27 gennaio - Il capitano dei servizi
segreti Antonio La Bruna, 72 anni, muore nell' ospedale di Bracciano. Ufficiale
dei carabinieri, fu coinvolto tra l' altro nel caso Pecorelli, nella vicenda
della Loggia P2 e nel processo per la strage di Piazza Fontana. Era stato
ricoverato il 26 nel reparto di cardiologia, ma e' stato colto da un infarto
nella notte. Con l'aiuto di alcuni giornalisti, La Bruna stava scrivendo
un libro di memorie dal titolo provvisorio "Agli ordini dello Stato. Lo
007 piu' discusso racconta la sua verita"'. Il volume avrebbe svelato i
retroscena delle attivita' anticomuniste alla fine degli anni Sessanta,
le missioni svolte all'estero, le azioni svolte in aiuto di Gheddafi, i
retroscena politici di piazza Fontana e del golpe Borghese, l'azione svolta
in Italia dai servizi stranieri, a partire da quello americano e dal Mossad
israeliano. La Bruna aveva dato un contributo rilevante alla prima inchiesta
Salvini fornendo per la prima volta, oltre ad una ricostruzione ampia della
vicenda, anche le copie delle registrazioni fatte nel corso dei colloqui
con Remo Orlandini e gli altri cospiratori del "Golpe della Madonna" del
7 dicembre 1970. Molti retroscena di quella vicenda sono ricostruiti nel
volune "La Notte della Madonna" che circolo' per qualche mese a meta' degli
anni Settanta. Il giudice milanese Guido Salvini dice che "In questi ultimi
tempi, La Bruna aveva cominciato ad accennare ad altre missioni svolte
in Svizzera e Grecia". La figura di La Bruna, per il giudice Salvini, e'
quella di "un ufficiale subalterno in servizio presso il vecchio Sid del
generale Maletti, che aveva pagato per tutti, anche piu' di quelle che
erano le sue colpe. Dall' inizio degli anni '90 aveva iniziato un percorso
di riscatto e distacco da quel mondo, fornendo una preziosa collaborazione
in particolare consegnando i nastri relativi al golpe Borghese e alla 'Rosa
dei venti', che i suoi superiori avevano occultato". La Bruna avrebbe dovuto
testimoniare anche al nuovo processo per la strage di Piazza Fontana, che
si aprira' il 16 febbraio a Milano. I suoi verbali, con ogni probabilita',
saranno acquisiti dalla Corte d' assise. Nell' ordinanza con la quale chiudeva
l' inchiesta su Ordine Nuovo, il giudice Salvini parlava del capitano La
Bruna definendolo "un capro espiatorio". "Essendo il soggetto meno forte
- scriveva il magistrato -, il suo nome era stato utilizzato costantemente
ogniqualvolta si era reso necessario, soprattutto da parte di Stefano Delle
Chiaie, architettare una versione depistante e inquinante di qualche episodio
nell' ambito dei ricatti e degli avvertimenti che Delle Chiaie, dopo le
reciproche compromissioni, inviava periodicamente all' ambiente dei Servizi
che lo aveva sempre protetto e doveva continuare a proteggerlo".
31 gennaio - Processo in quinta Corte di
Assise a Milano: interrogato Enrico Rovelli, noto imprenditore del "mondo
della notte" milanese, al centro un anno fa di polemiche dopo che Dario
Fo lo indico' come informatore dell' Ufficio affari riservati del Viminale.
Rovelli, all' epoca manager di Vasco Rossi, fu licenziato dal cantante
e rispose con l' annuncio di querele alle notizie che lo riguardavano.
L' udienza non chiarisce il ruolo avuto in quegli anni da Rovelli, che
rispondendo alle domande in qualita' di teste ha ammesso di aver svolto
sostanzialmente un' attivita' di informatore a favore anche del commissario
Calabresi. In particolare, Rovelli ha parlato di una fotografia di Gianfranco
Bertoli fatta arrivare a Calabresi prima del suo assassinio. A Calabresi,
Rovelli avrebbe spiegato che si trattava "di un compagno che ha chiesto
di essere aiutato ad espatriare". Il manager ha parlato del suo passato
di simpatizzante del mondo anarchico ed ha spiegato di aver fatto arrivare
alcune informazioni alla Questura perche' aveva problemi per un suo locale:
in pratica Rovelli avrebbe cercato di mantenere buoni rapporti con la polizia
per non avere complicazioni nella sua attivita' di gestore di locali notturni.
Le inchieste del giudice istruttore Guido Salvini, poi ereditate dal pm
Grazia Pradella, hanno individuato in Rovelli una fonte confidenziale conosciuta
con il nome in codice "Anna Bolena", che negli anni Sessanta e Settanta
avrebbe agito come informatore dell' Ufficio affari riservati del Viminale.
"Anna Bolena", fra le sue confidenze, avrebbe indicato nel 1974 in Dario
Fo il nuovo capo delle Brigate Rosse e sarebbe alla base delle informative
che portarono a seguire la pista anarchica per la strage di Piazza Fontana
(con le accuse, poi cadute, a Pietro Valpreda) e per l'attentato davanti
alla Questura.
7 febbraio - Processo in quinta Corte di
Assise a Milano: atteso in aula come teste, Franco Freda manda un certificato
medico e il pm Pradella ne chiede l'accompagnamento coattivo. La difesa
di Carlo Digilio, che lo aveva citato, rinuncia pero' al teste e la Corte
decide quindi di non farlo comparire al processo.
9 febbraio - La quinta Corte d'assise di
Milano si trasferisce a Roma per ascoltare come teste il senatore a vita
Paolo Emilio Taviani, impossibilitato a presentarsi in aula.
14 febbraio - Il giudice Guido Salvini,
in un incontro organizzato dalla facolta' di giurisprudenza dell' universita'
di Milano-Bicocca a due giorni dall' apertura del nuovo processo, si e'
chiesto perche' la novita' da lui accertata che la strage di piazza Fontana
fu "assistita per non dire ispirata dalla Nato", accusa contenuta in precise
ordinanze dell' istruttoria, non ha provocato alcun dibattito parlamentare,
non vi e' stata alcuna interpellanza, "niente di niente, come se non fosse
successo nulla. Salvini insieme al giornalista Maurizio Dianese (autore
di un libro sulla strage e sul clima, sui protagonisti e sulle azioni del
cellule venete di Ordine Nuovo) ha esternato questa sua convinzione: "l'
America, la Nato, ispiro' la strage di piazza Fontana. E' emerso anche
al processo al sedicente anarchico Bertoli per la strage davanti alla Questura
di Milano del 17 maggio 1973". "Perche'? - si e' domandato Salvini - Perche'
non sempre conviene rimuovere scheletri dall' armadio soprattutto quando
c' e' l' esigenza di accreditarsi proprio nei confronti di coloro che quegli
scheletri hanno prodotto. Diciamo che la magistratura su questo versante
non ha dato il meglio di se'". Riprendendo le parole del magistrato, Dianese
e' tornato sulle cellule padovana e veneziana di Ordine Nuovo facenti capo
a Delfo Zorzi, Carlo Maria Maggi e Carlo Digilio e ha affermato:"Digilio
ha testimoniato in dibattimento dicendo di essere un bombarolo. Ha detto
anche che aveva accesso alle basi americane in Veneto. Se non e' una notizia
questa...". "La verita' - ha continuato - e' che alla Procura di Milano,
a cominciare dal procuratore Gerardo D' Ambrosio, hanno lasciato il giudice
Salvini solo".
28 febbraio - Processo in quinta Corte
di Assise a Milano: nella prima parte della requisitoria del pm Maria Grazia
Pradella tramonta definitivamente la pista anarchica e vengono confermati
i collegamenti con i servizi segreti israeliani, Ordine Nuovo, personaggi
attribuibili ai servizi segreti francesi, il Sid e la strage di Piazza
Fontana. Per piu' di quattro ore, davanti alla quinta Corte d'Assise presieduta
da Ezio Siniscalchi, Maria Grazia Pradella ha smontato la tesi secondo
la quale Gianfranco Bertoli, esecutore materiale dell'attentato che aveva
come obiettivo l' allora presidente del consiglio Mariano Rumor, fosse
anarchico: la dettagliatissima ricostruzione del pm ha messo in luce, invece,
i collegamenti di Bertoli, definito personaggio dell' estrema destra, con
diversi servizi segreti, con il movimento neofascista Ordine Nuovo e con
alcuni accusati dell' attentato di piazza Fontana commesso tre anni e mezzo
prima. A proposito del Sid, il pm ha sottolineato come Gian Adelio Maletti,
il capo del reparto D, e il suo stretto collaboratore Sandro Romagnoli,
sapessero dell' informatore Bertoli, detto "il negro", ruolo taciuto con
l'autorita' giudiziaria per un ordine arrivato cinque giorni dopo la strage.
L' avv. Federico Sinicato, rappresentante delle vittime, chiede, tra l'
altro, una provvisionale di 200 milioni. L'avv.Corso Bovio chiede invece
un miliardo di danni per il Comune.
1 marzo - Processo in quinta Corte di Assise
a Milano: il pm Grazia Pradella, al termine della sua requisitoria, chiede
la condanna all' ergastolo per Carlo Maria Maggi, Francesco Neami, Giorgio
Boffelli e Amos Spiazzi (questi ultimi due erano presenti in aula) per
concorso in strage, e 12 anni di reclusione per Gian Adelio Maletti, ex
capo del reparto 'D' del Sid, per occultamento di notizie riguardanti la
sicurezza dello Stato. La Pradella chiede inoltre, per reati minori, 8
anni di reclusione per Gilberto Cavallini, 6 anni e mezzo per Ettore Malcangi,
24 anni e mezzo per Lorenzo Prudente, sei anni per Enrico Caruso e il proscioglimento
per Martino Siciliano e Sergio Minetto. Nella requisitoria contro il gruppo
neofascista, durata tra circa nove ore fra l'altro ieri e oggi, il pm ha
usato spesso toni duri e aspri e non ha dimenticato di ribadire gli stretti
collegamenti tra la strage della Questura e quella di tre anni e mezzo
prima in Piazza Fontana. Al momento della richiesta degli ergastoli ha
fatto notare come nessuno degli imputati "di fronte a un reato della massima
gravita', ha avuto la capacita' di rivedere criticamente quanto fatto e
di ripensare a quei morti e a tutti quei feriti". Di Carlo Maria Maggi,
il medico veneziano imputato anche per la strage di Piazza Fontana, il
pm Pradella ha detto che "ha preso parte alla fase preparatoria, organizzativa
ed esecutiva di questo attentato, mettendo in pratica le teorie stragiste
che aveva piu' volte propugnato". Lo ha definito uno dei personaggi "piu'
inquietanti viste le sue capacita' decisionali in Ordine Nuovo e i suoi
collegamenti con organizzazioni simili italiane e straniere". Di Giorgio
Boffelli, che un paio di volte in aula ha perso la calma, il pm ha parlato
come "il personaggio piu' attivo sotto il profilo militare: paracadutista,
sommozzatore, mercenario", che ha preparato Gianfranco Bertoli, l' esecutore
materiale dell'attentato gia' condannato all'ergastolo. Tratteggiando la
personalita' "irritabile e violenta" di Francesco Neami, Grazia Pradella
ha ricordato il suo ruolo di "picchiatore per eccellenza negli scontri
di piazza", mentre e' stata ancor piu' dura quando ha cominciato a parlare
di Amos Spiazzi: "Si definisce servitore dello Stato che, invece, ha profondamente
tradito" poiche' in sostanza, intratteneva rapporti con Ordine Nuovo, con
alcuni del gruppo Rosa dei Venti e con i servizi deviati francesi e italiani.
E se dell' ordinovista Carlo Digilio, anch'egli imputato per Piazza Fontana,
ha sottolineato la sua collaborazione con la giustizia (per lui e' scattata
la diminuente speciale prevista dalla legge sulla dissociazione al terrorismo
con conseguente prescrizione dei reati), ben diverso il tono usato per
Gian Adelio Maletti, ora in Sud Africa: "ha perso l'ultima occasione per
dire una verita' che ha sempre negato". In pratica, per il Pm, l'ex capo
del reparto 'D', anche di recente, davanti alla Commissione stragi, ha
taciuto del ruolo di informatore del Sid di Bertoli.
6 marzo - Processo in quinta Corte di Assise
a Milano: in serata la Corte entra in camera di consiglio per emettere
la sentenza sulla strage davanti alla Questura di Milano avvenuta il 17
maggio 1973, e che provoco' 4 morti e 45 feriti. Il processo era cominciato
il 6 aprile 1999. Prima che la Corte si ritirasse c'erano state le arringhe
degli avvocati difensori e le repliche delle parti civili e del pm Grazia
Pradella. Per dichiarare la loro innocenza hanno inoltre preso la parola
Carlo Maria Maggi, l'ex capo di Ordine Nuovo accusato di aver organizzato
anche la strage di piazza Fontana, e Giorgio Boffelli, imputato di aver
preparato Gianfranco Bertoli, l'esecutore materiale dell'attentato gia'
condannato all'ergastolo. La sentenza e' attesa fra circa una settimana.
11 marzo - I giudici della quinta Corte
d'Assise di Milano emettono la sentenza del processo per la strage davanti
alla questura del 17 maggio 1973 e condannano all’ ergastolo Carlo Maria
Maggi, Amos Spiazzi, Francesco Neami e Giorgio Boffelli, accusati del reato
di strage. Condannato a 15 anni di reclusione Gian Adelio Maletti. Sono
anche stati condannati altri esponenti del gruppo neofascista di Ordine
Nuovo: 10 anni di reclusione sono stati inflitti a Gilberto Cavallini,
6 anni e sei mesi a Ettore Malcangi, 6 anni a Enrico Caruso, 6 mesi in
continuazione a una precedente pena a Lorenzo Prudente. Sono stati, invece,
prosciolti Carlo Digilio Sergio Minetto e Martino Siciliano. Maggi,
Boffelli, Neami e Spiazzi dovranno inoltre risarcire il Comune di Milano
con una cifra di 500 milioni e svariate centinaia di milioni ai familiari
delle vittime. L'unico imputato presente era Amos Spiazzi, che al termine
della lettura del dispositivo della sentenza ha detto: “E' un'ingiustizia
macroscopica, una persecuzione. Non conosco questa gente e non so perche'
ce l'hanno con me”. La decisione della Corte ricalca sostanzialmente, con
alcuni inasprimenti, le richieste del pm Grazia Pradella. Per Guido Salvini,
che e' stato giudice istruttore nelle vicende legate al terrorismo di destra,
la sentenza di oggi riconosce “il valore di anni di lavoro” dell'ufficio
Istruzione di Milano e la ricostruzione “verosimilmente fatta propria dalla
Corte” apre “ulteriori squarci di verita”' su piazza Fontana. “L'affermazione
di responsabilita' di ex-militanti di Ordine Nuovo quali organizzatori
della strage dinanzi alla Questura di Milano e del gen. Maletti per l'
occultamento delle prove - afferma Salvini in una dichiarazione - riconosce
il valore di anni di lavoro dell'Ufficio Istruzione di Milano che ha raccolto
tutte le testimonianze, fra cui quelle di Digilio, Siciliano, Vinciguerra
e del cap.Labruna, che hanno reso possibili indagini condotte in regime
di proroga con scarsi mezzi e fra moltissime difficolta'. La ricostruzione
verosimilmente fatta propria dalla Corte - aggiunge il magistrato - e cioe'
che l'obiettivo mancato dell' attentato di via Fatebenefratelli era l'on.
Mariano Rumor che si era rifiutato di decretare dopo gli arresti del 12.12.1969
lo stato di emergenza e di offrire quindi agli stessi un obiettivo sbocco
politico, apre inoltre ulteriori squarci di verita' sulla strage di Piazza
Fontana”. Amos Spiazzi ripete per l'ennesima volta:“Non conosco questa
gente - ha ribadito - e non so perche' ce l'hanno con me”. Riguardo ai
collegamenti con il gruppo Rosa dei Venti, il colonnello, reintegrato in
servizio nell'89 dopo 18 anni di sospensione e ora in pensione da piu'
di un anno, aggiunge:“Quello era un piano dell'esercito che prevedeva l'impiego
di riservisti in caso di invasione del territorio nazionale”. Giovanni
Aliquo', segretario dell'Associazione nazionale funzionari di polizia (Afnp)
ringrazia i giudici di Milano ma “nessun ringraziamento all'alta burocrazia
ministeriale”. L'amarezza di Aliquo' e' per la mancata costituzione di
parte civile “contro coloro che oggi sono stati riconosciuti responsabili
dell'odioso delitto del 1973”. “Se si volesse andare al di la' delle ingessate
e miopi inchieste ministeriali - osserva a proposito dell'assenza dello
Stato e del ministero dell'Interno quale parte civile nel processo - ci
si potrebbe forse accorgere che l'unico funzionario colpito per l'increscioso
'incidente burocratico' e' stato, paradossalmente, un incolpevole dirigente
della polizia di Stato”. Secondo l' Afnp “i veri colpevoli, invece, o stanno
ancora saldamente al loro posto o, addirittura, sono stati anche di recente
premiati dal ministro dell'Interno con folgoranti promozioni”.
17 maggio - Si svolge a Milano una cerimonia
di commemorazione della strage davanti alla Questura. La cerimonia, nel
corso della quale e' stata anche deposta una corona alla memoria del commissario
Luigi Calabresi, ha visto la presenza delle massime autorita' cittadine,
della vedova Calabresi, del sindaco di Milano Albertini e di numerosi sindacalisti
e iscritti all' Anpi.
2 giugno - Processo per la strage di piazza
Fontana: Carlo Maria Maggi, il medico veneziano responsabile di Ordine
Nuovo in Veneto, condannato all' ergastolo per la strage della questura
di Milano e imputato al processo per quella di piazza Fontana, dice di
Delfo Zorzi:"Delfo Zorzi? Certo che me lo ricordo. Era di Mestre, faceva
judo. Si', era un ragazzotto buono per menare le mani in piazza. A Mestre
era un punto di riferimento". Maggi si presenta in aula per la prima volta
dall'inizio del processo. In aula, pero', e' rimasto solo pochi minuti
in quanto, dopo l'audizione di due testimoni l'udienza e' stata sospesa.
Sergio Latini, estremista di destra, che avrebbe dovuto raccontare le confidenze
di Franco Freda sulla strage raccolte in carcere, e Annamaria Cozzo, che
avrebbe dovuto parlare del coinvolgimento di Zorzi negli attentati alla
scuola slovena di Trieste e al cippo di confine di Gorizia, non si sono
infatti presentati. "Guardi - dice Maggi - io di piazza Fontana non so
nulla. Ricordo che all'epoca parlavamo del coinvolgimento di Valpreda.
Ecco, io sono fermo a Valpreda". Maggi, che ha spiegato di essersi presentato
in quanto doveva fare il punto sul processo con il suo avvocato, non ha
escluso di presenziare anche ad altre udienze: "A causa delle mie condizioni
di salute, pero', non sono ancora in grado di garantire la mia presenza.
Verro' sicuramente per l'interrogatorio, anche se non so fino a che punto
potro' rispondere alle domande che mi verranno poste. Io non ricordo piu'
nulla. La mia mente e' annebbiata dopo l' emorragia cerebrale che ho subito
e le medicine che prendo". Maggi, che dopo la condanna all'ergastolo per
la strage alla questura di Milano, ha l'obbligo di residenza a Venezia,
ha quindi precisato: "Per fortuna quando venivo sentito dal capitano Giraudo
ho tenuto un diario. Quegli appunti mi potranno aiutare. Parliamo di vicende
di trent'anni fa. Io non ricordo piu' niente. Non ricordo niente neppure
delle persone che so che hanno testimoniato al processo. Ho solo dei flash".
"E' tutto pazzesco - dice -; io ho sempre fatto il medico alla Giudecca,
un' isola rossa, e se lei va a chiedere mi vogliono tutti bene. Adesso
sono in pensione: dormo e guardo la televisione". Della condanna
all' ergastolo per la strage alla questura di Milano dice: "Una condanna
pazzesca. Cio' che ha dichiarato Digilio e' falso. Io Bertoli non l'ho
mai incontrato".
3 agosto - I giudici della quinta Corte
d'Assise di Milano depositano le oltre 400 pagine della motivazione della
sentenza per la strage davanti alla Questura di Milano, avvenuta il 17
maggio 1973. Per i giudici la responsabilita' di Gianadelio Maletti "e'
manifesta ed e' gravissima". L'allora capo del reparto 'D' del Sid, ora
in Sudafrica, "seppe dei propositi di attentato a Rumor addirittura prima
che venisse perpetrato" e omise di riferirli alla magistratura e occulto'
documenti e nastri magnetici importanti per far luce su una tragedia nella
quale i morti furono 4 e i feriti 45. Una strage "annunciata" per 2 volte,
come ha scritto la corte, e per la quale, come aveva chiesto il pm Grazia
Pradella, sono state condannate all'ergastolo 4 persone: Carlo Maria Maggi,
il medico imputato anche per la strage di piazza Fontana e "incontrastato
capo carismatico" della cellula eversiva di Ordine Nuovo di Venezia-Mestre;
Giorgio Boffelli, "uomo di fiducia di Maggi, a lui devoto, suo guardaspalle"
e amico di Gianfranco Bertoli, l'autore dell'attentato che sta gia' scontando
il carcere a vita; Francesco Neami come organizzatore dell'attentato e
addestratore di Bertoli, e sempre come organizzatore Amos Spiazzi, il colonnello
della 'Rosa dei Venti'. I giudici di Milano, presieduti da Ezio Siniscalchi,
spiegano che Maletti seppe da Labruna, l'ufficiale scomparso da poco e
allora alle sue dipendenze, dei propositi dell'attentato. Aggiungono che
Maletti "e' responsabile in prima persona, per l'alta carica ricoperta,
della sparizione della relativa bobina e del ritardo con cui le altre bobine
contenenti le dichiarazioni di Orlandini al Labruna sono pervenute (per
merito altrui) all'autorita' giudiziaria". Nella sentenza si sottolinea
ancora che "un appunto redatto dall'ufficio diretto dall'imputato collegava
nell'immediatezza dei fatti il Bertoli" alle dichiarazioni che preannunciavano
l'attentato: quell'appunto non fu inviato alla magistratura, come "l'intera
documentazione sulla collaborazione di Bertoli", chiamato il Negro, con
i servizi segreti italiani, prima del 1973 e fino al 1991, quando vennero
acquisiti i nastri e i documenti occultati. Le motivazioni, costruite anche
sulle testimonianze rese nei precedenti procedimenti sulla strage, sull'attivita'
eversiva di destra e sulle dichiarazioni di Carlo Diglio che e' stato prosciolto
per prescrizione, ricordano che l'attentato fu preannunciato "sia qualche
mese prima del fatto, sia nelle ore immediatamente precedenti al 17 maggio,
da due fonti diverse ed autonome fra loro". Ma "nulla fu fatto". I giudici
si riferiscono a quanto era venuto a sapere Maletti, e a quanto rivelato
dal conte Pietro Loredan, che aveva fornito "precise coordinate spazio,
nel vano tentativo di impedirne la perpretazione, ad autorevole persona
che godeva di tutta la sua fiducia": si trattava di Ivo Dalla Costa, allora
esponente del Pci. Quanto alle motivazioni dell'attentato, la sentenza
mette in luce quello che forse e' gia' storia: che l'obiettivo dell' attentato
era Mariano Rumor, al tempo ministro dell' Interno; che "la responsabilita'
della strage e' nella estrema destra eversiva"; che "la strage si inserisce
a pieno titolo nella strategia della tensione che in quegli anni ha avuto
di mira la destabilizzazione del Paese, in realta' per "stabilizzarlo";
che "tra i protagonisti della strategia della tensione vi era la cellula
eversiva di Ordine Nuovo di Venezia-Mestre" e che "tale cellula sopravvisse
alla riunificazione con il Movimento Sociale Italiano, che fu solo di facciata".
I giudici hanno condannato per altri reati, fra gli altri,a anche questi
neofascisti di Ordine Nuovo: Gilberto Cavallini (10 anni), Ettore Malcangi
(6 anni e 6 mesi), Enrico Caruso (6 anni). Prosciolti Sergio Minetto e
Martino Siciliano.
12 agosto - Per il magistrato Maria Grazia
Pradella non ci sono elementi concreti per dimostrare che dietro la strage
della Questura di Milano ci fosse la Cia. Reduce da un incidente stradale,
la Pradella commenta telefonicamente da casa la sentenza della quinta Corte
d'Assise di Milano. Su Carlo Digilio la Pradella osserva che:"non abbiamo
prove tangibili, salvo elementi storici che non spetta ai pm o ai giudici
valutare, per dire che Carlo Digilio appartenesse alla Cia". Il pm precisa
che Digilio, invece, ha partecipato "in modo assai rilevante a tutti gli
attentati, anche i piu' gravi, commessi da Ordine Nuovo del Triveneto,
poiche' era legato da un rapporto di assoluta fiducia con Carlo Maria Maggi.
Per il resto aspetto di leggere la sentenza". La Pradella aggiunge invece
di aver "trovato semmai collegamenti diretti con i servizi segreti francesi
e israeliani: ci sono documenti e non bisogna scordare che Gianadelio Maletti,
il capo del reparto D del Sid, subito dopo l'attentato, invio' un suo uomo
di fiducia, il capitano Di Carlo, in Israele per svolgere indagini".
12 agosto - Ivo Dalla Costa, che dell'
attentato davanti alla Questura di Milano era stato avvertito due giorni
prima dal conte Pietro Loredan, spiega di aver avvisato i vertici del Pci
perche' allora aveva "piu' fiducia nel partito" che nelle istituzioni.
Dalla Costa che era un esponente del Pci di Treviso, ha confermato la ricostruzione
dettagliata fatta il 24 marzo del 1995 davanti al giudice istruttore Lombardi
e riportata nella sentenza della 5/a Corte d'Assise di Milano: aveva parlato
della telefonata, ricevuta alle 6,30 di mattina del 15 maggio 1973, con
la quale Loredan gli diede appuntamento a Porta Santi Quaranta, nel centro
di Treviso. Loredan "mi disse queste testuali parole: questa volta spero
che mi diate un po' di fiducia, a Milano - cosi' Dalla Costa mise a verbale
- entro 48 ore succedera' un attentato contro un'altra personalita' del
Governo e ne parlera' l'intera Italia". "Loredan mi aveva avvisato - ha
detto al telefono dalla Costa ormai ottantenne - perche' ero comunista
e, quindi, gli avevo ispirato grande simpatia". Nella sua deposizione Dalla
Costa aveva dichiarato di aver messo subito al corrente della vicenda Domenico
Ceravolo, allora del Comitato Regionale Veneto del Pci, con il quale si
reco' a Milano in Via Volturno, sede milanese del PCI. I due esponenti
veneti del partito incontrarono gli onorevoli Pajetta e Malagugini. "Il
Malagugini - riporta sempre il verbale dell'interrogatorio confermato anche
da Ceravolo - si incarico' di contattare il Giudice Alessandrini per riferire
l'episodio e l'informazione ricevuta dal Loredan... Non ho piu' saputo
nulla dopo quel giorno, cioe' quel 15.5.1973. Due giorni dopo appresi dalla
televisione della strage....". E se Dalla Costa dice non non sapere assolutamente
("A me lo chiede?") i motivi per cui Pajetta e Malagugini non avvisarono
chi di dovere, la Corte nella sentenza fornisce una spiegazione:"Probabilmente
perche' non si condivise il giudizio di Dalla Costa e dello stesso Ceravolo
sull' attendibilita' dell'informatore".
4 settembre – Sono 15 i documenti presentati
in commissione Stragi. Nei circa otto mesi di legislatura che restano l'
obiettivo e' quello di arrivare - come prevede il regolamento- ad una relazione
finale per il Parlamento. Oltre a quello dei Ds su “Stragi e terrorismo
in Italia dal dopoguerra al '74”, che in giugno aveva sollevato polemiche,
il primo in ordine di presentazione e' quello del senatore del PPi Luigi
Follieri dal titolo: “Gli eventi eversivi e terroristici degli anni tra
il '69 ed il 1975”. Su “il Piano Solo e la teoria del golpe negli anni
'60” il testo depositato dai parlamentari del Polo Enzo Fragala', Alfredo
Mantica e Vincenzo Manca, autori di altri “dossier” tra cui quello su “Il
parziale ritrovamento dei reperti di Robbiano di Mediglia e la 'Controinchiesta'
Br su piazza Fontana”. Ma Mantica e Fragala', di An, hanno elaborato anche
documenti sugli “Aspetti mai chiariti nella dinamica della strage di Piazza
della Loggia”, su “Il contesto delle stragi. Una cronologia 1968-75”, “Per
una rilettura degli anni '60”, su “La dimensione sovranazionale del fenomeno
eversivo in Italia” e su “I depistaggi di Piazza Fontana”. Fragala' e Mantica,
con Vincenzo Manca e Marco Taradash, si sono occupati quindi anche di Ustica
(“Sciagura aerea del 27 giugno 1980”) e di KGB con “L'Ombra del KGB sulla
politica italiana”. E con altri due parlamentari dell'opposizione, Cosimo
Ventucci e Antonio Leone, hanno poi presentato un documento su “Il
terrorismo e le stragi in Italia”. Solo Mantica, invece, ha depositato
una relazione su “Il problema di definire una memoria storica condivisa
della lunga marcia verso la democrazia nell'Italia post-bellica (Un contributo
dall'esperienza della Commissione per la verita' e la riconciliazione in
Sudafrica)”. “Contributo sul periodo 1969-'74” e' il titolo del testo proposto
dal senatore dei Verdi Athos De Luca. Mentre il deputato dei Ds Walter
Bielli si e' occupato di Mario Moretti: “Nuovi elementi concernenti il
brigatista rosso Mario Moretti e la sua latitanza”. L' obiettivo e' ora
quello di arrivare ad un confronto per “confezionare” testi omogenei da
votare per la relazione finale.
28 novembre - Gianfranco Bertoli, 67 anni,
arrestato a Milano il 17 maggio 1973, dopo aver lanciato una bomba davanti
alla questura centrale, in via Fatebenefratelli, muore a Livorno dove da
tempo viveva in semilibertà: faceva il lavapiatti in un piccolo
ristorante di periferia. Fino all’ ultimo si e’ professato anarchico individualista,
anche se da tempo si era avvicinato alla religione cattolica e a Comunione
e Liberazione.