La socialdemocrazia va alla guerra

di Luigi Vinci

Undici paesi dell'Unione Europea su quindici appartengono alla Nato; in dieci di essi i socialdemocratici sono al governo, da soli o in coalizione con altri partiti; tutti i governi europei dei paesi appartenenti alla Nato sono partecipi diretti della guerra della Nato alla Iugoslavia. La socialdemocrazia europea è quindi tra i protagonisti fondamentali di questa guerra, seconda solo al governo degli Stati Uniti. E' del tutto evidente la qualità di questo passaggio dal lato della guerra, peggiore di quello della vigilia del primo conflitto mondiale, poiché allora le socialdemocrazie non erano al governo in nessun paese e dunque si limitarono, diciamo così, ad accodarsi alle varie borghesie.

Essa può essere così categorizzata: le socialdemocrazie oggi, per loro scelta, passano dall'essere forze di moderazione delle pratiche e degli effetti sociali più brutali del capitalismo - in quanto dotate di un'attitudine democratica ed egualitaria, perciò di un buon grado di autonomia dal capitalismo stesso - all'essere le protagoniste politiche fondamentali della selezione delle sue decisioni strategiche, comprese quelle più odiosamente antisociali.

Ciò non annulla l'intima molteplice contraddittorietà delle socialdemocrazie europee. E' bene ribadirlo, al fine stesso di un'adeguata definizione del comportamento politico, contro la guerra e più in generale, da parte delle forze anticapitalistiche, cioè al fine di scelte non settarie. La base sociale delle socialdemocrazie continua a essere la stessa, operaia e popolare, con i suoi interessi e i suoi impulsi di classe e le sue idee più o meno confuse. Pare che tra le ragioni dell'abbandono di Lafontaine ci sia stato il rifiuto di farsi complice dell'aggressione alla Iugoslavia. Però Jospin è tra i protagonisti della guerra. Le sinistre socialdemocratiche appaiono cioè del tutto fratte dinanzi alla guerra, ciò che è particolarmente evidente in Gran Bretagna.

Soprattutto l'intima contraddittorietà delle socialdemocrazie vede modificata dalla guerra la sua qualità, nel senso di non essere più quella tradizionalmente propria di formazioni moderate del movimento operaio bensì di farsi simile, all'ingrosso, a quella delle formazioni politiche di massa del centro borghese. D'altro canto, a indiretta riprova di ciò, si veda come non siano pochi i politici italiani di provenienza democristiana ad essere allineati al Papa ovvero contrari alla guerra.

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Invero quest'organicità attuale della relazione tra socialdemocrazie europee e rispettivi capitalismi non parte - come tendenza - con la guerra alla Iugoslavia, anche se la guerra la completa, e dunque produce un nuovo quadro generale. L'adiacenza agli Stati Uniti imposta da Blair alla Gran Bretagna, significata da un lato dalla contiguità ideologica tra la "terza via" di Blair e il liberismo in versione Clinton e dall'altro dalla guerra che Stati Uniti e Gran Bretagna hanno ripreso da tempo a condurre contro l'Iraq non costituisce, infatti, solo lo svolgimento, nelle condizioni della mondializzazione finanziaria e dell'egemonia mondiale degli Stati Uniti, del legame, avente fondamenta storico-culturali, tra i due paesi: bensì, più sostanzialmente, è la scelta di tornare a fare della Gran Bretagna, sotto l'ombrello tutore degli Stati Uniti, un'entità imperialista specifica, che bada ai suoi interessi specifici, anziché essere partner convinta di Germania, Francia, Italia, Spagna e altri ancora della costruzione di un imperialismo europeo integrato e, con ciò, autonomo, secondo il disegno dei Trattati ispiratori dell'Unione Europea.

Ma soprattutto questo disegno ha cominciato ad essere messo in crisi per scelta del nuovo governo tedesco. Schröder è cioè fermamente orientato a perseguire l'allargamento dell'Unione Europea ai satelliti economici tedeschi in Europa centrale e la penetrazione economica tedesca in Russia, da un lato anche a forte discapito delle aspettative e degli interessi dei partners europei mediterranei e dall'altro agendo in concerto stretto con gli Stati Uniti, ovvero facendo della Nato uno strumento potente di pressione e di ricatto nei confronti della Russia. La fine della storica bipartnership franco-tedesca, basata da un lato sulla potenza economica della Germania e dall'altro su quella atomica della Francia, che sin dall'inizio aveva funto da governo-ombra dell'Unione Europea, è l'effetto più vistoso di questa radicale svolta tedesca. Ma altri effetti, benché forse meno vistosi, sono ancora più importanti.

Intanto gli Stati Uniti con tutto ciò rientrano alla grande in Europa ovvero vengono di fatto incorporati al governo dell'Unione Europea, e come sua componente fondamentale. Di conseguenza l'Unione Europea viene a rinunciare alla sua identità-autonomia in sede politica, ciò che da un lato significa più vigorosa tendenza alla sua assimilazione al modello sociale statunitense e dall'altro sua rinuncia alla costruzione di un integrato-autonomo imperialismo europeo per subordinarsi, sia pure nella veste di pool più o meno raccordato di alleati più o meno privilegiati, agli Stati Uniti. Infine, come già accennato, ogni paese dell'Unione Europea ha cominciato e sempre più tenderà a considerare gli Stati Uniti il proprio interlocutore fondamentale, in luogo cioè dei partners europei e dell'Unione Europea nella sua interezza, e a tentare di acquisire la forza utile al perseguimento dei propri interessi ed obiettivi imperialisti specifici attraverso la costruzione di relazioni di servizio con gli Stati Uniti, ovvero rendendo ad essi utilità più o meno importanti, di tipo politico e militare.

Vorrei precisare come ciò riguardi non solo la Gran Bretagna e la Germania ma anche l'Italia: D'Alema partecipa alla guerra alla Iugoslavia proprio per affermare l'Italia - l'imperialismo italiano - in quanto partner fondamentale degli Stati Uniti nel controllo e nella penetrazione da parte dell'imperialismo "in generale", governato dagli Stati Uniti, nel Mediterraneo, nei Balcani e in Medio Oriente. La Francia di Jospin, in ultimo, isolata dalla Germania, sta oggi rapidamente tentando di rientrare in gioco, cioè ha scelto di fare proprie le regole del gioco dettate dagli Stati Uniti: dunque ha deciso di prendere parte essa pure alla guerra.

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L'autonomia dei processi della politica, lo comprova tutta l'esperienza di questo secolo, è assai più alta di quanto il marxismo all'origine non sospettasse. Essa si è espressa nella reale possibilità, in questi tre anni, che la conquista dei governi dei paesi dell'Unione Europea da parte delle socialdemocrazie producesse una netta correzione di rotta rispetto al precedente corso violentemente antisociale promosso dalle destre liberiste. Le socialdemocrazie hanno invece via via deciso – con le notevoli eccezioni iniziali di Jospin e di Lafontaine – per la spinta di Blair, di D'Alema e di Schröder di essere le continuatrici di ciò che di utile il liberismo di destra aveva rappresentato dal punto di vista del capitalismo: tendendo dunque a introdurre correttivi ed elementi di moderazione essenzialmente finalizzati a sbloccare meccanismi economici inceppati dai versanti ideologici più infecondi del liberismo e dall'altro a prevenire con iniziative spesso più di facciata che di sostanza riprese su vasta scala della lotta di classe. Il motore, in ultima analisi, dell'allineamento-accodamento organico agli Stati Uniti, della guerra alla Iugoslavia e dell'incorporazione nella cultura e nell'etica delle socialdemocrazie della guerra come mezzo ordinario della politica mi pare essere esattamente questo.

Grandi compiti di generale supplenza del movimento operaio in tutta quanta la sua storica articolazione europea - l'analogia necessariamente torna al '14 - competono, di conseguenza, alle sinistre anticapitalistiche. Che esse siano all'altezza di questo compito mi è evidente che no. Ma non lo erano neppure nel '14, eppure ci riuscirono. Ri-diventarlo richiede oggi la capacità di aggregare in potente forza d'urto di massa il vasto ma sbriciolato fronte di quanti si oppongono alla guerra. Questo a sua volta richiede una nostra grande disponibilità alla costruzione di forme di organizzazione democratiche, partecipate da tutti, rispettose di peculiarità di percorso e di differenze di cultura politica: cioè la soppressione di ogni impulso settario all'egemonia organizzativa. L'obiettivo della pace subito, tanto contro l'aggressione della Nato che contro ogni macelleria etnica, dev'essere la nostra bussola fondamentale.