1. I numeri di pagina delle citazioni dal Manifesto fanno riferimento a Karl MARX e Friedrich ENGELS, Manifesto del Partito comunista, Laterza, Roma-Bari 1985. Per quel che riguarda i riferimenti bibliografici contenuti nelle note essi non hanno alcuna pretesa di completezza, e rimandano semplicemente a pochi testi di critica al Manifesto che reputo in qualche modo significativi, alle posizioni di alcuni amici le cui letture di Marx mi sembrano non lontane da quelle che qui presento, e infine a miei lavori che il lettore interessato ad approfondimenti del ragionamento presentato nelle pagine che seguono potrebbe trovare utili.

  2. "Mai la classe lavoratrice è stata tanto internazionale, mai il programma socialista […] è stato tanto impotente, se non addirittura assente", scrive Bruno Bongiovanni. Ciò non vuol dire, prosegue il commentatore, che il Manifesto, "così irrimediabilmente antico e così sorprendentemente moderno", sia da ritenersi inattuale. Esso sarebbe "più che mai indispensabile per comprendere criticamente il mondo che ci circonda e per riafferrare, obiettivo credo condiviso da tutti gli uomini di buona volontà, l'imperativo categorico di rovesciare tutti i rapporti nei quali l'uomo è un essere degradato, assoggettato, abbandonato, spregevole". Certo, purgando Marx della "dicotomia classistica sempre improponibile", e ammettendo, da buon storico, che il giungere a compimento del processo storico individuato da Marx arriva "largamente fuori tempo massimo dal punto di vista delle roventi aspettative politiche e palingenetico-religiose degli anni '40 del XIX secolo" (Postfazione di Bruno BONGIOVANNI a Karl MARX e Friedrich ENGELS, Manifesto del Partito Comunista, Einaudi, Torino 1998, pp. 214-5). Non potrebbe essere più evidente la scissione tra piano analitico e piano pratico-politico, legati oramai soltanto da una urgenza etica di cui non si saprebbero indicare le basi materiali, se non limitandosi a osservare che la risposta alla dinamica capitalistica non può che collocarsi sullo stesso terreno internazionale dove si muove oggi l'agire delle imprese.

  3. Chi scrive condivide la frattura operata da Maximilien Rubel tra Marx e il Marxismo; la ricchezza del primo è persa dal secondo, e si ritrova soltanto nel filone minoritario che potremmo definire 'marxiano' del novecento, che comprende autori come Rosa Luxemburg, Heinrich Grossmann, Isaak I. Rubin, Karl Korsch, Paul Mattick e pochi altri. Ciò non di meno, nel seguito, per non appensantire troppo il testo, e a rischio di qualche ambiguità, impiegherò il termine generico 'marxismo', convinto che il contesto renderà chiaro al lettore il riferimento del mio discorso. Vi è però una ragione più di sostanza, che potrebbe essere mascherata dal far riferimento a un filone marxiano 'buono' e a un marxismo 'deteriore'. Lo stesso Marx e il filone che è più fedele al suo spirito critico non sono esenti da difficoltà analitiche e politiche. Una ripresa della teoria marxiana non può in alcun modo presentarsi oggi come un puro e semplice 'ritorno a Marx'.

  4. Cfr. Wal SUCHTING, "What is Living and What is Dead in the Communist Manifesto", in Mark COWLING (Ed.), The Communist Manifesto. New Interpretations, Edinburgh University Press, Edinburgh 1998, p. 160.

  5. Cfr. Lucio COLLETTI, "Prefazione" in Karl MARX e Friedrich ENGELS, Manifesto del Partito comunista, Laterza, Roma-Bari 1985.

  6. Il lettore è rimandato per un discorso più disteso a Riccardo BELLOFIORE, "Marx rivisitato: capitale, lavoro e sfruttamento", Trimestre, XXIX, n. 1-2; "L'abstraction au travail. Une approche monétaire de la theorie marxienne de la valeur", comunicazione presentata alle giornate di studio Marx aujourd'hui : fondements et critiques de l'économie politique tenutesi a Parigi il 27-28 novembre 1997; "The value of value: the Italian debate on Marx: 1968-1976", presentato al convegno Classical and Marxian political economy: the Legacy of Claudio Napoleoni, Bergamo, 12-13 giugno 1998, e ora pubblicato anche in italiano sulla Rivista di Politica Economica, Aprile-Maggio1999. Da segnalare anche i contributi contenuti nei due volumi da me curati, in inglese: Marxian Economics: A Reappraisal, Macmillan, London 1998, rappresentativi dei filoni di ricerca internazionalmente più rappresentativi su valore, moneta e crisi, e però pressoché sconosciuti in Italia.

  7. Seguiamo qui l'insegnamento di Calogero su Aristotele, dove l' 'attualizzazione' implica il divenire esplicito della forma implicita nella "potenza". Cfr. Guido CALOGERO, "Possibilità", in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Roma 1949. Il vedere nel valore l'attualizzazione del lavoro astratto presente in potenza nella produzione consente di superare il falso dilemma di 'creazione' o 'realizzazione' del valore nella circolazione.

  8. Chris ARTHUR, "Napoleoni on Labour and Exploitation", p. 6, presentato al convegno Classical and Marxian political economy: the Legacy of Claudio Napoleoni, Bergamo, 12-13 giugno 1998 (e ora pubblicato anche in italiano sulla Rivista di Politica Economica, Aprile-Maggio1999): "Questo errore consiste nel confondere il concetto marxiano di lavoro astratto, che è determinazione pertinente alla forma sociale, con un tipo particolare di lavoro concreto, con una semplificazione materiale del lavoro richiesto al lavoratore, qualcosa che può talora ben conseguire a quella forma sociale, ma che va inteso al più come una approssimazione al 'contenuto' della nozione di 'lavoro astratto'" (p. 7, corsivi nel testo). Di Chris Arthur vanno ricordati, in funzione del discorso che qui si sta svolgendo, almeno questi altri due lavori: "Dialectics and Labour", in Issues in Marxist Philosophy, vol. I, eds. J. MEPHAM and D.H. RUBEN, Harvester, Brighton 1979; Dialectics of Labour, Blackwell, Oxford 1986.

  9. Il ragionamento di questa sezione conferma l'esistenza di un rapporto di continuità tra il Marx maturo ed Hegel. Non però nel senso imputatogli da critici come Colletti, secondo il quale l'autore del Capitale erediterebbe una dubbia 'filosofia della storia'. Ciò che Marx riprende da Hegel è, per un verso, la logica dell'inversione 'reale' di soggetto e oggetto come carattere tipico della realtà (solo capitalistica, secondo Marx; metastorica, secondo Hegel), e, per l'altro verso, il metodo del 'presupposto-posto'. Da tempo Roberto FINELLI ha meritoriamente sottolineato questo secondo aspetto. Cfr., da ultimo, "Logica analitica e logica sintetica", in Trimestre, XXIX, n. 1-2, 1996. Il primo aspetto, che rimanda ovviamente ai lavori seminali di Rubin, e da noi di Colletti e Napoleoni, è al centro delle riflessioni di Raffaele SBARDELLA. Si veda per esempio, "Astrazione e capitalismo. Alcune note su Marx", Vis-à-Vis, n. 6, 1998, dove a p. 198 si osserva che il ragionamento di Marx "può sembrare un ragionamento di tipo hegeliano, ma in realtà non lo è: è la realtà sociale stessa ad essere semmai strutturata come il pensiero di Hegel." La stessa tesi è stata portata avanti, e da lungo tempo, da Chris ARTHUR, di cui si veda per esempio "From the critique of Hegel to the critique of capital", in The Hegel-Marx Connexion, eds. T. BURNS and I. FRASER, Macmillan, London, di prossima pubblicazione.

  10. La misura esteriore è ovviamente il lavoro come si rappresenta nel denaro. Una analisi marxista adeguata deve tener conto ad un tempo di entrambe le misure, e svolgersi perciò tanto nei termini del lavoro astratto 'incorporato'.quanto in quelli del lavoro astratto 'comandato' dalla moneta. Il revival internazionale degli studi sulla teoria del valore lavoro marxiana degli ultimi vent'anni – e di cui solo tardivamente e parzialmente si sta prendendo atto nella discussione italiana: si veda il comunque stimolante Stefano PERRI, Prodotto netto e sovrappiù, Utet Libreria, Torino 1998 – si appoggia, nella sua dimensione quantitativa, esclusivamente sul lavoro 'rappresentato' dalla moneta, il che conduce a perdere la profondità della costruzione di Marx e non poche delle sue proposizioni più significative, per esempio nella teoria dei prezzi e della distribuzione. Una rassegna dei filoni più recenti è il mio scritto citato alla nota successiva; lo sforzo di articolare lavoro 'incorporato' nella merce e lavoro 'comandato' dal denaro è una costante dei miei lavori; per quel che riguarda la distribuzione si veda, da ultimo, Riccardo BELLOFIORE-Riccardo REALFONZO "Finance and the Labor Theory of Value. Toward a Macroeconomic Theory of Distribution from a Monetary Perspective", in Marxian Theory: The Italian Debate, numero monografico a mia cura dell' International Journal of Political Economy, XXVII, n. 2, Summer 1997. Visti gli intenti di questo scritto, peraltro, trascureremo del tutto la possibile divergenza tra lavoro 'incorporato' e lavoro 'comandato'. Per lasciar intuire la rilevanza della questione ci limitiamo a osservare quanto segue: con 'prezzi' divergenti dai 'valori-lavoro' le espressioni 'valore del capitale costante' e 'valore del capitale variabile' significano cose diverse a seconda che si faccia riferimento al lavoro 'contenuto' negli elementi che compongono il capitale costante e il capitale variabile, o al lavoro 'rappresentato' nel capitale monetario che acquista quegli elementi.

  11. Anche nel caso in cui empiricamente ci si trovi dinanzi un lavoro 'semplice' e 'dequalificato' – osserva a ragione Chris Arthur nello scritto citato – "è pur sempre vero che il lavoro impiegato dal capitale è formato come 'astratto' quale che sia il grado di corrispondenza tra contenuto del lavoro e forma sociale. L' opposizione tra lavoro concreto e astratto rimane sino a che rimane quella tra valore d'uso e valore di scambio. Ciò che è importante è che il capitale organizza il processo di produzione al fine di massimizzare la produzione" (p. 14, corsivi nel testo). Il punto essenziale da comprendere è che il lavoro astratto è, in effetti, una categoria 'relazionale' che sta all'incrocio di due determinanti: il confronto antagonistico tra lavoro e capitale nella produzione (e perciò come il lavoro si trasforma in conseguenza dell'agire imprenditoriale e della resistenza dei lavoratori); ma anche tutto ciò che incide sulla pre-validazione sociale del lavoro all'interno delle imprese e sulla validazione finale nello scambio (quindi i rapporti di collusione e conflitto infracapitalistici). Nel suo scritto Chris Arthur critica la posizione sul lavoro astratto sostenuta, in polemica con la 'scuola di Rubin', da David GLEICHER in "A Historical Approach to the Question of Abstract Labour", in Capital and class,, n. 21, 1983, ora incluso in Simon MOHUN ed., Debates in Value Theory, Macmillan, London 1994. La medesima critica era stata anticipata in Riccardo BELLOFIORE, "A Monetary Labour Theory of Value", Review of Radical Political Economics, XXI, n. 1-2, 1989, con riferimento allo stesso Gleicher, e a posizioni italiane a lui omogenee. Quest'ultimo scritto è disponibile in italiano in una versione ampliata e rivista, "Per una teoria monetaria del valore lavoro. Problemi aperti nella teoria marxiana, tra radici ricardiane e nuove vie di ricerca", in Valori e prezzi, a cura di Giorgio LUNGHINI, Utet, Torino 1993.

  12. Per essere precisi, si deve rilevare che l'astrazione del lavoro nella produzione di cui si parla nel testo, se precede l'alienazione del lavoro nello scambio 'finale' sul mercato dei beni, segue però lo, e dipende dallo, scambio 'iniziale' sul mercato del lavoro. Lo scambio è, insomma, un momento comunque essenziale del processo di astrazione del lavoro, anche prima della metamorfosi finale della merce con il denaro, e non può essere ricondotto al solo momento della produzione immediata che determinerebbe tutto il resto senza alcun ruolo, se non passivo, della circolazione. Anche autori vicini alla posizione che sto sostenendo, come Finelli e Arthur, non cogliendo adeguatamente la 'sequenzialità' del processo di astrazione del lavoro, finiscono con l'incorrere in problemi analitici che possono essere evitati. Finelli, non sottolineando a sufficienza che il rapporto tra lavoro e capitale è costituito in primo luogo da una relazione di scambio (che 'anticipa' i risultati della produzione immediata e dello scambio 'finale'), ricade talora in una visione puramente 'fisicalista' dell'astrazione del lavoro. Arthur, a partire dalla definizione della forma valore come conseguente alla mera astrazione del lavoro nello scambio 'finale', sembra sovente ridurre il lavoro astratto a categoria esistente nel solo scambio sul mercato dei beni, e i cambiamenti del processo di lavoro capitalistico ad adeguamenti del lavoro concreto alla 'forma' capitalistica che non danno però luogo ad un momento particolare, e centrale, dello stesso lavoro astratto come valore 'in movimento'. Se ben intendo, compatibile con quanto sostengo è la posizione di Raffaele SBARDELLA quale traspare dalla seguente citazione, che condivido integralmente: "Tutti i passaggi analitici di Marx si manifestano momenti particolari di vita dell'Astratto: la forza-lavoro, il lavoro vivo, il lavoro oggettivato, il valore, il plusvalore, il profitto; e ancora la merce, il denaro, i prezzi …, sono tutti momenti fenomenici dell'Astratto; luoghi in cui si manifesta occultandosi il movimento stesso dell'astrarre, unico principio di reale unificazione della società e assieme fondamento del feticismo e origine di ogni alienazione." ("Astrazione e capitalismo. Alcune note su Marx", Vis-à-Vis, n. 6, 1998, pp. 197-98)

  13. Sulla Luxemburg sia consentito il rimando a Riccardo BELLOFIORE, "Una candela che brucia dalle due parti. Rosa Luxemburg tra critica dell'economia politica e rivoluzione", in Storia del pesniero economico, n. 33-34, 1997.

  14. In quel che segue si impiegheranno i termini di composizione 'organica' del capitale e di composizione 'in valore' come sostanzialmente sinonimi, il che è a rigore, secondo le definizioni di Marx, scorretto. E' comunque chiaro che il verificarsi effettivo della caduta tendenziale del saggio di profitto dipende in realtà dalla composizione in valore del capitale.

  15. Si tratta del saggio di profitto conseguibile nel caso estremo di capitale variabile nullo, e che è pari al rapporto tra il lavoro vivo corrispondente alla giornata lavorativa sociale totale e il lavoro morto incorporato nell'insieme dei mezzi di produzione .

  16. Michele SALVATI, "Terza via e lib-lab: tra vecchie vie e vere novità", Reset, Novembre-Dicembre 1998, n. 51, p. 28. Giudizi di questo tenore Salvati in genere li pronunzia di fronte a uditori della sinistra internazionale, che oggi mal comprenderebbero atteggiamenti liquidatori sul marxismo che sono invece correnti in Italia.

  17. La crescita dei prelievi improduttivi sul plusvalore giustifica la conclusione della Luxemburg sulla presenza di una 'legge' capitalistica della caduta del salario relativo anche per coloro che, come chi scrive, non credono ad un progressivo aumento della composizione in valore del capitale.

  18. Karl MARX, Teorie sul plusvalore, vol. II, Editori Riuniti, Roma 1979, p. 628.

  19. Eric HOBSBAWM, "Introduzione", p. 26, in Karl MARX Friedrich ENGELS, Manifesto del partito comunista, Rizzoli, Milano 1998. Vedi anche Eric HOBSBAWM, "Lo spettro si aggira per l'Europa", The Guardian, traduz. in italiano in Internazionale, n. 223, 13 marzo 1998.

  20. Tradotto in italiano come Eric HOBSBAWM, Il secolo breve, Rizzoli, Milano 1995.

  21. Cfr. da ultimo, di Riccardo BELLOFIORE: "La globalizzazione del capitale: miti e realtà", Collegamenti Wobbly, n.s., n. 4-5, 1997-98; "Le contraddizioni della globalizzazione. Una prospettiva marxiana", in Capitalismo e conoscenza. L'astrazione del lavoro nell'era telematica, a cura di Lorenzo CILLARIO e Roberto FINELLI, manifestolibri, Roma 1998; e "Dopo il fordismo cosa? Il capitalismo di fine secolo oltre i miti", Parole chiave, n. 14-15, 1997. Si vedano anche i saggi contenuti nel volume da me curato, e che è stato appena pubblicato: Il lavoro di domani. Globalizzazione finanziaria, ristrutturazione del capitale e mutamenti della produzione, BFS, Pisa 1998, a cui si rimanda anche per ulteriori indicazioni bibliografiche.

  22. Suzanne DE BRUNHOFF, "Di quale Europa abbiamo bisogno oggi?", in Riccardo BELLOFIORE, a cura di, Il lavoro di domani. Globalizzazione finanziaria, ristrutturazione del capitale e mutamenti della produzione, BFS, Pisa 1998, p. 72. Colgo l'occasione per citare il bell'intervento di questa autrice al convegno sul Manifesto tenutosi a Parigi nel maggio di quest'anno: "Marx, la bourgeoisie et la critique de l'économie politique".

  23. Il ruolo tuttora essenziale del conflitto e della politica è chiaramente sottolineato da Augusto GRAZIANI, "La globalizzazione conflittuale", Critica Marxista, n. 1, 1998.

  24. Per maggiori considerazioni si rimanda a Riccardo BELLOFIORE, "I lunghi anni settanta. Crisi sociale e integrazione economica internazionale", presentato al convegno Le radici della crisi. L'Italia dagli anni sessanta ai settanta, svoltosi a Bologna il 28-30 ottobre 1998, in corso di pubblicazione negli atti a cura di Luca BALDISSARA.

  25. François CHESNAIS, La mondialisation du capital et ses conséquences, in Démocratie ou mondialisation, Les Éditions Arléa, Paris 1998. Chesnais è autore di uno dei migliori volumi su queste questioni, giunto alla seconda edizione francese, ma malauguratamente ancora non tradotto in italiano: La Mondialisation du capital, Syros, Paris 1997.

  26. Anche se non posso sviluppare in questa sede il punto, vale la pena di segnalare che la sussunzione reale del lavoro al capitale comporta il trasferimento della produttività materiale al capitale, come anche una 'indiretta' produttività di (plus)valore di quest'ultimo. Tale produttività è però limitata dalla abilità del capitale di 'succhiare' lavoro alla forza lavoro. A questo proposito Chris Arthur ha scritto efficacemente che "dialetticamente parlando, qui [nella distinzione di forza lavoro e lavoro] la differenza del valore d'uso e del valore si acuisce sino a divenire una contraddizione vera e propria. La conseguenza di questo aspetto particolare del lavoratore [l'essere egli potenzialmente recalcitrante allo 'sfruttamento', circostanza che non si riscontra per nessun altro input] è che la relazione tra capitale e lavoro è intrinsecamente antagonistica e che in questo senso non vi è ragione di parlare di lavoro salariato come di un lavoro 'produttivo' quanto piuttosto come di un lavoro 'controproduttivo', nella misura in cui i lavoratori sono effettivamente o potenzialmente recalcitranti rispetto ai tentativi del capitale di forzarli a prestare lavoro." (art. cit., p. 16). Sicché la produttività del capitale dipende in ultima istanza dalla capacità di sfruttare il lavoro. Ciò significa, d'altronde, che il tempo di lavoro che determina il valore è a sua volta, in quanto risultato dell'agire capitalistico e dell'antagonismo dei lavoratori, determinato dal procedere conflittuale della dinamica capitalistica.

  27. Utili spunti in questa direzione erano stati forniti da Etienne BALIBAR, La philosophie de Marx, La Découverte, Paris, 1993 e Wal SUCHTING, Marx: An Introduction, Wheatsheaf Books, Brighton, 1983.

  28. Suzanne DE BRUNHOFF, Stato e capitale. Ricerche sulla politica economica, Feltrinelli, Milano 1979, pp. 5 e 162.

  29. Rossana ROSSANDA, "A centocinquant'anni dal Manifesto del partito comunista", Finesecolo, n. 1, 1998, p. 12.

  30. Alain BIHR, "Post-fordismo o adattamento alla crisi del fordismo?", in Riccardo BELLOFIORE, a cura di, Il lavoro di domani. Globalizzazione finanziaria, ristrutturazione del capitale e mutamenti della produzione, BFS, Pisa 1998, p. 207, corsivo nel testo. Dello stesso autore sulle medesime questioni merita di essere ricordato anche Le post-fordisme: realité ou illusion?, manoscritto dell'intervento tenuto all'Unione culturale Franco Antonicelli, Torino, 28 ottobre 1996, di prossima pubblicazione in traduzione italiana in Vis-à-Vis, n. 7, 1999. Questi lavori recenti di Bihr sono importanti anche per diradare qualche equivoco originato della ricezione italiana del suo libro Dall' 'assalto al cielo' all' 'alternativa'. La crisi del movimento operaio europeo, a cura di Oscar Mazzoleni, BFS, Pisa 1995, e su cui l'autore è intervenuto chiarendo la sua posizione nell'introduzione, molto bella, alla seconda edizione. Colgo anzi l'occasione per dire che le risposte che Bihr dà alle obiezioni che gli avevo rivolto nella mia recensione, peraltro largamente positiva, "Liberazione dal lavoro", apparsa su L'Indice dei libri del mese, n. 5, maggio 1996, lasciano sospettare che le differenze tra le nostre posizioni, che pure esistono, siano minori rispetto a quanto avevo in origine pensato: si veda, per esempio, la presa di distanza che ora Bihr ritiene di dover marcare rispetto ad alcuni degli interventi che avevano introdotto il suo volume in Italia e che però, secondo l'autore francese, ne avrebbero distorto il senso; come anche l'altrettanta netta critica nei confronti di troppo facili entusiasmi sul terzo settore.

  31. Rossana ROSSANDA, "A centocinquant'anni dal Manifesto del partito comunista", Finesecolo, n. 1, 1998, p. 14, corsivi nel testo.

  32. Frasi del genere sono rintracciabili nell'intero arco di vita di Marx.

  33. Friedrich ENGELS – Karl MARX, La sacra famiglia, Editori Riuniti, Roma 1972, p. 44.

  34. Il lettore interessato a considerazioni meno telegrafiche è rimandato al mio (pressoché introvabile, temo) "Il rosso, il rosa e il verde Considerazione inattuali su centralità operaia e nuovi movimenti", Quaderni del CRIC, n. 3, 1988. Una prospettiva in larga misura compatibile è quella di Moishe POSTONE, Time, labor and social domination. A reinterpretation of Marx's critical theory, Cambridge University Press, Cambridge 1993, secondo il quale la centralità della produzione è in Marx l'oggetto dell'analisi, non il punto di vista dal quale essa viene svolta – si veda alle pp. 5-6, 16-7, 388-9. Quando espressi posizioni di questo tenore negli anni ottanta, esse venivano, nell'ambiente della sinistra che allora si chiamava 'di classe', criticate piuttosto per una scarsa adesione ai canoni dell'operaismo e, talora, del 'vero' marxismo. Negli anni novanta, spesso dai medesimi ambienti, l'obiezione sollevata è quella di attardarsi in una 'resistenza' residuale. Ma questa, come direbbe quel grande saggio, e anche grande filosofo, che è il barista in Irma la douce (Billy Wilder, 1963) "è tutta un'altra storia".

  35. In quel che segue, riprendo alcuni spunti, e anche qualche frase, dalla parte finale di Riccardo BELLOFIORE, "Teoria del valore e processo capitalistico. Note di teoria marxiana", Vis-à-Vis, n. 6, 1998. Sulle medesime problematiche cfr. anche "L'altro come primo bisogno", l'ultimo paragrafo del mio libro La passione della ragione. Scienza economica e teoria critica in Claudio Napoleoni, Unicopli, Milano 1991.

  36. Michele SALVATI, "Realismo e utopia', in Paolo SYLOS LABINI, Carlo Marx: è tempo di un bilancio, Laterza, Roma-Bari, p. 66.

  37. Cfr. l'intervista ad Amartya Sen di Furio COLOMBO, Il terzo dopoguerra. Conversazioni sul post-comunismo, Rizzoli, Milano 1990, alla p. 198. Un riferimento più rigoroso in Amartya SEN, Inequality reexamined, Clarendon Press, Oxford 1992, p. 41, 52 e 118-21. Il fatto che l'eguaglianza di Marx sia eguaglianza nella libertà positiva consente di chiarire il senso della critica al diritto 'eguale' espressa da Marx, per esempio, nella Critica al programma di Gotha.

  38. Stimolanti per un eventuale sviluppo lungo questa linea sono gli scritti contenuti in Nancy J. CHODOROW, Feminism and Psychoanalitic Theory, Yale University Press, New Haven 1989, in particolare "Beyond Drive Theory: Object Relations and the Limits of Radical Individualism" e "Toward a Relational Individualism: The Mediation of Self through Psychoanalysis".

  39. Vittorio RIESER, "Mutamenti nella divisione del lavoro e nella segmentazione della forza lavoro", in Riccardo BELLOFIORE, a cura di, Il lavoro di domani. Globalizzazione finanziaria, ristrutturazione del capitale e mutamenti della produzione, BFS, Pisa 1998. Sul lavoro oggi è di grande utilità l'ultimo numero di Parole chiave.

  40. "Prospettive. Andiamo verso la rivoluzione proletaria?", in Simone WEIL, Sulla Germania totalitaria, a cura di Giancarlo GAETA, Adelphi, Milano 1990, p. 196.