§ 2 - I rapporti tra il sen. Andreotti e Michele Sindona

 

 

Dalle risultanze dell’istruttoria dibattimentale si desume che il sen. Andreotti rappresentò, per Michele Sindona, un costante punto di riferimento anche durante il periodo della sua latitanza, e che il raccordo tra i due soggetti era noto a settori di "Cosa Nostra" i quali, contestualmente, operavano in modo illecito a favore del finanziere siciliano.

Come è stato evidenziato dalla sentenza n. 20/86 del 18 marzo 1986 della Corte di Assise di Milano, negli anni successivi al crack del suo impero finanziario il Sindona, per piegare il corso degli eventi in suo favore, utilizzò nel modo più spregiudicato la rete di amicizie, di compiacenze e di complicità che si era costruita negli anni della sua potenza, ed impiegò le cospicue risorse finanziarie che era riuscito a mettere al sicuro presso banche estere.

In primo luogo, il Sindona attivò ambienti della comunità italo-americana di New York ed ambienti del potere ufficiale ed occulto in Italia, al fine di impedire che venisse concessa la sua estradizione dagli U.S.A..

Già con un memorandum del 5 agosto 1975 il console italiano a New York aveva segnalato l’opportunità di perseguire l’estradizione con energia, dato che il Sindona stava svolgendo un’intensa attività in seno alla comunità italo-americana di quella città per procurarsi appoggi.

Nell’agosto 1976 due esponenti di rilievo della comunità italo-americana, Philip Guarino, legato alla massoneria internazionale, e l’avv. Paul Rao, si recarono in Italia dove incontrarono, nello stesso giorno, prima il Presidente del Consiglio dei Ministri on. Andreotti, e poi il Maestro venerabile della Loggia Massonica P 2, Licio Gelli, al fine di caldeggiare la posizione di Sindona con riferimento alla procedura di estradizione in corso.

Nel dicembre 1976 i legali del Sindona, allo scopo di contrastarne l’estradizione, presentarono all’autorità giudiziaria statunitense una serie di dichiarazioni giurate (affidavit) sottoscritte da importanti personaggi come Carmelo Spagnuolo, Edgardo Sogno, Licio Gelli, John Mc Caffery, Philip Guarino, Flavio Orlandi, Francesco Bellantonio, Stefano Gullo e Anna Bonomi. In alcune di queste dichiarazioni si sosteneva che il Sindona era perseguitato dalla giustizia italiana perché anticomunista, e che il suo rientro in Italia avrebbe avuto come conseguenza un processo ingiusto.

A partire dal 1976 il Sindona ed i suoi legali elaborarono una serie di "progetti di sistemazione" che si proponevano la chiusura indolore della liquidazione coatta amministrativa e, di conseguenza, il venir meno della dichiarazione di insolvenza, la revoca del mandato di cattura per bancarotta fraudolenta, e la rivitalizzazione della Banca Privata Italiana. Il risultato finale di tale sistemazione sarebbe stato quindi quello di consentire al Sindona di ritornare liberamente in Italia e riprendere le sue posizioni di grande operatore bancario e finanziario.

Giudizi variamente negativi sulla praticabilità dei progetti di sistemazione furono espressi dal commissario liquidatore della Banca Privata Italiana avv. Giorgio Ambrosoli, dal dirigente del Servizio di Vigilanza della Banca d’Italia dott. Mario Sarcinelli, dal Presidente di Mediobanca dott. Enrico Cuccia, dall’amministratore delegato della Banca Commerciale Italiana dott. Francesco Cingano, dal Direttore Generale della Banca d’Italia dott. Carlo Azeglio Ciampi, dall’amministratore delegato del Credito Italiano dott. Rondelli.

Nonostante l’oggettiva inaccettabilità dei progetti di sistemazione, il Sindona ed i suoi collaboratori (in particolare l’avv. Guzzi) svolsero per anni un’attività instancabile diretta a promuoverne il buon esito, cercando l’appoggio degli ambienti più disparati, quali quello della loggia massonica P2 facente capo a Licio Gelli, quello della finanza legata al Banco Ambrosiano ed al suo presidente Roberto Calvi, quello di organi di stampa disponibili per campagne di sostegno, e quello di un certo mondo politico della capitale, dove personaggi politici di primo piano, come l’on. Giulio Andreotti, il sen. Gaetano Stammati, l’on. Franco Evangelisti e il sen. Amintore Fanfani vennero avvicinati al fine di coinvolgerli nel patrocinio del piano di salvataggio (secondo quanto è stato accertato dalla sentenza n. 20/86 del 18 marzo 1986 della Corte di Assise di Milano).

Nel prendere in esame i comportamenti tenuti dal sen. Andreotti nei confronti del Sindona, occorre premettere che l’imputato si astenne dall’attuare iniziative favorevoli al finanziere siciliano con riferimento ad una operazione che assumeva per costui una particolare importanza: il progettato aumento del capitale della società Finambro (riconducibile al Sindona), che sarebbe dovuto passare, per effetto di una pluralità di deliberazioni intervenute nel 1973, dall’importo di un milione a quello di centosessanta miliardi di lire.

Come si desume dalla deposizione del teste on. Teodori, questo aumento di capitale, necessario al Sindona per procurarsi liquidità sul mercato, non potè attuarsi in quanto il Ministro del Tesoro on. Ugo La Malfa per un lungo periodo non concesse la prescritta autorizzazione, omettendo di convocare il Comitato Interministeriale per il Credito e per il Risparmio proprio allo scopo di impedire un’operazione che riteneva inopportuna in considerazione dello stato di illegalità delle banche sindoniane, emerso dalla documentazione relativa alle ispezioni compiute dalla Banca d’Italia.

L’on. La Malfa mantenne questo atteggiamento intransigente nonostante avesse ricevuto pressioni dal segretario politico della Democrazia Cristiana, on. Fanfani, il quale sollecitava una diversa soluzione.

La mancata concessione dell’autorizzazione all’aumento di capitale della Finambro S.p.A. concorse a determinare la crisi delle banche del Sindona (cfr. la deposizione resa dal teste Teodori all’udienza del 29 aprile 1997).

Nella sua deposizione testimoniale, l’avv. Guzzi ha specificato che la mancata convocazione del Comitato Interministeriale per il Credito e per il Risparmio da parte del Ministro del Tesoro on. La Malfa era dovuta principalmente alla consapevolezza che la Banca d’Italia era orientata in senso positivo con riguardo all’aumento di capitale ed avrebbe quindi potuto esprimere, all’interno del Comitato, il proprio voto in senso favorevole al rilascio della relativa autorizzazione.

Non risulta che, con riguardo all’aumento di capitale della Finambro S.p.A., siano state esercitate dall’on. Andreotti pressioni volte ad agevolare il disegno del Sindona.

Va, peraltro, osservato che l’on. Andreotti, dopo la crisi del secondo governo da lui presieduto, non assunse incarichi ministeriali nel IV governo Rumor (entrato in carica il 7 luglio 1973, e nel quale l’on. La Malfa era Ministro del Tesoro), ma divenne Ministro della Difesa nel V governo Rumor (entrato in carica il 14 marzo 1974) e Ministro del Bilancio e della Programmazione Economica nel IV governo Moro (entrato in carica il 23 novembre 1974, con l’on. La Malfa Vice Presidente del Consiglio).

Nel prosieguo della vicenda, l’imputato in diverse altre occasioni assunse iniziative favorevoli al Sindona, mantenne, per anni, frequenti contatti con i soggetti operanti per conto del finanziere siciliano, e manifestò un reiterato ed intenso interessamento per i suoi più rilevanti problemi, sia di ordine economico sia di ordine giudiziario.

Prima dell’8 Ottobre 1973, l’on. Andreotti incontrò il genero del Sindona, Pier Sandro Magnoni.

Dalla deposizione resa dal sen. Andreotti in data 11 novembre 1981 davanti alla Commissione parlamentare d’inchiesta sul caso Sindona si evince che l’incontro con il Magnoni avvenne su richiesta e con la presenza di un dirigente bancario, il dott. Macchiarella. L’imputato ha così ricostruito il contenuto del colloquio con il Magnoni:

"Lo ricevetti volentieri e, parlando, detti a lui in particolare due consigli. Siccome erano molto agitati in senso polemico per autorizzazioni che ritenevano ingiustamente non date, io (…) suggerii loro di non seguire strade polemiche, ma di cercare invece di spiegare obiettivamente nelle sedi proprie il loro punto di vista e, in particolare, poi, mi soffermai, essendo loro in quel momento al controllo della Società Generale Immobiliare, a dare alcuni suggerimenti. Io non sono un tecnico, ma si tratta di una società che a Roma ha sempre contato qualcosa, e suggerii loro di cercare di popolarizzare l’attività dell’Immobiliare, rilevando cioè che l’Immobiliare non potesse rimanere solo la costruttrice dell’edilizia di lusso, dell’Olgiata e di altri quartieri, ma che era un momento in cui occorreva (…) dare un notevole impulso ad una edilizia accessibile ad un ceto più vasto. Dissi che secondo me questo era giusto. (…) Ripeto che di quel colloquio ricordo con esattezza due cose: la prima è che gli feci il catechismo per indurlo a non seguire i consigli, che pare gli venissero da molti, di fare delle grandi campagne contro il Ministro del Tesoro, contro questo o contro quest’altro (gli dissi: questa non è una strada); la seconda cosa è che, siccome, come romano, a me dava una certa impressione la questione che l’Immobiliare potesse non risanarsi, gli dissi: allargate il vostro campo".

E’ appena il caso di osservare che l’atteggiamento polemico manifestato dal Magnoni per la mancata concessione di autorizzazioni che, a suo dire, avrebbero dovuto essere rilasciate dal Ministro del Tesoro, non poteva che riferirsi, in quel periodo, ai provvedimenti autorizzativi occorrenti per l’aumento del capitale della società Finambro.

Precisi riferimenti all’incontro tra l’on. Andreotti ed il genero del Sindona – con la precisazione che l’imputato aveva dimostrato una benevola attenzione per il gruppo facente capo al finanziere siciliano ed aveva espresso suggerimenti circa la strategia da seguire – sono contenuti in una lettera del Magnoni recante la data dell’8 ottobre 1973.

Il testo della lettera – la cui "velina" venne sequestrata (come ha riferito il teste Novembre) in occasione di una perquisizione eseguita presso lo studio del Sindona ed è stata acquisita in copia all’udienza del 14 aprile 1997 – è di seguito riportato:

Milano, 8 ottobre 1973

Illustre e caro Presidente,

desidero vivamente ringraziarLa per la cortesia usatami in occasione del nostro incontro e in particolare per l'interessamento, la benevolenza e la profonda comprensione che Ella ha voluto dimostrare per il Gruppo che rappresento.

Desidero anche sottolineare che la mia personale, autonoma ed antica ammirazione, non solo nei riguardi della Sua personalità ma anche per l’azione politica da Lei svolta, ha trovato una viva e diretta conferma attraverso la competenza e la peculiare sensibilità umana con cui Ella ha voluto ascoltare i numerosi e diversi problemi che ci riguardano.

La mia profonda impressione su quanto Ella ha voluto suggerirmi riguardo alla strategia che il nostro Gruppo vuole seguire in Italia mi autorizza a pensare di avere con noi, se mi consente, un sincero amico ed un formidabile esperto con cui poter concordare, di volta in volta, le decisioni più importanti che prenderemo.

Personalmente poi, data la mia età e la mia acerba esperienza, è stato motivo di particolare consolazione l’essermi potuto intrattenere con Lei su tanti argomenti e spero quindi che gli stessi possano essere in seguito ripresi con una determinata frequenza.

Le sono quindi particolarmente grato, anche a nome dell’avvocato Sindona, per la simpatia e la stima che Ella ha voluto dimostrare nei nostri confronti: se da una parte questo ci onora, dall’altra ci impegna sempre più a mettere a disposizione del nostro Paese e dei suoi uomini più rappresentativi le nostre umili forze.

Mi creda, con deferente stima e devozione,

Pier Sandro Magnoni

Illustre Presidente

Giulio Andreotti

c/o Centro Studi Lazio

P.za Montecitorio, 115

Roma

Una importante iniziativa favorevole al Sindona realizzata dall’imputato emerge dalla deposizione testimoniale dell’on. Teodori, il quale ha evidenziato che la nomina del dott. Mario Barone a terzo amministratore delegato del Banco di Roma venne "patrocinata da Michele Sindona e appoggiata dall'onorevole Andreotti". Tale nomina, compiuta nel marzo 1974, costituì una innovazione nella struttura societaria del predetto istituto bancario, in cui fino ad allora vi erano stati soltanto due amministratori delegati. La riconducibilità di tale nomina alle pressioni del sen. Andreotti era desumibile dalla deposizione resa, davanti alla Commissione Parlamentare d’inchiesta sul caso Sindona, dal sen. Fanfani, il quale affermò che si doveva riconoscenza all'ex Presidente del Consiglio per avere accettato di rientrare nel Governo Rumor dopo un periodo di assenza. Inoltre, il dott. Carlo Bordoni riferì che in data 31 Marzo 1974 il Sindona, presso il Grand Hotel di Roma, aveva brindato alla nomina del dott. Barone in presenza di quest’ultimo, dopo avere fatto telefonate di ringraziamento all’on. Fanfani ed all’on. Andreotti, al quale aveva detto: "è l'inizio di una collaborazione finanziaria fra il Banco di Roma e il mio gruppo e questo (cioè il dott. Barone) è l'uomo con cui tu dovrai vedertela in futuro". La comunicazione telefonica era avvenuta in presenza del Bordoni (definito dal Teodori come "il numero due del sistema finanziario Sindona").

Anche il teste on. Azzaro, escusso all’udienza del 22 aprile 1998, ha riferito che la nomina del dott. Barone avvenne su indicazione del segretario politico della Democrazia Cristiana on. Fanfani, ha aggiunto: "che fosse amico dell'Onorevole Andreotti era (…) pacifico, che l'Onorevole Andreotti potesse sostenere la nomina di questo Barone mi pare che non ci siano dubbi", ed ha confermato che l’on. Fanfani dichiarò di avere compiuto tale indicazione per premiare l’on. Andreotti.

Lo stesso imputato, nella deposizione resa davanti alla predetta Commissione Parlamentare, pur nel quadro di una ricostruzione riduttiva (ed inequivocabilmente contraddetta da altre risultanze istruttorie) delle ragioni del proprio intervento, ha ammesso di avere pregato il Segretario della Democrazia Cristiana on. Fanfani di attivarsi perché il Barone non fosse pretermesso rispetto ad altri candidati e venisse pertanto nominato terzo amministratore delegato del Banco di Roma, ed ha evidenziato il proprio rapporto di amicizia con il Barone, dichiarando quanto segue:

"Conosco Mario Barone da quando eravamo insieme nell’esecutivo dei gruppi giovanili della democrazia cristiana. (…) Ho conservato sempre con lui un’amicizia. Mi sono abbastanza divertito quando ho visto nei giornali che, per un interessamento – di cui dico – nei confronti di Barone, io mi ero attivato perché Sindona mi aveva presentato Barone. Io con Barone (…) non solo sono stato nell’esecutivo, ma sono rimasto in amicizia, ed è uno dei pochi a cui ho fatto da testimone al suo matrimonio, al matrimonio di sua figlia, al matrimonio di suo figlio. (…) Quando Mario Barone mi parlò, nel momento in cui c’erano dei movimenti di amministratori che dovevano essere nominati al Banco di Roma, venne ad esprimermi la sua amarezza perché egli sapeva che lo stavano scavalcando con persone (…) che avevano un’anzianità di banca molto minore (…), e Mario Barone, da tutti coloro dai quali ne sentivo sempre parlare (…) lo sentivo elogiare moltissimo (…) io intervenni su Petrilli e Veronese, e pregai anche la segreteria del mio partito di intervenire perché teoricamente i partiti non si occupano di queste cose, però praticamente mi pare che se ne occupino, ma con questa precisa impostazione: che io non desideravo che Mario Barone fosse scavalcato nei confronti di altri che avevano titoli inferiori al suo; siccome c’era stata una certa elasticità nella storia del Banco di Roma, nel senso di poter avere due o tre amministratori delegati, potevano benissimo risolvere la questione senza far danno a nessuno (…). Così fu stabilito (…). La mia attività per sollecitare da Petrilli e da Veronese che non si compiesse un’ingiustizia era mossa non da motivi di partito, ma da conoscenza personale e dalla valutazione delle doti del dottor Mario Barone. (…) Come ho detto prima, il mio intervento presso l’onorevole Fanfani non era affatto motivato da questioni di schieramenti politici. (…) Che poi Fanfani prendesse sul serio una cosa da me richiesta, a me fa piacere. Non vi è però una ragione di carattere politico, di partito, che fosse a sostegno della mia richiesta, perché ritengo (…) che a certi livelli la professionalità debba essere il punto primo per muoversi".

L’avv. Guzzi, nella sua deposizione testimoniale, ha dichiarato di avere appreso dal Sindona che la nomina del Barone ad amministratore delegato era stata compiuta "appositamente per risolvere la questione di Sindona".

Il teste M.llo Novembre ha dichiarato che l'avvocato Tommaso Rubbi (capo dell’ufficio Legale del Banco di Roma, con il quale egli era spesso in contatto per motivi di lavoro) gli disse più volte che l’on. Andreotti era "il referente politico" dell’avv. Barone.

Inoltre, il teste Novembre - premesso di avere accertato che la somma di £.2.000.000.000 rientrante nelle riserve occulte delle banche di Sindona era stata allocata su tre libretti al portatore a disposizione della Direzione (denominati, rispettivamente, Lavaredo, Rumenia e Primavera) ed era stata riscossa dal dott. Silvano Pontello (addetto alla Vice Presidenza della Banca Privata Finanziaria), il quale riferì di averla consegnata all'onorevole Micheli, allora segretario amministrativo della Democrazia Cristiana - ha dichiarato di avere appreso dall'avv. Rubbi che la dazione di questo importo pecuniario alla Democrazia Cristiana costituiva "un compenso per la nomina dell'avvocato Barone ad amministratore delegato".

Quest’ultima indicazione non appare, però, dotata di sufficiente certezza. Il teste ha infatti aggiunto che una diversa tesi era sostenuta dall’avv. Ambrosoli, il quale affermava che si era trattato di un finanziamento per la campagna referendaria relativa all’abrogazione della legge sul divorzio.

Il M.llo Novembre ha, altresì, specificato che in seguito il Sindona asserì di avere chiesto la restituzione della predetta somma. Un’analoga spiegazione fu offerta dall’on. Micheli, il quale – secondo quanto ha riferito il teste on. Azzaro – considerava tale somma un prestito.

Quale che fosse la ragione giustificativa del finanziamento alla Democrazia Cristiana, l’esame delle suindicate deposizioni consente di affermare con certezza che:

In effetti, il Barone, dopo essere stato nominato amministratore delegato del Banco di Roma, esplicò un importante intervento favorevole al Sindona.

Il teste on. Teodori ha infatti precisato che il Sindona, in un periodo nel quale le sue banche si trovavano in una situazione di difficoltà, ottenne dal Banco di Roma un prestito dell’importo di cento milioni di dollari. Tale prestito transitò attraverso il Banco di Roma-Nassau (filiale dipendente dal Banco di Roma, con sede in un "paradiso fiscale"), fu firmato dal dott. Barone come responsabile del Settore Esteri dell’Istituto di credito, e – secondo le valutazioni dell’Ufficio Italiano Cambi – fu effettuato con procedure illegittime per la mancanza di autorizzazione preventiva. Il commissario liquidatore della Banca Privata Italiana, avv. Ambrosoli, nella sua relazione, scrisse: "sorprende e addolora che 100 milioni di dollari sono stati spesi da un'azienda pubblica quale il Banco di Roma che operava tramite la sua consociata di Nassau, quasi per nulla".

Anche il teste M.llo Novembre ha riferito che nella primavera del 1974, quando era apparsa evidente la carenza di liquidità delle banche facenti capo al finanziere siciliano (carenza dovuta al mancato rilascio dell’autorizzazione per l’aumento di capitale della società Finambro, ed alla natura fiduciaria di parte dei depositi), il Sindona ed i dirigenti delle banche chiesero un finanziamento al Banco di Roma. Il finanziamento, nella misura di cento milioni di dollari, venne deliberato ed erogato con grande velocità attraverso una consociata estera del Banco di Roma, il Banco di Roma-Nassau, del cui Consiglio di Amministrazione faceva parte il dott. Barone (quale consigliere di amministrazione e responsabile per il Settore Estero del Banco di Roma).

Sempre nel 1974, il Banco di Roma realizzò un tentativo di salvataggio della Banca Privata Italiana, come si desume dalla deposizione testimoniale dell’avv. Guzzi. Questo progetto, secondo cui il Banco di Roma avrebbe dovuto rilevare la Banca Privata Italiana, la Società Generale Immobiliare e la Finabank, fallì in quanto in data 11 Settembre 1974 il Presidente dell'I.R.I. (che era l’azionista di maggioranza del Banco di Roma), Petrilli, espresse parere negativo. Il teste Guzzi ha specificato che in questa occasione si manifestò un contrasto tra l’on. Andreotti - impegnato, attraverso il dott. Barone, nel salvataggio della banca del Sindona – e il sen. Fanfani, alla cui corrente apparteneva il Petrilli. A seguito di ciò, la Banca Privata Italiana venne posta in liquidazione coatta amministrativa.

L’on. Teodori, nella sua deposizione testimoniale, dopo avere evidenziato che all’interno del Banco di Roma gli interessi del Sindona erano sostenuti dal dott. Barone, ha aggiunto che il Sindona negli anni 1975-1978 si rivolse, per realizzare i suoi progetti di sistemazione finanziaria, all’ing. Fortunato Federici, il quale in quel periodo rivestiva la carica di consigliere di amministrazione del medesimo istituto bancario ed era in costante rapporto con il sen. Andreotti.

Il ruolo assunto dall’ing. Federici nella vicenda in questione è stato ulteriormente delineato dall’avv. Guzzi.

Dalla deposizione del Guzzi si desume che l’ing. Federici (importante costruttore il quale era una "persona molto vicina ad Andreotti", era "un sostenitore della corrente andreottiana", e ricopriva, in quel periodo, le cariche di Vice Presidente e componente del comitato esecutivo del Banco di Roma) "all'inizio del 1976 comparve sullo scenario della vicenda Sindona". L’ing. Federici si incontrò ripetutamente con il Sindona e fino al luglio 1978 mantenne direttamente i contatti tra quest’ultimo ed il sen. Andreotti, godendo della fiducia di entrambi. Il Federici riceveva dal Sindona o dai suoi difensori informative sull’andamento della situazione generale e della situazione processuale del finanziere siciliano, e quindi riferiva sul punto al sen. Andreotti.

L’ing. Federici e il dott. Barone, insieme ad altri soggetti (tra cui l’uomo d’affari Roberto Memmo), negli anni 1976 e 1977 si interessarono del "Progetto interdipendente tra la Società Generale Immobiliare e la Banca Privata Italiana", un progetto di salvataggio elaborato dal collegio difensivo del Sindona e voluto dallo stesso finanziere siciliano.

L’avv. Guzzi ha inoltre riferito che il 23 agosto 1976, intorno a mezzogiorno o nel primo pomeriggio, accompagnò due componenti della comunità italo-americana, Philip Guarino (soggetto appartenente alla massoneria, il quale svolgeva compiti di direzione ed organizzazione della propaganda del Partito Repubblicano americano) e Paul Rao (figlio di un alto magistrato italo-americano) presso il Centro Studi con sede a Roma in Piazza Montecitorio, dove essi avevano un appuntamento con il sen. Andreotti. L’arrivo del Guarino e del Rao era stato preannunziato al Guzzi dal Sindona, il quale li aveva qualificati come suoi amici, gli aveva comunicato che essi avevano un appuntamento con il predetto esponente politico, e lo aveva pregato di accompagnarli dal sen. Andreotti.

Il sen. Andreotti ricevette il Guarino ed il Rao. Vi fu uno scambio di abbracci e di saluti da cui l’avv. Guzzi trasse il convincimento che i soggetti in questione già si conoscessero. Dopo il colloquio (cui il teste non prese parte), l’avv. Guzzi accompagnò il Guarino ed il Rao presso l’albergo Parco dei Principi; il Guarino ed il Rao gli dissero che erano molto soddisfatti perché il sen. Andreotti aveva assicurato un suo interessamento per quanto riguardava l'estradizione, e gli comunicarono che doveva arrivare da Arezzo Licio Gelli.

Nel suddetto albergo, intorno alle ore 22 dello stesso giorno, il Guarino ed il Rao, insieme al Guzzi, si incontrarono quindi con il Gelli, al quale parlarono del loro colloquio con l'on. Andreotti, specificando "che erano usciti soddisfatti da questa riunione perché sostanzialmente il presidente aveva assicurato il suo interessamento" (v. le dichiarazioni rese dal teste Guzzi all’udienza del 15 aprile 1997).

Il contenuto del colloquio è stato ricostruito in senso riduttivo dal sen. Andreotti nella deposizione resa davanti alla predetta Commissione Parlamentare. In questa sede, infatti, il sen. Andreotti ha dichiarato quanto segue:

"Naturalmente vi era una tesi (…) che circolava (probabilmente lo stesso Sindona creava le origini di questa tesi) cioè che vi fosse un complotto, non so se politico o economico o politico ed economico-finanziario, che aveva provocato (…) il dissesto (…). La stessa opinione, anzi piuttosto accentuata su un piano di carattere politico, qualche volta mi fu espressa da qualche americano (…). Cito il caso di due italo-americani che venivano a Roma di tanto in tanto e che, quando venivano a Roma, venivano a trovare me, come, credo, venissero a trovare molta gente: il signor Guarino, che era uno dei dirigenti del partito repubblicano, e il dottor Rao, di cui conoscevo il padre, che era presidente di una delle corti di New York. Venuti una volta, anzi due volte, una volta insieme, una volta Guarino a distanza di tempo, parlando di altre cose, venuti a salutarmi, non venuti per questo, mi espressero questa loro opinione a cui io dissi che certamente in Italia uno può avere amici e nemici, anche di carattere politico, e che, però, la procedura che si svolgeva nei confronti delle attività del dottor Sindona era una procedura del tutto regolare, che non c’era nessun linciaggio, nessuna fretta da parte dell’amministrazione giudiziaria, che stava esaminando con la cura dovuta – ritenevo – quella che era la posizione. (…) Intanto il colloquio con il Guarino ed il Rao riguardò Sindona penso per cinque minuti, il resto riguardò, così, le situazioni. (…) non è che loro vennero per parlare di Sindona; mi domandarono ed io dissi loro che non c’era persecuzione politica e che io mi auguravo che le cose fossero chiarite, perchè di Sindona avevo l’opinione che ho detto prima e questo (…) fino a che un magistrato non ci dice, o la vostra Commissione, che le situazioni sono diverse io non avevo delle ragioni … Quindi dissi delle parole di cortesia, ma specialmente per sfatare che vi fosse questa persecuzione di carattere politico (…). Certamente non mi chiesero di fare interventi di alcuna natura".

La versione fornita dal sen. Andreotti circa la posizione da lui assunta nel colloquio con il Guarino ed il Rao non può ritenersi credibile, in quanto è contraddetta inequivocabilmente dal contenuto delle successive affermazioni compiute dai predetti interlocutori in presenza dell’avv. Guzzi e del Gelli.

Dalle dichiarazioni del sen. Andreotti emerge, comunque, che in seguito egli incontrò nuovamente il Guarino, il quale ebbe ad esporgli un convincimento uguale a quello già manifestatogli nella suddetta occasione in merito alle vicende del Sindona.

Il teste on. Teodori ha evidenziato che il Guarino ed il Rao erano due noti membri della comunità italo-americana di New York.

La documentazione acquisita all’udienza del 20 ottobre 1998 denota che il Guarino era Direttore della Divisione Cittadini Anziani presso il Republican National Comittee (Comitato Nazionale Repubblicano).

Dalla deposizione testimoniale del M.llo Novembre si desume che il Guarino sottoscrisse una dichiarazione giurata (affidavit) presentata in favore del Sindona nell’ambito del procedimento estradizionale, nella quale specificò di essersi recato in Italia e di avere incontrato due volte un alto esponente della politica, con grandi responsabilità nel Governo italiano, di cui non faceva il nome. Il M.llo Novembre e l’avv. Ambrosoli, dopo avere preso visione della dichiarazione, ritennero di identificare nell’on. Andreotti l’esponente politico incontrato dal Guarino.

Accenni al "Progetto interdipendente tra la Società Generale Immobiliare e la Banca Privata Italiana" ed all’incontro con il Guarino ed il Rao sono contenuti nella seguente lettera del Sindona, recante la data del 28 settembre1976 (documento n. 69, prodotto dal P.M.):

28 settembre 1976

Illustre e caro Presidente,

nel momento più difficile della mia vita sento il bisogno di rivolgermi direttamente a Lei per ringraziarLa dei rinnovati sentimenti di stima che Ella ha recentemente manifestato a comuni amici e per esporLe, proprio in considerazione dell’interessamento de Lei mostrato alle note vicende, la drammatica situazione in cui mi sono venuto a trovare insieme ai miei familiari. Il procedimento di estradizione, dietro evidenti pressioni dei giudici italiani che continuano le indagini istituite sulla base di una preconcetta e preordinata mia colpevolezza, ha ormai preso l’avvio. La pesante cauzione imposta a me ed ai miei familiari ha esaurito le fonti di finanziamento che avrebbero dovuto consentire la continuità della mia difesa.

Certamente, nonostante l’assistenza amichevole e competente dei miei legali, il procedimento seguirà il suo corso fino alla sua conclusione che si prevede a breve scadenza per la pressione esercitata quotidianamente dalle autorità italiane.

La mia difesa, come può immaginare, avrà due punti di appoggio: quello giuridico e quello politico. In un primo momento saranno esposti con competenza e serietà gli argomenti giuridici, ma subito dopo sarò costretto mio malgrado a presentare, per capovolgere a mio favore la situazione, i reali motivi per cui è stato emesso a mio carico un ingiusto mandato di cattura, farò cioè presente, con opportune documentazioni, che sono stato messo in questa situazione per volontà di persone e gruppi politici a Lei noti, che mi hanno combattuto perché sapevano che combattendo me avrebbero danneggiato altri gruppi a cui io avevo dato appoggi con tangibili ed ufficiali interventi.

Ho dovuto constatare purtroppo che gli sforzi dei pochi autorevoli amici rimastimi e dei miei legali hanno trovato spesso ostacoli durissimi, ed è difficile prevedere, così continuando, una conclusione a breve scadenza delle trattative in corso. E ciò è tanto più incomprensibile ed ingiustificabile quando si pensa che si tratta soltanto di formalizzare accordi già discussi ed in linea di massima raggiunti sin dal mese di settembre 1974 con il Banco di Roma.

Ulteriori perdite di tempo potrebbero, oltre che essere dannose per ciò che ho detto in merito all’estradizione, compromettere definitivamente la possibilità o la convenienza di tali accordi. Mi riferisco in modo particolare ai termini processuali del giudizio di opposizione della sentenza dichiarativa dello stato di insolvenza, al giudizio avanti il TAR del Lazio per l’annullamento del decreto del Ministro del Tesoro e delle procedure intentate contro la Capisec e la Finambro e ai termini di prescrizione o di decadenza di talune azioni che dovrei iniziare per una più completa difesa dei miei interessi. Perché le azioni intraprese siano sostanzialmente valide e determinanti, è cioè perché esse portino a rendermi quella giustizia che merito, è assolutamente indispensabile che si pervenga alla revoca dello stato di insolvenza e della liquidazione coatta della Banca Privata Italiana: presupposti necessari per l’estinzione dei capi di imputazione relativi ai presunti reati fallimentari.

Le proposte di accordo discusse con il Banco di Roma prevedono anche l’attuazione di operazioni tecniche necessarie al raggiungimento dello scopo che ci siamo prefissi. L’avv. Rodolfo Guzzi, che come sa segue le trattative in corso e mi rappresenta per il raggiungimento dell’accordo, è a Sua completa disposizione per illustrarLe in tutti i particolari le azioni che bisogna intraprendere e le volontà che bisogna far incontrare per chiudere una pagina di gravi ingiustizie. Tali accordi d’altra parte non solo sistemerebbero la Banca Privata Italiana, dando la meritata soddisfazione a tanti piccoli azionisti che hanno riposto fiducia in un sano gruppo privato prima e nelle dichiarazioni del Banco di Roma poi, ma darebbero anche a quest’ultimo Istituto di credito la tranquillità necessaria ad operare in campo nazionale ed internazionale senza le gravi preoccupazioni per i rischi a cui andrebbero incontro se l’azione giudiziaria intrapresa dovesse continuare fino in fondo.

So e sono convinto che Ella ha già fatto ogni sforzo per agevolare la soluzione del problema della Società Generale Immobiliare, e con essa la soluzione del mio problema. La sistemazione, di per sé, di questa società non migliora purtroppo assolutamente la mia posizione di accusato, ma può forse togliermi dei seri mezzi di attacco che io ho nei confronti della controparte. Tale sistemazione è per me valida soltanto se attuata contemporaneamente a quella della Banca Privata Italiana. Ho il dubbio che non sia stata esaminata la situazione nel suo reale e concreto aspetto, ed è per ciò che insisto nella preghiera di consentire a Guzzi una diretta esposizione di una completa analisi della situazione.

Le chiedo infinite scuse per averLa disturbata con questi miei problemi in un momento in cui Ella è particolarmente occupata nel governo del nostro paese. L’ho fatto sia perché so che Ella si è costantemente e benevolmente interessata a questa mia situazione, sia perché ritengo che la chiusura di situazioni difficili e complesse che coinvolgono anche enti o istituzioni di stato possa, nell’interesse della collettività e del Paese, starLe a cuore.

Gradisca, La prego, i miei più cordiali e devoti saluti.

Michele Sindona

Illustre Onorevole

Giulio Andreotti

Presidente

Consiglio dei Ministri

Roma

Diversi passaggi della lettera indirizzata dal Sindona all’on. Andreotti risultano particolarmente significativi per ricostruire le relazioni intercorse tra il mittente ed il destinatario.

Il riferimento ai "comuni amici" cui l’esponente politico aveva recentemente manifestato la propria stima per il finanziere siciliano riguarda – come ha chiarito l’avv. Guzzi nella sua deposizione testimoniale - Philip Guarino e Paul Rao, i quali nel corso del mese precedente avevano incontrato l’on. Andreotti ed erano rimasti molto soddisfatti in quanto quest’ultimo (che allora ricopriva la carica di Presidente del Consiglio dei Ministri) aveva assicurato il proprio interessamento in merito all’estradizione del Sindona.

Non a caso, subito dopo il riferimento ai "comuni amici" ed al loro colloquio con l’on. Andreotti, nella lettera viene trattata la problematica relativa al procedimento di estradizione, specificando che l’esposizione della "drammatica situazione" si riconnette all’interessamento mostrato dall’on. Andreotti per le "note vicende".

Dalla lettera emerge con chiarezza l’intento del Sindona di porre a fondamento della propria difesa non solo argomentazioni giuridiche, ma anche motivazioni di natura politica, e di documentare che alla base delle iniziative giudiziarie assunte a suo carico vi era – a suo dire - il disegno perseguito da determinati gruppi politici, i quali avevano esercitato un’azione di contrasto nei suoi confronti per arrecare danno ad altri settori del mondo politico precedentemente appoggiati, con atti concreti, dal finanziere siciliano.

La lettera, inoltre, evidenzia gli obiettivi che assumevano maggiore importanza per il finanziere siciliano:

Nella deposizione resa davanti alla predetta Commissione Parlamentare il sen. Andreotti ha ammesso di avere ricevuto la suindicata lettera del 28 settembre 1976, ma ha sostenuto di non avervi dato risposta.

Nel prosieguo, l’on. Andreotti mostrò di interessarsi sia delle vicende giudiziarie del Sindona, sia della sistemazione della Banca Privata Italiana.

In un primo tempo, l’on. Andreotti apparve "freddo e distaccato" per quanto concerneva i progetti di sistemazione delle banche riconducibili al Sindona, ma disponibile ad interessarsi del procedimento di estradizione.

Al riguardo, occorre premettere che il teste Guzzi ha dichiarato che il Sindona ed il Magnoni individuarono nell’on. Massimo De Carolis (esponente di una corrente di destra della Democrazia Cristiana ed amico del Magnoni) il soggetto che, avendo la possibilità di intrattenersi a colloquio con l’on. Andreotti, era in grado di verificare se quest’ultimo si interessasse o meno delle vicende del finanziere siciliano.

L’avv. Guzzi ha specificato che in data 19 novembre 1976 ricevette una telefonata dall’on. De Carolis, il quale gli comunicò che l'on. Andreotti sembrava "freddo e distaccato" sui piani di sistemazione delle banche, ma disponibile ad un interessamento con riguardo all’estradizione (nell’agenda del 1976 dell’avv. Guzzi, con riferimento al 19 novembre, è contenuta l’annotazione: "De Carolis – G.A. freddo e distaccato si interesserebbe alla estradiz.").

In seguito, tuttavia, l'on. Andreotti si interessò anche dei progetti di sistemazione della Banca Privata Italiana.

L’avv. Guzzi ha riferito che l’ing. Federici gli aveva preannunziato che il 6 aprile 1977 alle ore 9 l’on. Andreotti si sarebbe incontrato con Roberto Calvi (Direttore Generale del Banco Ambrosiano) "per vedere di trovare una soluzione per la Banca Privata Italiana con l'intervento di Calvi". Il Calvi infatti era stato ritenuto la persona idonea a realizzare, nell’ambito del "Progetto interdipendente", il salvataggio della Banca Privata Italiana e della Società Generale Immobiliare, ed aveva manifestato la propria disponibilità. Per questa ragione l’ing. Federici aveva chiesto all’on. Andreotti di incontrare il Calvi. L’avv. Guzzi il 6 aprile 1977 apprese dal Federici che in effetti questo incontro si era rivelato deludente perché l’on. Andreotti attendeva che il Calvi formulasse le sue proposte, e il Calvi attendeva che l’on. Andreotti gli prospettasse le sue richieste ("sostanzialmente Andreotti aspettava che Calvi proponesse, Calvi invece aspettava di sentirsi chiedere"), e quindi l’esponente politico ed il banchiere erano rimasti sulle loro rispettive posizioni. Alle ore 21 dello stesso giorno l’avv. Guzzi comunicò al Sindona l’avvenuto incontro.

Nell’agenda del 1977 dell’avv. Guzzi, acquisita in copia all’udienza del 16 aprile 1997, sono presenti, in relazione alla data del 6 aprile, le seguenti annotazioni: "FF – incontro RC/GA – deludente", e "M.S – riferito incontro RC/GA".

Nella sua deposizione testimoniale, l’avv. Guzzi ha altresì riferito che il Federici gli parlò di un interessamento dell’on. Andreotti con riguardo al procedimento pendente davanti alla Corte di Cassazione per la sospensione del procedimento penale e la revoca del mandato di cattura emesso a carico del Sindona (sul punto, il teste ha specificato: "vi è una telefonata di Federici, il quale mi dice che Andreotti si sta interessando per la questione della Cassazione").

Questo interessamento era stato sollecitato dal Sindona, il quale in una riunione tenuta il 17 febbraio 1977 aveva redatto un memorandum, con cui chiedeva all’on. Andreotti di "portare l’attenzione della Suprema Corte su una pratica che da più parti era vista con estremo disfavore" e lamentava che "non vi erano stati interventi positivi per una soluzione favorevole del procedimento di estradizione". Il memorandum era stato consegnato all’ing. Federici perché lo portasse all’on. Andreotti.

Per il medesimo ricorso alcuni difensori del Sindona presero contatto con i magistrati Domenico Pone, Carmelo Spagnuolo, Angelo Jannuzzi. L’avv. Guzzi incontrò a casa di Roberto Memmo il dott. Spagnuolo ed il dott. Pone, i quali avrebbero dovuto "interessarsi per vedere che il ricorso in Cassazione fosse favorevolmente considerato". Al dott. Pone, l’avv. Guzzi consegnò copia di alcuni atti giudiziari (il ricorso e la memoria).

La Corte di Cassazione, tuttavia, respinse il ricorso del Sindona.

Dopo la decisione negativa della Corte di Cassazione, il Sindona convocò a New York i propri difensori dal 4 al 9 luglio 1977 per rappresentare loro che la situazione era divenuta insostenibile. Ad una riunione con il Sindona, tenutasi il 9 luglio, presero parte il Magnoni, l’avv. Guzzi, il prof. Gambino, l’avv. Strina e l’ing. Federici. In questa riunione fu predisposto un programma estremamente aggressivo: si decise di esercitare pressioni su esponenti politici, di rivedere la posizione assunta nei confronti del Calvi, di ottenere, tramite la massoneria, la sostituzione del M.llo Novembre, di condurre una energica lotta contro i giudici di Milano. In questa fase, il dott. Spagnuolo avrebbe dovuto influire maggiormente sui magistrati di Milano e di Roma.

Per quanto riguarda le pressioni da esercitare nei confronti di uomini politici, l’avv. Guzzi ha precisato che i contatti tenuti dall’ing. Federici furono indirizzati soprattutto verso l’on. Andreotti e verso il sen. Fanfani, attraverso l’avv. Bucciante.

L’avv. Guzzi ha riferito di avere appreso dall’ing. Federici e dal prof. Gambino che nel luglio 1977, in un incontro che costoro avevano avuto con l'on. Andreotti, si parlò di un intervento che aveva come destinatari i congressmen (membri del Congresso) americani Rodinò e Murphy ed era stato richiesto dal congressman Mario Biaggi al fine di coagulare la volontà della comunità italo-americana in relazione all’estradizione.

Il medesimo teste ha evidenziato il collegamento tra questa discussione ed il contenuto di due memorandum, che erano stati consegnati all’ing. Federici nel corso di una riunione con il Sindona (alla quale l’avv. Guzzi non aveva partecipato) e che riguardavano rispettivamente la sistemazione della Banca Privata Italiana e della Società Generale Immobiliare, e lo stato del procedimento di estradizione.

L’esistenza del memorandum concernente l’estradizione è stata confermata dal teste on. Gustavo Minervini nella deposizione resa all’udienza del 13 maggio 1997. L’on. Minervini ha infatti riferito che vi era un memorandum nel quale si metteva in rilievo che solo un intervento positivo delle Autorità Italiane avrebbe potuto evitare l'estradizione, e si aggiungeva, con chiaro riferimento al destinatario (che era l’on. Andreotti), che lo stesso, nell'occasione di un incontro, nella terza decade del mese di luglio, con personalità americane e con l'ambasciatore Gaja, avrebbe dovuto spendere qualche parola a sostegno del Sindona, come del resto aveva sempre fatto, al fine almeno di non nuocere in un ambiente che stimava e sosteneva Sindona. Il teste ha precisato che a margine del memorandum vi era un’annotazione secondo cui il documento era stato consegnato il 12 luglio 1977 a G.A., F.F. e A.G. (sigle, queste, che, alla luce delle dichiarazioni dell’avv. Guzzi sono inequivocabilmente riferibili al prof. Agostino Gambino, all’ing. Fortunato Federici ed all’on. Giulio Andreotti).

In proposito, l’avv. Guzzi ha specificato che, nel corso del confronto svoltosi davanti alla Commissione parlamentare d’inchiesta sul caso Sindona, l'on. Andreotti aveva sostenuto di avere ricevuto soltanto il memorandum sulla "sistemazione" della Banca Privata Italiana e non anche quello riguardante l’estradizione. Tuttavia, come ha osservato l’avv. Guzzi, l’assunto secondo cui l’ing. Federici ed il prof. Gambino non avrebbero consegnato all’on. Andreotti il secondo memorandum si poneva in contrasto con la circostanza che, nell’incontro con il medesimo esponente politico, si era parlato del suggerimento del Biaggi di "coagulare una volontà della comunità italo-americana" coinvolgendo il Rodinò ed il Murphy.

Dalla deposizione testimoniale dell’avv. Guzzi si desume, poi, che, essendo naufragato intorno al settembre 1977, a causa del dissenso di Licio Gelli e Umberto Ortolani, il "Progetto interdipendente tra la Società Generale Immobiliare e la Banca Privata Italiana", il collegio difensivo del Sindona studiò un nuovo progetto di salvataggio, denominato "giroconto Capisec", il quale venne avviato all’inizio del 1978.

L’ing. Federici, su richiesta dell’on. Andreotti, ed il Sindona ritennero di prendere contatto con il sen. Fanfani allo scopo di ottenere il suo appoggio per questo nuovo progetto di sistemazione. Ciò avvenne attraverso l’avv. Giuseppe Bucciante (che era "la persona di fiducia di Amintore Fanfani").

L’ing. Federici, dopo alcuni contatti preliminari con l’avv. Bucciante, chiese, insieme a lui, un incontro all’avv. Ambrosoli, per rappresentare a quest’ultimo "la volontà politica di sistemare la posizione della banca privata italiana". Al riguardo, il teste Guzzi ha chiarito che l’ing. Federici agiva in rappresentanza dell’on. Andreotti, ed ha aggiunto che l’incontro tra l’ing. Federici, l’avv. Bucciante e l’avv. Ambrosoli si svolse nell’aprile o nel maggio del 1978.

Il teste fu informato dell’incontro sia dall’ing. Federici e dall’avv. Bucciante, sia, in un momento successivo, dall’avv. Ambrosoli, il quale rivolse all’avv. Guzzi - quando quest’ultimo gli parlò del progetto di sistemazione - il seguente invito: "avvocato non venga a fare i soliti discorsi politici come in precedenza hanno fatto Bucciante e Federici".

Dei progetti di salvataggio della Banca Privata Italiana, l’avv. Ambrosoli parlò con il M.llo Novembre.

Quest’ultimo, nel corso dell’esame dibattimentale, ha specificato che l’avv. Ambrosoli assunse sempre un atteggiamento di chiusura nei confronti dei progetti di salvataggio, perché, a suo avviso, la massa creditoria non ne avrebbe tratto alcun beneficio, e le finanze pubbliche sarebbero state gravate di un onere pari a circa 250 miliardi di lire.

L’Avv. Ambrosoli riferì al M.llo Novembre che i progetti di salvataggio "stavano a cuore anche a personalità politiche", ed in particolare all’on. Andreotti ed al sen. Fanfani.

Il teste Novembre ha ricordato di avere appreso dall’avv. Ambrosoli che l’ing. Federici e l’avv. Bucciante, forse accompagnati dall’avv. Guzzi, avevano avuto un colloquio con il Commissario liquidatore presso la sede della Banca Privata Italiana, avevano insistito perché venissero accolti i progetti in questione, ed avevano affermato che il salvataggio della Banca Privata Italiana stava a cuore ai predetti esponenti politici.

L’avv. Ambrosoli aveva avuto altri colloqui di analogo contenuto con l’ing. Federici e l’avv. Guzzi, nonché con il Magnoni.

L’avv. Ambrosoli rilevava quindi che venivano esercitate pressioni su di lui per convincerlo ad esprimere parere favorevole, nonostante egli fosse notoriamente contrario.

Il teste Novembre ha, poi, chiarito che i progetti di salvataggio ebbero inizio nel 1976 e proseguirono negli anni successivi, anche dopo il luglio 1979.

L’interessamento dell’on. Andreotti per il salvataggio della Banca Privata Italiana continuò anche dopo il decesso dell’ing. Federici.

In proposito, l’avv. Guzzi ha evidenziato che l’ing. Federici, il quale aveva mantenuto direttamente i contatti con l'on. Andreotti dal 1976 al luglio 1978, nell’estate del 1978 fu colpito da una malattia incurabile, e morì alla fine del mese di agosto.

Nel luglio 1978 ebbe quindi inizio una serie di incontri tra l’avv. Guzzi e l'on. Andreotti, che – come si evince dalla deposizione testimoniale del Guzzi e dall’esame delle sue agende (acquisite in copia all’udienza del 16 aprile 1997) – si svolsero nelle seguenti date:

Gli incontri del 25 luglio 1978, del 5 ottobre 1978, dell’8 gennaio 1979, del 23 febbraio 1979, del 22 marzo 1979, del 5 settembre 1979 trovano puntuale riscontro nelle annotazioni contenute nelle agende del sen. Andreotti.

L’avv. Guzzi ha precisato che tutti i suoi incontri con l'on. Andreotti ebbero luogo presso il Centro Studi sito a Roma in Piazza di Montecitorio, tranne quello del 5 ottobre 1978, che si svolse a Palazzo Chigi.

Il teste ha aggiunto di avere avuto tre conversazioni telefoniche direttamente con il sen. Andreotti.

L’avv. Guzzi ha così descritto l’oggetto dell’incontro svoltosi il 25 luglio 1978 (alle ore 10, secondo quanto si desume dall’agenda dell’imputato): "attiene praticamente ad una panoramica della situazione generale (…) di Michele Sindona. (…) Cioè si trattava di vedere di portare avanti il discorso del progetto di salvataggio che era all'epoca il problema più importante e un aggiornamento anche sulle cause civili che erano ancora pendenti davanti ai vari Tribunali o Corti d'Appello (vedi Roma, vedi Milano…)". In questa occasione, l’avv. Guzzi prospettò la possibilità del salvataggio della Banca Privata Italiana, e prese nuovamente in esame quanto era già stato rappresentato dall’ing. Federici all’on. Andreotti. Quest’ultimo, attraverso le notizie fornitegli dall’ing. Federici, era già al corrente del piano di salvataggio.

L’avv. Guzzi ha chiarito che i suoi colloqui con l'on. Andreotti si svilupparono sempre su due linee, e cioè "quella della posizione della Banca Privata Italiana (…) e quella della posizione personale di Sindona con i vari procedimenti, che erano procedimenti (…) e di carattere civilistico e di carattere penalistico".

Dalla deposizione testimoniale dell’avv. Guzzi si desumono le modalità dell’interessamento manifestato dall’on. Andreotti nella seconda metà del 1978, dopo che il legale del Sindona gli aveva esposto il secondo progetto di sistemazione della liquidazione della Banca Privata Italiana (cioè il "giroconto Capisec").

Poiché occorreva risolvere alcuni problemi tecnici connessi a tale progetto, l'on. Andreotti segnalò all’avv. Guzzi il sen. Gaetano Stammati (allora Ministro dei Lavori Pubblici) come "persona idonea a seguire questo aspetto tecnico". L’avv. Guzzi quindi si incontrò, presso il Ministero dei Lavori Pubblici, con il sen. Stammati, il quale promise che avrebbe studiato le questioni attinenti alla sistemazione della Banca Privata Italiana ed avrebbe nuovamente parlato con lui al rientro dalle ferie.

Dalla sentenza n.20/86 emessa il 18 marzo 1986 dalla Corte di Assise di Milano si desume che l’incontro tra l’avv. Guzzi e il Ministro Stammati avvenne il 3 agosto 1978. Tale indicazione trova conferma nell’annotazione ("Stammati") contenuta nell’agenda dell’avv. Guzzi, con riferimento alla medesima data.

Anche il teste Teodori ha specificato che l'on. Andreotti (allora Presidente del Consiglio) incaricò il sen. Stammati di studiare il progetto di sistemazione della banca del Sindona, di sottoporlo al dott. Francesco Cingano (amministratore delegato della Banca Commerciale), e di interpellare la Banca d’Italia attraverso il Direttore Generale dott. Carlo Azeglio Ciampi; ha esplicitato che questo incarico non risultava da alcun atto ufficiale del Consiglio dei Ministri né da alcun atto amministrativo; ha precisato che "non fu dato un incarico a Stammati in quanto Ministro, ma in quanto fiduciario privato, da parte dell'onorevole Andreotti"; ed ha sottolineato che il sen. Stammati, pur essendo un noto banchiere esperto di questioni finanziarie, nel momento in cui si occupò del progetto di sistemazione ricopriva la carica di Ministro dei Lavori Pubblici e pertanto non era istituzionalmente preposto all’esame della questione.

La circostanza che l'on. Andreotti abbia incaricato il sen. Stammati di esaminare il progetto di salvataggio prospettatogli dall’avv. Guzzi trova conferma nelle dichiarazioni spontanee rese all’udienza del 17 novembre 1998 dallo stesso imputato, il quale ha affermato:

"Morto repentinamente FEDERICI venne l’avvocato Rodolfo GUZZI a presentare un progetto formalizzato di salvataggio della liquidazione coatta. Ricevutolo pregai il Senatore STAMMATI di esaminarlo e solo in caso di un suo parere favorevole lo avrei fatto rimettere agli organi competenti. L’avvocato GUZZI era un noto professionista che gestiva la questione assieme a due importanti colleghi, l’avvocato STRINA allievo di CARNELUTTI e il professore GAMBINO che è stato Ministro in uno dei recenti Governi. Perché affidai il preesame al Ministro dei Lavori Pubblici e non al Ministro del Tesoro? STAMMATI era stato mio Capo Gabinetto e Direttore Generale alle Finanze nel 1955 e più tardi era stato anche Ragioniere Generale dello Stato e Presidente della Banca Commerciale Italiana. La richiesta di avviso era tecnica e non comportava alcuna sollecitazione, laddove la trasmissione al Tesoro poteva sembrare in un certo senso sollecitante".

Come si avrà modo di chiarire nel prosieguo del presente paragrafo, la spiegazione fornita dall’imputato circa le ragioni del conferimento di un simile incarico al sen. Stammati non appare credibile.

Infatti, anche se è vero che il sen. Stammati era effettivamente in possesso di una notevole qualificazione tecnico-scientifica (avendo ricoperto gli incarichi di docente di Scienza delle Finanze, di Ragionere Generale dello Stato e di Presidente della Banca Commerciale Italiana, come ha chiarito l’avv. Guzzi), tuttavia va rilevato che egli era titolare di un dicastero istituzionalmente privo di competenza in ordine alla questione sottopostagli, e che risultava iscritto, al pari del Sindona, nelle liste della loggia P 2 (cfr. il documento n. 69, prodotto dal P.M.).

Dalla deposizione testimoniale dell’avv. Guzzi si desume che, sempre nell’estate del 1978, egli apprese dal Sindona e dal Magnoni che costoro in quel periodo avevano avuto occasione di incontrare l’on. Franco Evangelisti a New York, sulla Quinta Strada, nei pressi dell’Hotel Pierre, dove era ubicato un appartamento di proprietà del finanziere siciliano.

Il Sindona, avendo appreso che il sen. Stammati si sarebbe interessato della questione, manifestò la propria insoddisfazione e telefonò all’avv. Guzzi, invitandolo a mettersi in contatto con l'on. Andreotti per verificare se il progetto di sistemazione avrebbe potuto essere seguito dallo stesso Evangelisti ("perché non senti l'onorevole Andreotti, se può seguire questa questione del progetto di sistemazione Franco Evangelisti").

Nel corso di una conversazione telefonica svoltasi in data 1° settembre 1978, l'on. Andreotti aderì a tale richiesta, e promise all’avv. Guzzi: "va bene, lo dirò anche all'onorevole Franco Evangelisti" (nell’agenda del 1978 dell’avv. Guzzi, con riferimento al 1° settembre, è infatti riscontrabile l’annotazione: "G.A – l’accordo su F.E"). L'on. Andreotti, inoltre, sollecitato dall’avv. Guzzi, gli preannunziò che avrebbe invitato il sen. Stammati a telefonargli ("dirò a Stammati di chiamarLa").

A seguito di ciò, il sen. Stammati telefonò all’avv. Guzzi, senza però raggiungere alcuna precisa conclusione.

L’on. Evangelisti ricevette effettivamente dall’on. Andreotti l’incarico di prendere in esame il progetto di sistemazione della Banca Privata Italiana.

Infatti il 2 settembre 1978 l’avv. Guzzi si recò, per altri motivi, nell’abitazione dell’on. Evangelisti, il quale in questa occasione gli mostrò un memorandum attinente al secondo progetto di sistemazione della Banca Privata Italiana ed un biglietto di accompagnamento che erano stati recapitati dal legale all’on. Andreotti in data 28 luglio 1978. L’on. Evangelisti domandò all’avv. Guzzi: "avvocato conosce questa calligrafia?". L’avv. Guzzi rispose: "sì, è il biglietto che io ho scritto all'onorevole Andreotti". L’on. Evangelisti allora gli spiegò: "Giulio me l'ha passato perché lo esamini".

A seguito di ciò, il 5 settembre 1978 l’on. Evangelisti sottopose il progetto di sistemazione della Banca Privata Italiana al dott. Sarcinelli.

Sul punto, il teste Guzzi ha riferito che nel settembre 1978 l’on. Evangelisti, mentre si trovava a Palazzo Chigi, gli telefonò, comunicandogli: "avvocato, ho di là il "sorcio" ". L’avv. Guzzi gli chiese: "ma chi è il sorcio?". L’on. Evangelisti rispose: "Sarcinelli. Quasi quasi, gli parlo del progetto". L’avv. Guzzi cercò di dissuaderlo, replicando: "no, per carità! Perché questo progetto è un discorso che va prima illustrato e secondo… perché bisogna anche spiegare i vari passaggi e perché siamo arrivati ad una soluzione tecnica di questo genere". L’on. Evangelisti, tuttavia, rimase fermo nel suo proposito, e disse all’avv. Guzzi: "ma io gliene parlo lo stesso".

Successivamente, l’on. Evangelisti riferì all’avv. Guzzi che il dott. Sarcinelli aveva mostrato una completa chiusura.

L’episodio è stato descritto con ricchezza di particolari dal teste dott. Mario Sarcinelli nella deposizione resa all’udienza del 14 maggio 1997.

Il dott. Sarcinelli – dopo avere chiarito che, all’epoca, rivestiva la carica di Vice Direttore Generale della Banca d'Italia e svolgeva compiti di supervisione sui servizi inerenti alla funzione di vigilanza sul sistema creditizio - ha evidenziato che il 5 settembre 1978 si recò a Palazzo Chigi, essendo stato convocato dall’on. Evangelisti (allora Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio).

L’on. Evangelisti fece presente al dott. Sarcinelli che "era stata portata a sua conoscenza una ipotesi di soluzione della vicenda sindoniana che prevedeva sostanzialmente la rivitalizzazione delle banche e (…) l'uscita di scena dello stesso avvocato Sindona", e gli mostrò rapidamente due documenti. Il dott. Sarcinelli replicò che sulla base di una visione così sommaria non gli era possibile esprimere alcun parere, specificò che avrebbe dovuto esaminare e far esaminare con attenzione i documenti, ed aggiunse che una simile soluzione era ipotizzabile solo a condizione che all’Erario venisse rimborsato il costo della liquidazione delle banche del Sindona, pari a circa 250 miliardi di lire (condizione, questa, che rendeva, di fatto, improponibile qualsiasi piano di sistemazione). Alla richiesta del dott. Sarcinelli di disporre, in copia o in originale, dei documenti esibitigli, l’on. Evangelisti rispose di non esservi autorizzato, ed aggiunse che in quel momento il Presidente del Consiglio dei Ministri, on. Andreotti, non si trovava in Italia. L’on. Evangelisti, poi, disse al dott. Sarcinelli che lo avrebbe informato se la questione avesse potuto essere esaminata con le modalità richieste da quest’ultimo.

Alcuni giorni dopo, l’on. Evangelisti telefonò al dott. Sarcinelli per riferirgli "che di quell'argomento non era il caso più di parlare perchè la cosa sembrava caduta".

Il dott. Sarcinelli informò del predetto incontro il Governatore della Banca d’Italia, prof. Paolo Baffi, il quale appariva preoccupato nel constatare il progressivo sviluppo dei tentativi di salvataggio delle banche del Sindona.

La preoccupazione del prof. Baffi, condivisa dal dott. Sarcinelli, nasceva dall’assunto che, se la Banca d’Italia avesse permesso il salvataggio di un bancarottiere con il denaro pubblico, si sarebbe dato un esempio estremamente negativo sia al sistema bancario italiano, sia ai sistemi bancari esteri. Pertanto ogni mossa che potesse far coagulare un movimento di opinione o di forze politiche a favore di un simile salvataggio costituiva motivo di preoccupazione per il Governatore della Banca d’Italia.

Le dichiarazioni rese sull’argomento dal teste Sarcinelli sono di seguito riportate:

SARCINELLI M: Per quanto riguarda (…) l'affare Sindona, debbo dire che io ebbi contatti con l'avvocato Ambrosoli, ma soprattutto vi furono due episodi in cui venni interessato dal Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Onorevole Evangelisti. L'onorevole Evangelisti mi convocò a Palazzo Chigi, dove io mi ero recato a trovarlo per altre questioni, che poi eventualmente potrò illustrare meglio e mi disse che era stata portata a sua conoscenza una ipotesi di soluzione della vicenda sindoniana che prevedeva sostanzialmente la rivitalizzazione delle banche e, diciamo, l'uscita di scena dello stesso avvocato Sindona. Egli mi fece vedere molto rapidamente due documenti, due lettere, ma io dissi che sulla base di una visione così sommaria non ero minimamente in grado di dare alcun parere e risposi che avrei dovuto leggere e far leggere molto attentamente quei documenti. Aggiunsi anche che evidentemente una soluzione di quel genere poteva essere immaginata soltanto se il Pubblico Erario fosse stato rimborsato dei 250 miliardi di lire, che a quell'epoca si calcolava era il costo della liquidazione delle banche sindoniane.

P.M.: Quindi lei fece presente al Sottosegretario Evangelisti che il costo della operazione di rivitalizzazione era dell'ordine di 250 miliardi.SARCINELLI M: Si.

P.M.: Questo lo ricorda con certezza.

SARCINELLI M: Con precisione dissi esplicitamente che lo Stato o comunque le pubbliche casse avrebbero dovuto essere rimborsate del costo che in quel momento si calcolava essere di 250 miliardi. (…) Dianzi alla mia richiesta di ottenere copia o almeno o anche gli originali dei documenti che egli mi aveva mostrato, disse che non era autorizzato a farlo, aggiunse anche che in quel momento il Presidente del Consiglio, non era in Italia, difatti credo che fosse in una visita credo in Libia o comunque all'estero e che mi avrebbe fatto sapere ovviamente se la questione poteva essere esaminata come io avevo richiesto.

P.M.: Il Presidente del Consiglio dell'epoca chi era?

SARCINELLI M: Il Presidente del Consiglio era l'onorevole, attualmente Senatore a vita, Giulio Andreotti. Alcuni giorni dopo l'onorevole Evangelisti mi telefonò per dirmi che di quell'argomento non era il caso più di parlare perchè la cosa sembrava caduta. Io ringraziai l'onorevole Evangelisti della comunicazione e di quella ipotesi null'altro seppi in maniera diretta.

(…)

P.M.: La data di questo incontro a Palazzo Chigi riesce a ricordarla, sia pure...

SARCINELLI M: L'incontro a Palazzo Chigi purtroppo e... deve essere l'autunno del 1978, però la data precisa non posso...

P.M.: Lei, nell'esame testimoniale che ha reso l'8 Gennaio del '94 alla Procura di Palermo aveva detto: "se mal non ricordo, si trattava del 5 Settembre del 1978". Conferma questo.

SARCINELLI M: Confermo la data.

P.M.: Perchè disse "il primo contatto avvenne per iniziativa dell'Evangelisti, il quale mi convocò a Palazzo Chigi ove io mi recai, se mal non ricordo, il 5 Settembre del '78". E questa era, questo era il primo chiarimento. Secondo chiarimento, l'oggetto di quella convocazione quale era stato, se lei lo ricorda. Direttamente questo di mostrarle quelle bozze, questi documenti o altro?

SARCINELLI M: Beh, la convocazione ovviamente avveniva dicendo ho bisogno di vederla.

P.M.: Ah!

SARCINELLI M: E quindi non c'era assolutamente alcuna specificazione. (…) Mi disse soltanto che aveva urgenza di parlarmi di cosa di una qualche importanza e questo era abbastanza..

P.M.: Quindi le disse aveva urgenza di parlarle di cose di una qualche importanza. E... ricorda un attimo lo sviluppo di questo incontro? (…) Oltre a questo argomento, avete parlato di qualche altro argomento? E se si, di quale.

SARCINELLI M: In quella occasione credo che tutta la, tutta la discussione si concentrò su questo aspetto, di cui l'onorevole Evangelisti, della cui importanza l'onorevole Evangelisti era perfettamente cosciente. Ci si rendeva conto che mettere nel nulla una operazione liquidazione coatta amministrativa era un'operazione di una importanza estrema.

(…)

SARCINELLI M: Ho detto che ero stato convocato dall'onorevole Evangelisti, in maniera generica, dicendo che doveva parlarmi di cosa di grande importanza. Ma durante il colloquio l'onorevole Evangelisti si rese perfettamente conto della importanza della operazione che egli, in qualche modo, mi proponeva o almeno della quale mi parlava.

(…)

P.M.: Ancora un altro chiarimento. Ricorda quanto durò l'incontro?

(…)

SARCINELLI M: In questo momento non sono in grado di specificare cosa, ma certamente questi colloqui non erano molto lunghi, essendo egli persona molto occupata, ma credo che comunque non poté durare meno di una mezz'ora e probabilmente di più.

P.M.: Ancora un altro sforzo di memoria. Ricorda se per caso durante il colloquio l'onorevole Evangelisti si allontanò dalla stanza per qualche motivo, per qualche momento o se fu sempre, o se il colloquio si svolse senza soluzione di continuità?

SARCINELLI M: No, mi sembra che egli non si sia allontanato, mi abbia parlato della, della questione, però sul fatto non sono in grado, non sono... la mia memoria non è in grado di.

(…)

P.M.: (…) Ricevette delle telefonate?

SARCINELLI M: L'onorevole Evangelisti?

P.M.: O ne fece?

SARCINELLI M: Sicuramente non ne fece, il problema di ricevere qualche telefonata è possibile perchè egli era persona di grande (…) rilievo all'interno del Governo e quindi questi colloqui talvolta, ma non mi riferisco a questo, erano proprio interrotti dal fatto che egli aveva bisogno di conferire e comunque di ricevere telefonate.

P.M.: Lei ha già risposto, Presidente, dicendo che alcuni giorni dopo, (…) o comunque qualche tempo dopo l'onorevole Evangelisti le telefonò dicendole che quelle carte, non so, non gliele avrebbe più mandate, quei documenti non c'era più bisogno di mandarli.

SARCINELLI M: L'argomento, l'argomento non era più rilevante.

P.M.: Non era più rilevante.

SARCINELLI M: Evidentemente non mi mandava più le carte.

P.M.: Non le mandava più le carte. Lei ricorda se il Presidente Andreotti era già ritornato dal quel viaggio all'estero, al quale lei ha fatto riferimento?

SARCINELLI M: Ritengo senz'altro di si perchè il viaggio era, fu un viaggio nell'area mediterranea e quindi non molto, non molto lungo.

P.M.: E sul punto vuole cortesemente ripetere, se riesce a richiamare alla sua memoria esattamente le parole? Che cosa le disse l'onorevole Evangelisti relativamente al perchè non poteva consegnarle, non poteva darle quei documenti, quelle lettere che in quel momento le mostrava?

SARCINELLI M: Mah, l'onorevole Evangelisti non addusse una ragione precisa perchè non poteva darmene, mi disse soltanto che non poteva, non me li poteva dare.

P.M.: Lei ha detto non era autorizzato.

SARCINELLI M: Però disse anche.

P.M.: Ha usato il verbo autorizzato

SARCINELLI M: Esatto, non era autorizzato a darmeli.

P.M.: Ecco e vuole ripetere esattamente questa frase.

SARCINELLI M: Ecco.

P.M.: Se riesce a ricordarla meglio.

SARCINELLI M: Dice, non sono autorizzato, e poi aggiunse anche per giunta il Presidente Andreotti non è nemmeno in Italia. Questo è stato affermato e diciamo ... ma non... ma la ragione specifica non... non mi è stata data, non sono in grado di dire se per caso chi glieli aveva fornite le riteneva ancora una bozza troppo preliminare per essere in qualche modo, diciamo, diffusa.

P.M.: Lei cercò di darsi una ragione di questa convocazione che ha detto essere stata sollecitata per (…) un motivo urgente, no? Mi pare che abbia detto mi convocò dicendomi che c'era una qualcosa di urgente.

SARCINELLI M: No, cose importanti.

P.M.: Una cosa importante, ecco.

SARCINELLI M: Un cosa importante.

P.M.: Cioè.

SARCINELLI M: E che fosse importante non c'era dubbio, ecco.

(…)

P.M.: (…) Dottore Sarcinelli lei riferì di questo incontro al Governatore Baffi?

SARCINELLI M: Certamente io informavo il dottor Baffi di tutto ciò che era rilevante ai fini della vigilanza, e questo era un fatto di estrema importanza, avendo io immediatamente detto che, ove si fosse pensato di porre nel nulla la procedura di dichiarazione coatta amministrativa, le pubbliche casse e in effetti la Banca D'Italia avrebbe dovuto essere ristorata di 250 miliardi.

P.M.: Quindi che cosa vi diceste con il Governatore Baffi in ordine a questo incontro, se riesce a richiamarlo alla memoria.

SARCINELLI M: Mah, io informai il dottor Baffi di queste, queste cose ed egli, evidentemente, risultò un pò preoccupato nel vedere che queste cose, diciamo, stavano un pò avanzando, perchè...

P.M.: Scusi, queste cose stavano?

SARCINELLI M: Cioè questi, questi tentativi stavano avanzando perchè di queste cose si parlava nel mondo.

P.M.: Scusi,perchè sta parlando di tentativi, tentativi di che cosa e perchè il Governatore Baffi era preoccupato.

SARCINELLI M: Salvataggio, di salvataggio, di salvataggio delle banche sindoniane.

P.M.: E la preoccupazione del Governatore Baffi da che cosa muoveva?

SARCINELLI M: La... la preoccupazione del Governatore Baffi muoveva dal fatto che se la Banca D'Italia avesse permesso col pubblico denaro il salvataggio di un bancarottiere, l'esempio che sarebbe stato dato sia al sistema bancario italiano, sia ai sistemi bancari esteri, sarebbe stato di una grandissima negatività. Queste erano le preoccupazioni (…) del dottor Baffi, da me perfettamente condivise e quindi ogni mossa che poteva portare a far coagulare un movimento di opinione o di forze politiche in favore di questo salvataggio, certamente lo trovava abbastanza preoccupato.

(…)

BONGIORNO G.: Dalle sue risposte date al P.M., (…) a proposito del famoso incontro con l'onorevole Evangelisti, lei ha detto che esaminò rapidamente due bozze di lettere in cui si proponeva una rivitalizzazione della banca; da quello che ho capito però lei ha detto io non potevo immediatamente esprimere un parere, per cui andai via con una sorta di proposito di esaminare la documentazione che eventualmente mi sarebbe stata trasmessa. E' corretta questa mia interpretazione?

SARCINELLI M: Esatto.

BONGIORNO G.: Quindi non ci fu nell'immediatezza un suo rifiuto di esaminare qualsiasi documento, nell'immediatezza ci fu soltanto una sua risposta momentaneamente non posso esprimere un mio parere.

SARCINELLI M: E' vero, avvocato, però io ho anche aggiunto che misi subito sul tavolo una condizione tale per cui qualsiasi piano di fatto finiva con l'essere irricevibile.

BONGIORNO G.: La condizione era quella dei 250...

SARCINELLI M: Esatto.

BONGIORNO G.: Miliardi.

(…)

BONGIORNO G.: Si. Sempre con riferimento a questo incontro che lei ebbe con l'onorevole Evangelisti, ora le faccio una serie di domande. L'onorevole Evangelisti le disse se era stato, esplicitamente, se era stato convocato lei, su richiesta che aveva fatto all'onorevole Evangelisti il senatore Andreotti allora Presidente del Consiglio?

SARCINELLI M: Il ... questo, assolutamente no, non era abitudine comunque dell'onorevole Evangelisti spendere la parola... la... diciamo...

BONGIORNO G.: Il nome.

SARCINELLI M: La funzione o la presenza del Capo del Governo.

BONGIORNO G.: A me interessa il fatto storico. Allora l'onorevole Evangelisti, nel corso del colloquio, le disse che aveva parlato degli stessi fatti con il Presidente Andreotti?

SARCINELLI M: Ho già detto, avvocato, che l'unica volta in cui in quell'incontro l'onorevole Evangelisti nominò il Presidente Andreotti fu per dire non c'è nemmeno il Presidente Andreotti, che era all'estero, per giustificare il fatto che queste carte gli erano pervenute, che il problema era grossissimo e che quindi egli non si sentiva minimamente a proseguire su una strada del genere, senza eventualmente questo...

BONGIORNO G.: Quindi quella fu l'unica volta in cui fece il nome di Andreotti.

SARCINELLI M: Perfetto.

(…)

BONGIORNO G.: (…) Lei ha avuto modo di esaminare i progetti di salvataggio della Banca Privata Italiana, lei li ha esaminati, li ha letti?

SARCINELLI M: No.

BONGIORNO G.: Non li ha visionati, quindi non ne conosce il contenuto, non sa se in essi era previsto un piano di salvataggio che non creasse problemi alla collettività, ne ha sentito parlare?

SARCINELLI M: No, non mi sono stati trasmessi e non li ho esaminati.

BONGIORNO G.: Dopo questo incontro vi è una telefonata in cui l'onorevole Evangelisti le fa presente, a quanto ho capito, che non le avrebbe più trasmesso i documenti di cui avevate parlato.

SARCINELLI M: Esatto.

BONGIORNO G.: Successivamente, quindi dopo questa telefonata, io le chiedo l'onorevole Evangelisti riaprì in qualche modo il discorso oppure quello fu l'ultimo contatto?

(…)

SARCINELLI M: Ho già specificato che dei 30 contatti tra personali e telefonici soltanto due riguardarono il caso Sindona e sono quelli che lei ha menzionato.

BONGIORNO G.: Di questa questione lei ne parlò mai direttamente con il senatore Andreotti, allora Presidente del Consiglio?

SARCINELLI M: Nel modo più assoluto no.

Il prof. Baffi riportò questi episodi in un diario intitolato "cronaca breve di una vicenda giudiziaria", riferito agli eventi che precedettero e seguirono l’indagine dell’autorità giudiziaria di Roma, che portò alla notificazione di una comunicazione giudiziaria nei confronti dello stesso Governatore della Banca d’Italia ed all’esecuzione di un mandato di cattura nei confronti del dott. Sarcinelli in data 24 marzo 1979 (entrambi furono, però, successivamente assolti da ogni imputazione). Il diario fu consegnato nel 1983 dal prof. Baffi al sen. Massimo Andrea Riva, come si desume dalla deposizione testimoniale resa da quest’ultimo all’udienza del 25 febbraio 1997.

Con riferimento alla data del 5 settembre 1978 il prof. Baffi annotò: "Sarcinelli viene convocato a Palazzo Chigi da Evangelisti, che gli mostra bozze di documenti in cui si prefigura una sistemazione del caso Sindona. Sarcinelli afferma che per valutare le ipotesi fatte occorrerebbe studiare e far studiare i documenti; a prima vista, comunque, le soluzioni ipotizzate gli sembrano fuori dell’ambito delle cose possibili. Evangelisti si riserva di far sapere se potrà mettere a disposizione i documenti".

Con riguardo alla data dell’8 settembre 1978, il prof. Baffi scrisse: "Evangelisti comunica a Sarcinelli che non è più necessario l’invio di "quelle carte" per l’esame".

Il prof. Baffi, inoltre, riferì al sen. Riva "che la Banca d'Italia era stata sondata sulla possibilità di attuare un piano che evitasse la liquidazione della Banca Privata Italiana e in generale quindi del gruppo finanziario e del (…) cosiddetto impero SINDONA e che questa iniziativa era stata assunta da Franco EVANGELISTI Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio". Il Governatore della Banca d’Italia considerava questa iniziativa come "una invasione di campo (…) censurabile sotto il profilo istituzionale".

Dall’esame del libro "Diari 1976 1979 – Gli anni della solidarietà", scritto dal sen. Andreotti, si desume che quest’ultimo si trovava all’estero al momento dell’incontro tra l’on. Evangelisti ed il dott. Sarcinelli, e fece rientro in Italia due giorni prima della conversazione telefonica nella quale l’on. Evangelisti comunicò al dott. Sarcinelli che non gli avrebbe inviato i documenti relativi al progetto di sistemazione. Precisamente, il sen. Andreotti il 5 settembre 1978 era a Madrid, e ripartì per Roma alle ore 18 del 6 settembre 1978. La presenza del sen. Andreotti in Spagna nei giorni 5 e 6 settembre 1978 trova riscontro anche nelle sue agende.

In seguito sia l'on. Andreotti sia l’on. Evangelisti negarono che il primo avesse suggerito al secondo questa iniziativa (cfr. la deposizione resa dal teste on. Gustavo Minervini all’udienza del 13 maggio 1997). Tale concorde negazione non può, tuttavia, ritenersi credibile, per le ragioni che saranno esposte in altra parte del presente paragrafo.

L’avv. Guzzi ha riferito di avere incontrato nuovamente l'on. Andreotti il 5 ottobre 1978. L’incontro avvenne alle ore 16 (secondo quanto si desume dall’annotazione contenuta nell’agenda dell’imputato), presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri (come si evince dalla "richiesta di udienza" intestata all’avv. "Buzzi", prodotta in copia dal P.M.: documento n. 69).

Nel successivo periodo, l’avv. Guzzi cercò, invano, di ottenere un incontro con il dott. Sarcinelli (incontro, questo, che, secondo quanto ha riferito il teste, doveva "essere prodromico di una eventuale considerazione da parte di Banca d’Italia del progetto di sistemazione").

Già alcuni mesi prima, l’avv. Guzzi aveva pregato l'on. Andreotti di procuragli un incontro con il dott. Ciampi o con un altro rappresentante della Banca d’Italia. L’imputato, tuttavia, non aveva mostrato di attivarsi in tal senso.

Il 1° dicembre 1978 l’avv. Guzzi chiese di essere ricevuto dal dott. Sarcinelli, il quale però gli inviò, attraverso la propria segretaria, la risposta che "non intendeva parlare con avvocati di bancarottieri", e lo invitò a rivolgersi al commissario liquidatore per chiarimenti e per eventualmente ottenere, alla presenza di quest’ultimo, un incontro (cfr. la deposizione testimoniale del Guzzi).

Sul punto, il teste Sarcinelli ha dichiarato: "io feci rispondere che incontravo i banchieri ma non i difensori di banchieri che erano stati dichiarati in bancarotta".

L’avv. Guzzi ha riferito che, a seguito di ciò, telefonò all'avv. Ambrosoli per chiedergli un appuntamento (che fu fissato per il 10 gennaio 1979), allo scopo di concordare un eventuale incontro con il dott. Sarcinelli presso la Banca d’Italia.

Dalla deposizione del dott. Sarcinelli si desume, inoltre, che l’avv. Guzzi interpellò nuovamente il sen. Stammati, il quale si rivolse al dott. Ciampi affinchè l’avv. Ambrosoli fosse convocato dalla Banca d’Italia per discutere della problematica e verificare quali fossero le possibili soluzioni. La richiesta prospettata al sen. Stammati era – come si evince dalla sentenza n.20/86 emessa il 18 marzo 1986 dalla Corte di Assise di Milano – che fosse organizzato un incontro tra lo stesso avv. Guzzi, l’avv. Ambrosoli ed il dott. Sarcinelli; per prendere contatto con il sen. Stammati, l’avv. Guzzi fece anche ricorso all’intercessione del Gelli.

L’avv. Guzzi, contestualmente, ebbe ulteriori contatti – direttamente e indirettamente - con l'on. Andreotti, il quale gli rappresentò la necessità di soprassedere momentaneamente dal portare avanti il progetto di sistemazione della Banca Privata Italiana.

Nei primi giorni del dicembre 1978, l’avv. Guzzi ricevette una telefonata di Della Grattan (persona addetta alle pubbliche relazioni dell’on. Andreotti negli U.S.A., e legata da una lunga amicizia allo stesso uomo politico, del quale la stessa parlava come di un fratello).

La Grattan si interessò del secondo progetto di sistemazione della Banca Privata Italiana, comunicò all’avv. Guzzi di avere fissato un appuntamento con l'on. Andreotti per il successivo 6 dicembre 1978 a Roma presso l’Hotel Hassler allo scopo di parlare di questo argomento, e invitò il legale a prendere parte all’incontro.

L’avv. Guzzi, recatosi a Roma per presenziare alla riunione, ricevette una telefonata dalla Grattan, la quale gli comunicò che l’incontro era stato rinviato e che lei aveva ugualmente parlato con l'on. Andreotti. Quest’ultimo le aveva riferito che "politicamente il momento non era favorevole e quindi si sarebbe dovuto rinviare a data da destinarsi una eventuale sistemazione della Banca Privata Italiana", specificando: "in questo momento non ce la faccio, non ce la posso fare".

Il 12 dicembre 1978 l’avv. Guzzi fece pervenire all’on. Andreotti un biglietto concernente le notizie fornitegli dalla Grattan.

L’avv. Guzzi ha precisato di avere incontrato l'on. Andreotti il 15 dicembre 1978 alle ore 19 presso il Centro Studi. In questa occasione l’esponente politico gli disse: "Mah, Della ha interpretato male il mio punto di vista, cioè ho detto soltanto che si deve pazientare un momento, ma non è caduta la possibilità di una chiusura della Banca Privata Italiana". L'on. Andreotti quindi riferì all’avv. Guzzi che "Della Grattan era troppo pessimista perché (…) il piano di salvataggio si sarebbe potuto riprendere". Il legale apprese, in tale modo, che la situazione non era così negativa come gli era stata rappresentata dalla Grattan all’esito del suo colloquio con l’esponente politico.

Dalla sentenza n.20/86 emessa il 18 marzo 1986 dalla Corte di Assise di Milano si desume che verso il 20 dicembre 1978 il sen. Stammati si rivolse al dott. Ciampi pregandolo di ricevere congiuntamente l’avv. Guzzi e l’avv. Ambrosoli per valutare assieme il progetto di sistemazione. Tuttavia il dott. Ciampi ed il dott. Sarcinelli, d’accordo con il Governatore della Banca d’Italia, ritennero inutile l’incontro, essendo già stato bocciato il progetto, e decisero soltanto di interpellare il Commissario liquidatore dopo le festività di fine anno.

L’avv. Guzzi ha dichiarato di avere avuto, in data 27 dicembre 1978, un colloquio telefonico con il sen. Stammati, il quale gli comunicò che il dott. Ciampi era "a disposizione".

Questa affermazione del sen. Stammati è rimasta priva di qualsiasi riscontro sul piano del comportamento effettivamente tenuto dal dott. Ciampi, il quale non risulta avere in alcun modo favorito il Sindona (tanto che in un’altra circostanza il sen. Stammati, dopo avere parlato con il dott. Ciampi, comunicò all’avv. Guzzi che "c’erano delle grossissime difficoltà perché il progetto potesse andare avanti": cfr. sul punto la deposizione del teste Guzzi).

Per quanto destituita di ogni fondamento, l’asserzione del sen. Stammati in merito alla disponibilità del dott. Ciampi fu tenuta in seria considerazione sia dall’avv. Guzzi, sia da Giacomo Vitale, i quali pochi giorni dopo (rispettivamente, nell’incontro del 10 gennaio 1979 e in una telefonata anonima del 9 gennaio 1979) domandarono all’avv. Ambrosoli se avesse ricevuto una comunicazione telefonica del dott. Ciampi.

Il 28 dicembre 1978 l’avv. Guzzi, insieme al Sindona, incontrò la Grattan a New York. In questa data l’avv. Guzzi riferì al Sindona il contenuto della comunicazione telefonica del giorno precedente con il sen. Stammati.

Il 27 dicembre 1978, il 2 gennaio ed il 4 gennaio 1979, l’avv. Guzzi telefonò alla segretaria dell’on. Andreotti, sig.ra Enea. Il motivo di queste telefonate, come ha chiarito l’avv. Guzzi, era di sollecitare l'on. Andreotti in ordine allo sviluppo del progetto di salvataggio.

Il 4 gennaio 1979 l’avv. Guzzi telefonò al sen. Stammati.

Intorno al 3 o 4 gennaio l’avv. Guzzi fissò un appuntamento con l’avv. Ambrosoli per il 10 gennaio successivo, allo scopo di prendere accordi con lui circa una possibile riunione presso la Banca d’Italia.

In data 8 gennaio 1979, alle ore 16.30 o alle ore 17 (secondo le annotazioni rispettivamente contenute in due diverse agende dell’imputato), si svolse un altro incontro tra l’avv. Guzzi e l'on. Andreotti (incontro che, come ha chiarito l’avv. Guzzi, fu correlato alle precedenti conversazioni telefoniche). L’avv. Guzzi ha precisato di avere telefonato in pari data al sen. Stammati. Dall’agenda del sen. Andreotti si desume che quest’ultimo alle ore 10 dello stesso giorno si incontrò con il sen. Stammati.

Il 10 gennaio 1979 alle ore 12 l’avv. Guzzi incontrò l’avv. Ambrosoli, il quale gli riferì di avere "ricevuto delle telefonate minatorie da parte di un picciotto" nel periodo delle vacanze natalizie, e preannunziò che poco dopo l’anonimo interlocutore gli avrebbe nuovamente telefonato (il che avvenne, secondo quanto ha riferito l’avv. Guzzi, alle ore 12.30).

L’11 gennaio 1979 si svolse a Roma, presso la sede della Banca d’Italia, l’incontro tra il dott. Sarcinelli e l’avv. Ambrosoli. Al riguardo, il prof. Baffi scrisse questa annotazione sul diario intitolato "cronaca breve di una vicenda giudiziaria": "Sarcinelli incontra Ambrosoli, il quale conferma l’impossibilità sotto il profilo giuridico di accedere alle proposte per la chiusura della liquidazione avanzata dai legali del Sindona. Ambrosoli informa Sarcinelli di essere stato oggetto di minacce".

Il dott. Sarcinelli, nella sua deposizione testimoniale, ha chiarito che l’avv. Ambrosoli era contrario ad una soluzione che prevedesse la "riemersione" delle banche del Sindona senza la reintegrazione delle somme erogate dall’Erario, ma temeva di "essere lasciato solo in questa battaglia", in quanto riteneva che gli ambienti politici romani fossero favorevoli ad una simile soluzione e influenzassero le decisioni della Banca d’Italia. L’avv. Ambrosoli quindi chiese al suo interlocutore quale fosse "la vera intenzione della Banca d'Italia". Il dott. Sarcinelli rispose che la posizione della Banca d’Italia era quella che l’avv. Ambrosoli già conosceva e condivideva. L’avv. Ambrosoli fece presente al dott. Sarcinelli che una rivitalizzazione delle banche del Sindona con un provvedimento amministrativo della Banca d’Italia avrebbe potuto comportare conseguenze penali, e che una simile operazione avrebbe potuto essere attuata soltanto con un "colpo di spugna legislativo".

L’avv. Ambrosoli, inoltre, informò il dott. Sarcinelli delle telefonate anonime ricevute. Dal canto suo, il dott. Sarcinelli aveva riferito all’avv. Ambrosoli il contenuto del proprio colloquio con l’on. Evangelisti.

Le dichiarazioni rese sul punto dal teste Sarcinelli sono di seguito trascritte:

P.M.: Con riferimento all'avvocato Ambrosoli, ricorda se l'avvocato Ambrosoli, nel corso di uno di questi incontri, venne da lei per manifestarle il timore che sponsor esterni di Sindona riuscissero a far mutare rotta alla Banca D'Italia e a chiederle quindi che cosa lei pensava di questa situazione, a chiederle, in sostanza, il suo pensiero.

SARCINELLI M: Certamente, ci fu un incontro nella mia stanza alla Banca D'Italia, nel palazzo di via Nazionale, incontro che durò a lungo e nel quale l'avvocato Ambrosoli talvolta con voce turbata chiedeva di sapere qual'era la vera intenzione della Banca D'Italia. Egli era oggetto di pressioni, era noto che si stava cercando di trovare delle soluzioni che egli, come cittadino prestato ad una pubblica funzione, riteneva di non poter accogliere. Egli non si fidava molto degli ambienti romani ed in questo forse facendo torto includeva anche la Banca D'Italia e quindi mi chiese esplicitamente e io gli dissi che la posizione della Banca D'Italia era quella che egli conosceva, che io gli ripetetti e che egli condivise. Egli stesso convenne con me che se ci fosse stata piena reintegrazione alle casse pubbliche di quanto era stato speso, non c'era ragione per opporsi a una ricostituzione o la riemersione (...) delle banche Sindoniane. E dissi a lui che questa era esattamente la mia opinione e che quindi su ciò eravamo pienamente solidali. Egli aggiunse il giorno in cui voi dovreste cambiare opinione, per voi intendeva la Banca D'Italia, vi prego di farmelo sapere (…) perchè 24 ore prima io mi dimetto, e io lo rassicurai che se ciò mai si fosse verificato ad andarcene saremmo stati in due, lui ed io.

P.M.: Ricorda per caso la data di questo incontro, cioè lo ricorda oggi?

SARCINELLI M: Dovrei fare uno sforzo, ma purtroppo la mia memoria sta subendo, a 18 anni di distanza, qualche... questa riunione probabilmente è l'11 Gennaio del 1979.

(…)

P.M.: (…) Le disse, nel corso di questo incontro, se le telefonate del "Picciotto", del cosiddetto Picciotto vi erano state proprio in quei giorni?

SARCINELLI M: Si, egli... provvide a mandarmi copia della registrazione delle telefonate che egli aveva trasmesso alla Procura di Milano, e che credo che a quell'epoca il P.M. che si occupasse di ciò fosse il dottore Viola.

(…)

P.M.: (…) Ricorda se nel corso di questo incontro dell'11 Gennaio 69 Ambrosoli le parlò di sponsor esterni di Sindona che volevano tentare di far mutare rotta alla Banca D'Italia?

SARCINELLI M: L'avvocato Ambrosoli non si fidava degli ambienti romani, per ambienti romani normalmente sono gli ambienti della politica, questo non non v'è minimamente dubbio. Egli non fece a me nomi particolari, d'altra parte queste cose apparvero anche su alcuni giornali e su alcuni settimanali e quindi, diciamo, era evidente che l'avvocato Ambrosoli fosse, in qualche modo preoccupato, ma egli non mi fece nomi specifici di persone che potessero essere dietro.

(…)

PRESIDENTE: (…) Quindi lei deve dirci, se lo ricorda, che cosa vi siete detti, se l'avvocato Ambrosoli fece espresso riferimento a questi sponsor, se le fece i nomi, ecco, in questi termini.

SARCINELLI M: Signor Presidente, ci sono in questo dramma tre o quattro soggetti. Il primo è l'avvocato Ambrosoli che era contrario, il secondo è la Banca D'Italia, la quale era contraria, ma della quale l'avvocato Ambrosoli non aveva una certezza assoluta, tanto è vero che è venuto a parlarmi. E poi evidente che c'è un terzo,che era la politica. Se mi si chiede che nomi vennero fatti per questa cosa, la risposta è no, io non, non ne abbiamo fatto nomi in quella occasione, ma ovviamente io all'avvocato Ambrosoli avevo detto di quale era stato il mio colloquio con l'onorevole Evangelisti, allora questo.

(…)

PRESIDENTE: Altro deve aggiungere su questo?

SARCINELLI M: Altro non credo di poter aggiungere, signor Presidente, il problema di Ambrosoli era quello di essere sicuro della solidarietà della Banca D'Italia. Egli ebbe anche a dirmi in quella occasione: guardate, voi in Banca D'Italia se pensate di poter rivitalizzare le banche di Sindona con decreto amministrativo, questo causerà a voi dei guai giudiziari penali, l'unica strada che potrebbe essere seguita è quella di una ricostituzione per legge, dice ma ovviamente questo è un atto sovrano del Parlamento e la questione si chiuse.

P.M.: L'avvocato Ambrosoli.

SARCINELLI M: Quindi e il tipo di ragionamento tra di noi, riguardavano, diciamo, i rapporti, la sostanza, non... noi sapevamo che c'erano delle forze che volevano... e che queste forze erano principalmente l'avvocato Sindona e coloro su cui l'avvocato Sindona poteva fare assegnamento, ma ecco, queste cose...

P.M.: E cioè chi, Presidente?

SARCINELLI M: Mah, io l'unica cosa che posso dire è di avere avuto dei contatti con l'onorevole Evangelisti, il quale a sua volta aveva ricevuto delle carte che però non mi mandò, e basta, non sono in grado di affermare, di affermare altro.

(…)

P.M.: Senta, sempre con riferimento alla prospettazione dell'avvocato Ambrosoli che la Banca D'Italia se avesse pensato di risolvere,in via amministrativa, il caso Sindona, avrebbe avuto guai giudiziari. Ricorda cosa le disse che era possibile, sia pure sul piano legislativo, fare, cioè che tipo di espressione usò per accennare al possibile intervento legislativo.

SARCINELLI M: Questo, in questo momento no, probabilmente e altro, che in questo momento non credo di ricordare l'espressione, l'espressione che...

P.M.: E allora a noi il.. l'8 Gennaio del 94 lei ha detto: perchè ciò era possibile soltanto con un "colpo di spugna legislativo". Ricorda questa espressione?

SARCINELLI M: Si, si, si adesso "con un colpo di spugna legislativo", però, diciamo, non... avevo inteso (…) la sua domanda in senso tecnico, cioè che cosa effettivamente...

P.M.: No, no, no io desideravo (…) richiamare alla sua memoria.

SARCINELLI M: Confermo.

P.M.: L'espressione di...

SARCINELLI M: Confermo, confermo, confermo pienamente.

PRESIDENTE: Lo disse Ambrosoli questo?

(…)

SARCINELLI M: Lo disse Ambrosoli, si.

(…)

AVV. SBACCHI: Lei ha parlato ad un certo punto di colpo di spugna, cioè di un suo colloquio con l'avvocato Ambrosoli, nel corso del quale, se può ripetere i contenuti di quel dialogo, perchè c'è stato un momento di... poi il P.M. ha letto una parte, ecco, volevo un chiarimento definitivo. Cioè, quando lei parlò con Ambrosoli sull'atteggiamento della Banca D'Italia, ecco, esattamente questo discorso del colpo di spugna da dove nacque? SARCINELLI M: Nacque dai timori (…) dell'avvocato Ambrosoli di essere lasciato solo in questa battaglia, ritenendo che l'ambiente romano fosse favorevole ad una soluzione delle problematica, della banca sindoniana e che la Banca D'Italia prima o poi si sarebbe accomodata. AVV. SBACCHI: A questo, oh!

SARCINELLI M: La mia risposta, ed egli disse a questo riguardo, l'unica possibilità che voi, Banca D'Italia avete, è quella della legge, non dell'atto amministrativo; l'atto amministrativo vi porterebbe dinanzi a conseguenze penali e comunque l'atto di spugna, se c'è da essere, è un problema di legislatura.

Dalla deposizione del dott. Sarcinelli si desume, inoltre, che al termine del colloquio, egli comunicò al dott. Ciampi le conclusioni raggiunte nel colloquio con l’avv. Ambrosoli. Il dott. Ciampi, a sua volta, ne informò il sen. Stammati. Non venne, pertanto, organizzato un incontro con l’avv. Guzzi, che avrebbe potuto essere convocato soltanto nel caso in cui vi fossero stati mutamenti nelle posizioni in precedenza assunte dalla Banca d’Italia e dall’avv. Ambrosoli.

Il 12 gennaio 1979 l’avv. Guzzi fu informato dall’avv. Ambrosoli dell’ultima telefonata anonima da lui ricevuta.

L’avv. Guzzi si incontrò con l'on. Andreotti anche in data 23 febbraio 1979 alle ore 8.30 (come si evince dalle dichiarazioni del teste Guzzi e dall’annotazione contenuta nell’agenda dell’imputato). In questa occasione l’avv. Guzzi, esponendo all’on. Andreotti un quadro generale della situazione, gli riferì che vi erano state minacce nei confronti dell’avv. Ambrosoli e del dott. Cuccia. In quel momento, le minacce subite dal dott. Cuccia in data 18 novembre 1978 non erano ancora conosciute pubblicamente. A fronte di quanto gli veniva riferito, l'on. Andreotti si mostrò freddo e disinteressato (secondo quanto ha dichiarato il Guzzi).

Dalla deposizione dell’avv. Guzzi si desume che egli nel periodo tra il mese di febbraio e l’inizio del mese di marzo del 1979 ebbe ripetuti contatti con la Grattan, la quale gli fece presente che occorreva che l'on. Andreotti intervenisse sollecitamente in quanto i difensori americani del Sindona avevano deciso di far rilasciare al loro cliente "importanti rivelazioni" davanti all’autorità giudiziaria statunitense. Si trattava di dichiarazioni "tali da compromettere il sistema democratico in Italia e negli Stati Uniti".

In relazione a ciò, la Grattan comunicò all’avv. Guzzi di avere compiuto un intervento su un esponente del Dipartimento di Stato; in questo periodo furono, pertanto, consegnati sette memorandum al Centro Studi dell’on. Andreotti.

Uno di questi memorandum, trasmesso all’on. Andreotti nella mattinata del 9 marzo 1979, evidenziava il pericolo di compromissione degli Stati democratici italiano ed americano.

L’avv. Guzzi ha precisato che alle ore 16 del 9 marzo 1979 l'on. Andreotti gli telefonò e, con riferimento alla sollecitazione ricevuta in ordine al problema della "incriminazione in America", gli disse: "ho dato istruzioni, seguirò la cosa nei prossimi giorni". L’avv. Guzzi annotò questa risposta in calce alla copia del memorandum che era stato consegnato in pari data (dalla deposizione resa dal sen. Andreotti davanti alla predetta Commissione Parlamentare si desume che sulla minuta di lettera del 9 marzo 1979 vi era l’annotazione: "Risposta telefonica ore 16. Le istruzioni sono state date da giorni, Torno a sollecitare immediatamente con la dovuta riservatezza"; l’imputato nella medesima deposizione ha comunque negato di avere dato una simile assicurazione, inequivocabilmente desumibile dalle dichiarazioni del teste Guzzi).

Dalla deposizione dell’avv. Guzzi si evince che la vicenda giudiziaria che in quel periodo preoccupava il Sindona era rappresentata dalle indagini relative alla Franklin Bank, aperte negli U.S.A. nel 1975 e sfociate in una formale incriminazione (indictment) in data 19 marzo 1979.

Il teste ha chiarito che - in relazione al pericolo che il finanziere siciliano rendesse dichiarazioni tali da compromettere il sistema democratico in Italia e negli U.S.A. - il Sindona e la Grattan chiedevano che il sen. Andreotti intervenisse sul Dipartimento di Stato, e precisamente su Warren Christopher; ha, però, esplicitato di ignorare se quest’ultimo sia stato effettivamente interessato in merito alle vicende del Sindona.

L’avv. Guzzi si incontrò con l'on. Andreotti anche in data 22 marzo 1979 alle ore 17 (come si evince dalle dichiarazioni del teste Guzzi e dall’annotazione contenuta nell’agenda dell’imputato).

Sulla base delle indicazioni presenti nella sua agenda, l’avv. Guzzi ha riferito di avere avuto un incontro con l'on. Andreotti in data 26 giugno 1979 dalle ore 10 alle ore 11 presso il Centro Studi. Questa ricostruzione dell’accaduto non è contraddetta dalla documentazione prodotta dalla difesa all’udienza del 24 febbraio 1997, in cui sono inclusi due articoli di quotidiani dai quali si desume che il sen. Andreotti partì da Roma per Tokio nel pomeriggio del 26 giugno 1979.

Nella notte dell’11 luglio 1979 l’avv. Ambrosoli fu ucciso a Milano da Willam Arico, che era stato incaricato di commettere tale delitto dal Sindona. Per quest’ultimo, il movente dell’assassinio era rappresentato – come emerge dalla sentenza n. 20/86 del 18 marzo 1986 della Corte di Assise di Milano – dai suoi sentimenti di odio e di vendetta verso la vittima, dal suo interesse a rimuovere un ostacolo, altrimenti non superabile, alla realizzazione dei suoi progetti di salvataggio ed alla conclusione indolore delle sue procedure giudiziarie, e dal suo proposito di terrorizzare il dott. Cuccia al punto di costringerlo a piegarsi al suo volere.

L’avv. Ambrosoli pagò, dunque, con la vita la sua fedeltà allo Stato ed il suo rigoroso impegno per perseguire l’interesse pubblico nell’esercizio dell’incarico affidatogli.

All’omicidio dell’avv. Ambrosoli fece seguito la vicenda del simulato sequestro del Sindona, già esaminata nel paragrafo precedente.

L’avv. Guzzi ha affermato di avere nuovamente incontrato l’imputato il 5 settembre 1979 alle ore 15.30, per rappresentargli la situazione conseguente alla sparizione del Sindona e per riferirgli di avere ricevuto, due giorni prima, una telefonata dei sedicenti "sequestratori", aggiungendo che "la polizia stava seguendo la questione". In questa occasione l'on. Andreotti mostrò uno scarsissimo interesse per la sparizione del Sindona e rimase assolutamente indifferente alla notizia della telefonata. L’incontro trova conferma nelle annotazioni contenute nell’agenda dell’imputato.

Dalla deposizione testimoniale dell’avv. Guzzi si desume che quest’ultimo in data 21 maggio 1980 rinunziò al mandato difensivo e si recò ad incontrare l'on. Andreotti per informarlo di questa decisione. Il teste ha spiegato che ritenne così di fare un gesto di cortesia nei confronti del predetto esponente politico, il quale si era sempre mostrato garbato e gentile nei suoi confronti.

Il teste ha così descritto il contegno tenuto dal sen. Andreotti in occasione dei predetti incontri:

"l’atteggiamento del presidente Andreotti era di persona che sembrava interessarsi alle questioni che venivano sottoposte alla sua attenzione. E' sempre stato un rapporto cordialissimo, non c'è mai stato nessuno screzio né nessuna lamentela (…). Era un normale rapporto tra una persona, il presidente Andreotti che si interessava a questo caso e l'avvocato che gli riferiva e lo aggiornava sulle questioni che erano di maggiore urgenza. Voglio però chiarire una cosa qui perché la storia poi lo dimostra. C'è sempre stato questo interessamento del senatore Andreotti, però vorrei distinguere tra "interessamento" e "intervento" del senatore Andreotti, perché, per quanto mi consta, il senatore Andreotti venne interessato per quanto riguardava un certo procedimento pendente avanti la Cassazione Penale per la sospensione e la revoca del mandato di cattura, procedura seguita direttamente dal professor Giuseppe Soggiu (rectius Sotgiu: n.d.e.), quale difensore di Sindona in quella specifica circostanza e il risultato fu assolutamente negativo, cioè la Cassazione respinse il ricorso. Le cause che erano state portate alla attenzione del senatore Andreotti per quanto riguarda la causa di opposizione alla sentenza dichiarativa dello stato di insolvenza della Banca Privata, ebbe un esito egualmente negativo. Cioè io (…) sono a conoscenza dell'interessamento dell'onorevole Andreotti. Di quello che poi l'onorevole Andreotti abbia concretamente fatto, io ho soltanto dei vaghi accenni come per esempio nel caso di quella telefonata che mi venne fatta (e che appuntai sotto un "memo") dove lui mi dice "le istruzioni sono state date"".

L’avv. Guzzi ha altresì evidenziato di avere trasmesso al sen. Andreotti, indirettamente (nel periodo in cui l’ing. Federici era l’interlocutore del predetto esponente politico) o direttamente (nella fase successiva alla scomparsa dell’ing. Federici), 46 memorandum, le cui copie vennero sequestrate all’inizio del mese di aprile del 1980 nel corso di una perquisizione eseguita presso il suo studio legale su ordine del Giudice Istruttore del Tribunale di Roma. I memorandum venivano recapitati presso l’abitazione dell’imputato o presso il Centro Studi, dove venivano consegnati alla segretaria dell’on. Andreotti, sig.ra Enea, o ad altra persona. Nel corso della sua audizione davanti alla Commissione Parlamentare d’inchiesta sul caso Sindona, l'on. Andreotti negò di avere letto i memorandum, sostenendo che essi erano stati presi in esame e considerati non importanti dal dott. Ceccarini, addetto al suo Ufficio Stampa.

Queste asserzioni del sen. Andreotti sono tuttavia inconciliabili con i chiarimenti forniti dall’avv. Guzzi, il quale ha specificato che vi era una consecutio temporale tra i memorandum e le telefonate o gli incontri, e che quando egli si recava a conferire con l'on. Andreotti, quest’ultimo si mostrava informato sull’oggetto del colloquio.

Anche le circostanze riferitegli dall’ing. Federici (ad esempio, il fatto che l'on. Andreotti stava interessandosi "per la questione in Cassazione") dimostravano all’avv. Guzzi che l’imputato seguiva la posizione del Sindona; inoltre, le medesime circostanze si ponevano in correlazione con il contenuto dei memorandum consegnati dall’ing. Federici al predetto esponente politico.

L’avv. Guzzi ha evidenziato anche le iniziative adottate dal Gelli per agevolare i progetti del Sindona.

In proposito, il teste ha riferito di avere incontrato il Gelli non meno di dieci volte e di avere avuto con lui numerose conversazioni telefoniche. Ha precisato che i suoi incontri con il Gelli iniziarono nel 1977 ed ebbero ad oggetto anche i progetti di sistemazione della Banca Privata Italiana. Ha aggiunto di avere appreso dal Sindona che quest’ultimo a New York aveva avuto ripetutamente contatti diretti con il Gelli e lo aveva incontrato più volte.

L’avv. Guzzi ha dichiarato che il Gelli soleva dire di avere parlato con l'on. Andreotti (indicato come "Giulio") delle questioni riguardanti il salvataggio della Banca Privata Italiana, ed in una occasione (che il teste ha collocato nel secondo semestre del 1978) gli comunicò di avere appreso dall’on. Andreotti che "la cosa andava positivamente".

Il teste ha inoltre riferito che il Gelli dimostrava una profonda conoscenza dell’on. Andreotti, amava dire, ad esempio: "in questo Ministero Giulio mi ha messo tre uomini dei miei, o due uomini dei miei", e gli indicò il sen. Stammati come una persona a lui legata che era stata inserita dall’on. Andreotti in una compagine governativa.

In una occasione in cui l’avv. Guzzi si era recato ad incontrare il Gelli e l’Ortolani presso l’appartamento di quest’ultimo, sito a Roma in Via dei Condotti n. 10, dove vi era la sede romana della loggia P 2, il Gelli gli disse: "di là c'è Stammati e quindi abbia pazienza un momento perchè dobbiamo parlare con Stammati".

Dalle risultanze dell’istruttoria dibattimentale sono altresì emersi elementi di convincimento idonei a dimostrare, con sufficiente grado di certezza, che l'on. Andreotti incontrò il Sindona nel periodo in cui quest’ultimo era latitante.

In particolare, l’avv. Guzzi ha riferito di avere appreso dal Sindona che quest’ultimo aveva incontrato tra il 1976 ed il 1977 a Washington l'on. Andreotti insieme al congressman Mario Biaggi.

Le dichiarazioni rese dall’avv. Guzzi sul punto sono di seguito riportate:

P.M. (…) Ha conoscenza diretta di incontri personali tra Sindona e il senatore Andreotti dopo il 1974 e in caso positivo ci può dire come lo ha saputo?

GUZZI Sindona mi disse di avere incontrato fra il '76 e il '77 (ma non riesco a collocarlo perché era soltanto un discorso fattomi dal Sindona) il senatore Andreotti insieme al congressman Biaggi.

(…)

P.M. (…) Lei ha mai sentito parlare di Rudino o Rudinò come in talune versioni italianizzate?

GUZZI Si, ho sentito parlare di Rudino insieme a Biaggi ed a un certo Murphy.

P.M. (…) Quindi ne sente parlare, da chi e in che occasione quindi di questo Rudino?

GUZZI Quando Sindona parla della comunità italo- americana, ricorda questi nominativi che appoggiavano o a suo dire lo avrebbero appoggiato negli Stati Uniti.

P.M. Ho capito. Quindi stava parlando di questo incontro. Vuole continuare, perché l'ho interrotto...

GUZZI L'incontro Andreotti-Sindona?

P.M. Si, si, questo incontro.

GUZZI Sindona non mi dice niente di più di avere incontrato Andreotti insieme al congressman Biaggi.

P.M. E dove l'ha incontrato?

GUZZI A Washington.

P.M. A Washington. Non ci ritornate più su questo argomento? E' solo in quella... Non ricorda quale fu l'occasione che provocò, diciamo, questa notizia di Sindona nei suoi confronti?

GUZZI No, no, no. Questo lo voglio dire perché sia ben chiaro. Sindona, a parte il senatore Andreotti e questa occasione dettami dal Sindona, ma Sindona incontrava tutti a New York. Sindona nel 1976 teneva le lezioni di economia nei vari colleges universitari americani e c'era questa comunità italo-americana che, a nostro avviso, era la comunità italo-americana "bene", salvo prova contraria. Per cui c'era, in sostanza un'appoggio totale nei confronti di questo italiano in disgrazia.

(…)

AVV. GIULIA BONGIORNO Lei ha detto che Sindona le riferì di essersi incontrato con Andreotti nel 76 77. Lei ha avuto modo di riscontrare la verità di questa affermazione?

TESTE AVV. GUZZI No io mi sono fermato alle dichiarazioni di Sindona

AVV. GIULIA BONGIORNO Sindona le disse il luogo e l’oggetto dell’incontro?

TESTE AVV. GUZZI Sindona mi disse di avere incontrato Andreotti (…) con Mario Biagi

AVV. GIULIA BONGIORNO L’oggetto dell’incontro?

TESTE AVV. GUZZI L’oggetto dell’incontro se si colloca in quel periodo

AVV. GIULIA BONGIORNO no se glielo disse Sindona?

TESTE AVV. GUZZI No no

AVV. GIULIA BONGIORNO Non le disse nulla sul punto. Senta e allora con riferimento a contatti Sindona Andreotti. Lei sa di quest’incontro che le riferisce Sindona che si colloca nel 76 77 che però non riscontra perché non ha modo di riscontrare

TESTE AVV. GUZZI Nè interesse a riscontrare

La circostanza che nel 1977 l’imputato, nel corso di un viaggio negli U.S.A., abbia incontrato il Biaggi, trova riscontro nel contenuto del libro "Diari 1976 1979 - Gli anni della solidarietà", scritto dal sen. Andreotti.

In questo libro, infatti, con riferimento alla data del 27 luglio 1977, il sen. Andreotti esplicitò di avere avuto, nel corso di un viaggio a Washington, una colazione di lavoro al Campidoglio con i rappresentanti della Commissione Esteri e con alcuni italo-americani, tra cui il Biaggi (pag. 122).

Le suesposte indicazioni fornite dal Sindona all’avv. Guzzi in ordine al proprio incontro con l'on. Andreotti appaiono attendibili, sia perché non si comprende per quale ragione il finanziere siciliano avrebbe dovuto mentire al proprio legale su un argomento caratterizzato da indubbia delicatezza e stretta correlazione con rilevanti condotte di pressione su ambienti politici ripetutamente esplicate dal Sindona con l’ausilio del proprio collegio difensivo, sia perché si accordano perfettamente – quanto al tempo ed al luogo del colloquio con l'on. Andreotti ed il Biaggi – con le circostanze menzionate dall’imputato nel suo libro.

La credibilità dei suesposti elementi di convincimento non può essere esclusa dalle affermazioni compiute dall’ambasciatore italiano a Washington, Roberto Gaja, nel corso della sua audizione davanti alla Commissione Parlamentare d’inchiesta sul caso Sindona.

Il contenuto della deposizione del Gaja è stato così riassunto dall’on. Minervini, escusso all’udienza dibattimentale del 13 maggio 1997:

"a proposito dei viaggi di Andreotti, il teste ha precisato di essersene interessato e di avere in una delle tre occasioni organizzato una colazione di lavoro alla quale Della Gratton su sua richiesta aveva invitato dei senatori americani. I viaggi effettuati da Andreotti come Presidente (…) della Commissione Affari Esteri erano organizzati non dall'Ambasciata ma dal gruppo parlamentare americano. Sempre sul punto il teste ha dichiarato di essere portato a escludere che in occasione degli indicati viaggi l'onorevole Andreotti abbia avuto contatti con Sindona. Ciò perchè si tratta di solito di viaggi articolati in tutti i movimenti che l'ospite deve compiere ed è praticamente impossibile che egli abbia potuto utilizzare a quello scopo i brevi intervalli destinati al riposo".

Le conclusioni cui era pervenuto l’ambasciatore Gaja non si fondavano, dunque, su una puntuale ed analitica conoscenza di tutti gli incontri dell’on. Andreotti durante i suoi viaggi negli U.S.A., ma si sostanziavano in un processo deduttivo orientato secondo il criterio dell’id quod plerumque accidit.

Ne consegue che le affermazioni dell’ambasciatore Gaja non valgono ad escludere con sicurezza la possibilità che l'on. Andreotti abbia incontrato personalmente il Sindona nel corso di un suo viaggio a Washington e non consentono di negare l’attendibilità di quanto il finanziere siciliano ebbe a confidare al proprio difensore nell’ambito del loro rapporto fiduciario.

Né è rimasto dimostrato che le misure di sicurezza predisposte in occasione dei viaggi dell’imputato negli U.S.A. fossero organizzate in modo da impedire ogni contatto – anche di breve durata - con un soggetto come il Sindona, il quale – come ha chiarito il teste Guzzi – fino al 1976 teneva lezioni di economia nei colleges universitari americani, era pienamente appoggiato dalla comunità italo-americana, e nel caso di specie si trovava in compagnia di un membro del Congresso.

Dalle dichiarazioni de relato dell’avv. Guzzi non si evincono, tuttavia, il carattere, la durata e l’oggetto del colloquio tra l'on. Andreotti ed il Sindona. Resta quindi impossibile stabilire quale atteggiamento abbia tenuto, in questa occasione, l’imputato nei confronti del finanziere latitante (il quale, peraltro, non comunicò al suo difensore alcun elemento rilevante emerso da tale incontro).

Nel corso dell’istruttoria dibattimentale sono emersi ulteriori elementi probatori concernenti un altro incontro tra l’imputato ed il Sindona, asseritamente verificatosi a New York tra il 1978 ed il 1979.

Nel verbale di dichiarazioni rese il 6 giugno 1994, in sede di commissione rogatoria internazionale (acquisito all’udienza del 21 luglio 1998), l’agente speciale del F.B.I. Edward J. Holiday ha riferito quanto segue:

" (…) Sono un agente dell’F.B.I. ed in tale qualità ho avuto modo di occuparmi di Michele SINDONA. Infatti assieme al collega Vizi ho indagato sulla scomparsa di SINDONA.

Nello svolgimento di tale indagine ho avuto contatti anche con le Autorità italiane.

Ricordo tra queste il Dott. VIOLA di Milano e Silvio NOVEMBRE della Guardia di Finanza.

(…) Ho conosciuto la sig.ra Della GRATTAN.

Il suo nome, per quello che io ricordo, compariva nell’agenda telefonica di SINDONA, che la famiglia ci aveva dato al momento della sua scomparsa.

(…) Richiamando i miei ricordi la GRATTAN assieme a due sue sorelle gestiva in New York una società che si occupava di pubbliche relazioni.

La GRATTAN effettivamente mi disse che ella conosceva il Sen. ANDREOTTI e la sua famiglia da circa trent’anni. Disse che lei e il sen. Andreotti erano intimi amici.

(…) Ho interrogato la Sig.ra GRATTAN sui suoi rapporti con Michele SINDONA, ed ella, in questa circostanza, mi parlò anche dei rapporti tra SINDONA ed il Sen. ANDREOTTI.

La GRATTAN mi disse che questi ultimi facevano parte del medesimo partito politico, la Democrazia Cristiana, e che si erano conosciuti nel 1973.

La GRATTAN aggiunse che aveva messo in guardia il sen. ANDREOTTI dall’intrattenere rapporti con Michele SINDONA, perché riteneva che costui fosse una persona inaffidabile e spietata.

Queste furono le testuali parole usate dalla GRATTAN per definire il SINDONA.

(…) Ella disse che, prima ancora di incontrare il SINDONA, lo aveva conosciuto di fama.

Ricordo altresì che la GRATTAN disse di avere incontrato per la prima volta e personalmente il SINDONA nel 1978.

La GRATTAN disse di aver percepito delle voci circa il rischio di un rapimento del figlio di ANDREOTTI, che si trovava negli Stati Uniti.

Temendo questo evento, ella dunque aveva preso contatto con SINDONA, perché sospettava che egli potesse essere coinvolto o almeno a conoscenza di questo progetto criminoso.

Questo incontro si era svolto nell’ufficio della GRATTAN in Manhattan.

Il SINDONA aveva negato di sapere alcunché di questo presunto progetto di rapimento, e nella stessa circostanza aveva affrontato con la GRATTAN discorsi attinenti ai suoi problemi giudiziari di quel periodo.

(…) Del mio colloquio con la GRATTAN ho fatto una relazione scritta, che è agli atti dell’F.B.I.

Ne ho qui con me una copia".

Dal verbale si desume che l’Holiday ha dato lettura della citata relazione scritta (datata 28 agosto 1979), nei seguenti termini:

"DELLA M. GRATTAN è stata interrogata presso i locali siti presso 750 Third Avenue, New York, (…) adibiti a sede della sua attività, denominata Della M. Grattan, Incorporated, Advertising and Public Relations (società di pubblicità e pubbliche relazioni) (…).

Ha detto che da circa 30 anni è legata da una stretta amicizia all’ex primo ministro italiano ANDREOTTI e alla sua famiglia.

Ha affermato di aver scritto nel 1977 una lettera al Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti in cui dichiarava in maniera chiarissima che in ogni occasione ella ha "promosso e continuerà a promuovere la buona immagine di ANDREOTTI". (…)

Ha affermato che ANDREOTTI e Michele SINDONA sono entrambi membri della Democrazia Cristiana italiana e, per quanto le consta, i due si erano incontrati per la prima volta intorno al 1973.

La signora GRATTAN ha affermato di aver messo in guardia ANDREOTTI dall’avere legami con SINDONA in quanto lei lo considerava persona "spietata" e "inaffidabile".

Ella ha descritto SINDONA come il "finanziatore" della Democrazia Cristiana, "che aveva il sostegno e l’appoggio di Papa PAOLO VI". (…)

La signora GRATTAN ha dichiarato che, a causa dei suoi stretti legami con ANDREOTTI, ella evitava accuratamente qualsiasi legame con SINDONA poiché riteneva che qualsiasi contatto avrebbe potuto riflettersi negativamente su ANDREOTTI.

Tuttavia, nell’estate del 1978, la signora GRATTAN ha riferito che il figlio di ANDREOTTI si trovava negli Stati Uniti e che le era giunta voce di un progetto di sequestro ai danni dello stesso.

Ella ha affermato di avere sospettato allora di SINDONA e di avergli telefonato a New York per incontrarlo successivamente per la prima volta nel di lei ufficio nel giugno del 1978.

SINDONA negò di essere a conoscenza di qualsiasi progetto di sequestro, secondo la GRATTAN, e discussero inoltre dei problemi legali che lui aveva.

Stando alle sue dichiarazioni, la signora GRATTAN disse a SINDONA di non volere avere niente a che fare con lui e che non avrebbe accettato neanche una tazza di caffè, ma che sarebbe andata a Washington, D.C., per discutere per conto di lui in ordine alla sua estradizione in Italia.

Ella ha spiegato che a suo parere: "Se potesse essere dimostrato che SINDONA finanziava il partito filo-occidentale (Democrazia Cristiana), ciò discrediterebbe le ultime vestigia di democrazia rimaste in Italia".

Pertanto, ella ha affermato che, se SINDONA fosse stato estradato in Italia, i risultati sarebbero stati catastrofici, vale a dire che la Democrazia Cristiana sarebbe stata distrutta.

Ella ha sottolineato che avrebbe profuso il suo impegno a favore di lui nell’interesse del governo italiano, e per odio verso il Partito comunista, nonché per la paura che qualora i comunisti fossero riusciti a distruggere la Democrazia Cristiana, le altre democrazie europee sarebbero state minacciate.

Ella ha quindi descritto SINDONA come "una responsabilità politica per l’alleanza occidentale".

Ha inoltre aggiunto che SINDONA fece riferimento ad un elenco di 500 nomi di sostenitori italiani della Democrazia Cristiana, che sarebbero stati esposti e avrebbero corso gravi pericoli qualora SINDONA fosse stato estradato.

Ella ha dichiarato di aver incontrato SINDONA circa otto volte tra il giugno del 1978 ed il luglio del 1979, e che ogni incontro avveniva dopo le 17 nella sala riunioni dell’ufficio della GRATTAN.

Ella ha affermato che gli incontri si svolgevano in modo tale da evitare che fosse vista con SINDONA anche dal personale del suo ufficio.

Descrivendo l’umore e la personalità di SINDONA, ella ha riferito che era solito alternare in maniera isterica il riso al pianto, parlare in modo incoerente ed irrazionale la maggior parte del tempo ed ovviamente fantasticare molto.

Ha aggiunto che SINDONA era un uomo la cui reputazione era stata profondamente ferita e che pertanto era terribilmente tormentato.

Ha affermato di essersi recata a Washington nel novembre del 1978 e nel marzo del 1979 e di aver parlato con rappresentanti del Dipartimento di Stato e del Dipartimento di Giustizia in ordine all’estradizione di SINDONA in Italia.

Ha aggiunto di averlo fatto a proprie spese. Ha dichiarato di non aver avuto mai informazioni sulla colpevolezza o innocenza di SINDONA in relazione alle imputazioni pendenti presso il Distretto Meridionale di New York, ma ha riferito che a prescindere dal modo in cui egli avesse acquisito cospicue somme di denaro, aveva convogliato milioni di dollari verso la Democrazia Cristiana e che quindi era una vittima di un complotto politico.

Vale a dire, stando alla GRATTAN, che i due magistrati incaricati del giudizio di SINDONA in Italia erano entrambi membri del partito comunista.

GRATTAN ha anche riferito di presumere che SINDONA avesse "collegamenti mafiosi". Ha dichiarato che non è possibile che un siciliano diventi così ricco e potente senza collegamenti di questo tipo.

GRATTAN ha dichiarato che il 1° agosto 1979 ricevette fiori da SINDONA con un biglietto di ringraziamento per il suo interessamento, nel riuscito tentativo di evitare l’estradizione in Italia. (…)

Ha detto che la sua reazione alla teoria del sequestro di SINDONA era che si trattasse di una "stupidaggine". Ha dichiarato di essere convinta che SINDONA fosse "completamente pazzo" e che aveva "preso il volo". (…)".

Nel medesimo verbale del 6 giugno 1994 l’Holiday ha affermato di avere incontrato la Grattan una sola volta, ha esplicitato di essere giunto alla conclusione che la stessa era una persona credibile, ed ha spontaneamente aggiunto:

"Desidero riferire un particolare che non è ricordato nel rapporto di cui ho dato prima lettura.

Si tratta di ciò.

Della GRATTAN mi riferì che nel periodo tra il 1978 ed il 1979 si era incontrata ben otto volte con SINDONA.

In quel periodo SINDONA l’aveva pregata di organizzargli un incontro con ANDREOTTI.

Lei aveva evitato di organizzare questo incontro, proprio perché disistimava SINDONA e riteneva che potesse nuocere ad ANDREOTTI. Anzi, proprio in questa circostanza, ella aveva messo in guardia l’on. ANDREOTTI dai rischi che sarebbero derivati alla sua immagine da un incontro con il SINDONA.

Nonostante ciò la GRATTAN disse che l’incontro tra ANDREOTTI ed il SINDONA c’era ugualmente stato proprio in quel periodo, e cioè tra il ‘78 ed il ‘79.

Tutto ciò mi è stato testualmente detto dalla GRATTAN".

L’Holiday ha altresì dichiarato:

"non so spiegare come mai queste ultime circostanze, riferite dalla GRATTAN, non siano state, a suo tempo, scritte nel rapporto. Forse allora non parvero utili per le indagini che stavamo facendo.

Del colloquio con la GRATTAN alcune cose mi sono rimaste particolarmente impresse nella memoria:

1)che la GRATTAN fosse una persona credibile;

2) che volesse un gran bene ad ANDREOTTI;

3) che disprezzasse SINDONA;

4) che avesse fatto di tutto per evitare contatti tra SINDONA ed ANDREOTTI, nonostante le richieste di SINDONA in tal senso;

5) che nonostante ciò ANDREOTTI si era incontrato con SINDONA. (…)

Ho parlato di questi fatti, e cioè di quanto avevo appreso dalla GRATTAN, con Silvio NOVEMBRE ed anche con altre persone.

(…) Incontrai il NOVEMBRE e gli investigatori italiani in Italia e poi negli U.S.A., e con gli stessi tenemmo anche contatti telefonici".

Essendogli stata data lettura di alcune dichiarazioni rese dal M.llo Novembre alla Procura di Palermo l’11.6.1993, l’Holiday ha osservato:

"è tutto esatto quello che ha dichiarato Silvio NOVEMBRE per la parte di cui mi è stata data lettura. L’unico errore che rilevo, è l’indicazione della GRATTAN come segretaria di ANDREOTTI, perché a me non risulta che lo fosse".

Il M.llo Novembre, nella sua deposizione dibattimentale, ha affermato che l’agente Holiday, dopo la morte dell’avv. Ambrosoli, nel periodo compreso tra la metà del mese di luglio del 1979 e la fine del 1980, gli riferì che il Sindona, successivamente all’emissione del mandato di cattura nei suoi confronti, aveva incontrato l'on. Andreotti a New York. L’Holiday precisò di avere appreso ciò dalla Grattan, la quale in una prima occasione in cui era stata escussa non aveva riferito alcunché, ma in seguito aveva affermato di avere "organizzato questo incontro tra Sindona e l'onorevole Andreotti".

Le dichiarazioni rese sul punto dal teste Novembre sono di seguito trascritte:

P.M.: (…) Lei ha fatto cenno al, ai contatti avuti anche con suoi omologhi colleghi del FBI, ricordo bene?

NOVEMBRE S.: Si, si.

P.M.: E ricorda esattamente o meglio soggettivamente i nomi di questi colleghi del FBI con i quali ebbe rapporti relativamente alla vicenda Sindona?

NOVEMBRE S.: Erano Eduard Holiday e Louis Viz (rectius Vizi: n.d.e.) e poi (…) dopo la morte di Giorgio Ambrosoli ebbi qualche contatto anche con l'agente speciale Michael Mott.

(…)

P.M.: Viz (rectius Vizi: n.d.e.) ed Holiday le dissero qualche cosa di particolare relativamente alla vicenda Sindona? (…)

NOVEMBRE S.: Bè, loro si occupavano della stessa vicenda vista dagli Stati Uniti.

P.M.: Dal versante americano.

NOVEMBRE S.: Dagli Stati Uniti d'America. Ricordo che in una occasione in cui vidi e... non ricordo se erano tutti e due, ma credo che fosse solo Holiday, ad un certo punto, nel corso di una conversazione mi disse che l'avvocato, l'avvocato Sindona aveva incontrato a New York l'onorevole Andreotti. Eh, dice, come mai! E allora lui mi riferì che avevano intervistato.... loro le chiamavano così le interviste, facevano delle interviste preliminari; erano delle vere e proprie audizioni, insomma, delle... La signora Della Gratton, la quale svolgeva funzioni di, come dire, di organizzare i viaggi, la permanenza dell'onorevole Andreotti quando questi era a New York, negli Stati Uniti, insomma. E... che questa signora sentita, credo due volte, una prima volta non disse nulla; una seconda volta, nella seconda volta invece disse che aveva organizzato questo incontro tra Sindona e l'onorevole Andreotti.

P.M.: E in questo periodo in cui vi sarebbe stato questo incontro, Michele Sindona che stato giuridico aveva per l'Italia.

PRESIDENTE: Ma il periodo qual'è, qual'è il periodo?

P.M.: Ecco, il periodo riesce a ricordarlo?

NOVEMBRE S.: Ecco, io ci ho pensato molto ma non riesco a ricordarlo, non riesco a ricordarlo bene e... il periodo in cui mi venne detto questa cosa fu sicuramente dopo la morte dell'avvocato, dell'avvocato Ambrosoli, cioè dalla metà Luglio del '79 al massimo alla fine dell'80, perchè poi io credo non sono più andato negli Stati Uniti d'America e mi venne detto nel corso di un, di un mio viaggio negli Stati Uniti d'America. Quando poi invece avvenne l'incontro tra Sindona e... l'onorevole Andreotti io non riesco a ricordare, nè se mi è stato effettivamente detto o se mi è stato detto non me lo ricordo proprio il periodo in cui è avvenuto.

P.M.: Ma comunque, visto che lei non riesce a ricordare il periodo, ricorda se durante questo asserito incontro con l'onorevole Andreotti, Sindona era, per le Autorità Italiane, un latitante o un libero cittadino?

NOVEMBRE S.: Bè, era, era sicuramente dopo l'emissione del mandato di cattura, negli anni dal '75 in avanti.

P.M.: E quindi che stato giuridico aveva per l'Italia?

NOVEMBRE S.: Era latitante.

P.M.: Era latitante. Le risulta che, perlomeno da quello che lei oggi ricorda di questo, dell'esito di queste interviste, di questi incontri sostanzialmente tra Louis Viz (rectius Vizi: n.d.e.) ed Eduard Holiday con Della Gratton, i due agenti del FBI redassero una relazione, lasciarono una qualche traccia scritta, lo ricorda oppure no?

NOVEMBRE S.: Sinceramente non lo so, io so che per abitudine gli agenti del FBI ogni volta che fanno una di queste interviste fanno un documento, fanno un documento scritto e... noi però non parlammo, mi disse che fecero queste interviste, però io non chiesi loro se... c'era il documento scritto, se non c'era, anche perchè per me era scontato che ci fosse.

P.M.: Quindi, questa diciamo, era una sua supposizione che vi fosse.

NOVEMBRE S.: Si e...

P.M.: Ma non ricorda il fatto, se le venne detto o meno. Ricorda però se i due agenti del FBI le dissero di essere autorizzati a diffondere questa notizia sull'incontro Sindona-Andreotti oppure no?

NOVEMBRE S.: No, no, no e..

P.M.: No che cosa significa? Non lo ricorda oppure.

NOVEMBRE S.: No, no, no, significa che non parlammo affatto di diffusione, di non diffusione, fu una notizia che mi venne data così, nel corso di una conversazione... in cui si parlava un pò di tutto. Tra le altre cose venne fuori anche questa cosa, direi quasi per caso.

P.M.: Gliel'ho, gliel'ho chiesto, maresciallo, perchè l'11 Giugno del '93 alle 17,15 in Milano, lei al mio ufficio ha detto: alla mia richiesta di avere copia di tali dichiarazioni, i due agenti del FBI mi risposero che non erano autorizzati a diffondere questa notizia, quindi desidererei sapere se ci siamo intesi male allora o se...

NOVEMBRE S.: Credo che ci siamo intesi male allora.

P.M.: Quindi (…) la verità è questa (…) che lei sta riferendo oggi. Ancora una cosa. La signora Della Gratton sa se è viva oppure no?

NOVEMBRE S.: No, credo che sia deceduta, anche... credo che sia morta per un tumore alla mammella, se la notizia che mi è stata data è esatta.

P.M.: Senta, dell'esito di questo incontro, perlomeno di questa notizia appresa dai due agenti FBI, lei riferì ai suoi superiori, ovvero ai magistrati con i quali allora collaborava come ufficiale di P.G. oppure no?

NOVEMBRE S.: Ah, io credo... ai miei superiori probabilmente no, ma ai magistrati coi quali collaboravo sicuramente si.

P.M.: I magistrati in questione vuole ricordare chi erano, perchè non li abbiamo menzionati.

(…)

NOVEMBRE S.: Erano il dottor Turone e il dottor Colombo e... il dottor Guido Viola.

P.M.: E quindi nelle vesti di che cosa, Giuliano Turone e Gherardo Colombo cosa facevano?

NOVEMBRE S.: Come giudici istruttori del procedimento sull'omicidio di Giorgio Ambrosoli.

P.M.: E Guido Viola?

NOVEMBRE S.: Guido Viola era il Pubblico Ministero.

(…)

P.M.: (…) sempre l'11 Giugno del '93 lei a espressa domanda ha risposto: io riferii tale circostanza, cioè il colloquio e il contenuto del colloquio con i due agenti ai miei superiori, anche se non redassi alcuna relazione di servizio. Non escludo di averne fatto parola anche ai magistrati Guido Viola, Giuliano Turone e Gherardo Colombo con i quali allora collaboravo. Qual'è nel suo ricordo odierno.

PRESIDENTE: C'è una differenza.

P.M.: La verità, perchè c'è una leggera differenza sul punto.

NOVEMBRE S.: Mah... sicuramente io devo averne fatto riferimento ai magistrati perchè era quello, erano quelli con i quali avevo, come dire, il rapporto di lavoro... coi superiori si, può darsi, però non ne ho un ricordo preciso in questo momento.

(…)

BONGIORNO G.: Senta Della Gratton era la segretaria dell'onorevole Andreotti?

NOVEMBRE S.: No, io in un primo momento mi sono espresso così, anche perchè non so l'inglese e quindi forse avevo capito male nel corso della conversazione con Holiday. Io poi ho appreso, non ricordo bene dove, devo averlo letto da qualche parte che invece la signora Della Gratton fosse una signora che faceva la hobbista (rectius lobbista: n.d.e.) cioè si interessava (…) di perorare interessi di aziende americane nel Congresso degli Stati Uniti e che durante la permanenza dell'onorevole Andreotti a New York (…) si prestasse per organizzare (…) la sua permanenza, insomma, questo è quello che poi io ho appreso.

BONGIORNO G.: Senta la fonte di Holiday e Viz (rectius Vizi: n.d.e.) era esclusivamente la Della Gratton.

NOVEMBRE S.: Prego?

BONGIORNO G.: La fonte dalla quale avevano appreso la notizia di questo incontro Holiday e Viz (rectius Vizi: n.d.e.) era soltanto questa Della Gratton?

NOVEMBRE S.: Loro mi dissero che questo le risultava da quelle interviste fatte alla signora Gratton.

BONGIORNO G.: Lei sa se nella relazione che redassero fecero riferimento a questo incontro tra Sindona e Andreotti?

NOVEMBRE S.: Ma io non so neanche se redassero una relazione, per la verità, ma... credo di si, insomma, non so.

Ciò posto, deve osservarsi che le versioni dei fatti esposte dall’agente Holiday rispettivamente nella sua relazione scritta presentata al F.B.I., nella conversazione con il M.llo Novembre, e nella commissione rogatoria internazionale, divergono sensibilmente tra loro.

Nella relazione scritta l’Holiday non fece alcuna menzione dell’incontro tra l'on. Andreotti ed il Sindona, pur trattandosi di un evento di indubbia rilevanza. Nel colloquio con il M.llo Novembre, l’Holiday affermò di avere appreso dalla Grattan che essa aveva organizzato l’incontro; infine, nella commissione rogatoria internazionale, l’Holiday asserì che la Grattan gli aveva riferito di avere evitato di organizzare l’incontro, il quale tuttavia si era ugualmente verificato.

Non essendo stata fornita una plausibile spiegazione di questo reiterato mutamento di versioni, deve riconoscersi che le indicazioni provenienti dall’agente Holiday sono prive di univocità e non valgono quindi ad integrare un quadro probatorio dotato del carattere della certezza.

Dall’esame del complesso degli elementi di convincimento sopra riassunti si desume, quindi, che:

  1. anteriormente all’8 ottobre 1973 il sen. Andreotti incontrò il genero del Sindona, Pier Sandro Magnoni (allora animato da atteggiamento polemico per la mancata concessione, da parte del Ministro del Tesoro, delle autorizzazioni occorrenti per l’aumento del capitale della società Finambro), manifestando una benevola attenzione per il gruppo facente capo al finanziere siciliano e formulando suggerimenti circa la strategia da seguire;
  2. il sen. Andreotti appoggiò la nomina (compiuta nel marzo 1974) del dott. Mario Barone a terzo amministratore delegato del Banco di Roma;
  3. il Sindona, subito dopo la nomina del dott. Barone, telefonò al sen. Andreotti per ringraziarlo, ritenendo che essa fosse funzionale alla soluzione dei problemi del suo gruppo finanziario;
  4. il dott. Barone firmò un prestito dell’importo di cento milioni di dollari, concesso al Sindona - in un periodo nel quale le sue banche si trovavano in una situazione di difficoltà - attraverso il Banco di Roma-Nassau, sostenne all’interno del Banco di Roma gli interessi del Sindona, e si interessò degli iniziali progetti di salvataggio della Banca Privata Italiana;
  5. nel periodo compreso tra il 1975 ed il luglio 1978, l’ing. Fortunato Federici – il quale era assai vicino al sen. Andreotti e faceva parte del Consiglio di Amministrazione del Banco di Roma - mantenne direttamente i contatti tra l’imputato ed il Sindona, incontrando ripetutamente il finanziere siciliano, ricevendo da lui o dai suoi difensori informative sullo sviluppo della sua situazione (anche sotto il profilo processuale), e riferendo in proposito al predetto esponente politico;
  6. l’ing. Federici, insieme al dott. Barone e ad altri soggetti, si interessò del "Progetto interdipendente tra la Società Generale Immobiliare e la Banca Privata Italiana";
  7. il 23 agosto 1976 il sen. Andreotti incontrò, presso il Centro Studi con sede a Roma in Piazza Montecitorio, due componenti della comunità italo-americana, Philip Guarino e Paul Rao (il cui arrivo era stato preannunziato al Guzzi dal Sindona, il quale li aveva qualificati come suoi amici, e gli aveva comunicato che essi avevano un appuntamento con il predetto esponente politico); dopo il colloquio, il Guarino ed il Rao manifestarono la propria soddisfazione per il fatto che il sen. Andreotti aveva assicurato un suo interessamento per quanto riguardava l'estradizione, e, nella serata dello stesso giorno, incontrarono Licio Gelli, cui parlarono della suindicata riunione;
  8. in una successiva occasione il sen. Andreotti incontrò nuovamente il Guarino, il quale gli ribadì il proprio convincimento in merito alle vicende del Sindona;
  9. in seguito, il Guarino sottoscrisse una dichiarazione giurata (affidavit) presentata in favore del Sindona nell’ambito del procedimento estradizionale, nella quale specificò di essersi recato in Italia e di avere incontrato due volte un alto esponente della politica, con grandi responsabilità nel Governo italiano, di cui non faceva il nome (ma che fu identificato nell’on. Andreotti dal M.llo Novembre e dall’avv. Ambrosoli);
  10. in data 28 settembre 1976 il Sindona scrisse al sen. Andreotti una lettera nella quale faceva implicito riferimento al Guarino ed al Rao parlando di "comuni amici" cui l’esponente politico aveva recentemente manifestato la propria stima per lui, trattò la problematica relativa al procedimento di estradizione specificando che l’esposizione della "drammatica situazione" si riconnetteva all’interessamento mostrato dal sen. Andreotti per le "note vicende", manifestò l’intento di porre a fondamento della propria difesa anche motivazioni di natura politica e di documentare che alla base delle iniziative giudiziarie assunte a suo carico vi sarebbe stato il disegno di determinati gruppi politici di esercitare un’azione di contrasto nei suoi confronti per arrecare danno ad altri settori del mondo politico precedentemente appoggiati con atti concreti dal finanziere siciliano, ed evidenziò gli obiettivi che per lui assumevano maggiore importanza (la rapida conclusione delle trattative intercorrenti con il Banco di Roma, la revoca della declaratoria dello stato di insolvenza e della liquidazione coatta della Banca Privata Italiana, e la realizzazione della sistemazione della Banca Privata Italiana contemporaneamente a quella della Società Generale Immobiliare, per cui, a suo dire, l’on. Andreotti aveva ampiamente profuso il proprio impegno);
  11. la suddetta lettera fu ricevuta dal sen. Andreotti;
  12. in data 19 novembre 1976 l’on. De Carolis comunicò all’avv. Guzzi che l'on. Andreotti sembrava "freddo e distaccato" sui piani di sistemazione delle banche, ma disponibile ad un interessamento con riguardo all’estradizione;
  13. in seguito l'on. Andreotti si interessò dei progetti di sistemazione della Banca Privata Italiana;
  14. in particolare, l’avv. Guzzi apprese dall’ing. Federici che il 6 aprile 1977 l'on. Andreotti, aderendo ad una richiesta dell’ing. Federici, si era incontrato con il Direttore Generale del Banco Ambrosiano, Roberto Calvi, per trovare una soluzione per la Banca Privata Italiana, e che tuttavia l’incontro si era rivelato deludente;
  15. l’ing. Federici comunicò all’avv. Guzzi che vi era un interessamento dell’on. Andreotti con riguardo al procedimento pendente davanti alla Corte di Cassazione per la sospensione del procedimento penale e la revoca del mandato di cattura emesso a carico del Sindona; questo interessamento, che era stato sollecitato dal Sindona, non determinò un risultato favorevole al finanziere siciliano, il cui ricorso fu respinto;
  16. in occasione di una riunione tenutasi il 12 luglio 1977 con il Sindona, furono consegnati all’ing. Federici ed al prof. Agostino Gambino due memorandum riguardanti rispettivamente la sistemazione della Banca Privata Italiana e della Società Generale Immobiliare, e lo stato del procedimento di estradizione; questo secondo memorandum metteva in rilievo che solo un intervento positivo delle Autorità Italiane avrebbe potuto evitare l'estradizione, e aggiungeva, con chiaro riferimento al destinatario (cioè l’on. Andreotti), che lo stesso, incontrando nella terza decade del mese di luglio alcune personalità americane e l'ambasciatore Gaja, avrebbe dovuto spendere qualche parola a sostegno del Sindona, come del resto aveva sempre fatto, al fine almeno di non nuocere in un ambiente che stimava e sosteneva Sindona;
  17. a seguito di questa riunione, l’ing. Federici ed il prof. Gambino si incontrarono con l'on. Andreotti, con il quale parlarono di un intervento che aveva come destinatari i congressmen americani Rodinò e Murphy ed era stato richiesto dal congressman Mario Biaggi al fine di coagulare la volontà della comunità italo-americana in relazione all’estradizione;
  18. tra il 1976 ed il 1977 il Sindona incontrò a Washington l'on. Andreotti insieme al congressman Mario Biaggi;
  19. l'on. Andreotti chiese all’ing. Federici di prendere contatto con il sen. Fanfani allo scopo di ottenere il suo appoggio per il nuovo progetto di "sistemazione" della Banca Privata Italiana (denominato "giroconto Capisec" ed avviato all’inizio del 1978);
  20. successivamente l’ing. Federici e l’avv. Bucciante, nel corso di un colloquio con l’avv. Ambrosoli, affermarono che il salvataggio della Banca Privata Italiana stava a cuore all’on. Andreotti ed al sen. Fanfani, ed insistettero per l’accoglimento dei relativi progetti (cui, invece, il Commissario liquidatore era contrario);
  21. il 25 luglio 1978 l'on. Andreotti incontrò l’avv. Guzzi, che gli sottopose il progetto di salvataggio della Banca Privata Italiana e quant’altro era già stato rappresentato al medesimo esponente politico dall’ing. Federici;
  22. l'on. Andreotti incaricò informalmente il sen. Gaetano Stammati (esperto in questioni finanziarie, ma titolare, in quel periodo, del Ministero dei Lavori Pubblici, ed inserito nella loggia P 2) di studiare il progetto di salvataggio della Banca Privata Italiana, e segnalò all’avv. Guzzi lo stesso Stammati come persona idonea a seguire i problemi tecnici connessi al progetto;
  23. nel corso di una conversazione telefonica con l’avv. Guzzi, svoltasi in data 1° settembre 1978, l'on. Andreotti promise che avrebbe incaricato l’on. Evangelisti di seguire il progetto di sistemazione (come era stato richiesto dal Sindona per il tramite del suo difensore) e che avrebbe invitato il sen. Stammati a telefonare al legale;
  24. successivamente, l’avv. Guzzi ricevette una telefonata dal sen. Stammati e, recatosi il 2 settembre 1978 nell’abitazione dell’on. Evangelisti, apprese che quest’ultimo aveva ricevuto dall’on. Andreotti l’incarico di esaminare un memorandum attinente al secondo progetto di sistemazione della Banca Privata Italiana;
  25. il 5 settembre 1978 l’on. Evangelisti sottopose il progetto di sistemazione della Banca Privata Italiana al Vice Direttore Generale della Banca d'Italia, dott. Mario Sarcinelli;
  26. a fronte dell’atteggiamento di sostanziale chiusura assunto dal dott. Sarcinelli (sia pure con riserva di esaminare meglio la questione mediante l’esame dei documenti esibitigli dal predetto esponente politico), l’on. Evangelisti non sviluppò ulteriormente il discorso;
  27. l’avv. Guzzi incontrò nuovamente l'on. Andreotti il 5 ottobre 1978;
  28. nel corso di un ulteriore incontro svoltosi il 15 dicembre 1978, l'on. Andreotti comunicò all’avv. Guzzi che il piano di salvataggio della Banca Privata Italiana non poteva momentaneamente trovare sviluppo, ma avrebbe potuto essere preso nuovamente in esame in futuro;
  29. nel mese di dicembre 1978 il sen. Stammati si rivolse al Direttore Generale della Banca d'Italia, dott. Ciampi, ed ottenne che il dott. Sarcinelli incontrasse l’avv. Ambrosoli per discutere dei progetti di sistemazione;
  30. dopo avere avuto, in data 27 dicembre 1978, un colloquio telefonico con il sen. Stammati, l’avv. Guzzi telefonò il 27 dicembre 1978, il 2 gennaio ed il 4 gennaio 1979 alla segretaria dell’on. Andreotti, sig.ra Enea, per sollecitare l'on. Andreotti in ordine allo sviluppo del progetto di salvataggio;
  31. in correlazione con le precedenti conversazioni telefoniche, in data 8 gennaio 1979, si svolse un altro incontro tra l’avv. Guzzi e l'on. Andreotti;
  32. in data 11 gennaio 1979 si tenne l’incontro tra il dott. Sarcinelli e l’avv. Ambrosoli, che non modificarono le posizioni già assunte in ordine ai progetti di sistemazione della Banca Privata Italiana;
  33. in data 23 febbraio 1979 l’avv. Guzzi si incontrò con l'on. Andreotti, al quale espose un quadro generale della situazione e riferì che vi erano state minacce nei confronti dell’avv. Ambrosoli e del dott. Cuccia;
  34. nel periodo tra il mese di febbraio e l’inizio del mese di marzo del 1979 l’avv. Guzzi ebbe ripetuti contatti con Della Grattan, la quale gli fece presente che occorreva che l'on. Andreotti intervenisse sollecitamente in quanto i difensori americani del Sindona avevano deciso di far rilasciare al loro cliente, davanti all’autorità giudiziaria statunitense, importanti rivelazioni "tali da compromettere il sistema democratico in Italia e negli Stati Uniti"; la Grattan, inoltre, comunicò all’avv. Guzzi di avere compiuto un intervento su un esponente del Dipartimento di Stato;
  35. in questo periodo furono, pertanto, consegnati sette memorandum al Centro Studi dell’on. Andreotti; uno di questi memorandum, trasmesso all’on. Andreotti nella mattinata del 9 marzo 1979, evidenziava il pericolo di compromissione degli Stati democratici italiano ed americano;
  36. il 9 marzo 1979 l'on. Andreotti telefonò all’avv. Guzzi e gli disse: "ho dato istruzioni, seguirò la cosa nei prossimi giorni" con riferimento alla sollecitazione ricevuta in ordine al problema delle indagini relative alla Franklin Bank, che erano state aperte negli U.S.A. nel 1975 e sarebbero sfociate in una formale incriminazione (indictment) in data 19 marzo 1979;
  37. in data 26 giugno 1979, dalle ore 10 alle ore 11, l’avv. Guzzi incontrò l'on. Andreotti;
  38. l’avv. Guzzi incontrò ancora l'on. Andreotti in data 5 settembre 1979, per rappresentargli la situazione conseguente alla sparizione del Sindona e per riferirgli di avere ricevuto, due giorni prima, una telefonata dei sedicenti "sequestratori", aggiungendo che "la polizia stava seguendo la questione"; in questa occasione l'on. Andreotti mostrò uno scarsissimo interesse per la sparizione del Sindona e rimase assolutamente indifferente alla notizia della telefonata;
  39. l’avv. Guzzi in data 21 maggio 1980 rinunziò al mandato difensivo e si recò ad incontrare l'on. Andreotti per informarlo di questa decisione;
  40. l’avv. Guzzi trasmise al sen. Andreotti, indirettamente (nel periodo in cui l’ing. Federici era l’interlocutore del predetto esponente politico) o direttamente (nella fase successiva alla scomparsa dell’ing. Federici), 46 memorandum, recapitati presso l’abitazione dell’imputato o presso il Centro Studi sito a Roma in Piazza di Montecitorio;
  41. Licio Gelli riferì più volte all’avv. Guzzi di avere parlato con l'on. Andreotti delle questioni riguardanti il salvataggio della Banca Privata Italiana, ed in una occasione, nel secondo semestre del 1978, gli comunicò di avere appreso dal predetto esponente politico che "la cosa andava positivamente".

Il suesposto contegno tenuto dai soggetti coinvolti nella vicenda denota inequivocabilmente che il Sindona considerava il sen. Andreotti come un importantissimo punto di riferimento politico, cui potevano essere rivolte le proprie istanze attinenti alla sistemazione della Banca Privata Italiana ed ai procedimenti penali che il finanziere siciliano doveva affrontare in Italia e negli U.S.A.. A questo atteggiamento del Sindona, fece riscontro un continuativo interessamento del sen. Andreotti, proprio in un periodo in cui egli ricopriva importantissime cariche governative.

L’imputato assunse l’incarico di Ministro della Difesa nel V Governo Rumor (entrato in carica il 14 marzo 1974), di Ministro del Bilancio e della Programmazione economica nel IV Governo Moro (entrato in carica il 23 novembre 1974) e nel V Governo Moro (entrato in carica il 12 febbraio 1976), di Presidente del Consiglio dei Ministri nel III Governo Andreotti (entrato in carica il 29 luglio 1976), nel IV Governo Andreotti (entrato in carica l’11 marzo 1978), e nel V Governo Andreotti (entrato in carica il 20 marzo 1979).

Particolarmente numerosi furono i contatti intercorsi, nel medesimo periodo, tra l’imputato ed una pluralità di persone che si rivolgevano a lui per rappresentargli le istanze del Sindona. Nei colloqui con costoro, il sen. Andreotti, oltre a manifestare in via generale un vivo interesse per la situazione del Sindona, non di rado assicurò agli interlocutori (come l’ing. Federici, il Guarino ed il Rao, l’avv. Guzzi) il proprio attivo impegno per agevolare la soluzione dei suoi problemi di ordine economico-finanziario e di ordine giudiziario (problemi, del resto, strettamente connessi tra loro, poiché la sistemazione della Banca Privata Italiana costituiva il necessario presupposto per l’esclusione della responsabilità penale del finanziere siciliano con riguardo ai reati fallimentari).

Il sen. Andreotti, inoltre, realizzò alcuni specifici comportamenti che apparivano concretamente idonei ex ante (secondo una valutazione prognostica fondata sul complesso delle circostanze da lui conoscibili) ad avvantaggiare il Sindona nel suo disegno di sottrarsi alle conseguenze delle proprie condotte, ed inequivocabilmente rivolti a questo fine: il sostegno alla nomina del dott. Mario Barone a terzo amministratore delegato del Banco di Roma, ed il conferimento al sen. Stammati ed all’on. Evangelisti dell’incarico di esaminare il secondo progetto di sistemazione della Banca Privata Italiana.

La nomina del dott. Barone fu immediatamente interpretata dal Sindona come un motivo di gratitudine nei confronti del sen. Andreotti e come una iniziativa funzionale alla soluzione dei problemi del suo gruppo finanziario. Il convincimento del Sindona, in effetti, si rivelò fondato, poiché il dott. Barone firmò un prestito dell’importo di cento milioni di dollari, concesso - con grande velocità e con una procedura ritenuta illegittima - attraverso il Banco di Roma-Nassau al Sindona proprio in un periodo in cui le sue banche si trovavano in una situazione di difficoltà, essendo risultata evidente la loro carenza di liquidità. Inoltre, più in generale, la linea seguita dal dott. Barone fu quella del sostegno degli interessi del Sindona e dell’impegno per il salvataggio della Banca Privata Italiana.

In ordine alla nomina del dott. Barone l’imputato all’udienza del 28 ottobre 1998 ha spontaneamente dichiarato, con riferimento al "memoriale Moro":

"non è questa la sede per indugiarsi sulle manipolazioni dei brigatisti né per commentare singoli passi del memoriale, quale ad esempio quelli riguardanti il dottor Mario BARONE, del quale quasi sembra meravigliarsi e censurare ad amministratore delegato del Banco di Roma dando a vedere di non conoscerlo, mentre lo conosceva benissimo, fin dai tempi dei gruppi giovanili della Democrazia Cristiana, dove BARONE emergeva quale ufficiale di marina con due medaglie d’argento, e nel 1946 BARONE era stato candidato alla costituente proprio in Puglia. Non riuscì e fu buon per lui, rinunciò alla vita politica ed entrò nel Banco di Roma, dove ha fatto tutta la sua carriera fino alla citata nomina ad amministratore delegato, quando era il più anziano tra i direttori centrali con una forte qualificazione nel mondo internazionale del credito, non a caso è tuttora vice Presidente esecutivo di una importante banca italo-araba".

Nella successiva udienza del 17 novembre 1998 il sen. Andreotti ha aggiunto:

"è poi veramente squallido attribuire la carriera del dottor Mario BARONE nel Banco di Roma ad interferenze di FANFANI e mie sollecitate da SINDONA".

Va però osservato che le affermazioni dell’imputato non spiegano come mai il sen. Fanfani avesse ravvisato nella nomina del dott. Barone un atto di riconoscenza compiuto in favore del sen. Andreotti, e come mai il Sindona avesse avvertito l’esigenza di ringraziare per la nomina entrambi i predetti esponenti politici, comunicando al sen. Andreotti che si trattava dell’inizio di una collaborazione finanziaria tra il suo gruppo ed il Banco di Roma.

Non può, dunque, disconoscersi che gli elementi di convincimento raccolti evidenziano che la decisione di nominare il dott. Barone (introducendo, oltretutto, una innovazione nella struttura societaria del Banco di Roma), pur riguardando un soggetto di notevole qualificazione professionale, trovò le sue motivazioni politiche nello stretto legame che univa il dott. Barone al sen. Andreotti, e fu esattamente interpretata dal Sindona come il momento iniziale di un significativo rapporto di collaborazione tra il Banco di Roma e il gruppo facente capo al finanziere siciliano.

L’attribuzione al sen. Stammati dell’incarico di esaminare e seguire gli aspetti tecnici del secondo progetto di sistemazione della Banca Privata Italiana non trovava certamente il suo fondamento nell’esercizio di poteri istituzionalmente propri del Presidente del Consiglio.

Sul punto, il sen. Andreotti ha reso le seguenti dichiarazioni spontanee all’udienza del 17 novembre 1998:

"Morto repentinamente FEDERICI venne l’avvocato Rodolfo GUZZI a presentare un progetto formalizzato di salvataggio della liquidazione coatta. Ricevutolo pregai il Senatore STAMMATI di esaminarlo e solo in caso di un suo parere favorevole lo avrei fatto rimettere agli organi competenti. L’avvocato GUZZI era un noto professionista che gestiva la questione assieme a due importanti colleghi, l’avvocato STRINA allievo di CARNELUTTI e il professore GAMBINO che è stato Ministro in uno dei recenti Governi. Perché affidai il preesame al Ministro dei Lavori Pubblici e non al Ministro del Tesoro? STAMMATI era stato mio Capo Gabinetto e Direttore Generale alle Finanze nel 1955 e più tardi era stato anche Ragioniere Generale dello Stato e Presidente della Banca Commerciale Italiana. La richiesta di avviso era tecnica e non comportava alcuna sollecitazione, laddove la trasmissione al Tesoro poteva sembrare in un certo senso sollecitante. (…) Quando STAMMATI mi disse che il piano non era secondo lui praticabile, io chiusi la pratica e non me ne occupai più".

Questa versione dei fatti non può, tuttavia, considerarsi attendibile. Il complessivo comportamento del sen. Andreotti manifesta, infatti, non il semplice intento di acquisire una valutazione tecnica sul progetto di salvataggio prima di trasmetterlo agli organi competenti, bensì il proposito di intervenire su determinati organismi istituzionali (in particolare, sulla Banca d’Italia) per il tramite di altri soggetti pienamente affidabili per il medesimo esponente politico ed in grado di operare efficacemente in favore del Sindona. In questa prospettiva, il carattere informale degli incarichi conferiti al sen. Stammati ed all’on. Evangelisti era finalizzato proprio ad evitare che il sen. Andreotti fosse direttamente ed ufficialmente coinvolto in un’azione di sostegno al Sindona destinata – secondo le aspettative di coloro che ne erano protagonisti - ad essere conosciuta soltanto dalle persone specificamente cointeressate, senza lasciare tracce che consentissero di risalire immediatamente ed incontrovertibilmente al ruolo svolto dall’imputato.

Al riguardo, occorre considerare che il sen. Andreotti, invece di astenersi dall’assumere altre iniziative in attesa di ricevere il giudizio asseritamente richiesto al sen. Stammati, incaricò – aderendo ad una richiesta proveniente dal Sindona e prospettata dall’avv. Guzzi – anche l’on. Evangelisti di esaminare il progetto di "sistemazione", consegnandogli il relativo memorandum (che era stato precedentemente trasmesso dall’avv. Guzzi all’imputato).

L’intervento richiesto dal sen. Andreotti all’on. Evangelisti non poteva, ovviamente, risolversi in un esame tecnico del progetto, che sarebbe stato assolutamente estraneo alle cognizioni proprie del predetto esponente politico. Il coinvolgimento dell’on. Evangelisti era, invece, palesemente funzionale alla realizzazione di un intervento di natura politica.

La natura dell’incarico attribuito all’on. Evangelisti è, del resto, evidenziata dal suo successivo comportamento, concretatosi nella convocazione a Palazzo Chigi del Vice Direttore Generale della Banca d'Italia dott. Sarcinelli al fine di sondare le intenzioni di quest’ultimo in ordine al piano di "sistemazione".

Su questo episodio, l’imputato all’udienza del 17 novembre 1998 ha reso le spontanee dichiarazioni di seguito riportate:

"Appresi per altro con una certa sorpresa che per altra via e cioè tramite il padre di un pittore amico dell’Onorevole EVANGELISTI, il GUZZI aveva consegnato una copia del progetto risoluzione, appunto, al Sottosegretario EVANGELISTI, che a sua volta ne aveva parlato al dottor SARCINELLI. Quando rientravo da una missione all’estero EVANGELISTI me ne informò, lo rimproverai per l’invasione di campo e gli disse di desistere dall’occuparsene. Risulta in effetti che un appunto che aveva preannunciato non fu più inviato al dottor SARCINELLI, il quale ha per altro dichiarato che EVANGELISTI non gli parlò mai a mio nome".

L’assunto secondo cui il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio on. Evangelisti, in questa occasione, avrebbe operato in modo del tutto indipendente rispetto all’allora Presidente del Consiglio on. Andreotti, il quale sarebbe stato informato della predetta iniziativa solo in un momento successivo, è palesemente inverosimile. Infatti – anche a prescindere dalla considerazione degli stretti vincoli che legavano i due esponenti politici sul piano istituzionale, sul piano correntizio e sul piano personale – non vi è dubbio che il contegno tenuto dall’on. Evangelisti nel colloquio con il dott. Sarcinelli manifestava chiaramente la necessità di riferire sul punto all’on. Andreotti prima di proseguire il discorso già iniziato.

Precisamente, a fronte della richiesta del dott. Sarcinelli di disporre, in copia o in originale, dei documenti appena esibitigli, l’on. Evangelisti rispose di non esservi autorizzato ed aggiunse che in quel momento il Presidente del Consiglio dei Ministri, on. Andreotti, non si trovava in Italia. Poiché una simile risposta presuppone la necessità, avvertita dall’on. Evangelisti, di informare l’on. Andreotti sullo svolgimento del colloquio prima di compiere qualsiasi altro atto, deve escludersi che il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio abbia agito indipendentemente da qualsiasi raccordo con l’imputato.

Del resto, lo sviluppo degli eventi desumibile dalle deposizioni dell’avv. Guzzi e del dott. Sarcinelli denota con chiarezza la consequenzialità esistente tra le rispettive condotte realizzate dal sen. Andreotti e dell’on. Evangelisti in un ristretto arco temporale e sulla base di una palese correlazione funzionale. Infatti alla conversazione telefonica del 1° settembre 1978, nella quale l’imputato promise di investire della questione relativa al progetto di sistemazione della Banca Privata Italiana l’on. Evangelisti, fece seguito, il giorno successivo, un incontro nel quale il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio mostrò all’avv. Guzzi il memorandum attinente a tale progetto (che in precedenza era stato trasmesso dal legale al Presidente del Consiglio), ed esplicitò che tale documento gli era stato consegnato dal sen. Andreotti perché egli lo esaminasse. Dopo altri tre giorni, l’on. Evangelisti sottopose il progetto al dott. Sarcinelli, appositamente convocato presso la sede della Presidenza del Consiglio dei Ministri, ed, a fronte delle richieste del suo interlocutore, replicò di non essere autorizzato neppure a rilasciargli una copia dei documenti che gli aveva appena esibito, e sottolineò l’assenza dall’Italia dell’on. Andreotti (precisazione, questa, che rendeva evidente come l’on. Evangelisti preferisse attendere il ritorno del Presidente del Consiglio dei Ministri prima di consegnare al dott. Sarcinelli qualsiasi documento). Due giorni dopo il rientro in Italia dell’on. Andreotti, l’on. Evangelisti comunicò al dott. Sarcinelli che non era necessario trasmettere a quest’ultimo i documenti esibiti nel corso dell’incontro, ed aggiunse che non era più il caso di parlare dell’argomento.

E’, poi, significativo che, subito prima del colloquio con il dott. Sarcinelli, l’on. Evangelisti abbia telefonato all’avv. Guzzi per comunicargli le proprie intenzioni, ed abbia deciso di interpellare senza alcuna esitazione il Vice Direttore Generale della Banca d'Italia in merito al progetto di sistemazione nonostante le resistenze opposte dal legale ad un simile modus procedendi. Tale circostanza induce inequivocabilmente a ritenere che il contegno dell’on. Evangelisti si ricollegasse a motivazioni e a disegni ben più rilevanti del semplice intento di venire incontro alle richieste dell’avv. Guzzi.

L’intervento dell’on. Evangelisti era, dunque, volto a manifestare al Vice Direttore Generale della Banca d’Italia l’esistenza di una volontà politica favorevole al progetto di sistemazione della Banca Privata Italiana ed a sondare la eventuale disponibilità del dott. Sarcinelli in tal senso, dimostrando così all’avv. Guzzi (e, tramite quest’ultimo, allo stesso Sindona) la concretezza dell’interessamento del sen. Andreotti per la vicenda in questione, senza però lasciare tracce che potessero consentire di riconnettere l’azione dell’on. Evangelisti ai contatti precedentemente intercorsi con l’avv. Guzzi ed il sen. Andreotti. Proprio per questo motivo il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, nel colloquio con il dott. Sarcinelli, evitò di fare menzione dell’incarico conferitogli dal sen. Andreotti e di consegnare all’interlocutore copia del memorandum in suo possesso (documento, questo, che anteriormente era stato trasmesso dal legale del Sindona al Presidente del Consiglio dei Ministri, e che avrebbe potuto assumere rilievo ai fini della ricostruzione del tessuto di relazioni costituente il contesto nel quale si collocava l’iniziativa adottata dall’on. Evangelisti).

Analoghe modalità operative si riscontrano negli interventi attuati dal sen. Stammati, il quale, dopo le segnalazioni rivoltegli dal sen. Andreotti, entrò in contatto con l’avv. Guzzi, e (a seguito dell’intercessione del Gelli) si attivò per ottenere lo svolgimento di un incontro tra il dott. Sarcinelli e l’avv. Ambrosoli per l’esame dei progetti di "sistemazione". Anche in questo caso, vennero realizzati comportamenti idonei a palesare ai vertici della Banca d’Italia l’esistenza di una volontà politica favorevole ai medesimi progetti, e suscettibili di manifestare con chiarezza esclusivamente a coloro che erano partecipi di tale disegno gli esatti termini dell’interessamento del sen. Andreotti per le vicende del Sindona.

Se da questi interventi, esplicati dall’imputato avvalendosi di altre persone disponibili ad agevolare il finanziere siciliano, non derivò un risultato finale suscettibile di avvantaggiare in misura particolarmente rilevante il Sindona (come l’accoglimento dei progetti di "sistemazione"), ciò dipese, in modo particolare, dalla linearità del comportamento tenuto dai vertici della Banca d’Italia e dal Commissario liquidatore della Banca Privata Italiana, i quali rimasero insensibili alle pressioni ricevute e non accettarono quindi di sostenere iniziative cui si sarebbe accompagnato un notevole danno per l’Erario pubblico ed un esempio estremamente negativo per il sistema bancario.

L’intento del sen. Andreotti di adoperarsi per la soluzione delle questioni che rivestivano un particolare interesse per il Sindona è ulteriormente comprovato dall’incontro del medesimo esponente politico con il Direttore Generale del Banco Ambrosiano, Roberto Calvi, in data 6 aprile 1977. L’avv. Guzzi, infatti, apprese che tale incontro era finalizzato a trovare una soluzione per la Banca Privata Italiana. Sebbene l’esito dell’incontro si sia rivelato deludente, lo stesso fatto che il sen. Andreotti abbia accettato di prendervi parte, aderendo così ad una richiesta dell’ing. Federici, costituisce un inequivocabile sintomo della benevola attenzione che l’imputato riservava alle vicende del Sindona.

Un ulteriore elemento che denota inequivocabilmente la disponibilità mostrata dal sen. Andreotti nei confronti del Sindona è costituito dall’incontro tra i due soggetti, avvenuto – secondo quanto l’avv. Guzzi apprese dal proprio cliente - a Washington tra il 1976 ed il 1977.

Sebbene non sia possibile ricostruire l’oggetto dell’incontro, non vi è dubbio che lo stesso fatto che esso si sia verificato assume un rilevante valore sintomatico. Nel periodo in esame, infatti, il sen. Andreotti era investito di incarichi governativi di primaria importanza (Ministro del Bilancio e della Programmazione economica nel IV e nel V Governo Moro, e poi, dal 29 luglio 1976, Presidente del Consiglio dei Ministri), mentre il Sindona era latitante e destinatario di una richiesta di estradizione.

Ben diverso era stato – come si è sopra evidenziato – il modus operandi dell’ambasciatore italiano a New York, Roberto Gaja, il quale, intorno al 1975-76 era stato invitato da una organizzazione di italo-americani ad una celebrazione in onore del Sindona, ma aveva rifiutato di prendervi parte a causa della presenza di elementi contigui o legati ad ambienti mafiosi, ed aveva inviato un rapporto al Ministero degli Esteri della Repubblica italiana, spiegando le ragioni per cui "non aveva partecipato a quella manifestazione e non intendeva partecipare a nessun'altra cosa che riguardasse Sindona, ritenendolo in contatto stretto con ambienti di natura mafiosa".

Non a caso, rendendosi conto della singolarità di questo incontro e del carattere anomalo del complessivo contegno da lui tenuto in un ampio arco di tempo successivo all’adozione di provvedimenti restrittivi della libertà personale a carico del Sindona, l’imputato ha cercato di sminuire la consistenza dei propri rapporti con il finanziere siciliano, sostenendo quanto segue nelle spontanee dichiarazioni rese all’udienza del 17 novembre 1998:

"Nel tentativo di creare collegamenti tra me ed ambienti mafiosi, si è evocato spesso in questo processo il caso SINDONA. Premetto un’osservazione di ordine generale, di alcuni personaggi e non è questo né il primo né l’ultimo caso la vita si svolge in fasi totalmente opposte, taluni dopo lunghe stagioni squallide ed oscure sono folgorati dal bene e camminano sino alla loro fine su strade ineccepibili, altri invece dopo anni di esistenza limpida o almeno incensurata precipitano nel baratro di una drammatica involuzione. Se si confondo arbitrariamente i due periodi nell’un caso e nell’altro si incorre in una grave deformazione storica e morale. Per quel che riguarda il dottor SINDONA non condivido certamente il costume di quanti lo osannavano mentre era in auge e mentre tentava le scalate in borsa, definendolo allora con enfasi una giovane forza che contestava i cosiddetti patriarchi della finanza e dell’economia ed appena iniziò il suo tracollo fecero a gara per disconoscerlo e per lapidarlo. Io nulla so e posso dire per conoscenza diretta su quanto avvenne da quando cominciò la sua parabola discendente, contrassegnata dalla fuga, dalla clandestinità, da un attentato simulato, dalla gravissima condanna per l’omicidio del dottor AMBROSOLI e infine dalla clamorosa morte nella prigione. Parlo invece senza la minima difficoltà dei rapporti, non molti e per altro sempre istituzionali e mai privati, avuti con il SINDONA per così dire della prima maniera. Conobbi il dottor SINDONA tra la fine degli anni 50 e l’inizio del decennio successivo, ero andato come Ministro per una riunione alla Camera di Commercio di Milano, mi fu presentato in termini fortemente positivi e mi colpirono specificatamente gli elogi ascoltati dal presidente della SMIA (…) Franco MARINOTTI e dal presidente della Banca Commerciale Italiana Raffaele MATTIOLI. Ricordo anzi che a tanta ammirazione per le sue doti di tributarista opposi scherzosamente l’augurio che non ne risentisse troppo il fisco italiano. Comunque nel convegno apprezzai io stesso nell’intervento di SINDONA la serietà dell’analisi della situazione ed anche la forma espositiva. Non so se avesse già un ruolo di spicco nel settore bancario, certo in quel qualificato contesto milanese era molto stimato e rispettato, comunque emerse presto proprio nel campo del credito sia all’interno che all’estero, arrivando anche alla guida di una grande banca americana, nel cui consigliò figurò l’ex Ministro del Tesoro degli Stati Uniti KENNEDY, omonimo della famiglia del Presidente. Attorno a SINDONA si erano mosse del resto a Milano persone di grande notorietà come ad esempio lo svizzero scozzese John MC CAFFERY, che aveva avuto un ruolo importante durante la guerra di liberazione, ed uno dei membri della potente famiglia HAMBRO Joceline, grandi banchieri. Tutto questo sempre nella prima fase della vita di SINDONA. Lungo questi anni lo ricevetti alcune volte a sua richiesta e mi colpirono alcune idee, tra l’altro mi aveva impressionato in un colloquio un suo progetto per fronteggiare la ricorrente crisi suscitata dagli alti prezzi del petrolio; parlava di un pool sul piano mondiale e cioè il cartello internazionale dell’argento per farne una specie di tallone di riferimento dei prezzi petroliferi. Perché l’argento e non l’oro? Perché ragioni politiche rendevano impraticabile un accordo sull’oro, per motivi contrapposti con il Sud Africa e con l’unione Sovietica maggiori produttori. Era un accenno non fantasioso, perché seppi che uomini dell’ENI iniziarono per loro conto l’operazione, che però non ebbe come tale seguito forse anche perché il riferimento unico al dollaro sembrava o era insuperabile. Nel 1972-73 quando ero Presidente del Consiglio, SINDONA venne a parlarmi di una proposta sulla conversibilità delle obbligazioni e di un possibile consorzio internazionale di banche a sostegno della lira, versavamo in un momento difficile con sospensione dal cosiddetto serpente monetario. Lo inviai per competenza al Ministro del Tesoro. Gli americani residenti in Italia avevano allora la consuetudine di conferire un premio intitolato l’uomo dell’anno, Michele SINDONA ebbe questo riconoscimento per il 1973, il precedenza lo aveva avuto Vittorio VALLETTA, per consegnarlo a SINDONA fu offerto un banchetto d’onore, se non vado errato dall’Ambasciatore statunitense a Roma o comunque con la sua partecipazione, io fui invitato ma non andai. Fui invece ospite di SINDONA in un pranzo a New York in occasione di una mia visita negli Stati Uniti nel 1973 dove mi recavo per una tavola rotonda presso il Vice Presidente Nelson ROCKFELLER. Nel memoriale MORO è rievocato questo pranzo in termini del tutto impropri. Del memoriale e delle possibili due spiegazioni ho già parlato. Si disse che l’Ambasciatore italiano mi avesse sconsigliato di accettare l’invito. A parte che il dottor SINDONA era in quel momento in una posizione di assoluto rilievo positivo, non solo l’Ambasciatore ORTONA non mi accennò a controindicazioni ma venne lui stesso a New York invitato per il pranzo, senza avere alcun obbligo di accompagnamento, in quanto io non ero in quel momento al Governo. Vi furono anche l’Ambasciatore italiano all’ONU e il Console Generale d’Italia a New York. Non so ad opera di chi venne fuori la leggenda di una lode che io avrei riservato al SINDONA durante quel convito definendolo salvatore, o secondo altri benefattore, della lira. Rammento che citai solo le sue idee, l’ho ricordato sopra, dell’affrancamento dalla rigidità del mercato del petrolio e su possibili meccanismi di sostegno alla finanza italiana. Un altro particolare nel documento di MORO è singolare, scrive che io non avrei ritenuto adeguata l’offerta da lui fattami di andare come rappresentante alla conferenza del mare presso l’ONU. Per esattezza è vero che mi avrebbe fatto comodo non pagare di persona il viaggio, ma declinai l’offerta perché trattandosi di un argomento estraneo alla mia preparazione saremmo stati criticati sia MORO che io. Se la potenza del personaggio SINDONA fosse soltanto apparente, il livello politico dell’ex Ministro del Tesoro americano KENNEDY o se solo errate e spericolate decisioni successive lo travolsero non sono in grado di dire. Molte università americane tra le più prestigiose lo avevano invitato a tenere conferenze, il cui testo l’uomo rispondeva ampiamente anche in Europa. È noto che ad un certo momento le cose cambiarono per SINDONA, sono conosciute in particolare le sue disavventure economico – finanziarie che portarono al fallimento delle banche e le conseguenti incriminazioni penali. È altresì noto che contro SINDONA venne spiccato mandato di cattura dall’Autorità Giudiziaria italiana e che egli era fuggito negli Stati Uniti vanificando il provvedimento emesso nei suoi confronti. Ebbene nego con la massima fermezza di avere avuto rapporti e contatti con il SINDONA in America o dovunque dopo la sua fuga. Chi afferma il contrario non conosce la realtà e dice il falso o consapevolmente mentendo o comunque affermando cose non vere. Nella cronistoria del dottor SINDONA si colloca come inizio del declino l’aumento di capitale in dollari del suo gruppo, di cui aveva iniziato ad acquisire le sottoscrizioni prima dell’approvazione del Comitato del Credito, approvazione che non fu data e che provocò appunto conseguenze involutive a catena. Il Ministro del Tesoro Ugo LA MALFA disse che mezza Italia gli aveva sollecitato questa approvazione, io ero certamente nell’altra metà. Prego considerare che i miei rapporti con LA MALFA, pur su matrici ideologiche tanto diverse, erano tali che nel 1979 accettò di essere Vice Presidente in un Governo da me presieduto, pur sapendo quanto fossero scarse e posso dire anche nulle le possibilità di navigazione del Governo stesso, purtroppo la morte lo stroncò improvvisamente quando non c’eravamo ancora presentati al Parlamento. Sul personaggio SINDONA e sulle sue vicende sono stati scritti e detti fiumi di parole, si è parlato ad esempio aiuto o prestiti da lui dati alla Democrazia Cristiana. Quali siano stati i suoi rapporti con la segreteria della DC io non avevo veste né ebbi occasione per essere informato prima dell’esplosione del caso SINDONA. È poi veramente squallido attribuire la carriera del dottor Mario BARONE nel Banco di Roma ad interferenze di FANFANI e mie sollecitate da SINDONA (…). Sul decorso della crisi di SINDONA, fermo restando ripeto che è falso che lo abbia incontrato in America o in altro luogo dopo che era iniziata la sua fase negativa, è vero invece che fui investito dell’esame di un’ipotesi di soluzione della crisi del gruppo. Premetto che era ed è tuttora prassi nota e costante in presenza di rischi di fallimento di imprese richiedere interventi governativi. Quando possibile e ovviamente nei modi leciti questo interventi avvengono, talvolta anche provocando polemiche come è accaduto per il trasferimento in pubblici impieghi dei lavoratori della Olivetti eccedenti. Nel caso SINDONA il crollo coinvolgeva una banca e sappiamo tutti che segnale questo rappresenta. Del caso stesso venne a parlarmi come Presidente del Consiglio il dottor Fortunato FEDERICI che agiva per conto e su incarico del Banco di Roma, del cui consiglio di amministrazione faceva parte. Il Banco era interessato perché creditore del gruppo ma più che altro perché si erano collegate le sorti della Società Generale Immobiliare, il gruppo economico romano più consistente, della cui sorte si era detto preoccupato anche il Governatore della Banca d’Italia BAFFI, a causa della attività di questa società anche negli Stati Uniti e nel Canada. Sulla crisi dell’Immobiliare vi fu altresì a Palazzo Chigi una riunione con i 3 segretari delle confederazioni sindacali. Il dottor FEDERICI, persona di ampia reputazione in Roma, non era davvero uomo di SINDONA, come si è irriguardosamente voluto definire. Morto repentinamente FEDERICI venne l’avvocato Rodolfo GUZZI a presentare un progetto formalizzato di salvataggio della liquidazione coatta. Ricevutolo pregai il Senatore STAMMATI di esaminarlo e solo in caso di un suo parere favorevole lo avrei fatto rimettere agli organi competenti. L’avvocato GUZZI era un noto professionista che gestiva la questione assieme a due importanti colleghi, l’avvocato STRINA allievo di CARNELUTTI e il professore GAMBINO che è stato Ministro in uno dei recenti Governi. Perché affidai il preesame al Ministro dei Lavori Pubblici e non al Ministro del Tesoro? STAMMATI era stato mio Capo Gabinetto e Direttore Generale alle Finanze nel 1955 e più tardi era stato anche Ragioniere Generale dello Stato e Presidente della Banca Commerciale Italiana. La richiesta di avviso era tecnica e non comportava alcuna sollecitazione, laddove la trasmissione al Tesoro poteva sembrare in un certo senso sollecitante. La pressione dell’avvocato GUZZI era in effetti asfissiante e mi aveva meravigliato che chiedesse a me un appuntamento alla Banca d’Italia per il liquidatore avvocato AMBROSOLI insieme al dottor CUCCIA. Gli disse che se l’avvocato AMBROSOLI e il dottor CUCCIA volevano parlare con la Banca d’Italia non avevano certo bisogno di presentazioni. Non so se a parte la petulanza, che comunque non influiva, il GUZZI vendesse come usa dirsi fumo e spacciasse la mia cortesia formale con assicurazioni di interessamento che io non detti né potevo o volevo dare, purtroppo per alcuni particolari debbo esprimere un giudizio negativo sul suo comportamento. Parecchi promemoria che dal suo archivio risultavano a me presentati non li ho mai visti, né corrisponde al vero quanto dice circa la signorina Della GRATTAN di New York, di cui dirò tra breve. Quando STAMMATI mi disse che il piano non era secondo lui praticabile, io chiusi la pratica e non me ne occupai più. Appresi per altro con una certa sorpresa che per altra via e cioè tramite il padre di un pittore amico dell’Onorevole EVANGELISTI, il GUZZI aveva consegnato una copia del progetto risoluzione, appunto, al Sottosegretario EVANGELISTI, che a sua volta ne aveva parlato al dottor SARCINELLI. Quando rientravo da una missione all’estero EVANGELISTI me ne informò, lo rimproverai per l’invasione di campo e gli disse di desistere dall’occuparsene. Risulta in effetti che un appunto che aveva preannunciato non fu più inviato al dottor SARCINELLI, il quale ha per altro dichiarato che EVANGELISTI non gli parlò mai a mio nome. È più che ovvio che nessun intervento io esplicai o consentissi che altri esplicassero per bloccare o ritardare l’estradizione del SINDONA agli Stati Uniti. Dagli atti emerge che i tempi lunghi si dovettero alle iniziative che misero in campo gli avvocati americani del SINDONA, con pretesa tra l’altro di traduzione a carico italiano di voluminosi fascicoli processuali. Faccio presente richiamando in proposito la testimonianza dell’Onorevole AZZARO, relatore della Commissione Parlamentare di inchiesta prestigiosamente presieduta dal Senatore Francesco DE MARTINO, che la questione di possibile pressioni, interferenze o favori da parte dei politici nei confronti di SINDONA costituì uno dei filoni di indagine più battuti ed esplorati dalla commissione stessa e ciò si spiega facilmente, considerando che era un foro di natura politica e soprattutto gli aspetti politici del caso interessavano alla commissione, la quale pertanto era molto attenta a ricercare se da parte di questo o di quel politico e quindi anche da parte mia fossero state esercitate pressioni o assunte iniziative in favore di Michele SINDONA. La commissione non solo non ha rilevato nulla di tutto ciò ma è giunta ad escludere che da parte mia siano stati espletati interventi in favore di Michele SINDONA. È risultato ad esempio che a perorare affidavit a favore di Michele SINDONA si attivarono due personalità della collettività italoamericana newyorchese l’avvocato RAO e il dottor Filip (rectius Philip: n.d.e.) GUARINO. Il primo era figlio del Presidente della Corte Federale delle Dogane e lui stesso Giudice nominato da JOHNSON; l’altro era l’organizzatore della propaganda di quel Partito Repubblicano. Come altre volte, come tanti altri stranieri oriundi o no di passaggio per Roma, vennero a farmi una visita di cortesia ma non mi chiesero davvero interventi per SINDONA. Ho appreso dall’inchiesta che altri sottoscrissero questi affidavit tra cui il Procuratore Generale della Corte di Appello dottor Carmelo SPAGNOLO (rectius Spagnuolo: n.d.e.), accreditando la notizia di un presunto complotto politico contro il SINDONA stesso, che sarebbe stato montato ai suoi danni e per danneggiare a favore dei comunisti i partiti di Governo. Io non ho mai preso sul serio questa impostazione così fantasiosa. Ho letto con curiosità la puerile invenzione che avrei incaricato qualcuno di recarsi dal signor WARNER (rectius Warren: n.d.e.) Cristopher o da altre personalità del Dipartimento di Stato ad illustrare questo risvolto politico che avrebbe dovuto sconsigliare l’invio coatto in Italia del SINDONA. Si inserisce qui la figura della signora Della GRATTAN, un’americana di madre italiana titolare di un ufficio di pubbliche relazioni in New York. La si presenta stranamente come mia segretaria e si asserisce che avesse con me quotidiani contatti telefonici. La signora GRATTAN era venuta in Italia negli anni 50 ad organizzare una visita del Sindaco di New York, Vincent IMPELLITERI di famiglia siciliana, ed io Sottosegretario fui incaricato dal Presidente DE GASPERI di occuparmene con cura stante l’interesse di recupero internazionale che avevamo in quel momento. Di qui la conoscenza con la signora GRATTAN, che rividi nei miei viaggi in America a partire dall’agosto 1954, avendo con lei e con la famiglia amichevoli relazioni, mai di affari o politiche, punto e basta. Non so assolutamente se sia vero che la GRATTAN si sia occupata di questioni riguardanti SINDONA, certamente a me non lo disse e tanto meno io la sollecitai. È una delle leggende che ho visto costruire ai miei danni con una tenacia degna di miglior causa. Nella montagna di carte del processo si trova del resto tutto e il contrario di tutto, secondo il GUZZI io avrei incaricato almeno incoraggiato la GRATTAN di muoversi a favore di SINDONA, ma un’agente del FBI Edward HOLYDAY (rectius Holiday: n.d.e.), sentito dai Pubblici Ministeri di Palermo e di Perugia il 6 giugno 1994 a New York dice invece che la GRATTAN mi aveva messo in guardia dall’intrattenere rapporti con SINDONA, che lei riteneva persona inaffidabile e spietata. Ma le contraddizioni abbondano, da un lato la GRATTAN gli avrebbe detto che SINDONA le aveva chiesto invano di procurargli un contatto con me, dall’altro si lamenta perché io lo avessi incontrato nel 78 o 79, si dice, nonostante il suo parere contrario. Incontro mai avvenuto. Chi ha inventato questo possibile incontro del 1979 si è forse riferito all’elenco degli invitati che dovevano partecipare ad un convegno promosso per l’undici dicembre di quell’anno dal Presidente dell’Alitalia NORDIO a New York. Io figuravo nel programma ma fui bloccato a Roma per un’operazione chirurgica e non andai. Non sempre ma spesso anche le bugie degli informatori hanno le gambe corte. In quanto al viaggio ufficiale del 1978 alla consueta vigilanza protettiva si aggiunse un rinforzo 24 ore su 24 perché si era sotto l’impressione dell’assassinio di MORO. Ci sono però negli atti del mio processo pagine che meritano una smentita precisa ed onnicomprensiva, mi riferisco ad una parte della deposizione del professore MINERVINI, nella quale si riferiscono asseritamente in rapporto alla Commissione Parlamentare di inchieste una serie di lettere del SINDONA a me ed anche una telefonata con menzione della stessa signora GRATTAN. Io non ho mai ricevuto queste lettere o queste telefonate, se vi sono copie o appunti in proposito dichiaro che si tratta di falsi costruiti non so se qui o in America. La stessa calunniosa infondatezza si estende anche alla telefonata che il SINDONA mi avrebbe fatto durante la sua avventurosa clandestinità in Sicilia, tra l’altro chiamandomi Giulio ed usando il tu. Poiché però ho citato la testimonianza del professore MINERVINI ricordo che egli ha qui ricordato la deposizione dell’ex Console Generale d’Italia a New York PIERI (rectius Vieri: n.d.e.) TRAXLER, resa alla Commissione Parlamentare di inchiesta ridimensionando il ruolo della signor GRATTAN e fornendo altre importanti precisazioni. Del resto alla ricerca di miei connessioni con SINDONA un suo biografo, sotto altri aspetti bene informato, il PANERAI è caduto anche in un infortunio, quando scrive della grande cordialità che SINDONA mi avrebbe manifestato il 14 luglio 1969 a Frosinone inaugurandosi la fabbrica di valigie PATTI appartenente al suo gruppo. Orbene ricordo invece di essere rimasto quel giorno quasi offeso perché la ditta aveva invitato ed era andato il Ministro dell’Industria che ero io ma a ricevermi vi era solo uno degli amministratori e non il numero uno SINDONA, ho qui la cronaca del quotidiano il Globo del giorno successivo 15 luglio 1969. Del resto pur sapendo che si trattava di una zona la cui industrializzazione mi interessava come rappresentante parlamentare da oltre 20 anni, non mi aveva mai comunicato la scelta del luogo né informato sulla realizzazione. È forse un indicatore dell’effettivo grado non intenso dei rapporti che vi erano con la persona. Ricordo anche bene, perché ero capogruppo alla Camera dei Deputati, che nel 1971 si levarono voci non certo dalla mia parte politica per diffidare il Governo dal porre ostacoli alle mire di SINDONA, espressione in quel momento di un istituto finanziario tedesco sul gruppo BASTOGI, la Banca d’Italia e il Governo ritennero egualmente di non consentire questa operazione. Mi sia consentito concludere il capitolo SINDONA con una nota di curiosità. In una delle occasioni in cui dovevo parlare dell’argomento feci ricercare se avesse avuto onorificenze al merito della Repubblica, trovarono un decreto del 2 giugno 1961 nato da una proposta del Sottosegretario agli Esteri Onorevole DOMINETO’ (rectius Dominedò: n.d.e.) per cito: le benemerenze acquisite nel campo sociale e assistenziale, chiusa la citazione. La Presidenza del Consiglio dei Ministri aveva richiesto le informazioni di rito alla Prefettura di Milano, che ne certificava la regolare condotta morale e civile e ne descriveva le attività professionali concludendo favorevolmente. Non ha molta importanza ma in quel momento non ero io Presidente del Consiglio".

Deve tuttavia osservarsi che molti aspetti essenziali della ricostruzione dell’accaduto esposta dall’imputato – come la collocazione dei suoi incontri con il Sindona esclusivamente negli anni anteriori al 1974, l’assunto secondo cui si sarebbe trattato soltanto di rapporti di carattere istituzionale, la negazione di avere sollecitato la nomina del dott. Barone, la suesposta spiegazione delle ragioni e della natura dell’incarico conferito al sen. Stammati, l’affermata estraneità alle iniziative assunte dall’on. Evangelisti, l’esclusione della circostanza che il Rao ed il Guarino abbiano richiesto all’imputato di compiere interventi per il Sindona, l’asserita ignoranza dell’attenzione mostrata dalla Grattan per le vicende riguardanti il finanziere siciliano - sono inequivocabilmente contraddetti dalle risultanze probatorie sopra riassunte.

Ciò posto, deve osservarsi che, nel periodo preso in esame, iniziative – assai diverse tra di loro per le modalità di estrinsecazione - tendenti a perseguire la realizzazione degli interessi del Sindona furono attuate, oltre che dal sen. Andreotti, anche da alcuni altri esponenti politici, da una parte del mondo economico-finanziario, da ambienti massonici legati alla loggia P 2, dai collaboratori e dai difensori del finanziere siciliano, e da soggetti appartenenti o vicini a "Cosa Nostra".

Dalla sentenza n.20/86 emessa il 18 marzo 1986 dalla Corte di Assise di Milano si evince che alcune gravi manovre intimidatorie ebbero inizio nell’ottobre del 1978.

Nell’autunno del 1978, infatti, come è stato evidenziato nella predetta pronunzia, il Sindona ed i suoi collaboratori avevano buone ragioni per ritenersi del tutto insoddisfatti dei risultati dei loro sforzi per promuovere i progetti di salvataggio, i quali non riuscivano a superare lo scoglio dell’opposizione da parte della Banca d’Italia e del Commissario liquidatore avv. Ambrosoli.

L’amministratore delegato della Banca Commerciale Italiana dott. Francesco Cingano, il Direttore Generale della Banca d’Italia dott. Carlo Azeglio Ciampi, il Vice Direttore Generale della Banca d’Italia dott. Mario Sarcinelli, l’amministratore delegato del Credito Italiano dott. Rondelli, richiesti di un parere tecnico in seguito all’interessamento di influenti uomini politici, giudicarono impraticabile il progetto di sistemazione loro sottoposto. Uguale giudizio negativo venne espresso ripetutamente dal Commissario liquidatore avv. Giorgio Ambrosoli. Il Presidente di Mediobanca dott. Enrico Cuccia continuava a giudicare con scetticismo i vari progetti di sistemazione (v. la sentenza pronunziata il 18 marzo 1986 dalla Corte di Assise di Milano).

Nell’ottobre del 1978 ebbe pertanto inizio una pesante attività intimidatoria nei confronti del dott. Cuccia. Quest’ultimo tra il 9 ed il 12 ottobre 1978 ricevette una pluralità di telefonate anonime minatorie. In un incontro tenutosi il 18 ottobre a Zurigo con l’avv. Guzzi e il dott. Cuccia, il Magnoni lesse una lunga nota del Sindona, con la quale si voleva far credere che le telefonate anonime dei giorni precedenti fossero una iniziativa autonoma degli ambienti mafiosi italo-americani amici di Sindona, che tali ambienti sarebbero stati propensi ad uccidere il dott. Cuccia, e che per rabbonirli sarebbe stato necessario molto denaro; con la nota, inoltre, si intimava al dott. Cuccia di provvedere ad iniziative che "integrassero nei suoi averi" il Sindona e che "facessero cadere il mandato di cattura". Nonostante le minacce ricevute, il dott. Cuccia non si prestò a compiere un intervento per influire sulle decisioni della Banca d’Italia. Nella notte tra il 16 ed il 17 novembre 1978 il dott. Cuccia subì una nuova telefonata minatoria e, contemporaneamente, un attentato incendiario al portone della sua abitazione (cfr. la citata sentenza della Corte di Assise di Milano).

Il 5 gennaio 1979 giunse al dott. Cuccia un’altra telefonata minatoria.

Nel corso di un incontro con il dott. Cuccia a Zurigo in data 22 marzo 1979, il Magnoni asserì di ritenere che vi fosse un collegamento tra le telefonate anonime rispettivamente ricevute dal Presidente di Mediobanca e dal Commissario liquidatore della Banca Privata Italiana, sostenne che si era trattato di un "picciotto" il quale aveva agito di sua iniziativa per poter vantare dei meriti agli occhi del Sindona, aggiunse che la situazione del Sindona era divenuta particolarmente grave, esplicitò che il proprio suocero, nei giorni precedenti, aveva appreso dall’avvocato che manteneva i contatti con la mafia italo-americana che lui stesso era da considerarsi un uomo morto e che di conseguenza anche il dott. Cuccia ed i suoi familiari avrebbero dovuto essere uccisi, ed, a proposito dei rapporti del suocero con ambienti mafiosi, evidenziò che in pochi giorni la mafia americana aveva raccolto 500.000 dollari messi a disposizione del Sindona per fornire la cauzione.

Nel corso di un incontro con il dott. Cuccia a New York in data 11 aprile 1979, il Sindona affermò di avere esposto alle comunità italiane negli U.S.A. quali erano state le "malefatte" compiute dal Presidente di Mediobanca verso di lui, spiegò che a seguito di questa propaganda la mafia aveva condannato a morte il dott. Cuccia e raccolto informazioni sui suoi figli, e aggiunse di avere fatto sospendere specifiche iniziative nei confronti del suo interlocutore poiché quest’ultimo poteva essergli più utile da vivo che da morto (cfr. la sentenza n.20/86 emessa il 18 marzo 1986 dalla Corte di Assise di Milano).

Tra il dicembre 1978 ed il gennaio 1979 anche l’avv. Ambrosoli fu oggetto di una pesante manovra intimidatoria, collegata con quella realizzata in danno del dott. Cuccia, come emergeva chiaramente sia dal contenuto dei messaggi di minaccia, sia dalla circostanza che l’autore di due telefonate anonime effettuate in un medesimo periodo si qualificò come "Ambrosoli" parlando con il dott. Cuccia e come "Cuccia" parlando con l’avv. Ambrosoli.

Il contenuto delle telefonate intimidatorie ricevute dall’avv. Ambrosoli il 28 dicembre 1978, il 5, l’8, il 9, il 10 ed il 12 gennaio 1979 è stato menzionato nel precedente paragrafo di questo capitolo, nel quale si è altresì rilevato come l’autore delle comunicazioni telefoniche del 9 gennaio 1979 sia stato identificato in Giacomo Vitale, e come l’intervento compiuto da costui sia riconducibile ad una matrice mafiosa.

La stretta correlazione ravvisabile - quanto al contenuto ed alla successione cronologica - tra le diverse telefonate anonime ricevute, in quel periodo, rispettivamente, dall’avv. Ambrosoli e dal dott. Cuccia, il suesposto modo di qualificarsi dell’autore delle telefonate, e le stesse asserzioni compiute dal Magnoni in data 22 marzo 1979, inducono ad inquadrare in un contesto mafioso la complessiva manovra intimidatoria posta in essere ai danni del Presidente di Mediobanca e del Commissario liquidatore della Banca Privata Italiana negli ultimi mesi del 1978 e nel primo semestre del 1979.

Ciò posto, deve osservarsi che nelle telefonate minatorie del 9 gennaio 1979 il Vitale fece espresso riferimento all’on. Andreotti, affermando che quest’ultimo (indicato come il "capo grande") aveva comunicato di avere "sistemato tutto" e di avere ottenuto che il dott. Ciampi telefonasse all’avv. Ambrosoli, aveva addebitato ogni colpa allo stesso Commissario liquidatore, ed aveva sostenuto che l’avv. Ambrosoli non voleva collaborare per aiutare il Sindona.

Le suindicate circostanze riferite da un esponente dello schieramento "moderato" di "Cosa Nostra" come il Vitale, direttamente impegnato in gravi attività illecite tendenti ad agevolare il Sindona nel suo sforzo di risolvere in modo a sé favorevole i propri problemi economici e giudiziari, evidenziano con assoluta chiarezza la particolare attenzione con cui i referenti mafiosi del finanziere siciliano seguivano le iniziative asseritamente poste in essere, a vantaggio di quest’ultimo, dal sen. Andreotti.

Le affermazioni del Vitale, pur apparendo vistosamente imprecise nella individuazione delle specifiche modalità che avevano contraddistinto l’intervento del sen. Andreotti, coglievano indubbiamente lo scopo cui tale intervento era rivolto: esercitare una rilevante pressione sulla Banca d’Italia e, attraverso di essa, sul Commissario liquidatore della Banca Privata Italiana, per indurlo a modificare il proprio orientamento in senso favorevole al Sindona.

Per le considerazioni che precedono, deve affermarsi che:

  • il sen. Andreotti adottò reiteratamente iniziative idonee ad agevolare la realizzazione degli interessi del Sindona nel periodo successivo al 1973;
  • tra tali iniziative, assunsero particolare rilevanza – anche se non conseguirono il risultato voluto - quelle aventi come destinatari finali i vertici della Banca d’Italia ed il Commissario liquidatore della Banca Privata Italiana, i quali si opponevano ai progetti di "sistemazione"; va in particolare sottolineato che, se gli interessi del Sindona non prevalsero, ciò dipese, in larga misura, dal senso del dovere, dall’onestà e dal coraggio dell’avv. Ambrosoli, il quale fu ucciso, su mandato del Sindona, proprio a causa della sua ferma opposizione ai progetti di salvataggio elaborati dall’entourage del finanziere siciliano, a favore dei quali, invece, si mobilitarono il sen. Andreotti, taluni altri esponenti politici, ambienti mafiosi e rappresentanti della loggia massonica P2;
  • il significato essenziale dell’intervento spiegato dal sen. Andreotti (anche se non le specifiche modalità con le quali esso si era realizzato) era conosciuto dai referenti mafiosi del Sindona.

Va tuttavia osservato che le condotte poste in essere dal sen. Andreotti nei confronti del Sindona potrebbero integrare la fattispecie della partecipazione all’associazione di tipo mafioso soltanto qualora assumessero - per le loro caratteristiche intrinseche - significatività e concludenza in termini di affectio societatis, denotando l’adesione dell’imputato al sodalizio criminoso.

Nel caso di specie, è invece rimasto non sufficientemente provato che il sen. Andreotti, al momento in cui realizzò i suindicati comportamenti suscettibili di agevolare il Sindona, fosse consapevole della natura dei legami che univano il finanziere siciliano ad alcuni autorevoli esponenti dell’associazione mafiosa.

I comportamenti dell’imputato che apparivano concretamente idonei ex ante ad avvantaggiare il Sindona nel suo disegno di sottrarsi alle conseguenze delle proprie condotte illecite - come il conferimento informale al sen. Stammati ed all’on. Evangelisti degli incarichi riguardanti il secondo progetto di sistemazione - risalgono ad un periodo anteriore alla data (18 ottobre 1978) in cui lo stesso avv. Guzzi comprese che il proprio cliente intratteneva rapporti con ambienti mafiosi.

Non vi è prova certa che, al momento in cui tenne i predetti comportamenti, l’imputato fosse in possesso di informazioni tali da ingenerare in lui la consapevolezza che gli effetti del suo operato avrebbero potuto assumere una notevole importanza per gli esponenti mafiosi per conto dei quali il Sindona svolgeva attività di riciclaggio.

In particolare, non è stata fornita prova sufficiente che l’imputato fosse venuto a conoscenza del rapporto con il quale, in epoca anteriore al 1977, l’ambasciatore italiano a New York, Roberto Gaja, aveva rappresentato al Ministero degli Affari Esteri le ragioni per cui non aveva partecipato ad una celebrazione in onore del Sindona e non intendeva presenziare a nessun’altra manifestazione riguardante il finanziere siciliano, ritenendolo in contatto stretto con ambienti di natura mafiosa (cfr. sul punto la deposizione testimoniale dell’on. Teodori).

Ugualmente non vi è prova sufficiente che l’imputato abbia avuto consapevolezza dei sospetti emersi, anteriormente al 1974, sui collegamenti tra il Sindona ed ambienti mafiosi, sulla base delle indicazioni provenienti - secondo quanto ha riferito il teste Teodori - dal Narcotics Bureau degli U.S.A. (che aveva inviato all’autorità di polizia italiana richieste di informazioni riguardanti il Sindona, segnalandone i rapporti con personaggi degli ambienti di "Cosa Nostra" americani, quali Daniel Porco, Ernest Gengarella e Ralph Vio, sospettati di coinvolgimento nel traffico di stupefacenti) e dal giornalista americano Jack Begon (il quale aveva curato una trasmissione sui rapporti fra il Sindona, la mafia e il traffico internazionale di stupefacenti, messa in onda su una rete di stazioni radiofoniche americane il 28 Luglio 1972, facendo riferimento a spostamenti di denaro fra Europa e U.S.A., pianificati dal vertice di "Cosa Nostra" in una riunione tenuta all'Hotel delle Palme di Palermo).

Per quanto attiene, poi, al periodo successivo alla data (23 febbraio 1979) in cui l’avv. Guzzi riferì all'on. Andreotti che vi erano state minacce nei confronti dell’avv. Ambrosoli e del dott. Cuccia, resta incerta la effettiva valenza causale degli interventi sollecitati al sen. Andreotti, o da lui promessi nelle conversazioni con altri soggetti. Non sono state, infatti, definite in termini sicuri le modalità delle "istruzioni" che l’imputato aveva comunicato all’avv. Guzzi di avere dato con riferimento alla sollecitazione ricevuta in ordine al problema delle indagini relative alla Franklin Bank. E’, inoltre, rimasto indeterminato il ruolo effettivamente assunto dal sen. Andreotti rispetto all’intervento asseritamente realizzato dalla Grattan nei confronti di un esponente del Dipartimento di Stato degli U.S.A.. E gli elementi di convincimento raccolti non permettono di stabilire se l’interessamento mostrato dal sen. Andreotti abbia realmente influito sui tempi della procedura di estradizione.

Una approfondita conoscenza, da parte del sen. Andreotti, del collegamento del Sindona con lo schieramento mafioso "moderato" è sicuramente dimostrata dalle espressioni usate dall’imputato nell’incontro del 5 aprile 1982 con il gen. Dalla Chiesa. Infatti - come si è evidenziato in altra parte della presente sentenza - in questa occasione il sen. Andreotti fece riferimento all’omicidio di Pietro Inzerillo (ucciso il 15 gennaio 1982 a Mont Laurel nel New Jersey - U.S.A.) ed allo stato in cui si trovava il suo cadavere (effettivamente rinvenuto con cinque dollari in bocca e un dollaro sui genitali, secondo un macabro rituale tendente ad accreditare la tesi che la vittima aveva sottratto denaro all'organizzazione ed era "un uomo da poco": cfr. sul punto la sentenza emessa il 16 dicembre 1987 dalla Corte di Assise di Palermo nel c.d. maxiprocesso), riconnettendo tale episodio alla vicenda di Michele Sindona (il quale in realtà aveva intrattenuto intensi rapporti con Salvatore Inzerillo, fratello di Pietro Inzerillo).

Si tratta, però, di una conversazione ampiamente successiva al periodo cui risalgono gli interventi realizzati dall’imputato in favore del Sindona.

E’, quindi, ben possibile che i medesimi interventi siano stati motivati non da una partecipazione dell’imputato all’organizzazione criminale cui il Sindona era strettamente collegato, bensì da ragioni politiche (connesse, ad esempio, a finanziamenti erogati dal Sindona a vantaggio della Democrazia Cristiana), ovvero da pressioni esercitate sul sen. Andreotti da ambienti massonici facenti capo al Gelli.

In conclusione non può configurarsi la sussistenza dell’elemento soggettivo del concorso eventuale nel reato di cui all’art. 416 bis c.p., non essendovi prova sufficiente che il sen. Andreotti abbia agito con la coscienza e la volontà di apportare all’associazione di tipo mafioso un contributo causalmente rilevante per la conservazione o il rafforzamento della sua organizzazione.

Rimane, tuttavia, il fatto che l’imputato, anche nei periodi in cui rivestiva le cariche di Ministro e di Presidente del Consiglio dei Ministri della Repubblica Italiana, si adoperò, con le condotte ampiamente indicate, in favore del Sindona, nei cui confronti l’Autorità Giudiziaria italiana aveva emesso sin dal 24 ottobre 1974 un ordine di cattura per il reato di bancarotta fraudolenta.