LA CATTEDRALE
VERDE
"La
Nature est un temple où de vivants piliers/ laissent
parfois sortir de confuses paroles; / l'homme y passe à
travers des forêts de symboles / qui l'observent avec
des regards familiers."1
Seppure scritti in un clima culturale per molti aspetti
lontano da quello d'oggi, questi versi di Baudelaire
risuonano con immediatezza nel ricordo di chi legge
questo interessante e suggestivo lavoro di Luigi Ghizzo
in collaborazione con Eddi Dalla Betta e Ezio Pederiva,
preparato da una assiduità con l' "habitat"
naturalistico dei Palù-Valbone prossima all'identificazione
fisica, suggerito dall'indagine infaticabile attorno a
reperti storici, lacerti toponomastici, strutturazioni
morfologiche, voluto in forza di una intuizione
folgorante divenuta via via spiegazione plausibile.
Un intrico vegetale rimane foresta angosciante finchè
non si apre una radura luminosa. Lo spunto suggerisce un'indagine
di valenza antropologica: sono le forme della natura ad
incrociare le pulsioni e i desideri profondi dell'uomo,
insoddisfatto del "dato" e bisognoso di "significato".
Ma l'uomo da anche le proprie forme alla natura: nella
millenaria storia che lo vede peregrinante sulla terra, l'uomo
unisce il suo vigore creativo a quello delle forze
naturali; del Demiurgo originario l'uomo-demiurgo si fa
collaboratore o oppositore, a seconda che il suo
intervento risulti ordinatore e arricchente oppure
distruttivo e contaminante.
A doppia mandata, dunque, la natura è "un tempio
che parla": manda messaggi che simpateticamente
fanno vibrare le corde della sensibilità e dell'intelligenza
umane e, allo stesso tempo, assorbe messaggi che
sostanzia in un unico battito di vita con l'uomo e poi
restituisce potenziati.
Il pregevole saggio degli autori considera una precisa
porzione di territorio, geograficamente e storicamente
connotato: i Palù-Valbone, nei comuni di Sernaglia della
Battaglia, Farra di Soligo, Moriago della Battaglia e
Vidor, in provincia di Treviso, modellati, attorno all'anno
1000, dall'intervento risanatore e ordinatore dei monaci
benedettini.
Che si tratti di un paesaggio plasmato in opera d'arte
sacra è la tesi suggestiva assunta per la dimostrazione
dagli autori, i quali giungono a fondate, seppur non
assolute, e convincenti conclusioni. Rafforza la tesi il
fatto che la pregevolezza del paesaggio considerato,
esemplare pressochè unico, rinvia attraverso
ramificazioni d'ordine storico, antropologico, filosofico,
etico e teologico a costanti strutturali della sensibilità
e del pensiero umani, così come dell'umanizzazione-inculturazione
del paesaggio naturale: la Natura è di per sé stessa
depositaria di significati tanto quanto l'uomo affida al
linguaggio della natura i suoi valori-significato.
Secondo questa prospettiva di interpretazione, nei Palù-Valbone
il labirinto dei sentieri, i fossati, i campi quadrati,
le essenze arboree per qualità e per disposizione a
frangivento paralleli e digradanti, tutto insomma diventa
"icona", icona del cosmo, dell'uomo, del divino.2
Per effetto dell'uso inflazionato e inconsapevole che
normalmente se ne fa, questa parola, astratta dal
contesto della teologia orientale dove è nata, rischia
di smarrire la valenza originaria: l'icona è "immagine
dell'invisibile", "trasparenza del trascendente",
"orma dell'ineffabile". Ebbene "Parola",
nell'accezione più alta e sacra, si è fatto e continua
ad essere la porzione di territorio in questione: gli
autori del saggio la definiscono "cattedrale verde"
e questo spunto suggerisce un'ultima considerazione: nel
medioevo le cattedrali sorsero come "microcosmo di
significati" e come "Bibbia dei poveri",
universo di significati e valori, venivano lette; questa
che viviamo, invece, è l'età della dispersione, dell'assenza
di riferimenti unitari e condivisi.
Che cosa può dire ancora una cattedrale, soprattutto una
"cattedrale verde", peraltro minacciata da
indifferenza ed erosioni continue, qual è la cattedrale
dei Palù-Valbone ?
Ci si augura che la risposta sia da parte di tutti
inequivocabile: molto, per cui salvarla e valorizzarla
non equivale a preservare e custodire un reperto storico
inerte, ma a far rivivere il sangue, la carne, la mente e
i sensi 3 di intere comunità che in essa
affondano le radici e in essa tendono a riconoscersi.
Questo è l'intendimento che ha reso solidali gli intenti
di alcune delle pubbliche Amministrazioni interessate all'elaborazione
di uno strumento conoscitivo e operativo (piano
ambientale dei Palù-Valbone) lungimirante ed efficace,
che è nato contestualmente alla ricerca che questo
studio propone e, negli auspici, con essa continuerà a
dialogare.
Lamberto
Pillonetto
1 "La
Natura è un tempio dove pilastri vivi/mormorano a tratti
indistinte parole; / l'uomo passa, lì, tra foreste di
simboli / che l'osservano con sguardi familiari" (Baudelaire
C., I fiori del male, IV).
2 Ben diciannove ne propone il lavoro nel ricco e
originale apparato di immagini.
3 "Les transports de l'esprit et des senses" (Baudelaire,
lirica citata).
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