Il
parapendio
Il
parapendio è senza alcun dubbio l'apparecchio più leggero che esista:
in una sacca dal peso massimo di 8-10 Kg trova posto tutto ciò che
serve per osservare il mondo dall'alto: ala, imbrago, strumenti e
casco (più l'eventuale paracadute d'emergenza).
Il parapendio è formato dalla vela e dai fasci funicolari che, riunendosi
in cavi e nastri di dimensioni sempre maggiori, giungono fino all'imbrago,
al quale sono uniti per mezzo di moschettoni con chiusura a vite.
La vela è formata da due strisce di tessuto sovrapposte ed unite tra
loro da centine forate nel mezzo. Come in tutte le ali, la superficie
superiore è detta estradosso e quella inferiore infradosso.Il bordo
di uscita (la cucitura posteriore tra le due strisce di tela) è chiuso,
mentre il bordo di entrata presenta sempre delle aperture (dette bocche)
attraverso cui, nelle fasi di decollo e durante il volo, l'aria penetra
generando il "gonfiaggio" della vela ed il mantenimento della pressione
al suo interno.
Le centine hanno il compito di mantenere ad una distanza prefissata
estradosso ed infradosso, proprio come accade nei materassini pneumatici
da spiaggia che, senza centine, diverrebbero dei "palloni gonfiati"
anzichè, appunto, dei materassini.
I fori nelle centine servono per mantenere una pressione uniforme
all'interno dell'ala, permettendo all'aria di riequilibrare rapidamente
eventuali differenze che si possono generare nei diversi punti della
vela.
La parte di vela compresa tra due linee di inserzione dei cordini
è detta cassone: questo, a sua volta, può essere suddiviso da una
o più centine in due o più infracassoni: in altre parole il numero
di cassoni non ci dice quante centine ha la nostra ala, bensì quante
linee di inserzione dei cavi esistono. È abbastanza intuitivo che
un basso numero di cassoni si traduce in una forma rigonfia e "a tubi
paralleli", mentre un elevato numero di cassoni permette di ottenere
un'ala dalla sezione più lineare: pochi cassoni (e dunque poche linee
di inserzione) significano che ogni cavetto è chiamato a "portare"
un carico relativamente elevato e questo si traduce in una sensibile
"trazione" sulla vela nel punto di inserzione. Per contro molti cassoni
(molte linee di inserzione) distribuiscono il carico in modo più uniforme
lungo tutta la superficie velica.
Le estremità alari terminano con bande di vela rivolte verso il basso:
gli stabilizzatori.
Mentre un tempo la vela, quasi piatta, formava una angolo deciso con
gli stabilizzatori, oggi tale angolo si è molto ammorbidito e, vista
da davanti l'ala ricorda una mezzaluna: questa curvatura è detta campanatura
e, insieme agli stabilizzatori, gioca un ruolo nel mantenimento dell'apertura
della vela stessa (v. oltre).
I cavi si inseriscono nella vela tramite triangolini di tessuto, che
hanno il compito di distribuire meglio il carico, rendendo più resistente
l'inserzione.
Tutte le funi di una semiala si congiungono, tramite piccoli moschettoni
a ghiera, a tre o più larghe fasce di tessuto: gli elevatori anteriori
(detti elevatori A), quelli intermedi (B ed eventualmente C) e quelli
posteriori; gli elevatori di ogni lato, a loro volta si riuniscono
a formare uno dei due punti di aggancio del parapendio all'imbragatura.
Come vedremo, un'eccezione è rappresentata dalle ali (oggi poco utilizzate)
per le quali è prevista anche una guida basculante: in questo caso
arrivano alla selletta (che viene detta "di pilotaggio") almeno 4
moschettoni indipendenti (spesso 6), due per la semiala destra e due
per quella sinistra.
Gli elevatori posteriori hanno un anello nel quale passa il cavo del
freno che termina con una maniglia. Il cavo del freno, in prossimità
della vela, si sfiocca in una serie di cavetti che si inseriscono
nelle parti laterali del bordo di uscita della semiala. Un parapendio
è guidabile anche senza freni, utilizzando gli elevatori posteriori,
ma i primi rendono molto più preciso e meno faticoso il pilotaggio.
Sempre più diffuso, infine, è lo speed system o acceleratore, costituito
da una coppia di cavi che, passando attraverso appositi anelli (già
previsti nella maggior parte delle sellette) giungono ad una pedalina.
Questi cavi sono studiati per trazionare verso il basso (quando il
pilota spinge sulla pedalina) sia gli elevatori anteriori che quelli
intermedi (B), anche se in misura differente: in genere gli elevatori
A sono sollecitati al 100% dell'escursione mentre gli elevatori B
al 50%.
In tal modo, azionando l'acceleratore, si modifica l'assetto della
vela, riducendo l'angolo di incidenza lungo tutto l'ala.
Proprio per le sue caratteristiche di "apparecchio minimale" il parapendio
deve essere perfettamente integro (non esistendo nulla di superfluo
non ci si può permettere di averne alcune parti deteriorate).
Inoltre la struttura non è adatta a sopportare in sicurezza condizioni
meteorologiche meno che ottimali: ecco l'importanza letteralmente
"vitale" dello studio della meteorologia.
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CENNI
SUI MATERIALI UTILIZZATI E SUL TIPO DI LAVORO CUI SONO SOTTOPOSTI
A
differenza di quanto visto per il deltaplano, il parapendio, non
ha parti rigide: ovviamente, quindi, sia i cavi che la vela sono
sollecitati soltanto in trazione (e mai in compressione).
VELA
Vengono
utilizzati numerosi e sofisticati materiali sintetici (fra i quali
ricordiamo Mylar, Dacron e Trilam): i tessuti leggeri e porosi,
tipici dei primi modelli derivati dai paracadute da lancio, hanno
lasciato il posto a tele più rigide a porosità molto bassa; questa
caratteristica li rende poco idonei a sostenere lo shock di apertura
ad alte velocità.
Il tessuto, inoltre, mostra sempre una fitta trama a reticolo quadrangolare
che ha lo scopo di distribuire uniformemente il carico e di impedire
la propagazione di piccoli tagli.
Il principale nemico della vela è il sole, o meglio le radiazioni
ultraviolette (U.V.) che esso emana. Per questo motivo non è consigliabile
lasciare il parapendio esposto ai raggi solari più di quanto richiesto
dalle normali operazione di volo: le lesioni da U.V. si esprimono,
nelle fasi iniziali, con una perdita di consistenza ed un "impallidimento"
dei colori. Un eccessivo invecchiamento si traduce, inoltre, in
un aumento della porosità che, nei casi estremi, può determinare
una tendenza allo stallo paracadutale (vedi); è dunque opportuno
verificare o far verificare periodicamente lo stato del tessuto,
specie per ali usate.
Più realisticamente i danni alla vela possono derivare dal fatto
che essa venga tagliata da rametti, arbusti o rovi durante le operazioni
a terra: ecco perchè gli istruttori sottolineano l'importanza di
non "trascinarla" mai sul terreno e di adottare misure particolari
nei decolli ricchi di tali insidiosi nemici.
CAVI
Si
tratta, nella maggior parte dei casi, di cavetti in Kevlar prestirato,
in Dyneema od in Vectran, ricoperti da materiale plastico: nei primi
modelli, infatti, dopo alcuni voli, i cavetti avevano la tendenza
ad "allungarsi" modificando sensibilmente le caratteristiche di
sicurezza dell'ala stessa; oggi tale "rischio" è annullato dalla
operazione di pre-stiramento, attuata direttamente dai produttori.
Con l'aumentare del numero di cassoni (e quindi di cavetti) la tentazione
di ridurre i diametri (minore resistenza in volo!) ha indotto alcuni
produttori ad utilizzare cavetti sempre più sottili, il cui vantaggio
aerodinamico è spesso superato dal rischio di rottura sequenziale
(un cavetto dopo l'altro) in caso di turbolenze che alterino la
distribuzione del carico sui cavetti stessi.
Il carico di rottura di ogni cavetto, infatti, viene calcolato e
prefissato in relazione al loro numero complessivo: più cavetti
ci sono minore è il carico che ognuno di essi è chiamato a sopportare.
Come per altre "macchine del cielo", comunque, la caveria deve poter
sopportare, nel suo insieme, circa 8 G. Tra le situazioni che possono
danneggiare i cavetti ricordiamo i piegamenti troppo drastici (piegamento
a V) e la possibilità che subiscano lesioni dirette: calpestati
sopra ad una roccia, impigliati durante un decollo, ecc..
FRENI
Due
cavi particolari sono i "freni", solitamente in nylon: per il continuo
sfregamento all'interno dell'anello che li guida, i freni sono il
principale punto di usura di una vela volata bene.
Il loro metodico controllo e la loro periodica sostituzione sono
semplicemente indispensabili per evitare di dover "guidare" con
gli elevatori posteriori.
TRIM
ED ACCELERATORE (Speed system)
Alcuni
modelli sono dotati di trim che consentono di modificare la lunghezza
degli elevatori posteriori e, quindi, l'incidenza dell'ala in volo.
Il loro impiego non ha incontrato grande successo, soprattutto per
la impossibilità di "disinserirli" rapidamente in caso di problemi.
La esatta posizione dei trim dovrebbe essere sempre controllata,
prima del volo, verificandone la simmetria.
Lo speed system (o acceleratore) lavora in trazione ed è importante
verificarne la libertà di scorrimento e la assenza di grovigli o
nodi che ne renderebbero asimmetrica od impossibile l'azione.
In alcuni modelli, l'acceleratore, agisce su una piccola "barra
di distribuzione" che trasmette gli effetti a tutti gli elevatori
che il progettista ha ritenuto di poter trazionare in volo. A differenza
dei trim, l'acceleratore presenta il vantaggio di poter essere azionato
e rilasciato in modo rapido.
MOSCHETTONI
Triangolari
od ovali, i moschettoni di acciaio (meglio) o di alluminio che saldano
l'ala alla selletta devono potersi chiudere e bloccare per mezzo di
una ghiera a vite. Sono di gran lunga la parte più sovradimensionata
di tutta la nostra attrezzatura e, se controllati prima di ogni volo,
non daranno mai problemi.
Essi devono, tuttavia, venire sostituiti se presentano segno di ossidazione
(patina bianca o nerastra) o se si osservano difficoltà all'avvitamento
(indice di una possibile deformazione).