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Exilles

La valle della Dora Riparia, attraversata nei millenni da centinaia di eserciti, possiede un'elevatissimo numero di opere di difesa e di fortificazioni. Esse, grandi o piccole, hanno avuto sempre un ruolo determinante nelle varie azioni belliche che ci sono succedute nel corso della lunga storia della valle. Per costruirle, sono stati scelti dei passagi obbligati, dei punti chiave naturalmente "forti", dove la morfologia più aspra del territorio favoriva in modo decisivo la difesa passiva di un piccolo presidio, anche nei confronti di interi battaglioni nemici.
Uno di questi luoghi strategici fu individuato proprio nella stretta di Exilles, dove il fiume scorre fortemente incassato ed i fianchi della valle si chiudono in un passaggio controllabile con facilità. Fin dall'antichità, secondo la tradizione, il rilievo roccioso sul quale sorge l'attuale fortezza ottocentesca sarebbe stato predisposto per la difesa del territorio. Purtroppo non possediamo chiari riscontri archeologici per poter stabilire con certezza l'esistenza di un'opera fortificata nel luogo, anche se gli studiosi sono d'accordo nell'identificare il villaggio di Exilles con l'antico oppidum celtico di Excingomagus, citato nelle opere opere di plinio, Strabone e Agatemero. Si dice che l'origine delle prime fortificazioni sia da attribuire ai romani, che avrebbero costruito una torre circolare, detta poi Tour de Cesar, per poter controllare il traffico sull'importante strada delle Gallie. Anche il cronista della Novalesa accenna all'esistenza di un torrione fra il Monginevro e Susa.
In realtà abbiamo le prime notizie sicure a partire dal medioevo: nel XIII secolo esisteva un castello di proprietà dei conti d'Albon, signori di Vion. Questa famiglia, anche detta dei prìncipi Delfini, poco alla volta aveva esteso la sua sovranità su tutta l'alta Valle della Dora, fino a Chiomonte, venendo spesso in conflitto con i conti di Savoia che occupavano la bassa valle, la comba di Susa.
E' del 1339 la prima descrizione dettagliata del castello: su una massiccia costruzione a pianta quadrangolare si alzavano due grossi torri circolari; la Tour grosse, alta diciotto tese (32 m), tre piani destinati ad alloggio del presidio e a carcere, spiccava per la sua imponenza. Nel dongione vi erano magazzini, camere, stalla, forno e cisterna. Più che un castello adibito a residenza signorile, appariva proprio una spartana fortezza. Infatti aveva funzioni esclusivamente militari di controllo della via del Monginevro e dei fragili confini orientali del Delfinato. Il presidio, nel 1500, era costituito da un numero limitato di soldati, venti, venticinque al massimo, alle dipendenze del castellano. All'occorenza la guarnigione veniva aumentata, provvedendo anche al rifornimento di viveri e acqua.
Il castello delfinale, coinvolto spesso nei vivaci conflitti tra le truppe dei Savoia e quelle del re di Francia, fu teatro di scontri e di assedi, alcuni memorabili, come quello del 1453, legato al miracolo di Torino ed all'ostia profanata.
Famosi gli assedi che ebbero luogo nel XVI secolo, durante la guerra per il marchesato di Saluzzo (1590-1601). Il duca Carlo Emanuele I, in seguito alle prime sconfitte subite, aveva maturato la decisione di espugnare la fortezza di Exilles che aveva rappresentato, fino a quel momento, un pericolo costante per la città e la valle di Susa. Il vecchio castello feudale era stato occupato dagli Ugonotti del Lesdiguières che lo sfruttavano quale caposaldo per le loro incursioni nella bassa valle, dopo averne frettolosamente rimodernato alcune strutture. Il Duca, il 3 maggio del 1593, affidò il compito dell'attacco ad un'armata di diecimila uomini al comando del conte Martinengo: dopo alcuni violenti scontri con gli Ugonotti sulle alture che dominano il paese di Exilles, le truppe ducali riuscirono a ottenere il controllo della zona compresa tra le frazioni di S.Colombano e di Cels. Da queste importanti postazioni si dominava dall'alto la fortezza.
L'ingegnere militare Gabrio Busca, responsabile dell'artiglieria di assedio, aprì delle strade lungo i fianchi impervi delle montagne e con sforzi sovrumani riuscì a mettere in batteria, in regione Cumbarà e all'Infernet di Cels, dieci pezzi di cannone trasportati dalla cittadella di Torino, per battere la fortezza nemica.
Il bombardamento iniziò il 15 Maggio e fu sostenuto tenacemente per otto giorni, con alcune brevi sospensioni per favorire i tentativi di assalto delle truppe sabaude.
Il 23 Maggio, dopo che sulle mura dirute del castello erano giunti 3.600 colpi di artiglieria, il governatore Forrest Blaccons decise di arrendersi con tutto il presidio, a cui venne concesso l'onore delle armi.
Dopo la conquista, il Busca ebbe l'incarico di riparare gli edifici lesionati e di porre rimedio a quei difetti della difesa passiva da lui stesso evidenziati e sfruttati nel bombardamento.
Il forte, però, rimase solo due anni in mano piemontese: il Lesdiguières, approfittando di un rilassamento nella vigilanza del presidio, in parte dovuto all'incipiente stagione invernale, in parte alla trascuratezza del governatore Gazino, il giorno di capodanno del 1595 mise in forze l'assedio ad Exilles. La reazione di Carlo Emanuele fu immediata, ma non sufficiente per togliere subito l'assedio nemico. Il Duca, dopo alcuni scontri a valle di Exilles, fu costretto ad un ripiegamento temporaneo. Gazino interpretò la ritirata delle forze ducali come una sconfitta e malgrado i sette pezzi di artiglieria ugonotti non avessero, per il momento, fatto gran danno alle mura, e le munizioni ed i viveri fossero sufficienti ancora per lungo tempo, decise in tutta fretta, il 23 gennaio, di arrendersi, causando la perdita dell'importante piazza. Tradotto nella Cittadella di Torino, il vile comandante fu in seguito condannato dal Duca al carcere perpetuo.
Nei primi anni del Seicento il vecchio ed insufficente castello medievale subì una radicale trasformazione in fortezza bastionata all'italiana, per opera dell'ingegnere Jean de Beins. Piuttosto trascurato dal punto di vista strategico negli anni successivi, anche se vi pose mano il celebre Vauban con una serie di modesti interventi, si guadagnò una certa popolarità come prigione di stato del re di Francia: dal 1681 al 1687 il governatore Benigne San Mars vi ospitò la misteriosa figura della Maschera di Ferro, sulla cui reale identità si sono fatte decine di ipotesi e si sono versati fiumi di inchistro.
Nell'agosto del 1708, nel corso della guerra di Succesione austriaca, la fortezza subiva l'ultimo assedio piemontese. Dopo un bombardamento di pochi giorni da S. Colombano, il 12 agosto si arrese alle truppe di Vittorio Amedeo II. Con il trattato di Utrecht del 1713 passò definitivamente, con tutta l'alta valle della Dora, sotto la sovranità sabauda. Si pose allora il problema del rovesciamento del fronte dell'opera.
Per le difficolta finanziarie del giovane regno fu presto abbandonato il progetto, elaborato da Ignazio Bertola, per fortificare l'intero fianco sinistro della valle della Dora all'altezza di Exilles, come si stava facendo a Fenestrelle, in Val Chisone. Si ripiegò su una consistente opera di ammodernamento della vecchia fortezza, affidandone la direzione allo stesso Bertola.
I lavori si protassero per ben sei anni, fino al 1733, cercando di migliorare tutti quei difetti che erano stati evidenziati dai numerosi assedi dei secoli precedenti. A ponente, sul nuovo fronte, fu elevato il grosso rivellino di S. Carlo, che schierava sedici cannoni da 21 libbre; distribuiti nelle casematte della Batteria Reale, nelle cortine di Cels e di Dora, ben 45 bocche di fuoco di diverso calibro, facevano del forte un inespugnabile bastione che ottemperò in pieno alle richieste, come fu ampiamente dimostrato nei falliti assedi francesi del 1745 e 1794.
In seguito alla sconfitta sabauda nella guerra contro la Prima Repubblica Francese, il trattato di Parigi del 1796 decretò, assieme a quello di altre fortezze alpine, lo smantellamento totale di Exilles. Una compagnia del genio minatori piemontese impiegò due anni di lavori di mina per ridurre l'imponente baluardo del Bertola ad un cumulo di informi macerie.
Dopo la Restaurazione la fortezza venne ricostruita su disegno del colonnello del Genio Giovanni Antonio Rana, nel 1818. I lavori, seguiti successivamente dal capitano Giovanni Olivero, si conclusero nel 1829, lasciandoci l'opera attuale, sostanzialmente molto simile a quella del XVIII secolo. Ne derivò un forte costituito da settori autonomi tra loro: le Tanaglie, il Basso Forte, l'Avanforte e il Cavaliere. Qui troviamo collocazione la batteria Reale, le cortine laterali di Cels e di Dora e il Diamante di San Benedetto.
Dopo l'Unità d'Italia, nel 1874 si ebbero altri interventi, che consentirono di adeguare le artiglierie e le casematte ai nuovi progressi tecnici raggiunti: furono introdotti i nuovi cannoni a retrocarica calibro 12 e 15, per un totale di 22 bocche di fuoco.
Con l'ingresso dell'Italia nella Triplice Alleanza nel 1882 fu necessario, in vista di un possibile conflitto con la Francia, potenziare l'apparato difensivo della piazza di Exilles. Fu progettata una serie di forti esterni che dovevano complementare lo schieramento nei punti deboli ancora esistenti. Delle sette opere previste, per mancanza di fondi, ne vennero realizzate solo quattro: forte Sapé, forte Fenils, forte Serre la Garde e Case Garde.
Il forte del Sapé (1884), sul lato destro della valle, armato con dodici cannoni 12GRC su due postazioni, la Batteria Bassa e la Batteria Alta, era in grado di battere agevolmente le vie di accesso del fondovalle.
La moderna opera del forte del fenils (1891), sul lato opposto, possedeva otto cannoni 12 ARC collocati in una casamatta corazzata con piastra di acciaio. Le altre due opere, la batteria di Case Garde (1898) e il fortino di Serre la Garde, molto più modeste, completavano la serie.
Tutti i forti della piazza di Exilles vennero disarmati nel 1915, per poter utilizzare le artiglierie sul fronte austriaco; alla fine del conflitto non vennero più armati. Il forte di Fenils e quello di Serra la Garde furono usati come depositi di munizioni. Il secondo, colpito da un fulmine il 22 Agosto del 1923, saltò con una terribile esplosione, che viene ancora ricordata dagli anziani del paese.
La fortezza principale, durante il primo conflitto mondiale, venne utilizzata come prigione militare. Fino al 1943, fu caserma e centro logistico di mobilitazione del battaglione alpino Exilles.

Testo tratte da: " Valle di susa tra storia e leggenda"
Autori:Massimo Centini e Mauro Minola- Edizioni: L'arciere

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