CAPITOLO X

 

LE DICHIARAZIONI DI TOMMASO BUSCETTA SUL CASO MORO E SULL’OMICIDIO DEL GIORNALISTA CARMINE PECORELLI

 

 

Nel corso del gia’ citato interrogatorio reso al P.M. di Palermo in sede di commissione rogatoria internazionale negli Stati Uniti il 6 aprile 1993, Tommaso Buscetta, oltre a riferire quanto a sua conoscenza sul Sen.Andreotti in riferimento al caso gia’ esaminato del processo Rimi, rivelava ulteriori circostanze riguardanti l’odierno imputato in relazione a vicende delittuose della massima gravita’ avvenute verso la fine degli anni 70.

Dal complesso di tali dichiarazioni emergeva invero un presunto intreccio tra i segreti del caso Moro – conclusosi tragicamente con l’uccisione dello statista da parte delle Brigate Rosse il 9 maggio 1978 - ed i delitti del giornalista Carmine Pecorelli (commesso in Roma il 20 marzo 1979) e del Prefetto Carlo Alberto Dalla Chiesa (consumato in Palermo il 3 settembre 1982).

Nel corso del suddetto interrogatorio il Buscetta infatti riferiva in sintesi che:

Durante l’approfondito esame dibattimentale il Buscetta e’ ritornato a parlare, oltre che del processo Rimi (di cui ci si e’ occupati in altra parte della sentenza) anche delle altre rivelazioni sopra accennate ed in particolare di quanto a lui confidato dai cugini Salvo in ordine al loro rapporto con l’On.Andreotti (udienze del 9 e 10 gennaio 1996):

DOMANDA - Le chiedevo: i cugini Salvo le ebbero mai a parlare di esponenti politici?

RISPOSTA - Sì.

DOMANDA - Di chi?

RISPOSTA - Mi parlarono di Andreotti, del Senatore Giulio Andreotti.

DOMANDA - In che termini gliene parlarono?

RISPOSTA - Come se potessero, in qualsiasi momento, poter contare sul Senatore. Me ne parlarono in termini, direi, proprio di intima confidenza. Addirittura con me lo chiamava "Lo zio", però questo "zio" non deve rappresentare che chiamassero lui, al Senatore come una persona, come si intende nei termini siciliani, lo zio tale, forse per omettere il nome. Anche loro stessi parlandone solo con me omettevano il nome e lo nominavano come "Lo zio".

DOMANDA - Gliene parlarono una sola volta o più volte?

RISPOSTA - I cugini Salvo vennero a trovarmi prima che arrivasse la mia famiglia alla Zagarella, direi, quasi tutte le sere per tenermi compagnia, e nelle innumerevoli volte che vennero parlavamo di politica.

INTERVENTO DEL PRESIDENTE –

Tutti e due?

RISPOSTA - Sì, tutti e due insieme perché tutti e due
avevamo le ville oltre a quella del genero, nello stesso posto dove c'era la villa del genero.

DOMANDA - Avete parlato più volte di politica, nel corso di questi numerosi incontri, e di questo loro rapporto con l'onorevole Andreotti, gliene parlarono una volta o più volte?

RISPOSTA - Più volte. I termini erano sempre amichevoli, erano sempre di amicizia fra loro e il Senatore Andreotti, tra loro e Salvo Lima e Salvo Lima con Andreotti. Di cose specifiche non ne abbiamo parlato perché in Cosa Nostra non esiste molta curiosità. Io non ho mai chiesto ai Salvo come abbiamo fatto ad avere l'Esattoria Comunale, non ho mai chiesto che cosa fossero le sue attività, perché questo è il comportamento di un uomo d'onore: "non chiedere". Se gli viene detta una cosa la apprende, se non gli viene detta è una cosa che non si chiede.

Lo stesso Buscetta ha dunque precisato che i cugini Salvo si limitarono a parlargli piu’ volte del loro rapporto di amicizia con l’odierno imputato, ma non ebbero mai a confidargli "cose specifiche"; e l’assoluta genericita’ delle confidenze fatte dai cugini Salvo al Buscetta e’ emersa con tutta chiarezza nel corso del controesame da parte della difesa:

DOMANDA - Le risultano quali sono i piaceri, i favori, gli interessamenti che la mafia a Roma otteneva, chiedeva ed otteneva, se li ha ottenuti, attraverso Lima?

RISPOSTA - No, non li conosco.

………

DOMANDA - Lima le ha mai detto di essersi servito dell'on. Andreotti per ottenere a Roma favori richiestigli dalla mafia?

RISPOSTA - A me?

DOMANDA - A lei, certo.

RISPOSTA - No.

………

DOMANDA - Può fare il nome di persone che abbiano assistito ad incontri tra i cugini Salvo ed Andreotti?

RISPOSTA - Io non ce l'ho.

DOMANDA - Può indicare delle circostanze che a lei risultino, in cui queste persone si siano incontrate, i due Salvo e Andreotti?

RISPOSTA - Non ce l'ho.

DOMANDA - Le risulta che i Salvo fossero proprietari di aerei privati?

RISPOSTA - Non lo so.

DOMANDA - Può indicare colloqui tra il senatore Andreotti e l'on. Lima, aventi per oggetto fatti specifici attinenti a Cosa Nostra?

RISPOSTA - Non li so.

DOMANDA - Può indicare alcuna fonte?

RISPOSTA - No.

DOMANDA - Può indicare iniziative specifiche assunte dall'on. Andreotti in favore della mafia, su richiesta dell'on. Lima o su richiesta dei cugini Salvo?

RISPOSTA - Non li so.

Dalle suesposte risposte negative del Buscetta si desume quindi inequivocabilmente che, se i Salvo professarono la loro amicizia con l’uomo politico dinanzi al Buscetta in piu’ occasioni, essi tuttavia mai riferirono alcunche’ sul contenuto concreto dei rapporti intrattenuti con l’imputato e soprattutto – proprio per l’importanza e la rilevanza che tale aspetto assume nel presente processo ai fini della verifica della fondatezza dell’accusa – mai fecero cenno alcuno ad eventuali favori richiesti e/o ricevuti dall’On.Andreotti nell’interesse di Cosa Nostra (con l’eccezione del processo Rimi – vicenda gia’ esaminata - e dell’omicidio Pecorelli di cui appresso ci si occupera’).

Se dunque dalle generiche confidenze dei cugini Salvo al Buscetta si trae una ulteriore indubbia conferma dell’esistenza di rapporti diretti tra l’imputato e gli esattori siciliani – rapporti dimostrati da altre emergenze dibattimentali e sui quali ci si sofferma analiticamente in altra parte della sentenza – piu’ complesso si rivela invece il tema dei rapporti tra i Salvo, quali esponenti di Cosa Nostra, e l’On.Andreotti.

Il Buscetta, richiesto invero dallo stesso P.M. di specificare se disponesse di altre informazioni sui rapporti tra Cosa Nostra e l’imputato, ha fatto riferimento alle conferme che ne ebbe dal Badalamenti e dal Bontate in relazione a due specifiche vicende: il processo Rimi da un lato, e l’omicidio del giornalista Carmine Pecorelli, con i risvolti connessi al sequestro Moro ed al delitto Dalla Chiesa, dall’altro:

DOMANDA - Quali sono le sue altre informazioni, se ve ne sono, sui rapporti tra Cosa Nostra e l'imputato Giulio Andreotti?

RISPOSTA - Io l'informazione che ho è quella dell'aiuto dell'onorevole Andreotti che dà al cognato di Gaetano Badalamenti nel processo dove lui era imputato.

DOMANDA - Come si chiama questo cognato?

RISPOSTA - Il cognato di Gaetano Badalamenti si chiama Filippo Rimi, cosa che Gaetano Badalamenti mi riferisce in Brasile nel 1982 e che, fra le altre cose, mi dice di avere ricevuto l'elogio del Senatore, perché di gente come lui l'Italia ne aveva bisogno uno per ogni strada d'Italia.

………

DOMANDA - Lei ha parlato, già nel corso della sua deposizione, di rapporti tra i cugini Salvo e il Senatore Andreotti. E ha parlato già di quanto Badalamenti ebbe a raccontarle in ordine ad un suo incontro con il Senatore Andreotti in presenza di uno dei cugini Salvo. Lei è a conoscenza di altre circostanze, personalmente, o riferitele da altri, in particolare da Badalamenti, visto che siamo in questo argomento, riguardarti i rapporti tra i cugini Salvo e il Senatore Andreotti?

RISPOSTA - Oltre a quell'occasione in cui fa riferimenti a Filippo Rimi?

DOMANDA - Sì.

RISPOSTA - Io ce l'ho un'altra, ma non so se devo dirla in questo processo, se non posso dirla.

DOMANDA - Prego, lei parli, valuterà il Tribunale.

RISPOSTA - Sì, io ho un'altra occasione, ed è l'uccisione del giornalista Pecorelli.

Le rivelazioni del Buscetta sul presunto intervento dell’On.Andreotti per l’"aggiustamento" del processo Rimi sono state gia’ analiticamente esaminate e deve pertanto rinviarsi a quella parte della presente sentenza che se ne occupa.

Quanto alle rivelazioni riguardanti l’omicidio Pecorelli deve evidenziarsi come a seguito delle dichiarazioni del Buscetta sia stata promossa l’azione penale nei confronti dell’odierno imputato a carico del quale si e’ svolto, parallelamente al presente giudizio, il processo per concorso in omicidio dinanzi alla Corte di Assise di Perugia (per tale reato l’iscrizione nel registro degli indagati dell’on. Andreotti e’ datata 14 aprile 1993, dunque pochi giorni dopo l’interrogatorio del Buscetta del 6 aprile 1993: cfr. ordinanza del Tribunale del 6 ottobre 1995).

E giova a tal riguardo rilevare che la duplicazione dei processi a carico dell’odierno imputato per vicende delittuose che risultano (sol che si pensi al continuo travaso di atti tra l’uno e l’altro processo) indubbiamente connesse – e non solo sotto il profilo soggettivo - e’ stata conseguenza della tardiva formulazione, da parte della difesa dell’imputato, dell’eccezione di incompetenza per connessione dichiarata inammissibile da questo Tribunale sulla base delle articolate argomentazioni esposte nell’ordinanza del 6 ottobre 1995 cui si rinvia.

La conseguente ripartizione di competenza in ordine ai fatti delittuosi contestati all’imputato impone dunque che delle vicende relative all’omicidio del giornalista Carmine Pecorelli, la cui cognizione e’ demandata all’A.G. di Perugia, questo Tribunale si possa e si debba occupare esclusivamente ai limitati fini della verifica del materiale probatorio acquisito per le refluenze che esso eventualmente possa assumere in ordine alla sussistenza o meno del reato associativo contestato all’On.Andreotti.

E proprio tale esigenza di limitare l’esame a cio’ che direttamente refluisce sulla valutazione della responsabilita’ penale dell’imputato in relazione al contestato delitto associativo impone di tralasciare ogni approfondita analisi sulle vicende dell’interessamento di Cosa Nostra per la liberazione dell’On. Moro in quanto e’ proprio lo stesso Buscetta ad affermare esplicitamente, gia’ nel corso delle sue dichiarazioni al P.M. il 6 aprile 1993, che il coinvolgimento dell’odierno imputato nelle iniziative dirette alla liberazione, tramite Cosa Nostra, dello statista sequestrato dalle Brigate Rosse e’ soltanto frutto di una sua evidente deduzione, nulla risultandogli di specifico al riguardo (cfr. verbale 6 aprile 1993 pag.9):

Certo e’ che a chiedere a Bontate Stefano di interessarsi al caso Moro non potevano essere stati altri che i Salvo e quindi Giulio Andreotti. Questo affermo sulla base della mia esperienza e conoscenza dei rapporti fra Cosa Nostra e mondo politico; in particolare, dei rapporti di Bontate con i cugini Salvo e l’onorevole Lima, e tra questi ultimi ed Andreotti.

Alla luce della suesposta dichiarazione non puo’ dunque revocarsi in dubbio che il Buscetta non abbia alcuna conoscenza diretta e specifica di elementi concreti che possano dimostrare che Cosa Nostra si attivo’ in favore della liberazione di Aldo Moro (peraltro senza alcun esito) su precisa sollecitazione e richiesta dei cugini Salvo, il cui ruolo nella vicenda risulta dunque affermato solo sulla base di una mera deduzione del dichiarante ("Certo e’ che a chiedere a Bontate Stefano di interessarsi al caso Moro non potevano essere stati altri che i Salvo").

Se dunque il coinvolgimento dei Salvo nelle iniziative poste in essere da Cosa Nostra per ottenere la liberazione di Moro e’ gia’ di per se’ solo una deduzione del Buscetta, altrettanto deve rilevarsi per il conseguente dedotto coinvolgimento dell’On.Andreotti ("…non potevano essere stati altri che i Salvo e quindi Giulio Andreotti").

E che sia soltanto una mera deduzione del Buscetta e’ stato ammesso inequivocabilmente dallo stesso dichiarante il quale invece, nel corso delle indagini preliminari, il 20 novembre 1992, al P.M. di Roma che lo interrogava sul punto, aveva espressamente escluso di sapere se Bontate ed Inzerillo si erano attivati per la liberazione di Aldo Moro di loro iniziativa o su input di personaggi politici (cfr. contestazione al Buscetta nel corso dell’udienza di Perugia del 9 settembre 1996 pag.72):

"L’idea di muoversi per liberare Moro fu di Stefano Bontate e Salvatore Inzerillo, non so se i due si mossero di loro iniziativa ovvero su input dei personaggi politici"

Una nuova rettifica e’ invece intervenuta nel corso dell’esame reso a Perugia laddove il Buscetta dopo avere esplicitamente escluso di sapere se Bontate era stato sollecitato da qualcuno, confermava le dichiarazioni precedenti nelle quali aveva affermato che Bontate si era attivato per la liberazione di Moro con i suoi referenti politici indicati in Salvo Lima e Rosario Nicoletti, senza peraltro alcun accenno ad un preteso ruolo dell’On.Andreotti e dei Salvo (udienza Perugia del 10 settembre 1996 pag.56-57):

Avv. Coppi: Ma Bontate le disse in maniera esplicita chi lo avesse sollecitato, o se era invece un’idea sua, ad attivarsi per la liberazione di Moro?

Tommaso Buscetta: No.

………

Avv. Coppi: … E’ una contestazione20 novembre 1992. Lei ha detto: "i referenti politici di Stefano Bontate erano sia a livello regionale che nazionale" e indica i referenti, ci mette Salvo Lima e Rosario Nicoletti, "i predetti si interessarono con Bontate della liberazione di Moro"….

Presidente: Si ricorda questo fatto?

Tommaso Buscetta: Si, mi ricordo

Presidente: Lo conferma?

Tommaso Buscetta: Si. Adesso lo confermo.

In realta’ pero’ Buscetta su tutta la vicenda dimostra di avere le idee ed i ricordi tutt’affatto chiari se e’ vero che egli in quella occasione dinanzi alla Corte di Assise di Perugia e’ stato capace di smentirsi e contraddirsi nel volgere di solo pochi minuti.

Ed infatti, dopo avere appena confermato (udienza Perugia del 10 settembre 1996 pag.56-57) che Lima e Nicoletti – cosi’ come dichiarato nelle indagini preliminari il 20 novembre 1992 – si erano attivati per la liberazione di Moro (assieme a Bontate), Buscetta riusciva nuovamente a negarlo (stessa udienza pag.63-64) inducendo la difesa all’ennesima contestazione:

Avv. Coppi: Le risulta che Lima fosse favorevole o contrario alla liberazione Moro?

Tommaso Buscetta: No, non mi risulta, non lo so.

Avv. Coppi: Le risulta se Rosario Nicoletti era favorevole o contrario alla liberazione di Moro?

Tommaso Buscetta: No.

Emerge dunque con incontestabile evidenza come la ricostruzione delle complesse vicende in esame da parte di Tommaso Buscetta sia sempre quanto mai approssimativa, contraddittoria, ondivaga, oltre che fortemente condizionata, come appresso si dira’ e come peraltro ammesso dallo stesso dichiarante, dalla sovrapposizione tra ricordi personali e notizie apprese aliunde anche dalla stampa e dalla televisione.

Che allora siano stati i cugini Salvo a chiedere a Bontate di attivarsi "e quindi Andreotti" – come aveva invece riferito il Buscetta il 6 aprile 1993 - costituisce, con ogni evidenza, una mera deduzione che nemmeno l’approfondimento dibattimentale nei processi di Palermo e Perugia ha consentito di concretizzare in utili ed apprezzabili sviluppi probatori.

Esplicita al riguardo la risposta fornita dal Buscetta alla specifica domanda rivoltagli dalla difesa a Perugia all’udienza del 10 settembre 1996 (pag.58):

Avv. Coppi: Le risulta chi poi diede l’incarico diretto ed immediato a Bontate di attivarsi per la liberazione di Moro?

Tommaso Buscetta: Non mi risulta.

Avv. Coppi: Lei rispondendo a delle domande che le venivano rivolte dal Pubblico Ministero di Palermo il 6 aprile 1993 negli Stati Uniti ha dato invece una risposta a questa domanda.

Tommaso Buscetta: No, non mi ricordo.

Avv. Coppi: " Certo e’ che a chiedere a Bontate Stefano di interessarsi al caso Moro non potevano essere stati altri che i Salvo e quindi Giulio Andreotti".

……

Tommaso Buscetta: No, perche’ lo deduco per i rapporti che avevano i Salvo con Bontate.

Avv. Coppi: Quindi e’ una deduzione di seconda mano o, se vuole, una seconda deduzione che poi ai Salvo lo avrebbe chiesto Giulio Andreotti.

Tommaso Buscetta: Si.

Non si trascuri infine di considerare che, in maniera del tutto incomprensibile per lo stesso Buscetta, questi, che pure al G.I. di Palermo dott. Falcone aveva parlato sin dal 4 dicembre 1984 della richiesta di Bossi di attivarsi per la liberazione di Moro, aveva invece del tutto taciuto cio’ che gli risultava sull’eguale richiesta fattagli pervenire in carcere nello stesso contesto temporale anche da Stefano Bontate e da Inzerillo Salvatore.

E’ lo stesso Buscetta infatti a non spiegarsi ne’ a sapere indicare alcuna ragionevole causa di tale immotivato silenzio, giungendo persino incredibilmente ad affermare di essersi semplicemente "dimenticato" di fatti di cosi’ evidente rilievo ed importanza (udienza a Perugia del 10 settembre 1996 pag.37-38):

Avv.Coppi: … Io adesso voglio sapere perche’ inizialmente lei ha parlato soltanto di Bossi e non ha fatto riferimento anche alla fonte mafiosa.

Tommaso Buscetta: Me ne sono dimenticato.

Avv. Coppi: Se ne e’ dimenticato?

Tommaso Buscetta: Me ne sono dimenticato, si.

Avv.Coppi: Parlando con il dott.Falcone?

Tommaso Buscetta: Parlando con il dott.Falcone. Se non c’e’ un verbale me ne saro’ dimenticato.

Avv.Coppi: Certo, come no! C’e’ il verbale del 4 dicembre 1984 in cui lei parla soltanto di Bossi come della persona che l’avrebbe incaricata di interessarsi in qualche modo, per la liberazione di Moro e non fa cenno alcuno a questo particolare non proprio insignificante per lei appartenente a Cosa Nostra che addirittura il suo amico Bontate e il suo amico Inzerillo l’avevano pregata ugualmente di interessarsi. Non era circostanza di poco conto visto che il dott. Falcone si interessava di questioni di Cosa Nostra. Io vorrei sapere perche’ lei quindi non lo disse immediatamente?

Tommaso Buscetta: Non me lo so spiegare.

E’ sufficiente sul punto rilevare che ben avrebbe potuto il Buscetta riferire nel 1984 – oltre che della richiesta del Bossi – anche della richiesta formulatagli dal Bontate e dall’Inzerillo di attivarsi in carcere per la liberazione di Moro precisando (come ha fatto poi il 20 novembre 1992) di non sapere se era stata una iniziativa personale dei due esponenti mafiosi ovvero se essi avessero agito su sollecitazione di ambienti politici, cosi’ evitando di dovere aggiungere altro sul delicato tema dei rapporti mafia-politica.

Altrettanto singolare la risposta fornita dal Buscetta alla richiesta della difesa di chiarire i motivi per i quali egli nell’interrogatorio del 20 novembre 1992 non aveva citato anche il nome del Sen.Andreotti tra i politici collegati a Cosa Nostra assieme ai menzionati Lima e Nicoletti.

Giova rammentare che egli ha riferito nel presente dibattimento di essersi deciso a rivelare quanto a sua conoscenza sui rapporti mafia-politica dopo anni di ostinato silenzio con i giudici e gli inquirenti, solo a seguito delle stragi del maggio e del luglio del 1992 (udienza del 9 gennaio 1996 pag.25):

DOMANDA - Signor Buscetta, quando e perché lei ha cominciato a parlare, a dire quello che lei sapeva sull'Onorevole Lima e sul Senatore Andreotti?

RISPOSTA - Io ho cominciato a dirlo dopo la morte del dottor Falcone e dopo la morte di Borsellino, anche se con Borsellino non avevo gli stessi rapporti che avevo con il dottor Falcone, ma indubbiamente era una persona che rispettavo, così come rispettavo il giudice Falcone. In quell'epoca, prima ancora che venissero dei giudici ad interrogarmi negli Stati Uniti, io avevo già parlato con l'antico Pubblico Ministero della Pizza Connection telefonicamente su questo riguardo, e gli avevo anticipato...

INTERVENTO DEL PRESIDENTE –

Chi era questo Pubblico Ministero?

RISPOSTA - Io lo chiamo Richy Martin, ma forse si chiama
Richard Martin. Mi aveva cercato e gli avevo detto che gli offrivo tutta la mia collaborazione dopo la morte del giudice Falcone e gli dissi che era arrivato il momento che avrei dovuto parlare di mafia e politica. Questo avvenne nel 1992.

Dinanzi alla Corte di Assise di Perugia il Buscetta ha sostanzialmente confermato tale circostanza precisando che effettivamente il 20 novembre 1992 egli parlo’ al P.M. di Roma di Nicoletti e di Lima proprio perche’ aveva ormai deciso di superare la pregressa reticenza sui rapporti tra mafia e politica.

L’affermazione del Buscetta suscitava ovviamente la legittima richiesta della difesa di spiegare allora per quale motivo, fatta la scelta di rivelare tutto sin dal luglio del 1992, egli in realta’ ancora nel novembre del 1992 (ed anche nel settembre del 1992 dinanzi al P.M. di Palermo: cfr. verbale dell’11 settembre 1992) non aveva detto nulla sull’On.Andreotti e si era dovuto attendere sino al 6 aprile dell’anno successivo.

Orbene, il Buscetta dinanzi alla Corte di Assise di Perugia e’ giunto ad affermare che il 20 novembre 1992 egli non aveva parlato di Andreotti solo perche’ "i poliziotti americani andavano di fretta" e per affrontare l’argomento occorreva del tempo.

E quando si e’ chiarito che quella spiegazione, ove realmente convincente, riguardava tutt’altro interrogatorio (quello al P.M. di Palermo reso a Washington l’11 settembre 1992) laddove le dichiarazioni contestate erano state rese in Italia nel novembre successivo al P.M. di Roma, Buscetta non ha saputo fare altro che rifugiarsi dietro il "non ricordo" (udienza del 10 settembre 1996 pag.68):

TOMMASO BUSCETTA.

No, io non mi ricordo, ma come data non mi ricordo, so di averlo fatto, ma e’ sicuramente subito dopo la morte del Giudice Falcone.

DIFESA IMPUTATO ANDREOTTI (AVV. COPPI).

20 novembre 1992.

TOMMASO BUSCETTA.

E' esatto.

DIFESA IMPUTATO ANDREOTTI (AVV. COPPI).

Per lei di Lima aveva gi… parlato anche prima.

TOMMASO BUSCETTA.

No.

DIFESA IMPUTATO ANDREOTTI (AVV. COPPI).

Lei soltanto allora parla di Lima?

TOMMASO BUSCETTA.

Io parlo di Lima e ne parlo senza mai citare il nome. Ricordo di averne parlato con il Giudice Falcone, il Giudice Falcone me lo diceva lui a me, e io dicevo...

DIFESA IMPUTATO ANDREOTTI (AVV. COPPI).

"I referenti politici di Stefano Bontate erano, sia a livello regionale che nazionale, Lima, Nicoletti..."

TOMMASO BUSCETTA.

Ma in che epoca?

PRESIDENTE.

Che verbale è?

DIFESA IMPUTATO ANDREOTTI (AVV. COPPI).

20 novembre 1992.

TOMMASO BUSCETTA.

Esatto, non prima.

DIFESA IMPUTATO ANDREOTTI (AVV. COPPI).

Lo ha fatto solo quella volta lì. Questa è la prima volta in cui lei parla di queste persone.

TOMMASO BUSCETTA.

Sì.

DIFESA IMPUTATO ANDREOTTI (AVV. COPPI).

Parla di queste persone perchè ormai aveva deciso di rompere la sua reticenza sui rapporti tra mafia e politica?

TOMMASO BUSCETTA.

Sì.

DIFESA IMPUTATO ANDREOTTI (AVV. COPPI).

E perchè allora si è fermato a questi nomi?

TOMMASO BUSCETTA.

Perchè volevo approfondirlo meglio l'argomento e quell'interrogatorio è avvenuto di venerdì.

DIFESA IMPUTATO ANDREOTTI (AVV. COPPI).

Andavano di fretta i Giudici?

TOMMASO BUSCETTA.

Andavano di fretta i poliziotti, non i Giudici, i poliziotti americani.

DIFESA IMPUTATO ANDREOTTI (AVV. COPPI).

E quindi?

TOMMASO BUSCETTA.

E quindi è rimasto l….

DIFESA IMPUTATO ANDREOTTI (AVV. COPPI).

Si trattava di impiegare un secondo per fare un altro nome!

TOMMASO BUSCETTA.

No, no, non volevano saperne.

DIFESA IMPUTATO ANDREOTTI (AVV. COPPI).

E comunque insomma la ragione di questa fretta è che i poliziotti americani andavano via.

TOMMASO BUSCETTA.

Era di venerdì ed erano le 15.30, e per loro gi… era finito il loro orario di lavoro.

DIFESA IMPUTATO ANDREOTTI (AVV. COPPI).

A parte il fatto che l'interrogatorio è avvenuto a Roma di fronte ai Dottori De Fichy’, Ionta, e Nitto Francescopaola (Nitto Francesco Palma: n.d.e.).

TOMMASO BUSCETTA.

Sì, ma allora io la prego Avvocato citi il verbale, perchè io sto parlando di un verbale invece fatto a Washington, dal Dottor Lo Forte e Natoli.

PRESIDENTE.

Parlate di due cose diverse.

DIFESA IMPUTATO ANDREOTTI (AVV. COPPI).

Invece io sto parlando di un interrogatorio che...

TOMMASO BUSCETTA.

Lei mi stava parlando la prima volta che ho parlato di Lima.

DIFESA IMPUTATO ANDREOTTI (AVV. COPPI).

No.

TOMMASO BUSCETTA.

E la prima volta che parlo di Lima è a Washington. Avvocato, per favore!

DIFESA IMPUTATO ANDREOTTI (AVV. COPPI).

Io le sto parlando di un interrogatorio reso il 20 novembre 1992 alle ore 15.45, di fronte a dei Magistrati che non denunciano nessuna fretta e in questo interrogatorio lei fa i nomi di questi politici. Poi controlleremo quando lo ha fatto per la prima volta.

TOMMASO BUSCETTA.

E invece l'ho fatto prima.

DIFESA IMPUTATO ANDREOTTI (AVV. COPPI).

Ma, per esempio, in questo interrogatorio, lei fa i nomi di questi politici. Perchè si ferma lì?

TOMMASO BUSCETTA.

Non lo so, non mi ricordo perchè mi sono fermato lì.

DIFESA IMPUTATO ANDREOTTI (AVV. COPPI).

Allora questo va un po' meglio. Però lei il 20 novembre del 1992 gi… sapeva che avrebbe potuto fare i nomi di altri politici.

TOMMASO BUSCETTA.

Ma l'ho gi… fatto prima Avvocato e lo ripeto ancora una volta, l'ho fatto a Washington.

DIFESA IMPUTATO ANDREOTTI (AVV. COPPI).

Poi parleremo, abbiamo tempo, poi parleremo di Martin.

PRESIDENTE.

No, la domanda è diversa. Chiede l'Avvocato: lei, nel 92 aveva la possibilità … di conoscere e di sapere quali altri uomini politici, perchè non ne ha fatto i nomi? Questo vuol sapere l'Avvocato.

TOMMASO BUSCETTA.

Non mi ricordo.

Ben diversa era stata in realta’ la spiegazione offerta pochi mesi prima (9-10 gennaio 1996) a questo Tribunale sui motivi per i quali egli, anche dopo la morte di Falcone e Borsellino, nonostante piu’ volte interrogato dall’A.G., aveva continuato a tacere lasciando passare parecchi mesi prima di parlare del Sen.Andreotti:

DOMANDA - Lei, all'inizio dell'interrogatorio, ha detto che ha assunto la decisione di parlare dei rapporti tra mafia e politica dopo le stragi di Capaci e di via D'Amelio. Ma nel settembre del 1992 lei ha parlato soltanto dell'On. Lima, di Andreotti lei ha parlato, per la prima volta, soltanto il 6 aprile del 1993, perché ha aspettato fino all'aprile del 1993 per dire quello che sapeva su Andreotti? Cosa succede alla fine del '93?

RISPOSTA - Nel 1992 già l'onorevole Lima era morto, il Senatore Andreotti era vivo, vegeto e forte, secondo me. Nel 1993, e cioè il 6 aprile del 1993, si era verificato un fatto nuovo, e cioè lo Stato italiano finalmente era pronto a sferrare il colpo definitivo nei confronti anche degli intoccabili, era già successo che una richiesta del Tribunale di Palermo, di avviso a procedere, nei confronti del Senatore Andreotti. Quando vennero i Pubblici Ministeri negli Stati Uniti io non potevo più dire: "Lo Stato italiano non vuole", o rispondevo in quell'epoca o non rispondevo mai più. Quindi ritenni opportuno che era arrivato il momento di parlare anche con gli interrogativi che si pone prendendo una simile decisione. Questa è la mia risposta.

Le stragi del 1992 e la morte del giudice Falcone, dunque, in realta’ non furono affatto determinanti per il Buscetta - cosi’ come lui vuol far credere - perche’ finalmente rivelasse tutto quanto a sua conoscenza sui delicati rapporti tra Cosa Nostra ed esponenti politici, ed in particolare su Giulio Andreotti, in quanto Buscetta continuo’ a tacere quanto gli risultava sul conto di Andreotti ancora per quasi un anno e fu solo nell’aprile del 1993, dopo la richiesta di autorizzazione a procedere nei confronti dell’imputato inoltrata dalla Procura della Repubblica di Palermo, che il collaborante si decise infine ad accusare esplicitamente il Sen.Andreotti.

Ma cio’ che occorre comunque rilevare e’ che in conclusione il presunto ruolo dell’On.Andreotti nelle vicende e nelle trattative condotte da Buscetta, anche su sollecitazione di esponenti di Cosa Nostra, per la liberazione di Aldo Moro e’ legato solo ad una mera deduzione del dichiarante, come tale priva di qualsivoglia apprezzabile efficacia probatoria a carico dell’imputato nel presente processo.

Passando allora piu’ specificamente all’analisi delle dichiarazioni del Buscetta sull’omicidio Pecorelli deve evidenziarsi che il collaborante nel corso del suo esame dibattimentale, richiesto dal P.M. se fosse a conoscenza di altri fatti che comprovassero il riferito rapporto tra Andreotti ed i cugini Salvo, ha precisato quanto segue:

DOMANDA - Lei ha parlato, già nel corso della sua deposizione, di rapporti tra i cugini Salvo e il Senatore Andreotti. E ha parlato già di quanto Badalamenti ebbe a raccontarle in ordine ad un suo incontro con il Senatore Andreotti in presenza di uno dei cugini Salvo. Lei è a conoscenza di altre circostanze, personalmente, o riferitele da altri, in particolare da Badalamenti, visto che siamo in questo argomento, riguardanti i rapporti tra i cugini Salvo e il Senatore Andreotti?

RISPOSTA - Oltre a quell'occasione in cui fa riferimenti a Filippo Rimi?

DOMANDA - Sì.

RISPOSTA - Io ce l'ho un'altra, ma non so se devo dirla in questo processo, se non posso dirla.

DOMANDA - Prego, lei parli, valuterà il Tribunale.

RISPOSTA - Sì, io ho un'altra occasione, ed è l'uccisione del giornalista Pecorelli. Questa esecuzione del giornalista Pecorelli

RISPOSTA - Sì, io ho un'altra occasione, ed è l'uccisione del giornalista Pecorelli. Questa esecuzione del giornalista Pecorelli mi viene detta, e da Stefano Bontade, come cosa effettuata da lui, e da Gaetano Badalamenti, e mi viene riconfermata dal Badalamenti in Brasile, dove mi dice che l'omicidio di Pecorelli è una cosa che ho fatto io e Stefano. Quando mi fu detto da Badalamenti io non capii perché ad un figlio di Inzerillo le era stato tolto un braccio ed era stato detto... questo non lo dico... e si trovava insieme un altro ragazzo, quando era stato sequestrato e poi ucciso, che si chiamava Pecorelli. Per cui quando mi parla Badalamenti io capisco che si tratta di quel ragazzo, ucciso insieme al figlio di Inzerillo, e dico: "Ma che c'entri tu con il figlio di Inzerillo?".

DOMANDA - Perché, come si chiamava questo ragazzo?

RISPOSTA - Pecorelli o Pecorella, non so definire. Comunque se andavano a guardare c'è il figlio di questo Pecorelli che scompare insieme al figlio di Inzerillo. Ed allora dico: "Ma tu che c'entri con il figlio?" - "No, ma tu cosa capisci? E` il giornalista di Roma" - "Ma perché è stato?" - "Noi l'abbiamo fatto su richiesta da parte dei cugini Salvo e su interessamento dell'on. Andreotti". Cioè, i cugini Salvo avevano domandato ai due grandi amici che avevano, che erano Bontade e Badalamenti, la soppressione del giornalista Pecorelli. Perché questo giornalista Pecorelli procurava gravi disturbi al Senatore Andreotti mettendo a repentaglio la vita politica del Senatore Andreotti.

DOMANDA - Vogliamo essere più precisi nei tempi e nelle fonti. Lei ha detto di avere appreso queste cose, sia da Bontade che da Badalamenti. Vuole dire quando ne parla con Bontade?

RISPOSTA - Indubbiamente nel 1980 perché poi non lo rivedo più a Bontade.

DOMANDA - E quando ne parla con Badalamenti?

RISPOSTA - Nell'82.

DOMANDA - Dove?

RISPOSTA - In Brasile.

DOMANDA - E` in grado di ricordare la località del Brasile?

RISPOSTA - Rio De Janeiro.

DOMANDA - Chi fu a parlare dei due?

RISPOSTA - Bontade e Badalamenti.

DOMANDA - Chi fu a fare il nome di Andreotti? Furono tutti e due o soltanto uno dei due?

RISPOSTA - Furono tutti e due.

DOMANDA - E dissero tutti e due, più o meno, le stesse cose sul motivo o vi furono versioni diverse?

RISPOSTA - No no, tutti e due lo stesso motivo, posso cambiare qualche avverbio, ma il motivo è sempre lo stesso. E cioè, questo Pecorelli era uno che stava attentando alla vita politica del Senatore Andreotti.

DOMANDA - E come?

RISPOSTA - Attraverso i giornali, attraverso ricatti.

DOMANDA - Ricatti motivati da che cosa, le dissero qualcosa di più specifico sul motivo per cui Pecorelli poteva nuocere al Senatore Andreotti?

RISPOSTA - Del resto si sapeva dei documenti che erano stati trovati, e che il Pecorelli voleva pubblicare. Io, di altre cose, non so. Le altre cose sono notizie giornalistiche. Quello che io so, è che dalla morte dell'on. Moro sembra che c'erano dei documenti che il Pecorelli voleva far uscire fuori.

………

DOMANDA - Lei ha detto, che il Bontade e Badalamenti, in tempi diversi, le dissero che Pecorelli era stato ucciso perché, il motivo era che aveva dei documenti, aveva qualcosa che poteva danneggiare Andreotti. In queste circostanze, e le chiedo innanzitutto di rispondermi subito con un sì o con un no. Loro parlarono a proposito di questi documenti di Pecorelli anche, fecero riferimento al Generale Dalla Chiesa o no?

RISPOSTA - Sì, se devo continuare...

DOMANDA - Se è sì, spieghi e riferisca quello che dissero.

RISPOSTA - I documenti di cui si parlò in quell'epoca si riferivano alle bobine trovate in una località, che io non so qual' è, e che erano state consegnate, non si sa da chi, al giornalista Pecorelli. Il fatto che si intrecciano, parola che io ho usato una volta, Pecorelli con Dalla Chiesa, è perché a loro risultava che le bobine le aveva Dalla Chiesa.

DOMANDA - A loro risultava, a chi?

RISPOSTA - A Bontade attraverso i Salvo. Erano loro che adducevano a questo discorso del perché il Senatore Andreotti veniva leso nella sua carriera politica.

DOMANDA - Lei ha parlato prima di documenti, e poi di bobine.

RISPOSTA - Sì.

DOMANDA - Qui deve cercare di essere assolutamente preciso nel ricordo. Erano documenti e bobine o soltanto documenti o documenti e bobine?

RISPOSTA - No no. Io ho la massima certezza che invece in quell'epoca, siccome si accavallano fatti, è impressionante, in quell'epoca si sia parlato solo ed esclusivamente di documenti, non bobine. Se ho detto bobine ho sbagliato, documenti in generale.

E’ stato essenziale nel corso dell’esame del Buscetta procedere ad una netta e, per quanto possibile, chiara distinzione tra quanto appreso direttamente ed esplicitamente dal collaborante e cio’ che invece costituisce, anche in questo caso, solo il frutto di una sua rielaborazione a posteriori e spesso solo deduttiva.

E cio’ e’ risultato quanto mai essenziale soprattutto perche’, come gia’ esposto, il Buscetta nel corso delle indagini preliminari era stato assolutamente esplicito nell’affermare che il delitto Pecorelli era stato un "delitto politico voluto dai cugini Salvo, in quanto a loro richiesto dall’On. Andreotti", con un chiaro ed esplicito riferimento, dunque, ad un mandato omicidiario da parte dell’odierno imputato che, infatti, pochi giorni dopo quella dichiarazione era stato incriminato proprio per concorso nell’omicidio del giornalista.

Orbene, l’approfondimento dibattimentale di tale tema ha invece immediatamente e chiaramente evidenziato che il Buscetta in realta’ non aveva mai saputo dalle sue due fonti, e dunque ne’ dal Badalamenti ne’ dal Bontate, che l’On.Andreotti aveva "richiesto" ai cugini Salvo la soppressione del giornalista (come invece letteralmente ed inequivocabilmente affermato al P.M. il 6 aprile 1993 e successivamente disconosciuto in maniera del tutto inspiegabile):

DOMANDA - ………Lei ebbe un colloquio con Badalamenti in cui si fece cenno all'omicidio del giornalista Pecorelli?

RISPOSTA - Sì.

DOMANDA - Badalamenti le fece riferimento, le parlò, le disse che vi era stato, in maniera specifica, naturalmente un mandato da parte dell'on. Andreotti a personaggi mafiosi affinché eliminassero Pecorelli?

RISPOSTA - La richiesta fu fatta dai cugini Salvo a Badalamenti.

DOMANDA - No no, io le ho fatto un'altra domanda. Voglio sapere se Badalamenti le disse che vi era stato un mandato specifico di Andreotti a personaggi mafiosi affinché uccidessero Pecorelli.

RISPOSTA - No, il mandato specifico non ci fu, non lo so.

DOMANDA - Quindi, il fatto che lei oggi attribuisca in qualche maniera ad un interesse di Andreotti la soppressione di Pecorelli, è frutto di una sua conoscenza diretta o di una sua deduzione?

RISPOSTA - No, la deduzione è della vita.

DOMANDA - Mi risponda se è frutto di conoscenza diretta.

RISPOSTA - No.

DOMANDA - Cioè, che cosa?

RISPOSTA - Che non ho la conoscenza diretta.

DOMANDA - Quali erano nel tempo i rapporti...?

RISPOSTA - Scusi, qual è stata la domanda?

DOMANDA - Ha risposto benissimo.

INTERVENTO DEL PRESIDENTE - Per chiarire. La domanda era se era una sua deduzione o era per conoscenza diretta?

RISPOSTA - No, per questo ho detto no, invece è una mia deduzione.

………

DOMANDA - Bontade le disse invece che Andreotti aveva chiesto l'eliminazione di Pecorelli, che aveva chiesto questo favore?

RISPOSTA - No.

Il riferimento fatto dal Buscetta, nel corso dell’esame reso al P.M., ad una frase del Badalamenti riguardante l’"interessamento" che comunque il Sen.Andreotti avrebbe avuto all’omicidio ("Noi l'abbiamo fatto su richiesta da parte dei cugini Salvo e su interessamento dell'on. Andreotti") ha ovviamente posto l’ineludibile esigenza di chiarire, al di la’ di ogni possibile residuo equivoco, cosa specificamente risultasse al collaborante sul punto facendo ancora una volta emergere che il Buscetta aveva soltanto operato una mera deduzione:

DOMANDA - Lei ieri però ha detto che l'omicidio Pecorelli avvenne su richiesta dei cugini Salvo, cito testualmente, su interessamento del Senatore Andreotti. Ci spiega che cosa intendeva dire con questa parola "su interessamento", visto che a lei non risulta di mandati, non risulta nulla in questo senso? Che vuole dire con questa parola: "su interessamento"?

RISPOSTA - Devo dilungarmi un po' per dire. Molte volte si può dire a una persona, anche indirettamente: "Avrei bisogno di questo favore", dicendo semplicemente: "Questo mi sta dando fastidio". E secondo a chi è rivolta questa proposta, "questa persona mi dà fastidio", può avvenire di essere interpretati in una maniera, così come è stata interpretata nei riguardi di Pecorelli.

La prima risposta del Buscetta, dunque, sembrava confermare che al collaborante risultava - comunque ed in qualche modo - che l’imputato aveva avuto occasione di lamentarsi del Pecorelli e del suo comportamento con i cugini Salvo, o con Badalamenti e Bontate, ma anche tale affermazione veniva immediatamente chiarita nel suo reale contenuto – anche a seguito delle esplicite domande rivolte dal Collegio - facendo emergere con estrema chiarezza che ancora una volta si era in presenza solo di una mera deduzione del Buscetta cosi’ come da questi infine ammesso esplicitamente:

DOMANDA - Le risulta che il Senatore Andreotti abbia detto a Bontade o a Badalamenti: "Questa persona mi dà un po' fastidio?".

RISPOSTA - No.

DOMANDA - Quindi, quello che lei ha detto adesso, è ancora una volta una sua congettura?

RISPOSTA - Congettura no, diciamo, praticità della vita.

DOMANDA - Perché, secondo lei, Andreotti avrebbe detto tutte queste cose a Bontade e a Badalamenti, o ai Salvo. Da che cosa lo deduce?

RISPOSTA - Innanzitutto non lo so che lo abbia detto a Badalamenti o a Bontade.

………

DOMANDA - Signor Buscetta, stamattina, lei nel rispondere a una domanda della difesa sul tema dell'omicidio Pecorelli, ha parlato di fatti a sua conoscenza e di sue deduzioni. Per fare chiarezza su un tema così delicato, vuole per cortesia ripetere e distinguere quali sono i fatti a sua conoscenza e quali sono le deduzioni su questo argomento?

RISPOSTA - Io credo di aver risposto. Devo cominciare dall'inizio? Tutta la risposta?

DOMANDA - Sì.

INTERVENTO DEL PRESIDENTE –

Tenendo distinti i fatti riferitigli dalle sue personali deduzioni, se riesce a farlo, questo vuole sapere il Pubblico Ministero.

RISPOSTA - I fatti di mia conoscenza sono quelli che ho già riferito anche nei vari verbali. Tutti e due, prima Bontade e poi Badalamenti, mi dissero che l'omicidio Pecorelli gli era stato richiesto dai cugini Salvo nell'interesse del Senatore Andreotti. Quindi, quando io dico nell'interesse dell'on. Andreotti, dico: Bontade e Badalamenti hanno chiesto, non si può inventare di andare a fare un omicidio a Roma, ad un giornalista qualsiasi senza chiedere: perché noi andiamo a fare questo omicidio? Qual è la ragione? L'interesse è...

DOMANDA - Mi scusi, un primo chiarimento: Bontade e Badalamenti le dissero che questo omicidio era stato fatto nell'interesse di Andreotti, sì o no?

RISPOSTA - Sì.

DOMANDA - Secondo: Bontade e Badalamenti le spiegarono perché era stato ucciso Pecorelli?

RISPOSTA - Era stato ucciso Pecorelli perché aveva dei documenti scottanti che avrebbero potuto attentare alla vita politica dell'on. Andreotti.

DOMANDA - Questo glielo dissero?

RISPOSTA - Chiarissimo.

DOMANDA - E qual è la sua deduzione allora?

RISPOSTA - La mia deduzione è una deduzione di vita.

INTERVENTO DELLA DIFESA –

Avv. Sbacchi - Presidente, le deduzioni non ci interessano.

INTERVENTO DEL PRESIDENTE –

No, è per chiarire l'argomento. Stamattina lui ha parlato di una sua deduzione. E` verbalizzata questa sua deduzione, il Pubblico Ministero chiede di sapere qual è questa sua deduzione che ha fatto stamattina su domanda vostra. Mi sembra che sia un chiarimento necessario per l'accertamento della verità.

RISPOSTA - La deduzione nasce dalle regole di vita, non si può andare a fare un omicidio a Roma senza avvisare la parte, secondo me, però questa è la mia deduzione, non si può avvisare la parte, la quale, in un certo qual modo, si sarà lamentata nei riguardi dei Salvo sull'operazione che avrebbe voluto fare Pecorelli. Non si può fare un omicidio, questa è la mia deduzione, questo non è un fatto.

DOMANDA - Badalamenti e Bontade le dissero che Andreotti aveva dato mandato di uccidere Pecorelli?

RISPOSTA - No.

DOMANDA - E` questa la sua deduzione?

RISPOSTA - Sì, è questa la mia deduzione.

INTERVENTO DELLA DIFESA - Avv. Coppi –

Questa non è deduzione, questo è un fatto.

DOMANDA - Non le dissero che Andreotti aveva dato mandato di uccidere?

RISPOSTA - No.

DOMANDA - Le dissero che era stato fatto nell'interesse di Andreotti?

RISPOSTA - Mi dissero che era stato fatto negli interessi di Andreotti perché il giornalista stava facendo delle cose che non gradivano alla persona dell'on. Andreotti.

DOMANDA - Quindi la sua deduzione è che Andreotti aveva dato un mandato ad uccidere?

RISPOSTA - Ma è logico, è quello che mi sforzo di fare, se poi non riesco a tradurlo in parole, è colpa della mia cultura.

………

ESAME DEL COLLABORANTE DA PARTE DEL TRIBUNALE

DOMANDA - Lei ha parlato di lamentele di Andreotti, a proposito dell'omicidio Pecorelli?

RISPOSTA - Sì.

DOMANDA - Di queste lamentele gliene parlarono Badalamenti e Bontade oppure è una sua deduzione?

RISPOSTA - Sì, le lamentele sono mie deduzioni, queste sono le deduzioni che io un momento fa, prima di sospendere, cercavo di sapere qual era la risposta che io dovevo dare in merito alla deduzione.

Puo’ dunque in conclusione evidenziarsi che, rispetto all’iniziale dichiarazione del Buscetta nel corso delle indagini preliminari secondo cui vi era stata una esplicita richiesta dell’imputato rivolta ai Salvo per l’omicidio di quel giornalista "scomodo", al dibattimento e’ definitivamente emerso che al collaborante in realta’:

  • nulla le fonti (Badalamenti e Bontate) avevano riferito in merito ad una mandato esplicito di Andreotti ai Salvo per la soppressione del Pecorelli;
  • nulla le fonti avevano riferito neppure in ordine a lamentele sulla condotta del giornalista Pecorelli espresse da parte dell’imputato ai cugini Salvo; e’ eloquente al riguardo, oltre che confermativo del fatto che sia stata solo una deduzione, che il Buscetta a proposito dell’On.Andreotti usi un’espressione palesemente ipotetica ("…si sarà lamentata nei riguardi dei Salvo sull'operazione che avrebbe voluto fare Pecorelli…").

E che quella di Buscetta sia stata solo una deduzione e’ esplicitamente emerso nel corso dell’esame reso nel processo di Perugia laddove egli ha ancora una volta ribadito, pur con qualche ormai consueta imprecisione (addirittura un iniziale accenno ad una poi inesistente "richiesta" di Andreotti), che mai Badalamenti (ne’ peraltro Bontate) ebbe a dirgli che vi era stato un mandato dell’odierno imputato per l’omicidio del Pecorelli e che il coinvolgimento dell’uomo politico nel delitto era stato dedotto da esso Buscetta sulla base del rapporto di conoscenza con quei Salvo che erano i veri mandanti dell’omicidio (udienza Perugia del 9 settembre 1996):

DIFESA IMPUTATO ANDREOTTI (AVV. COPPI)

………Da Badalamenti le venne detto in termini espliciti da chi sarebbe stato commissionato questo delitto?

TOMMASO BUSCETTA.

No nemmeno.

DIFESA IMPUTATO ANDREOTTI (AVV. COPPI).

Nemmeno da Badalamenti.

TOMMASO BUSCETTA.

Stiamo parlando per conoscenza mia.

PRESIDENTE.

Che cosa le ha detto Badalamenti?

TOMMASO BUSCETTA.

Badalamenti mi ha parlato: per interessamento dell'Onorevole Andreotti, una richiesta.

DIFESA IMPUTATO ANDREOTTI (AVV. COPPI).

Non ho purtroppo oggi il dono della chiarezza. Le disse da chi era stato commissionato?

TOMMASO BUSCETTA.

No, no.

……

DIFESA IMPUTATO ANDREOTTI (AVV. COPPI).

Può, ritornando su questo punto, ricordare se Badalamenti le disse chi è che aveva richiesto questo omicidio?TOMMASO BUSCETTA.

Ho già… risposto, no.

DIFESA IMPUTATO ANDREOTTI (AVV. COPPI).

Quindi Badalamenti non le ha potuto neppure dire, esplicitamente, che l'omicidio era stato espressamente richiesto dal Senatore Andreotti?

TOMMASO BUSCETTA.

Ma è questa la risposta: no.

DIFESA IMPUTATO ANDREOTTI (AVV. COPPI).

……Mi vuole dire perchè e sulla base di quali fatti lei afferma che l'omicidio è stato fatto, come ha ripetuto ieri, come stava ripetendo adesso, nell'interesse del Senatore Andreotti?

TOMMASO BUSCETTA.

Per le circostanze che il Senatore Andreotti era intimo amico del Senatore.

DIFESA IMPUTATO ANDREOTTI (AVV. COPPI).

Di quale Senatore?

PRESIDENTE.

"Il Senatore Andreotti era amico del Senatore"?

TOMMASO BUSCETTA.

Dei Salvo.

DIFESA IMPUTATO ANDREOTTI (AVV. COPPI).

Io non voglio parlare male dei morti, ma perchè i Salvo avevano come unico amico il Senatore Andreotti?

TOMMASO BUSCETTA.

No.

Puo’ dunque concludersi che l’affermazione del Buscetta secondo cui l’omicidio fu richiesto al Badalamenti ed al Bontate dai cugini Salvo "nell'interesse del Senatore Andreotti" e’ anch’essa solo una deduzione seppure direttamente scaturente anche e soprattutto dalla presunta causale del delitto ricollegata dai due esponenti mafiosi al fatto che il Pecorelli "stava facendo delle cose che non gradivano alla persona dell'on. Andreotti", ed "aveva dei documenti scottanti che avrebbero potuto attentare alla vita politica dell'on. Andreotti".

Ma proprio con riferimento a tale dichiarazione dibattimentale del Buscetta non puo’ non rilevarsi come nel corso delle indagini preliminari il collaboratore era stato molto piu’ generico e soprattutto non aveva fatto il minimo accenno a pretesi "documenti scottanti" in possesso al giornalista, essendosi limitato a riferire, peraltro in termini solo ipotetici ("sembra che…a quanto pare…"), che il Pecorelli forse stava "appurando cose politiche collegate al sequestro Moro" ed era a conoscenza, come Dalla Chiesa, di "segreti" che "infastidivano" l’on.Andreotti (cfr. verbale del 6 aprile 1993 fg.3 e 6):

Secondo quanto mi disse Badalamenti, sembra che Pecorelli stesse appurando "cose politiche" collegate al sequestro Moro.

Giulio Andreotti era appunto preoccupato che potessero trapelare quei segreti, inerenti al sequestro dell’onorevole Moro, segreti che anche il generale Dalla Chiesa conosceva.

Pecorelli e Dalla Chiesa sono infatti "cose che si intrecciano fra loro".

………

a quanto pare, il Pecorelli e Dalla Chiesa (anche se separatamente l’uno dall’altro) erano a conoscenza di segreti sul sequestro Moro che infastidivano l’onorevole Andreotti.

Nel corso dell’interrogatorio reso al P.M. il 6 aprile 1993, dunque, il Buscetta aveva soltanto parlato, peraltro in termini assai incerti e probabilistici ("sembra che…a quanto pare…") di non meglio precisati "segreti" e "cose politiche" collegate al sequestro dell’On. Moro, laddove invece al dibattimento il predetto ha per la prima volta riferito di "bobine" (poi "documenti") che erano pervenute al giornalista Pecorelli, intenzionato a renderne pubblico il contenuto:

RISPOSTA - No no, tutti e due lo stesso motivo, posso cambiare qualche avverbio, ma il motivo è sempre lo stesso. E cioè, questo Pecorelli era uno che stava attentando alla vita politica del Senatore Andreotti.

DOMANDA - E come?

RISPOSTA - Attraverso i giornali, attraverso ricatti.

DOMANDA - Ricatti motivati da che cosa, le dissero qualcosa di più specifico sul motivo per cui Pecorelli poteva nuocere al Senatore Andreotti?

RISPOSTA - Del resto si sapeva dei documenti che erano stati trovati, e che il Pecorelli voleva pubblicare. Io, di altre cose, non so. Le altre cose sono notizie giornalistiche. Quello che io so, è che dalla morte dell'on. Moro sembra che c'erano dei documenti che il Pecorelli voleva far uscire fuori.

Il Buscetta, dunque, che nel corso delle indagini preliminari aveva reso dichiarazioni dal contenuto assolutamente generico, ha invece improvvisamente ricordato solo al dibattimento, ma anche stavolta in maniera piuttosto confusa ed approssimativa, e peraltro spesso in termini ipotetici ("sembra che c’erano dei documenti…"), una serie di fatti incomprensibilmente del tutto taciuti nelle sue prime dichiarazioni:

  • il Pecorelli voleva "far uscire fuori" e "pubblicare" bobine (documenti) riguardanti il sequestro Moro "che erano stati trovati" in una localita’ ignota;
  • Bontate attraverso i Salvo sapeva che le bobine (rectius i documenti) erano in possesso del Gen. Dalla Chiesa;
  • tali bobine/documenti erano stati consegnati al Pecorelli da qualcuno ("non si sa da chi");
  • non gli risultava che al Pecorelli fossero stati consegnati dal Gen. Dalla Chiesa:

DOMANDA - Lei ha detto, che il Bontade e Badalamenti, in tempi diversi, le dissero che Pecorelli era stato ucciso perché, il motivo era che aveva dei documenti, aveva qualcosa che poteva danneggiare Andreotti. In queste circostanze, e le chiedo innanzitutto di rispondermi subito con un sì o con un no. Loro parlarono a proposito di questi documenti di Pecorelli anche, fecero riferimento al Generale Dalla Chiesa o no?

RISPOSTA - Sì, se devo continuare...

DOMANDA - Se è sì, spieghi e riferisca quello che dissero.

RISPOSTA - I documenti di cui si parlò in quell'epoca si riferivano alle bobine trovate in una località, che io non so qual' è, e che erano state consegnate, non si sa da chi, al giornalista Pecorelli. Il fatto che si intrecciano, parola che io ho usato una volta, Pecorelli con Dalla Chiesa, è perché a loro risultava che le bobine le aveva Dalla Chiesa.

DOMANDA - A loro risultava, a chi?

RISPOSTA - A Bontade attraverso i Salvo. Erano loro che adducevano a questo discorso del perché il Senatore Andreotti veniva leso nella sua carriera politica.

DOMANDA - Lei ha parlato prima di documenti, e poi di bobine.

RISPOSTA - Sì.

DOMANDA - Qui deve cercare di essere assolutamente preciso nel ricordo. Erano documenti e bobine o soltanto documenti o documenti e bobine?

RISPOSTA - No no. Io ho la massima certezza che invece in quell'epoca, siccome si accavallano fatti, è impressionante, in quell'epoca si sia parlato solo ed esclusivamente di documenti, non bobine. Se ho detto bobine ho sbagliato, documenti in generale.

Nel corso dell’esame dibattimentale reso al P.M., dunque, il Buscetta ha precisato che egli non sapeva che i documenti in possesso al Pecorelli fossero stati a questi consegnati dal Gen. Dalla Chiesa.

Ed infatti anche nel corso dell’interrogatorio al P.M. del 6 aprile 1993, per quanto, come si e’ detto, Buscetta non avesse neppure accennato a documenti da pubblicare, parlando molto piu’ genericamente di "segreti", egli aveva comunque precisato che tali segreti erano a conoscenza del Pecorelli e del Gen. Dalla Chiesa "separatamente l’uno dall’altro", affermazione questa che non puo’ che interpretarsi nel senso che la fonte di conoscenza di quei segreti era del tutto autonoma e differente per i due (Dalla Chiesa e Pecorelli) .

Ma la conferma della estrema confusione dei ricordi del Buscetta, e dunque dell’inaffidabilita’ delle sue ricostruzioni su vicende cosi’ delicate, affidate al ricordo di brevi conversazioni risalenti ad oltre 20 anni prima, emergeva nel corso del controesame condotto dalla difesa allorquando il predetto, contraddicendosi in maniera del tutto evidente, affermava espressamente che i documenti che il Pecorelli intendeva pubblicare erano stati invece consegnati al giornalista proprio da Dalla Chiesa secondo quanto dettogli espressamente da Gaetano Badalamenti:

DOMANDA - Io volevo cercare di capire anche, se consente, siamo abbastanza esperti, anche i lapsus possono avere dei suoi significati in un procedimento penale, specialmente di questo tipo. Quindi escludiamo che si parli di bobine. Questi documenti, che il Generale Dalla Chiesa avrebbe dato a Pecorelli, erano documenti non noti al pubblico?

RISPOSTA - Io non lo so questo.

DOMANDA - Lei ieri mi sembrava che avesse accennato al fatto che il problema era che Pecorelli stava per pubblicare documenti che aveva ricevuto dal Generale Dalla Chiesa?

………

DOMANDA - Lei ieri ha detto che il pericolo per la carriera politica del Senatore Andreotti era rappresentato dal fatto che Pecorelli aveva in animo di pubblicare documenti che aveva ricevuto dal Generale Dalla Chiesa, inerenti all'omicidio Pecorelli, giusto?

RISPOSTA - Questo è quello che ho saputo.

Che tale risposta del Buscetta – avere cioe’ appreso da Badalamenti che Pecorelli aveva ricevuto i documenti da Dalla Chiesa - fosse l’ennesima arbitraria ed inaffidabile deduzione o ricostruzione a posteriori del collaborante e’ confermato inequivocabilmente non solo dal palese e gia’ evidenziato insanabile contrasto con quanto poco prima riferito (Dalla Chiesa e Pecorelli erano a conoscenza di segreti sul sequestro Moro "separatamente l’uno dall’altro", "…si riferivano alle bobine….erano state consegnate, non si sa da chi, al giornalista Pecorelli…") ma anche e chiaramente dalle risposte fornite sul punto in termini non equivoci durante l’esame successivamente reso a Perugia.

In quel dibattimento infatti Tommaso Buscetta, proseguendo in una altalenante sequenza di affermazioni e smentite, rettificava nuovamente le dichiarazioni rese a Palermo pochi mesi prima precisando di ignorare se i documenti inerenti il sequestro Moro fossero stati consegnati a Pecorelli dal Gen. Dalla Chiesa (udienza del 10 settembre 1996 pag.185):

DIFESA IMPUTATO ANDREOTTI (AVV. COPPI).

A lei risulta da qualche fonte, che il Generale Dalla Chiesa, abbia consegnato a Pecorelli documenti inerenti il sequestro Moro? Non quel che si dice. A lei personalmente le risulta?

TOMMASO BUSCETTA.

No.

DIFESA IMPUTATO ANDREOTTI (AVV. COPPI).

Quindi non può indicare pure nessuna fonte dalla quale, si possa desumere direttamente, conoscenza su questo punto?

TOMMASO BUSCETTA.

No.

Il contrasto dunque e’ palese ed insanabile e conferma la tendenza del Buscetta nel corso degli anni e degli interrogatori a sovrapporre, anche inconsapevolmente, le proprie talora limitate ed approssimative conoscenze fondate su quelle conversazioni con Bontate e Badalamenti ormai lontane nel tempo, con fatti, dichiarazioni, letture e conoscenze di ben altra provenienza, rendendo dunque estremamente difficoltoso discernere le une dagli altri con la conseguente doverosa cautela.

Il Buscetta ha peraltro aggiunto un particolare che rende ancora piu’ confusa la sua ricostruzione dei fatti.

Ed invero, se la tesi sino a quel momento esposta dal Buscetta era che Pecorelli e Dalla Chiesa erano, secondo quanto riferitogli dal Bontate e dal Badalamenti, a conoscenza di segreti – poi divenuti documenti – inerenti il sequestro Moro e che il giornalista attentava alla vita politica dell’imputato proprio perche’ intendeva pubblicare quei documenti, lo stesso Buscetta giungeva ad affermare che i documenti in questione potevano persino essere gia’ noti, cosi’ rendendo incomprensibile il suo precedente riferimento a pretesi "segreti":

DOMANDA - E questo voglio sapere. Questi documenti, lei ha saputo anche, che erano documenti già noti all'universo o che erano documenti ancora ignoti?

RISPOSTA - Non lo sapevo.

DOMANDA - Quindi potevano essere anche documenti già noti?

RISPOSTA - Esatto, non lo sapevo.

Alla luce di tale ultima risposta del Buscetta, secondo cui egli neppure seppe se i documenti erano noti o inediti, anche la tesi secondo cui l’omicidio avrebbe avuto come principale obiettivo quello di non fare trapelare "segreti" inerenti il sequestro Moro di cui erano a conoscenza Pecorelli e Dalla Chiesa, risulta dunque rimessa in discussione.

Ne’ maggiore chiarezza puo’ ricavarsi dall’esame reso da Buscetta dinanzi alla Corte di Assise di Perugia alcuni mesi dopo la deposizione nel presente processo (9 e 10 settembre 1996: verbali acquisiti all’udienza del 27 novembre 1996).

In quella occasione infatti il Buscetta operava la sua ricostruzione dei colloqui avuti con Bontate e Badalamenti in termini, ove possibile, persino piu’ generici e probabilistici, confermando quindi la vaghezza dei suoi ricordi in ordine al contenuto di conversazioni avvenute circa venti anni prima.

A Perugia egli infatti precisava che (cfr. verbale 9 settembre 1996 pag.51-52 e pag.98):

  • Badalamenti ridendo gli aveva accennato al fatto che il giornalista voleva "arrecare dei disturbi al senatore Andreotti perche’ aveva dei documenti scottanti che voleva pubblicare"
  • tali documenti erano pervenuti nelle mani del Pecorelli "non si sa come"
  • Badalamenti riteneva che tali "documenti segreti" riguardassero Moro ("secondo lui…")
  • il generale Dalla Chiesa "era colui che possibilmente poteva, secondo Badalamenti, che avrebbe potuto dare i documenti a Pecorelli"

Nella stessa occasione il Buscetta aggiungeva che nel 1980 il Bontate, allorquando egli gli aveva chiesto le ragioni dell’interessamento svolto da Cosa Nostra nel 1978 per ottenere la liberazione di Moro, aveva risposto dicendo che ormai "era acqua passata" e che a quanto pare "la Democrazia Cristiana non avesse interesse ad averlo vivo" (pag.60).

Ma le risposte piu’ contraddittorie e per taluni aspetti persino sorprendenti il Buscetta le forniva quando il P.M. di Perugia in quel dibattimento gli chiedeva che ruolo avesse avuto Giuseppe Calo’ durante il sequestro Moro.

Ed infatti il collaborante, nonostante le reiterate domande del P.M., affermava di non ricordare assolutamente nulla al riguardo (pag.61) giungendo a dichiarare di non avere mai fatto affermazioni di tal genere (pag.76).

Cio’ suscitava la ovvia sorpresa del P.M. in quanto risultava in palese contrasto con quanto Buscetta aveva invece riferito il 20 novembre 1992 al P.M. di Roma che lo interrogava sul punto, allorquando aveva espressamente precisato di sapere che Calo’ era "contrario all’attivazione" di Cosa Nostra per la liberazione di Aldo Moro (cfr. contestazione al Buscetta nel corso dell’udienza di Perugia del 9 settembre 1996 pag.72):

"Contrario all’attivazione era, ad esempio, Pippo Calo’, tanto e’ vero che il Calo’ venne accusato da Bontate di perseguire interessi dei suoi amici politici romani invece che quelli degli amici politici di Bontate interessati alla liberazione di Moro".

Ed a confondere ulteriormente la situazione facendo dunque emergere con estrema chiarezza come il Buscetta nel corso degli anni avesse subito nei suoi ricordi di quelle vicende lontane nel tempo il condizionamento esterno di notizie giornalistiche (e non solo), giova rammentare che anche il 6 aprile 1993 egli aveva accennato al fatto che "Calo’ aveva un partito suo che non voleva Moro libero".

Ma in quella occasione il Buscetta aveva anche ammesso, immediatamente e con assoluta franchezza, che non erano "notizie sue", in quanto cio’ gli risultava non per conoscenza diretta bensi’ perche’ erano "cose che aveva letto" (cfr. verbale 6 aprile 1993 pag. 6):

Voglio poi tornare su alcune mie dichiarazioni relative al sequestro Moro per precisare come segue: il Calo’ aveva un partito suo che non voleva Moro libero. Si tratta peraltro di cose che ho letto e non mi sembra giusto riferire notizie non mie.

Che dunque il Buscetta abbia grande difficolta’ sia nel rammentare con precisione colloqui risalenti a circa venti anni prima, sia soprattutto nel distinguere nel ricordo il reale contenuto di quelle conversazioni rispetto a quanto invece letto sui giornali o sentito alla televisione, e’ confermato molto onestamente anche dallo stesso dichiarante al P.M. gia’ il 6 aprile 1993 (pag.3 "Debbo precisare che oggi non mi e’ facile distinguere tra le cose dettemi da Bontate e quelle dettemi da Badalamenti").

E dinanzi alla Corte di Assise di Perugia Tommaso Buscetta e’ stato, ove possibile, ancora piu’ esplicito (udienza 9 settembre 1996 pag.73):

Signor Presidente, e’ successa molta confusione in questi anni di leggere giornali e televisioni e quindi … sono cose che ho appreso da altri questo nuovo partito di Calo’… Dico di averle lette.

Il chiarimento definitivo sulle dichiarazioni del Buscetta in ordine al presunto ruolo di Calo’ nelle vicende relative alla liberazione di Aldo Moro emergeva infine con chiarezza nel prosieguo dell’esame dibattimentale.

Inizialmente il Buscetta tentava di affermare ostinatamente di non avere mai fatto affermazioni di quel genere ("Per quanto riguarda Pippo Calo’, era contrario alla liberazione di Moro, io non ho mai fatto questa affermazione…io non ho mai detto il partito di Pippo Calo’…": pag.76 udienza a Perugia del 9 settembre 1996).

Infine il dichiarante ammetteva che cio’ che aveva riferito sul punto in un primo momento – e che al dibattimento non rammentava invece piu’ - altro non era che il contenuto di un verbale di dichiarazioni rese da Francesco Marino Mannoia di cui gli era stata data lettura nel corso di uno dei suoi interrogatori durante le indagini preliminari (cfr. pag.76 udienza a Perugia del 9 settembre 1996: "L’affermazione viene da lettura datami dai giudici che mi interrogavano sulle rivelazioni di Marino Mannoia ma non e’ una cosa mia personale").

A Perugia egli infatti in ultimo affermava di non avere mai saputo che Calo’ era contrario alla liberazione di Moro ne’ chi fossero i referenti politici del Calo’, non riuscendo tuttavia a spiegare in alcun modo come mai invece nel verbale di interrogatorio da lui reso il 20 novembre 1992 al PM di Roma fosse affermata cosa esattamente opposta (udienza 9 settembre 1996 pag.102-103):

Tommaso Buscetta: Ma infatti io non so perche’ e’ scritto cosi’ ma io non l’ho mai conosciuta questa parte di … anche se ci sara’ la mia firma abitualmente non si leggono i verbali, ma io non ho mai saputo che Calo' fosse contrario alla liberazione di Moro…Neanche chi fossero i referenti politici di Calo’. Io non l’ho mai detto, non ho mai nominato un politico a cui Calo’ facesse capo"

Resta pero’ il fatto incontestabile ed obiettivo che il Buscetta, nonostante dichiari di non averlo mai detto, in realta’ il 6 aprile 1993 aveva testualmente affermato che Calo’ "aveva un partito suo che non voleva Moro libero" (pag.6), e che dinanzi a questo Tribunale aveva anche con estrema sicurezza affermato (ripetendo addirittura le testuali parole del Calo’ riferitegli da Bontate) di avere chiaramente appreso da Bontate che Calo’ gli aveva detto che la DC non voleva Moro libero:

DOMANDA - Lei, come ha già riferito, nel 1980, dopo avere
usufruito di un secondo permesso, lei ha detto giugno o maggio del 1980, va a Palermo in permesso e non rientra più in carcere, si rende latitante, e ha anche già riferito che ha dei contatti, naturalmente con gli esponenti di Cosa Nostra. Lei ebbe modo di parlare con Bontade o con Inzerillo, cioè coloro che avevano fatto quella richiesta, dell'argomento del sequestro Moro e del suo mancato trasferimento a Torino?

RISPOSTA - Innanzitutto loro non si interessavano del mio trasferimento a Torino, era una cosa che riguardava i Milanesi, e rispondo all'ultima domanda. Per quanto riguarda invece dal lato loro, Stefano Bontade mi spiegò che Giuseppe Calò non la pensava come lui, e secondo lo stesso Bontade, il Calò ebbe a dirle testuali parole: "Ma, insomma, ancora non l'hai capito che non lo vogliono a Moro vivo". Questo mi fu detto nel 1980 da Bontade che la D.C., una parte della D.C. non lo voleva vivo.

DOMANDA - Disse altro Bontade a riguardo?

RISPOSTA - Non ricordo in questo momento.

DOMANDA - Lei non ne parlò con Inzerillo?

RISPOSTA - No.

E’ stato dunque solo a seguito dell’acquisizione della deposizione resa da Buscetta a Perugia che si e’ compreso come in realta’ la circostanza riferita al P.M. il 6 aprile 1993 e nel dibattimento a Palermo, prospettata come notizia direttamente e personalmente appresa dal collaborante, fosse invece a lui del tutto ignota avendone egli parlato solo per sentito dire.

La continua commistione nei ricordi del Buscetta tra fatti vissuti e notizie apprese aliunde emerge dunque in ogni passo delle sue dichiarazioni imponendo la massima cautela nella valutazione di ogni dichiarazione del collaborante.

Cio’ si evince anche e soprattutto dalla pluralita’ di versioni che di quelle delicate e gravi vicende il dichiarante ha spesso fornito nel corso dei suoi molteplici interrogatori: i generici "segreti" che diventano "documenti scottanti"; il ruolo di Calo’ durante il sequestro Moro, prima dettagliatamente riferito e poi negato; una esplicita affermazione in ordine ad una "richiesta" fatta da Andreotti ai Salvo per l’omicidio Pecorelli ("voluto dai cugini Salvo, in quanto a loro richiesto dall’On. Andreotti"; cfr. anche verbale di Perugia del 10 settembre 1996 pag.136: "Badalamenti mi ha parlato: per interessamento dell’on. Andreotti, una richiesta"), che viene successivamente disconosciuta diventando solo una mera deduzione fondata esclusivamente sui riferiti rapporti di amicizia tra l’imputato ed i predetti Salvo (cfr. udienza Perugia 10 settembre 1996 pag.137: "AVV. COPPI: Mi vuole dire perche’ e sulla base di quali fatti lei afferma che l’omicidio e’ stato fatto…nell’interesse di Andreotti? Buscetta: "Per le circostanze che il senatore Andreotti era intimo amico dei Salvo"); i presunti segreti relativi a documenti che forse possono essere persino gia’ noti al pubblico (rendendo incomprensibile su cosa dovesse dunque vertere il "segreto"); tali documenti una volta consegnati a Pecorelli da Dalla Chiesa e poi invece pervenuti al giornalista "non si sa come"; la tesi secondo cui il giornalista e Dalla Chiesa sarebbero stati conoscenza di "segreti" del caso Moro "separatamente" l’uno dall’altro (6 aprile 1993), modificata negli interrogatori successivi quando invece il Buscetta afferma che i documenti furono consegnati dall’uno all’altro (dibattimento a Palermo), fino alla elaborazione di una terza versione secondo cui in realta’ era stata solo una mera opinione del Badalamenti che le carte fossero state date al Pecorelli da Dalla Chiesa ("Il Generale Dalla Chiesa era colui che possibilmente poteva, secondo Badalamenti, che avrebbe potuto dare i documenti a Pecorelli il giornalista": pag.52 udienza di Perugia del 9 settembre 1996); i "sembra" e "a quanto pare" che diventano fatti certi, per poi sfumare nuovamente in mere ipotesi (ancora a Perugia all’udienza del 10 settembre 1996 – pag.131 - il Buscetta infatti ha testualmente affermato che "sembra che fossero usciti dei documenti, delle cose contro il senatore Andreotti").

Ne’ va trascurato di evidenziare un’altra circostanza che rende oltremodo confusa e poco credibile la dichiarazione del Buscetta sull’omicidio Pecorelli.

Egli ha infatti sempre affermato che fu Stefano Bontate nel 1980 il primo a confessargli che erano stati lui e Badalamenti a commettere il delitto del giornalista "voluto dai cugini Salvo, in quanto a loro richiesto dall’On. Andreotti" (ritrattando poi questa iniziale gravissima ed inequivoca accusa), e che circa due anni dopo (1982 o 1983) anche Badalamenti gliene aveva parlato negli identici termini confessando la sua partecipazione al grave fatto delittuoso.

Ma cio’ che sorprende e risulta oltremodo incomprensibile e’ l’affermazione di Buscetta secondo cui, quando Badalamenti gli confesso’ il suo ruolo nel delitto Pecorelli, egli inizialmente aveva pensato si riferisse a tale Pecorella scomparso assieme al figlio diciassettenne di Salvatore Inzerillo nel corso della guerra di mafia nell’agosto del 1981:

"…Sì, io ho un'altra occasione, ed è l'uccisione del giornalista Pecorelli. Questa esecuzione del giornalista Pecorelli mi viene detta, e da Stefano Bontade, come cosa effettuata da lui, e da Gaetano Badalamenti, e mi viene riconfermata dal Badalamenti in Brasile, dove mi dice che l'omicidio di Pecorelli è una cosa che ho fatto io e Stefano. Quando mi fu detto da Badalamenti io non capii perché ad un figlio di Inzerillo le era stato tolto un braccio ed era stato detto... questo non lo dico... e si trovava insieme un altro ragazzo, quando era stato sequestrato e poi ucciso, che si chiamava Pecorelli. Per cui quando mi parla Badalamenti io capisco che si tratta di quel ragazzo, ucciso insieme al figlio di Inzerillo, e dico: "Ma che c'entri tu con il figlio di Inzerillo?".

DOMANDA - Perché, come si chiamava questo ragazzo?

RISPOSTA - Pecorelli o Pecorella, non so definire. Comunque se andavano a guardare c'è il figlio di questo Pecorelli che scompare insieme al figlio di Inzerillo. Ed allora dico: "Ma tu che c'entri con il figlio?……"

Se dunque nel 1980 Buscetta aveva appreso da Stefano Bontate la gravissima notizia del coinvolgimento del Sen. Andreotti, e dunque di uno dei piu’ noti ed influenti uomini politici del paese, addirittura nell’omicidio di un giornalista a nome Pecorelli eseguito da esponenti di Cosa Nostra tra i quali Gaetano Badalamenti, egli ben difficilmente avrebbe potuto dimenticarlo e poi equivocare quando proprio il Badalamenti gli aveva confermato quanto gia’ appreso dal Bontate, e cioe’ di avere ucciso Pecorelli.

Ma cio’ che conferma oltre ogni dubbio l’inattendibilita’ sul punto del Buscetta e’ il fatto che egli venne a conoscenza della vicenda relativa alla scomparsa di Inzerillo Giuseppe, figlio di Salvatore Inzerillo, e del Pecorella proprio da Badalamenti Gaetano secondo quanto si evince dalla lettura della sentenza di primo grado del maxiprocesso (vol.12 pag.2047).

Fu infatti proprio Gaetano Badalamenti a raccontare al Buscetta in Brasile i particolari di quell’uccisione voluta ed eseguita dai clan vincenti rivelandogli che esecutore materiale sarebbe stato Greco Giuseppe detto "scarpazzedda" il quale aveva addirittura tagliato un braccio al giovane Inzerillo per punire simbolicamente l’intenzione del ragazzo di vendicare il padre ucciso pochi mesi prima (pag. 2048 sentenza citata).

Proprio dalle dichiarazioni di Buscetta emerge dunque che egli ebbe notizia della scomparsa e della soppressione di quel tale Pecorella dal Badalamenti che gliene indico’ anche l’esecutore materiale.

Buscetta dunque apprese della esistenza e della morte di quel Pecorella solo dopo che Badalamenti gliene parlo’.

E’ pertanto impossibile, perche’ in palese contrasto con le sue stesse dichiarazioni, che Tommaso Buscetta, quando Badalamenti gli disse che il delitto Pecorelli lo avevano commesso lui e Bontate, possa avere equivocato con la scomparsa del Pecorella.

Se, infatti, egli ancora non aveva appreso dell’omicidio di quest’ultimo, quando Badalamenti parla del proprio coinvolgimento nel delitto Pecorelli ("…in altri termini io potrei citare qua la parola che mi fu detta da lui, e la traduzione poi la farete voi, "u ficimo nuatri, io e Stefano": udienza di Perugia del 9 settembre 1996), egli – che nulla ancora sapeva di Pecorella - non avrebbe potuto che ricollegare l’affermazione del Badalamenti a quanto su Pecorelli gia’ gli era stato confidato da Bontate appena due anni prima, notizia peraltro di tale importanza e gravita’ – coinvolgente un notissimo politico – che ben difficilmente egli avrebbe potuto dimenticare.

Dunque nessuna credibile possibilita’ di equivoco con altro omicidio di cui ancora nulla gli era stato riferito da Badalamenti.

Se invece quest’ultimo gia’ gli aveva parlato della soppressione del Pecorella e del giovane Inzerillo, quando poi il capomafia di Cinisi gli aveva detto di avere commesso lui il delitto Pecorelli con Stefano Bontate, non avrebbe avuto alcun senso equivocare con il suddetto Pecorella nel cui omicidio – commesso dai clan mafiosi vincenti - Badalamenti e Bontate – appartenenti alle famiglie mafiose perdenti - non avevano avuto ovviamente alcuna parte.

E la tesi del Buscetta del presunto iniziale equivoco diventa ancor piu’ incomprensibile perche’ non si e’ riusciti neppure a chiarire in maniera lineare e coerente in quale contesto il Badalamenti gli avrebbe improvvisamente confidato e confessato un fatto cosi’ importante e grave (un omicidio commesso su richiesta o nell’interesse di Andreotti).

Nel corso del dibattimento di Perugia il Buscetta ha infatti dapprima riferito – peraltro per la prima volta – che il discorso in Brasile con Badalamenti sul delitto Pecorelli era avvenuto contestualmente alla visione di un servizio televisivo relativo all’omicidio del Prefetto Dalla Chiesa, poi tale collocazione e’ divenuta solo possibile, ed infine il discorso e’ stato correlato (in termini di argomenti "contigui") alle rivelazioni dello stesso Badalamenti sulla soppressione del Pecorella e del figlio di Salvatore Inzerillo:

(udienza Perugia 9 settembre 1996)

PUBBLICO MINISTERO (DOTT. CANNEVALE).

L'omicidio di quei ragazzi: Pecorella e l'altro, avvenne dopo questo colloquio con Bontate?

TOMMASO BUSCETTA.

Sì, sì, io non sono nemmeno più in Italia quando avviene l'omicidio di questi ragazzi, io non sono più in Italia, perchè l'omicidio dei ragazzi avviene nella guerra di mafia, uno è figlio dell'Inzerillo che era "capomandamento" e un altro era l'amico del figlio di Inzerillo, tutti e due sedicenni, quindicenni e quindi avviene nella guerra di mafia che è intorno alla fine dell'81, l'inizio dell'82, insomma è in quegli anni lì.

PUBBLICO MINISTERO (DOTT. CANNEVALE).

Un'ultima cosa su questo. Quando anche Bontate fa questo discorso...

TOMMASO BUSCETTA.

Un momento, vorrei fare un chiarimento.

PUBBLICO MINISTERO (DOTT. CANNEVALE).

Prego.

TOMMASO BUSCETTA.

Chi me ne parla è Gaetano Badalamenti, perchè è Gaetano Badalamenti che mi racconta che il figlio del "capomandamento", cioè Inzerillo Salvatore, sequestrato, viene portato in una localit…, secondo Badalamenti, dove gli viene amputato il braccio destro mentre è ancora vivo. E lui me lo racconta per l'atrocit… nei confronti del ragazzo. E gli si dice al ragazzo: "questo braccio non ti servir… per sparare a Riina".

Quindi stiamo parlando esattamente della guerra di mafia. E' da ciò che nasce il fatto di Pecorella. E' un fatto che è contiguo, poi si parla del giornalista Pecorelli, ma senza chiarire chi è questo Pecorelli. E io gli dico: "ma che c'entrate voi nell'omicidio di Pecorella?". Basta.

Gia’ risulta del tutto incomprensibile il fatto che la confessione del Badalamenti sull’omicidio Pecorelli sarebbe intervenuta proprio mentre si parlava della guerra di mafia atteso che il delitto del giornalista non aveva e non ha collegamenti di alcun genere con il grave conflitto che contrappose le famiglie mafiose siciliane negli anni 1981/1982.

Dunque secondo tale ricostruzione Badalamenti avrebbe rivelato a Buscetta quanto egli sapeva sull’omicidio del giovane Inzerillo e del Pecorella, commesso da Greco "scarpa", e subito dopo ("stiamo parlando esattamente della guerra di mafia. E' da ciò che nasce il fatto di Pecorella. E' un fatto che è contiguo, poi si parla del giornalista Pecorelli") inspiegabilmente e senza alcun nesso logico con i discorsi sino a poco prima fatti, avrebbe pronunciato quelle poche parole inizialmente equivocate dal suo interlocutore.

Vano si e’ rivelato lo sforzo del P.M. e della difesa di sollecitare il ricordo del Buscetta per chiarire in quale contesto ed a qual proposito il Badalamenti gli avesse confessato la sua responsabilita’ in quel delitto anche perche’ giova evidenziare che nella versione del collaborante il capomafia di Cinisi avrebbe soltanto pronunciato poche parole ("u ficimu nuatri Pecorelli, io con Stefano"):

(udienza Perugia 10 settembre 1996)

DIFESA IMPUTATO ANDREOTTI (AVV. COPPI) … Le confidenze invece che le vennero fatte da Badalamenti sull'omicidio Pecorelli, furono oggetto di un discorso esclusivo o avvennero nel quadro di un altro contesto, secondo quanto lei mi pare abbia gi… accennato? ………

TOMMASO BUSCETTA.

Il dubbio io non ne ho e non ne ho mai avuto, perchè si è parlato di una trasmissione alla televisione dove si vedeva il Generale Dalla Chiesa morto.

In seguito a queste discussioni perchè il Generale Dalla Chiesa era tornato a Palermo, si erano sbarazzati. Voleva diventare Presidente dei Ministri cioè voleva fare un colpo di stato, ecc., senza dubbio sono nate anche queste discussioni che io non riesco a collocarle, quando, come e in quale occasione.

DIFESA IMPUTATO ANDREOTTI (AVV. COPPI).

Però, sulla base di quello che lei ci dice, se ho ben capito quello che lei ha detto stamattina, la rivelazione che Badalamenti le avrebbe fatto sull'omicidio Pecorelli avviene...

TOMMASO BUSCETTA.

Ma può darsi, io dico c'è un fatto certo.

DIFESA IMPUTATO ANDREOTTI (AVV. COPPI).

Adesso ha detto - perchè mi sembrava che ieri avesse detto cosa in parte diversa - oggi dice che di Pecorelli si parla mentre eravate davanti alla televisione.

TOMMASO BUSCETTA.

Ma non prendo appunti e non faccio diari e quindi non posso collocarla bene e dire una data esatta quando è stata. Io posso dire semplicemente: ho visto Badalamenti nel 1982, non lo ho più rivisto prima delle feste natalizie, È ritornato nuovamente in Brasile intorno a febbraio, queste sono le conoscenze quando io abbia potuto apprendere queste cose. Non posso collocarla però nel mese, quando? Prima? Dopo? No, perchè non vivo di diari.

DIFESA IMPUTATO ANDREOTTI (AVV. COPPI).

D'accordo, ma siccome adesso stava dicendo, in termini di quasi certezza, che sarebbe avvenuto in occasione della notizia da voi ricevuta attraverso televisione, dell'uccisione di Dalla Chiesa, questo era punto di...

TOMMASO BUSCETTA.

Dico può darsi che abbia potuto essere anche in quella occasione.

……

DIFESA IMPUTATO ANDREOTTI (AVV. COPPI).

……… Non c'è nessun riferimento ad un collegamento tra la notizia dell'uccisione Dalla Chiesa e il discorso su Pecorelli, lo apprendiamo oggi per la prima volta.

TOMMASO BUSCETTA.

Ma non lo dico, ma neanche oggi lo dico.

A fronte allora di dichiarazioni del Buscetta cosi’ frequentemente altalenanti e generiche, talora contraddittorie, il P.M. ha comunque ritenuto di avere individuato ed offerto al Tribunale adeguati riscontri che confermerebbero l’attendibilita’ del complessivo racconto del dichiarante.

Tali riscontri sono costituiti secondo l’accusa principalmente dalle dichiarazioni dell’ex Maresciallo degli Agenti di Custodia Angelo Incandela e dell’On. Franco Evangelisti.

Il primo, sentito all’udienza del 15 gennaio 1997, ha riferito in sintesi che:

  • egli aveva instaurato un rapporto di grande fiducia e collaborazione con il Gen. Dalla Chiesa sin dai tempi in cui esso teste era riuscito a convincere Patrizio Peci, detenuto al carcere di Cuneo (ove l’Incandela prestava servizio dalla fine del 1978), a collaborare con la Giustizia;
  • Su incarico di Dalla Chiesa egli registrava illecitamente le conversazioni dei detenuti in carcere e provvedeva a consegnargli periodicamente le relative bobine;
  • aveva avuto occasione di partecipare ad un incontro avvenuto ai primi di gennaio del 1979 tra il Generale Dalla Chiesa ed il giornalista Carmine Pecorelli;
  • l’incontro si era svolto con modalita’ riservate alla periferia di Cuneo all’interno di una vettura ove prendeva posto alla guida uno sconosciuto che esso Incandela aveva inizialmente creduto fosse l’autista di Dalla Chiesa;

  • il Generale in quell’occasione gli aveva detto che nel carcere di Cuneo si trovavano documenti riguardanti il sequestro Moro che, a dire dell’altra persona presente al colloquio, erano stati introdotti attraverso le finestre dei locali in cui sostavano i parenti dei detenuti in attesa della perquisizione prima di essere ammessi ai colloqui;

  • tali documenti, destinati al detenuto Francis Turatello, dovevano essere recuperati da esso Incandela;
  • ad un certo momento durante quel colloquio il generale aveva acceso la luce interna all’abitacolo della vettura per chiedere un numero telefonico o un indirizzo ed egli aveva avuto cosi’ occasione di vedere in viso lo sconosciuto che poco prima si era spostato sul sedile posteriore della vettura accanto ad esso Incandela e che parlava con accento romano;
  • lo sconosciuto aveva risposto al Dalla Chiesa che non aveva con se’ l’agenda rimasta forse in "redazione" e da queste parole esso teste aveva compreso che si trattava di un giornalista;
  • quando mesi dopo era stato assassinato il giornalista Carmine Pecorelli egli, vedendo le foto della vittima pubblicate sui giornali, vi aveva immediatamente riconosciuto la persona che quella sera aveva partecipato all’incontro con Dalla Chiesa;
  • tre giorni dopo quell’incontro a tre, egli aveva nuovamente incontrato presso la stazione dei Carabinieri di Cuneo il Generale che gli aveva ribadito che quelle carte del sequestro Moro dovevano essere assolutamente ritrovate, aggiungendo altresi’ che esso Incandela doveva scoprire anche se nel carcere vi fossero carte nelle quali si parlava dell’on.Andreotti;
  • dopo circa quindici giorni di ricerca egli aveva in effetti ritrovato un involucro, avente la forma di un "salame" avvolto con nastro isolante da imballaggio, contenente circa un centinaio di fogli, e lo aveva consegnato al Generale il quale tuttavia si era detto insoddisfatto invitandolo a cercare ancora altre carte;
  • qualche tempo dopo egli aveva avuto occasione di incontrare al carcere di Pianosa il Turatello il quale gli aveva detto di essere stato trasferito li’ da Cuneo a causa di certi "scritti riguardanti il caso Moro e Andreotti" di cui esso Incandela era a conoscenza;

(udienza del 15 gennaio 1997)

P.M.: Ho capito, si. Lei ha mai conosciuto una persona che si chiamava Pecorelli?

INCANDELA A.: Ecco, un giorno, siamo nei primi giorni del 1979, mi telefona il Generale Dalla Chiesa come al solito: è solo? Si, ci dobbiamo vedere questa sera al solito posto, una zona chiamata Pantalera, alla periferia di Cuneo.

PRESIDENTE: Vuole ripetere?

INCANDELA A.: Pantalera la zona, in aperta campagna. Io vado lì, mi fermo con la macchina, subito dopo arriva un'Alfa bianca, mi fa con i fari, mi si avvicina e dice segui, era lui, con l'autista e andiamo dentro ad uno spiazzo lì, in una campagna. Sono arrivato lì, sono sceso, è sceso il generale, è andato a fare la pipì, poi dice vieni qua, allora ci siamo... mi ha fatto sedere dentro questa Alfa lui era dietro e io mi sono seduto dietro, avanti c'era l'autista. Mi dice senti, senti un pò, stammi, stammi bene a sentire, qui dentro al carcere di Cuneo sono entrati documenti riguardanti il sequestro Moro e li devi trovare, e, dico, li devo trovare, io ero 15, 20 giorni che prestavo servizio a Cuneo, ancora, diciamo, ora non conoscevo bene neanche la struttura del carcere di Cuneo, disse adesso lui vi spiegherà, come sono entrati questi documenti.

P.M.: Lui chi, scusi.

INCANDELA A.: L'autista, questa persona avanti.

P.M.: Ah!

INCANDELA A.: Per me fino a quel momento era l'autista. Allora il Generale Dalla Chiesa si siede avanti e questo autista, che per il momento lo chiama autista, e passa di dietro, sulla mia destra e mi comincia a spiegare come sono entrati questi documenti, dice guardi che dove fanno colloquio, dove i familiari dei detenuti vengono perquisiti prima di essere ammessi a colloquio, ci sono delle grate senza la rete e quindi può passare qualsiasi cosa, prima di essere perquisite lì ci bazzicano anche detenuti che possono prendere qualsiasi cosa e portarla dentro. Io non sapevo neanche cosa rispondere perchè ancora non l'avevo notato questo, disse disservizio, diciamo. Ad un certo punto, ah, mi disse qui sono entrati documenti di Moro, armi, droga, un pò di tutto. Ad un certo punto il Generale Dalla Chiesa, non mi ricordo che chiese, o un indirizzo o un numero telefonico e quindi accese la luce.

PRESIDENTE: Dell'autovettura.

INCANDELA A.: Dell'autovettura e io in quel momento ho visto questa persona in faccia come era fatta, perchè non la vedevo, poi l'ho vista il viso di questa persona che mi parlava, un accento romanesco.

P.M.: Un accento romanesco.

INCANDELA A.: Si.

P.M.: Parlava con un accento romanesco.

INCANDELA A.: Si. E...e poi disse, dice, consultate l'agenda lì, dice non ce l'ho qui, forse ce l'ho in redazione e io in quel momento ho capito che non era un militare dell'arma, ma un giornalista. Ma non mi sono osato chiedere niente al Generale Dalla Chiesa e... non gli ho chiesto chi era; sta di fatto che... però avevo notato che... tra questa persona e il generale non c'era quella, diciamo, rapporto di subordinazione... Il giorno dopo vado al carcere e vado a vedere dove...

P.M.: Mi scusi un attimo, prima di questo.

INCANDELA A.: Prego.

P.M.: Questa persona.

INCANDELA A.: Si.

P.M.: Diciamo lo sconosciuto, l'autista come lei l'ha definito, le spiegò anche dove si trovavano questi scritti, questi documenti.

INCANDELA A.: Dove sono passati, dove son passati, sono dentro al carcere di Cuneo, dice, sono entrati..

P.M.: A chi è, le disse a chi erano destinati?

INCANDELA A.: A Turatello.

P.M.: Francis Turatello?

INCANDELA A.: Si.

P.M.: Uh, Turatello... le disse se erano dentro una busta, se erano dentro...

INCANDELA A.: Mi disse, mi disse che erano avvolte e... in, con dello scotch da imballaggio color marrone e... e anche delle buste di plastica e poi c'era questo scotch. Ecco, mi fece questa discussione, anzi devo... il Generale Dalla Chiesa mi disse: guarda, non ti permettere se lo trovi di aprirlo. Il Generale mi impose questo e... il giorno dopo vado a constatare quello che mi aveva detto e ho constatato che quello che mi ha detto questa persona preciso, tutto, rete metallica, come effettivamente poteva entrare la roba, tutto e quindi ho dovuto prendere subito delle precauzioni. Dopo tre giorni da questo incontro il Generale Dalla Chiesa torna a Cuneo e mi manda a chiamare alla stazione dei Carabinieri e mi dice: questo non te l'ho detto di fronte a quella persona, dice, ma mi devi trovare anche scritti dentro al carcere di Cuneo che riguardano il senatore Andreotti.

P.M.: E scusi, con riferimento a quegli scritti di cui aveva parlato prima o in genere scritti?

INCANDELA A.: Mah, tutti quelli, tutti...

P.M.: Con riferimento a quelle carte, la carta di imballaggio o in generale?

INCANDELA A.: Mah, adesso... lui mi disse anche quelli che voleva.

P.M.: Ho capito.

INCANDELA A.: Anzi ha insistito molto.

P.M.: Cioè?

INCANDELA A.: E di non dire niente.

P.M.: All'altra persona.

INCANDELA A.: All'altra persona, perchè forse aveva capito che io avevo capito chi era, perchè e... dopo 10 o 15 giorni, adesso non ricordo, apro il giornale e vedo hanno ammazzato il giornalista Pecorelli e io senza ombra di dubbio ho riconosciuto chi era quella persona che gli ho parlato dentro la macchina con...

P.M.: Quello che lei ha definito l'autista.

INCANDELA A.: L'autista.

………

P.M.: Andiamo avanti, stava dicendo, queste carte le ha trovate o no poi?

INCANDELA A.: Queste carte io... allora mi metto a girare, cerco di chiedere, ma c'era omertà anche tra il personale, anche perchè a me non mi avevano accettato bene neanche il personale, perchè certamente prima stavano bene con Manfra, facevano quello che volevano. Io ho tirato, ne ho arrestato qualcuno di guardie corrotte e via dicendo. Gira, gira, gira, proprio in quel settore che mi aveva indicato Pecorelli, dove venivano consegnati i generi di conforto, il vestiario dei detenuti, in un piccolo locale c'era un pozzetto alto una trentina di centimetri con una lamiera sopra. Una sera vado lì, c'era questa, questa lamiera, non riuscivo a toglierla, una lamiera abbastanza pesante.

PRESIDENTE: Un pozzetto, che tipo di pozzetto?

INCANDELA A.: Ma c'erano delle... come devo dire, delle manopole di acqua sotto, tappate così, c'era un pò di immondizia, allora ho chiamato un agente addetto alla manutenzione e gli dico aprimi un pò questo... quest'affare che era arrugginito.. L'ho... aperto e lì dentro ho trovato questo involucro, fatto a forma di salame, che mi aveva parlato Pecorelli, con questo scotch marrone da imballaggi e si vedevano anche la busta di plastica sotto, etc, etc.

P.M.: C'erano dei fogli dentro?

INCANDELA A.: Ma secondo me... un centinaio ci furono, c'erano di fogli lì.

P.M.: Lei ha aperto questo involucro?

INCANDELA A.: No, no, no, no. Adesso, vede oggi, dice come mai non l'ha aperto? E chi si usava aprire quell'affare, guardi il Generale Dalla Chiesa era il Generale Dalla Chiesa, figuriamoci se io mi permettevo ad aprire quell'affare lì, neanche a dirlo. Ma dopo poco ho chiamato il Generale Dalla Chiesa, immediatamente. E... non lo dare a nessuno, eh! E' venuto lui personalmente, ci siamo incontrati sempre in quella zona Pantalera, gliel'ho consegnati e veramente rimasi anche un pò deluso quella... perchè io credevo che mi elogiava eh, disse non è che hai finito, mi devi trovare ancora carte di Andreotti e ancora un altro involucro. Ma dico non è contento? No, non mi dava soddisfazione.

PRESIDENTE: Ma lo aprì in presenza sua?

INCANDELA A.: No, no, no, no, assolutamente.

………

INCANDELA A.: Si, si. Mi mandava in missione a Pianosa, più che missione, per farmi fare un pò di ferie con la famiglia. Andavo a fare servizio lì, non è che... io avevo la sicurezza sull'isola e lì incontrai Turatello che non conoscevo. Ah, dice, ecco il famoso maresciallo Incandela mi disse. Lei viene da Cuneo, cioè io sono stato mandato via da Cuneo per certi scritti riguardanti il caso Moro e Andreotti e lei ne è a conoscenza. Di che cosa è a conoscenza? E lei ne è a conoscenza. Il giorno dopo l'ho visto in partenza per Nuoro dove poi lo ammazzarono. Questo me lo disse lì il pomeriggio, si.

PRESIDENTE: E siamo nel?

INCANDELA A.: Eh, io come date adesso...

P.M.: Comunque poco prima.

PRESIDENTE: Poco prima della uccisione di Turatello.

INCANDELA A.: Pochi giorni prima perchè poi è andato a Nuoro e l'hanno ammazzato.

………

AVV. COPPI:…Ah, lei ha già detto che dopo l'uccisione del Pecorelli, lei riconobbe nel Pecorelli l'accompagnatore sconosciuto di quella sera. Ci può dire sulla base di quali elementi è giunto a questa conclusione?

INCANDELA A.: Bè, sulla... fisionomia mi è rimasto impresso, quando l'ho visto sul giornale non ho avuto nessuna esitazione, io dico e questa è quella persona che quella sera era accompagnata dal Generale Dalla Chiesa e che mi parlò...

AVV. COPPI: Questa identificazione lei la fece il giorno stesso dell'omicidio o perlomeno il giorno dopo, perchè Pecorelli venne ucciso di sera tardi, quindi, la fece appena ebbe...

INCANDELA A.: Appena ho guardato il giornale.

AVV. COPPI: Ricorda quali furono nel giornale gli elementi che la indussero a questo, penso le fotografie, è chiaro,, non può che... non potevano che essere...

INCANDELA A.: Cioè quale elemento...

AVV. COPPI: Nel giornale, certo non è che lei l'ha ricavato dal testo dell'articolo, evidentemente dalle fotografie...

INCANDELA A.: C'era la fotografia.

AVV. COPPI: Ecco, quali, ricorda e le può descrivere al Tribunale le fotografie che lei rilevò sui giornali e dalle quali dedusse questo giudizio di identità?

INCANDELA A.: Mah, le fotografie ne sono uscite diverse, anche i giorni successivi sul giornale.

AVV. COPPI: No, ma siccome lei mi disse... siccome mi disse che lei lo ha immediatamente...

INCANDELA A.: Si, il giornale, era una fotografia a mezzo busto, mezzo busto.

AVV. COPPI: E' quelle che noi definiamo formato tessera?

INCANDELA A.: Ecco, si.

AVV. COPPI: Una fotografia tipo tessera diciamo.

INCANDELA A.: Tipo tessera.

AVV. COPPI: Una fotografia tipo tessera. E questa fotografia, quindi ciò che la fotografia rappresentava corrispondeva puntualmente al personaggio sconosciuto che lei aveva visto e quindi lei ha considerato la fotografia fatta in quell'epoca, in quel periodo o vi erano delle diversità nonostante le quali lei ha potuto egualmente...

INCANDELA A.: Mah, guardi, io l'ho riconosciuto subito, dico senza esitazione eh, come ho aperto il giornale ho...

AVV. COPPI: D'accordo. Lei ha detto questa mattina che dall'incontro di quella notte che lei ha collocato ai primi giorni di Gennaio del '79.

INCANDELA A.: Si.

AVV. COPPI: All'omicidio di Pecorelli sarebbero trascorsi 15 giorni.

INCANDELA A.: 15, 20 giorni.

AVV. COPPI: Ne è sicuro? O non si tratta di settimane e di mesi?

INCANDELA A.: Mah, io adesso... non ho contato, ma così, approssimativamente, non so, può darsi pure un mese, insomma e... in quel periodo lì o a Gennaio o a Febbraio, in quel periodo lì, quando ho visto questo giornale, adesso la data non... non ci ho fatto neanche caso.

AVV. COPPI: No, sa, un conto è 15 giorni, un conto è un mese, un conto è due mesi.

INCANDELA A.: Va bè, in sostanza io l'ho riconosciuto quando l'hanno ammazzato ed è uscito sul giornale, ora che mese era, che giorno non... non lo so.

AVV. COPPI: Ma l'intervallo, a me interessa che lei sforzi la sua memoria per cercare di stabilire quanti giorni grosso modo, sarebbe.

INCANDELA A.: Ah, no, lì, lì non ci posso...

AVV. COPPI: E allora perchè questa mattina ha detto 15 giorni, perchè questa sera parla di 15, 20 giorni.

INCANDELA A.: E comunque quando l'hanno ammazzato, ora il giorno preciso io...

AVV. COPPI: Guardi che l'hanno ammazzato tre mesi dopo circa.

INCANDELA A.: E allora l'ho visto io.

AVV. COPPI: Ma allora, allora adesso siamo... sono diventati 15 giorni diventano tre mesi.

INCANDELA A.: No, no, io l'ho visto quando è uscito sul giornale.

AVV. COPPI: Marzo, il 20 Marzo.

INCANDELA A.: Va bene.

………

AVV. COPPI: …Dopo l'uccisione e... del Pecorelli lei ha avuto occasione di vedere altre volte il Generale Dalla Chiesa?

INCANDELA A.: Si.

AVV. COPPI: Lei ha avuto occasione di dire al Generale Dalla Chiesa di aver riconosciuto la persona che lo aveva accompagnato quella sera e di averla identificata?

INCANDELA A.: Non gliel'ho detto.

AVV. COPPI: In Pecorelli, perchè?

INCANDELA A.: Non gliel'ho detto.

AVV. COPPI: Perchè, perchè?

INCANDELA A.: Ma non gliel'ho chiesto nè all'inizio e nè dopo, non gliel'ho chiesto per questa ragione, perchè... lui certe domande mi.... subito mi incalzava a dire non ti interessa e quindi per questa ragione non gliel'ho chiesto.

AVV. COPPI: No, non ho capito, mi scusi.

INCANDELA A.: Avevo il timore che mi rispondeva male.

AVV. COPPI: Se può tornare indietro, non ho capito la spiegazione.

INCANDELA A.: Avevo il timore che mi rispondeva male.

PRESIDENTE: E... ripeta, non ha capito la risposta, non ha capito, ripeta, ripeta.

INCANDELA A.: Ho detto che non gliel'ho chiesta al Generale Dalla Chiesa perchè innanzi tutto lui quando ci siamo incontrati non mi ha detto mai chi era e poi incomprensibile il Generale Dalla Chiesa a dire ma quello era il giornalista Pecorelli, quello sicuramente mi trattava male perchè era un tipo così e io per questo timore non gliel'ho chiesto.

AVV. COPPI: Quindi indipendentemente anche dal nome lei non le ha neppure chiesto se la persona che lo aveva accompagnato quella sera era stata successivamente uccisa, niente su questo...

INCANDELA A.: Io non gli ho chiesto niente.

AVV. COPPI: Niente, assolutamente niente. Indipendentemente da quello che lei ha chiesto, il Generale Dalla Chiesa le ha detto che la persona... uccisa, era la stessa che l'aveva accompagnato? Non si è fatta nessuna parola.

PRESIDENTE: Dica si o no, non con i gesti.

INCANDELA A.: No.

AVV. COPPI: No, benissimo. Indipendentemente sempre da queste domande, lei ha parlato con il Generale Dalla Chiesa dell'omicidio Pecorelli, cioè lasciamo stare il discorso quello è Pecorelli, non è Pecorelli, ma dell'omicidio Pecorelli...

INCANDELA A.: No, no, no.

AVV. COPPI: Lei non ne ha mai parlato.

INCANDELA A.: No.

AVV. COPPI: Quindi lei non ha avuto nessuna curiosità di conoscere il pensiero di...

INCANDELA A.: No.

AVV. COPPI: Nell'ambiente carcerario, naturalmente non vogliamo... che le ci riferisca di notizie generiche e quindi ci deve dire eventualmente con riferimento a persone, fatti specifici etc, etc, lo sa meglio di me, nell'ambiente carcerario lei ha raccolto notizie sull'omicidio Pecorelli ed in particolare, notizie che ricollegassero l'omicidio Pecorelli al senatore Andreotti?

INCANDELA A.: No.

Una prima considerazione di rilievo si impone nella valutazione delle dichiarazioni del teste Incandela.

Il presunto incontro con il Gen. Dalla Chiesa e con la persona poi identificata in Carmine Pecorelli sarebbe avvenuto a dire del teste nei primi giorni di gennaio del 1979 mentre l’omicidio del giornalista e’ stato commesso il 20 marzo successivo.

Orbene, il teste Incandela, seppure pochi giorni dopo il grave fatto delittuoso avesse riconosciuto nella foto della vittima pubblicata sui giornali la persona incontrata in quelle circostanze misteriose e riservate alla periferia di Cuneo, e nonostante fosse a conoscenza del fatto che quella persona, secondo le sue stesse dichiarazioni, si era occupato, fino a poche settimane prima di essere ucciso, di vicende delicate come quelle riguardanti i documenti relativi al sequestro Moro ed il noto esponente malavitoso Francis Turatello, asserito destinatario di quei documenti, non ha ritenuto per oltre 20 anni di riferire ad alcuna Autorita’ cio’ che gli risultava e che poteva essere indubbiamente utile per le indagini.

E se il silenzio poteva comprendersi almeno per il periodo immediatamente successivo alla morte di Pecorelli, attesa la particolare riservatezza dell’incontro con il Gen. Dalla Chiesa, e le consegne di massimo riserbo impartitegli da quest’ultimo, tale pretesa giustificazione non ha avuto piu’ alcun senso ne’ giustificazione dopo l’omicidio del Gen. Dalla Chiesa a Palermo il 3 settembre 1982.

Anzi proprio la tragica fine del Gen. Dalla Chiesa, tre anni dopo la morte del Pecorelli, avrebbe dovuto costituire motivo di ulteriore sollecitazione per il Mar. Incandela a riferire cio’ di cui era a conoscenza sulle due vittime e sui loro rapporti.

Ed invece egli ha continuato a tacere agli inquirenti ed all’A.G. cio’ che si sarebbe determinato a rivelare solo oltre 20 anni dopo e solo dopo essersi deciso a pubblicare un libro di "memorie" sulle sue attivita’ e sui suoi rapporti con il Gen. Dalla Chiesa, scritto in collaborazione con il giornalista Nicotri:

P.M.: Un'altra domanda. Perchè lei prima del 1994 non ha raccontato questi fatti importanti,che ci ha riferito stamattina, alle Autorità competenti, Magistratura, la Polizia, insomma.

INCANDELA A.: Avevo paura.

………

P.M.: Poi, ecco, perchè aveva paura, ce lo può spiegare meglio.

INCANDELA A.: Si, avevo paura perchè innanzi tutto non mi sentivo protetto da nessuno, assolutamente, perché nei momenti che servivo e grazie all'appoggio del Generale Dalla Chiesa, le figlie venivano guardate e via dicendo. Dopo io non ho avuto più niente, sono rimasto solo.

PRESIDENTE: Dopo la morte del generale.

INCANDELA A.: Certo, non ho avuto più niente, sono rimasto solo, non mi ha protetto nessuno, sono andato a finire sotto processo addirittura, questo ho ricevuto, niente ho avuto e ho avuto paura veramente. Io, signor Presidente, e questo lo può testimoniare tutto il carcere, io ho fatto anni senza uscire dal carcere di Cuneo, peggio dei detenuti, 24 ore su 24 ore, dormivo lì e lo sanno tutti, anche il direttore. Non mi muovevo di lì perchè avevo paura e certo se uscivo mi ammazzavano, ma poi ci sono... mi chiamava il Ministero, come ho detto prima. Mi chiamavano per mettersi a posto loro ovviamente, dice, va bene vuoi andar via, un trasferimento che è, allora firma qui che vuoi restare a Cuneo e mi mandavano via. Questo è capitato 10, 11 volte, mi chiamavano di continuo. Minacce anche alla famiglia, anche alle figlie, ci sono dei documenti rinvenuti che c'erano gli orari delle figlie dove andavano a scuola.

PRESIDENTE: Dico denunce di queste minacce lei non ne ha fatto?

INCANDELA A.: E ne ricevevo di continuo.

PRESIDENTE: Può parlare vicino al microfono?

INCANDELA A.: No, no.

PRESIDENTE: Prego.

………

AVVOCATO SBACCHI: Si Si questo l’ha detto. Senta mi racconti un po’ la storia di quando le inizia a parlare di questi fatti

INCANDELA A.: di?

AVVOCATO SBACCHI: Lei quando ha iniziato a parlare di questi fatti?

INCANDELA A.: Con chi?

AVVOCATO SBACCHI: Con l’autorità giudiziaria

INCANDELA A.: Di quale fatti di tutti?

AVVOCATO SBACCHI: Tutti questi suoi rapporti con Dalla Chiesa comincia con il libro o comincia prima a parlarne

INCANDELA A.: Comincio con il libro

AVVOCATO SBACCHI: Con il libro. Quindi dal 1982, dal 78 diciamo

INCANDELA A.: Tranne quei fatti di Cirillo ecc. l’altro ..

AVVOCATO SBACCHI: Quello perché lei ha spiegato che aveva portato le bobine perché temeva che il detenuto andasse (incomprensibile): Quindi lei ha conservato il silenzio fino al 1994. Fino a quando non ha parlato con Nicotri

INCANDELA A.: Ho spiegato pure che ho avuto paura.

Ne’ si trascuri di considerare che il Mar. Incandela ha affermato che, in violazione del segreto e del riserbo impostogli dal Dalla Chiesa dopo quell’incontro serale, egli, riconosciuto Carmine Pecorelli attraverso le foto pubblicate sui giornali dopo l’omicidio, ritiene di averne parlato anche ai suoi superiori:

AVV. COPPI: …Il Generale Dalla Chiesa le aveva raccomandato di non far cenno ad alcuno di questo suo incontro?

INCANDELA A.: si.

AVV. COPPI: Lei ha avvertito qualcuno che si andava, che andava a questo appuntamento?

INCANDELA A.: Nessuno.

AVV. COPPI: Lei ha parlato, dopo questo appuntamento con qualcuno di questo incontro? Con qualche suo collega?

INCANDELA A.: Ma io, scusi. Io in genere ho parlato di questi fatti così nell'ambiente mio, vede, io non ricordo, mi sembra, però non sono sicuro se ne ho parlato col dott. Zaccagnini, dott. Contestabile, dott. Pava (rectius Pala) non mi ricordo. Può darsi pure che ne ho parlato, perchè ho parlato di tante cose con loro, non è escluso che ho detto pure questo.

AVV. COPPI: Perchè nel suo interrogatorio invece ha affermato di averne parlato con queste persone.

INCANDELA A.: Si, si ma io ho parlato di tutto, può darsi pure che...

AVV. COPPI: Senta e come mai dopo che il Generale Dalla Chiesa le aveva raccomandato di non parlar con nessuno di questi appuntamenti ovviamente, nè prima nè dopo, lei però dopo.

INCANDELA A.: Io?

AVV. COPPI: Ha parlato con tante persone di questi fatti.

INCANDELA A.: Ma di questo ne ho parlato dopo diverso tempo eh, parlando così...

AVV. COPPI: Dopo la morte del Generale Dalla Chiesa o anche prima.

INCANDELA A.: Ma no perchè il Generale Dalla Chiesa è morto io ne parlo adesso, no sotto questo aspetto.

AVV. COPPI: No io voglio sapere se già ne aveva incominciato a parlare prima della morte del Generale Dalla Chiesa o soltanto dopo la morte del Generale Dalla Chiesa.

INCANDELA A.: Dopo.

AVV. COPPI: Solo dopo la morte del Generale Dalla Chiesa.

INCANDELA A.: No, solo perchè è morto, io qui voglio precisare, così, parlando del Generale Dalla Chiesa e... ecco, si è venuto nel discorso, non è che... ho aspettato che... dopo la morte ho parlato di questa cosa, io potevo parlare anche prima che era in vita, non... non cambiava niente, con i miei superiori ne ho parlato.

AVV. COPPI: Lei non temeva che un fatto così delicato, reso noto, potesse esporla a dei pericoli perchè abbiamo visto che lei più di una volta ha fatto riferimento alla paura che aveva.

INCANDELA A.: Si, ma io ne parlavo con i miei superiori e se non avevo fiducia di loro, di chi, di chi dovevo avere fiducia?

AVV. COPPI: E perchè gliene parlava, scusi?

INCANDELA A.: Così, si parlava e... della storia del carcere di Cuneo, del passato e questi...

AVV. COPPI: E in quella occasione lei ha parlato...

INCANDELA A.: E' così, si.

Nel corso dell’esame reso a Perugia il 4 luglio 1997 il Mar. Incandela ha peraltro espressamente precisato di essere certo ("io sono sicuro di averlo detto…… Io ne ho parlato, ne ho parlato, sicuramente") di avere confidato ai suoi superiori di avere riconosciuto in foto il Pecorelli gia’ nell’immediatezza del grave fatto delittuoso:

PUBBLICO MINISTERO (DOTT. CANNEVALE).

Di avere riconosciuto questa persona in Pecorelli non ha riferito a nessuno prima che alla Autorità Giudiziaria?

ANGELO INCANDELA.

Ma io non so, Dottor Contestabile, Zaccagnini, (parola non comprensibile).

PUBBLICO MINISTERO (DOTT. CANNEVALE).

Non lo ricorda, mi dica se lo ricorda con precisione altrimenti no.

ANGELO INCANDELA.

Con precisione..., comunque in genere ne ho parlato ripetutamente di questo, io penso che ho detto pure questo, penso.

………

DIFESA IMPUTATO ANDREOTTI (AVV. COPPI).

Ma senza fare riferimento al fatto che lei aveva intuito che si trattasse di Pecorelli, lei comunque dell'omicidio Pecorelli ha parlato con il Generale Dalla Chiesa?

ANGELO INCANDELA.

No, no.

DIFESA IMPUTATO ANDREOTTI (AVV. COPPI).

Come se niente fosse.

ANGELO INCANDELA.

Niente.

DIFESA IMPUTATO ANDREOTTI (AVV. COPPI).

E nell'ambiente carcerario, nel suo ambiente, ha parlato del fatto che si trattava della stessa persona e avete parlato dell'omicidio?

ANGELO INCANDELA.

Nell'ambiente mio ne ho parlato.

DIFESA IMPUTATO ANDREOTTI (AVV. COPPI).

E ha detto che quella persona che era morta era quella con la quale lei si era incontrato?

ANGELO INCANDELA.

Sì, sì, ma le persone a cui l'ho detto dell'ufficio mio...

DIFESA IMPUTATO ANDREOTTI (AVV. COPPI).

E con quali persone ha specificatamente parlato di Pecorelli, dicendo che la persona morta, uccisa in quei giorni, era quella che lei aveva incontrato a gennaio con il Generale Dalla Chiesa?

ANGELO INCANDELA.

Ma io così, parlando di questi fatti, anche con i direttori, come ho già detto, io sono sicuro di averlo detto.

DIFESA IMPUTATO ANDREOTTI (AVV. COPPI).

Ma non ricorda i nomi delle persone?

ANGELO INCANDELA.

Ma che io ricordo così, loro mi sembra che hanno detto di no, ma il Dottor Zaccagnini, Pala, queste dopo anni, parlando, Contestabile e altro sottufficiale, lì, parlando in ufficio di quegli anni di piombo.

DIFESA IMPUTATO ANDREOTTI (AVV. COPPI).

Nei giorni dell'omicidio, lei ha detto...

ANGELO INCANDELA.

Io ne ho parlato, ne ho parlato, sicuramente.

DIFESA IMPUTATO ANDREOTTI (AVV. COPPI).

"...questa persona, due mesi fa, l'ho vista...".

ANGELO INCANDELA.

Ne ho parlato, sicuramente.

DIFESA IMPUTATO ANDREOTTI (AVV. COPPI).

E ricorda appunto, con quali persone?

ANGELO INCANDELA. Non mi ricordo, ma ne ho parlato nell'ufficio.

DIFESA IMPUTATO ANDREOTTI (AVV. COPPI).

Chi era il direttore del carcere a quell'epoca?

ANGELO INCANDELA.

Se non erro, Contestabile.

……

ANGELO INCANDELA.

Avvocato, io l'ho detto un sacco di volte, il giorno stesso che venne pubblicato che è stato ammazzato il giornalista Mino Pecorelli, che io non sapevo neanche chi era Mino Pecorelli, per la verità, la prego di credermi, ho aperto il giornale, e l'ho detto dentro l'ufficio, a chi c'era, ma poi l'ho riferito pure ad altri.

E’ di tutta evidenza che un rilevante riscontro all’attendibilita’ del teste sarebbe stata la testimonianza di una delle persone citate da Incandela che avesse confermato al dibattimento di avere appreso da questi dell’avvenuto riconoscimento del Pecorelli gia’ in quel 1979.

Ma i testi indicati da Incandela, nel corso del loro esame, non hanno confermato tale circostanza ovvero l’hanno categoricamente esclusa, smentendolo.

Il teste Gianfranco Pala – vicedirettore del carcere di Cuneo dal 1986 al 1989 - ha infatti riferito di non ricordare rivelazioni dell’Incandela riguardanti il giornalista Carmine Pecorelli (udienza del 16 gennaio 1997 pag.72):

P.M.: Le parlò mai di incontri o di vicende che in qualche modo riguardavano Dalla Chiesa e il giornalista Mino Pecorelli?

PALA G.: Su questo particolare sinceramente non mi ricordo.

P.M.: Non si ricorda.

PALA G.: Su Pecorelli in particolare no.

P.M.: Quindi non lo esclude, non lo ricorda.

PALA G.: Non lo ricordo.

Il teste Tommaso Contestabile, direttore della casa circondariale di Cuneo nel 1981, a sua volta, ha invece radicalmente escluso di avere mai appreso da Incandela circostanze riguardanti il giornalista Pecorelli ed il Gen. Dalla Chiesa (udienza del 15 gennaio 1997 pag.415):

AVVOCATO SBACCHI:

…Senta un’altra cosa il maresciallo Incandela le ha mai parlato dell’omicidio di Pecorelli di documenti?

TESTE DOTTORE CONTESTABILE:

No

AVVOCATO SBACCHI:

Di documenti rinvenuti al carcere?

TESTE DOTTORE CONTESTABILE:

Al carcere di Cuneo

AVVOCATO SBACCHI:

Di Cuneo si

TESTE DOTTORE CONTESTABILE:

No

AVVOCATO SBACCHI:

Di documenti che dovevano essere introdotti dentro il carcere occultati dallo stesso maresciallo Incandela le ha mai parlato

TESTE DOTTORE CONTESTABILE:

No

Solo il teste Angelo Zaccagnino – Direttore del carcere di Cuneo dal 1981 al 1985 - ha confermato di avere appreso da Incandela, ma solo nel 1991, l’episodio dell’incontro notturno tra Dalla Chiesa ed uno sconosciuto, ma ha riferito anche una circostanza che pone in discussione proprio il punto centrale del preteso riconoscimento di Pecorelli.

Il dott. Zaccagnino ha infatti precisato che quando Incandela gli racconto’ i fatti non parlo’ di un riconoscimento certo ed inequivoco del Pecorelli, come poi ha fatto il sottufficiale al dibattimento di Palermo e Perugia, bensi’ solo di una mera impressione di somiglianza, peraltro dopo averci "riflettuto", tra l’immagine fotografica pubblicata sui giornali e le sembianze dello sconosciuto – osservate solo per "un attimo" - incontrato con Dalla Chiesa ("…pensandoci gli era sembrato che fosse, appunto, il giornalista Pecorelli…": udienza del 16 gennaio 1997 pag.27):

Sì, me l'ha raccontato, io ho fatto mente locale per ricostruire, basandomi anche sulle date della mia carriera che prima ho enunciato e... me ne ha parlato in un’altra occasione in cui ci siamo visti nel '91 e sono certo che fosse il '91, anzi sicuramente era in una... in un periodo che va dal 15 Marzo all'11 di Novembre, però ricordo che era estate, quindi è stato durante l'estate, perchè io ero direttore di Tornino e quindi sono ritornato a pesca nel cuneese dove avevo vissuto per 5 anni, insomma, dall'81 all'85 e lì in una riserva di pesca avevo incontrato, così, INCANDELA che non vedevo praticamente da... da parecchi anni, dall'85 quando io ero andato via da Cuneo e mi ha raccontato, mi ha raccontato questo.... i fatti...

………

Mi ha raccontato praticamente due, due cose, perlomeno due cose che ricordo bene. Una di un incontro che avrebbe avuto vicino ad un ristorante che si trova tra l'altro nelle vicinanze del carcere, ad un paio di chilometri, che io conoscevo bene; conoscevo bene il ristorante perchè stando a Cuneo e... era poco distante, diciamo, poco distante dal carcere e... […] Ristorante... sì, la Pantalera, quando mi trovo da quelle parti ci ritorno tuttora e... mi disse che da quelle parti una sera, appunto aveva avuto un incontro con il Generale DALLA CHIESA e che... c'era un'altra persona in macchina e che lui aveva, aveva avuto... non ci aveva pensato subito, ma ci aveva riflettuto successivamente e poi aveva... l'aveva visto un attimo, così, in volto e poi ... pensandoci gli era sembrato che fosse, appunto, il giornalista Pecorelli.

Se dunque nelle confidenze fatte a Zaccagnino l’identificazione del Pecorelli attraverso la fotografia sui giornali era stata solo una impressione dell’Incandela ("…gli era sembrato che fosse…"), questi nelle sue successive dichiarazioni al P.M. ed al dibattimento e’ stato invece sempre certo e privo di esitazioni nell’affermare di avere riconosciuto senza alcun dubbio il giornalista ucciso.

La tendenza peraltro del teste Incandela ad aggiungere nel tempo – nonostante i lunghi anni trascorsi dai fatti risalenti al 1979 - dettagli o particolari prima mai riferiti emerge con chiarezza in piu’ parti del suo racconto rendendo dunque necessario valutare con estrema attenzione le sue rivelazioni ricercando quei riscontri oggettivi che possano confermarne l’attendibilita’.

La mutevolezza delle sue versioni emerge ad esempio dall’esame delle affermazioni rese nel dibattimento di Perugia a proposito di alcune dichiarazioni fattegli da Tommaso Buscetta durante il periodo in cui questi era detenuto a Cuneo.

DIFESA IMPUTATO ANDREOTTI (AVV. COPPI).

Buscetta fece riferimento al sequestro Moro, ci fu anche una battuta, un riferimento ad Andreotti. Ora siccome lei riporta i suoi colloqui con Buscetta in vario modo, dovrei vedere di capire se lei ha parlato più volte con Buscetta e quindi le diversità.

ANGELO INCANDELA.

Io ho parlato diverse volte con Buscetta, purtroppo.

DIFESA IMPUTATO ANDREOTTI (AVV. COPPI).

Voglio sapere se la diversità è frutto della diversità dei colloqui, o se riferendosi allo stesso colloquio possiamo dirimere il contrasto. E cioè Buscetta, con riferimento alla sua attività, e con riferimento al sequestro Moro, parlò anche di Andreotti?

ANGELO INCANDELA.

A me Buscetta mi parlò di Andreotti, lo ho detto questa mattina, "lei se la prende tanto, noi se vogliamo, arriviamo ad Andreotti", questo mi disse Buscetta.

DIFESA IMPUTATO ANDREOTTI (AVV. COPPI).

Ma questo "se la prende tanto", è sempre con riferimento...

ANGELO INCANDELA.

No, perchè io gli negavo delle richieste che loro mi facevano.

DIFESA IMPUTATO ANDREOTTI (AVV. COPPI).

Ma è sempre con riferimento a quel detenuto che inizia con la "M" e di cui lei mi darà il nome?

ANGELO INCANDELA.

Minciardi?

DIFESA IMPUTATO ANDREOTTI (AVV. COPPI).

Sì, è con riferimento a questo episodio?

ANGELO INCANDELA.

Ma lì volevano fare delle telefonate extra, qualcosa del genere.

DIFESA IMPUTATO ANDREOTTI (AVV. COPPI).

Sa perchè mi importa di riferire a Minciardi, così si chiama?

ANGELO INCANDELA.

Sì, Minciardi Salvatore.

DIFESA IMPUTATO ANDREOTTI (AVV. COPPI).

Perchè proprio parlando di Minciardi una volta lei appunto riferisce questa battuta di Buscetta "chi te lo fa fare con tutto sto rigore, noi possiamo arrivare - per lo meno io così l'ho capita - noi volendo possiamo arrivare anche ad Andreotti", mentre invece un'altra volta, sempre con riferimento a Minciardi, si tratta la prima volta di dichiarazioni alla DIA del 18/01/93, la seconda volta di dichiarazioni al Pubblico Ministero di Palermo del 28 giugno '94, mancherebbe questo riferimento ad Andreotti, ha capito?

ANGELO INCANDELA.

Non ho capito neanche la domanda.

DIFESA IMPUTATO ANDREOTTI (AVV. COPPI).

Adesso la domanda, proprio è l'ultima, lei una prima volta disse appunto che Buscetta le disse: "ma insomma chi te lo fa fare!" e basta.

ANGELO INCANDELA.

Sì, sì.

DIFESA IMPUTATO ANDREOTTI (AVV. COPPI).

Un'altra volta invece dice: "ma chi te lo fa fare, noi se vogliamo possiamo arrivare anche ad Andreotti hai capito!".

ANGELO INCANDELA.

Sì.

DIFESA IMPUTATO ANDREOTTI (AVV. COPPI).

Quindi volevo sapere se si tratta sempre dello stesso episodio.

ANGELO INCANDELA.

Ma sempre lo stesso episodio secondo me.

DIFESA IMPUTATO ANDREOTTI (AVV. COPPI).

Però una volta lei ha ricordato: "noi possiamo arrivare anche ad Andreotti", l'altra volta invece.

ANGELO INCANDELA.

A me Buscetta fece solo questa battuta, che io ricordo.

DIFESA IMPUTATO ANDREOTTI (AVV. COPPI).

Il 28 gennaio lei dice così: "A seguito di tale mio atteggiamento il Buscetta una volta mi disse la seguente frase alla presenza del detenuto Minciardi Salvatore esponente della mafia catanese e di un altro detenuto pure esponente mafioso e di cui non ricordo il nome: Maresciallo ma chi glielo fa fare, ma lo sa che noi a Roma possiamo contare persino su Andreotti e che potevamo salvare Moro anche se furono loro a non volerlo, se la prenda più comoda, si goda la vita che si campa una volta sola." Questo a Palermo.

ANGELO INCANDELA.

Sì, lo confermo.

DIFESA IMPUTATO ANDREOTTI (AVV. COPPI).

E invece alla DIA disse semplicemente: "Ma insomma Maresciallo chi glielo fa fare" e non c'è nessun riferimento.

ANGELO INCANDELA.

Sì, comunque io confermo.

DIFESA IMPUTATO ANDREOTTI (AVV. COPPI).

"Sul caso Moro oltre quanto sopra già riferito rammento che il detenuto Tommaso Buscetta alcuni anni dopo il sequestro e l'uccisione dell'Onorevole Moro a seguito di un colloquio respinto ad un suo compagno di detenzione tale Minciardi Salvatore, entrambi detenuti presso la casa circondariale di Cuneo ebbe a dirmi: 'Maresciallo Incandela chi glielo fa fare ad essere così rigido, non ha visto che l'Onorevole Moro lo hanno voluto morto!, ed io ne so qualcosa". Quindi sembrerebbe lo stesso episodio, ma qui, in uno dei due, manca il riferimento ad Andreotti, mi sa chiarire come stanno le cose? Sono due colloqui diversi, è lo stesso colloquio, siccome c'è sempre questo Minciardi?

ANGELO INCANDELA.

Adesso non ricordo questo, comunque io queste cose le confermo.

DIFESA IMPUTATO ANDREOTTI (AVV. COPPI).

Ma non è che si possono confermare due cose diverse.

PRESIDENTE.

Lei riferisce che sono vere tutte e due le cose che ha detto Buscetta, oppure no?

ANGELO INCANDELA. Sì, la prima che mi ha letto, io confermo la prima che mi ha letto.

PRESIDENTE.

Cioè quel riferimento al Senatore Andreotti lei lo conferma?

DIFESA IMPUTATO ANDREOTTI (AVV. COPPI).

Però conferma anche di aver detto l'altra senza riferimento ad Andreotti?

ANGELO INCANDELA.

Sì, sicuramente ne ho parlato.

E’ peraltro significativo che il presunto riferimento di Buscetta all’on. Andreotti, taciuto da Incandela nel gennaio del 1993, sia stato invece aggiunto solo nel giugno del 1994, ovvero solo dopo che era ormai notorio che l’uomo politico era stato coinvolto nelle inchieste giudiziarie.

Che dunque il teste Incandela abbia ricordato, a distanza di oltre 20 anni dal fatto, un particolare di tale rilevanza che appena un anno prima non ricordava minimamente, e che lo abbia fatto solo dopo che l’imputato era stato notoriamente coinvolto nell’inchiesta, risulta oltremodo non credibile e mina la sua complessiva attendibilita’.

Desta peraltro piu’ di qualche riserva il fatto che in una delle due versioni rese dal teste in merito al colloquio con Buscetta in carcere, questi avrebbe asseritamente affermato di "potere contare" persino su Andreotti, sol che si consideri che Buscetta nel corso dei suoi numerosi interrogatori non ha mai accennato a tale presunta affermazione fatta al Mar. Incandela.

Un altro significativo esempio della tendenza del teste ad arricchire le sue ricostruzioni con particolari talora inesistenti (tanto da essere poco dopo smentiti da lui stesso), cadendo sovente in palesi contraddizioni, e’ costituito dalle sue affermazioni sul contenuto dei documenti che egli avrebbe dovuto rinvenire all’interno del carcere di Cuneo su incarico del Dalla Chiesa e del soggetto poi asseritamente identificato in Pecorelli.

In un primo momento il Mar. Incandela ha infatti dichiarato al dibattimento che Pecorelli nel corso di quel colloquio in auto gli aveva detto che quelle carte che egli doveva trovare all’interno del carcere erano un "memoriale" di Moro, aggiungendo pero’ subito dopo che erano "scritti" riguardanti Andreotti ("mi disse ci sono carte del... memoriale di Moro e dovrebbero essere scritti riguardanti il senatore Andreotti"):

AVV. COPPI: Aspetti, aspetti, aspetti, temo che lei ha detto una cosa diversa, quella sera in macchina quindi, tanto Dalla Chiesa, quanto Pecorelli la pregarono di cercare anche carte riguardanti il senatore Andreotti, giusto?

INCANDELA A.: Nel discorso.

AVV. COPPI: Si.

INCANDELA A.: Che faceva questo signore qui, mi disse ci sono carte del... memoriale di Moro e dovrebbero essere scritti riguardanti il senatore Andreotti.

AVV. COPPI: Questo glielo dissero tanto Dalla Chiesa, abbiamo sentito adesso, quanto Pecorelli, d'accordo. Allora lei invece.

INCANDELA A.: Ma più che altro quella sera lì è stato Pecorelli.

………

AVV. COPPI: Quindi quella sera fu Pecorelli a chiedere carte sul senatore.

INCANDELA A.: Si.

AVV. COPPI: E Dalla Chiesa non battè ciglio.

INCANDELA A.: No.

Ma appena pochi minuti dopo proseguendo nel controesame condotto dalla difesa il teste si smentiva palesemente affermando stavolta che Pecorelli non aveva fatto cenno alcuno ad Andreotti limitandosi a parlare "genericamente" solo di un presunto memoriale di Moro:

AVV. COPPI: L'accompagnatore del Generale Dalla Chiesa le ha parlato soltanto, prima abbiamo parlato di quel che le disse il Dalla Chiesa, memoriale e carte inerenti etc, adesso voglio sapere l'accompagnatore le parlò di carte riguardanti il sequestro Moro.

PRESIDENTE: Che sarebbe lo sconosciuto, l'accompagnatore.

AVV. COPPI: Si, l'accompagnatore di Dalla Chiesa.

PRESIDENTE: Va bene, non... non lo comprendevo, ecco.

AVV. COPPI: Lo sconosciuto accompagnatore di Dalla Chiesa.

PRESIDENTE: Si.

AVV. COPPI: Le parlò di carte inerenti il sequestro Moro o anche lui le parlò di un memoriale Moro.

INCANDELA A.: Memoriale.

AVV. COPPI: Anche lui memoriale. Lo sconosciuto le disse che le carte che avrebbero dovute essere rinvenute riguardavano il senatore Andreotti o le parlò genericamente di carte da rinvenire.

INCANDELA A.: Genericamente.

AVV. COPPI: Genericamente, senza fare riferimento specifico al senatore Andreotti per quanto riguardava quelle carte.

E’ agevole dunque notare come il teste, quasi senza soppesare le parole, inserisce disinvoltamente nel suo racconto particolari anche di rilievo che, ad un successivo approfondimento, si rivelano fantasiosi ed infondati per stessa ammissione del dichiarante.

E cosi’, dopo avere detto in un primo momento che quella sera il soggetto poi identificato in Pecorelli lo aveva sollecitato a cercare nel carcere documenti sul sequestro Moro, e specificamente carte che riguardavano l’On. Andreotti ("mi disse ci sono carte del... memoriale di Moro e dovrebbero essere scritti riguardanti il senatore Andreotti"), il Mar. Incandela, ulteriormente esaminato sul punto, non ha avuto alcuna difficolta’ nell’affermare, smentendosi, che invece quell’uomo gli parlo’ "genericamente" solo di carte da rinvenire.

Ma anche sulla natura di quegli scritti il teste e’ stato piu’ volte contraddittorio, avendo in un primo momento parlato solo di "scritti riguardanti il sequestro Moro", e solo in un secondo momento di "memoriale" Moro, risultando di tutta evidenza la profonda e sostanziale differenza tra le due indicazioni, l’una (la prima) potendo riferirsi a carte o documenti comunque riferentisi al sequestro dello statista (e dunque anche eventualmente provenienti dai molti brigatisti rossi e detenuti politici che all’epoca erano ristretti nelle varie carceri ed erano soliti scambiarsi clandestinamente i propri documenti sul sequestro), l’altra (il "memoriale") chiaramente riguardante uno scritto personale dell’On. Moro.

Orbene, nonostante la rilevante e palese differenza tra le due indicazioni, il teste Incandela ancora una volta ha nel tempo mutato la propria dichiarazione come se al dibattimento improvvisamente la sua memoria di quei fatti cosi’ lontani nel tempo (gennaio 1979) si fosse improvvisamente focalizzata su un particolare di quel genere:

AVV. COPPI: …Il Generale dalla Chiesa, in quella occasione le parlò con riferimento al contenuto che avrebbe dovuto avere il famoso salame di scritti riguardanti il sequestro Moro o le parlò di un memoriale Moro, si ricorda?

INCANDELA A.: Me?

AVV. COPPI: Memoriale. Ecco, perchè lei...

INCANDELA A.: Io, dico, di solito ho detto sequestro Moro, ma di memoriale..

AVV. COPPI: No, lei ha detto qualche volta scritti riguardanti il sequestro Moro, altre volte memoriali, per esempio il 27 Giugno parla di scritti riguardanti il sequestro Moro.

INCANDELA A.: Si, si, invece io qui puntualizzo memoriale.

E’ appena il caso di sottolineare, a riprova del fatto che spesso il teste ha reso dichiarazioni altalenanti e dunque inaffidabili, che al P.M. nel corso dell’esame, e dunque poco prima, aveva invece riferito che Pecorelli gli aveva parlato non gia’ di memoriale Moro, bensi’ esclusivamente e piu’ volte di "scritti" o "documenti" riguardanti il sequestro Moro:

INCANDELA A.: …. Mi dice senti, senti un pò, stammi, stammi bene a sentire, qui dentro al carcere di Cuneo sono entrati documenti riguardanti il sequestro Moro e li devi trovare, e, dico, li devo trovare, io ero 15, 20 giorni che prestavo servizio a Cuneo, ancora, diciamo, ora non conoscevo bene neanche la struttura del carcere di Cuneo, disse adesso lui vi spiegherà, come sono entrati questi documenti.

Ma se al dibattimento di Palermo il Mar. Incandela aveva ritenuto finalmente di "puntualizzare" che quella sera si era parlato non di scritti o documenti, bensi’ di "memoriale", questa "puntualizzazione" aveva in realta’ breve durata se e’ vero che appena qualche mese dopo a Perugia il teste ritornava sui suoi passi parlando nuovamente di scritti e documenti riguardanti il sequestro Moro e giungendo ad affermare – ma solo dopo che lo stesso Presidente della Corte di Assise di Perugia gli aveva evidenziato la profonda e rilevante differenza esistente tra le due espressioni (PRESIDENTE: …se dice memoriale, è chiaro che il memoriale lo può avere fatto solamente la persona che lo ha scritto il memoriale…Scritti riguardanti Moro potrebbero essere altre persone che hanno scritto qualcosa sul sequestro Moro) - che era stata solo una sua deduzione il fatto che gli interlocutori si riferissero a scritti di Aldo Moro:

PUBBLICO MINISTERO (DOTT. CANNEVALE).

Documenti che riguardano il sequestro Moro perchè? Vorrei capire, documenti provenienti da Moro o genericamente documenti che riguardano il sequestro Moro?

ANGELO INCANDELA.

A me disse che riguardavano il sequestro Moro. "Adesso lui ti spiega come". Allora lui è passato avanti. No, subito si è girato questo signore avanti a parlare così, poi era un po' scomoda la posizione, allora ha chiesto di passare dietro e lui è passato avanti. E questo signore qui - lo chiamo signore per il momento - mi disse: "guarda nel carcere di Cuneo...", questo mi ha spiegato posti, luoghi, ubicazioni che io ancora sconoscevo per la verità queste carenze che c'erano. Disse: "quando i familiari dei detenuti vengono a colloquio, sostano in un corridoio, ci sono delle finestre senza rete di protezione, c'è solo l'inferriata, i familiari prima di essere perquisiti possono passare quello che vogliono a qualche detenuto che circola in questo piazzale prospiciente questo locale.

PUBBLICO MINISTERO (DOTT. CANNEVALE).

Quindi passarle come?

ANGELO INCANDELA.

Qualsiasi cosa, documenti, armi.

PUBBLICO MINISTERO (DOTT. CANNEVALE).

Passando?

ANGELO INCANDELA.

C'è un corridoio con delle finestre a questa altezza e lì c'è un cortile quindi circolava qualche detenuto.

PUBBLICO MINISTERO (DOTT. CANNEVALE).

Quindi attraverso la finestra.

ANGELO INCANDELA.

Attraverso la finestra potevano passare anche un mitra lì, per dire, perchè i familiari in quel posto lì dovevano ancora essere perquisiti prima di essere ammessi a colloquio e di lì sono passati documenti riguardanti Moro e sono avvolti - ecco la storia del salame - a forma di salame, con uno scotch da imballaggi ecc. ecc.

………

DIFESA IMPUTATO ANDREOTTI(AVV. COPPI). In quella occasione, il Generale Dalla Chiesa - e le faccio questa domanda perchè nei suoi interrogatori parla in maniera diversa della questione, quindi vediamo di dirimere, finalmente anche questo punto - le parlò di scritti riguardanti il sequestro Moro, che erano stati introdotti in carcere, o di un memoriale Moro? Di che cosa le ha parlato Dalla Chiesa?

ANGELO INCANDELA.

Scritti riguardanti Moro.

DIFESA IMPUTATO ANDREOTTI(AVV. COPPI).

Il 27 giugno lei ha parlato di scritti riguardanti il sequestro Moro, mentre, nel 25 luglio, lei parla di memoriale Moro.

ANGELO INCANDELA.

Comunque ho detto una volta scritti, una volta memoriale, ma...

DIFESA IMPUTATO ANDREOTTI(AVV. COPPI). Quindi, per essere d'accordo una volta per tutte, nel suo linguaggio, scritti riguardanti il sequestro Moro o Memoriale Moro, sono termini equivalenti per lei?

ANGELO INCANDELA.

Esatto, equivalenti, sì.

DIFESA IMPUTATO ANDREOTTI(AVV. COPPI).

Però non è in grado di ricordare quale espressione precisa abbia usato il Generale Dalla Chiesa.

ANGELO INCANDELA.

Non me lo ricordo.

PRESIDENTE.

Dire il memoriale vuol dire che era una persona che lo ha scritto.

DIFESA IMPUTATO ANDREOTTI(AVV. COPPI).

Che proviene da Moro.

PRESIDENTE.

Dire scritti di Moro, erano scritti, cioè dei documenti che erano stati scritti dalla persona Moro. Questo vuole sapere l'Avvocato, perchè se dice: memoriale, è chiaro che il memoriale lo può avere fatto solamente la persona che lo ha scritto il memoriale.

ANGELO INCANDELA.

Sì, scritti riguardanti Moro.

PRESIDENTE.

Scritti riguardanti Moro potrebbero essere altre persone che hanno scritto qualcosa sul sequestro Moro e che potrebbero essere le cose più diverse; mentre invece, la domanda precisa è, lei intende scritti, cioè cose scritte da Moro?

DIFESA IMPUTATO ANDREOTTI(AVV. COPPI).

Scritte da Moro o scritte su Moro.

ANGELO INCANDELA.

No, secondo me intendeva scritte da Moro, intendeva il Generale.

Ancora una volta dunque una mera deduzione del teste, molte volte precedentemente presentata come un fatto certo appreso dai suoi interlocutori, che finisce per mettere in discussione lo stesso fondamento della intera ricostruzione accusatoria tutta impostata sulla tesi indimostrata che le carte che l’Incandela avrebbe dovuto ritrovare costituivano proprio quella parte del memoriale manoscritto da Aldo Moro che non era stata inizialmente rinvenuta nel corso della perquisizione dell’ottobre del 1978 nel covo delle Brigate Rosse di via Montenevoso a Milano.

Ma il teste Incandela, oltre a rettificare la sua deposizione in piu’ punti arricchendola talora di particolari mai riferiti prima (come il fatto che non si trattava di scritti bensi’ di un vero e proprio memoriale), e’ riuscito persino a ricordare, ed ancora una volta soltanto al dibattimento, alcune circostanze e determinati fatti - di palese rilevante importanza in relazione al suo complessivo racconto - limitandosi, alle comprensibili rimostranze della difesa, a spiegare il pregresso silenzio su quei punti solo con un improvviso risveglio della memoria ad oltre venti anni dai fatti.

Si consideri ad esempio, per valutare la estrema importanza del particolare di che trattasi, che il Mar. Incandela ha persino aggiunto per la prima volta al dibattimento che egli addirittura avrebbe visto occasionalmente un’altra volta quell’individuo in auto con Dalla Chiesa la sera dell’incontro.

Ed ha altresi’ aggiunto – altro particolare di evidente rilievo - che proprio il giorno dopo l’incontro notturno, lo sconosciuto lo aveva anche chiamato al telefono al carcere di Cuneo.

Si tratta di fatti di cosi’ rilevante importanza che ben difficilmente potevano sfuggire alla memoria di una persona gia’ chiamata piu’ volte a ricostruire l’accaduto e che invece erano stati sempre taciuti:

INCANDELA A.: Ecco, ecco, noi qui ho omesso un fatto, che io.

PRESIDENTE: Ce lo dica.

INCANDELA A.: Ho ricevuto una telefonata.

AVV. COPPI: Da chi?

INCANDELA A.: Una telefonata da questa persona qui.

AVV. COPPI: Dallo sconosciuto.

INCANDELA A.: Si e l'ho detto al Generale Dalla Chiesa, questo mi è sfuggito anche a farlo presente.

AVV. COPPI: Quando... è la prima volta che ne parla di questo.

INCANDELA A.: E' la prima volta, si, si.

AVV. COPPI: La prima volta, senta questa telefonata quando venne rispetto al colloquio?

INCANDELA A.: Il giorno dopo.

AVV. COPPI: Quindi il giorno dopo e lei dalla voce riconobbe che si trattava della persona o la persona si fece riconoscere?

INCANDELA A.: No, no, no, lui disse sono... non mi disse che era Pecorelli, sicuramente.

AVV. COPPI: Come?

INCANDELA A.: Non mi disse che era il giornalista Pecorelli.

AVV. COPPI: Si, lei lo riconobbe dalla voce.

PRESIDENTE: Le disse, che cosa le disse?

INCANDELA A.: Mah no, mi disse sono quella persona che era col Generale Dalla Chiesa.

AVV. COPPI: Perfetto, senta questa telefonata.

INCANDELA A.: Però, però volevo, a questo punto precisare che io tagliai subito corto che e non lo dissi neanche al Generale Dalla Chiesa, ma io ebbi l'impressione che in qualche modo questa persona qui mi voleva rivedere da solo, cosa che non avvenne.

AVV. COPPI: Cosa che non avvenne. Ecco, senta, questa telefonata di questo sconosciuto quando avvenne? Lei ha detto il giorno dopo, ma nell'arco del giorno dopo quando avvenne?

INCANDELA A.: Voglio dire, il giorno dopo, adesso non... o due giorni, più o meno non so.

AVV. COPPI: Eh no, guardi, l'arco è stretto perchè se poi tre giorni dopo lei vede Dalla Chiesa.

INCANDELA A.: E si, si, si o il giorno dopo, o il primo giorno o il secondo, uno dei due giorni è arrivata insomma, a me mi sembra il primo, il giorno dopo, via.

Ma la cosa decisamente incomprensibile e’ che il Mar. Incandela, riesaminato anche a Perugia, inizialmente non ricorda piu’ alcunche’ di tale telefonata – e gia’ questo e’ a dir poco sorprendente – e solo dopo le comprensibili sollecitazioni del P.M. riesce a rammentare il fatto aggiungendo pero’ (circostanza del tutto taciuta a Palermo) che forse il soggetto che lo chiamo’ al telefono in realta’ non era Pecorelli bensi’ qualcuno incaricato da Dalla Chiesa per mettere esso Incandela alla prova:

PUBBLICO MINISTERO (DOTT. CANNEVALE).

Lei la persona che ha incontrato con il Generale, che identifica in Pecorelli l'ha più vista o sentita in seguito?

ANGELO INCANDELA.

No.

PUBBLICO MINISTERO (DOTT. CANNEVALE).

Non ha ricevuto una telefonata da questa persona?

ANGELO INCANDELA.

Ma io ne ricevevo tante di telefonate, può darsi pure che era lui ed io non me ne sono accorto.

PUBBLICO MINISTERO (DOTT. CANNEVALE).

Le chiedo questo perchè durante l'udienza di Palermo e in particolare durante l'esame della difesa, lei riferì che questa persona l'aveva... se poi la difesa richiederà contestazione formale la posso fare, ma comunque nella sostanza lei ricevette una telefonata da questa persona la sera dopo che le disse di essere quella persona che lei aveva incontrato con il Generale Dalla Chiesa e le chiese di incontrarla. E' successo questo, se lo ricorda oppure?

ANGELO INCANDELA.

Esatto, sì, ma io non mi sono incontrato.

PUBBLICO MINISTERO (DOTT. CANNEVALE).

Voglio dire: effettivamente ha ricevuto una telefonata da questa persona?

ANGELO INCANDELA.

Sì, l'ho ricevuta, esatto.

PUBBLICO MINISTERO (DOTT. CANNEVALE).

E questa persona le disse di essere lo stesso che...

ANGELO INCANDELA.

Che era assieme al Generale. Ma io qui devo dire anche un'altra cosa, io ho maliziato pure lì, ho pure pensato che era il Generale che faceva fare queste prove, secondo la mia testa, in quel momento ho pensato così pure, questo non lo ho detto a Palermo, lo sto dicendo adesso, dico: "può darsi che è il Generale che mi vuole mettere alla prova". Perchè lui le faceva queste cose.

PUBBLICO MINISTERO (DOTT. CANNEVALE).

Ma ha riconosciuto con certezza la voce di questa persona oppure?

ANGELO INCANDELA.

Non lo posso dire.

PUBBLICO MINISTERO (DOTT. CANNEVALE).

Quindi per questo dice che potrebbe anche essere stato un moto del Generale di saggiare la sua fedeltà.

ANGELO INCANDELA.

Perchè le faceva queste cose.

PUBBLICO MINISTERO (DOTT. CANNEVALE).

Comunque in questa telefonata che cosa le venne chiesto? Le venne chiesto un incontro da questa persona?

ANGELO INCANDELA.

Se ci potevamo vedere.

Anche la difesa e’ ritornata sul tema:

DIFESA IMPUTATO ANDREOTTI (AVV. COPPI).

Questo intervento dello sconosciuto, è precedente o successivo all'intervento del Generale Dalla Chiesa, il quale le disse che se avesse trovato il famoso plico lo doveva dare soltanto a lui senza farne parola con alcuno?

ANGELO INCANDELA.

Me lo ha detto più di una volta, me lo ha detto dopo tre giorni sicuro, sicuro.

DIFESA IMPUTATO ANDREOTTI (AVV. COPPI).

Rispetto a questi tre giorni lo sconosciuto le aveva già telefonato o no?

ANGELO INCANDELA.

Quando me lo ha detto il Generale Dalla Chiesa mi sembra di no ancora.

DIFESA IMPUTATO ANDREOTTI (AVV. COPPI).

Quindi lo sconosciuto le telefona dopo che il Generale Dalla Chiesa aveva già parlato con lei.

ANGELO INCANDELA.

Sì.

DIFESA IMPUTATO ANDREOTTI (AVV. COPPI).

Il Generale Dalla Chiesa le aveva raccomandato di dare a lui il plico se lei lo avesse trovato.

ANGELO INCANDELA.

Sì.

DIFESA IMPUTATO ANDREOTTI (AVV. COPPI).

Senza farne parola con nessuno.

ANGELO INCANDELA.

Esatto.

DIFESA IMPUTATO ANDREOTTI (AVV. COPPI).

Lo sconosciuto perchè le avrebbe telefonato a questo punto? Cosa le disse?

ANGELO INCANDELA.

Mi disse: "sono quella persona, possiamo incontrarci, se trovo quei documenti io posso essere anche generoso nei riguardi, ecc."

DIFESA IMPUTATO ANDREOTTI (AVV. COPPI).

Quindi lo sconosciuto, in quella occasione, le fece richiesta di consegnare a lui i documenti.

ANGELO INCANDELA.

Sì.

DIFESA IMPUTATO ANDREOTTI (AVV. COPPI).

Lei, in quella occasione, le disse che si era già impegnato con il Generala Dalla Chiesa per darli a lui soltanto?

ANGELO INCANDELA.

Lo sapeva pure lui.

DIFESA IMPUTATO ANDREOTTI (AVV. COPPI).

Che lo sapesse è un altro paio di maniche, ma lei ha detto allo sconosciuto: guardi lei ha visto, il Generale Dalla Chiesa ha chiesto...?

ANGELO INCANDELA.

Certo, ma poi per telefono non sono stato, ho detto no, io...

DIFESA IMPUTATO ANDREOTTI (AVV. COPPI).

Certo sì, certo no, lei che cosa ha detto allo sconosciuto, ha lasciato il discorso in sospeso?

ANGELO INCANDELA.

Ho detto: "no, guardi, io ho a che fare con il Generale Dalla Chiesa", e chiusi. In sostanza questo ho detto.

DIFESA IMPUTATO ANDREOTTI (AVV. COPPI).

Quindi lei ha detto a questo sconosciuto che non c'era niente da fare per lui, perchè se lei avesse ritrovato questi documenti, li avrebbe consegnati.

ANGELO INCANDELA.

Sì, esatto.

DIFESA IMPUTATO ANDREOTTI (AVV. COPPI).

Da quel momento in poi, lo sconosciuto è sparito dalla circolazione?

ANGELO INCANDELA.

Non lo ho più visto.

Ma il Mar. Incandela a Perugia, come si e’ gia’ anticipato, ha anche aggiunto per la prima volta, nel corso dell’esame condotto dal difensore di parte civile, che egli addirittura potrebbe avere visto occasionalmente un’altra volta quell’individuo sconosciuto poi identificato in Pecorelli:

ANGELO INCANDELA.

……Io volevo anche precisare, prima non lo ho detto e mi è sfuggito anche a Palermo, che una volta che mi mandò a chiamare alla Caserma Piave dei Carabinieri di Fossano il Generale Dalla Chiesa, mi è sembrato, entrando, che fuori c'era proprio Pecorelli, fuori.

DIFESA PARTE CIVILE (AVV. GALASSO).

Quindi sta ricordando di averlo visto un'altra volta insieme con il Generale?

ANGELO INCANDELA.

, questo veramente mi è sfuggito prima di dirlo, come mi è sfuggito a Palermo, stamattina ci pensavo che lo dovevo dire e mi è sfuggito ancora.

DIFESA PARTE CIVILE (AVV. GALASSO).

Quando è accaduto questo, in uno degli incontri successivi, questo diciamo che è accaduto dopo Pantalera, per intenderci?

ANGELO INCANDELA.

A me sembra prima.

DIFESA PARTE CIVILE (AVV. GALASSO).

Ah prima?

ANGELO INCANDELA.

A me sembra addirittura prima, cioè dopo l'ho ricollegato che era, vidi questa macchina lì, mi sembra, lì non sono sicuro.

……

ANGELO INCANDELA.

Stamattina non so se lo ho detto e mi sembra che a Palermo mi è sfuggito.

DIFESA IMPUTATO ANDREOTTI (AVV. COPPI).

Cosa?

ANGELO INCANDELA.

Questa persona qui, che era il giornalista Pecorelli, dopo averlo riconosciuto attraverso i giornali, non sono sicuro al cento per cento, però, una volta che il Generale, prima della storia della macchina, o subito dopo, non ricordo, io sono andato, mi ha mandato a chiamare alla caserma Piave di Fossano, il Generale, dove c'è la Scuola Carabinieri, e in una macchina, fuori, mi è sembrato, passando, che c'era questa persona qui, dentro, però questo con riserva.

……

DIFESA IMPUTATO ANDREOTTI (AVV. COPPI).

……Lei ricorda di averlo visto una volta fuori del carcere di?

ANGELO INCANDELA.

Non il carcere, la Caserma Carabinieri di Fossano.

DIFESA IMPUTATO ANDREOTTI (AVV. COPPI).

Lei, quella sera, ricollegò immediatamente la persona che era in macchina accanto a lei, con quella che aveva visto? Quella sera non se l'è ricordato?

ANGELO INCANDELA.

Ma sono quelle cose, Avvocato, che uno passa, vede, poi..., ma non sono sicuro che è lui, ripeto, l'ho già detto.

DIFESA IMPUTATO ANDREOTTI (AVV. COPPI).

Quindi, per tutti questi anni, non ha collegato le due persone, solo venendo qui oggi a Perugia, ha immaginato o pensato che forse...

ANGELO INCANDELA.

Non immaginato, ho pensato, ho ritenuto di farlo presente questo particolare. A Galvaligi si riferisce lei?

DIFESA IMPUTATO ANDREOTTI (AVV. COPPI).

No. Del fatto che lei non avrebbe visto il signor Pecorelli solo quella sera, ma lo aveva già visto prima. Lei, in quel momento, non se ne ricordò affatto?

ANGELO INCANDELA.

No.

……

DIFESA IMPUTATO ANDREOTTI (AVV. COPPI).

Quanto tempo avvenne, prima del gennaio del 1979?

ANGELO INCANDELA.

Pochi giorni prima.

DIFESA IMPUTATO ANDREOTTI (AVV. COPPI).

Pochi giorni prima?

ANGELO INCANDELA.

Secondo me pochi giorni prima.

DIFESA IMPUTATO ANDREOTTI (AVV. COPPI).

Ma lei che stava a fare là a Fossano?

ANGELO INCANDELA.

Mi aveva chiamato il Generale Dalla Chiesa.

DIFESA IMPUTATO ANDREOTTI (AVV. COPPI).

Fuori della caserma.

ANGELO INCANDELA.

No, lui era fuori, io sono andato dentro la Caserma.

DIFESA IMPUTATO ANDREOTTI (AVV. COPPI).

Fuori della caserma, pochi giorni prima, lei vide questa persona.

ANGELO INCANDELA.

Torno a ripetere, non sono sicuro però, invece sono sicuro, anzi sicurissimo, quando è stato ammazzato, che ho aperto il giornale e l'ho detto subito, nel mio ufficio, e c'erano funzionari, c'era gente, io l'ho detto. Quindi tanti anni fa l'ho detto.

DIFESA IMPUTATO ANDREOTTI (AVV. COPPI).

Mi consenta però, oggi, a distanza di anni, introduce la possibilità che si trattasse della stessa persona; a distanza di pochi giorni, mi consenta di dire, che lei avrebbe dovuto immediatamente collegare le persone. A distanza di qualche tempo dall'incontro, lei lo riconosce attraverso le fotografie, e sappiamo quanto è difficile, certe volte l'identificazione per fotografia, vede la possibile stessa persona a distanza di pochi giorni e quella sera non le si accende, oltre che la luce nell'automobile, non le si accende una luce...

ANGELO INCANDELA.

Un momento, tanga presente che io l'ho visto passando in macchina, non è che mi sono fermato a guardarlo. Così, secondo me.

DIFESA IMPUTATO ANDREOTTI (AVV. COPPI).

Che vuol dire "passando"? Allora non era ferma la macchina?

ANGELO INCANDELA.

Sì, io entravo con la macchina.

DIFESA IMPUTATO ANDREOTTI (AVV. COPPI).

Insomma, quale era la macchina in movimento?

ANGELO INCANDELA.

La mia.

DIFESA IMPUTATO ANDREOTTI (AVV. COPPI).

La sua era in movimento e questo presunto Pecorelli era già fermo, aspettava?

ANGELO INCANDELA.

Sì.

DIFESA IMPUTATO ANDREOTTI (AVV. COPPI).

Poi lei è sceso dall'automobile?

ANGELO INCANDELA.

No, io sono entrato proprio dentro la Caserma.

DIFESA IMPUTATO ANDREOTTI (AVV. COPPI).

Quindi è stato un attimo.

ANGELO INCANDELA.

Un attimo, esatto, sì.

E la continua ed altalenante evoluzione delle dichiarazioni del teste Incandela e’ proseguita anche con riferimento ad un altro aspetto della vicenda assai rilevante.

Nel corso del dibattimento di Perugia il Mar. Incandela ha espressamente dichiarato – dopo le ormai consuete incertezze nei ricordi e le sollecitazioni del P.M. - che le carte da ricercare, secondo quello che gli disse il Gen. Dalla Chiesa, nel corso di quell’incontro a tre riservato, erano state recapitate in carcere al detenuto Francis Turatello, che ne era pertanto in possesso, a dire dello sconosciuto:

PUBBLICO MINISTERO (DOTT. CANNEVALE).

Vorrei sapere se il Generale o questa altra persona le dissero anche a quale detenuto erano diretti, se erano diretti a qualche detenuto particolare.

ANGELO INCANDELA.

A me sembra Turatello, anche perchè poi ho avuto diciamo una conferma dallo stesso Turatello a Pianosa.

PUBBLICO MINISTERO (DOTT. CANNEVALE).

Certo, quella di cui parleremo poi, però a quanto ricorda lei, questo nome Turatello le venne fatto anche lì?

ANGELO INCANDELA.

Sì.

PUBBLICO MINISTERO (DOTT. CANNEVALE).

Non ne è sicuro?

ANGELO INCANDELA.

Non sono sicuro proprio in questo momento, adesso...

PUBBLICO MINISTERO (DOTT. CANNEVALE).

Va bene. Avevo premesso che potevano essere cose che non ricordava nei particolari. Le disse anche qualcuno, vale a dire sia il Generale che questa altra persona, dove potevano trovarsi questi documenti in particolare, in quale luogo del carcere?

ANGELO INCANDELA.

Loro mi dissero che sono andati a finire ai detenuti della massima sicurezza.

PUBBLICO MINISTERO (DOTT. CANNEVALE).

Senza specificare.

ANGELO INCANDELA.

No, no, niente.

……

PUBBLICO MINISTERO (DOTT. CANNEVALE).

Turatello è per ora l'ultima cosa della quale vorrei parlare.

ANGELO INCANDELA.

Turatello a Pianosa.

PUBBLICO MINISTERO (DOTT. CANNEVALE).

Lei a Cuneo non lo ha incontrato?

ANGELO INCANDELA.

No.

PUBBLICO MINISTERO (DOTT. CANNEVALE).

Era già andato via quando lei è arrivato.

ANGELO INCANDELA.

Sì, era andato via da poco.

PUBBLICO MINISTERO (DOTT. CANNEVALE).

Lei poi lo ha conosciuto.

ANGELO INCANDELA.

Poi vado a Pianosa, "Ah, ecco il grande Maresciallo Incandela", mi disse così. E io gli dissi: "Il grande Turatello". Disse: "a me da Cuneo lei lo sa perchè mi hanno mandato via".

PUBBLICO MINISTERO (DOTT. CANNEVALE).

Via da dove?

ANGELO INCANDELA.

Da Cuneo. Disse: "per via di certi scritti"; io mi sono meravigliato, dico: "come fa questo...?". "E lei lo sa", mi disse. Quindi come faceva Turatello a sapere che io avevo trovato il "salame"? Come faceva? Non lo so.

PUBBLICO MINISTERO (DOTT. CANNEVALE).

Comunque la frase più o meno fu: "mi hanno mandato via per via di certi scritti".

ANGELO INCANDELA.

Sì, "di certi scritti"

PUBBLICO MINISTERO (DOTT. CANNEVALE).

"E lei lo sa".

ANGELO INCANDELA.

"E lei lo sa" - mi disse - "Maresciallo". Lo misi io stesso in partenza per Nuoro, seguii il trasferimento dove poi lo ammazzarono.

A fronte di queste incertezze nel ricordo, la difesa procedeva ad una serie di contestazioni soprattutto sulla base delle dichiarazioni che il teste aveva reso nel luglio del 1993 in altro procedimento penale a Cuneo:

DIFESA IMPUTATO ANDREOTTI (AVV. COPPI).

Non "molto probabilmente", guardi, dichiarazioni che lei ha reso al dibattimento di Cuneo, due volte ha riferito questa circostanza: "il Generale mi disse che i documenti dovevano essere assolutamente recuperati e che gli stessi doveva averli il Turatello, al quale disse la persona che era con lui, quindi il presunto Pecorelli, li aveva fatti pervenire il responsabile del carcere". Sul punto lei ritorna successivamente, e dice: "quella persona tirò fuori l'agenda, per trovare il famoso numero che gli aveva chiesto il Generale, disse che non l'aveva perchè l'aveva lasciata in redazione. Ribadisco che fu la persona che era con il Generale a dirmi che i documenti li aveva il Turatello". Conferma queste dichiarazioni?

ANGELO INCANDELA.

Lo confermo, sì.

DIFESA IMPUTATO ANDREOTTI (AVV. COPPI).

Turatello era in carcere a Cuneo, in quel momento?

ANGELO INCANDELA.

No.

………

PRESIDENTE.

Questo è il verbale di dibattimento, no?

DIFESA IMPUTATO ANDREOTTI(AVV. COPPI).

Questo è il verbale di dibattimento di Cuneo.

PRESIDENTE.

Fatto quando?

DIFESA IMPUTATO ANDREOTTI(AVV. COPPI).

Nel luglio 1993.

La dichiarazione di Incandela sul punto risulta oltremodo singolare visto che l’incarico conferitogli era dunque, secondo questa versione, quello di ritrovare documenti in possesso ad un detenuto che tuttavia non era piu’ ristretto al carcere di Cuneo essendo stato gia’ trasferito sin dal mese di ottobre precedente in altra struttura carceraria.

Il teste Mar. Mistretta infatti, sentito all’udienza del 28 maggio 1996, ha confermato il contenuto della nota della D.I.A. del 23 dicembre 1993 – acquisita agli atti – da cui si evince che Francis Turatello era stato trasferito dal carcere di Cuneo sin dal 21 ottobre 1978, e dunque circa tre mesi prima dell’asserito colloquio tra Incandela, Dalla Chiesa e lo sconosciuto (Pecorelli).

E se nella versione resa a Cuneo (contestata al dibattimento di Perugia) il teste si era espresso in termini probabilistici nel riportare le parole del Gen. Dalla Chiesa ("il Generale mi disse che i documenti …… doveva averli il Turatello"), assolutamente categorico era stato invece in quella stessa deposizione a proposito delle parole pronunciate dal Pecorelli il quale, stavolta in termini di certezza, gli aveva riferito che le carte erano in possesso del Turatello ("Ribadisco che fu la persona che era con il Generale a dirmi che i documenti li aveva il Turatello").

E’ appena il caso di evidenziare che nel corso delle indagini preliminari ed anche nel presente dibattimento il Mar. Incandela, come di consueto, e’ stato invece generico e talora anche contraddittorio sul punto.

Se infatti durante le indagini il teste aveva riferito al P.M. che i documenti erano "probabilmente" destinati a Turatello, dinanzi a questo Tribunale l’incertezza precedente e’ venuta del tutto meno:

P.M.: Diciamo lo sconosciuto, l'autista come lei l'ha definito, le spiegò anche dove si trovavano questi scritti, questi documenti.

INCANDELA A.: Dove sono passati, dove son passati, sono dentro al carcere di Cuneo, dice, sono entrati..

P.M.: A chi è, le disse a chi erano destinati?

INCANDELA A.: A Turatello.

P.M.: Francis Turatello?

INCANDELA A.: Si.

………

INCANDELA A.: Si, si. Mi mandava in missione a Pianosa, più che missione, per farmi fare un pò di ferie con la famiglia. Andavo a fare servizio lì, non è che... io avevo la sicurezza sull'isola e lì incontrai Turatello che non conoscevo. Ah, dice, ecco il famoso maresciallo Incandela mi disse. Lei viene da Cuneo, cioè io sono stato mandato via da Cuneo per certi scritti riguardanti il caso Moro e Andreotti e lei ne è a conoscenza. Di che cosa è a conoscenza? E lei ne è a conoscenza. Il giorno dopo l'ho visto in partenza per Nuoro dove poi lo ammazzarono. Questo me lo disse lì il pomeriggio, si.

Solo a seguito del controesame condotto dalla difesa e’ stato possibile rilevare il contrasto ed il teste ha dovuto rettificare la sua prima dichiarazione al P.M., riconfermando invece in termini probabilistici la sua originaria affermazione, e chiarendo che la certezza manifestata sul punto non gli derivava dalle parole pronunciate dallo sconosciuto (Pecorelli), ma dal successivo colloquio avuto con lo stesso Turatello:

AVVOCATO SBACCHI: Dunque quindi lei non sa come sono entrati i documenti ne chi li aveva portati esatto?

INCANDELA A.: Magari l’avessi saputo

AVVOCATO SBACCHI: Non lo sa. Senta a proposito di questo lei è certo che dovevano appartenersi erano destinati a Turatello o no?

INCANDELA A.: Ma di questo io sono certo, sono certo e la certezza me l’ha data lo stesso Turatello quando l’ho incontrato a Pianosa

AVVOCATO SBACCHI: Mi scusi lei ha detto, nel suo interrogatorio del 27 giugno 1994, probabilmente destinati a Turatello, scusi che prendo l’appunto, e allora mi spieghi la differenza

PRESIDENTE: Qual è la differenza?

AVVOCATO SBACCHI: (incomprensibile) scritti il 27 giugno, scritti che probabilmente erano destinati a Francis Turatelo il quale era stato trasferito a Pianosa pochi giorni prima del suo arrivo a Cuneo

… …

INCANDELA A.: Mi disse che erano entrati questi documenti e che probabilmente erano diretti a Turatello e la conferma, ho già detto anche stamattina l’ho avuta quando sono andato a Pianosa e Turatello mi fece quel discorso che ho riferito

AVVOCATO SBACCHI: Quindi la sua è una deduzione?

INCANDELA A.: Si

INCANDELA A.: Deduzione sulla seconda parte ... fino a un certo punto perché c’è stata la conferma poi dello stesso Turatello.

Ma la circostanza che preme piu’ evidenziare - per sottolineare ancora una volta la tendenza del teste ad aggiungere parti al suo racconto che sono solo il frutto di sue deduzioni o giudizi - e’ che mentre nel corso dell’esame condotto dal P.M. dinanzi a questo Tribunale l’Incandela aveva espressamente affermato che Turatello gli aveva testualmente parlato di "certi scritti riguardanti il caso Moro e Andreotti", nel corso dell’esame reso a Perugia il teste ha invece attribuito al Turatello parole che risultano del tutto prive di qualsivoglia riferimento all’odierno imputato ed allo statista ucciso ("Poi vado a Pianosa, "Ah, ecco il grande Maresciallo Incandela", mi disse così. E io gli dissi: "Il grande Turatello". Disse: "a me da Cuneo lei lo sa perchè mi hanno mandato via…Disse: "per via di certi scritti"; io mi sono meravigliato…").

Non e’ neppure il caso di sottolineare la profonda e sostanziale differenza che sussiste tra le due distinte versioni.

A rendere poi tutto il racconto dell’Incandela complessivamente poco credibile e’ anche un argomento logico fondato sulla sostanziale inesistenza di ragioni che fondatamente giustificassero l’incontro tra il Gen. Dalla Chiesa ed il teste con la presenza del soggetto poi asseritamente identificato per Pecorelli.

Dalle stesse parole del teste emerge invero che lo sconosciuto quella sera non diede alcuna specifica indicazione utile per il rinvenimento delle carte all’interno del carcere, ignorando persino chi ne fosse in possesso, essendosi soltanto limitato a descrivere attraverso quali modalita’ i documenti erano stati introdotti.

Non esiste alcuna logica ragione per la quale, se questa e’ stata la generica indicazione (sostanzialmente inutile per il recupero delle carte) dello sconosciuto, costui dovesse essere presente a quell’incontro soprattutto se si considera che il Gen. Dalla Chiesa in una occasione di poco successiva, fu categorico nell'intimare al Mar Incandela di non dare alcunche’ al predetto sconosciuto nel caso in cui il teste avesse poi effettivamente ritrovato cio’ che si cercava.

E’ del tutto evidente che se il proposito del Dalla Chiesa era quello di evitare ulteriori contatti tra Incandela e il presunto Pecorelli, non vi sarebbe stato miglior modo che quello di evitare qualsiasi contatto tra i due, ben potendo l’Alto Ufficiale riferire direttamente e personalmente all’Incandela cio’ che questi doveva sapere.

Anche sotto tale profilo dunque il racconto del teste risulta ben poco credibile.

Ma l’attendibilita’ del racconto del Mar. Incandela viene principalmente messa in discussione soprattutto nei riferimenti di natura temporale dell’incontro a tre con il Gen. Dalla Chiesa e con lo sconosciuto asseritamente identificato in Pecorelli.

Giova rammentare che il teste Incandela e’ sempre stato categorico nell’affermare che questo incontro e’ avvenuto nei primissimi giorni di gennaio del 1979 e che esattamente tre giorni dopo quell’incontro serale egli ebbe un nuovo colloquio con il Generale presso la stazione dei carabinieri di Cuneo:

INCANDELA A.: …Dopo tre giorni da questo incontro il Generale Dalla Chiesa torna a Cuneo e mi manda a chiamare alla stazione dei Carabinieri e mi dice: questo non te l'ho detto di fronte a quella persona, dice, ma mi devi trovare anche scritti dentro al carcere di Cuneo che riguardano il senatore Andreotti.

……

AVV. COPPI: Va bene. Vorrei sapere, adesso, se lei ricorda la data precisa, il giorno, perchè l'epoca più o meno l'ha già descritta. Ma se lei è in grado, con uno sforzo di memoria, guardando l'agenda etc. se è in grado di dirci la data precisa in cui sarebbe avvenuto l'incontro tra lei, Dalla Chiesa e per il momento chiamiamolo lo sconosciuto, quello che poi lei dice essere Pecorelli.

INCANDELA A.: Ah, la data non, non, non io non... io posso dire, che ricordo io, erano, non so, i primi giorni del mese di Gennaio del '79.

AVV. COPPI: I primi giorni del mese di...

INCANDELA A.: Mese di Gennaio '79.

AVV. COPPI: Quindi rispetto alle dichiarazioni che lei aveva reso, è una precisazione, non è neanche una contestazione, è ovvio. Ma e... con riferimento alle dichiarazioni che lei ha reso il 27 Giugno '94 quando parlò, fine Dicembre '78 o primi Gennaio.

INCANDELA A.: Ecco, si.

AVV. COPPI: Diciamo che probabilmente più primi Gennaio del '79 che non Dicembre del '78.

INCANDELA A.: Eh!

AVV. COPPI: D'accordo. Oh, da quanto tempo lei era a Cuneo, ce l'ha detto, da 15 o 20 giorni mi pare, no?

INCANDELA A.: Si.

………

AVV. COPPI: D'accordo. Senta lei ricorda se ha incontrato, lo ha già accennato, desidererei la conferma per riprendere il corso delle domande, comunque lei ha confermato già di avere incontrato tre giorni dopo questo incontro con lo sconosciuto, nuovamente il Generale Dalla Chiesa, siamo d'accordo?

INCANDELA A.: Si.

………

AVV. COPPI: E si ricorda l'ora più o meno di questo incontro?

……

INCANDELA A.: Mah, di sera è stato in poche parole.

AVV. COPPI: Eh, e se io le dico che erano intorno alle venti? Possiamo dire...

INCANDELA A.: Eh...

AVV. COPPI: C'era buio naturalmente.

INCANDELA A.: Era buio, si.

AVV. COPPI: La zona era illuminata?

INCANDELA A.: Poco, però si vedeva..

………

AVV. COPPI: Il 27... però il 27 Giugno, il 27 Giugno del '94 lei dice così: 3 giorni dopo quell'incontro il generale convocatomi presso la stazione dei Carabinieri di Cuneo mi ribadì che dovevo assolutamente trovare quelle carte del sequestro Moro……

………

AVV. COPPI: D'accordo. Senta lei ricorda se ha incontrato, lo ha già accennato, desidererei la conferma per riprendere il corso delle domande, comunque lei ha confermato già di avere incontrato tre giorni dopo questo incontro con lo sconosciuto, nuovamente il Generale Dalla Chiesa, siamo d'accordo?

INCANDELA A.: Si.

Sulla collocazione temporale dell’incontro il teste non ha avuto dubbi neppure a Perugia:

ANGELO INCANDELA.

Più o meno, sì, in sostanza i primi di gennaio, eravamo nel '79.

DIFESA IMPUTATO ANDREOTTI(AVV. COPPI).

Era già '79, quindi?

ANGELO INCANDELA.

Sì, sicuro.

DIFESA IMPUTATO ANDREOTTI(AVV. COPPI).

Però primissimi giorni di gennaio.

ANGELO INCANDELA.

Esatto, sì.

DIFESA IMPUTATO ANDREOTTI(AVV. COPPI).

Quindi, o ultimissimi di dicembre o primissimi di gennaio.

ANGELO INCANDELA.

Io dico i primi di gennaio.

DIFESA IMPUTATO ANDREOTTI(AVV. COPPI).

Però primissimi di gennaio, se sono veri i 15, 20 giorni.

ANGELO INCANDELA.

Primissimi, .

Orbene, per una ricostruzione dei movimenti del Gen. Dalla Chiesa in quei "primissimi" giorni del gennaio del 1979, e in particolare per riscontrare se effettivamente egli si trovasse nella zona di Cuneo per i due riferiti incontri avvenuti a tre giorni di distanza l’uno dall’altro, e proprio in quel periodo (inizio gennaio) e’ risultata essenziale la deposizione del teste Fernando Dalla Chiesa, figlio del Prefetto ucciso.

Attraverso la consultazione, infatti, del diario manoscritto dal Gen. Dalla Chiesa, e con l’ausilio del figlio, esaminato all’udienza del 14 gennaio 1998, e’ stato possibile accertare che i due incontri raccontati dal teste Incandela non possono essersi verificati nel periodo indicato per la semplice ragione che il Gen. Dalla Chiesa non si trovava nei pressi di Cuneo nei "primissimi" giorni di gennaio del 1979.

Il teste Fernando Dalla Chiesa ha in primo luogo chiarito quale fosse il contenuto ed il valore del diario che il padre era solito scrivere in forma di colloquio epistolare con la prima moglie morta nel 1978.

E cio’ rende evidente la natura particolarmente intima e strettamente personale delle annotazioni del Generale ucciso, destinate a non essere portate a conoscenza di alcuno:

PUBBLICO MINISTERO:

Sa qual'era il contenuto di questo diario, quando ha iniziato a scriverlo, quando ha smesso di scriverlo? Ci puo' dire qualcosa su questo diario?

DALLA CHIESA FERNANDO:

Si, il diario e' un diario quasi esclusivamente personale, sono lettere scritte la sera, a tarda sera, a mia madre morta, dal 20-21 febbraio del '78, immediatamente dopo la sua morte, sono tenuti con una certa regolarita' fino al 5 di maggio dell'82, se ricordo bene.

PUBBLICO MINISTERO:

Ho capito. Era stato un evento particolare relativo alla morte di suo padre... alla morte di sua madre, che aveva colpito suo padre e che l'aveva indotto a iniziare a scrivere questo diario?

DALLA CHIESA FERNANDO:

Si, e' un colloquio che immaginariamente continua a mantenere con mia madre, cerca di scriverlo tutte le sere, in qualche occasione si vede che non ne ha la possibilita', pero' tutte le pagine sono riempite secondo una logica deducibile dalla struttura dei diari, dal ripetersi di certe caratteristiche.

PUBBLICO MINISTERO:

Sua madre quando era morta?

DALLA CHIESA FERNANDO:

E' morta il 19 febbraio del '78.

PUBBLICO MINISTERO:

Come era morta?

DALLA CHIESA FERNANDO:

Morta di infarto.

……

PUBBLICO MINISTERO:

Senta, e' stato acquisito agli atti del maxi processo, e poi anche in questo processo, un ... sono state acquisite alcune pagine del diario di suo padre. Vi sono altre pagine di questo diario in suo possesso, a parte quelle acquisite al maxi?

DALLA CHIESA FERNANDO:

Si.

PUBBLICO MINISTERO:

E queste altre pagine sono state custodite da lei?

DALLA CHIESA FERNANDO:

Queste pagine sono state lette da me in tempi piu' recenti, proprio per la loro natura molto intima e personale, quindi li ho riletti in particolare dopo avere riscontrato da notizie di stampa dei fatti delle indicazioni che non mi sembravano verosimili.

PUBBLICO MINISTERO:

Ho capito. Lei ha portato queste altre pagine del diario con se' oggi?

DALLA CHIESA FERNANDO:

Io le ho portate, sono disponibile a...

PUBBLICO MINISTERO:

Si, gliel'ho chiesto perche' io vorrei chiederle di verificare se in queste pagine del diario risultano i luoghi in cui si trovava suo padre negli ultimi giorni dal dicembre del '78 e nei primi giorni del gennaio del 1979.

DALLA CHIESA FERNANDO:

Certo.

……

PUBBLICO MINISTERO:

Diciamo, dal verbale che abbiamo fatto inizia dal 25 dicembre del '78, iniziamo da quella data.

DALLA CHIESA FERNANDO:

Guardi, il 24-25-26 dicembre e' a Palermo.

……

PUBBLICO MINISTERO:

Va bene, allora stava dicendo che il 24 il 25 e il 26 dicembre '78 era a Palermo.

DALLA CHIESA FERNANDO:

A Palermo, si, abbiamo trascorso insieme le vacanze di Natale. Il 27 di dicembre e' sulla nave per Napoli.

PUBBLICO MINISTERO:

Si.

DALLA CHIESA FERNANDO:

Il 28 di dicembre e' a Roma e anche il 29 di dicembre.

PUBBLICO MINISTERO:

Mi scusi...

DALLA CHIESA FERNANDO:

Prego.

PUBBLICO MINISTERO:

Nel verbale noi abbiamo scritto 28 e 29 dicembre '78, Prata provincia di Avellino, vuole controllare?

DALLA CHIESA FERNANDO:

Si, e' a Prata, io sto facendo riferimento, probabilmente anche per quello a cui accennava la difesa al luogo in cui passa la serata.

….

DALLA CHIESA FERNANDO:

E' fisicamente a... e' fisicamente a Prata.

PUBBLICO MINISTERO:

Comunque, il 28 e il 29 dicembre del '78 si trovava a Prata provincia di Avellino.

DALLA CHIESA FERNANDO:

Provincia di Avellino -INCOMPRENSIBILE-

PUBBLICO MINISTERO:

Senta, nella pagina del 28 dicembre, riferita alla notte tra il 28 e il 29 dicembre, e' scritto qualcosa che riguarda preoccupazioni di suo padre per motivi di servizio?

DALLA CHIESA FERNANDO:

Si, parla di preoccupazioni assillanti.

PUBBLICO MINISTERO:

Puo' leggere testualmente dalla parola stanotte?

DALLA CHIESA FERNANDO:

"Stanotte non sono stato tranquillo, ho dormito a brevi intervalli con un caldo che saliva da ogni parte, con preoccupazioni assillanti relative al servizio."

PUBBLICO MINISTERO:

E' scritto quali erano queste preoccupazioni assillanti relative al servizio?

DALLA CHIESA FERNANDO:

No, no, questo non e' scritto.

PUBBLICO MINISTERO:

Andiamo avanti. Il 30 dicembre?

DALLA CHIESA FERNANDO:

Il 30 dicembre e' a Torino.

PUBBLICO MINISTERO:

E anche a Parma?

DALLA CHIESA FERNANDO:

Si, di mattina a Parma.

PUBBLICO MINISTERO:

31 dicembre?

DALLA CHIESA FERNANDO:

Il 31 dicembre, questa e' una deduzione logica che posso spiegare, perche e' Ospedaletti.

PRESIDENTE:

E allora spieghi se non e' un fatto certo. Spieghi, perche' le deduzioni sa che non... Spieghi perche'.

DALLA CHIESA FERNANDO:

Perche' la fine dell'anno mio padre va nei posti in cui e' stato esattamente l'anno prima con mia madre prima che morisse, l'ultima loro vacanza, quindi il 31 e il primo di gennaio va esattamente negli stessi posti e nella stessa chiesa.

PRESIDENTE:

E li che c'e'

-INCOMPRENSIBILE-

DALLA CHIESA FERNANDO:

I posti sono Ospedaletti, Sanremo, la chiesa di San Rocco.

PRESIDENTE:

Quindi non sulla base di quello che legge?

DALLA CHIESA FERNANDO:

Sulla base di quello che c'e' scritto.

PRESIDENTE:

E che c'e'...?

DALLA CHIESA FERNANDO:

Riandro' negli stessi posti.

PRESIDENTE:

Ah, ecco, riandro' negli stessi posti...?

DALLA CHIESA FERNANDO:

Si. Negli stessi giorni, infatti risulta esplicitato Sanremo il primo di gennaio con la messa, non risulta esplicitato Ospedaletti, ma in un'altra pagina dice andro' a Ospedaletti e a Sanremo e fa lo stesso percorso -INCOMPRENSIBILE- Ospedaletti e dell'hotel di Sanremo.

PRESIDENTE:

Ospedaletti dove si trova?

DALLA CHIESA FERNANDO:

In Liguria.

Piu’ in particolare, e proprio con riferimento ai "primissimi" giorni del mese di gennaio del 1979, il Gen. Dalla Chiesa annota la sua presenza in luoghi incompatibili con la testimonianza del Mar. Incandela.

E’ emerso infatti anche dalla testimonianza del figlio che in quel periodo il Generale assistette continuativamente una delle figlie sottoposta ad un delicato intervento chirurgico a Roma:

PUBBLICO MINISTERO:

Poi, il 2, il 3, 4, 5, 6 e 7 gennaio?

DALLA CHIESA FERNANDO:

E' a Roma -INCOMPRENSIBILE- perche' c'e' un'operazione di mia sorella e la segue direttamente.

PUBBLICO MINISTERO:

L'8 gennaio '79?

DALLA CHIESA FERNANDO:

L'8 e' in partenza da Roma.

PUBBLICO MINISTERO:

E dove va?

DALLA CHIESA FERNANDO:

Passa da Pisa e va a Firenze dove risulta la sera del 9.

PUBBLICO MINISTERO:

Il 9 gennaio.

DALLA CHIESA FERNANDO:

A Firenze.

PUBBLICO MINISTERO:

Sicuro? Noi abbiamo scritto Parma nel verbale.

DALLA CHIESA FERNANDO:

E' stato a Parma.

PUBBLICO MINISTERO:

E poi pernotta a Firenze?

DALLA CHIESA FERNANDO:

No, pernotta a Parma, mi scusi, pernotta a Parma il 10. E' uno di quei casi un cui salta una pagina e viene... e il diario viene scritto su due pagine la sera successiva.

PUBBLICO MINISTERO:

Il 10 gennaio '79?

DALLA CHIESA FERNANDO:

No, il 10 dorme a Parma. Ho dovuto rivedere perche' c'e' ... e' il caso in cui viene saltata una sera, che poi viene fatto il diario per i due giorni di seguito.

PUBBLICO MINISTERO:

Le spiego, perche' noi nel verbale abbiamo scritto 9 gennaio '79 a Parma, 10 gennaio '79 Alessandria e Torino ove passa la serata in casa con mia sorella Rita e suo marito. Puo' chiarirci?

DALLA CHIESA FERNANDO:

Si. Il 10 lui non tiene il diario, lo tiene l'11 sera.

PUBBLICO MINISTERO:

Si.

DALLA CHIESA FERNANDO:

Allora il 10 e l'11 insieme vengono coperti da una cronaca di tutti e due i giorni e lui esordisce il 10: "ero giunto ieri a Parma". Quindi sembra che sia il 9 leggendo il 10, leggendo tutto insieme invece fa riferimento al 10 sera.

PUBBLICO MINISTERO:

E poi c'e' questo riferimento a Alessandria e a Torino?

DALLA CHIESA FERNANDO:

Si.

PUBBLICO MINISTERO:

Cosa dice?

DALLA CHIESA FERNANDO:

Ed e' dell'11: "Sono giunto stamattina ad Alessandria", l'11 e la sera e' a Torino.

PUBBLICO MINISTERO:

A Torino, dove passa la serata con sua sorella Rita?

DALLA CHIESA FERNANDO:

No, non ... l'11 sera e' a Torino a lavorare.

PUBBLICO MINISTERO:

Ho capito. Poi?

DALLA CHIESA FERNANDO:

Poi il 12 e' di nuovo a Roma e il 13 e' a Roma.

PUBBLICO MINISTERO:

C'e' un passaggio per Genova?

DALLA CHIESA FERNANDO:

C'e' un passaggio per Genova che e' il mattino del 12.

PUBBLICO MINISTERO:

Il mattino del 12 il passaggio per Genova e poi...

DALLA CHIESA FERNANDO:

Poi a Roma.

PUBBLICO MINISTERO:

Poi a Roma il 12 e il 13 gennaio?

DALLA CHIESA FERNANDO:

Si.

PUBBLICO MINISTERO:

Poi?

DALLA CHIESA FERNANDO:

Il 14 e' a Prata e il 15 a Palermo. Prata–incomprensibile - in provincia di Avellino.

PUBBLICO MINISTERO:

C'e' anche un passaggio per Catania il 14 gennaio?

DALLA CHIESA FERNANDO:

Il 14 non risulta Catania.

PUBBLICO MINISTERO:

Va bene, d'accordo. Mi scusi, puo' tornare un attimo indietro, per chiarire dov'e' che dorme il 10.

DALLA CHIESA FERNANDO:

E' rimasto a Parma.

PUBBLICO MINISTERO:

Quindi il 9 e 10 a Parma. Lei, leggendo...

DALLA CHIESA FERNANDO:

Chiedo scusa, il 10 ... il 10 ha dormito a Parma ...

PUBBLICO MINISTERO:

Il 9?

DALLA CHIESA FERNANDO:

... il 9 ha dormito a Firenze.

PUBBLICO MINISTERO:

Quindi, suo padre aveva l'abitudine di scrivere questo diario ogni sera?

DALLA CHIESA FERNANDO:

Si, ripeto, tranne con qualche eccezione.

……

AVVOCATO BONGIORNO:

Poi io volevo una precisazione di date. Ad Alessandria quando e' che e' andato nei giorni di gennaio? L'11... se puo' guardare per favore quel diario, e' l'11 mattina che e' andato ad Alessandria? Perche' questo io non ho capito.

DALLA CHIESA FERNANDO:

Si, lui l'11 sera scrive: "sono giunto solo stamattina ad Alessandria" e il pomeriggio dopo pranzo e' a Torino.

AVVOCATO BONGIORNO:

Dormito ad Alessandria mai?

DALLA CHIESA FERNANDO:

No.

……

DIFESA:

Sempre dicembre per ora, tutto il mese di dicembre stiamo esaminando. Ora passiamo al mese di gennaio. Si parla ripetutamente per tutti i primi giorni di gennaio di una costante presenza di suo padre per assistere sua sorella ad una... per una operazione che aveva subito. Dove e' stata questa operazione?

DALLA CHIESA FERNANDO:

E' stata a Roma e mio padre e' stato presente costantemente, la prima volta che si allontana lascia scritto che gli e' dispiaciuto molto che ha dovuto...

DIFESA:

Quindi, quando dice sono qui con Topo per un controllo, e' a Roma?

DALLA CHIESA FERNANDO:

Si, l'assiste a Roma, si.

DIFESA:

Poi, giorno 11 gennaio c'e' scritto, si parla di una poltrona di studio.

DALLA CHIESA FERNANDO:

E' quella di Torino, indica quella di Torino.

DIFESA:

Il giorno 13 si parla di una stanzetta.

DALLA CHIESA FERNANDO:

La stanzetta e' a Roma, sempre quella della via Salaria.

DIFESA:

Il giorno 15 gennaio LIDIUCCIA.

DALLA CHIESA FERNANDO:

LIDIUCCIA e' la sorella di mia madre ed e'... abita a Palermo.

DIFESA:

Il giorno 17 ritrovarmi ieri nella stanzetta.

DALLA CHIESA FERNANDO:

Confermo Roma.

DIFESA:

Giorno 20 e 21.

DALLA CHIESA FERNANDO:

Giorno 20 e 21 e' Torino per la serata del 20 e qui e' scritto: sono qui a Torino nella nostra casa. Per il 21 la... niente no, lo scrive per il 21 che e' venuto a Milano.

Al di la’ della pur significativa considerazione che nel suo diario il Gen. Dalla Chiesa non ha annotato alcunche’ riguardo ai riferiti pretesi incontri con il Mar. Incandela o con Pecorelli, cio’ che indubbiamente emerge con chiarezza e’ che i movimenti dell’alto ufficiale nel periodo indicato dal teste non danno contezza di una presenza compatibile con un incontro notturno nella zona di Cuneo, seguito dopo appena tre giorni da altro incontro svoltosi sempre nella stessa citta’.

Manca in sostanza quella doppia presenza del Gen. Dalla Chiesa, distanziata di tre soli giorni, in una zona che possa ritenersi vicina a Cuneo, presenza che ovviamente sta alla base di tutto il racconto esposto dal teste Incandela.

Ne’ puo’ sostenersi fondatamente che il Dalla Chiesa annotasse soltanto particolari di carattere affettivo in quanto dalla lettura del diario emerge piu’ volte anche la ricostruzione di incontri di servizio.

E cosi’ ad esempio alla data dell’8 gennaio 1979 viene annotato il riferimento ad alcuni incontri di servizio ("…ho lasciato Roma ieri sera dopo una serie di incontri di livello (Capo del Sismi, Ufficiale … in M.O., Sottosegr. Presidenza. Com.te Generale)…").

Quindi Dalla Chiesa non si limitava a fare dei riferimenti specifici alla moglie, ai suoi sentimenti, ai suoi stati d’animo, ma annotava anche i suoi movimenti ed incontri, o ne consentiva la ricostruzione attraverso riferimenti interpretati anche con l’ausilio della testimonianza del figlio.

Anche l’11 gennaio, giorno in cui il Gen. Dalla Chiesa si e’ spostato da Torino ad Alessandria, egli ha fatto comunque ritorno nel capoluogo gia’ ad ora di pranzo come si evince da espliciti riferimenti (alla "poltrona dello studio… nella "nostra casa"), trascorrendo la sera nello stesso luogo ("..e qui a questo tavolo….).

Ne’ si trascuri di considerare che proprio per la data dell’11 gennaio 1979 il Pecorelli ha annotato nella sua agenda alle ore 19 un incontro, verosimilmente a Roma, citta’ di residenza del giornalista, con il suo difensore Avv. De Cataldo (cfr. documento acquisito su richiesta del P.M. del 17 novembre 1998).

E se anche quella data dell’11 gennaio fosse ritenuta astrattamente compatibile con l’incontro di Pantalera, cio’ che comunque contrasterebbe insanabilmente con la versione del teste Incandela sarebbe il secondo incontro a Cuneo asseritamente avuto con il Gen. Dalla Chiesa esattamente tre giorni dopo il primo.

Ed infatti dopo il pernottamento a Torino dell’11 gennaio, il Gen. Dalla Chiesa risulta essersi recato a Roma (12 e 13 gennaio), a Prata (il 14), a Palermo (il 15 e il 16), in Campania (il 17), di nuovo a Roma (il 18), a Firenze (il 19).

Per rilevare una nuova presenza a Torino dopo l’11 gennaio occorre andare al 20 gennaio, dunque ben 9 giorni dopo (e non tre giorni).

E cio’ comunque non sarebbe sufficiente a far ritenere provati i due incontri di che trattasi.

Ma che la carenza di riscontri su tale essenziale punto sia assoluta e’ sostanzialmente riconosciuto soprattutto dallo stesso P.M. il quale ha dovuto fare ricorso ad un’annotazione del diario del Gen. Dalla Chiesa – peraltro alla data del 28 dicembre 1978 e non nei primissimi giorni di gennaio del 1979 come reiteratamente precisato dal teste - per leggervi una indiretta conferma del racconto del Mar. Incandela:

"Stanotte non sono stato tranquillo, ho dormito a brevi intervalli con un caldo che saliva da ogni parte, con preoccupazioni assillanti relative al servizio"

Resta del tutto incomprensibile sulla base di quali elementi fattuali una simile riflessione del Gen. Dalla Chiesa, annotata peraltro in concomitanza con una sua presenza ben lontana da Cuneo (egli era infatti a Roma e poi a Prata in provincia di Avellino), possa essere ricollegata ai fatti sui quali ha testimoniato il Mar. Incandela il cui racconto pertanto resta palesemente smentito dagli accertamenti svolti sul punto.

Preme poi rilevare che non e’ stata neppure acquisita la prova certa di un effettivo rapporto di conoscenza tra il Gen. Dalla Chiesa e il giornalista Carmine Pecorelli, avendo il P.M. sostenuto tale presunto rapporto con una serie di elementi indubbiamente non univoci e privi di sicura efficacia probante.

La prova dell’esistenza di un rapporto, secondo la prospettazione accusatoria, e’ infatti sostanzialmente fondata su due annotazioni rilevate nell’agenda di Pecorelli alle date del 19 settembre e del 4 ottobre 1978: "Carenini (Dalla Chiesa)".

Secondo quella che e’ tuttavia solo una interpretazione offertane nel corso del dibattimento di Perugia da Mangiavacca Franca, gia’ collaboratrice di Pecorelli nella redazione di OP, tale annotazione dovrebbe significare che l’On. Egidio Carenini avrebbe fatto da tramite per un incontro tra Pecorelli ed il Generale Dalla Chiesa.

Ma proprio la Mangiavacca ha anche precisato che ella non aveva mai appreso tale fatto direttamente da Pecorelli il quale soltanto in una occasione, in un giorno imprecisato, rientrato in redazione, aveva solo esclamato poche parole ("ma, io non ho capito che cosa volesse Dalla Chiesa": udienza del 30 agosto 1996) che l’avevano indotta a credere ad un incontro.

Ma quando si e’ trattato di approfondire tale aspetto la teste non e’ stata in grado di riferire alcunche’ di utile ai fini di una doverosa verifica e di eventuali approfondimenti sul tema di prova.

A cio’ si aggiunga che la Mangiavacca era persona assai vicina al giornalista Pecorelli cui era legata da un rapporto, oltre che di collaborazione, anche sentimentale.

Eppure la teste non ha mai saputo dal Pecorelli alcunche’ in ordine a rapporti intrattenuti con il Gen. Dalla Chiesa, a scambi di informazioni ad incontri finalizzati al passaggio di carte o notizie riservate; ne’ la teste ha saputo riferire circostanze utili riguardo al possesso da parte del suo compagno del preteso memoriale Moro:

DIFESA IMPUTATO ANDREOTTI (AVV. COPPI)

… le risulta che il Generale Dalla Chiesa passasse abitualmente notizie a Pecorelli?

FRANCA MANGIAVACCA.

Non mi risulta che le passasse direttamente, ma un sospetto potrebbe venire dal fatto che, ed è una mia valutazione...

DIFESA IMPUTATO ANDREOTTI (AVV. COPPI).

Poi ci dir… i fatti da cui ricava la valutazione.

FRANCA MANGIAVACCA.

Incontrava l'Onorevole Carenini, sappiamo che Carenini era...

DIFESA IMPUTATO ANDREOTTI (AVV. COPPI).

Si fermi, io voglio sapere: le risulta da fatti concreti e specifici che...

FRANCA MANGIAVACCA.

Sì, da telefonate.

DIFESA IMPUTATO ANDREOTTI (AVV. COPPI).

Incontri certo. Ma le risulta da fatti concreti e specifici che Carenini si prestasse a fare il trasmettitore di notizie da parte del Generale Dalla Chiesa?

FRANCA MANGIAVACCA.

In una occasione sì, in una occasione ho sentito io la telefonata ed era una telefonata che aveva questo significato: "mi informo e ti faccio sapere". Cioè Pecorelli aveva fatto una domanda relativa alle Brigate Rosse, ad operazioni delle Brigate Rosse, non so a comunicati e quanto altro, e aveva fatto questa domanda all'Onorevole Carenini, e da lui aveva avuto questa risposta. Siccome sappiamo che Carenini e Dalla Chiesa...

DIFESA IMPUTATO ANDREOTTI (AVV. COPPI).

Si fermi, però lei più di questo non ci può dire?

FRANCA MANGIAVACCA.

No.

DIFESA IMPUTATO ANDREOTTI (AVV. COPPI).

Cioè non è in grado di dirci se Carenini poi si è rivolto a Dalla Chiesa.

FRANCA MANGIAVACCA.

No, no.

DIFESA IMPUTATO ANDREOTTI (AVV. COPPI).

E poi se ci sia stato il ritorno?

FRANCA MANGIAVACCA.

Il ritorno c'è stato, però non so il passaggio intermedio.

DIFESA IMPUTATO ANDREOTTI (AVV. COPPI).

Quindi insomma, in sostanza, la domanda che le ho posto inizialmente, se Dalla Chiesa, abitualmente o sporadicamente o qualche volta abbia trasmesso notizie all'Avvocato Pecorelli, lei non è in grado di rispondere?

FRANCA MANGIAVACCA.

Non sono in grado di rispondere.

DIFESA IMPUTATO ANDREOTTI (AVV. COPPI).

E lei è in grado di rispondermi in particolare a questo, e cioè se comunque, al di l… delle notizie non trasmesse, il Generale Dalla Chiesa avesse promesso all'Avvocato Pecorelli di fargli pervenire documentazione riservata e - tanto per uscir fuori di perifrasi - un memoriale, ancora non noto, non pubblicato, Moro?

FRANCA MANGIAVACCA.

Non mi risulta.

DIFESA IMPUTATO ANDREOTTI (AVV. COPPI).

Le risulta che il Generale Dalla Chiesa e l'Avvocato Pecorelli abbiano peregrinato in automobile per l'Italia, in operazioni che comportavano anche visite nelle carceri, per vedere, verificare, trovare questo famoso Memoriale Moro? Gliene ha mai parlato l'Avvocato Pecorelli?

FRANCA MANGIAVACCA.

Non mi risulta.

DIFESA IMPUTATO ANDREOTTI (AVV. COPPI).

Nè l'Avvocato Pecorelli gliene ha mai parlato?

FRANCA MANGIAVACCA.

Non me ne ha mai parlato

La teste Mangiavacca ha anche testimoniato sul fatto che, al di la’ dell’esistenza o meno di un rapporto in ordine al quale essa ha potuto soltanto fare deduzioni e formulare ipotesi, cio’ che invece le risultava direttamente e’ che tra il Gen. Dalla Chiesa ed il giornalista Pecorelli, lungi dall’esservi uno scambio di informazioni come la testimonianza dell’Incandela vorrebbe far credere, vi era per contro piu’ di una ragione di contrasto a causa degli attacchi giornalistici di cui il primo era fatto oggetto sulla rivista diretta dal Pecorelli:

DIFESA IMPUTATO VITALONE (AVV. TAORMINA).

A lei risulta che ci fosse uno scambio di informazioni utili, dal rispettivo angolo visuale, tra Dalla Chiesa e Pecorelli?

FRANCA MANGIAVACCA.

Non mi risulta, a meno che ci possa essere stato il collegamento, che ho segnato questa mattina, con la triangolazione Pecorelli - Dalla Chiesa - Carenini, ma è una triangolazione, ipotetica, ma non mi risulta che abbia poi incontrato e contattato e ricevuto da Dalla Chiesa altre informazioni.

DIFESA IMPUTATO VITALONE (AVV. TAORMINA).

E che ne abbia date? Che ne abbia potute dare?

FRANCA MANGIAVACCA.

Ma, no, perchè sicuramente le scriveva, e non le dava, nè al telefono, non si metteva a fare l'informatore. L'articolo: "Meglio la gallina domani", e successivamente la lettera "Amen", non credo che abbiano fatto grande piacere a Dalla Chiesa, sicchè le cose non sono filate giuste, gli ha dato fastidio. E se, per ipotesi, vogliamo considerare - è un'ipotesi che è stata fatta da tutto il mondo - che Dalla Chiesa avesse avuto il memoriale completo, cioè l'ha fatta Buscetta mi pare, comunque, allora che Dalla Chiesa avesse posseduto il memoriale per intero e lo avesse passato al Senatore Andreotti prima di darlo alla Magistratura, questo sicuramente a Dalla Chiesa non ha fatto piacere, perchè Pecorelli su quell'argomento c'era ritornato tante volte e Dalla Chiesa si vedeva messo alla berlina e anche con rischio che venisse scoperto un segreto che a lui non faceva certamente comodo. Quindi, proprio da qui nasce, secondo me, un conflitto e non ritengo possibile quello che mi sta dicendo lei, cioè che potesse dare fastidio alla Banda della Magliana perchè Pecorelli dava fastidio a Dalla Chiesa, e quindi c'è stato un allontanamento. Inoltre c'è stato un altro episodio relativo al caso Viglione.

DIFESA IMPUTATO VITALONE (AVV. TAORMINA).

Di cui si è interessato Pecorelli.

FRANCA MANGIAVACCA.

Si era interessato moltissimo. Allora, non è che fosse favorevole quel servizio a Dalla Chiesa.

DIFESA IMPUTATO VITALONE (AVV. TAORMINA).

Però c'è stato un periodo in cui i rapporti erano...

FRANCA MANGIAVACCA.

Non era favorevole a Dalla Chiesa, fino al 20 ottobre, quando Pecorelli comincia a scrivere che il memoriale non è completo, quello lo scrive e dice: mancano alcune cose, insiste su altri discorsi, al fatto che erano sparite le bobine, fa dei riferimenti e sono pericolosi per Dalla Chiesa, gli danno fastidio.

La conferma della tensione verosimilmente esistente tra il Gen. Dalla Chiesa ed il giornalista Carmine Pecorelli si trae peraltro, oltre che dai numerosi articoli riguardanti il memoriale Moro (del quale appresso ci si occupera’) proprio dalla pubblicazione avvenuta sul notiziario OP del 13 marzo 1979 (dunque poche settimane dopo il presunto incontro notturno raccontato da Incandela ed appena pochi giorni prima dell’omicidio) di un articolo contenente un esplicito e violento attacco al Generale (cfr. copia acquisita all’udienza del 19 dicembre 1998).

Si tratta dell’articolo intitolato "IL GENERALE PRENDE L’AEREO" nel quale si da’ conto della decisione del Ministero dell’Interno di porre a disposizione del Gen. Dalla Chiesa un aereo Dassault Mystere 20 del valore di acquisto di 2.600 milioni di lire e del costo annuale (manutenzione ed uso) di circa un miliardo di lire.

L’articolo contiene una serie di notizie riguardanti presunte indagini a carico di personaggi che erano stati ospitati a bordo del velivolo (Lamberto Baviera, Giorgio Panizzon) e si conclude affermando che il Gen. Dalla Chiesa "non sapeva che si sarebbe venuto a trovare in cosi’ buona compagnia" e che egli avrebbe comunque dovuto conoscere "le schede dei suoi accompagnatori".

Riesce allora poco credibile che il Pecorelli possa essere stato in rapporti amichevoli e possa avere scambiato documenti ed informazioni solo poche settimane prima con una persona oggetto di attacchi cosi’ espliciti.

Per mera completezza di esposizione giova peraltro evidenziare che anche il teste On. Egidio Carenini, ovvero colui che nella prospettazione accusatoria avrebbe fatto da tramite per incontri tra Pecorelli e Dalla Chiesa, esaminato al dibattimento a Perugia (udienza del 19 aprile 1997), ha escluso la circostanza in modo assolutamente netto, senza che siano emerse ragioni che possano fare ipotizzare una menzogna del teste sul punto.

Egli ha riconosciuto di essere stato legato da un intenso rapporto di amicizia al Gen. Dalla Chiesa, frequentandolo ed incontrandolo assiduamente, e di avere altresi’ conosciuto Carmine Pecorelli:

PUBBLICO MINISTERO (DOTT. CANNEVALE).

Lei ha conosciuto anche il Generale Dalla Chiesa?

EGIDIO CARENINI. Io ero amico del Generale Dalla Chiesa, ero amico fin dall'epoca che lui era Capitano e poi stette per diversi anni con il grado di Maggiore a Milano e l'amicizia si intensificò e rimase amico fino a quando morì.

PUBBLICO MINISTERO (DOTT. CANNEVALE).

Quindi lei dove lo ha conosciuto?

EGIDIO CARENINI.

Il Generale a Milano.

PUBBLICO MINISTERO (DOTT. CANNEVALE).

Lo frequentava abitualmente?

EGIDIO CARENINI.

Assiduamente ci vedevamo, sì e soprattutto negli ultimi anni, ma anche prima quando aveva la prima moglie, la signora Dora, ci vedevamo però anche molto dopo, perchè lui concluse la carriera a Palermo, prima di Palermo stette a Roma, ma fu a Milano anche come Comandante della divisione Pastrengo per un anno e mezzo o due e quindi in quell'epoca vivendo nella stessa città stabilmente i rapporti si erano intensificati.

……

PUBBLICO MINISTERO (DOTT. CANNEVALE).

Vorrei subito venire ad una circostanza particolare della quale lei ha già notizia perchè è stata già chiesta. Lei ha mai frequentato Pecorelli e Dalla Chiesa contemporaneamente? E' stato a cena con loro insieme?

EGIDIO CARENINI.

No, io non lo ricordo assolutamente.

PUBBLICO MINISTERO (DOTT. CANNEVALE).

Quindi non ricorda se è stato lei a presentare l'uno all'altro.

EGIDIO CARENINI.

No, io non ho mai frequentato contemporaneamente..., non sono mai stato in incontri che ci fosse la presenza di tutti e due.

PUBBLICO MINISTERO (DOTT. CANNEVALE).

Quindi lei certamente non ha mai partecipato ad un incontro nel quale fossero presenti sia Pecorelli che Dalla Chiesa, questo lo esclude.

EGIDIO CARENINI.

Perfettamente, perfettamente.

PUBBLICO MINISTERO (DOTT. CANNEVALE).

Ricorda se li presentò o li mise in contatto anche, che può essere anche una cosa diversa.

EGIDIO CARENINI.

Non lo ricordo assolutamente.

PUBBLICO MINISTERO (DOTT. CANNEVALE).

Può escluderlo questo?

EGIDIO CARENINI.

Non escludo, ma non lo ricordo assolutamente, non ricordo nessun particolare che mi porti a questa conclusione.

Cio’ che emerge con assoluta chiarezza, anche nel corso del controesame, e’ che l’On. Carenini ha sostanzialmente escluso di essere stato il promotore di un incontro o di una conoscenza tra i due:

PUBBLICO MINISTERO (DOTT. CANNEVALE).

Però ha detto che non esclude di aver messo a contatto Pecorelli con Dalla Chiesa.

EGIDIO CARENINI.

No, Pecorelli e Dalla Chiesa io non li ho mai messi in contatto, ma io non ricordo che Pecorelli a me abbia chiesto di essere messo in contatto con Dalla Chiesa, perchè sia l'uno che l'altro avevano mille possibilità, siccome tutte e due, uno nell'istituzione e l'altro perchè faceva il giornalista, avevano molte altre vie dirette senza rendere informato me, perchè un conto è l'amicizia e un conto è venir meno ai propri doveri.

PUBBLICO MINISTERO (DOTT. CANNEVALE).

Ho voluto controllare, ma questa dichiarazione dell'8 maggio del 1993 delle ore 16.20, che lei mi ha confermato qualche minuto fa, è di questo tenere: "Il signor Carenini fa presente di essere certo di non aver partecipato ad un incontro con Dalla Chiesa e Pecorelli, ma di non essere in grado di ricordare se mise in contatto i due". Se Pecorelli non le ha mai nemmeno chiesto di essere messo a contatto con nessuno, non con il Generale Dalla Chiesa, ma con nessuno proprio al mondo, come fa a dire che non esclude di averlo messo in contatto con Dalla Chiesa?

EGIDIO CARENINI.

Signor Pubblico Ministero, se lei me lo consente, io rispondo con buon senso e con logica, naturalmente tenendo come base la verità delle domande che lei mi fa, lei mi chiese se Pecorelli mi ha chiesto di essere messo in contatto con le forze dell'ordine o cose di questo genere, questo lo escludo.

PUBBLICO MINISTERO (DOTT. CANNEVALE).

Io ho parlato in linea del tutto generale, ho parlato di argomenti di suo interesse e di persone che potevano aiutarlo a scrivere, a ricostruire dei fatti.

EGIDIO CARENINI.

No, anche perchè poi le devo dire che forse era più in grado lui di mettere in contatto me perchè ad esempio prima lei mi accennava ai rapporti con il Generale Mino, io non ho mai avuto alcun rapporto con il Generale Mino, che era il Comandante dell'Arma in Italia, mentre so che Pecorelli aveva rapporti non dico di amicizia, ma di buona frequentazione.

……

DIFESA PARTE CIVILE (AVV. FERRAZZA). So che ripeto la domanda, ma non organizzò lei un appuntamento tra Dalla Chiesa e Mino Pecorelli?

EGIDIO CARENINI.

No.

E la smentita del teste On. Carenini, risultato assai vicino ai due principali protagonisti della vicenda, e’ intervenuta su ogni minimo aspetto della ricostruzione accusatoria fondata sulla testimonianza del Mar. Incandela:

DIFESA IMPUTATO ANDREOTTI (AVV. BONGIORNO).

Lei ha detto di essere stato amico sia di Pecorelli sia di Dalla Chiesa; io fino ad ora le ho fatto domande relative ai suoi rapporti con Pecorelli, cioè se Pecorelli le aveva chiesto delle cose. Adesso, può essere che sembrano domande simili, però questa volta le chiedo con riferimento alla fonte Dalla Chiesa. Dalla Chiesa le ha mai detto di essersi incontrato, una notte, con Pecorelli e Incandela e nel corso di questo incontro, è la domanda di prima, le ha mai detto che si sarebbe parlato di carte relative al sequestro Moro, che sarebbero dovute essere all'interno del carcere di Cuneo?

EGIDIO CARENINI.

Assolutamente no.

DIFESA IMPUTATO ANDREOTTI (AVV. BONGIORNO).

Sempre Dalla Chiesa le disse se lui era entrato in possesso del Memoriale Moro o comunque di carte relative al sequestro Moro, diverse da quelle sequestrate ufficialmente e di averle consegnate a Pecorelli?

EGIDIO CARENINI.

No, assolutamente no,

……

DIFESA IMPUTATO ANDREOTTI (AVV. BONGIORNO).

Andiamo avanti. Pecorelli le disse mai di essere amico e di avere rapporti con Dalla Chiesa?

EGIDIO CARENINI.

No.

DIFESA IMPUTATO ANDREOTTI (AVV. BONGIORNO).

E Dalla Chiesa le disse mai di avere rapporti o di essere amico di Pecorelli?

EGIDIO CARENINI.

Assolutamente no.

DIFESA IMPUTATO ANDREOTTI (AVV. BONGIORNO).

Dalla Chiesa le disse mai di avere consegnato il Memoriale Moro all'Onorevole Evangelisti in una notte?

EGIDIO CARENINI.

No, no, l'ho letto anche io.

Risulta allora strano che ne’ Pecorelli, ne’ Dalla Chiesa abbiano mai ritenuto di parlare al loro comune amico dell’esistenza almeno di un rapporto di conoscenza tra essi.

Rapporto che e’ stato peraltro escluso anche da altri testi escussi al dibattimento di Perugia ove tale tema di prova, come e’ ovvio, ha avuto un approfondimento maggiore (i relativi verbali sono stati prodotti dalle parti nel presente processo).

E cosi’ Sciarrone Santo, collaboratore per lunghi anni dell’On. Carenini, ne ha confermato la testimonianza sia in ordine ai rapporti di buona amicizia del parlamentare con Pecorelli e con Dalla Chiesa, sia in merito alla inesistenza invece di rapporti diretti tra questi ultimi:

PUBBLICO MINISTERO (DOTT. CARDELLA).

Le risulta che Carenini conoscesse il giornalista Mino Pecorelli?

SANTO SCIARRONE.

Sì, sì.

PUBBLICO MINISTERO (DOTT. CARDELLA).

Sa che rapporti c'erano tra il Carenini e il Pecorelli?

SANTO SCIARRONE.

Rapporti di buona amicizia, tanto che quando si era a Roma solitamente una volta a settimana ci si incontrava, magari c'ero anche io, oppure altri amici così, ad andare a cena assieme, quindi c'era un rapporto di amicizia direi.

PUBBLICO MINISTERO (DOTT. CARDELLA).

Le risulta che il signor Carenini conoscesse il Generale Dalla Chiesa?

SANTO SCIARRONE.

Sì, erano buoni amici.

PUBBLICO MINISTERO (DOTT. CARDELLA).

Si frequentavano?

SANTO SCIARRONE.

Sì, si frequentavano spessissimo sia a Milano e sia a Roma.

PUBBLICO MINISTERO (DOTT. CARDELLA).

Lei è a conoscenza di rapporti, rapporti di conoscenza anche, tra il Pecorelli e il Generale Dalla Chiesa?

SANTO SCIARRONE.

No, assolutamente.

PUBBLICO MINISTERO (DOTT. CARDELLA).

Non è a conoscenza?

SANTO SCIARRONE.

Assolutamente.

……

DIFESA IMPUTATO ANDREOTTI (AVV. BONGIORNO).

Allora chiariamo definitivamente che Carenini cenava sia con Dalla Chiesa, separatamente, sia con Pecorelli, separatamente.

SANTO SCIARRONE.

Sì.

DIFESA IMPUTATO ANDREOTTI (AVV. BONGIORNO).

Poi lei sa se vi è stato un incontro, organizzato da Carenini, tra Pecorelli e Dalla Chiesa?

SANTO SCIARRONE.

Non mi risulta assolutamente.

Di particolare rilevanza risulta anche la testimonianza del Colonnello dei Carabinieri Angelo Tateo, uno dei piu’ stretti collaboratori del Gen. Dalla Chiesa sin dagli anni 60 e soprattutto nel periodo della lotta al terrorismo (fu addetto alla sua segreteria dal maggio 1977 al gennaio 1980).

Proprio in ordine ai rapporti tra il Generale ed il giornalista Pecorelli il Col. Tateo all’udienza del 19 febbraio 1997 ha escluso in maniera netta ed inequivoca l’esistenza di incontri o contatti che, ove fossero realmente avvenuti, non avrebbero potuto svolgersi senza che egli ne fosse a conoscenza proprio per la funzione di filtro e di addetto alla sicurezza personale che il teste svolgeva per gli spostamenti e gli appuntamenti del Generale.

Per capire la natura del rapporto di fiducia e stima che legava il Dalla Chiesa al teste giova rammentare quali e quante pressioni il Generale opero’ per convincere il Tateo a seguirlo anche in occasione del nuovo incarico di Prefetto di Palermo (nel maggio del 1982), al punto da farlo sollecitare, invano, persino dal Presidente Pertini e dal Generale Valditara:

TATEO A.: ….continuai questa attività fino a che il generale Dalla Chiesa non venne nominato Prefetto di Palermo, cioè sotto la data del 6 Maggio del 1982 e qui si interruppe il rapporto.

P.M.: Ho capito. Quando il generale Dalla Chiesa fu nominato Prefetto di Palermo le propose di seguirlo a Palermo?

TATEO A.: Cioè... mi propose in maniera informale, cioè non fece mai una richiesta attraverso i canali.

P.M.: Cioè voglio dire, a lei parlando con lei direttamente.

TATEO A.: Sissignore.

P.M.: Le disse vieni con me a Palermo?

TATEO A.: Non parlando, insistendo.

P.M.: Insistendo.

TATEO A.: Insistendo e al mio, diciamo, chiamiamolo rifiuto, di seguirlo. ……Di seguirlo, perchè era nei miei programmi, finché il generale Dalla Chiesa fosse rimasto nell'Arma, e io... ormai c'era un rapporto che era doveroso non interrompere, ma nel momento in cui il generale Dalla Chiesa esce dall'Arma dei Carabinieri e entra... Mi scusi, signor Presidente io prima parlavo diretto là ma non.. capiterà più, mi scusi, io dissi io no, non la seguo più, lui non fece mai una richiesta formale di attraverso i canali. Per esempio, lui ne parlò, mi fece telefonare persino dal Presidente Pertini, che Pertini mi chiedeva Tateo, perchè tu non lo segui al generale Dalla Chiesa? Ma non lo posso seguire perchè è... il generale Dalla Chiesa adesso passa alle dipendenze del Ministero dell'Interno, io resto al Ministero Difesa, quindi resto nell'Arma dei Carabinieri, quindi non è possibile, stessa richiesta aveva fatto anche al generale Valditara perchè io lo seguissi, tantè che anche il generale Valditara mi chiamò e mi disse Tateo tu perchè non vai? Ci dissi, scusi generale, gli spiegai il perchè e non era possibile, o mi avesse fatto nominare vice Prefetto, e mi portava, Vice Prefetto vicario a Palermo con lui, allora uscivo anch'io dall'amministrazione, ma in quelle condizioni dire così, non potevo seguirlo, e così...

P.M.: E sa se il generale Dalla Chiesa si dolse di questa suo...

TATEO A.: Si, si dolse molto

……

P.M.: E.. che si dolse a questo da dove, da cosa le risulta, parlò con lei.

TATEO A.: Si, ne parlò molto con me, anzi, insomma riteneva che io l'avessi tradito insomma, non seguendolo a Palermo.

P.M.: Ho capito. Lei era addetto anche alla sua sicurezza, alla sicurezza di Dalla Chiesa?

TATEO A.: Certo.

TATEO A.: Che nel momento in cui il generale Dalla Chiesa lasciasse, avesse lasciato l'Arma si interrompeva il mio rapporto di collaborazione diretta, perchè io sono sempre un uomo, sempre un uomo con il quale ho vissuto e ho lavorato per 27 anni, non per un giorno.

Orbene, sul tema specifico dei rapporti che si assume essere stati intrattenuti dal Gen. Dalla Chiesa con il giornalista Pecorelli, il Col. Tateo ha fornito l’ennesima smentita peraltro in termini di "assoluta certezza", limitandosi soltanto ad affermare sostanzialmente che il Generale conosceva il giornalista come chiunque altro, potendolo anche avere occasionalmente incontrato in cerimonie o manifestazioni, ma che non aveva mai avuto alcun rapporto diretto e riservato, appuntamento o contatto telefonico con lui:

P.M.: Sa se il generale Dalla Chiesa conosceva il giornalista Carmine Pecorelli?

TATEO A.: Dunque per quanto riguarda il giornalista Pecorelli, il generale Dalla Chiesa, per quanto risulta a me, non solo, cioè chiaramente chi è che non conosceva il Pecorelli? Io stesso del giornale OP che era quel famoso giornale scandalistico, io mi feci la raccolta di questo, perchè dissi, ma chissà un giorno non sarà utile pure questa, questo materiale, così a fini... ma il generale Dalla Chiesa non ha... non ebbe mai un contatto, nemmeno telefonico, con il Pecorelli. Questo lo posso affermare con assoluta certezza perchè io ero, non solo addetto alla sicurezza ma ero l'ufficiale addetto, per cui qualsiasi chiamata giungesse al generale, di persone che volessero parlare con lui, assolutamente tramite me, lui non si fidava di nessuno; ero la persona a cui il generale Dalla Chiesa diceva, potete parlare tranquillamente al maggiore Tateo, allora ero maggiore, e quindi ero la persona di piena fiducia perchè godevo della fiducia di Dalla Chiesa.

P.M.: Senta,il 20 Agosto del 1994 lei è stato sentito dal P.M.. è stato sentito su delega del P.M., anzi dal P.M. di Perugia, Fausto Cardella.

TATEO A.: Ma nel '94 o '95?

P.M.: '94, 20 Agosto '94.

TATEO A.: Si.

P.M.: E ha rilasciato una dichiarazione che mi sembra differente, che ora le leggo. La domanda è se le risultava Dalla Chie... se Dalla Chiesa conoscesse Pecorelli. Lei ha risposto: certamente il generale Dalla Chiesa conosceva il giornalista Carmine Pecorelli, ma con lui non ha mai avuto alcun rapporto, non escludo che possano essersi incontrati in occasioni ufficiali o casuali, ma se il generale avesse avuto con il Pecorelli rapporti personali di qualsiasi natura, certamente ne sarei a conoscenza, perchè come ho detto ero io che fungevo da filtro del generale per i suoi spostamenti e per i suoi appuntamenti, quindi lei come dire stamat...

TATEO A.: Io confermo in pieno.

……

P.M.: E no mi scusi allora dobbiamo chiarire. Perchè qui nel verbale del 20 Agosto del '94 lei dice non escludo che possano essersi incontrati in occasioni ufficiali o casuali.

TATEO A.: Ecco.

P.M.: Stamattina lei invece esclude che possano essersi incontrati.

TATEO A.: No, no, non ho completato, mi scusi, io.. cioè confermo quello in pieno, perchè nelle cerimonie ufficiali dove vengono invitati in tanti e se... non posso escludere che lui l'abbia incontrato, ma che l'abbia incontrato in condizioni diverse, cioè che era venuto in ufficio o che avesse avuto contatti telefonici, questo io lo escludo nella maniera più assoluta perchè mai il generale Dalla Chiesa ebbe..

P.M.: Scusi, ma e se l'avesse incontrato fuori dall'ufficio.

PRESIDENTE: Il generale Dalla Chiesa?

TATEO A.: Fuori dall'ufficio? Ma per incontrarlo fuori dall'ufficio ritengo che avrebbe dovuto avere prima l'incontro, il contatto con me per fissargli l'appuntamento e poi, ecco, e questo... in questo sta la cerimonia ufficiale, cioè dove occasionalmente si ci incontra, ma non preordinatamente.

……

AVV. SBACCHI: Per meglio dire. Senta a proposito di Pecorelli, le risulta che il generale Dalla Chiesa abbia incontrato Pecorelli?

TATEO A.: A me non risulta incontri di.. con Pecorelli, come dico, salvo, salvo che non si tratta di quel tipo di incontri in cerimonie ufficiali, dove tutti hanno invitati.

AVV. SBACCHI: Mi scusi, io ho l'elenco di quello che ha detto lei. Mi sentirei, pertanto di escludere, leggo la premessa, perchè è... mi scusi, è un pò lunga la lettura altrimenti non si comprende. La domanda era questa: le risulta che il generale Dalla Chiesa conoscesse il giornalista Carmine Pecorelli? Risposta, certamente il generale Dalla Chiesa conosceva il giornalista Carmine Pecorelli ma con lui non ha mai avuto alcun rapporto, non escludo che possano essersi incontrati in occasioni ufficiali o casuali, ma se il generale avesse avuto con il Pecorelli rapporti personali di qualsiasi natura certamente ne sarei a conoscenza perchè, come ho detto, ero io che fungevo da filtro del generale per i suoi spostamenti e per i suoi appuntamenti; tra l'altro tra i miei compiti vi era anche quello di curare la sicurezza personale del generale 24 ore su 24, nel senso che ha chiarito poc'anzi, e pertanto dovevo necessariamente conoscere con congruo anticipo tutti i suoi spostamenti per predisporre idoneo servizio di sicurezza, ancorché in maniera discreta. Mi sentirei pertanto di escludere il generale possa avere incontrato il Pecorelli a mio insaputa. Rafforza questa mia opinione il fatto che quando giunse la notizia dell'omicidio del giornalista, il generale non fece alcun commento particolare, mostrando di non avere alcun particolare interesse all'evento, nemmeno quello che normalmente si prova.

……

AVV. SBACCHI: Si, quindi lei conosceva tutti i movimenti del Generale.

TATEO A.: Si.

AVV. SBACCHI: Ora dicevo, per quanto riguarda, diciamo in privato, se il generale, per esempio era ospite di qualcuno a cena, a pranzo, queste cose lei le sapeva pure?

TATEO A.: Si.

AVV. SBACCHI: Quindi sapeva, sapeva anche questo, quindi diciamo che non c'era nulla che sfuggisse o che potesse sfuggire a lei.

TATEO A.: Certo.

AVV. SBACCHI: Esatto?

TATEO A.: Si.

AVV. SBACCHI: E questo per cinque anni, fino al 5 Maggio del 1982, se ho capito bene.

TATEO A.: Si.

Il Col. Tateo ha altresi’ confermato il carattere particolarmente intenso del rapporto esistente tra il Gen. Dalla Chiesa e l’On. Carenini riferendo proprio sui continui contatti tra i due:

P.M.: Il generale Dalla Chiesa conosceva Egidio Carenini?

TATEO A.: Si.

P.M.: Che cosa sa di questa conoscenza?

TATEO A.: Io, siccome si incontrava con Egidio Carenini e parlando mi disse una volta, una volta, più volte, perchè il contatto era continuo, di notte di giorno, perchè con Dalla Chiesa qualsiasi cosa quando era fuori chiamava me, il ché manteneva questi contatti con Egidio Carenini perchè Carenini gli forniva delle informazioni.

P.M.: Informazioni di che tipo?

TATEO A.: Eh del campo della politica evidentemente, perchè essendo lui un deputato.

PRESIDENTE: Un deputato di quale partito?

TATEO A.: Della Democrazia Cristiana.

PRESIDENTE: Prego.

P.M.: Lei sa se hanno pranzato o cenato qualche volta insieme?

TATEO A.: Col Carenini? Si, accompagnato da me che rimanevo a fare la sicurezza.

Deve allora in conclusione rilevarsi come tutto il racconto del teste Incandela sia rimasto privo di ogni necessario utile riscontro atto a confermarne l’attendibilita’ risultando per contro, oltre che ripetutamente confuso e contraddittorio, anche smentito in maniera decisiva ed inequivoca dal complessivo esito di ogni indagine svolta.

Ai fini della conferma della tesi accusatoria risulta privo di rilievo decisivo anche l’altro elemento di riscontro dedotto dal P.M., ovvero la deposizione del teste On.Franco Evangelisti, gia’ stretto collaboratore dell’imputato.

In ordine alla natura ed alla intensita’ dei rapporti esistenti all’epoca dei fatti tra l’On. Giulio Andreotti e l’On. Franco Evangelisti e tra essi ed il Gen. Dalla Chiesa giova rammentare proprio la deposizione del teste Col. Tateo:

P.M.: E la domanda era, il generale Dalla Chiesa conosceva l'onorevole Evangelisti?

TATEO A.: Si.

P.M.: E che tipo di rapporto c'era?

TATEO A.: In pratica il generale Dalla Chiesa contattava il.. l'Evangelisti quando doveva chiedere incontri con il Presidente Andreotti.

P.M.: Non si rivolgeva alla segreteria di Andreotti per avere un appuntamento con Andreotti?

TATEO A.: No, normalmente lui si rivolgeva, il suo tramite era Evangelisti, non so il perchè, ed Evangelisti poi dava la risposta dell'incontro, cioè lui faceva la richiesta, evidentemente ad Evangelisti, poi dava... normalmente Evangelisti dava la risposta ed era autorizzato da Dalla Chiesa a darla a me, quindi l'incontro poi in pratica cioè passava tramite me.

P.M.: Ho capito. Quindi quando Dalla Chiesa voleva parlare con Andreotti si rivolgeva ad Evangelisti, no, alla segreteria di Andreotti.

TATEO A.: Ad Evangelisti, esatto.

P.M.: E accadeva che Dalla Chiesa si rivolgesse ad Evangelisti per parlare con Andreotti direttamente senza passare attraverso di lei?

TATEO A.: Lo cercava, faceva la richiesta, la faceva direttamente ad Evangelisti e poi io di ritorno, e lui mi avvisava, ci ho chiesto, sapevo che lui voleva, doveva, voleva andare da Andreotti e diceva, va bè poi ti darà la risposta, e quindi, dice, prendi nota del...

………

AVV. SBACCHI: Cioè, quando andava dal Presidente, cioè Evangelisti che funzione... che ci faceva in questo tramite.

TATEO A.: Non l'ho mai capito francamente, perchè si rivolgesse ad Evangelisti e non alla segretaria.

AVV. SBACCHI: No, non era questo. Si.

TATEO A.: Mentre quando andava da Fanfani, per esempio, l'appuntamento lo prendeva attraverso la segretaria, perchè il, questo appuntamento avveniva attraverso Evangelisti non sono in grado di dirglielo.

AVV. SBACCHI: Quindi lei che cosa sa allora di diretto su questi appuntamenti.

TATEO A.: Che gli appu... che il generale telefonava ad Evangelisti per avere l'appu... l'incontro con Andreotti.

AVV. SBACCHI: Si.

TATEO A.: E poi diceva a me, ho parlato con Evangelisti, ho chiesto di andare dal Presidente, mi... darà la risposta a te, mi fai sapere. Perchè poi lui magari partiva no? E allora io lo chiamavo e gli dicevo, quell'incontro è il giorno tot, alle ore tot.

Orbene, interrogato dal P.M. il 28 maggio 1993 (il relativo verbale e’ stato acquisito al fascicolo del dibattimento quale atto irripetibile stante l’intervenuto decesso del teste), Franco Evangelisti ha dichiarato:

Ero molto amico del Gen. Dalla Chiesa, e questi si incontrava spesso con il sen. Andreotti, nel periodo in cui (questi) era Presidente del Consiglio ed io ero Sottosegretario alla Presidenza. Gli appuntamenti passavano in genere per mio tramite. All’epoca, segretaria di Andreotti era la sig.ra Muzi, però Dalla Chiesa preferiva rivolgersi a me. Per ciò che concerne la storia del memoriale, ricordo che Dalla Chiesa, venutomi a trovare verso le due di notte, mi fece leggere un dattiloscritto di circa 50 pagine, nelle quali si parlava anche di me, e mi disse che proveniva da Moro, e che il giorno successivo lo avrebbe consegnato ad Andreotti. Nel memoriale ricordo che si diceva che Andreotti avrebbe dovuto fidarsi di me. Non ho poi saputo se effettivamente il Dalla Chiesa si sia recato da Andreotti.

Tale ultima affermazione veniva confermata dal teste al P.M. l’1 luglio successivo:

Per cio’ che concerne l’incontro con il Gen. Dalla Chiesa mi sembra importante sottolineare che il Generale spesso modificava i suoi programmi per ragioni di sicurezza; e’ quindi possibile che, dopo l’incontro notturno con me, non si sia recato dal Presidente Andreotti

Nel corso del successivo confronto sostenuto con il Sen. Andreotti (cfr. verbale del 21 settembre 1993 in fascicolo atti irripetibili) l’On. Evangelisti precisava che quella notte il Gen. Dalla Chiesa gli aveva mostrato il dattiloscritto ma si era limitato a leggergli un passo di un "foglietto" contenente alcuni pensieri di Moro sul conto di esso teste:

…non mi ricordo piu’ niente, va bene cosi’ guardi improvvisamente venni…. era tardi, io dormivo sara’ stato dopo mezzanotte, l’una, non posso ricordarmi, venne e mi disse "qui parla bene di lei", adesso non mi ricordo se mi dava del tu o del lei, non mi ricordo… molto contento "adesso leggero’ quello che c’e’ scritto qua", invece legge un foglietto non piu’ grande di cosi’ e mi disse "adesso lo faro’ vedere al Presidente, domani io lo vedo", ma siccome Dalla Chiesa cambiava sempre itinerario per ragioni di sicurezza, dice che prendeva il treno e poi prendeva la macchina… depistava tutti quelli che volevano … io non ho visto mai che ci sia andato poi il giorno dopo, non lo so …(incomprensibile) ho detto che lui mi disse "domani andro’" poi se c’e’ andato ….

…era un fascicolo di una settantina di pagine, penso io cosi’ alto … (incomprensibile) io non ho mai saputo che ci fosse scritto, non l’ho letto….mi ha fatto vedere il foglietto dove c’era di me e basta … tutte parole belle … che ero bravo, ero fedele eccetera…

Il teste dunque ha riferito di una visita notturna fattagli dal Gen. Dalla Chiesa il quale gli aveva in quell’occasione anticipato che la mattina successiva avrebbe consegnato al Presidente Andreotti le carte di Moro che erano state recuperate nel 1978 all’interno del covo delle Brigate Rosse in via Montenevoso a Milano.

Ed ha aggiunto che il Gen. Dalla Chiesa gli aveva mostrato quel documento composto da circa 50 o 70 fogli dattiloscritti asseritamente provenienti da Moro.

Nell’occasione Evangelisti riferiva di avere dato una occhiata a quelle carte e che vi era un brano nel quale si accennava al fatto che Andreotti avrebbe dovuto fidarsi dell’On. Evangelisti.

Effettivamente nei dattiloscritti rinvenuti e poi pubblicati nel 1978 vi e’ un passaggio nel quale Moro sembra accennare implicitamente, pur senza menzionarlo, all’On. Evangelisti, all’epoca del sequestro Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio e da sempre considerato uno dei più stretti collaboratori dell’imputato:

... Perché Ella, On. Andreotti, ha un uomo non di secondo, ma di primo piano con lei; un loquace, ma un uomo che capisce e sa fare. Forse, se lo avesse ascoltato, avrebbe evitato di fare tanti errori nella sua vita....

In merito alla documentazione che il teste Evangelisti sostiene di avere visionato quella notte per essergli stata mostrata dal Gen. Dalla Chiesa, deve subito rilevarsi come si trattava, per esplicita affermazione del teste, di un dattiloscritto di circa 50 o 70 pagine.

Tale indicazione trova puntuale riscontro nel contenuto del verbale della perquisizione operata dai CC all’interno del covo di via Montenevoso l’1 ottobre 1978.

In quell’occasione vennero infatti rinvenute 78 pagine dattiloscritte:

  • 29 pagine che costituivano la trascrizione di 27 lettere scritte da Aldo Moro;
  • altre 49 pagine dattiloscritte che corrispondevano alla trascrizione del cosiddetto memoriale scritto durante l’"interrogatorio" dell’On.Aldo Moro condotto dalle Brigate Rosse.

Tali 49 pagine dattiloscritte sembrano dunque corrispondere al "dattiloscritto di circa 50 pagine" di cui ha parlato il teste Evangelisti nella sua deposizione.

Puo’ dunque trarsi una prima conclusione.

I documenti mostrati dal Gen. Dalla Chiesa ad Evangelisti erano proprio quelli rinvenuti nel 1978 e non erano pertanto dei manoscritti, di guisa che nulla autorizza ad affermare che al teste siano stati mostrati documenti rinvenuti e sottratti nel covo di Milano.

E proprio in forza di tale rilievo quindi non puo’ affermarsi, sulla base della deposizione del teste Evangelisti, che sia stata acquisita la prova, posta dal P.M. a fondamento di tutta la tesi accusatoria, che il Gen. Dalla Chiesa abbia sottratto nel 1978 dal covo di via Montenevoso documenti mai consegnati all’A.G..

Giova invero rammentare che dodici anni dopo quella irruzione nel covo di via Montenevoso, nel 1990, vennero ritrovati, occultati in una intercapedine dietro un pannello di gesso, oltre ad armi, munizioni e denaro, anche le fotocopie di 421 fogli, ed in particolare due dattiloscritti e 419 manoscritti, costituenti le lettere ed il memoriale scritti da Aldo Moro durante il sequestro.

Delle 419 pagine manoscritte 190 sono fotocopie di lettere e documenti mentre 229 costituiscono il resoconto degli "interrogatori" scritto dallo stesso Aldo Moro.

Se dunque Evangelisti vide circa 50 fogli dattiloscritti e’ indubbio che si trattava di parte delle carte rinvenute nel 1978.

Del resto il Gen. Nicolo’ Bozzo all’udienza del 19 febbraio 1997 ha confermato che Dalla Chiesa, la sera dell’1 ottobre 1978, dopo essersi recato nel covo delle BR in via Montenevoso, partì per Roma (ove in effetti egli stesso lo rintracciò telefonicamente il giorno successivo) e che il memoriale dattiloscritto ritrovato nel covo era appunto costituito da una cinquantina di pagine:

P.M.: Qua, in base alla dichiarazione che lei ha reso l'11 Maggio del '93 sembrerebbe certo che Dalla Chiesa sia entrato nel covo di Montenevoso.

BOZZO N.: Si, ma io so che è entrato, è andato a Montenevoso.

P.M.: Eh, allora conferma questa dichiarazione.

BOZZO N.: Si, si, si, ora al momento non glielo so dire, ma che sia andato a Montenevoso...

P.M.: Il 1° Ottobre.

BOZZO N.: Si, si, si.

P.M.: Sull'orario quindi, c'è incertezza.

BOZZO N.: No, no, non lo so l'orario.

P.M.: Perfetto, ecco la domanda successiva è questa. Lei sa se quella stessa sera DALLA CHIESA si recò a Roma?

BOZZO N.: No, io dunque dalla Monteperla mi sono portato in via della Moscova, in via della Moscova perchè c'era la sede della Sezione Speciale Anticrimine che aveva operato, avevo esaurito le mie incombenze e là ho trovato il colonnello MARROCCO con personale mio, della Sezione Anticrimine, stavano fotocopiando proprio quelli... i documenti. Io tra l'altro volevo dargli un'occhiata perchè ero incuriosito e MARROCCO mi ha detto, guarda, per l'amor di Dio, qui il ministro li ha chiesti, dobbiamo fotocopiarli e mandarli via. E gli ho detto ma la Magistratura è informata? Ma certamente.

P.M.: Uh, uh, uh!

BOZZO N.: Ecco, questo... circa le ore 20,00 del... del 1° Ottobre, il generale dov'é? E il generale è andato via.

P.M.: Quindi le dicono.

BOZZO N.: E' andato via.

P.M.: Alle venti del 1° Ottobre che il generale era andato via.

BOZZO N.: Si, si, è andato via, è andato via.

P.M.: E le hanno detto dove era andato?

BOZZO N.: No, no, no, no. Il generale poteva essere andato o a casa del figlio che abitava a Milano o a Torino dov'è abitazione lui, o direttamente a Roma, questo non lo so...

P.M.: Lei il 18 Giugno del '93 ha dichiarato sul punto "io arrivai a Milano verso le ore venti del 1° Ottobre"... Mi scusi, mi scusi, la leggo e poi mi fa le precisazioni. "Io arrivai a Milano verso le ore venti del 1° Ottobre '78, il generale DALLA CHIESA era già andato via, so che il generale si recò a Roma, ma non so se sia passato per Torino o sia andato direttamente a Roma."

BOZZO N.: E confermo.

P.M.: Questa è la dichiarazione...

BOZZO N.: Perchè il giorno dopo, il giorno dopo nel pomeriggio, quando lo chiamo...

BOZZO N.: Perchè ho detto Roma in quella deposizione, perchè il giorno dopo, nel pomeriggio, io lo cerco a Roma e mi risponde da Roma il generale.

PRESIDENTE: Ah, ecco.

P.M.: Ah!

BOZZO N.: Nel pomeriggio però.

P.M.: Ho capito.

PRESIDENTE: Pomeriggio del 2 Ottobre.

BOZZO N.: Pomeriggio del 2 Ottobre.

P.M.: Ho capito. Quindi ricapitolando, il pomeriggio del 2 Ottobre lei telefona a DALLA CHIESA e lo trova a Roma.

BOZZO N.: A Roma.

P.M.: Alle venti del 1° Ottobre.

BOZZO N.: Non c'è più.

P.M.: Non c'è più, quindi lei non sa se è andato a Roma la sera stessa oppure il giorno dopo.

BOZZO N.: Il giorno dopo.

P.M.: Quello che sa è che il giorno dopo lo trova a Roma.

BOZZO N.: Esatto, esatto.

P.M.: E' chiaro?

BOZZO N.: Si, si, chiaro, chiaro.

PRESIDENTE: Va bene, chiarito.

P.M.: Va bene. Lei sa se il generale DALLA CHIESA mostrò la documentazione che fu trovata nel covo di via Montenevoso, relativa a MORO, il memoriale, a EVANGELISTI, quella sera del 1° Ottobre?

BOZZO N.: No, no, non mi risulta, non lo so, non lo so, nè ho mai sentito parlare da... dal generale DALLA CHIESA di EVANGELISTI, mai...

P.M.: Perchè è un atto irripetibile già acquisito. EVANGELISTI sentito, ha dichiarato, perciò che concerne la storia del memoriale. "Ricordo che DALLA CHIESA venutomi a trovare verso le due di notte, verso le due di notte, mi fece leggere un dattiloscritto di circa 50 pagine, nelle quali si parlava anche di me e mi disse che proveniva da MORO e che il giorno successivo lo avrebbe consegnato ad ANDREOTTI." Il memoriale che trovaste in via Montenevoso di quante pagine era?

BOZZO N.: Quelle erano, una cinquantina.

P.M.: Una cinquantina di pagine.

BOZZO N.: Si, si, si.

P.M.: Comunque lei non sa questo episodio di cui riferisce Evangelisti.

BOZZO N.: No, no, assolutamente...

La versione del Gen. Bozzo e’ stata sostanzialmente confermata anche dall’On. Virginio Rognoni, all’epoca Ministro dell’Interno, il quale, esaminato all’udienza del 20 maggio 1998, ha precisato di avere ricevuto personalmente dal Gen. Dalla Chiesa che venne a trovarlo a Roma, pochi giorni dopo l’irruzione nel covo delle BR di via Montenevoso a Milano, una copia del dattiloscritto ivi rinvenuto e di averla lui personalmente portata in visione all’allora Presidente del Consiglio On.Andreotti.

Il teste ha altresi’ precisato che non vi fu alcuna sottrazione di carte e che d’intesa con il Pres. Andreotti, si decise l’integrale pubblicazione di tutti i documenti rinvenuti previa autorizzazione dell’A.G.:

ROGNONI VIRGINIO:

…… Ebbi notizia della irruzione di… del… dei carabinieri di DALLA CHIESA nel covo di via Montenevoso il 1° settembre del 1978. Mi telefonò di mattina presto, verso le 8 e mezza…

VOCE FUORI MICROFONO

ROGNONI VIRGINIO:

Prego? 1 settembre 1978… No, 1 ottobre, scusi, 1ottobre 1978.

PRESIDENTE:

1 ottobre.

ROGNONI VIRGINIO:

Ottobre, 1 ottobre, chiedo scusa. DALLA CHIESA da Milano mi telefonò, io mi trovavo a casa mia, a Pavia, e ci demmo appuntamento alla Caserma dei Carabinieri di Tortona, e mi spiegò l’operazione, l’operazione in corso. La mia preoccupazione era il Giudice, il Ma… il Giudice POMARICII. La Procura di Milano era sul… mi diceva il Generale DALLA CHIESA che era sul luogo. Ecco, questa è la notizia che io posso dare alla Corte circa il… l’episodio via Montenevoso del 1 ottobre del ’78.

PUBBLICO MINISTERO:

Senta, le risulta che le operazioni di perquisizione e di repertazione in via Montenevoso durarono 5 giorni?

ROGNONI VIRGINIO:

Non glielo so dire la durata di questo… Io so che successivamente il Generale DALLA CHIESA mi portò 49 pagine fitte fitte didel memoriale MORO a Roma, non se se due, tre, quattro giorni dopo.

PUBBLICO MINISTERO:

Gliele portò direttamente?

ROGNONI VIRGINIO:

Ecco, su questo punto qui non so se… perché mi… il gabinetto mi portò queste carte qua, se furono portate direttamente dal governo dal… dalla… dal Generale DALLA CHIESA al gabinetto per darle a me oppure… oppure se attraverso… attraverso la autorità giudiziaria. Io so che io decidetti, d’accordo con il Presidente del Consiglio, che queste carte dovessero essere rese pubbliche per evitare lo stillicidio di notizie false, tendenziose eccetera. E quindi io con… non so quando, forse verso… l’irruzione del co… nel covo fu del 1° ottobre del ’78… verso il 10 o il 12 ottobre ci fu una conferenza stampa da me tenuta al Viminale, la distribuzione alla stampa di queste 49 pagine del memoriale MORO. Ecco.

PUBBLICO MINISTERO:

Senta, a proposito di questo…

AVVOCATO COPPI:

Mi scusi, il Presidente del Consiglio era ANDREOTTI?

ROGNONI VIRGINIO:

Era ANDREOTTI.

………

PUBBLICO MINISTERO:

A proposito di stillicidio di notizie sulla stampa, lei ricorda se dal 1 ottobre… ha detto una data lei del 10 ottobre, no?

VOCE FUORI MICROFONO

PUBBLICO MINISTERO:

10 ottobre 1978: vi furono sulla stampa anticipazioni sul contenuto del memoriale MORO?

ROGNONI VIRGINIO:

Adesso non ricordo esattamente la stampa di quei giorni. Ci fu naturalmente grande… grande… grande sconcerto, grande… grande rumore sulla stampa in quel periodo. È proprio in ragione di questo che il governo decise di rendere pubbliche queste… queste… queste pagine del memoriale MORO.

………

PUBBLICO MINISTERO:

…… in questo dibattimento è stata acquisita anche la dichiarazione di Franco EVANGELISTI, allora sottosegretario alla Presidenza, il quale ha dichiarato che la notte in cui vi fu l’irruzione, non ricordo l’ora, verso l’1 o le 2 di notte se non ricordo male, il Generale DALLA CHIESA si recò da lui con questo memoriale che gli fece leggere velocemente. Gli disse anche che si parlava in qualche punto di lui, e gli disse che doveva mostrarlo… cercò di avere un appuntamento con ANDREOTTI. Ora, la domanda che io le faccio è: naturalmente suppongo che in quel periodo il Ministero degli Interni effettuasse un monitoraggio molto attento della stampa, cioè delle notizie che spuntavano sulla stampa; quando vi fu… intanto, questo articolo di BOCCA in cui si dava questa notizia molto forte, e cioè che DALLA CHIESA era venuto per mostrare il dossier ad ANDREOTTI… il Ministero degli Interni si attivò in qualche modo per verificare questa circostanza? Cioè, chiamaste BOCCA, lei ha chiesto ad ANDREOTTI? Perché certamente era un fatto, insomma, che andava fuori dall’ordinario regime di notizie che in quel…

……

ROGNONI VIRGINIO:

Dunque, io non ricordo l’articolo di BOCCA del ’78. Del fatto di cui è la testimonianza EVANGELISTI sono venuto a saperlo attraverso la lettura delle cronache giudiziarie. Il Generale DALLA CHIESA, che già aveva con me una consuetudine molto forte, una consuetudine molto forte, tanto che io presumo che nulla il Generale DALLA CHIESA dovesse tenere per sé, non in relazione al contenuto di quel famoso decreto, "il Generale deve riferire al Ministro dell’Interno"… anche, se volete, ma per un rapporto personale di fiducia: bene, il Generale DALLA CHIESA non mi parlò mai di averedi avere dato queste carte al Presidente del Consiglio. Le diede al Ministro dell’Interno, tanto che poi io li feci vedere al Presidente ANDREOTTI come era mio dovere di farle vedere al Presidente ANDREOTTI.

………

PUBBLICO MINISTERO:

Mi scusi, torno un attimo indietro, perché mi era sfuggita una domanda. Memoriale MORO, 1978…

ROGNONI VIRGINIO:

Ancora MORO?

PUBBLICO MINISTERO:

Sì, sì, sto tornando un attimo indietro. Lei quindi porta questo memoriale ad ANDREOTTI; le chiedo: ricorda se ANDREOTTI lesse questo memoriale in sua presenza?

ROGNONI VIRGINIO:

Io ricordo bene: quelle 49 pagine le portai ad ANDREOTTI nel suo ufficio privato di via Montidi piazza Montecitorio. Eravamo soli, ANDREOTTI in capo al tavolo, io di fronte. Gli diedi queste pagine e ANDREOTTI ne fece una lettura che a mio giudizio era una lettura piuttosto veloce. 49 pagine fitte fitte io ci ho impiegato più di un’ora e mezzo a leggerla. ANDREOTTI è stato piuttosto rapido nel leggere questa… questa… E niente, non… non… non fece alcun commento, perché nei giorni successivi si decise… perché questo avveniva …l’incontro con ANDREOTTI avveniva il 1° marz… il 1° settembre… il 1° ottobre è l’irruzione, credo 2, 3, qualche… il giorno dopo, il giorno… la decisione di rendere pubbliche le… le… queste 49 pagine di cui si parlò poc’anzi fu di qualche giorno dopo e… niente, io mi ero un po’ stupito della… della… della… come dire, della… della lettura piuttosto… piuttosto veloce che… che… che era… il Presidente ANDREOTTI faceva di quelle 49 pagine. Del resto queste cose io le scritte nel li… nell’88 – ’89 in quel libretto, "Interviste sul terrorismo".

……

AVVOCATO COPPI:

Dunque, innanzi tutto lei ha ricordato che le vennero consegnate queste famose 49 pagine da parte del Generale DALLA CHIESA. Queste 49 pagine era tutto quanto quello che le consegnò…

ROGNONI VIRGINIO:

Esatto.

AVVOCATO COPPI:

…che le consegnò il Generale DALLA CHIESA; lei ha potuto appurare in quella occasione o successivamente, direttamente o perché glielo ha detto DALLA CHIESA o per altre fonti che da quelle pagine ne fossero state sottratte alcune, che mancassero delle parti eccetera o per quanto lei ha potuto appurare si trattava esattamente delle 49 pagine prelevate dal Generale DALLA CHIESA dal covo?

ROGNONI VIRGINIO:

Erano esattamente le 49 pagine prelevate dal covo.

AVVOCATO COPPI:

Perfetto. Le pa… queste pagine poi sono state pubblicate, lei ha detto, perché lo stesso senatore ANDREOTTI con lei decise che si doveva…

ROGNONI VIRGINIO:

Sì.

AVVOCATO COPPI:

…procedere immediatamente alla pubblicazione: la pubblicazione fu integrale?

ROGNONI VIRGINIO:

Sì, sì, sì.

AVVOCATO COPPI:

Non vi sono stati omissis?

ROGNONI VIRGINIO:

Certo, certo.

AVVOCATO COPPI:

Non vi è stata sottrazione di alcuna pagina. Lei ha già ricordato che il DALLA CHIESA le aveva accennato alla consegna di questo fascicolo ad EVANGELISTI e ad ANDREOTTI?

ROGNONI VIRGINIO:

Mai.

AVVOCATO COPPI:

Non glielo ha mai detto, quindi non le ha detto di aver consegnato né all’uno né all’altro, neppure ad EVANGELISTI? Perché lei ha parlato prima… ha escluso che il Generale DALLA CHIESA le avesse detto di aver consegnato questo fascicolo…

ROGNONI VIRGINIO:

Non mi ha mai parlato…

AVVOCATO COPPI:

Neanche di EVANGELISTI?

ROGNONI VIRGINIO:

…né di EVANGELISTI e né di ANDREOTTI.

AVVOCATO COPPI:

Neanche di EVAN… benissimo. Quando lei si è recato dal senatore ANDREOTTI, specialmente lei ha sottolineato anche un po’ una certa rapidità di lettura del senatore ANDREOTTI: il senatore ANDREOTTI le disse che DALLA CHIESA gli aveva già dato questo fascicolo?

ROGNONI VIRGINIO:

No.

AVVOCATO COPPI:

Le disse che comunque era a conoscenza del contenuto?

ROGNONI VIRGINIO:

No.

AVVOCATO COPPI:

Si limitò a dirle che era opportuno pubblicarlo immediatamente?

ROGNONI VIRGINIO:

Sì, ma in quella occasione… adesso non ricordo se in quella occasione o successivamente si prese questa decisione, ma la decisione formale di pubblicarla venne presa qualche giorno dopo.

AVVOCATO COPPI:

Comunque nella sostanza immediatamente si decisa fra voi due che si doveva procedere alla pubblicazione?

ROGNONI VIRGINIO:

Questo era il mio pensiero, e penso anche fosse il pensiero di ANDREOTTI.

AVVOCATO COPPI:

Di ANDREOTTI.

ROGNONI VIRGINIO:

Però non se ne è… non si parlò in quella occasione.

AVVOCATO COPPI:

Ma comunque ne parlaste?

ROGNONI VIRGINIO:

Sì, certamente dopo.

AVVOCATO COPPI:

Ecco, ecco.

ROGNONI VIRGINIO:

Sì, sì, la decisione dovevo prenderla…

AVVOCATO COPPI:

Sì, sì…

ROGNONI VIRGINIO:

…insieme col Presidente del Consiglio.

AVVOCATO COPPI:

Appunto, dico, giorno più giorno meno…

ROGNONI VIRGINIO:

Non solo, ma dovetti anche chiedere il consenso a GALLUCCI, all’autoritàal Pubblico Ministero di Roma per rendere pubbliche queste cose, perché io e indirettamente il Presidente del Consiglio, io per ragione… il Ministro dell’Interno per ragione del suo ufficio, il Presidente del Consiglio perché Presidente del Consiglio, e quindi eravamo a conoscenza e avevamo per le mani queste carte, ma le carte facevano parte… E quindi abbiamo dovuto chiedere il consenso. Ottenuto il consenso si fece questaquesta conferenza stampa e si distribuirono alle maggiori testate queste 49 pagine.

AVVOCATO COPPI:

Quindi nessuna remora da parte del senatore ANDREOTTI, anzi consenso sulla pubblicazione?

ROGNONI VIRGINIO:

Esatto.

Se dunque fosse provato che effettivamente il Gen. Dalla Chiesa, il giorno successivo al gia’ riferito incontro notturno avuto con Evangelisti, porto’ la copia del memoriale al Presidente del Consiglio Andreotti, non puo’ non rilevarsi che si trattava comunque di quel dattiloscritto che poi venne effettivamente reso pubblico su iniziativa dell’On. Rognoni e dello stesso imputato.

Nessuna prova, quindi, neppure indiziaria, che il Gen. Dalla Chiesa abbia mostrato o consegnato ad Andreotti carte diverse da quelle stesse (dattiloscritte) rinvenute nel covo nel 1978 e mostrate ad Evangelisti, e conseguentemente nessuna prova che siano state sottratte carte al fine di favorire l’imputato.

Passando allora all’esame del contenuto delle carte rinvenute giova preliminarmente evidenziare che secondo la tesi di accusa – fondata principalmente sulle confuse e contraddittorie dichiarazioni di Buscetta delle quali ci si e’ gia’ occupati – l’omicidio del giornalista Pecorelli troverebbe la sua causale nella intenzione di questi di pubblicare parti inedite del memoriale Moro che contenevano passi ritenuti pregiudizievoli per l’On. Andreotti.

Sempre secondo tale tesi accusatoria, dunque, qualcuno – forse proprio il Gen. Dalla Chiesa - all’atto dell’irruzione nel covo di via Montenevoso nel 1978, avrebbe sottratto alla pubblicazione parti del memoriale al fine di agevolare l’imputato; le parti che sarebbero state infine ritrovate e pubblicate solo 12 anni dopo (il P.M. ha persino ipotizzato che vi sarebbero altre parti del memoriale Moro tuttora non ritrovate e dunque inedite, ma di questa tesi ci si occupera’ successivamente).

Ne consegue che l’istruzione dibattimentale, ove la tesi accusatoria avesse fondamento, avrebbe dovuto inconfutabilmente dimostrare che le parti pubblicate solo nel 1990 contengono passaggi e riferimenti particolarmente pregiudizievoli per l’On. Andreotti e tali dunque da costituire addirittura la causale dell’omicidio del Pecorelli che, asseritamente venutone in possesso, intendeva rendere note quelle parti allora segrete.

In realta’ l’esame degli atti consente di concludere proprio nel senso opposto a quello prospettato dall’accusa, ovvero per l’assoluta mancanza, nelle parti pubblicate solo nel 1990, di rivelazioni aventi quel contenuto gravemente pregiudizievole per l’imputato che sta alla base di tutto l’impianto accusatorio.

Deve infatti evidenziarsi come nei 49 fogli dattiloscritti rinvenuti e pubblicati nel 1978 si trovano in particolare 25 brani attinenti ad argomenti diversi e raggruppati senza alcun ordine logico o sistematico o cronologico.

L’elenco dei brani dattiloscritti, secondo l’ordine in cui sono registrati nel verbale di perquisizione e’ il seguente e vengono riportati il titolo e/o le prime parole del dattiloscritto (cfr. Doc. n.7 in produzione difesa acquisita all’udienza del 15 dicembre 1998):

    1. "Il tentativo di colpo di stato nel 64…"
    2. "La c.d. strategia della tensione ebbe la finalita’…"
    3. "Il prestito fatto dal fondo monetario all’Italia…"
    4. "Rapporti Leone – Lefevre"
    5. "E sempre a proposito di indebite amicizie di legami pericolosi…"
    6. "I retroscena della lotta per i servizi segreti…"
    7. "Le osservazioni che seguono si attengono logicamente…"
    8. "Innanzi tutto io tengo, davanti a tante irrispettose insinuazioni, affermare…"
    9. "Nel corso della composizione dell’ultimo Gabinetto…"
    10. "Questo trentennio e’ caratterizzato…"
    11. "Nel ’64 si era determinato uno stato di notevole tensione…"
    12. "Mi pare se no sbaglio di avere scritto un pezzo tutto su questo tema…"
    13. "Dei tre ambasciatori citati…"
    14. "Per la prima parte della domanda…"
    15. "Il periodo abbastanza lungo che ho passato come prigioniero politico delle BR…"
    16. "Una posizione piu’ riservata tiene nella vita politica italiana…"
    17. "I gravi fatti di Pza Fontana a Milano…"
    18. "La ristrutturazione dei servizi segreti…"
    19. "I finanziamenti alla DC…"
    20. "Il prestito all’Italia del fondo monetario internazionale…"
    21. "Lo scandalo Lockheed e’ il frutto…"
    22. "Un capitolo importante della nostra politica estera…"
    23. "Si parla da varie parti delle funzioni che io ho esercitato per un trentennio…"
    24. "Non c’e’ che io sappia un progetto di riforma istituzionale…"
    25. "E’ noto che la famiglia Agnelli…"

Soltanto alcuni dei suddetti brani contengono riferimenti impliciti o espliciti all’odierno imputato secondo quanto appresso analiticamente esposto:

Brano n.3

"Il prestito fatto dal fondo monetario all’Italia…"

"...Ma retroscena vero del prestito è il viaggio del Presidente del Consiglio in America, caratterizzato dalla valorizzazione della semi presenza comunista.

Gli americani volevano significare in vari modi, ed anche con la stipulazione del prestito, che, purché i comunisti restassero fuori dal governo e dessero l’aiuto ritenuto necessario per il risollevamento del paese, gli americani realisticamente non avrebbero posto questa o quella obiezione. Invece per l’ingresso al Governo non c’era accordo.

Concedendo il prestito, in sostanza, si dava un avallo a quello che c’era già ma implicitamente si chiedeva la garanzia che non si andasse in là verso la collaborazione di governo. Questo, nella situazione, fu osservato. Vennero poi i fatti nuovi sui quali il giudizio americano credo sia ancora estremamente riservato"

Brano n.5

"E sempre a proposito di indebite

amicizie di legami pericolosi…"

"E sempre a proposito di indebite amicizie, di legami pericolosi tra finanza e politica, non posso non ricordare un episodio, per sé minimo, ma, soprattutto alla luce delle cose che sono accadute poi, pieno di significato.

Essendo io ministro degli esteri tra il ‘71 ed il ‘72, l’on. Andreotti, allora presidente del Gruppo democristiano alla Camera, desiderava fare un viaggio negli Stati Uniti e mi chiedeva una qualche investitura ufficiale.

Io gli offersi quella modesta di rappresentante in una importante Commissione dell’ONU, ma l’offerta fu rifiutata.

Venne fuori poi il discorso di un banchetto ufficiale che avrebbe dovuto qualificare la visita.

Poiché all’epoca Sindona era per me uno sconosciuto, fu l’amb. Egidio Ortona a saltar su (17 anni di carriera in America) per spiegare e deprecare questo accoppiamento.

Ma il consiglio dell’Ambasciatore e quello mio modestissimo, che gli si aggiungeva, non furono tenuti in conto ed il banchetto si fece come previsto. Forse non fu un gran giorno per la DC".

Brano n.6

"I retroscena della lotta per i servizi segreti…"

"... Protagonista vero il presidente del Consiglio alle cui dipendenze i servizi erano destinati ed alla cui preminente influenza politica avrebbero soggiaciuto...

Quello che conta però è la conclusione politica, perché vi è stata perlomeno una gara di persone, per acquistare maggior potere, mediante questo strumento di importanza determinante, nella vita dello Stato.

Mi pare che esca vincitore, avendo straordinarie abilità ad impadronirsi di tutte le leve, il presidente dl consiglio.

Ed è giusto che le masse, i partiti, gli organi dello Stato siano bene attenti, senza diffidenza pregiudiziale, ma anche senza disattenzione, al personaggio che la legge ha voluto detentore di tutti i segreti dello Stato, i più delicati, salvo il controllo, da sperimentare, dell’apposita Commissione parlamentare.

Questa persona detiene nelle mani un potere enorme, all’interno ed all’esterno, di fronte al quale i dossier dei quali si parlava ai tempi di Tambroni, francamente impallidiscono.

E soprattutto la situazione deve essere considerata avendo presente l’esperienza del passato, l’inquinamento del trentennio che appunto deprechiamo.

All’inizio il Sifar (poi Sid) era alle dipendenze di organi militari e pure non mancò il modo di politicizzarlo sconciamente, destando le reazioni di rispettabili persone (Sen. Merzagora) che si sentivano duramente colpite ed altro (Sen. Saragat) personalmente offeso...

Bisogna stare in guardia. E poiché il Partito che ha fatto l’esperienza più lunga, e più negativa, per la sua costante vicinanza (e confusione) con le leve dello stato è la DC, questo motivo, che nasce dall’esperienza, ad essa si dirige prima che a qualsiasi altro"

Brano n.7

"Le osservazioni che seguono

si attengono logicamente…"

"... Essendo il dissenso così grave, e da me marcato in alcuni durissimi discorsi, il "NO" ad entrare nel governo e quella, apparentemente indifferente, ma in realtà stizzita di Andreotti.

Quest’ultimo, parlando tempo dopo, a proposito di una eventuale partecipazione al governo della non sfiducia, rispose che non ci aveva pensato e che del resto l’amicizia è fatta di scambio e non si può sempre dare senza ricevere"

……

... Ho già detto altrove dell’on. Andreotti, il quale ereditò dal SIOS (Servizio informazioni Esercito) il generale Miceli e lo ebbe alle sue dipendenze dopo Rumor e prima di ricondurlo a Rumor al finire del governo con i liberali.

Ho già detto che vi era tra i due profonda diffidenza.

Il Presidente del Consiglio Andreotti che aveva mantenuto non pochi legami, militari e diplomatici, con gli Americani dal tempo in cui aveva lungamente gestito il Ministero della Difesa entro il 68, aveva modo, per così dire, di controllare il suo controllore e poté così severamente addebitargli un giudizio negativo sulla sicurezza che egli aveva espresso agli americani sul suo Presidente del Consiglio, ma che al presidente Andreotti era stato riferito dai suoi americani così come il loro collega italiano li aveva formulati.

E’ noto poi l’episodio della falsa attestazione di Giannettini, data su assicurazione del Sid o di un suo organo interno.

Reduce dall’esperienza del governo con i liberali, che era stata faticosamente superata con il congresso di Roma, una lista unitaria, la segreteria Fanfani, l’on. Andreotti confermò la tesi che è sempre meglio essere presenti.

Mentre Forlani manifestava un certo scetticismo, congeniale al suo comportamento, mentre Taviani, vistosi precluso il Ministero degli Interni, cui aspirava, si ritirò del tutto, Andreotti finì per accettare senza entusiasmo il Ministero della Difesa che gli veniva offerto. Torna ad essere presidente del Consiglio Rumor.

E qui esplode d’improvviso e all’insaputa del Presidente del Consiglio il caso Giannettini, la cui qualifica d’informatore del Sid Andreotti rivela nel modo improprio di un’intervista ad un giornale, anziché nelle forme ufficiali o parlamentari che sono proprie di siffatte indicazioni.

Qual era la ragione, e qui siamo nel campo delle illazioni, per la quale di Giannettini si fece un’operazione politica, con uscita in campo del ministro, sembra ovvio, in stretto contatto con l’on. Mancini?

Si voleva rilanciare subito il Presidente dopo l’operazione con i liberali, come del resto attendibile?

Si voleva dimostrare che si può essere del tutto netti con i fascisti?

Oppure, parlando così di Giannettini, ci si riferiva a cosa che era avvenuta prima (e che magari era intrecciata con il comportamento del Generale Maletti) e di cui quell’atto doveva rappresentare una sorta di conclusione?

In assoluta coscienza io non so niente più di questo e cioè lo strano esplodere di questo nome sulla stampa, in concomitanza con il caso Maletti"

Brano n.8

"Innanzi tutto io tengo, davanti a tante

irrispettose insinuazioni, affermare…"

"... A quel momento assai delicato, ma nel quale sembrava che il partito Comunista ancora dominasse la sua base, si verificò la grande adunata dei metalmeccanici, non sembra propriamente dovuta ad iniziativa comunista, che espresse vivissimo malcontento e pose in discussione il Governo Andreotti. Bisogna ricordare che la permanenza del regime della non sfiducia era stata chiesta inderogabilmente da parte democristiana al tempo dell’accordo programmatico di luglio e i comunisti accedettero sottovalutando l’aspetto della formula"

Brano n.15

"Il periodo abbastanza lungo che ho passato

come prigioniero politico delle BR…"

Si tratta con tutta evidenza del brano che contiene i giudizi e gli apprezzamenti piu’ pesanti nei confronti dell’odierno imputato e del suo "entourage".

"... L’avvilente vicenda dell’Italcasse, che si ha il torto di ritenere meglio dimenticabile di altre, la singolare vicenda del debitore Caltagirone, che tratta su mandato politico la successione del direttore generale, lo scandalo delle banche scadute e non rinnovate dopo otto o nove anni, le ambiguità sul terreno dell’edilizia e dell’urbanistica, la piaga di appalti e forniture, considerata occasione di facili guadagni, questo colpisce tutti, ma specie i giovani e fa di queste cose, alle quali la DC non è certo estranea, uno dei grandi fatti negativi della vita nazionale...

Non piacciono dunque tante cose che sono state e saranno di amara riflessione.

Ma è naturale che un momento di attenzione sia dedicato all’austero regista di questa operazione di restaurazione della dignità e del potere costituzionale dello Stato e di assoluta indifferenza per quei valori umanitari i quali fanno tutt’uno con i valori umani.

Un regista freddo, impenetrabile, senza dubbi, senza palpiti, senza mai un momento di pietà umana.

E questi è l’on. Andreotti, del quale gli altri sono stati tutti gli obbedienti esecutori di ordini.

Il che non vuol dire che li reputi capaci di pietà. Erano portaordini e al tempo stesso incapaci di capire, di soffrire, di aver pietà.

L’On. Andreotti aveva iniziato la sua ultima fatica ministeriale, consapevole delle forti ostilità che egli aveva già suscitato e continuava a suscitare tra i gruppi parlamentari, proprio con un incontro con me, per sentire il mio consiglio, propiziare la mia modesta benevolenza, assicurarsi una sorta di posizione privilegiata in quello che sarebbe stato non l’esercizio di diritti, ma l’adempimento di un difficile dovere.

Io, in quel momento, potevo scegliere e scegliere nel senso della mia innata, quarantennale irriducibile diffidenza verso quest’uomo, sentimento che è un dato psicologico che mi sono sempre rifiutato, ed ancor oggi, mi rifiuto, di approfondire e di motivare.

Io, pur potendolo fare, non scelsi, preferendo rispettare una continuità, benché di valore discutibile, e rendere omaggio ai gruppi di opposizione a Zaccagnini, i quali, auspice Fanfani, lo avevano a suo tempo indicato, forse non prevedendo che in poche settimane sarebbe stato già dalla parte del vincitore.

Mi ripromisi quindi di lasciargli fare con pieno rispetto il suo lavoro, di aiutarlo anzi nell’interesse del Paese.

Questa collaborazione era poi subito incominciata, perché fui io a consigliare l’On. La Malfa d’incontrarlo, come egli desiderava...

Questi sono dunque i precedenti.

In presenza dei quali io mi sarei atteso, a parte i valori umanitari che hanno rilievo per tutti, che l’On. Andreotti, grato dell’investitura che gli avevo dato, desideroso di non fargli mai mancare, si sarebbe agitato, si sarebbe preoccupato, avrebbe temuto un vuoto, avrebbe pensato si potesse sospettare che, visto com’erano andate le cose preferisse non avere consiglieri e quelli suoi propri inviarli invece alle Brigate Rosse.

Nulla di quello che pensavo o temevo è invece accaduto.

Andreotti è restato indifferente, livido, assente, chiuso, nel suo cupo sogno di gloria.

Se quella era la legge, anche se l’umanità poteva giocare a mio favore, anche se qualche vecchio detenuto provato dal carcere sarebbe potuto andare all’estero, rendendosi inoffensivo, doveva mandare avanti il suo disegno reazionario, non deludere i comunisti, non deludere i tedeschi e chi sa quant’altro ancora.

Che significava in presenza di tutto questo il dolore insanabile di una vecchia sposa, lo sfascio di una famiglia, la reazione, una volta passate le elezioni, irresistibile della DC?

Che significa tutto questo per Andreotti, una volta conquistato il potere per fare il male come sempre ha fatto il male nella sua vita?

Tutto questo non significava niente.

Bastava che Berlinguer stesse al gioco con incredibile leggerezza.

Andreotti sarebbe stato il padrone della DC, anzi padrone della vita e della morte di democristiani e no, con la pallida ombra di Zaccagnini, dolente senza dolore, preoccupato senza preoccupazione, appassionato senza passione, il peggiore segretario che abbia avuto la DC...

Tornando poi a Lei, on. Andreotti, per nostra disgrazia e per disgrazia del Paese (che non tarderà ad accorgersene) a capo del Governo, non è mia intenzione rievocare la grigia carriera.

Non è questa una colpa.

Si può essere grigi ma onesti; grigi ma buoni; grigi ma pieni di fervore.

Ebbene, On. Andreotti, è proprio questo che le manca.

Lei ha potuto disinvoltamente navigare tra Zaccagnini e Fanfani, imitando un De Gasperi inimitabile che è a milioni di anni luce lontano da Lei.

Ma Le manca proprio il fervore umano.

Le manca quell’insieme di bontà, saggezza, flessibilità, limpidità che fanno, senza riserve, i pochi democratici cristiani che ci sono al mondo.

Lei non è di questi. Durerà un po’ meno, ma passerà senza lasciare traccia.

Non Le basterà la cortesia diplomatica del presidente Carter, che le dà (si vede che se ne intende poco) tutti i successi del trentennio democristiano, per passare alla storia.

Passerà alla triste cronaca, soprattutto ora, che Le si addice.

Che cosa ricordare di Lei?

La fondazione della corrente Primavera, per condizionare De Gasperi contro i partiti laici?

L’abbraccio-riconciliazione con il maresciallo Graziani?

Il governo con i liberali, sì da deviare, per sempre, le forze popolari nell’accesso alla vita dello Stato?

Il flirt con i comunisti, quando si discuteva di regolamento della Camera?

Il governo coi comunisti e la doppia verità al presidente Carter?

Ricordare la Sua, del resto confessata, amicizia con Sindona e Barone?

Il Suo viaggio con il banchetto offerto da Sindona malgrado il contrario parere dell’ambasciatore d’Italia?

La nomina di Barone al Banco di Napoli?

La trattativa di Caltagirone per la successione di Arcaini?

Perchè Ella, On. Andreotti, ha un uomo non di secondo, ma di primo piano con lei; non loquace, ma un uomo che capisce e sa fare. Forse se lo avesse ascoltato, avrebbe evitato di fare tanti errori nella Sua vita

Ecco tutto. non ho niente di cui debba ringraziarLa e per quello che Ella è non ho neppure risentimento.

Le auguro buon lavoro, On. Andreotti, con il Suo inimitabile gruppo dirigente e che Iddio Le risparmi l’esperienza che ho conosciuto, anche se tutto serve a scoprire del bene negli uomini, purché non si tratti di Presidenti del Consiglio in carica"

Brano n. 16

"Una posizione piu’ riservata

tiene nella vita politica italiana…"

"... E’ da presumere che un Segretario di Partito si trovi al centro di molteplici rapporti economici. E soprattutto nel periodo nel quale mancava del tutto un finanziamento pubblico dei partiti.

In questo contesto s’inserisce la vicenda del rapporto stabilitosi tra l’on. Fanfani e l’on. Andreotti parallelamente ed il noto Barone.

Dirigente del Banco di Roma del quale le cronache si sono lungamente occupate in questo ultimo periodo, Barone era di estrazione politica, non tecnica e coltivava da tempo rapporti sia con il presidente del Consiglio Andreotti sia con il Segretario del partito Fanfani.

Ma l’occasione per una particolare valorizzazione di questo dirigente bancario fu offerta dalla nota e piuttosto vistosa operazione Sindona, il quale era amico di Andreotti e Barone ed era entrato in dimestichezza con Fanfani in relazione ad una occorrenza straordinaria che si verificò per il partito della D.C. in occasione del referendum sul divorzio.

Si è parlato in proposito di un prestito di due miliardi concesso dal Sindona alla D.C. per quella che doveva risultare un’impresa di notevole impegno politico e cioé il referendum sul divorzio.

Prestito o non prestito, in questa materia è tutto relativo, certo è che Sindona pretese dai due potenti che si erano rivolti a lui una ricompensa tangibile e significativa e cioé un premio nel senso di un buon collocamento in organico per il su nominato Barone.

Fatto sta che in una data imprecisata, ma che presumo essere un po’ antecedente all’effettuazione del referendum, vidi giungere nel mio ufficio al Ministero degli esteri il mio vecchio amico avv. Vittorino Veronesi, presidente del Banco di Napoli, il quale già in precedenza era venuto a confidarsi con me sulla ventilata nomina di Ventriglia al vertice del Banco di Roma.

Si doleva il Veronesi, uomo molto probo ed estraneo a camarille politiche, che in un settore così delicato come quello bancario si progettasse una nomina come quella dell’avv. Barone, fortemente politicizzata e tale da determinare una notevolissima reazione nell’ambiente del Banco.

Egli mi disse che la solenne e perentoria indicazione veniva da Piazza del Gesù, ma era concordata con la Presidenza del Consiglio.

A questa designazione il probo Veronesi intendeva opporsi con tutte le sue forze, le quali domandai quali fossero e mi apparvero assai limitate.

Gli dissi comunque di considerare la cosa con attenzione e prudenza e di regolarsi secondo coscienza, non avendo io alcuna personale conoscenza del Barone, visto una volta sola all’inizio della vita della Democrazia cristiana"

Brano n.17

"I gravi fatti di Piazza Fontana"

"...Si tratta di vedere in quale misura nostri uomini politici possano averne avuto parte (nella strategia della tensione: n.d.e.) e con quale grado di conoscenza e d’iniziativa.

Ma guardando al tipo di personale di cui si tratta, Fanfani è da moltissimi anni lontano da responsabilità governative ed è stato, pur con qualche estrosità, sempre lineare.

Forlani è stato sul terreno politico e non amministrativo e Rumor, destinatario egli stesso dell’attentato Bertoli, è uomo intelligente, ma incostante e di scarsa attitudine realizzativa; Colombo è egli pure con poco mordente e poi con convinzioni democratiche solide.

Andreotti è stato sempre al potere, ha origini piuttosto a destra (corrente primavera), si è, a suo tempo, abbracciato e conciliato con Graziani, ha presieduto con indifferenza il governo con i liberali prima di quello coi comunisti.

Ora poi tiene la linea dura nei rapporti con le Brigate Rosse, con il proposito di sacrificare senza scrupolo quegli che è stato il patrono ed il realizzatore degli attuali accordi di governo"

Brano n.18

"La ristrutturazione dei servizi segreti"

"...In realtà quindi la partita si è giocata tra i ministri competenti ed il Presidente del Consiglio. Altri esponenti politici, con me l’on. Rumor o chiunque altro, non avrebbero potuto averne parte.

Naturalmente esce rafforzata la posizione del Presidente del Consiglio, perché è il responsabile del servizio, è il responsabile del segreto e media tra i due ministri.

A mio parere però ha un qualche vantaggio, nell’attuale struttura, il Ministro dell’Interno per il fatto che non viene nominato, come pure la legge prevederebbe, un Sottosegretario per il coordinamento. E’ evidente che esso avrebbe dato ombra al Ministro dell’interno ed avrebbe interferito nella sua azione. I compiti infatti sono difficilmente divisibili. Quindi del Sottosegretario si è fatto a meno.

Il dominus resta il Presidente del Consiglio, anche se l’autorità è temperata da una Commissione parlamentare, presieduta dall’On. Pennacchini, alla quale si riferisce dei relativi problemi e che si occupa, per così dire in sede d’appello, del Segreto".

Brano n.20

"Il prestito all’Italia del fondo monetario internazionale"

"... E ciò malgrado il grande valore, morale più che materiale del prestito, come apertura di credito anche politico all’Italia.

Giustamente lo ha messo in luce più volte il ministro Stammati, rigoroso ed intelligente tecnico, cui però sfuggiva sul piano politico che le cifre del disavanzo non tornavano, come non sono tornate dopo, quando si sono fatti i conti con il presidente Andreotti...

Ma per comprendere bene questa vicenda, anche in tema di garanzie politiche, bisogna riandare un momento al viaggio del Presidente Andreotti negli Stati Uniti.

In quel Paese egli giunse e stette come trionfatore, per aver risolto dopo tanto tempo, dopo tanti vani tentativi altrui, l’equazione politica italiana.

In sostanza l’on. Andreotti era complimentato con somma enfasi dal Presidente americano per essere riuscito ad utilizzare per il meglio i comunisti, tenendoli fuori dalla porta. Ma molta stampa italiana dava ad intendere che la valorizzazione dei comunisti, il realizzare la concordia nazionale, il far fronte all’emergenza erano cose buone in sé e che gli americani consideravano nel loro giusto valore.

Ne vennero una serie di cose contraddittorie, l’apprezzamento per i comunisti e la dichiarazione di Andreotti che tra i comunisti ed il governo c’erano di mezzo le elezioni. E ciò per compiacere il Senato americano.

In definitiva quindi si può dire che il (piccolo) favore espresso con l’accordo monetario (perché di investimenti non si è parlato seriamente né prima né poi) significa il tentativo di recupero dell’Italia nell’ambito di una limitata ed esterna presenza comunista nella gestione del potere. E’ questa la posizione nella quale si sono assestati gli americani, fin quando non è avvenuto il fatto nuovo e traumatico della richiesta comunista di partecipare al Governo di emergenza. Questo apre un capitolo nuovo ed incerto della politica americana verso l’Italia negli anni ottanta".

Brano n.23

"Si parla da varie parti delle funzioni che

io ho esercitato per un trentennio"

"... In questo proposito (di ritirarsi dalla vita politica: n.d.e.) ero facilitato dal fatto che non vi erano grossi problemi di successione.

La grossa parte della D.C. che si era raccolta con Forlani contro Zaccagnini aveva da tempo in Andreotti il suo candidato, del resto accetto anche ad altri, a Zaccagnini in ispecie, nella speranza, lungamente coltivata, che i buoni suoi rapporti con l’on. Mancini avrebbero fatto il miracolo di risuscitare collaborativi rapporti tra democristiani e socialisti.

Così non fu, ma Andreotti s’impose ugualmente con le proprie doti e capacità. Il sen. Fanfani mi fece presente che se Zaccagnini fosse rimasto alla Segreteria, era giocoforza che io abbandonassi il Governo. Risposi che mi andava bene Zaccagnini e mi andava bene di lasciare il governo""

Giova evidenziare che le 49 cartelle dattiloscritte rinvenute nel 1978 costituiscono la trascrizione di 176 delle 229 pagine del manoscritto che sarebbe stato poi ritrovato nel 1990.

Le altre 53 pagine del manoscritto sono rimaste invece inedite fino al 1990.

Esse riguardano altri 16 brani scritti da Aldo Moro.

Occorre allora verificare se abbia fondamento la tesi dell’accusa secondo cui i brani ritrovati nel 1990 – che sarebbero stati sottratti alla pubblicazione per 12 anni all’asserito fine di non danneggiare Andreotti – contengono effettivamente affermazioni e fatti pregiudizievoli per l’imputato.

L’analisi critica di tali brani conduce invece ad una chiara conclusione di segno opposto a quello dell’accusa: nei brani ritrovati nel 1990 non vi sono parti che possano essere giudicate di tale peso critico o negativo nei confronti dell’imputato da costituire una vera e propria causale dell’omicidio di chi avrebbe avuto intenzione di renderli pubblici.

A riprova di tale conclusione vengono dunque di seguito riportati soltanto quei brani, dei 16 resi pubblici solo nel 1990 (individuati mediante l’ "incipit") che contengono riferimenti diretti o indiretti al Sen. Andreotti (cfr. voll. I e II degli atti della Commissione parlamentare d’inchiesta sul terrorismo in Italia: Doc. 16 produzione P.M.):

Brano n.1

"Ad integrazione dei piu’ brevi cenni qui sopra contenuti…"

"Ad integrazione dei più brevi cenni qui sopra contenuti relativamente ai rapporti di amicizia (tra) il Pres. Andreotti ed il dott. Barone, credo doveroso far seguire qualche più puntuale precisazione e innanzitutto il tema relativo alla contestata nomina di Barone ad amministratore delegato del Banco di Roma. Nomina, come ho già detto, legata a benemerenze acquisite per aiuti da dare alla gestione del referendum e concordata tra Palazzo Chigi e Piazza del Gesù.

Ho appena da richiamare il grave disagio che ne era derivato ad una persona intemerata come l’avv. Veronesi, disagio del resto giustificato se le cose sono poi andate come sono andate. Su questo punto l’informazione è identica anche per la sua fonte, sia che si tratti del Pres. Andreotti sia che si tratti del Segretario Fanfani.

Diverso e interessante segno di amicizia tra Andreotti e Barone è quello che riguarda il viaggio negli Stati Uniti, circa il ‘71, e comunque in una circostanza molto precisa, quando egli era Presidente del gruppo parlamentare DC nella Camera.

Un comune amico e valente funzionario mi riportò estemporaneamente l’espressione del desiderio dell’on. Andreotti di effettuare in quel periodo un viaggio in America, sicché avrebbe gradito in quell’occasione di essere investito di una qualche funzione che lo presentasse ed abilitasse sul piano delle pubbliche relazioni.

Io pensai e domandai se ci potesse essere un problema del finanziamento del viaggio e ciò mi fu escluso, essendo evidente che esso era assicurato.

Ritenni allora si trattasse di una certa colorazione pubblica che l’interessato desiderava e, quale Ministro degli Esteri, essendo in corso una idonea commissione dell’ONU, gli offersi di parteciparvi. Ma evidentemente anche questa soluzione doveva apparire inutile e fu pertanto declinata.

Emerse però a questo punto un altro e diverso problema, avendo avuto sentore che il momento più importante del viaggio dal punto di vista mondano ed anche politico era un qualificato incontro con il signor Sindona il quale avrebbe dovuto offrire il banchetto ufficiale al nostro Parlamentare.

Tra dubbi miei e dubbi di altri, della cosa finì per essere investito il competentissimo Ambasciatore d’Italia Egidio Ortona, che a Washington aveva passato ben 17 anni della sua carriera.

Il solo accenno al nome dell’offerente destò in lui la più forte reazione, sicché, pur con lo stile misurato proprio dei veri servitori dello Stato, non mancò di tratteggiare le caratteristiche della persona, le reazioni di ambiente e la conseguente inopportunità di qualificare la visita in quel modo.

Non conforme al saggio giudizio dell’ambasciatore ed al mio stesso amichevole consiglio fu la reazione dell’on. Andreotti, il quale escluse la validità di qualsiasi obiezione, mostrò che era quello poi l’oggetto del suo viaggio che da libero cittadino conduceva a termine così come lo aveva progettato.

Questi erano i vincoli pubblici e non privati, che legavano i due personaggi. Cosa che a prescindere dal merito, non può non essere valutata sul piano della opportunità.

Ho avuto occasione di fare prima un amaro cenno al tema delle casse di risparmio ed al molto reclamizzato caso Caltagirone. Ora, essendo in discussione la improcrastinabile dimissione e sostituzione del Direttore Generale Arcaini, dalla stessa bocca del Vice Direttore Generale dell’Istituto ho appreso che la sostituzione fu pattuita con persona estranea all’ambiente (che non conosco e non voglio giudicare) dallo stesso interessato all’operazione, il Caltagirone, il quale si muoveva come investito di funzione pubblica, incaricato da chi ha il potere di tutelare gli interessi pubblici, per trattare invece gli interessi più privati del mondo.

Sono tutti segni di una incredibile spregiudicatezza che deve avere caratterizzato tutta una fortunata carriera (che non gli ho mai invidiato) e della quale la caratteristica più singolare (è) che passi così frequentemente priva di censura o anche solo del minimo rilievo.

Quali saranno state le altre manifestazioni di siffatta personalità in un ambiente come Roma, in un’attività variabile, ma senza mai soste?

Che avrà significato la lunga permanenza alla Difesa, quali solidi e durevoli agganci essa deve avere prodotto?

Vorrei fare una osservazione circa un episodio il cui peso è difficile valutare, ma che certamente si è espresso in una forma singolare.

Parlo della rivelazione sulla qualifica nel Servizio del Giannettini. Cosa in sé ineccepibile, ma come dicevo, singolare nel momento in cui avviene e nel modo in cui si presenta. Di per sé non ci sarebbe che da lodare l’iniziativa di chi rivelasse al momento giusto una qualifica così compromettente.

Ma perché questa cosa è stata fatta in quel momento, quasi subito dopo il suo ritorno dopo anni al ministero della Difesa e nella forma inconsueta e direi non corretta di una intervista invece che di un atto parlamentare e di governo?

Che collegamento c’è tra questo inconsueto atteggiamento e la posizione assunta dal generale Maletti, amico dell’on. Mancini, il quale si era visto trarre a giudizio per la questione di alcuni affari del Sid?

Onestamente non credo seriamente di potere andare al di là della sorpresa e della curiosità.

Ma certo questo fatto resta strano, anche se volesse semplicemente rilevare che più di un anno di governo con i liberali né ha indotto a dimenticare il dovere dell’antifascista né ha tolto carte al gioco politico, sempre complesso e versatile, che un uomo abile e spregiudicato come Andreotti conduce percorrendo nella sua lunga carriera tutto, si può dire, l’arco della politica italiana, da qualche iniziale, ma non solo iniziale, simpatia (ed utilizzazione) del Movimento sociale fino all’accordo con il partito comunista"

Orbene, in questo brano si trattano argomenti gia’ affrontati in parti del memoriale pubblicato sin dal 1978:

  • l’amicizia tra l’On.Andreotti e Mario Barone che risulta gia’ trattata nel brano n.15 ("Il periodo abbastanza lungo …")
  • il prestito di Sindona alla DC per il referendum sul divorzio e la connessione con la nomina di Barone, temi che risultano gia’ trattati nei brani n. 15 ("Il periodo abbastanza lungo …") e n.16 ("Una posizione piu’ riservata…")
  • il viaggio di Andreotti in America ed il banchetto con Sindona gia’ trattati nei brani editi n.5 ("E sempre a proposito di indebite amicizie…") e n. 15 ("Il periodo abbastanza lungo …")
  • la successione ad Arcaini gia’ trattato nel brano n. 15 ("Il periodo abbastanza lungo …")
  • il caso di Guido Giannettini, gia’ trattato nei brani n.7 ("Le osservazioni che seguono…") e n. 17 ("I gravi fatti di piazza Fontana…")

Non vi e’ dunque alcuna novita’ di rilievo nei brani inediti, se non un mero assemblaggio di vicende che secondo il P.M. delineerebbero un profilo di Andreotti tale da legittimare pesanti censure di ordine anche morale sulla sua persona.

Ma non puo’ non rilevarsi che, se la mancata pubblicazione nel 1978 di brani poi ritrovati solo nel 1990 dovesse essere attribuita all’operato di qualcuno che abbia voluto favorire l’odierno imputato, tale proposito avrebbe avuto un senso compiuto e logico solo se l’attivita’ di "preventiva censura" avesse coperto ogni riferimento a quelle vicende sopra elencate che invece vennero rese pubbliche sin dalla immediatezza del rinvenimento anche nelle parti contenenti giudizi e valutazioni di indubbio e palese peso negativo a carico dell’On.Andreotti.

Non si trascuri poi di considerare che la decisione di pubblicare integralmente il materiale rinvenuto in via Montenevoso nell’ottobre del 1978 fu adottata proprio dal Governo presieduto dall’On.Andreotti.

Si pensi a solo titolo esemplificativo ai seguenti passi gia’ pubblicati nel 1978 che anticipano sostanzialmente ed in termini completi il senso delle critiche e delle censure poi rinvenute anche nei brani editi nel 1990:

"E sempre a proposito di indebite amicizie, di legami pericolosi tra finanza e politica, ……l’on. Andreotti, allora presidente del Gruppo democristiano alla Camera, desiderava fare un viaggio negli Stati Uniti e mi chiedeva una qualche investitura ufficiale. ……Venne fuori poi il discorso di un banchetto ufficiale che avrebbe dovuto qualificare la visita.

Poiché all’epoca Sindona era per me uno sconosciuto, fu l’amb. Egidio Ortona a saltar su (17 anni di carriera in america) per spiegare e deprecare questo accoppiamento. Ma il consiglio dell’amb. e quello mio modestissimo, che gli si aggiungeva, non furono tenuti in conto ed il banchetto si fece come previsto. Forse non fu un gran giorno per la DC" (Brano n.5 del 1978).

"... Protagonista vero il presidente del Consiglio alle cui dipendenze i servizi erano destinati ed alla cui preminente influenza politica avrebbero soggiaciuto……Questa persona detiene nelle mani un potere enorme, all’interno ed all’esterno, di fronte al quale i dossier dei quali si parlava ai tempi di Tambroni, francamente impallidiscono" (Brano n.6 del 1978).

"... E’ noto poi l’episodio della falsa attestazione di Giannettini, data su assicurazione del Sid o di un suo organo interno. ……E qui esplode d’improvviso e all’insaputa del Presidente del Consiglio il caso Giannettini, la cui qualifica d’informatore del Sid Andreotti rivela nel modo improprio di un’intervista ad un giornale, anziché nelle forme ufficiali o parlamentari che sono proprie di siffatte indicazioni" (Brano n.7 del 1978).

"... In questo contesto s’inserisce la vicenda del rapporto stabilitosi tra l’on. Fanfani e l’on. Andreotti parallelamente ed il noto Barone. Dirigente del Banco di Roma del quale le cronache si sono lungamente occupate in questo ultimo periodo, Barone era di estrazione politica, non tecnica e coltivava da tempo rapporti sia con il presidente del Consiglio Andreotti sia con il Segretario del partito Fanfani.

Ma l’occasione per una particolare valorizzazione di questo dirigente bancario fu offerta dalla nota e piuttosto vistosa operazione Sindona, il quale era amico di Andreotti e Barone ed era entrato in dimestichezza con Fanfani in relazione ad una occorrenza straordinaria che si verificò per il partito della D.C. in occasione del referendum sul divorzio.

Si è parlato in proposito di un prestito di due miliardi concesso dal Sindona alla D.C. per quella che doveva risultare un’impresa di notevole impegno politico e cioé il referendum sul divorzio.

Prestito o non prestito, in questa materia è tutto relativo, certo è che Sindona pretese dai due potenti che si erano rivolti a lui una ricompensa tangibile e significativa e cioé un premio nel senso di un buon collocamento in organico per il su nominato Barone." (brano n.16 del 1978)

Ma anche se il brano del 1990 dovesse ritenersi, piuttosto che inedito nei suoi contenuti, pregiudizievole per l’On. Andreotti in quanto delineerebbe in forma compiuta un profilo dell’imputato fortemente negativo anche sul piano morale, non puo’ non rilevarsi come giudizi e censure altrettanto (se non piu’) gravi erano contenuti ed esplicitati in quella parte del memoriale (in particolare il brano n.15) gia’ pubblicato nel 1978 che non a caso lo stesso P.M. ha definito una vera e propria "invettiva" di Moro contro Andreotti:

"... L’avvilente vicenda dell’Italcasse, che si ha il torto di ritenere meglio dimenticabile di altre, la singolare vicenda del debitore Caltagirone, che tratta su mandato politico la successione del direttore generale, lo scandalo delle banche scadute e non rinnovate dopo otto o nove anni, le ambiguità sul terreno dell’edilizia e dell’urbanistica, la piaga di appalti e forniture, considerata occasione di facili guadagni, questo colpisce tutti, ma specie i giovani e fa di queste cose, alle quali la DC non è certo estranea, uno dei grandi fatti negativi della vita nazionale...

Ma è naturale che un momento di attenzione sia dedicato all’austero regista di questa operazione di restaurazione della dignità e del potere costituzionale dello Stato e di assoluta indifferenza per quei valori umanitari i quali fanno tutt’uno con i valori umani.

Un regista freddo, impenetrabile, senza dubbi, senza palpiti, senza mai un momento di pietà umana.

E questi è l’on. Andreotti, del quale gli altri sono stati tutti gli obbedienti esecutori di ordini.

……

Io, in quel momento, potevo scegliere e scegliere nel senso della mia innata, quarantennale irriducibile diffidenza verso quest’uomo, sentimento che è un dato psicologico che mi sono sempre rifiutato, ed ancor oggi, mi rifiuto, di approfondire e di motivare.

……

Andreotti è restato indifferente, livido, assente, chiuso, nel suo cupo sogno di gloria.

Che significava in presenza di tutto questo il dolore insanabile di una vecchia sposa, lo sfascio di una famiglia, la reazione, una volta passate le elezioni, irresistibile della DC?

Che significa tutto questo per Andreotti, una volta conquistato il potere per fare il male come sempre ha fatto il male nella sua vita?

……

Tornando poi a Lei, on. Andreotti, per nostra disgrazia e per disgrazia del Paese (che non tarderà ad accorgersene) a capo del Governo, non è mia intenzione rievocare la grigia carriera.

Non è questa una colpa.

Si può essere grigi ma onesti; grigi ma buoni; grigi ma pieni di fervore.

Ebbene, On. Andreotti, è proprio questo che le manca.

……

Che cosa ricordare di Lei?

La fondazione della corrente Primavera, per condizionare De Gasperi contro i partiti laici?

L’abbraccio-riconciliazione con il maresciallo Graziani?

Il governo con i liberali, sì da deviare, per sempre, le forze popolari nell’accesso alla vita dello Stato?

Il flirt con i comunisti, quando si discuteva di regolamento della Camera?

Il governo coi comunisti e la doppia verità al presidente Carter?

Ricordare la Sua, del resto confessata, amicizia con Sindona e Barone?

Il Suo viaggio con il banchetto offerto da Sindona malgrado il contrario parere dell’ambasciatore d’Italia?

La nomina di Barone al Banco di Napoli?

La trattativa di Caltagirone per la successione di Arcaini?

Puo’ dunque affermarsi che in alcuni passaggi dei brani editi nel 1978 il negativo giudizio di ordine politico e morale su Giulio Andreotti espresso da Aldo Moro in quelle drammatiche pagine ha toni piu’ severi e risulta persino piu’ grave rispetto a quanto pubblicato solo 12 anni dopo.

Proseguendo nella disamina dei 16 brani editi nel 1990 giova evidenziare come in quello contrassegnato dal n.2 ("Per lo scandalo Lockheed…") vi e’ soltanto una stesura piu’ ampia del tema gia’ affrontato nel brano n.21 del 1978 e peraltro non vi e’ alcun accenno all’On. Andreotti.

Nulla di rilevante, per stessa ammissione del P.M., figura nei brani nn.3, 4 e 5 del 1990.

Il brano n.6 edito nel 1990 contiene l’unico tema davvero nuovo rispetto alla versione del 1978 ed ha per oggetto la nomina di Medici alla Montedison:

"L’elezione di Medici alla Montedison è un altro caso eclatante di compromesso, risolto all’ultimo momento, e contro tutte le previsioni a vantaggio del Presidente del Consiglio.

Sono le cose che sa fare Andreotti con immensa furberia, la quale però aggrava sempre di più la crisi di entità morale e politica di cui soffre acutamente la D.C.. (la sottolineatura e’ opera di Moro nel manoscritto: n.d.e.)

Sia intanto chiaro che i problemi della Montedison non sono quelli degli uomini ad essa preposti, anche se essi pure hanno la loro importanza, ma quelli oggettivi di una struttura che...

Comunque Medici andava bene ad Andreotti che lo aveva avuto Ministro degli esteri e la scelta, all’insaputa di tutti noi, finì per cadere su di lui. Il rapido rompersi dell’accordo è poi noto a tutti. Ma io non sono informato da qui di tutta la fase finale dell’operazione.

Quanto agli equilibri di potere, bisogna dire che vi è un consistente pacchetto di azioni pubbliche che stanno in disparte e parimenti azioni SIR nel settore privato. Si fa come se esse non ci fossero e così la proprietà rimane a metà tra pubblico e privato.

Questa però è una finzione che interessa il Governo per l’impegno che ha assunto e riassunto (comunisti compresi) di non allargare l’area dell’impresa pubblica...

E qui vorrei fare una piccola chiosa in materia di trentennio e di modi di far marcire i problemi...

E penso che, pur non risparmiando nessuno, non possa non essere non rilevata questa inconcludenza del governo monocolore democristiano, che lascia i problemi al punto in cui li trova con danno ulteriore del paese. Cefis è del tutto fuori, dimissionario da tutto".

Nel brano n.7 edito nel 1990 viene affrontato da Moro il tema dei rapporti tra la DC e le banche ma senza operare cenno alcuno, neppure indirettamente, all’odierno imputato:

"...L’esperienza del passato è, sappiamo, per ritardi, insufficienza, tipo di gestione chiusa, altamente deludente. Per l’avvenire si deve vedere come le cose si svolgeranno ed è da augurarsi sinceramente che segnino un miglioramento.

Oggi (…)le sentiamo dire e sono segnalate.

Caltagirone, come ho detto, che è gran parte nella scelta del nuovo direttore che lo interessa. Casse di risparmio nelle peggiori condizioni. Il Banco di Sicilia con proroga di fatto da quasi nove anni. Il Monte dei Paschi registra lunghissimi ritardi.

Non potendo seguire tutte queste vicende, gravissima l’emblematica vicenda del Banco di Sicilia. L’attuale, prorogato Prof. De Martino, succede ad altro, non ricordo più chi, a sua volta lungamente prorogato. Non è dunque un caso, un incidente una volta tanto. E’ un sistema, quello cioé della spartizione del potere non sempre tra i partiti, spesso nell’ambito dello stesso Partito.

Così è certamente per il Banco di Sicilia fermo da anni, in attesa di sapere, tramite il governo regionale, se l’ambita carica debba essere conferita alla degna persona del Dr. Prof. La Loggia, Presidente di commissione parlamentare regionale, o al Prof. Nicoletti, qualificato magistrato della Corte dei Conti o ad altri.

Non c’è qui l’aculeo dell’aspirazione, legittima o no, di un altro partito, ma si tratta solo di scegliere tra persone di casa, le loro correnti però, i loro poteri, i loro clienti, i loro amici. E allora non è che taluno prevalga, si ferma tutto. Cosa questa che è (...) diventando più frequente e più grave in questi ultimi, che hanno fatto toccare limiti inconsueti di anomalia.

Mi auguro che una correzione si trovi con l’intervento del Parlamento, che si correggano le più gravi disfunzioni e che i rappresentanti politici della presidenza del Consiglio e dei partiti trovino soluzioni decenti, che spero potrebbero essere reperite proprio con la rinuncia alla scelta partitica e l’affidamento a personalità che non essendo di nessuno è di tutti e quindi tutti garantisce meglio dal punto di vista del pubblico e del privato interesse…"

Neppure nei brani n.8 e n.12 figura alcun riferimento, esplicito o implicito, all’On. Andreotti e tali parti del memoriale risultano significative solo perche’ in esse viene trattato un tema del tutto inedito, quello dell’organizzazione antiguerriglia posta in essere dalla Nato (la struttura segreta poi venuta in luce con il nome di Gladio).

Nessun riferimento avente carattere di rilievo o novita’ si rileva nel brano n.9 - tutto dedicato alla figura ed alla carriera politica dell’allora Ministro dell’Interno Francesco Cossiga – e nel brano n.10 – dedicato ad una riflessione sul ruolo e sui problemi della stampa italiana.

Una breve ma significativa riflessione si impone invece con riferimento al brano inedito contrassegnato dal n.11 che per utilita’ di esposizione si deve qui integralmente riportare:

Alla domanda 1 bis relativa al Referendum ho risposto nel documento che si occupa anche dell’On.Andreatta ma separatamente.

Non puo’ a tal riguardo non rilevarsi come il rinvenimento solo nel 1990 di un frammento di memoriale come il precedente privo di qualsivoglia rilievo o significato appare la prova piu’ consistente a supporto della tesi difensiva secondo cui non vi fu alcuna manipolazione dei documenti rinvenuti nel 1978 restando del tutto incomprensibile, ove si accedesse alla tesi opposta, la ragione per la quale avrebbe dovuto essere "censurato" un passo di tale insignificante contenuto.

I brani n.13 e n.14 affrontano temi gia’ trattati nel dattiloscritto del 1978.

Il brano n.15 e’ dedicato al tema dei finanziamenti alla DC e costituisce solo una piu’ ampia stesura di un argomento gia’ esaminato nel dattiloscritto con la sola differenza che in tale brano rinvenuto ed edito nel 1990 vi sono chiari riferimenti all’ "entourage" dell’On.Andreotti e precisamente ad Arcaini, Barone, Sindona e Caltagirone.

Ma e’ del tutto evidente che si tratta comunque di nomi di soggetti gia’ piu’ volte menzionati, in senso negativo e con esplicito riferimento al loro rapporto con l’On.Andreotti, anche nel dattiloscritto rinvenuto e pubblicato nel 1978.

La mera lettura del brano inedito consente peraltro con estrema chiarezza di rilevare come non vi sia alcuna novita’ di rilievo, essendo gia’ chiaramente presenti nel dattiloscritto del 1978 – peraltro in forma ancora piu’ negativa e con esplicita allusione all’On. Andreotti - i riferimenti alla nomina di Barone, allo scandalo dell’Italcasse ed al ruolo svoltovi da Caltagirone, ai rapporti politici di Sindona:

"Dall’esterno, bisogna dirlo francamente, in molteplicità di rivoli, affluivano per un certo numero di anni gli aiuti della CIA, finalizzati ad una auspicata omogeneità della politica interna ed esterna italiana ed americana.

Francamente bisogna dire che non è questo un bel modo, un modo dignitoso, di armonizzare le proprie politiche. Perché quando ciò, per una qualche ragione è bene che avvenga, deve avvenire in libertà, per autentica convinzione, al di fuori di ogni condizionamento.

E invece qui si ha un brutale do ut des. Ti do questo denaro, perché faccia questa politica. E questo, anche se è accaduto, è vergognoso e inammissibile. Tanto inammissibile che gli americani stessi, quando sono usciti da questo momento più grossolano e, francamente, indegno della loro politica, si sono fermati, hanno cominciato le loro inchieste, ci hanno ripensato su. Hanno trovato che non era una cosa che gli americani, oggi, potessero fare. Il Presidente Carter non lo farebbe più, si vergognerebbe di farlo. E anche noi, francamente, dovremmo fare in modo che tutto questo, che non ci serve, che non ci giova, scomparisca dal nostro orizzonte.

Resta certo il problema delle esigenze di partito, esigenze molteplici.

Il finanziamento pubblico, tenuto conto che non riguarda molte ed importanti elezioni, non può bastare a tutti, quale che sia la cosmetica cui si ricorre per formulare i bilanci dei partiti.

Le entità economiche indicate nelle domande rispondono al vero.

Si aggiungano innumerevoli imprese, in opera, per lo più, sul piano locale, ma anche in grandi dimensioni.

Si aggiunga il campo inesauribile dell’edilizia e dell’urbanistica, dei quali sono già ora più ricche le cronache giudiziarie.

E lo sconcio dell’ITALCASSE?

E le banche lasciate per anni senza guida qualificata, con la possibilità, anche perciò, di esposizioni indebite, delle quali non si sa quando ritorneranno ed anzi se ritorneranno.

E’ un intreccio inestricabile nel quale si deve operare con la scure.

Senza parlare delle concessioni che vengono date (e talvolta da finanziarie pubbliche), non già perché il provvedimento sia illecito, ma anche perché anche un provvedimento giustificato è occasione di una regalia, di una festa in famiglia...

Ed a proposito d’ITALCASSE, o, come si è detto, grande elemosiniere della D.C., è pur vero che la trattativa in nome dei pubblici poteri per la scelta del successore dell’On. Arcaini è stata fatta da un privato, proprio l’interessato Caltagirone, che ha tutto sistemato e sistemato in famiglia.

E per quanto riguarda i rapporti d’importanti uomini politici con il banchiere Sindona è pur vero, per quanto mi è stato detto con comprensibile emozione dall’onesto avv. Vittorino Veronese, Presidente del Banco di Roma, che la nomina del funzionario Barone ad amministratore delegato fu voluta, all’epoca difficile del referendum, tra Piazza del Gesù e Palazzo Chigi come premio inderogabile per quel prestito di due miliardi che la conduzione del referendum rendeva, con tutte le sue implicazioni politiche, necessario"

Tutto pertanto si puo’ affermare tranne che in tale brano figurino notizie o accuse inedite che avrebbero potuto nuocere all’odierno imputato piu’ di quanto gia’ risultava dalla lettura del dattiloscritto del 1978.

Il brano n.16, infine, costituisce la continuazione di un pezzo scritto dall’On. Moro su un argomento, quello della cd. strategia della tensione, gia’ trattato nel dattiloscritto del 1978 nel corrispondente brano n.2 ("La c.d. strategia della tensione ebbe la finalita’…") che si interrompeva appunto alla parola "On. Salvi".

Questa la prosecuzione del brano edito nel 1990 e contenente alcuni riferimenti all’On. Andreotti ed al ruolo svolto nell’ambito dei servizi segreti in rapporto alla CIA statunitense:

"Sta poi a sé il caso Giannettini, riferibile all’On. Andreotti, il quale di tale rivelazione fece materia d’intervista di stampa, appena rientrato alla Difesa dopo la guida del Governo con i liberali.

Il fatto in è ineccepibile. Restano non pochi interrogativi, tenuto conto della stranezza della forma adoperata e cioé la stampa e non una dichiarazione amministrativa o parlamentare.

Fu forse solo esibizionismo dopo il ritiro dall’esperienza con i liberali?

Fu fatto su richiesta di Mancini?

E perché? Per riannodare tra i due Partiti?

C’era un qualche rapporto tra l’imputato Maletti (amico dell’on. Mancini) e il Giannettini?

Le valutazioni e interpretazioni sono molteplici.

Dell’On. Andreotti si può dire che diresse più a lungo di chiunque altro i servizi segreti, sia dalla Difesa, sia, poi, dalla Presidenza del Consiglio con i liberali.

Si muoveva molto agevolmente nei rapporti con i colleghi della CIA (oltre che sul terreno diplomatico), tanto che poté essere informato di rapporti confidenziali fatti dagli organi italiani a quelli americani"

E’ appena il caso di evidenziare che anche in questo ultimo brano inedito non figura nulla di piu’ di quanto gia’ non fosse noto sin dal 1978, per come si evince in maniera assolutamente inequivoca ed incontestabile dalla mera lettura del brano n.7 gia’ edito nel 1978 ("Le osservazioni che seguono si attengono logicamente…"):

"E’ noto poi l’episodio della falsa attestazione di Giannettini, data su assicurazione del Sid o di un suo organo interno.……E qui esplode d’improvviso e all’insaputa del Presidente del Consiglio il caso Giannettini, la cui qualifica d’informatore del Sid Andreotti rivela nel modo improprio di un’intervista ad un giornale, anziché nelle forme ufficiali o parlamentari che sono proprie di siffatte indicazioni.

Qual era la ragione, e qui siamo nel campo delle illazioni, per la quale di Giannettini si fece un’operazione politica, con uscita in campo del ministro, sembra ovvio, in stretto contatto con l’on. Mancini?

Si voleva rilanciare subito il Presidente dopo l’operazione con i liberali, come del resto attendibile?

Si voleva dimostrare che si può essere del tutto netti con i fascisti?

Oppure, parlando così di Giannettini, ci si riferiva a cosa che era avvenuta prima (e che magari era intrecciata con il comportamento del Generale Maletti) e di cui quell’atto doveva rappresentare una sorta di conclusione?"

Occorre poi rilevare che nel memoriale manoscritto rinvenuto nel 1990 la decisione di Andreotti di rivelare la "qualifica d’informatore del Sid" di Giannettini viene definita testualmente da Aldo Moro "fatto in se’… ineccepibile", giudizio che mancava nel dattiloscritto del 1978, rendendo dunque del tutto incomprensibile il motivo per il quale tale parte, certamente meno critica nei confronti dell’odierno imputato, avrebbe dovuto essere espunta.

Deve dunque in conclusione affermarsi che proprio la lettura comparata del dattiloscritto rinvenuto nel 1978 e degli inediti del 1990 dimostra inconfutabilmente l’infondatezza della ipotesi accusatoria secondo cui gli atti pubblicati solo 12 anni dopo avrebbero avuto un contenuto particolarmente pregiudizievole per l'odierno imputato il quale ne avrebbe quindi, direttamente o indirettamente, ostacolato la diffusione.

Si rammenti che proprio questa dovrebbe essere nella ipotesi accusatoria, fondata sulle altalenanti e contraddittorie dichiarazioni de relato di Tommaso Buscetta, la causale dell’omicidio del giornalista Carmine Pecorelli.

Emerge invece in alcune parti del memoriale, inedite fino al 1990, un tono talora addirittura meno polemico nei confronti dell’On.Andreotti al punto che la immediata ed integrale pubblicazione degli atti e soprattutto dell’originale del manoscritto (rinvenuto ed edito solo nel 1990) avrebbe consentito di evidenziare subito persino alcune palesi alterazioni e manomissioni operate dai brigatisti nella trascrizione dello scritto dello statista ucciso.

E cosi’, per quanto riguarda il brano n.19 edito nel 1978 ("I finanziamenti alla D.C."), dal raffronto tra l’originale manoscritto e la trascrizione dattiloscritta effettuata dai brigatisti emerge che la frase scritta da Moro "I finanziamenti alla DC (ma non solo ad essa) sono venuti oltre che da sinceri estimatori e da amici anche esercenti attivita’ economiche, in genere dall’attivita’ economicamente piu’ prospera, quella industriale" e’ stata dolosamente manipolata nel dattiloscritto attraverso la sostituzione alle parole "ma non solo ad essa" delle parole "non solo adesso".

Quella che dunque era una riflessione di Moro sul fenomeno del finanziamento illecito che riguardava non solo la DC ma tutti i partiti e’ stata trasformata dai brigatisti in una severa critica rivolta solo alla Democrazia Cristiana.

Ed ancora, a proposito del ruolo svolto dalla CIA in Italia nel passato, la frase manoscritta da Moro "Non mi risulta che oggi cio’ ancora avvenga" e’ stata manomessa dai brigatisti nella versione dattiloscritta mediante la eliminazione delle parole "Non mi risulta" cosi’ accreditando falsamente la tesi della persistente attualita’ del detto ruolo svolto dalla CIA in Italia:

"Credo che la CIA abbia avuto una parte soprattutto in passato in un contesto politico piu’ semplice sia in Italia sia in America…(Non mi risulta)… che oggi cio’ ancora avvenga"

Anche il brano con l’incipit "Il periodo abbastanza lungo…" evidenzia numerose manipolazioni operate dai brigatisti nella versione dattiloscritta, tutte accomunate da una veemente vena critica antidemocristiana.

Si consideri ad esempio che mentre Moro scriveva a proposito del finanziamento ai partiti che "il problema e’ attenuato ma non chiuso dal finanziamento pubblico", i brigatisti nella trascrizione inserivano un "non" che stravolgeva il pensiero dell’autore: "Il problema non e’ attenuato … ".

In altra parte del medesimo brano dattiloscritto viene inserito un aggettivo ("sbiadita") del tutto assente nel manoscritto che ancora una volta modifica il senso del pensiero di Aldo Moro:

Resta pero’ un problema particolarmente presente e particolarmente sentito in questo partito, sia per le sue dimensioni ed esigenze, sia per lo spirito che, anche come retaggio di una antica (e un po’ sbiadita) tradizione dovrebbe animare e in parte anima specie i militanti, specie giovani…

Orbene, la parola "sbiadita" non e’ stata scritta da Aldo Moro, ma aggiunta dall’ignoto trascrittore.

Un altra evidente manipolazione operata nel dattiloscritto rende palese il proposito del brigatista di far credere che Moro concentrasse la sua analisi polemica solo contro il partito della DC.

Mentre nel manoscritto, infatti, lo statista ucciso, a proposito del fenomeno del finanziamento, scriveva "I partiti e la DC in particolare sono di fronte a molteplici esigenze cui provvedere…", nel dattiloscritto l’incipit della frase veniva stravolto ("Il partito della DC in particolare …").

Viene dunque del tutto meno uno dei fondamenti della tesi accusatoria mancando in radice la prova della presunta esistenza di parti del memoriale Moro che vennero dolosamente sottratte alla pubblicazione per favorire l’odierno imputato.

Ne’ va trascurato di considerare che, ove si volesse accedere alla tesi accusatoria fondata sulla presunta manipolazione della carte rinvenute nel 1978, non si comprenderebbe comunque la ragione per la quale si sarebbero dovute "censurare" e occultare parti del memoriale che riguardavano esclusivamente l’On. Cossiga o altri.

Si pensi ad esempio al brano rinvenuto solo nel 1990 che inizia con le parole "Ho visto pochissimo l’Amb. Martin" nel quale Moro scrive di tre diplomatici americani (Martin, Volpe e Gardner) ed esprime giudizi (complessivamente peraltro favorevoli) sul loro operato.

Resta assolutamente inspiegabile la ragione per la quale, se vi fosse stata effettivamente una dolosa sottrazione di documenti o comunque un’opera di manipolazione e "taglio" di quanto rinvenuto nel 1978, tale brano avrebbe dovuto essere occultato.

Consapevole della lacunosita’ della tesi accusatoria lo stesso P.M. ha persino ipotizzato che in realta’ vi sarebbero tuttora parti del memoriale Moro non ancora rinvenute e pubblicate, ma e’ di tutta evidenza come si tratti di una mera ipotesi – che avrebbe eventuale e verificabile rilievo nel presente processo solo se si dimostrasse che proprio tali parti contengano i riferimenti piu’ negativi per l’imputato - priva di ogni apprezzabile riscontro che ne consenta una utile verifica nel processo.

Si consideri ad esempio che il P.M. ha costruito l’ipotesi di parti ancora non edite del memoriale sulla ulteriore ipotesi che il brano n.11 rinvenuto nel 1990 si riferisca, contrariamente a quanto ritenuto dalla Commissione Parlamentare d’inchiesta, all’On. Andreotti e non all’On. Andreatta ("Alla domanda 1 bis relativa al Referendum ho risposto nel documento che si occupa anche dell’On. Andreatta ma separatamente").

Proseguendo nelle sue ipotesi il P.M. assume che, cosi’ interpretato il riferimento nominativo di quel brano, mancherebbe nel memoriale un "documento che si occupa anche dell’On.Andreotti … separatamente" e che tratti del referendum.

Orbene, anche tale conclusione del P.M. – costruita, giova rammentarlo, su mere ipotesi - risulta comunque del tutto infondata ad avviso del Collegio in quanto nel brano n.16 gia’ edito nel 1978 ("Una posizione piu’ riservata tiene nella vita politica italiana…") si parla espressamente proprio dell’odierno imputato e del referendum:

"... E’ da presumere che un Segretario di Partito si trovi al centro di molteplici rapporti economici. E soprattutto nel periodo nel quale mancava del tutto un finanziamento pubblico dei partiti. In questo contesto s’inserisce la vicenda del rapporto stabilitosi tra l’on. Fanfani e l’on. Andreotti parallelamente ed il noto Barone… Ma l’occasione per una particolare valorizzazione di questo dirigente bancario fu offerta dalla nota e piuttosto vistosa operazione Sindona, il quale era amico di Andreotti e Barone ed era entrato in dimestichezza con Fanfani in relazione ad una occorrenza straordinaria che si verificò per il partito della D.C. in occasione del referendum sul divorzio. Si è parlato in proposito di un prestito di due miliardi concesso dal Sindona alla D.C. per quella che doveva risultare un’impresa di notevole impegno politico e cioé il referendum sul divorzio.

Prestito o non prestito, in questa materia è tutto relativo, certo è che Sindona pretese dai due potenti che si erano rivolti a lui una ricompensa tangibile e significativa e cioé un premio nel senso di un buon collocamento in organico per il su nominato Barone. Fatto sta che in una data imprecisata, ma che presumo essere un po’ antecedente all’effettuazione del referendum, vidi giungere nel mio ufficio al Ministero degli esteri il mio vecchio amico avv. Vittorino Veronesi, presidente del Banco di Napoli, il quale già in precedenza era venuto a confidarsi con me sulla ventilata nomina di Ventriglia al vertice del Banco di Roma. Si doleva il Veronesi, uomo molto probo ed estraneo a camarille politiche, che in un settore così delicato come quello bancario si progettasse una nomina come quella dell’avv. Barone, fortemente politicizzata e tale da determinare una notevolissima reazione nell’ambiente del Banco. Egli mi disse che la solenne e perentoria indicazione veniva da Piazza del Gesù, ma era concordata con la Presidenza del Consiglio. A questa designazione il probo Veronesi intendeva opporsi con tutte le sue forze, le quali domandai quali fossero e mi apparvero assai limitate…

La mancanza di prova in ordine a tale sottrazione refluisce evidentemente anche sulla pretesa causale dell’omicidio Pecorelli ricondotta dall’accusa alla necessita’ di mettere a tacere un giornalista che, asseritamente venuto in possesso di tali parti del memoriale sottratte, pregiudizievoli per l’On. Andreotti, avrebbe avuto intenzione di pubblicarle cosi’ "mettendo a repentaglio (per usare proprio le parole del Buscetta) la vita politica" del noto uomo politico ("…questo giornalista Pecorelli procurava gravi disturbi al Senatore Andreotti mettendo a repentaglio la vita politica del Senatore Andreotti").

Difetta invero anche la minima prova che supporti la tesi accusatoria secondo cui Pecorelli era in possesso di tali carte inedite che peraltro, nel corso delle accurate perquisizioni operate dopo il suo omicidio, non sono mai state rinvenute.

Al di la’ della gia’ esaminata testimonianza della Mangiavacca, giova ricordare anche le dichiarazioni nel dibattimento di Perugia del teste Paolo Patrizi, stretto collaboratore del giornalista ucciso, il quale ha nettamente escluso di avere mai saputo che il Pecorelli fosse in possesso di quei documenti (cfr. verbale udienza a Perugia del 29 agosto 1996: produzione documentale della difesa del 17 settembre 1996):

PUBBLICO MINISTERO (DOTT. CARDELLA).

……Su questa vicenda in particolare del memoriale Moro Pecorelli ci ha scritto, ci ha fatto un libro della vicenda Moro. C'è qualcosa che lei ricorda o le viene in mente con particolare riferimento..., qualcosa che possa collegare quanto meno giornalisticamente queste vicende dell'ITALCASSE e del memoriale Moro, che cosa diceva, che cosa scriveva Pecorelli su queste vicende?

PAOLO PATRIZI.: Nel memoriale Moro, come abbiamo trovato per la seconda volta, cioè quello più completo.

PUBBLICO MINISTERO (DOTT. CARDELLA).

Ricordiamolo alla Corte, i memoriali sono due, chiamiamoli così.

PAOLO PATRIZI.: Sono stati trovati due memoriali Moro nel medesimo posto, mi sembra in Via Montenevoso a Milano, nel covo di Via Montenevoso.

PUBBLICO MINISTERO (DOTT. CARDELLA).

Uno nel '78, prima della morte di Pecorelli.

PAOLO PATRIZI.: Sì, uno nel settembre '78 da Dalla Chiesa ed un secondo, molti anni dopo, nel 1990, sempre nel medesimo posto a seguito di lavori di restauro dell'abitazione, dietro un pannello, viene fuori un memoriale.

La pubblicazione di questo secondo memoriale Moro e la lettura di questo secondo memoriale Moro mette a disposizione anche nostra che lo abbiamo letto, tutta una serie di rilevazioni, di indicazioni dettate da Moro ai terroristi che ricalcavano, sembrava di leggere OP, per quanto riguarda il caso ITALCASSE in modo particolare. Il nesso, È un nesso logico, È un nesso storico, logico.

PUBBLICO MINISTERO (DOTT. CARDELLA).

Dottor Patrizi ma questo vuol dire o a lei risulta - perchè se no non mi fanno passare giustamente la DOMANDA - che Pecorelli avesse una copia del memoriale Moro ritrovato nel '90, che è diverso da quello del '78?

PAOLO PATRIZI.: Pecorelli sicuramente, come tutti i giornalisti italiani che fu diffuso alla stampa dopo una riunione preliminare, aveva il memoriale Moro raccolto, edizione ridotta, edizione '78. Non risulta a me e non risulta, non è mai stato trovato, che abbia avuto il memoriale in formula più ampia, in quello più grande.

PUBBLICO MINISTERO (DOTT. CARDELLA).

Però lei ha detto prima che c'erano delle significative concordanze tra cose scritte da Pecorelli nel '78 e con le cose potute leggere nel '90.

PAOLO PATRIZI.: Sì, È uscito un libro che ho comprato che fa lo studio...

PUBBLICO MINISTERO (DOTT. CARDELLA).

Lasci perdere il libro, in base a quelle che sono le sue esperienze e le sue conoscenze.

PAOLO PATRIZI.: Le mie esperienze. Ho letto il memoriale Moro del '90 e ho letto giudizi ed espressioni e valutazioni sul caso ITALCASSE che erano parallele, come è possibile fare a chiunque, a quelle pubblicate su OP, sull'agenzia e sul settimanale poi.

………

DIFESA IMPUTATO ANDREOTTI (AVV. COPPI).

Lei ha detto questa mattina che Pecorelli, se ho capito bene, entrò in possesso del primo Memoriale Moro - chiamiamolo così, così ci intendiamo subito - perchè venne diffuso.

PAOLO PATRIZI.: Fu diffuso dall'ufficio stampa del Viminale.

DIFESA IMPUTATO ANDREOTTI (AVV. COPPI).

Dall'ufficio stampa del Viminale.

DIFESA IMPUTATO ANDREOTTI (AVV. COPPI).

A tutti i giornalisti.

PAOLO PATRIZI.: Sì, furono fatte apposta delle riunioni per discutere se bisognasse segretare il documento o no. Alla fine emerse la linea della divulgazione. Senonchè, se mi consente di proseguire sul discorso...

DIFESA IMPUTATO ANDREOTTI (AVV. COPPI).

E' il Presidente che glielo deve dire, per me può andare avanti, è un argomento che mi affascina, quindi può andare avanti tutto il pomeriggio.

PAOLO PATRIZI.: No, perchè questa mattina è stato toccato questo argomento con il memoriale vero, il memoriale falso, un articolo sia nel memoriale vero che nel memoriale falso, ecc.

DIFESA IMPUTATO ANDREOTTI (AVV. COPPI).

No, io parlo di quello diffuso dal Viminale, lei stava dicendo giustamente che addirittura fu discusso se segretare o meno.

PAOLO PATRIZI.: Certo.

DIFESA IMPUTATO ANDREOTTI (AVV. COPPI).

E prevalse la linea?

PAOLO PATRIZI.: La linea della divulgazione. Però, quando questo materiale venne nelle redazioni, gi… alcuni giornali, per esempio "La Repubblica" ha dato dei numeri, ha detto: trattasi di 70 pagine, adesso dico dei numeri a caso, poi invece erano risultate 40, e anche Pecorelli aveva fatto delle indagini, ecc., si tira la conclusione secondo la quale quel materiale diffuso dal Viminale come Memoriale Moro non fosse, in realt…, tutto completo, però non si poteva dire.

DIFESA IMPUTATO ANDREOTTI (AVV. COPPI).

A lei personalmente è risultato che non sia stato diffuso nella sua interezza?

PAOLO PATRIZI.: A me personalmente no, mi è stata posta qui la domanda, a me personalmente no.

DIFESA IMPUTATO ANDREOTTI (AVV. COPPI).

Quindi diciamo che comunque non è stato accertato che vi fossero altre pagine oltre a quelle che sono...

PAOLO PATRIZI.: No, erano state sollevate queste ipotesi negli articoli.

DIFESA IMPUTATO ANDREOTTI (AVV. COPPI).

Siccome io non le posso chiedere cose di altri, per quello che risulta a lei, nonostante lei si sia posto la domanda e abbia cercato di capirci qualche cosa, il risultato finale è che non avete potuto dare alcun riscontro a questo sospetto che potessero essere...

PAOLO PATRIZI.: .

………

DIFESA IMPUTATO ANDREOTTI (AVV. COPPI).

……A parte il secondo memoriale Moro, che è venuto alla luce dopo che Pecorelli era stato gi… ucciso, quindi non facendo riferimento a questo memoriale, comunque Pecorelli le ha detto di essere a conoscenza o le ha detto di essere in possesso di altro memoriale Moro o comunque di un dossier riguardante il caso Moro, oltre ciò che gi… era stato...?

PAOLO PATRIZI.: No, non mi ha detto che possedeva un altro dossier sul caso Moro; era ragionevole pensare che era una delle cose delle quali si andava a caccia perchè tutti quanti avrebbero voluto mettere le mani su queste cose.

DIFESA IMPUTATO ANDREOTTI (AVV. COPPI).

Però lui non ne sapeva niente.

PAOLO PATRIZI.: Però ancora non ce lo aveva.

DIFESA IMPUTATO ANDREOTTI (AVV. COPPI).

Sulla base della sua esperienza, le risulta che Pecorelli fosse solito conservare dossier particolarmente importanti, particolarmente scoppiettanti su questo o sul quel determinato caso nei suoi cassetti o era sua abitudine, appena aveva pezzi di una qualche importanza, dare fondo ai pezzi e pubblicarli?

PAOLO PATRIZI.: Pecorelli faceva una cosa e l'altra. E cioè pubblicava dossier scottanti di cui entrava in possesso, ma questi dossier bisognava raggiungerli e per raggiungerli a volte si partiva da prime indiscrezioni che venivano fatte circolare. Per esempio, per quanto riguarda il dossier Mi-Fo-Biali, Pecorelli pubblica delle armi alla Libia nel '74-'75. Poi il dossier Mi-Fo-Biali, nella sua completezza nel '78, il che significa non che avesse il Mi-Fo-Biali nel '78, ma che dal '74 al '78 è andato a sfruculiare persone e ambienti, fino a che non è riuscito ad entrare in possesso di quell'altro materiale.

DIFESA IMPUTATO ANDREOTTI (AVV. COPPI).

Ma le risulta comunque che Pecorelli abbia mai...

PAOLO PATRIZI.: Pecorelli era maniacale, nel senso che conservava persino i bigliettini, le cosine.

DIFESA IMPUTATO ANDREOTTI (AVV. COPPI).

Conservare certo, ma se avesse avuto un dossier tipo il dossier Moro, quello di cui si...

PAOLO PATRIZI.: Lo avrebbe pubblicato nel primo numero utile, non se lo sarebbe potuto conservare. Anche perchè era molto più utile pubblicarlo che conservarlo. Abbiamo pubblicato il Mi-Fo-Biali, avremmo pubblicato...

Ne’ a colmare le palesi carenze probatorie che caratterizzano tutta la ricostruzione accusatoria, ed in particolare la tesi indimostrata della esistenza di carte reperite nel 1978 ed occultate dal Gen. Dalla Chiesa, puo’ risultare idonea e sufficiente la testimonianza della Sig.ra Maria Antonietta Setti Carraro (madre di Emanuela, uccisa con il Gen. Dalla Chiesa il 3 settembre 1982), la quale all’udienza del 16 gennaio 1997 ha riferito dei colloqui avuti con la propria figlia e con il Generale e delle "deduzioni" tratte dai colloqui con Emanuela:

P.M.: Il generale le parlò mai di carte relative al memoriale Moro, a scritti di Moro rinvenute nel covo di via Monte Nevoso?

SETTI CARRARO: Cosa, scusi, non ho ben capito, se mi parlò?

P.M.: Il Generale Dalla Chiesa.

SETTI CARRARO: Si, ho capito.

P.M.: Le parlò mai di scritti di Moro rinvenuti all'interno del covo di via Monte Nevoso a Milano? Dico, il generale personalmente, non altre persone.

SETTI CARRARO: E il generale direttamente mi ha parlato poco, ho saputo... ho dedotto da tante... parole, frasi di Emanuela, quello che è.

P.M.: Allora cosa le disse sua figlia Emanuela a questo proposito, delle carte di Moro?

SETTI CARRARO: Si, Emanuela mi ha detto: mamma io so delle cose talmente tremende, talmente grandi non posso raccontartele perchè Carlo Alberto mi ha fatto giurare però ti assicuro che, quasi tu non potresti credere perchè coinvolgono queste cose persone che noi conosciamo molto bene.

P.M.: Senta le raccontò, sua figlia Emanuela per averlo appreso dal Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa di carte relative al sequestro Moro che Dalla Chiesa avrebbe portato ad Andreotti.

SETTI CARRARO: Si, il Generale Dalla Chiesa aveva delle carte molto importanti.

P.M.: E che cosa le raccontò sua figlia a proposito di queste carte che Dalla Chiesa avrebbe portato ad Andreotti?

SETTI CARRARO: Emanuela aveva parlato di carte, aveva parlato effettivamente il Generale le prende... conservava, le teneva, io non posso dire altro.

Solo a seguito di reiterate sollecitazioni della memoria attraverso la lettura di pregresse dichiarazioni la teste e’ stata in condizione, pur con difficolta’, di ricordare alcuni fatti:

P.M.: Signora, per ravvivare la sua memoria, il 15 Aprile del 1993.

SETTI CARRARO: Si.

P.M.: Lei ha dichiarato che nel 1980 circa, Emanuela mi parlò delle carte di via Montenevoso, mi sente, mi segue?

SETTI CARRARO: Si.

P.M.: Ella mi disse che l'Onorevole Andreotti aveva chiesto queste carte al Generale Dalla Chiesa.

SETTI CARRARO: Esatto.

P.M.: E aggiunse, ricorda ora?

SETTI CARRARO: Esatto, esattissimo.

P.M.: E vuole continuare lei?

SETTI CARRARO: Era un pomeriggio, di solito Carlo Alberto veniva a casa nostra verso le due e mezza, le tre, così, quel giorno non venne, e allora io chiesi ad Emanuela scusa Emanuela ma oggi non viene Carlo Alberto? Ha detto no, è a Roma, è stato chiamato a Roma per delle carte, e io sapendo che c'erano queste carte, ho detto: ma gliel'ha consegnate tutte, e lei Emanuela mi ha detto con quella frase che.. ci ha riferito: col cucco che le ho date tutte, ha dato solo quelle che erano.... aveva diritto ad avere.

P.M.: Quindi, so queste frasi "col cucco che glieli ha date tutte".

SETTI CARRARO: Si come per dire....

P.M.: E questo cos'è...

SETTI CARRARO: Ma mamma non poteva dargliele tutte, non voleva dargliele tutte.

P.M.: Signora, un pò diverso, non poteva dargliele tutte o non voleva dargli....

SETTI CARRARO: Non voleva dargliele tutte.

P.M.: Quindi non voleva dargliele tutte.

SETTI CARRARO: Non voleva dargliele tutte.

P.M.: E sua figlia le spiegò perchè il Generale Dalla Chiesa non voleva dargliele tutte ad Andreotti queste carte?

SETTI CARRARO: Beh! Emanuela era più al corrente di me di quello che era la volontà del Generale Dalla Chiesa.

P.M.: Ho capito. Le disse se il Generale Dalla Chiesa aveva trattenuto per se, una parte o tutte queste carte del caso Moro?

SETTI CARRARO: Si.

P.M.: Che cosa le disse a questo proposito.

SETTI CARRARO: Cosa fossero esattamente non lo so, so che aveva questa... ma chiamiamola massa questo insieme di carte che potevano interessare direttamente Andreotti e tutta la questione Moro.

P.M.: Dalla Chiesa aveva queste carte quindi.

SETTI CARRARO: Si.

Ma l’intera deposizione della teste Setti Carraro e’ stata subito posta in discussione dalla difesa nel corso del controesame che ha fatto emergere come, contrariamente alla ricostruzione accusatoria (che ipotizza che le carte furono consegnate e/o esibite da Dalla Chiesa ad Andreotti appena qualche giorno dopo l’irruzione in via Montenevoso e dunque ad ottobre del 1978), l’episodio riferito dalla teste sul presunto viaggio a Roma del Generale per consegnare le carte ad Andreotti sarebbe avvenuto nel 1980 o nel 1979 e dunque diversi mesi dopo.

Il Generale ed Emanuela Setti Carraro, infatti, si sono conosciuti solo nel maggio del 1979, con la conseguenza che il colloquio riferito dalla di lei madre (nel corso del quale la figlia le avrebbe detto che il Generale era andato a Roma per consegnare le carte ad Andreotti) non puo’ che collocarsi in epoca successiva:

AVV. COPPI: Benissimo. Questi colloqui a cui lei ha fatto riferimento tra sua figlia e il Generale Dalla Chiesa, aventi per oggetto le carte Moro, per quel che lei sa, avvennero quando i due erano ancora fidanzati o dopo il matrimonio?

SETTI CARRARO: E sono stati sposati solo 56 giorni, erano fidanzati.

AVV. COPPI: Erano fidanzati, Lei ha... se ben ricordo, ha detto che il... sua figlia e il generale si conobbero nel '79.

SETTI CARRARO: Si, nel '79, si.

AVV. COPPI: Non ricordo se lei abbia precisato il mese del '79.

SETTI CARRARO: Maggio, era l'adunata degli alpini a Genova, si.

AVV. COPPI: Nel Maggio del '79, lei ricorda con riferimento sempre al famoso discorso del... col cucco che gliele ha date etc, etc, se il... sua figlia le fece cenno a quando sarebbe avvenuta la consegna di carte, sia pure parziali, da parte del Generale Dalla Chiesa al senatore Andreotti?

SETTI CARRARO: Ma no, assolutamente no, assolutamente no.

AVV. COPPI: Quindi non sa se avvennero in occasione del ritrovamento o in un'epoca successiva.

SETTI CARRARO: Assolutamente no, non poteva saperlo.

AVV. COPPI: Non lo poteva sapere. Poteva averglielo detto, per questo gliel'ho chiesto. Senta, adesso invece quest'altra domanda se lei è in grado di ricordare. Lei ha detto che il famoso discorso col cucco che gliele ha date avvenne in un pomeriggio di un giorno.

SETTI CARRARO: Esatto.

AVV. COPPI: In cui lei aspettava, come al solito, il Generale Dalla Chiesa e il Generale Dalla Chiesa non venne.

SETTI CARRARO: Si, si.

AVV. COPPI: Lei chiese a sua figlia spiegazioni e sua figlia le disse che quel giorno il Generale Dalla Chiesa era andato a Roma.

SETTI CARRARO: Esatto.

AVV. COPPI: Ed era andato a Roma, lei sa per quale motivo?

SETTI CARRARO: Si.

AVV. COPPI: Cioè?

SETTI CARRARO: Era andato a Roma per portare delle carte al senatore Andreotti.

AVV. COPPI: Ecco, queste carte che dovevano essere portate al senatore Andreotti, per quel che lei ha compreso o per quel che le ha detto sua figlia, erano sempre carte inerenti il sequestro Moro o erano altre carte?

SETTI CARRARO: Inerenti al sequestro Moro.

AVV. COPPI: Quando sarebbe avvenuto questo viaggio del Generale Dalla Chiesa a Roma per portare queste carte, vediamo se è possibile di collocarlo, rispetto alla data della conoscenza fra sua figlia e il Generale Dalla Chiesa. Certamente dopo il Maggio del '79, questo è ovvio.

SETTI CARRARO: Bè, certamente dopo il ritrovo del, del covo di Monte Nevoso.

AVV. COPPI: Guardi che il covo di Monte Nevoso è dell'Ottobre del '78, il generale e sua figlia si conoscono nel Maggio...

SETTI CARRARO: Noi parliamo sempre del '79, avvocato Coppi.

AVV. COPPI: Appunto, sempre del '79.

SETTI CARRARO: Sempre del '79.

AVV. COPPI: Ora per di più, per di più, nel '79 essendo pacifico che è un fatto che può essere avvenuto prima del Maggio del '79, perchè i due ancora non si conoscevano.

SETTI CARRARO: Non si conoscevano.

AVV. COPPI: Lei è in grado di dire, lei è in grado di dire, rispetto al Maggio del '79 quando questo viaggio del Generale Dalla Chiesa a Roma per portare le carte di via Monte Nevoso sarebbe avvenuto?

SETTI CARRARO: Io non posso precisare quando, comunque è compreso in quell'anno.

AVV. COPPI: Nella seconda metà del '79.

SETTI CARRARO: Si, perchè poi il Generale è diventato... vicecomandante dell'arma e poi si sono sposati.

La palese incongruenza di ordine temporale e’ resa ancor piu’ evidente dal rilievo che nel corso delle indagini preliminari la Setti Carraro aveva addirittura collocato l’episodio nel 1980, dunque quasi due anni dopo la scoperta del covo di via Montenevoso.

Ma la testimonianza della Setti Carraro e’ stata al centro di reiterate contestazioni da parte della difesa (e dello stesso Tribunale) anche e soprattutto con riferimento alle dichiarazioni rese, in maniera indubbiamente tardiva e poco attendibile, in merito ad un presunto giudizio negativo espresso dal Gen. Dalla Chiesa sul conto dell’odierno imputato.

La valutazione della deposizione resa induce infatti a ritenere che la teste abbia, a distanza di oltre 15 anni dai fatti, verosimilmente a causa di ricordi ormai non piu’ nitidi, arricchito le sue dichiarazioni di particolari e ulteriori dettagli poco credibili in quanto del tutto e palesemente contrastanti con quanto precedentemente riferito:

AVV. COPPI: …… Sua figlia le ha riferito di giudizi, perchè anche qui lei ha espresso la sua personale convinzione sulla posizione del generale Dalla Chiesa rispetto al senatore Andreotti, ma io adesso vorrei sapere, sua figlia le ha riferito di giudizi del Generale Dalla Chiesa su Andreotti uomo politico?

SETTI CARRARO: Ma certo che me li ha riferito, io conosco il senatore Andreotti da quasi qua...

AVV. COPPI: No, non lei, signora.

SETTI CARRARO: Mia figlia come me? Conosceva..

AVV. COPPI: No, no, non, no.

SETTI CARRARO: No, non mi ha riferito niente.

AVV. COPPI: No, come non le ha riferito niente.

PRESIDENTE: Se le ha riferito giudizi del...

SETTI CARRARO: No, no, nessuno.

……

AVV. SBACCHI: ……. Io le chiedo sua figlia ha mai parlato di qualcosa che attiene all'omicidio Moro, carte o qualcosa del genere, al di là di quello che lei ha detto.

SETTI CARRARO: No, mai.

AVV. SBACCHI: Nulla.

SETTI CARRARO: Non ha mai parlato di questo.

AVV. SBACCHI: Si, quando le ha parlato di cose tremende, signora, segrete, le ha parlato...

SETTI CARRARO: Mi ha detto sono cose tremende che mi... convolgono anche persone che noi conosciamo bene.

AVV. SBACCHI: Ecco, signora, io...

SETTI CARRARO: Ecco, questa...

AVV. SBACCHI: Io su questo volevo leggerle.

SETTI CARRARO: Ma chi fossero... queste persone non me l'ha detto.

AVV. SBACCHI: Si, signora però volevo leggerle esattamente quello che lei ha dichiarato su questo punto, che non è perfettamente corrispondente: siamo al 15 Aprile del '93. E allora ricorda, ad esempio, pagina 3, che una volta mia figlia facendo riferimento a confidenze fatte dal generale mi disse: io sò e virgolettate delle cose tremende ma non posso dirtele, se te le dice... raccontassi, non ci potresti credere, Carlo mi ha fatto giurare di non dirlo a nessuno.

SETTI CARRARO: Si.

AVV. SBACCHI: E virgolettate. Quindi persone che conosciamo non è inserito in questo. Volevo farle rilevare questo dato.

SETTI CARRARO: Avvocato, sono passati 15 anni, no? Mi pare.

AVV. SBACCHI: Si. Conferma quello che le ho letto io, signora?

SETTI CARRARO: Eh?

PRESIDENTE: Oggi ha detto.

AVV. SBACCHI: Conferma quello che ho letto?

PRESIDENTE: Senta signora, signora, oggi lei ha aggiunto qualcosa che non aveva dichiarato.

AVV. SBACCHI: Che dice qua.

SETTI CARRARO: Si, è vero, è vero.

PRESIDENTE: Cioè queste persone che, che noi.

SETTI CARRARO: Come, scusa, io ho detto sono passati 15 anni...

PRESIDENTE: Si, si, no, no e dico...

SETTI CARRARO: Questo è la... l'avvocato può usare.

PRESIDENTE: Ricorda questo riferimento alle persone?

SETTI CARRARO: Io alle... si, quest... questa frase, l'avvocato la può... ricordare.

AVV. SBACCHI: No, no, l'avvocato.

SETTI CARRARO: Questa mia frase che ho detto adesso.

PRESIDENTE: Si, ma lì non era contenuta.

AVV. SBACCHI: Non c'era.

SETTI CARRARO: Si. Aggiungo questa frase a quello che ho detto tanti anni fà.

PRESIDENTE: Va bene.

AVV. SBACCHI: Aggiun... la difesa chiese che sia acquisito il verbale nella parte in cui si riferisce.

……

AVV. SBACCHI: Senta, quindi il generale Dalla Chiesa con lei non ha mai parlato di nulla.

SETTI CARRARO: Mai.

……

AVV. SBACCHI: Ho capito, mentre la sua figliola ha detto.

SETTI CARRARO: Eh bè, per forza.

AVV. SBACCHI: Quella espressione, dico, ma di confidenze tranne il cucco non ha...

SETTI CARRARO: Una grandissima confidenza.

AVV. SBACCHI: No, tra lei e la sua figliola al discor... al di là del discorso col cucco che gliele ha date.

SETTI CARRARO: Eravamo amiche e quello che Emanuela diceva.

AVV. SBACCHI: Si, dico... signora abbia pazienza, se lei ha la bontà di ascoltare poi può dare la risposta. La sua figliuola al di là di quella espressione colorita, col cucco che gliele ha date, non le ha riferito...

SETTI CARRARO: Non mi ha detto più niente.

AVV. SBACCHI: Nessun altro particolare.

SETTI CARRARO: No.

Proprio nel corso del nuovo esame da parte del P.M. e delle conseguenti domande formulate dallo stesso Presidente del Collegio la teste aggiungeva un particolare di significativo rilievo mai rivelato prima, entrando tuttavia in palese contraddizione con se stessa e con le sue pregresse dichiarazioni in maniera tale da non riuscire a spiegare un siffatto insanabile contrasto:

P.M.: Signora, io ritornerò su un argomento che stamattina abbiamo affrontato più volte, perchè ho la sensazione che dobbiamo fare un pò di ordine. Mi riferisco a quella famosa frase, col cucco che gliele ho date tutte.

SETTI CARRARO: Si.

P.M.: Allora, la prima domanda è. Si ricorda in che anno avvenne questa conversazione con sua figlia?

SETTI CARRARO: Se ricordo?

P.M.: L'anno in cui avvenne questa conversazione.

SETTI CARRARO: Indubbiamente nel '79.

AVV. COPPI: Veramente l'avevamo già chiesto.

PRESIDENTE: Comunque già l'aveva... l'aveva... la difesa l'aveva..

P.M.: Il 15 Aprile, il 15 Aprile del 1993, quando io l'ho sentita.

SETTI CARRARO: Si.

P.M.: Lei ha dichiarato: ricordo che in una delle tante visite a casa mia, in periodo che ritengo di collocare all'incirca nel 1980, ci trovammo insieme in un soggiorno, il generale, il generale, mia figlia e io stesso, io stessa.

SETTI CARRARO: Si.

P.M.: E poi continuando, inserisce questa conversazione che lei ha con la figlia, quindi 1980.

SETTI CARRARO: Si.

P.M.: Ecco, quindi lei oggi.

PRESIDENTE: Eh, però lo legga tutto, in maniera tale che il Tribunale comprenda.

P.M.: D'accordo.

PRESIDENTE: Per vedere...

P.M.: Allora le leggo quello che lei ha dichiarato e poi le chiederò se conferma quello che lei ha dichiarato oppure quello che ha detto oggi.

PRESIDENTE: Se il riferimento è sempre all'80, questo è il problema nostro.

P.M.: Certo.

AVV. COPPI: A che pagina siamo?

PRESIDENTE: Di capire questo.

P.M.: Pagina 2

PRESIDENTE: Noi non abbiamo... questo vogliamo capire.

P.M.: Allora. "Ricordo che in una delle tante visite a casa mia, in periodo che ritengo di collocare all'incirca nel 1980, ci trovavamo insieme in soggiorno, il generale, mia figlia Emanuela e io stessa".

SETTI CARRARO: Si.

P.M.: "Se mal non ricordo mio marito era in casa, ma si trovava in un'altra stanza, intento a leggere"

SETTI CARRARO: Si.

P.M.: "Nel corso di una conversazione dai toni familiari, Emanuela parlò di un uomo politico che allora faceva parte del Governo e del quale non riesco a ricordar il nome. Il generale osservò che quell'uomo politico e che di quell'uomo politico non ci si poteva fidare, Emanuela gli disse che cosa ne sapesse lui, gli chiese che cosa ne sapesse lui ed egli rispose, con un sorriso un pò ironico, tutte queste cose io le so. Più tardi, dopo che il generale andò via, io rimasi sola con Emanuela, probabilmente prendendo spunto da quello scambio di battute avvenute nel pomeriggio, Emanuela mi parlò delle carte di via Monte Nevoso. Ella mi disse che l'onorevole Andreotti aveva chiesto queste carte al Generale Dalla Chiesa e aggiunse, con un'espressione tipica dell'idioma veneto, col cucco che gliele ha date tutte." Quindi qui c'è un racconto, signora, che è diverso da quello di stamattina. Io mi rendo conto dell'emozione, della... quando si tratta di argomenti che riguardano la vita di sua figlia evidentemente la sua emotività è coinvolta, ma io le chiedo oggi di fare uno sforzo di memoria. Le cose sono andate come me le ha raccontate?

SETTI CARRARO: Si, sono andate come quelle del tor... del testo.

PRESIDENTE: Quindi non nel '79, come ha detto oggi.

P.M.: Non come ha detto oggi. Quindi noi chiediamo che venga... no, non c'è contestazione perchè c'è la conferma, questa è la versione.

Proprio traendo spunto dalle ultime contestazioni operate dal P.M. il Collegio chiedeva alla teste chi fosse l’uomo politico sul conto del quale il Generale Dalla Chiesa avesse espresso quell’invito alla diffidenza e l’affermazione della Setti Carraro secondo cui si trattava proprio di Giulio Andreotti suscitava ulteriori prevedibili e reiterate contestazioni:

PRESIDENTE: Ha confermato, quindi nell'80. Va bene, ha finito il P.M.? Il Tribunale siccome ha appreso dalla lettura di questo documento, di questo accenno a questo uomo politico di cui non ci si poteva fidare e che non era stato oggetto di domande, eh, il Tribunale deve fare una domanda su questo..... A chi si riferiva con questa frase, questo uomo politico di cui non ci si poteva fidare, non è stato chiesto da nessuno.

AVV. SBACCHI: Presidente, dice non riesco a ricordare il nome, c'era l'antefatto, l'antefatto...

PRESIDENTE: Non... si, ce la racconti con parole sue, noi vogliamo comprendere.

SETTI CARRARO: Non è facile conoscere il senatore Andreotti, io come le dico...

PRESIDENTE: Ma qua...

AVV. SBACCHI: Presidente non ha capito la domanda.

SETTI CARRARO: Ecco, il senatore Andreotti è complesso.

PRESIDENTE: Lasci stare, io non ho fatto una domanda sul senatore Andreotti.

SETTI CARRARO: Eh, allora si riferiva al senatore Andreotti.

PRESIDENTE: A chi si riferiva.

SETTI CARRARO: Scusi si riferiva al senatore Andreotti.

PRESIDENTE: E come lo fa a dire se in quel verbale lei non lo dice?

SETTI CARRARO: Perchè quando si parlava noi, si parlava del Maxiprocesso, delle Brigate Rosse, di Moro e del senatore Andreotti e non si parlava d'altro e girava sempre la voce su quella. Erano sempre le stesse persone, erano...

PRESIDENTE: E... P.M. mi da questo testo per cortesia.

SETTI CARRARO: Erano sempre gli stessi incubi, erano sempre gli stessi dolori, erano sempre le stesse cose, non si andava molto più in là.

PRESIDENTE: Senta, signora.

SETTI CARRARO: Si.

PRESIDENTE: Lei deve ricordare, se ricorda, dire le cose con esattezza. Lei disse in quella occasione: " nel corso di una conversazione, dai toni familiari, Emanuela parlò di un uomo politico che allora faceva parte del Governo e che non... e del quale non riesco a ricordare il nome. Il generale osservò che di quell'uomo politico non ci si poteva fidare, Emanuela gli chiese che cosa ne sapesse lui ed egli rispose con un sorriso un pò ironico. Tutte queste cose io le so".

SETTI CARRARO: Io confermo.

PRESIDENTE: Conferma che cosa?

SETTI CARRARO: Confermo questo che ho detto e confermo che oggi ricordo e che questo nome era Andreotti.

PRESIDENTE: Prego. Su questa mia domanda è ovvio che le parti possono fare altre domande.

SETTI CARRARO: Io sono pronta...

PRESIDENTE: No, no, lei non ha... per ora non... Se le parti vogliono fare altre domande.

AVV. SBACCHI: Il P.M. non ha nulla da chiedere. Signora, scusi, lei ha detto che conosceva il senatore Andreotti da 35 anni, esatto?

SETTI CARRARO: Scusi....

AVV. SBACCHI: Lei ha detto che conosce il senatore Andreotti da 35 anni.

SETTI CARRARO: Da 35 anni, si.

AVV. SBACCHI: Benissimo. Senta, allora io vorrei spiegato qualcosa. Lei ha detto di un uomo politico che faceva parte del Governo del quale non riesco a ricordare il nome. Lei quanti uomini politici conosce o conosceva?

SETTI CARRARO: Moltissimi.

……

AVV. SBACCHI: Negli anni '80, chi conosceva?

SETTI CARRARO: Negli anni '80 conoscevamo Moro, per esempio, conoscevamo il Presidente Cossiga, conoscevamo Craxi, conoscevamo Andreotti, conoscevamo tutti, ecco.

AVV. SBACCHI: Benissimo, signora, ora vorrei capire, visto che lei conosceva bene Andreotti.

SETTI CARRARO: Benissimo.

AVV. SBACCHI: Perchè non le è rimasto in mente il nome di Andreotti in quella occasione?

SETTI CARRARO: Perchè ero riuscita dopo tanti anni a conoscere anche Andreotti, infatti lui in una delle ultime lettere che mi ha scritto il senatore...

AVV. SBACCHI: No, no, signora, non le ho chiesto questo, le ho chiesto un'altra cosa.

SETTI CARRARO: E Andreotti disse.

AVV. SBACCHI: Cioè visto che lei aveva una conoscenza piuttosto intensa con Andreotti, lei mi pare che l'ha ricondotto pure alla Croce Rossa.

SETTI CARRARO: Chi fosse...

AVV. SBACCHI: Com'è che lei non ricordava il nome di Andreotti.

SETTI CARRARO: Va bene, adesso lo ricordo, non lo ricordavo...

AVV. SBACCHI: No, ci spieghi come... è possibile che non lo ricordasse?

SETTI CARRARO: Era... la Cronos che mi interrogava mi pare, era la Cronos che mi interrogava?

PRESIDENTE: No, no.

AVV. SBACCHI: No, signora io le sto chiedendo, la Cronos non mi importa, mi interessa il verbale.

SETTI CARRARO: Allora se non lo ricordavo, adesso lo ricordo.

AVV. SBACCHI: E mi spieghi come, signora, non lo ricordava.

SETTI CARRARO: E'... il senatore Andreotti.

AVV. SBACCHI: Signora, le ho chiesto una spiegazione del perchè lei non lo ricordava nel 1993.

SETTI CARRARO: Ma scusi, lei...

AVV. SBACCHI: Pur conoscendo benissimo il senatore Andreotti.

……

PRESIDENTE: No, no, la signora l'ha capito benissimo e la signora... il... l'avvocato vuole sapere perchè allora, quando fu interrogata dal P.M. lei non fece il nome del senatore Andreotti.

……

AVV. SBACCHI: No, l'ha detto al magistrato.

SETTI CARRARO: Ah, l'ho detto al magistrato.

PRESIDENTE: Quelle che io le ho letto, signora, le ho letto poco fa, però lei non fece il nome del senatore Andreotti e oggi l'ha fatto.

AVV. COPPI: Scusi, Presidente, scusi Presidente.

P.M.: Signor Presidente..

SETTI CARRARO: Allora, se non lo feci...

AVV. COPPI: Per chiarire, per chiarire l'equivoco, perchè altrimenti...

SETTI CARRARO: Se non lo feci forse c'era una ragione che io allora non ricordo, oggi confermo che era il senatore Andreotti.

……

AVV. SBACCHI: Quindi la risposta è che se n'è ricordata soltanto oggi, signora, mi confermi questo dato.

……

SETTI CARRARO: Io oggi riconfermo che allora non mi sembrava giusto, non avevo voglia, non volevo ricordare il nome di Andreotti, oggi lo ricordo, basta.

AVV. SBACCHI: Quindi allora ha mentito lei, oh, allora ha mentito lei, in quella occasione, signora.

SETTI CARRARO: Non ho mentito.

……

AVV. COPPI: Si, si, si. Allora lei dice che c'è stata una conversazione in famiglia e in cui si parlò di un uomo politico, lei non ricordava, non ha voluto dire il nome e che poi ha ricordato essere il senatore Andreotti.

SETTI CARRARO: Certo.

E’ di tutta evidenza come la tardiva dichiarazione della Setti Carraro sia indubbiamente frutto di un palese accavallamento di ricordi essendo del tutto inverosimile che essa, dopo oltre 15 anni, e dopo che ancora nel 1993 non ricordava quel nome, possa avere improvvisamente rammentato quel politico di cui il Generale Dalla Chiesa invitava a diffidare.

Si consideri infatti che ancora nel 1993 essa, sentita dal P.M., aveva espressamente escluso di ricordare quel nome (cfr. verbale del 15 aprile 1993 acquisito al dibattimento a seguito delle contestazioni):

"Ricordo che in una delle tante visite a casa mia, in periodo che ritengo di collocare all'incirca nel 1980, ci trovavamo insieme in soggiorno, il generale, mia figlia Emanuela e io stessa … nel corso di una conversazione dai toni familiari, Emanuela parlo’ di un uomo politico che allora faceva parte del Governo e del quale non riesco a ricordare il nome. Il Generale osservo’ che di quell’uomo politico non ci poteva "fidare". Emanuela gli chiese che cosa ne sapesse lui, ed egli rispose con un sorriso un po’ ironico: "tutte queste cose io le so".

Ma la prova piu’ evidente del fatto che il politico cui alludeva Dalla Chiesa non fosse l’odierno imputato e’ costituita dalle stesse dichiarazioni della Setti Carraro la quale gia’ al P.M. in quella occasione aveva, subito dopo, parlato proprio di Giulio Andreotti, uomo politico che essa ben conosceva da decenni, con la ovvia conseguenza che, se fosse stato lui il politico di cui aveva appena parlato il Generale, essa lo avrebbe subito rammentato e riferito al P.M.:

Più tardi, dopo che il generale andò via, io rimasi sola con Emanuela, probabilmente prendendo spunto da quello scambio di battute avvenute nel pomeriggio, Emanuela mi parlò delle carte di via Monte Nevoso. Ella mi disse che l’onorevole Andreotti aveva chiesto queste carte al Generale Dalla Chiesa e aggiunse, con un’espressione tipica dell’idioma veneto, col cucco che gliele ha date tutte.

Non si trascuri in ultimo di considerare, a definitiva conferma della infondatezza del ricordo della teste, che il Gen. Dalla Chiesa aveva parlato di un politico che in quel periodo (1980) era al governo ("Emanuela parlo’ di un uomo politico che allora faceva parte del Governo e del quale non riesco a ricordare il nome).

Orbene, nel 1980 l’On. Giulio Andreotti non era al governo.

La deposizione "de relato" della Setti Carraro, contraddistinta da una estrema genericita’ oltre che da erronei ricordi e plurime contraddizioni, dunque, non appare idonea a fornire la prova univoca, certa ed incontestabile del possesso da parte del Gen. Dalla Chiesa di documenti sottratti dal covo di via Montenevoso.

Il P.M. ha cercato di supportare la tesi di accusa assumendo che gli articoli scritti da Pecorelli sul notiziario OP, per il loro contenuto, costituirebbero la prova che egli era riuscito ad entrare in possesso di parti del memoriale diverse da quelle rese pubbliche.

Ma in realta’ il Pecorelli, per come si evince proprio dalla lettura di quegli articoli, si limito’, cosi’ come molti altri giornalisti all’epoca dei fatti, solo a formulare ipotesi circa l’esistenza ed il contenuto di brani del memoriale ancora inediti, riprendendo e rilanciando spesso notizie o tesi anticipate da altri quotidiani o settimanali.

Il P.M. ha citato come prova principale della sua tesi l’articolo pubblicato su OP del 31 ottobre 1978 dal titolo "Contraddizioni e nuovi interrogativi" (cfr. Doc. n.42 in produzione P.M.) nel quale si legge:

"La lettura del testo del memoriale MORO, diffuso a cura del Ministero dell’Interno … ha già sollevato dubbi sulla integrità e sulla genuinita’… Esiste infine un altro memoriale in cui MORO sveli invece importanti segreti di stato? Ad alcuni di questi interrogativi rispondiamo nelle pagine che seguono"

Ma la lettura degli articoli successivi rende del tutto evidente come il Pecorelli, come del resto tutti i giornalisti in quei giorni successivi alla diffusione ed alla lettura dei documenti ritrovati in via Montenevoso, esaminato il contenuto del materiale reso noto, si limito’ ad avanzare l’ipotesi – peraltro fondata come il rinvenimento del 1990 confermera’ - dell’incompletezza dei documenti.

Egli peraltro scrisse un articolo nello stesso numero del 31 ottobre 1978 intitolato "Un memoriale mal confezionato. L’ultimo messaggio è il primo" nel quale in sostanza evidenziava proprio l’inconsistenza delle anticipazioni fatte da alcuni giornali e settimanali:

"La bomba Moro non è scoppiata. Il memoriale, almeno quella parte recuperata nel covo milanese, non ha provocato gli effetti devastanti tanto a lungo paventati ... Giulio Andreotti è uomo molto fortunato, ma a spianare il suo cammino stavolta hanno contribuito una serie di circostanze, solo in parte fortuite. In primo luogo la stampa ... L’opera e’ culminata nel servizio dell’Espresso della scorsa settimana: attorno ad alcune frasi (che non abbiamo trovato nel dossier diffuso dal Viminale) il settimanale eurocomunista aveva costruito un processo che diffamava l’intero staff democristiano. Andreotti e Piccoli in particolare. E’ stata costruita una montagna perche’ partorisse il topolino. Politologi, sociologi, esperti di terrorismo e di strategie di destabilizzazione non hanno tenuto conto di un punto base: le loro pagine poggiavano nel vuoto. …Che resta dunque del messaggio del memoriale? Solo una infinita pieta’ per il dramma dell’uomo Moro

Ed ancora nel successivo articolo intitolato "Brigate senza generali", Carmine Pecorelli proseguiva il suo attacco a certa stampa ed evidenziava, in contrasto con certe anticipazioni dei giorni precedenti, i contenuti tutt’affatto sensazionali dei documenti poi resi pubblici:

Dopo avere manipolato l’opinione pubblica per mesi, la stampa eurocomunista sta riprendendo a manipolare anche sul memoriale: e’ falso, e’ vero, l’ha scritto lui, gliel’hanno dettato loro. Il colmo del ridicolo lo tocca L’Unita’ quando sostiene che e’ vero cio’ che Moro dice contro i democristiani, e’ falso cio’ che ha scritto a favore di De Lorenzo e di altri militari…Lo abbiamo letto piu’ volte con grande attenzione. Non contiene nulla che non sapesse gia’ l’ultimo degli uscieri di Palazzo Madama. Sono forse sensazionali i giudizi personali di Moro su Andreotti, sono forse sensazionali le rivelazioni sulla "strage di stato" o sulle faide tra ministeri per il controllo dei servizi segreti? E’ roba che leggiamo e scriviamo da anni su tutti i settimanali, e’ roba trattata con larghezza di immaginazione da Lotta Continua e dalla stampa extraparlamentare.

Anche l’articolo pubblicato sul numero precedente di OP del 24 ottobre 1978 intitolato "Il memoriale: questo è falso – questo e’ vero" elenca soltanto una serie di "puntualizzazioni", che in realta’ costituiscono solo considerazioni ed ipotesi, in ordine a talune frasi "virgolettate" anticipate da certa stampa ed asseritamente tratte dal memoriale.

Cio’ si desume proprio dall’esame del pezzo nel quale Pecorelli, commentando le anticipazioni di due noti settimanali, distingue, secondo la sua opinione e l’esito dell’inchiesta svolta ricorrendo alle sue fonti, cio’ che effettivamente risulterebbe contenuto nel memoriale e cio’ che invece "non corrisponderebbe all’originale":

……E’ opinione generale che ne’ Espresso ne’ Panorama dispongano di copia fotostatica del dossier Moro……I due settimanali (piu’ l’Espresso che Panorama) probabilmente sono rimasti vittime di una certa confusione di memoria del loro informatore uno che "aveva potuto dare un’occhiata" al materiale.……Ci risulta che sul memoriale originale di Moro figurino frasi come queste, come figurano gli elogi e i giudizi positivi su Miceli e De Lorenzo pubblicati dai due settimanali. Non corrisponderebbe all’originale quanto attribuito sul conto di Piccoli ("un povero idiota"). La frase andrebbe riferita al vicesegretario della DC, Remo Gaspari. Per Piccoli Moro avrebbe avuto parole di benevolenza moderata: "uomo generoso ed intelligente, ma organicamente portato all’errore".

Ma anche le stesse frasi virgolettate anticipate da Pecorelli nel suddetto articolo confermano come le sue fossero sostanzialmente solo ipotesi.

Si consideri ad esempio che nel citato articolo si menzionano alcune frasi asseritamente originali ("Andreotti per 30 anni ha sempre pensato solo al suo potere ed al suo interesse personale e continua cosi’", "non autonomo da Botteghe Oscure", "legato a gruppi di affaristi e mestatori") che non e’ dato ritrovare ne’ nel dattiloscritto reso pubblico pochi giorni dopo quell’articolo, ne’ nel memoriale manoscritto rinvenuto nel 1990 anche se, giova evidenziarlo, dette frasi comunque esprimono concettualmente giudizi comunque gia’ presenti in brani che furono editi sin dal 1978.

Il riferimento ad Andreotti che "per trent’anni ha pensato al potere" e’ contenuto nel brano gia’ esaminato "Il periodo abbastanza lungo…", mentre il giudizio secondo cui l’imputato era "legato a gruppi di affaristi e mestatori" e’ certamente riconducibile al legame tra Andreotti e Sindona ampiamente trattato nel dattiloscritto del 1978.

Per quanto riguarda infine la valutazione di Aldo Moro secondo cui l’imputato era "non autonomo da Botteghe Oscure", un siffatto giudizio di Moro non sembra rinvenibile in alcuno dei documenti editi nel 1978 e nel 1990.

Sempre nell’articolo in esame - pubblicato sul numero di OP del 24 ottobre 1978 intitolato "Il memoriale: questo è falso – questo e’ vero" – che dovrebbe costituire la prova della conoscenza da parte di Pecorelli di parti del memoriale inedite all’epoca, si afferma che "risulta che sul memoriale originale di Moro … figurano gli elogi e i giudizi positivi su Miceli e De Lorenzo pubblicati dai due settimanali".

Orbene, proprio la lettura dei brani editi nel 1978 e nel 1990 evidenzia come il memoriale, pur trattando del Gen. De Lorenzo in termini certamente non negativi, non contiene tuttavia veri e propri "elogi".

Ed e’ parimenti certo che detti elogi non sono stati espressi affatto da Moro neppure sul conto di Miceli, offrendo dunque l’ennesima conferma che quelle di Pecorelli erano sostanzialmente solo ipotesi, tra le quali il fatto che lo statista ucciso dalle Brigate Rosse avrebbe affrontato nel suo memoriale anche il golpe Borghese accusando Andreotti di avere manipolato il relativo processo ("Moro ha parlato …del Golpe Borghese (Moro accusa Andreotti di aver manipolato il processo)…").

Ebbene, non vi e’ alcuna citazione del memoriale Moro riguardante il suddetto golpe Borghese ne’ tanto meno la presunta interferenza sul relativo processo da parte dell’odierno imputato.

Ritiene dunque il Collegio che in mancanza di ulteriori elementi che suffraghino la tesi di accusa, non sia stata acquisita neppure la prova certa che Pecorelli fosse in possesso o a conoscenza di parti di memoriale rimaste inedite, costituendo dunque la costruzione del P.M. solo una mera ipotesi priva di adeguati e convincenti riscontri.

Ipotesi peraltro, come gia’ detto, sostanzialmente esclusa anche dalle due persone - la Mangiavacca ed il Patrizi – che erano piu’ vicine a Pecorelli negli ultimi mesi della sua vita.

Nulla infine e’ stato trovato nel corso delle perquisizioni operate in piu’ luoghi subito dopo l’omicidio del giornalista.

L’esistenza di parti occultate del memoriale Moro contenenti, tra l’altro, elementi gravemente pregiudizievoli per il sen. Andreotti resta allora solo una tesi indimostrata e priva di riscontri probatori certi.

Giova in ultimo evidenziare come l’ipotesi di occultamento di parti del memoriale stesso per una subdola e ricattatoria operazione che sarebbe stata messa in atto dal Generale Dalla Chiesa, al di la’ del rilievo che una siffatta ipotesi – ove provata - imporrebbe di rivedere piu’ che criticamente l’operato di un valoroso servitore dello stato trucidato nell’adempimento dei suoi doveri, e’ del tutto smentita, oltre che dalle articolate considerazioni sin qui svolte, da ogni altra risultanza processuale acquisita al dibattimento, avuto riguardo alle testimonianze dei piu’ stretti collaboratori del Generale e del figlio Fernando in particolare.

Quest’ultimo infatti, nel corso della sua deposizione all’udienza del 14 gennaio 1998, pur avendo riferito fatti di rilievo nel presente processo riscontrando talune accuse (si veda al riguardo la parte della sentenza che si occupa delle dichiarazioni del teste con riferimento ai rapporti tra il Gen. Dalla Chiesa ed il Sen. Andreotti), ha tuttavia reso una testimonianza sull’operato e sulle abitudini del padre che confligge insanabilmente con le dichiarazioni del Mar. Incandela e con la figura del Generale che queste ultime vorrebbero accreditare, ovvero quella di un uomo privo di scrupoli e pronto al ricatto, propenso persino ad agire nell’illegalita’ pur di conseguire i suoi illeciti scopi.

Giova al riguardo rammentare che il Mar. Incandela ha tra l’altro riferito anche di pressioni asseritamente operate su di lui dal Gen. Dalla Chiesa affinche’ egli si prestasse ad occultare illegalmente all’interno del carcere di Cuneo non meglio precisati documenti riguardanti il Sen. Andreotti, simulando successivamente un casuale rinvenimento nell’ambito di un oscuro disegno volto a danneggiare o ricattare l’odierno imputato:

INCANDELA A.: Mah, guardi che il Generale Dalla Chiesa aveva un chiodo fisso sul senatore Andreotti, mi chiedeva di continuo, anzi è arrivato anche a minacciarmi, a dire tu non lo dici a me, lo dici a Sisde. Dico ma... che devo dire no, tu devi... insomma tutte le volte che veniva non mancava mai di chiedermi... insomma, un chiodo fisso era, voleva sapere assolutamente se si era interessato qualche volta il senatore e... dei detenuto lì, per la verità a me non risultava questo, mai.

……

INCANDELA A.: Si. Sono andato lì, no, ecco io ritorno sempre che mi chiedeva sempre del senatore Andreotti e di altri, lui aveva il chiodo fisso, insomma, non aveva fiducia del senatore Andreotti, non aveva fiducia, fiducia, me l'ha detto pure, me l'ha detto più volte.……Andai a Milano, entrai nell'ufficio, gentilissimo quella mattina, mi permise persino di fumare nel suo ufficio, cosa che quasi mai l'ha fatto. Mi disse, dice, sei o no un maresciallo con i coglioni sotto? E scusi la frase. Dico perchè? Mi guardava negli occhi, dico la verità io mi, mi metteva soggezione quando mi affrontava in questa maniera. Dice noi dobbiamo andare sempre avanti e voglio vedere cosa sei buono a fare. Mi dica signor generale io sono qui, dunque spiegami un pò i detenuti come sono sistemati? A Cuneo sono sistemati a celle singole.

……

INCANDELA A.: … e dice come è sistemato, cosa c'è dentro questo salone? Ci sono i tavoli, questo, poi c'è un... muro divisorio, ci sono i servizi, i servizi igienici, il water, la turca, quindi c'è la turca, c'è la sciacquone, lo scarico, e via di seguito. E' incassato o fuori il muro? Dico è fuori il muro, quello tradizionale di ghisa. Dopo che io ho dato tutto questa descrizione nei minimi particolari, si mise proprio così come mi sono messo io, mi guardava, dice allora sei pronto? Mi dica. Mi guardava e un mezzo sorriso mi diceva quando uno serve la Patria, lo Stato per un fine nell'interesse dello Stato, della Società, come si dice, si devono fare anche azioni, più o meno un affare del genere, illegali. Io lo sentivo, e disse, in poche parole mi disse aveva dei... Ah, mi chiese se i detenuti scrivevano a macchina, macchine da scrivere, io gli dissi si, perchè in effetti in quel momento avevano la possibilità di scrivere a macchina e quindi mi disse possono fare anche documenti dattiloscritti. Dico si, li fanno tutti i giorni. Dice, allora dice, stammi bene a sentire, aveva questi, potevano essere non so 50, 60 adesso... foglietti dattiloscritti. Lo sai bene che.

PRESIDENTE: Li aveva lui in mano.

INCANDELA A.: Ce li aveva sulla scrivania.

P.M.: Lei ha detto foglietti, cosa intende, piccoli, grandi, un foglio protocollo?

INCANDELA A.: E... tradizionale.

P.M.: Quindi la dimensione di un foglio di protocollo.

INCANDELA A.: Si, ecco.

P.M.: Ecco andiamo avanti.

INCANDELA A.: Mi disse lo sai che riguardano questi? Non . Il nostro amico. In sostanza non disse il nome in quella circostanza, però fece riferimento al senatore Andreotti, insomma, fece riferimento a lì, quei fogli lì. E' questa è una mia deduzione però, signor Presidente, che le registrazioni che io avevo dato, praticamente quei fogli erano il succo delle registrazioni che avevo dato io, io questo ho capito.

PRESIDENTE: Questa è una sua deduzione.

INCANDELA A.: Questa è una mia deduzione.

PRESIDENTE: Sul contenuto di quei fogli.

INCANDELA A.: Sul contenuto di quei fogli. Lui mi disse che io dovevo mettere questi fogli dietro lo sciacquone di questo refettorio dove socializzavano i detenuti, dal momento dice che mi hai detto, perchè io gli avevo detto che le perquisizioni le disponevo io, i settori dove si deve fare la perquisizione, tu dice, ordina la perquisizione, trovano questi documenti, mi fai due righe e li dai a me, dice ma non singolarmente è stato rinvenuto questo documento al detenuto, tizio, caio, no. Sono stati rinvenuti da un locale dove bazzicavano 20, 30 detenuti, senza specificare a chi, sono stati rinvenuti nel locale dove socializzano i detenuti. Eh, io dissi... signor generale, guardi che non è... Ecco, io devo premettere una cosa, che io glielo avrei fatto in quel momento, devo essere sincero, però tecnicamente non potevo, non potevo perchè, perchè il comandante che si muove e va nel reparto di massima sicurezza, come minimo dietro un brigadiere, due, tre guardie, più le guardie dei servizi nel reparto, come faccio io a mettere questi documenti, mi vedono, quindi non, non lo posso fare. E' diventato una bestia, me ne ha dette di tutti i colori, che non ero buono, che, che era rimasto deluso di me e via dicendo. Io ho cercato di spiegare, dico non posso perquisire, ma non sono io, io ammesso che riesca a mettere, che è impossibile, dico, ordino una perquisizione, chi li trova o la guardia o il brigadiere mi fa un rapporto scritto a me e io questo rapporto poi lo devo girare al direttore, non lo posso mandare a lei.

P.M.: Mi scusi, perchè Dalla Chiesa le aveva detto che cosa doveva fare di questi documenti.

INCANDELA A.: Si, che li dovevo nascondere.

P.M.: Si e dopo?

INCANDELA A.: Dopo ordinare la perquisizione.

P.M.: Li avrebbe trovati, e quindi che avrebbe dovuto farne?

INCANDELA A.: Mandarli, darli a lui, fare un rapporto e darli a lui, con rinvenuti quei i documenti dentro il carcere.

P.M.: A lui personalmente.

INCANDELA A.: A lui personalmente.

P.M.: E quindi lei spiegò che non era possibile.

INCANDELA A.: Che non era possibile.

P.M.: Ho capito.

INCANDELA A.: Io ho già detto che in quel momento lì, in quel momento lì, i rapporti che avevo con il Generale Dalla chiesa, che io glielo avrei pure fatto, dico sono sincero signor Presidente, tecnicamente non si poteva fare.

P.M.: Ho capito. E in quell'occasione Dalla Chiesa le fece firmare qualche cosa?

INCANDELA A.: Ah, ecco in quell'occasione e... mi trattò male, veramente male quella mattina che stavo quasi per dire non voglio più lavorare con lei.

PRESIDENTE: Dopo il suo rifiuto o anche prima?

INCANDELA A.: Dopo il mio rifiuto, mi trattò malissimo, rimasi amareggiato veramente ……

……

P.M.: E che cosa le disse in quell'occasione?

INCANDELA A.: Lui mi disse, dice, lo vuoi capire che... senti gente come me, te e altri come noi ci vogliamo salvare e dobbiamo agire nell'illegalità, un'affare del genere.

P.M.: Ci vogliamo salvare che vuol dire?

INCANDELA A.: Ci dobbiamo salvare, ecco, questo mi disse.

P.M.: Salvare la vita, salvare la professione, salvare che?

INCANDELA A.: Si, la vita, la professione, si.

P.M.: Cosa disse lui esattamente, vuole...

INCANDELA A.: Mi disse se, se ci vogliamo salvare gente come me, te e altri come noi.

P.M.: Cosa doveva fare?

INCANDELA A.: E dovevo, dovevo fare quella relazione.

P.M.: Che riguardava Andreotti.

INCANDELA A.: Che riguardava il senatore Andreotti.

……

AVV. COPPI: Ma lei era a conoscenza di fatti specifici che riguardassero, fatti specifici che riguardassero il senatore Andreotti, che ha taciuto al Generale Dalla Chiesa?

INCANDELA A.: No.

……

AVVOCATO: In questo libro, e io vorrei sapere la ragione di questo titolo, questo è un fatto storico, c’è un capitolo intitolato "una strana proposta per incastrare qualcuno", è un capitolo che va dalle pagine 105 a 113. Voglio sapere, il contenuto di questo capitolo, che lei avrà certamente presente, trae spunto dal colloquio di cui stiamo per parlare?

INCANDELA A.: Io non ho capito

PRESIDENTE: Lo ricorda questo capitolo anzitutto?

INCANDELA A.: Si

AVVOCATO: C’è un capitolo nel quale lei in definitiva riassume i termini del colloquio di cui stiamo per parlare, io voglio sapere, il titolo, che è un titolo abbastanza singolare ed è questo "una strana proposta per incastrare qualcuno", è un titolo che trae lo spunto dal colloquio che lei sta per avere con il generale Dalla Chiesa?

(INCOMPRENSIBILE)

PRESIDENTE: Lo ha fatto lei questo titolo?

INCANDELA A.: Questo titolo qui l’ho fatto assieme....

PRESIDENTE: Gli chiediamo questo prima

AVVOCATO: Ha già risposto. L’ho fatto assieme?

INCANDELA A.: A (incomprensibile)

PRESIDENTE: Questo titolo lo ha fatto assieme...

INCANDELA A.: Assieme a (incomprensibile)

AVVOCATO: Allora ci può dire chi era la persone che avrebbe dovuto essere incastrata?

INCANDELA A.: Andreotti

E’ appena il caso di evidenziare che, ove la deposizione del Mar. Incandela venisse ritenuta attendibile, cio’ non sarebbe comunque sufficiente a supportare la tesi dell’accusa in quanto il teste ha comunque anche precisato che il Gen. Dalla Chiesa gli confermo’ esplicitamente ("visto che non sei riuscito a trovare gli scritti di Moro su Andreotti") che il famoso "salame" rinvenuto nel carcere e consegnato al Generale non era il memoriale Moro:

AVVOCATO: La domanda è questa. col suo permesso naturalmente siccome vi sono frasi riportate tra virgolette il testimone dice che in questo momento proprio non è in grado di ... e allora se lei consente io gli leggerei le frasi tra virgolette sempre per sollecitargli la memoria in modo da vedere se lei le ricorda e me li può confermare

PRESIDENTE: Si. Va bene può procedere

AVVOCATO: Una prima frase che avrebbe pronunciato il generale Dalla Chiesa è questa: visto che non sei riuscito a trovare gli scritti di Moro su Andreotti oppure forse li hai trovati e li hai dati ai servizi e visto che non vuoi mettermi per iscritto quello che tu sai su questi documenti e su Andreotti andiamo avanti, vediamo di trovare qualche cosa del genere, adesso vediamo un po’ che cosa sei capace di fare, stai bene a sentire quello che ti dico e quello che dovresti fare, si tratta sempre della questione delicatissima dei documenti dattiloscritti che parlano del sequestro Moro e di Andreotti, ricorda questa frase?

INCANDELA A.: Confermo

AVVOCATO: Conferma questa frase. Poi ancora le dice Dalla Chiesa io ti consegno questo fascio di documenti, le ha mostrato la busta di quaranta fogli,

INCANDELA A.: Si

AVVOCATO: Io ti consegno questo fascio di documenti e tu in qualche modo devi riuscirli a ficcarli dietro lo sciacquone della toilette del refettorio dove si svolge buona parte della vita sociale dei detenuti, poi il giorno dopo visto ...

PRESIDENTE: Ora faccia le domande ...(incomprensibile) forse è la parte che forse ricorda (incomprensibile)

AVVOCATO: Conferma questa prima parte. Oh poi il generale Dalla Chiesa con queste parole la invita alla perquisizione, se lei se le ricorda perfettamente se no gliele leggo. Preferisce che gliele legga?

INCANDELA A.: Le legga si

AVVOCATO: Poi il giorno dopo visto che sei tu che mi hai detto che ordini le perquisizioni, disponi una perquisizioni nei locali in modo che questi documenti saltino fuori

INCANDELA A.: Esatto, perfetto

AVVOCATO: Quindi tutto questo lei lo conferma. Conferma anche che il generale Dalla Chiesa a questo punto le chiese di redigere un rapporto che non possiamo non definire a questo punto falso?

INCANDELA A.: Si

AVVOCATO: E’ vero quindi ...

INCANDELA A.: Cioè se trovavo i documenti dovevo redigere il rapporto a lui

AVVOCATO: Certo se li metteva lei e li trovava è chiaro. E allora possiamo leggere queste frasi per individuare la falsità del rapporto che lei avrebbe dovuto redigere, queste sono sempre le parole del generale Dalla Chiesa almeno per quello che lei riferì

INCANDELA A.: Si

AVVOCATO: Nel rapporto dovrai solo dire dove li hai trovati e cioè nella zona dove socializzano i detenuti politici e non politici senza indicare nessun nome (incomprensibile)

……

AVV. COPPI: Io voglio sapere quando e in che occasione allora il Generale Dalla Chiesa le disse che c'era un solo modo per salvare lei, lui stesso ed altri. Quando glielo disse, in quale...

PRESIDENTE: Quando glielo disse.

AVV. COPPI: In quale quadro e in quale contesto.

INCANDELA A.: Allora me l'ha detto due volte, una prima volta, una prima volta quando mi invitò a scrivere fatti a conoscenza riguardanti il senatore Andreotti e io dissi che non sapevo niente e si è arrabbiato e già l'ho detto.

AVV. COPPI: Perfetto.

INCANDELA A.: Una seconda volta me l'ha detto quando e... mi voleva fare...

AVV. COPPI: Esatto e questo stavo dicendo.

INCANDELA A.: Mettere questa roba, questi dattiloscritti dietro allo sciacquone.

……

AVV. COPPI: Grazie presidente. Dunque se ricordo bene, eravamo rimasti al punto in cui lei spiegò che per due volte il Generale Dalla Chiesa le aveva detto che era necessario compiere certo operazioni, scrivere una relazione o inserire i famosi documenti se lei, lui stesso ed altre persone volevano aver salva la vita. Lei che cosa ha risposto in queste due circostanze, in entrambe le circostanze, lo ricorda?

INCANDELA A.: Si.

AVV. COPPI: Di fronte a questa rappresentazione addirittura drammatica del rischio di non salvar la vita se non fosse stato fatto quello che le chiedeva il Generale Dalla Chiesa.

INCANDELA A.: E ho detto non sapevo niente, cosa dovevo scrivere? Cosa potevo scrivere io, non lo so.

……

AVV. COPPI: Ma lei era a conoscenza di fatti specifici che riguardassero, fatti specifici che riguardassero il senatore Andreotti, che ha taciuto al Generale Dalla Chiesa?

INCANDELA A.: No.

PRESIDENTE: Più forte.

INCANDELA A.: Ho detto no.

Si rammenti infine che secondo la testimonianza del Mar. Incandela l’incontro notturno sarebbe avvenuto a seguito di appuntamento fissato dal gen. Dalla Chiesa telefonicamente uno o due giorni prima:

AVVOCATO: Parliamo .. un grosso passo indietro rispetto a tutto quello che abbiamo fatto, ma mi consenta, l’appuntamento in cui il generale Dalla Chiesa la invitò a fare le ricerche del salame, venne concordato poco tempo prima, era stato preso diverso tempo prima?

INCANDELA A.: No lui mi telefonò, quando mi sono incontrato con (incomprensibile) mi telefonò di fargli trovare ..

AVVOCATO: Si ricorda quanto tempo prima rispetto all’incontro avvenne questa telefonata?

INCANDELA A.: Due giorni prima mi sembra, un giorno o due prima

Orbene, la testimonianza di Fernando Dalla Chiesa, soprattutto nei riferimenti ai colloqui avuti con il padre e le sorelle e con quanti collaborarono con il Generale al fine di verificare la fondatezza delle accuse e delle dichiarazioni rese dal Mar. Incandela, costituisce una palese e completa smentita alla ricostruzione di quest’ultimo e dunque alle stesse tesi dell’accusa:

AVVOCATO BONGIORNO:

Sono l'avvocato GIULIA BONGIORNO. Onorevole, allora, per quanto riguarda una deposizione che e' stata resa in quest'aula dal maresciallo INCANDELA, io le faccio alcune domande prendendo spunto da questa deposizione, faccio riferimento chiaramente alla deposizione di INCANDELA, udienza 15 gennaio '97, pagina 32 e seguenti. Il maresciallo INCANDELA ha dichiarato: "un giorno, siamo nei primi giorni del '79, mi telefona il generale DALLA CHIESA, come al solito, e' solo? Si. Ci dobbiamo vedere questa sera al solito posto, una zona chiamata Pantalera alla periferia di Cuneo", PRESIDENTE: "vuole ripetere?" "Pantalera la zona, in aperta campagna. Io vado li' mi fermo con la macchina". Leggo l'intero pezzo perche' poi su questo faccio tutte le domande. " Mi fermo con la macchina, subito dopo arriva un'Alfa bianca mi fa con i fari, mi si avvicina e dice segui. Era lui con l'autista, e andiamo dentro uno spiazzo, li' in una campagna. Sono arrivato li', sono sceso, e' sceso il generale, e' andato a fare la pipi', poi dice vieni qua. Allora, mi ha fatto sedere dentro quest'Alfa, lui era dietro e io mi sono seduto dietro, avanti c'era l'autista". Per ora questo pezzo. Innanzitutto, quindi, il maresciallo INCANDELA sostiene di aver preso l'appuntamento telefonicamente con suo padre. Lei vuole descrivere, se e' in grado di farlo, quelle che erano le sue, le abitudini che lei conosce di suo padre per fissare gli appuntamenti e se era proprio abitudine di suo padre utilizzare in questi casi il telefono, per fissare appuntamenti di lavoro, e quello che diceva a voi figli sull'uso del telefono?

DALLA CHIESA FERNANDO:

Guardi sulla... sul... le usanze di mio padre sono usanze che sono incompatibili con quella deposizione. Mio padre, ma ancora dai tempi della prima... della seconda presenza in Sicilia, era abituato ... Era abituato a non dire mai, non dove sarebbe andato il giorno dopo, dove stesse andando quel giorno e dove avesse degli appuntamenti. Io ricordo che anche al suo autista, che era un autista di fiducia, a Palermo mettendosi in auto diceva si va verso est, si va verso sud e poi, durante il percorso, precisava la localita' dove si sarebbero diretti. Era impossibile che il giorno prima desse comunicazione telefonica di un luogo in cui trovarsi con precisione a una certa ora. Quando veniva a casa nostra, per esempio, anche in linguaggio cifrato, perche' la parola d'ordine era o le mucose, o l'acqua minerale, telefonava mezz'ora prima per dire che stava arrivando. L'appuntamento telefonico non c'era mai un giorno per l'altro.

AVVOCATO BONGIORNO:

Ed era abitudine di suo padre spostarsi di sera fuori della citta' senza scorta?

DALLA CHIESA FERNANDO:

No. No. E' credibile che sia mosso come aveva fatto tante volte mimetizzandosi in citta', senza scorta. Fuori dalla citta' e' assolutamente incredibile, almeno per l'esperienza che ho avuto io, tutti gli spostamenti fuori citta' erano fatti con la scorta.

PRESIDENTE:

Senta onorevole, lei non deve dire incredibile o credibile, se gli risulta o non gli risulta. Se risulta abbia fatto spostamenti oppure non abbia fatto spostamenti. Gli aggettivi, i giudizi non sono ammessi.

……

DALLA CHIESA FERNANDO:

Allora, invece di dire non e' credibile, dico non era assolutamente parte delle sue abitudini andare...

AVVOCATO BONGIORNO:

Ecco. Perfetto, perfetto.

PRESIDENTE:

Dica questo...

AVVOCATO BONGIORNO:

Non era abitudine, per ora stiamo parlando della scorta in particolare, diceva...

DALLA CHIESA FERNANDO:

Andare senza scorta fuori citta', tanto meno la sera.

AVVOCATO BONGIORNO:

Senta, lei, questo chiaramente se le risulta e se qualcuno gliel'ha riferito, a lei risulta che il generale DALLA CHIESA, che suo padre, si incontrasse con il maresciallo INCANDELA in maniera occulta fuori dal carcere?

DALLA CHIESA FERNANDO:

Io non posso saperlo perche' non ho mai sentito nominare il maresciallo INCADELA prima...

AVVOCATO BONGIORNO:

Quindi suo padre nemmeno le ha mai parlato del maresciallo INCANDELA come uomo di sua fiducia, proprio non l'ha mai sentito dire il nome di INCANDELA?

DALLA CHIESA FERNANDO:

Non l'ho mai sentito nominare.

AVVOCATO BONGIORNO:

Mai sentito nominare. A proposito di questo passaggio della deposizione che io le ho letto, sempre in base alle abitudini di suo padre, perche' a noi ci interessa proprio comprendere le abitudini per vedere se questo racconto e' compatibile con le abitudini di suo padre. Lei ha letto anche... che secondo il maresciallo a un certo punto suo padre si sarebbe allontanato per soddisfare un bisogno personale. Le risulta che suo padre mantenesse nei confronti dei subordinati sempre un distacco imposto dalla gerarchia oppure che ci fossero anche rapporti camerateschi?

DALLA CHIESA FERNANDO:

No, i rapporti camerateschi non li aveva, non li intratteneva, tanto meno intratteneva rapporti camerateschi come quelli che sono stati ricordati cioe' fare la pipi' davanti a un inferiore gerarchico, ma anche di fronte a un collega.

……

AVVOCATO BONGIORNO:

Sempre come abitudini di suo padre, lei sa se suo padre dinanzi a terzi desse informazioni, parlasse di fatti riservati, di fatti del suo ufficio, come abitudine di suo padre, le e' mai capitato di vedere che suo padre di fatti del suo ufficio ne parlasse di fronte a terzi estranei?

DALLA CHIESA FERNANDO:

Ma guardi, assolutamente. Assolutamente.

……

AVVOCATO BONGIORNO:

Il maresciallo INCANDELA per sei volte nel corso della sua deposizione, prima parte pagina 45, prima parte pagina 47 due volte, prima parte pagina 52, prima parte pagina 219, prima parte pagina 221, ha dichiarato che suo padre aveva il chiodo fisso per ANDREOTTI. Ha anche affermato per ben due volte, si ricava da pagina 58 seconda parte, e da pagina 55 e 64 prima parte, che suo padre gli avrebbe detto che quando si serve la patria si devono fare azioni illegali, e questo glielo avrebbe detto due volte, in una occasione quando gli avrebbe chiesto di nascondere dietro lo sciacquone dei documenti asseritamente attenenti al senatore ANDREOTTI, non si sa comunque cosa c'era scritto, e in un'altra occasione, pagina 64 prima parte, gli avrebbe detto sempre di agire nell'illegalita' in quanto "gente come me, te ed altri se ci vogliamo salvare la vita dobbiamo agire nell'illegalita'". Infine, e cosi le faccio un'unica domanda, questo risulta dalla deposizione, quindi posso fare riferimento a questo capitolo del libro perche' e' stata fatta una domanda, gli e' stata fatta la domanda: senta, nel suo libro c'e' scritto una strana proposta per incastrare qualcuno, a chi si riferiva? e lui riferisce, seconda parte pagina 55 della deposizione, che suo padre voleva incastrare ANDREOTTI. Alla luce di tutte queste dichiarazioni del maresciallo INCANDELA io le chiedo, in base a quello che le ha detto suo padre, le hanno detto collaboratori di suo padre, le sue sorelle o altre persone, lei ci puo' dire se e' vero che aveva questo chiodo fisso che voleva incastrare ANDREOTTI?

DALLA CHIESA FERNANDO:

Senta, mi risulta, la prego di capirmi signor Presidente, molto difficile rispondere, perche' e' vero che io devo parlare soltanto delle cose che ho visto direttamente...

PRESIDENTE:

E anche delle cose che ha avuto dette, che ha appreso.

DALLA CHIESA FERNANDO:

...o che mi hanno detto, pero' c'e' anche, ed e' vero che sfugge alla mia sfera di determinazione, pero' esiste anche la logica, non la posso usare ma non mi sembra, cioe' dico io non ho mai pensato, non ho mai visto, non ho mai visto e non ho mai sentito mio padre sostenere che ANDREOTTI, ma nessun uomo politico, fosse da incastrare. Non faceva parte della sua logica ed etica istituzionale pensare che si incastrano le persone, che si incastrano per colpirle. Posso dirle, e questo comunque e' notorio, che mio padre fosse incline a superare alcuni vincoli procedurali per ottenere il risultato, ma non a costruire il colpevole. Quindi un conto sono gli infiltrati e un conto e' desiderare di incastrare un uomo, che sia il cittadino comune o che sia un potente uomo politico. Quelle frasi, per la mia esperienza, sono assolutamente estranee all'etica istituzionale di mio padre ed io non gli ho mai sentito dire, io avevo un rapporto stretto con mio padre, le mie sorelle lo stesso, nessuno di noi gli ha mai sentito esprimere frasi di questo genere nei confronti di alcun uomo politico. Che non sappiamo... ecco, normalmente se non fosse intervenuto l'ultimo periodo palermitano io non avrei mai avuto alcun accenno al... a cosa pensasse mio padre dell'onorevole ANDREOTTI. E' soltanto in quel periodo che ne ha parlato.

……

AVVOCATO BONGIORNO:

Ne'... perche' nella mia domanda c'era compreso se per caso questo le fosse riferito da qualche sua sorella che magari aveva un rapporto..., o da collaboratori stretti, di diffidenza nei confronti del senatore ANDREOTTI.

DALLA CHIESA FERNANDO:

Avvocato, ne ho parlato anche con le mie sorelle, ne ho parlato anche con gli amici piu' stretti di mio padre, nessuno gli ha mai sentito esprimere dei giudizi sugli uomini politici, ma anche su alti esponenti delle istituzioni non politiche, non faceva parte del suo costume.

E’ del tutto evidente che la testimonianza di Fernando Dalla Chiesa, anche nella parte in cui riferisce dei colloqui avuti sia con le sorelle che con gli amici e con i collaboratori piu’ stretti di suo padre, tutti concordi nell’escludere che il Generale avesse espresso giudizi o valutazioni su uomini politici o esponenti delle istituzioni, smentisce anche la deposizione della Sig. Setti Carraro laddove quest’ultima, nella maniera tardiva, contraddittoria e tutt’affatto convincente che e’ stata gia’ evidenziata, assume di avere sentito Carlo Alberto Dalla Chiesa invitare alla diffidenza nei confronti del Sen.Andreotti:

AVVOCATO BONGIORNO:

…..La signora Setti Carraro e' stata sentita il 16 gennaio 1997 in questo processo, in particolare a pagina 97 ha fatto una dichiarazione e cioe' ha detto che il discorso con il generale DALLA CHIESA sarebbe caduto sull'omicidio di MORO, il Pubblico Ministero gli ha chiesto: "ci dice che cosa vi siete detti?" E la signora ha risposto: "Si, e' caduta sul delitto MORO la conversazione, perche' aveva fatto su tutti molto impressione. Un giorno EMANUELA insisteva, insisteva molto con CARLO ALBERTO, diceva: ma insomma CARLO ALBERTO, chi ha ucciso MORO? E il generale si e' alzato dal divano dov'era seduto e con quel solito sorriso un po' ironico, uscendo dalla porta del soggiorno per andare fuori dalla casa, con la mano ha girato e mi ha detto: ma sono stati loro. Ha detto con convinzione. EMANUELA e io ci siamo rimaste perplesse". "Ma sono stati loro cosa vuol dire signora?" E la signora ha risposto: "la Democrazia Cristiana. Il generale era perfettamente convinto che la Democrazia Cristiana volesse, avesse voluto morto CARLO ALBERTO senz'altro." Allora io le chiedo innanzitutto se le risulta che suo padre parlasse con la suocera e con la sua seconda moglie di questi argomenti, come prima domanda.

DALLA CHIESA FERNANDO:

In mia presenza, EMANUELA SETTI CARRARO e' stata in vacanza con noi a Prata anche prima di essere sposata, e' venuta l'estate prima, l'81, siamo stati insieme piu' giorni come poi anche nell'82, ma d'altra parte io la vedevo anche a Milano, in mia presenza non era questo un genere di argomenti che affrontasse, ma non... normalmente, mai.

AVVOCATO BONGIORNO:

Mai.

DALLA CHIESA FERNANDO:

Non l'ho mai sentita parlare di politica con mio padre. Ovviamente non posso escludere che in altra sede sia successo.

AVVOCATO BONGIORNO:

Certo, il resto... al solito siamo... ci riferiamo sempre alla sua esperienza. E allora per... rispetto l'oggetto di questo discorso, a lei suo padre, o i suoi collaboratori, ha mai detto una cosa del genere

DALLA CHIESA FERNANDO:

Mai. Mai. Torno a quanto ho detto prima, non ...

AVVOCATO BONGIORNO:

Anche alle sue sorelle, quando dico suoi coll... insomma, se c'e' un terzo.

DALLA CHIESA FERNANDO:

Mai.

AVVOCATO BONGIORNO:

Poi le leggerei un altro passaggio della deposizione ed e' il passaggio numero 2, la medesima deposizione pagina 177. "Nel corso di una conversazione dai toni familiari, EMANUELA parlo' di un uomo politico che allora faceva parte del Governo e del quale non riesco a ricordare il nome. Il generale osservo' che quell'uomo politico... e che di quell'uomo politico non ci si poteva fidare. EMANUELA gli disse cosa ne sapesse lui, gli chiese cosa ne sapesse lui ed egli rispose con sorriso un po' ironico: tutte queste cose io le so. Piu' tardi dopo che il generale ando' via io rimasi sola con EMANUELA, probabilmente prendendo spunto da quello scambio di battute avvenute nel pomeriggio, EMANUELA mi parlo' delle carte di via Monte Nevoso, ella mi disse che l'onorevole ANDREOTTI aveva chiesto queste carte al generale DALLA CHIESA e aggiunse con un'espressione tipica dell'idioma veneto: col cucco che gliele ha date tutte". Quindi... Va be' qua poi prosegue. Io le chiedo innanzitutto, sono due passaggi di questa conversazione, una nella quale si fa riferimento a un uomo politico del quale suo padre non si sarebbe fidato e poi in esito a una domanda che fa il Tribunale e' venuto fuori che si trattava proprio di ANDREOTTI, pero' la signora inizialmente non ricordava questo nome, poi ha detto che si trattava del senatore ANDREOTTI su domanda specifica del Presidente. Secondo passaggio della conversazione "col cucco che gliele hadate tutte" ci si riferisce qui a delle carte di via Monte Nevoso, di cui sarebbe stato in possesso suo padre, una parte le avrebbe date al senatore ANDREOTTI, una parte le avrebbe trattenute per se e una parte alla Magistratura. Io le chiedo se a lei risultano questi fatti, se sono risultati a suoi collaboratori, se suo padre l'ha mai detto a sua sorella e se la signora SETTI CARRARO gliene ha mai parlato.

DALLA CHIESA FERNANDO:

E' un dato di fatto che la signora SETTI CARRARO conosceva ANDREOTTI da prima di questa vicenda.

AVVOCATO BONGIORNO:

E infatti.

DALLA CHIESA FERNANDO:

Il giudizio che da' mio padre su un uomo politico "non ce se ne puo' fidare" e' un giudizio, per la mia esperienza, che poteva dare in occasioni riservatissime ed era il massimo cui potesse arrivare. Io lo ricordo una volta negli anni '70 espresse in un altro modo il linguaggio era "buono quello" ecco, ma li' si fermava.

AVVOCATO BONGIORNO:

Scusi, quello che ha detto prima, la SETTI CARRARO conosceva ANDREOTTI, si riferiva alla mia domanda, al problema "e' un uomo di cui non ci si puo' fidare" e quindi il fatto che la SETTI CARRARO non si ricordasse il nome di ANDREOTTI, a questo lei rispondeva?

DALLA CHIESA FERNANDO:

Si.

AVVOCATO BONGIORNO:

Ah, il fatto lei dice, non e' possibile che non se lo ricordava perche' si conoscevano da prima.

DALLA CHIESA FERNANDO:

Si.

AVVOCATO BONGIORNO:

Ah, d'accordo, non avevo capito perche' me lo diceva. D'accordo.

Ma la smentita del teste Fernando Dalla Chiesa si e’ estesa anche e soprattutto ai pretesi rapporti del padre con Carmine Pecorelli, ed alla tesi della sottrazione da parte del genitore di documenti provenienti dal covo delle Brigate Rosse di via Montenevoso:

AVVOCATO BONGIORNO:

Senta, suo padre, lei ha detto che comunque appunto non le raccontava fatti del suo lavoro e quindi appunto rispetto questo io le chiedo se magari le ha mai detto di essere amico, di avere una frequentazione e di incontrarsi addirittura settimanalmente all'Elefante Bianco con il giornalista PECORELLI?

DALLA CHIESA FERNANDO:

Io non ho mai sentito parlare del giornalista Pecorelli fino al giorno in cui e' stato ucciso.

AVVOCATO BONGIORNO:

Anche come.... Volevate intervenire?

PRESIDENTE:

Dopo, dopo ne ha sentito parlare?

DALLA CHIESA FERNANDO:

No, fino al giorno in cui e' stato ucciso non ne avevo mai sentito parlare, dopo ho letto ...

AVVOCATO BONGIORNO:

Cioe' se c'erano questi appuntamenti...

DALLA CHIESA FERNANDO:

... sui giornali, ma mio padre non me ne ha mai parlato.

PRESIDENTE:

Da suo padre, da suo padre?

DALLA CHIESA FERNANDO:

No, mai... No, no, mai signor Presidente.

…….

AVVOCATO BONGIORNO:

Passiamo ad un altro argomento. No, prima, per finire questo, anche se probabilmente e' superfluo ma deriva sempre da questa deposizione del maresciallo INCANDELA, le vorrei fare un'ultima domanda, se per caso lei ha saputo da collaboratori di suo padre, a questo punto o da suo padre stesso ma penso che l'avrebbe riferito, se per caso suo padre fosse in possesso di documentazione con la quale avrebbe potuto ricattare il senatore Andreotti, se aveva dei documenti. Anche collaboratori di suo padre, perche' magari con lei non ne parlava.

DALLA CHIESA FERNANDO:

A me non ne ha mai parlato, i collaboratori di mio padre me l'hanno tutti smentito.

AVVOCATO BONGIORNO:

D'accordo.

DALLA CHIESA FERNANDO:

E, se posso dire, non era, per quello che ho conosciuto mio padre, non faceva parte della sua etica istituzionale ricattare nessuno.

……

DALLA CHIESA FERNANDO:

Io di... guardi di questa storia delle carte che ha trattenuto lo considero, in base all'esperienza, estraneo alla logica istituzionale di mio padre. Proprio questo... devo dire, puo' darsi che sbagli, signor Presidente, io non me ne capacito che...

PRESIDENTE:

Lei deve dire che cosa le risulta.

DALLA CHIESA FERNANDO:

Non mi risulta, non mi risulta. Non solo non mi risulta ma, vorrei rafforzarlo, e' estraneo alla sua logica istituzionale. Stiamo parlando di una persona che io non ho conosciuto, ecco. Se questo e' vero, e' una persona che io non ho conosciuto.

AVVOCATO BONGIORNO:

Guardi, il problema e' questo, esempio: lei ha detto che a casa sua... innanzitutto qualche collaboratore stretto di suo padre, dopo la morte di suo padre, avra' anche avuto dei colloqui con lei su suo padre.

DALLA CHIESA FERNANDO:

-INCOMPRENSIBILE-

AVVOCATO BONGIORNO:

Se qualcuno di questi le ha detto... perche' a noi, sa e' un problema anche procedurale, il Presidente le dice...

DALLA CHIESA FERNANDO:

Avvocato, siccome...

AVVOCATO BONGIORNO:

... non lo so', qualcuno glielo ha riferito, un collaboratore stretto, non so' BOZZO, TATEO erano collaboratori stretti.

DALLA CHIESA FERNANDO:

Avvocato, siccome questa era una voce che girava ...

AVVOCATO BONGIORNO:

Ecco, questo...

DALLA CHIESA FERNANDO:

... e io volevo accertarmene...

AVVOCATO BONGIORNO:

Ecco, questo.

DALLA CHIESA FERNANDO:

... l'ho chiesto a tutti i collaboratori stretti di mio padre...

AVVOCATO BONGIORNO:

Perfetto. Questo e' un fatto.

DALLA CHIESA FERNANDO:

...Ecco, a tutti.

AVVOCATO BONGIORNO:

Quindi, lei e' andato dai collaboratori...

DALLA CHIESA FERNANDO:

... E tutti l'hanno escluso.

AVVOCATO BONGIORNO:

Quindi, scusi, ecco, su questo, perche' finalmente questo e' un fatto, perche' sa' ci interessano proprio fatti. Lei e' andato a parlare, quando e' uscita fuori questa storia, con i... innanzitutto quando questi colloqui, quando e' uscita fuori in questa occasione di questo processo, oppure...?

DALLA CHIESA FERNANDO:

No,no, molto prima, perche'...

AVVOCATO BONGIORNO:

Molto prima.

DALLA CHIESA FERNANDO:

... come sa e' una voce che ha incominciato a ...

AVVOCATO BONGIORNO:

A girare... infatti...

DALLA CHIESA FERNANDO:

... girare, quasi subito dopo l'assassinio di mio padre.

AVVOCATO BONGIORNO:

... quasi subito. Allora lei che cosa ha fatto a quel punto, si e' recato da chi? Cosi individuiamo dei nomi.

PRESIDENTE:

Racconti, racconti.

AVVOCATO BONGIORNO:

Racconti proprio questo episodio, e' andato da BOZZO, da TADDEO, da questi amici di suo padre?

DALLA CHIESA FERNANDO:

L'ho chiesto al generale BOZZO, l'ho chiesto all'allora maggiore adesso credo che sia colonnello BUONAVENTURA, l'ho chiesto al ... non era direttamente coinvolto ma collaborava come Magistrato con mio padre, al sostituto Procuratore SPATARO, ho chiesto sia a Magistrati, sia a ufficiali dei Carabinieri che avevano partecipato alle indagini di terrorismo e che poi, nel caso del generale BOZZO, avevano partecipato direttamente ...

AVVOCATO BONGIORNO:

E infatti, al...esatto.

DALLA CHIESA FERNANDO:

... all'episodio di via Monte Nevoso, tutti mi hanno escluso categoricamente che fosse stata trattenuta una parte di quelle carte. Io non ne ho mai saputo nulla. A me non e' mai stato detto niente di questo e non ha mai fatto allusioni neanche. Neanche allusioni come quelle che vengono ricordate a partire da quella deposizione. Mai.

AVVOCATO BONGIORNO:

E, ma queste persone le spiegavano anche le ragioni per le quali cio' era impossibile, cioe' le spiegavano anche come erano avvenute le modalita' di accesso a questo covo, se suo padre era stato il primo, se per un certo periodo... se invece erano entrati prima i Magistrati di suo padre? Le hanno anche detto...

DALLA CHIESA FERNANDO:

Si, mi hanno spiegato che e' arrivato prima il Magistrato...

AVVOCATO BONGIORNO:

Ecco, ecco, lo dica.

DALLA CHIESA FERNANDO:

... di mio padre, e' arrivato il... era il dottor Pomarici. E' arrivato prima lui, sono arrivati gli ufficiali dei Carabinieri e mio padre e' stato informato mentre era fuori Milano. A questo proposito, se posso...

AVVOCATO BONGIORNO:

Certo.

DALLA CHIESA FERNANDO:

... completare, siccome ho visto dagli atti che c'e' un interesse anche dal parte del Pubblico Ministero a sapere la sera del primo ottobre dove fosse mio padre...

AVVOCATO BONGIORNO:

Si.

DALLA CHIESA FERNANDO:

... io ho poi verificato sull'agenda, l'agenda da' questo tipo di informazione, scrivendo il...

PRESIDENTE:

Primo ottobre...? Primo ottobre...?

DALLA CHIESA FERNANDO:

Il primo ottobre del '78. Li' ci sono... saltano tre giorni, evidentemente perche' non aveva avuto il tempo per redigere, per scrivere il diario la sera, e sono ... quindi la stesura e' del 3 sera e abbraccia il primo il 2 e il 3...

AVVOCATO BONGIORNO:

Si.

DALLA CHIESA FERNANDO:

Quando scrive il tre sera dice: "dopo piu' sere torno in questa stanzetta" che e' la stanza di Roma in cui lui evidentemente non ha dormito, non posso dire non e' stato a Roma, comunque non ha dormito a Roma, ne' il primo sera, ne' il 2 sera, il 3 risulta che fosse a Milano e... Poi, lo posso consultare meglio se questo puo' interessare.

AVVOCATO BONGIORNO:

Si, questa parte e' importante.

DALLA CHIESA FERNANDO:

Ecco. Quindi, l'informazione e' che lui non ha dormito a Roma il primo, la notte del primo ottobre, questo non esclude che lui non sia andato a Roma, pero' se ... siccome era sua abitudine a Roma dormire solo nella stanza del Comando della via Salaria... ma, poi sono tutte congetture mie...

AVVOCATO BONGIORNO:

No, no, ci interessava la notte anche perche' gia' e' acquisito al fascicolo del dibattimento, il Tribunale -INCOMPRENSIBILE- le dichiarazioni di EVANGELISTI, su quello che sarebbe avvenuto la notte del primo ottobre. Comunque, sempre... noi abbiamo per ora escluso, abbiamo escluso che a lei sia stato riferito da collaboratori o anche da sorelle o da terzi che suo padre fosse in possesso di queste carte e che ne avesse dato una parte al senatore ANDREOTTI. Io comunque le chiedo anche un altro aspetto della vicenda e cioe' se in quel momento, ripeto siamo nel '78, suo padre aveva delle ragioni, delle ... delle ragioni, vi erano delle circostanze che avrebbero indotto suo padre a non dare tutti i documenti al senatore DALLA CHIESA... al senatore ANDREOTTI. Che lei sappia c'erano delle ragioni per le quali voleva sottrarre del materiale, per le quali provava del risentimento? Nel '78 siamo.

DALLA CHIESA FERNANDO:

No, no.

AVVOCATO BONGIORNO:

Nel '78 no.

DALLA CHIESA FERNANDO:

Ragioni di attrito...

AVVOCATO BONGIORNO:

Ecco, ragioni di attrito.

DALLA CHIESA FERNANDO:

No.

AVVOCATO BONGIORNO:

Perche' tra l'altro, proprio su queste ragioni di attrito e sempre su questo argomento, abbiamo avuto una deposizione in questo processo in cui si e' parlato di una sorta di incontro di Teano e di riappacificazione a seguito delle consegne di queste carte, ecco perche' io le chiedo se per caso c'era un contrasto nel '78 che poi puo' essere stato sanato da questa consegna di carte. Volevo sapere se lei era a conoscenza che nel '78 c'era un contrasto.

DALLA CHIESA FERNANDO:

Guardi, no.

AVVOCATO BONGIORNO:

Non le risulta. Senta, la signora ANTONIETTA SETTI CARRARO ha anche affermato, pagina 114 e seguenti, di avere appreso, sia da una donna di servizio che dalla figlia, che suo padre sarebbe stato in possesso di materiale e di bobine del... relative al sequestro MORO e ancora oggi non rinvenute. A lei risulta questa circostanza, i collaboratori di suo padre le hanno parlato di questo, le sue sorelle, terzi?

DALLA CHIESA FERNANDO:

E' la prima volta che lo sento dire.

Alla luce delle considerazioni che precedono deve dunque ritenersi che la critica disamina delle risultanze acquisite non comprova la tesi dell’accusa, principalmente fondata sulle vaghe, contraddittorie ed altalenanti dichiarazioni di Tommaso Buscetta, tutte peraltro "de relato", di un perverso intreccio tra l'omicidio di Carmine Pecorelli, i presunti segreti del caso Moro e l’omicidio del Generale Dalla Chiesa.

Nessun rilievo decisivo assume, ad avviso del Collegio, la circostanza che Tommaso Buscetta, pur avendo taciuto per circa un decennio quanto egli sapeva sui rapporti tra mafia e politica e sull’On.Andreotti in particolare, ne avesse tuttavia fatto cenno, sin dalla primavera del 1985, a Richard Martin, all’epoca in servizio presso la Procura Federale del Distretto Meridionale di Manhattan, il quale ebbe rapporti con il Buscetta nell’ambito del processo statunitense sulla cd. "pizza connection".

Si tratta di un fatto riferito da Buscetta che puo’ ritenersi sufficientemente provato proprio sulla scorta delle dichiarazioni sostanzialmente concordi rese dal Martin e dall’agente del F.B.I. Anthony Petrucci nel corso del presente dibattimento (udienze del 9 e del 17 luglio 1996):

MARTIN R.: …durante uno degli interrogatori che abbiamo fatto in preparazione, io ho spiegato a Buscetta il contenuto del contratto di collaborazione che abbiamo preparato. Io ho
spiegato che il contratto ha previsto che il
testimone, Buscetta, doveva dire la verità e doveva rispondere a tutte le domande fatte a lui, che lui non avrebbe la scelta di non rispondere. Se lui seguisse questo contratto, rispondeva a tutte le domande dicendo la verità, lui avrebbe l'immunità, anche delle dichiarazioni contro di se stesso. Se invece lui diceva una cosa falsa o non rispondeva a tutte le domande, perderebbe questa immunità e tutto quello che lui ha già detto contro di se stesso, poteva essere utilizzato contro di lui. Lui ha detto che era tutto preparato, assolutamente di firmare questo contratto, però aveva una sola preoccupazione, cioè lui diceva che c'era un soggetto che forse sarebbe meglio non aprire, e io ho risposto che non era possibile non rispondere a un singolo soggetto. Se venisse fuori una domanda, lui dovrebbe rispondere. Ho chiesto se lui ha capito, e lui ha risposto di sì……L'argomento che lui diceva forse potrebbe creare difficoltà era l'argomento del livello politico della "Cosa Nostra". Io ho detto che non potevo pensare come questo potrebbe rilevante nel nostro processo. Però, se venisse fuori qualsiasi domanda su questo argomento, lui doveva rispondere. Lui ha detto che aveva capito, va bene. Poi mi ha detto, per farmi capire il livello del problema che lui ha accennato, lui ha detto per farmi capire questo, ha detto un solo nome, Andreotti. ……Mi ha detto che aveva timore che aprendo questo argomento, lui sarebbe preso per un pazzo, ……Era primavera dell'85. ……C'erano altri agenti della DEA, questo è avvenuto in una casa che ... …era una casa protetta, nella vicinanza di New York, località esatta non sapevo, non volevo sapere. C'erano diversi agenti lì, però il colloquio con Buscetta è stato con me davanti a un agente della DEA che si chiama Petrucci Antony. ……Sì, era presente e ascoltava come me.

PETRUCCI A.: E' successo durante la primavera del, credo che sia stato, aprile del 1985…… Il signor Martin ha avvisato il signor Buscetta che lui era obbligato di raccontare tutta la verità durante la sua permanenza in custodia negli Stati Uniti, doveva rispondere in maniera vera a tutte le domande postegli. Buscetta ha dichiarato che in parte non era possibile questo perchè lui ha detto all'Autorità Italiana e in modo particolare al dott. Falcone che lui era disponibile parlare di qualsiasi cosa concernente la mafia e la loro attività però non avrebbe mai parlato di qualsiasi cosa politica. Lui ha dichiarato a noi della DEA che sarebbe disposto a parlare sulla mafia e su qualsiasi partita di droga che è arrivata negli Stati Uniti però non era disposto a parlare sulla situazione politica. Rick Martin ha detto che è importante che lei - parlando con Buscetta - parlasse di tutto. Buscetta ha detto che era troppo complicato, molto complicato, e ha detto che l'unica parola che lui poteva pronunciare sarebbe uno, tanto per fare capire alla DEA quanto era complicata la situazione e ha detto il nome Andreotti. In quel momento il signor Martin ha detto al signor Buscetta che potevano intraprendere i discorsi che riguardavano semplicemente i fatti accaduti e rilevanti per gli Stati Uniti lasciando da parte per ora la situazione politica in Italia che non gli riguardava.

E’ incontestabilmente provato, dunque, che Tommaso Buscetta sin dal 1985 effettivamente riferi’, ancorche’ solo con un semplice accenno, che egli era a conoscenza di fatti riguardanti l’odierno imputato, senza tuttavia soffermarsi minimamente sul contenuto specifico di tali conoscenze.

Orbene, la decisione pur tardiva del Buscetta di rivelare quanto a sua conoscenza sul Sen.Andreotti ha consentito tuttavia di evidenziare come quelle conoscenze si concretassero poi esclusivamente in fatti appresi "de relato" principalmente da Stefano Bontate, Gaetano Badalamenti e dai cugini Salvo, ma non ha consentito di acquisire, alla stregua delle considerazioni svolte, la prova certa che quei fatti a lui riferiti fossero realmente avvenuti.

Se dunque non vi e’ prova alcuna che Tommaso Buscetta, al di la’ delle rilevate contraddizioni, verosimilmente dovute anche al lungo tempo trascorso da quei colloqui risalenti ai primi anni 80, abbia mentito inventandosi conversazioni con le sue fonti di riferimento in realta’ mai avvenute, non vi e’ neppure la prova certa che i fatti riferitigli da quelle fonti fossero corrispondenti al vero, difettando concreti ed apprezzabili elementi di riscontro.

Non puo’ che ribadirsi che resta esclusivamente demandato alla Corte di Assise di Perugia il giudizio in ordine alla penale responsabilita’ dell’On. Giulio Andreotti per l’omicidio del giornalista Carmine Pecorelli, materialmente eseguito, secondo la tesi dell’accusa, da esponenti di Cosa Nostra su mandato dei cugini Salvo, nonche’ di Gaetano Badalamenti, Giuseppe Calo’ e Stefano Bontate e con l’ausilio operativo di esponenti della Banda della Magliana.

Ma in questa sede – ed ai limitati fini che qui interessano circa la sussistenza del delitto associativo contestato all’imputato – deve concludersi che la valutazione compiuta dal Collegio in ordine alla prospettata causale legata ai pretesi fastidi che il giornalista, con i suoi articoli e con quant’altro avrebbe voluto rendere pubblico, avrebbe arrecato al Sen. Andreotti ha evidenziato l’insussistenza di elementi certi ed univoci comprovanti l’ipotesi accusatoria.