LA BALLATA DELL'EROE

Era partito per fare la guerra
per dare il suo aiuto alla sua terra
gli avevano dato le mostrine e le stelle
e il consiglio di vendere cara la pelle

E quando gli dissero di andare avanti
troppo lontano si spinse a cercare la verità
ora che è morto la Patria si gloria
d'un altro eroe alla memoria

Ma lei che lo amava aspettava il ritorno
d'un soldato vivo d'un eroe morto che ne farà?
se accanto nel letto le è rimasta la gloria
d'una medaglia alla memoria

Testo: De Andrè
Anno di pubblicazione: 1964

LA BALLATA DEL MICHE'

Quando hanno aperto la cella era già tardi perché
con una corda sul collo freddo pendeva Miche'
tutte le volte che un gallo sento cantar penserò
a quella notte in prigione quando Miche' s'impiccò

Stanotte Miche'
si è impiccato ad un chiodo perché
non poteva restare
vent'anni in prigione
lontano da te
nel buio Miche'
se n'è andato sapendo che a te
non poteva mai dire
che aveva ammazzato
perché amava te
io so che Miche'
ha voluto morire perché
gli restasse il ricordo
del bene profondo
che aveva per te

Vent'anni gli avevano dato
la Corte decise così
perché un giorno aveva ammazzato
chi voleva rubargli Marì
lo avevan perciò condannato
vent'anni in prigione a marcir,
però adesso che lui s'è impiccato
la porta gli devono aprir

Se pure Miche'
non ti ha scritto spiegando perché
se n'è andato dal mondo
tu sai che l'ha fatto
soltanto per te
domani alle tre
nella fossa comune cadrà
senza il prete e la messa
perché di un suicida non hanno pietà
domani alle tre
nella terra bagnata sarà
e qualcuno una croce
col nome e la data
su lui pianterà
e qualcuno una croce
col nome e la data
su lui pianterà

Testo: De Andrè
Anno di pubblicazione: 1961

LA BOMBA IN TESTA

... e io contavo i denti ai francobolli
dicevo "grazie a Dio" "buon Natale "
mi sentivo normale
eppure i miei trent'anni
erano pochi più dei loro
ma non importa adesso torno al lavoro.

Cantavano il disordine dei sogni
gli ingrati del benessere francese
e non davan l'idea
di denunciare uomini al balcone
di un solo maggio, di un unico paese.

E io ho la faccia usata dal buonsenso
ripeto "Non vogliamoci del male "
e non mi sento normale
e mi sorprendo ancora
a misurarmi su di loro
e adesso è tardi, adesso torno al lavoro.

Rischiavano la strada e per un uomo
ci vuole pure un senso a sopportare
di poter sanguinare
e il senso non dev'essere rischiare
ma forse non voler più sopportare.

Chissà cosa si trova a liberare
la fiducia nelle proprie tentazioni,
allontanare gli intrusi
dalle nostre emozioni,
allontanarli in tempo
e prima di trovarsi solo
con la paura di non tornare al lavoro.

Rischiare libertà strada per strada,
scordarsi le rotaie verso casa,
io ne valgo la pena,
per arrivare ad incontrar la gente
senza dovermi fingere innocente.

Mi sforzo di ripetermi con loro
e più l'idea va di là del vetro
più mi lasciano indietro,
per il coraggio insieme
non so le regole del gioco
senza la mia paura mi fido poco.

Ormai sono in ritardo per gli amici
per l'olio potrei farcela da solo
illuminando al tritolo
chi ha la faccia e mostra solo il viso
sempre gradevole, sempre più impreciso.

E l'esplosivo spacca, taglia, fruga
tra gli ospiti di un ballo mascherato,
io mi sono invitato
a rilevar l'impronta
dietro ogni maschera che salta
e a non aver pietà per la mia prima volta.


Testo: Giuseppe Bentivoglio e Fabrizio De Andrè
Anno di pubblicazione: 1973

LA CANZONE DELL'AMORE PERDUTO

Ricordi sbocciavan le viole
con le nostre parole:
"Non ci lasceremo mai
mai e poi mai"

Vorrei dirti ora le stesse cose
ma come fan presto amore
ad appassir le rose
così per noi

L'amore che strappa i capelli
è perduto ormai
non resta che qualche svogliata carezza
e un po' di tenerezza

E quando ti troverai in mano
quei fiori appassiti
al sole d'un aprile
ormai lontano li rimpiangerai

Ma sarà la prima
che incontri per strada
che tu coprirai d'oro
per un bacio mai dato
per un amore nuovo

E sarà la prima
che incontri per strada
che tu coprirai d'oro
per un bacio mai dato
per un amore nuovo

Testo: De Andrè
Anno di pubblicazione: 1965

LA CANZONE DI BARBARA

Chi cerca una bocca infedele
che sappia di fragola e miele
in lei la troverà Barbara
in lei la bacierà Barbara

Lei sa che ogni letto di sposa
è fatto di ortica e mimosa
per questo ad un'altra età Barbara
l'amore vero rimanderà Barbara

E intanto lei gioca all'amore
scherzando con gli occhi ed il cuore
di chi forse la odierà Barbara
ma poi la perdonerà Barbara

E il vento di sera la invita
a sfogliare la sua margherita
per ogni amore che se ne va
lei lo sa un altro petalo fiorirà
per Barbara

Testo: De Andrè
Anno di pubblicazione: 1968

LA CANZONE DI MARINELLA

Questa di Marinella è la storia vera
che scivolò nel fiume a primavera
ma il vento che la vide così bella
dal fiume la portò sopra una stella

Sola senza il ricordo di un dolore
vivevi senza il sogno di un amore
ma un Re senza corona e senza scorta
bussò tre volte un giorno alla tua porta

Bianco come la luna il suo cappello
come l'amore rosso il suo mantello
tu lo seguisti senza una regione
come un ragazzo segue l'aquilone

E c'era il sole e avevi gli occhi belli
lui ti baciò le labbra ed i capelli
c'era la luna e avevi gli occhi stanchi
lui pose le sue mani sui tuoi fianchi

Furono baci e furono sorrisi
poi furono soltanto i fiordalisi
che videro con gli occhi delle stelle
fremere al vento e ai baci la tua pelle

Dicono poi che mentre ritornarvi
nel fiume, chissà come, scivolavi
e lui che non ti volle creder morta
bussò cent'anni ancora alla tua porta

Questa è la tua canzone Marinella
che sei volata in cielo su una stella
e come tutte le più belle cose
vivesti solo un giorno come le rose
e come tutte le più belle cose
vivesti solo un giorno come le rose

Testo: De Andrè
Anno di pubblicazione: 1964

LA CATTIVA STRADA

Alla parata militare
sputò negli occhi a un innocente
e quando lui chiese "Perché"
lui gli rispose "Questo è niente
e adesso è ora che io vada"
e l'innocente lo seguì
senza le armi lo seguì
sulla sua cattiva strada

Sui viali dietro la stazione
rubò l'incasso a una regina
e quando lei gli disse "Come"
lui le rispose "Forse è meglio è come prima
forse è ora che io vada"
e la regina lo seguì
col suo dolore lo seguì
sulla sua cattiva strada

E in una notte senza luna
truccò le stelle ad un pilota
quando l'aeroplano cadde
lui disse "È colpa di chi muore
comunque è meglio che io vada"
ed il pilota lo seguì
senza le stelle lo seguì
sulla sua cattiva strada

A un diciottenne alcolizzato
versò da bere ancora un poco
e mentre quello lo guardava
lui disse "Amico ci scommetto stai per dirmi
adesso è ora che io vada"
l'alcolizzato lo capì
non disse niente e lo seguì
sulla sua cattiva strada

Ad un processo per amore
baciò le bocche dei giurati
e ai loro sguardi imbarazzati
rispose "Adesso è più normale
adesso è meglio, adesso è giusto, giusto, è giusto
che io vada"
ed i giurati lo seguirono
a bocca aperta lo seguirono
sulla sua cattiva strada
sulla sua cattiva strada

E quando poi sparì del tutto
a chi diceva "È stato un male"
a chi diceva "È stato un bene"
raccomandò "Non vi conviene
venir con me dovunque vada"
ma c'è amore un po' per tutti
e tutti quanti hanno un amore
sulla cattiva strada

Testo: Fabrizio De Andrè e Francesco De Gregori
Anno di pubblicazione: 1973

LA CITTÀ VECCHIA

Nei quartieri dove il sole del buon Dio non dà i suoi raggi
ha già troppi impegni per scaldar la gente d'altri paraggi
una bimba canta la canzone antica della donnaccia
quel che ancor non sai tu lo imparerai solo qui fra le mie braccia
e se alla sua età le difetterà la competenza
presto affinerà le capacità con l'esperienza
dove sono andati i tempi d'una volta per Giunone
quando ci voleva per fare il mestiere anche un po' di vocazione?

Una gamba qua una gamba là gonfi di vino
quattro pensionati mezzo avvelenati al tavolino
li troverai là col tempo che fa estate e inverno
a stratracannare a stramaledir le donne il tempo ed il governo
loro cercan là la felicità dentro a un bicchiere
per dimenticare d'esser stati presi per il sedere
ci sarà allegria anche in agonia col vino forte
porteran sul viso l'ombra d'un sorriso fra le braccia della morte

Vecchio professore cosa vai cercando in quel portone
forse quella che sola ti può dare una lezione
quella che di giorno chiami con disprezzo "Pubblica moglie"
quella che di notte stabilisce il prezzo alle tue voglie
tu la cercherai tu la invocherai più d'una notte
ti alzerai disfatto rimandando tutto al ventisette
quando incasserai delapiderai mezza pensione
diecimila lire per sentirti dire "Micio bello" e "bamboccione"

Se t'inoltrerai lungo le calate dei vecchi moli
in quell'aria spessa carica di sale gonfia d'odori
lì ci troverai i ladri gli assassini e il tipo strano
quello che ha venduto per tremila lire sua madre a un nano
se tu penserai se giudicherai da buon borghese
li condannerai a cinquemila anni più le spese
ma se capirai se li cercherai fino in fondo
se non sono gigli son pur sempre figli vittime di questo mondo

Testo: De Andrè
Anno di pubblicazione: 1965

LA DOMENICA DELLE SALME

Tentò la fuga in tram
verso le sei del mattino
dalla bottiglia di orzata
dove galleggia Milano
non fu difficile seguirlo
il poeta della Baggina
la sua anima accesa
mandava luce di lampadina
gli incendiarono il letto
sulla strada di Trento
riuscì a salvarsi dalla sua barba
un pettirosso da combattimento

I polacchi non morirono subito
e inginocchiati agli ultimi semafori
rifacevano il trucco alle troie di regime
lanciate verso il mare
i trafficanti di saponette
mettevano pancia verso est
chi si convertiva nel novanta
ne era dispensato nel novantuno
la scimmia del quarto Reich
ballava la polka sopra il muro
e mentre si arrampicava
le abbiamo visto tutti il culo
la piramide di Cheope
volle essere ricostruita in quel giorno di festa
masso per masso
schiavo per schiavo
comunista per comunista

La domenica delle salme
non si udirono fucilate
il gas esilarante
presidiava le strade
la domenica delle salme
si portò via tutti i pensieri
e le regine del "tua culpa"
affollarono i parrucchieri

Nell'assolata galera patria
il secondo secondino
disse a "Baffi di Sego" che era il primo:
"Si può fare domani sul far del mattino"
e furono inviati messi
fanti cavalli cani ed un somaro
ad annunciare l'amputazione della gamba
di Renato Curcio
il carbonaro
il ministro dei temporali
in un tripudio di tromboni
auspicava democrazia
con la tovaglia sulle mani e le mani sui coglioni
"Voglio vivere in una città
dove all'ora dell'aperitivo
non ci siano spargimenti di sangue
o di detersivo"
a tarda sera io e il mio illustre cugino De andrade
eravamo gli ultimi cittadini liberi
di questa famosa città civile
perché avevamo un cannone nel cortile

La domenica delle salme
nessuno si fece male
tutti a seguire il feretro
del defunto ideale
la domenica delle salme
si sentiva cantare
"Quant'è bella giovinezza
non vogliamo più invecchiare"

Gli ultimi viandanti
si ritirarono nelle catacombe
accesero la televisione e ci guardarono cantare
per una mezz'oretta
poi ci mandarono a cagare
"Voi che avete cantato sui trampoli e in ginocchio
coi pianoforti a tracolla vestiti da Pinocchio
voi che avete cantato per i longobardi e per i centralisti
per l'Amazzonia e per la pecunia
nei palastilisti
e dai padri Maristi
voi avevate voci potenti
lingue allenate a battere il tamburo
voi avevate voci potenti
adatte per il vaffanculo"

La domenica delle salme
gli addetti alla nostalgia
accompagnarono tra i flauti
il cadavere di Utopia
la domenica dalle salme
fu una domenica come tante
il giorno dopo c'erano i segni
di una pace terrificante

mentre il cuore d'Italia
da Palermo ad Aosta
si gonfiava in un coro
di vibrante protesta


Baggina: così viene chiamata a Milano la Casa di Riposo per anziani "Pio Albergo Trivulzio"
Baffi di Sego: gendarme austriaco in una satira di Giuseppe Giusti
De Andrade: vedi "Serafino Ponte Grande" di Oswald De Andrade

Testo: Fabrizio De Andrè, Mauro Pagani
Anno di pubblicazione: 1990

LA GUERRA DI PIERO

Dormi sepolto in un campo di grano
non è la rosa non è il tulipano
che ti fan veglia dall'ombra dei fossi
ma sono mille papaveri rossi


"Lungo le sponde del mio torrente
voglio che scendano i lucci argentati,
non più i cadaveri dei soldati
portati in braccio dalla corrente"


Così dicevi ed era d'inverno
e come gli altri verso l'inferno
te ne vai triste come chi deve
il vento ti sputa in faccia la neve

Fermati Piero fermati adesso
lascia che il vento ti passi un po' addosso
dei morti in battaglia ti porti la voce
chi diede la vita ebbe in cambio una croce

Ma tu non lo udisti e il tempo passava
con le stagioni a passo di giava
ed arrivasti a varcar la frontiera
in un bel giorno di primavera

E mentre marciavi con l'anima in spalle
vedesti un uomo in fondo alla valle
che aveva il tuo stesso identico umore
ma la divisa d'un altro colore

Sparagli Piero sparagli ora
e dopo un colpo sparagli ancora
fino a che tu non lo vedrai esangue
cadere in terra a coprire il suo sangue

"E se gli sparo in fronte o nel cuore
soltanto il tempo avrà per morire,
ma il tempo a me resterà per vedere,
vedere gli occhi di un uomo che muore"

E mentre gli usi questa premura
quello si volta ti vede ha paura
ed imbracciata l'artiglieria
non ti ricambia la cortesia

Cadesti a terra senza un lamento
e t'accorgesti in un solo momento
che il tempo non ti sarebbe bastato
a chieder perdono per ogni peccato

Cadesti a terra senza un lamento
e t'accorgesti in un solo momento
che la tua vita finiva quel giorno
e non ci sarebbe stato ritorno

"Ninetta mia crepare di maggio
ci vuole tanto troppo coraggio
Ninetta bella dritto all'inferno
avrei preferito andarci in inverno"

E mentre il grano ti stava a sentire
dentro alle mani stringevi il fucile
dentro alla bocca stringevi parole
troppo gelate per sciogliersi al sole

Dormi sepolto in un campo di grano
non è la rosa non è il tulipano
che ti fan veglia all'ombra dei fossi
ma sono mille papaveri rossi

Testo: De Andrè
Anno di pubblicazione: 1964

LA MORTE

La morte verrà all'improvviso
avrà le tue labbra i tuoi occhi
ti coprirà d'un velo bianco
addormentandosi al tuo fianco
nell'ozio nel sonno in battaglia
verrà senza darti avvisaglia
la morte va a colpo sicuro
non suona il corno né il tamburo
madonna che in limpida fonte
ristori le membra stupende
la morte non ti vedrà in faccia
avrà il tuo seno e le tue braccia

Prelati notabili e conti
sull'uscio piangeste ben forte
chi bene condusse sua vita
male sopporterà sua morte
straccioni che senza vergogna
portaste il cilicio o la gogna
partirvene non fu fatica
perché la morte vi fu amica
guerriero che in punta di lancia
dal suolo d'Oriente alla Francia
di stragi menasti in gran vanto
e fra i nemici il lutto e il pianto
di fronte all'estrema nemica
non vale coraggio o fatica
non serve colpirla nel cuore
perché la morte mai non muore
non serve colpirla nel cuore
perché la morte mai non muore

Testo: De Andrè (traduzione di una canzone di Brassens)
Anno di pubblicazione: 1968

LA NOVA GELOSIA

Fenesta co' 'sta nova gelosia
tutta lucente
de centrella d'oro
tu m'annasconne
Nennella bella mia
lassamela vedé
sinnò me moro

Fenesta co' 'sta nova gelosia
tutta lucente
de centrella d'oro

Fenesta co' 'sta nova gelosia
tutta lucente
de centrella d'oro
tu m'annasconne
Nennella bella mia
lassamela vedé
sinnò me moro
lassamela vedé
sinnò me moro

Gelosia: serramento della finestra
Centrella: chiodini

Testo di autore ignoto