… mi parlava anche dei problemi della… dell’esattoria, i problemi dell’esattoria… il Generale DALLA CHIESA mi accennava anche a questo, il problema dei SALVO e quanto altro.

AVVOCATO SBACCHI:

Ho capito. Questo rimase sempre patrimonio suo?

ROGNONI VIRGINIO:

Prego?

AVVOCATO SBACCHI:

Rimase patrimonio suo? Lei ha riferito queste cose al senatore ANDREOTTI?

ROGNONI VIRGINIO:

E no.

AVVOCATO SBACCHI:

No.

ROGNONI VIRGINIO:

Non c’era ragione di riferire.

Del coinvolgimento dei cugini Salvo nelle vicende relative a "Cosa Nostra" era convinto il Consigliere Istruttore presso il Tribunale di Palermo dott. Rocco Chinnici, come si desume dalle seguenti dichiarazioni rese il 4 agosto 1983 al Procuratore della Repubblica di Caltanissetta dal dott. Paolo Borsellino: "devo fare presente che il Chinnici era convinto che ai fatti di mafia, almeno ad un livello alto, fossero coinvolti anche gli esattori Salvo. Ciò desumeva da una telefonata fra taluno dei Salvo e il mafioso Buscetta risultante da una intercettazione contenuta nel processo Spatola, se non erro; telefonata che è stata pubblicata integralmente dalla stampa ove interlocutori sono certo "Roberto", in cui si ritiene di identificare il Buscetta, e tale Lo Presti parente dei Salvo, un anno fà scomparso senza che se ne abbia notizia. Non so poi da quali altri elementi, che ritengo ci fossero dal modo come il Chinnici parlava, egli desumesse la partecipazione di costoro. Contemporaneamente lamentava, ed era amareggiato per questo fatto che finiva con l’intralciare il rapido ed efficace svolgimento di attività, che nei confronti di costoro si agisse con "i guanti gialli" da parte di tutti, ed anzi aggiunse, nei loro confronti una volta, che se gli stessi elementi li avessero avuto nei confronti di altri certamente si sarebbe proceduto".

Il dott. Chinnici, nei suoi ultimi giorni di vita, era impegnato nell’istruzione del c.d. "processo dei 162", al quale aveva ritenuto di acquisire le trascrizioni delle intercettazioni telefoniche sulle utenze intestate all’ing. Lo Presti, allo scopo di valutare approfonditamente la posizione dei Salvo, ed esaminava l’ipotesi di emettere un mandato di cattura a loro carico (cfr. sul punto la deposizione resa dal dott. Giovanni Falcone all’udienza del 12 aprile 1984 davanti alla Corte di Assise di Caltanissetta nel processo per la "strage Chinnici"; nel medesimo processo, fu escusso all’udienza del 10 aprile 1984 anche il colonnello Angiolo Pellegrini, il quale riferì che il dott. Chinnici gli aveva detto che "avrebbe mandato gli atti alla Procura della Repubblica e appena gliene fosse stata avanzata richiesta avrebbe emesso mandato di cattura contro i cugini Ignazio e Nino Salvo": v. il relativo verbale, prodotto dal P.M. il 17 novembre 1998 ed acquisito il 15 dicembre 1998).