Intervento di Fidel Castro Ruz alla Televisione Cubana, sull’attuale situazione internazionale, sulla crisi economica e mondiale e sulle loro conseguenze per Cuba -  2 novembre 2001

Intervento di Fidel Castro Ruz alla Sessione Plenaria della Conferenza Mondiale contro il Razzismo, la Discriminazione Razziale, la Xenofobia e le Forme Connesse di Intolleranza.
Durban, Sudafrica, 1° settembre 2001

Discorso di Fidel Castro Ruz nella Riunione di Lavoro del X Vertice Iberoamericano dei Capi di Stato e di Governo, Città del Panama, 18 novembre 2000.

Discorso pronunciato dal Comandante Fidel Castro Ruz per il 40 anniversario della creazione dei CDR,  il 28 settembre 2000

Il ruolo delle Nazioni Unite nel Secolo XXI, Nazioni Unite, New York, 7 settembre 2000

Discorso di Fidel Castro Ruz al Vertice del millenio, Nazioni Unite, 6 settembre 2000

Discorso di Fidel Castro Ruz, nella cerimonia di laurea di tutte le facoltà di scienze mediche del paese, che ha avuto luogo presso la Tribuna Antimperialista "JOSÉ MARTÍ", il 13 agosto 2000.

Discorso di Fidel Castro Ruz in occasione del XLVII anniversario dell’attacco alla caserma Moncada il 26 luglio 1953 a Pinar del Rio, 5 agosto 2000

DISCORSO  DI FIDEL CASTRO RUZ, IN OCCASIONE DELL’ANNIVERSARIO XLVII DELL’ATTACCO ALLA CASERMA MONCADA IL 26 LUGLIO 1953. VILLA CLARA, 29 LUGLIO 2000.

Discorso pronunciato dal Presidente della Repubblica di Cuba, Fidel Castro Ruz, nella tribuna aperta della gioventù, gli studenti e i lavoratori in occasione del Giorno Internazionale dei Lavoratori, Piazza della Rivoluzione, Primo Maggio del 2000, "Anno del 40 Anniversario della decisione di Patria o Morte".

Discorso pronunciato da Fidel Castro Ruz, nella tribuna aperta della gioventù, gli studenti e i lavoratori in occasione del Giorno Internazionale dei Lavoratori, Piazza della Rivoluzione, Primo Maggio del 2000, "Anno del 40 Anniversario della decisione di Patria o Morte".

Commemorazione del 50° Anniversario dell’OMC - Ginevra - maggio 1998

Commemorazione del 50° Anniversario dell’OMS - Ginevra - maggio 1998

Discorso di commiato alla partenza del Papa da Cuba - La Habana - gennaio 1998

Discorso di benvenuto all’arrivo del Papa a Cuba - La Habana - gennaio 1998

Conferenza delle Nazioni Unite sull'Alimentazione - Roma - novembre 1996

Conferenza delle Nazioni Unite sugli Insediamenti Umani, Habitat II - Istanbul - giugno 1996

Commemorazione del 50° Anniversario delle Nazioni Unite - New York - ottobre 1995

Conferenza delle Nazioni Unite sullo Sviluppo Sociale - Copenaghen - marzo 1995

Conferenza delle Nazioni Unite sull’Ambiente e lo Sviluppo - Rio de Janeiro - giugno 1992

Conferenza delle Nazioni Unite sull’Ambiente e lo Sviluppo
Rio de Janeiro - giugno 1992

Una importante specie biologica corre il rischio di sparire a causa della rapida e progressiva eliminazione delle sue condizioni naturali di vita: l'uomo.

Prendiamo coscienza di questo problema adesso, quando è quasi tardi per impedirlo.

E' necessario far rilevare che le fondamentali responsabili dell'atroce distruzione dell'ambiente sono le società di consumo. Esse, nate dalle antiche metropoli coloniali e dalle politiche imperiali, a loro volta hanno generato l'arretratezza e la povertà che oggi flagellano l'immensa maggioranza dell'umanità. Con il solo 20 % della popolazione mondiale, esse consumano i due terzi dei metalli e i tre quarti dell'energia che si producono nel mondo. Hanno avvelenato i mari e i fiumi, hanno contaminato l'aria, hanno indebolito e forato la cappa di ozono, hanno saturato l'atmosfera di gas che alterano le condizioni climatiche con effetti catastrofici che incominciamo già a patire.

I boschi spariscono, i deserti si estendono, migliaia di milioni di tonnellate di terra fertile vanno a finire ogni anno in mare. Numerose specie si estinguono. La pressione demografica e la povertà portano a sforzi disperati per sopravvivere anche a spese della natura. Non è possibile incolpare di questo i paesi del Terzo Mondo, colonie ieri, nazioni sfruttate e saccheggiate oggi da un ordine economico mondiale ingiusto.

La soluzione non può essere quella di impedire lo sviluppo a quelli che più ne hanno bisogno. La realtà è che tutto ciò che contribuisce oggi al sottosviluppo e alla povertà costituisce una violazione flagrante dell'ecologia. Decine di milioni di uomini, donne e bambini muoiono ogni anno nel Terzo Mondo in conseguenza di ciò, più che in ognuna delle guerre mondiali. L'interscambio disuguale, il protezionismo e il debito estero aggrediscono l'ecologia e favoriscono la distruzione dell'ambiente.

Se si vuole salvare l'umanità da questa autodistruzione, bisogna distribuire meglio le ricchezze e le tecnologie disponibili nel pianeta. Meno lusso e meno sperpero in quei pochi paesi perché si abbia meno povertà e meno fame in gran parte della Terra. Non più trasferimenti al Terzo Mondo di stili di vita e abitudini di consumo che rovinano l'ambiente. Si renda più razionale la vita umana. Si applichi un ordine economico internazionale giusto. Si utilizzi tutta la scienza necessaria per uno sviluppo sostenuto senza contaminazioni. Si paghi il debito ecologico e non il debito estero. Sparisca la fame e non l'uomo.

Poiché le presunte minacce del comunismo sono sparite, e non restano pretesti per guerre fredde, corse agli armamenti e spese militari, che cosa impedisce di destinare immediatamente queste risorse a promuovere lo sviluppo del Terzo Mondo e a combattere la minaccia di distruzione ecologica del pianeta?

Cessino gli egoismi, cessino le egemonie, cessino l'insensibilità, l'irresponsabilità e l'inganno. Domani sarà troppo tardi per fare quello che avremmo dovuto fare da molto tempo.

Conferenza delle Nazioni Unite sullo Sviluppo Sociale
Copenaghen - marzo 1995
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"Tutta la vita è un sogno, e i sogni sono sogni", disse secoli fa Calderón de la Barca, famoso drammaturgo spagnolo.

Indipendentemente dalle nobili intenzioni dei presenti, in un mondo dove i ricchi sono ogni volta più ricchi e i poveri ogni volta sempre più poveri; dove alcuni paesi ricevono per le loro materie prime e risorse naturali prezzi ogni volta minori e altri vendono i loro prodotti elaborati ogni volta più cari; dove il debito estero dei meno favoriti dalla fortuna cresce incessantemente e raggiunge già la cifra incredibile di 1500 miliardi di dollari; dove i tassi di interesse crescono arbitrariamente di giorno in giorno; dove la popolazione cresce esplosivamente nelle aree più povere; dove i capitali si trasferiscono in cifre crescenti dai paesi poveri a quelli ricchi; dove i furti dei "cervelli" sono continui là dove più sono necessari; dove le donne, gli indios, i neri e le altre etnie sono discriminati; dove il caos e l’anarchia regnano sotto le cieche e selvagge leggi del mercato, non ci può essere sviluppo sociale.

Dove manca l’umanità, non possono esserci diritti umani. Dove impera l’egoismo, non ci può essere solidarietà. Dove la società di consumo e di spreco sono poste come modelli per una popolazione che già supera gli oltre 5 miliardi e 700 milioni di esseri umani, non ci può essere né preservazione dell’ambiente, né risorse naturali che non si contaminino o non si esauriscano, né sviluppo sociale possibile. Dove la corsa al riarmo e il commercio delle armi persistono nonostante sia finita la guerra fredda, dove non si è dedicato al progresso umano neanche un centesimo di quello che si spreca oggi in armi, dove i blocchi militari si estendono irrazionalmente, dove le armi sofisticate continuano a essere fabbricate e a essere perfezionate, non ci può essere sviluppo sociale.

Con l’egemonismo, l’interventismo di ogni tipo, sotto qualunque pretesto, che hanno solo luogo in paesi piccoli del Terzo Mondo, senza il rispetto al diritto sacro di ogni paese alla sua piena indipendenza e uguaglianza nelle relazioni internazionali, non ci può essere né pace, né sviluppo sociale. E’ una menzogna, un puro inganno.

Il neo-liberismo, dottrina di moda imposta al mondo d’oggi, sacrifica spietatamente nei paesi sottosviluppati i consumi per la salute, l’educazione, la cultura, lo sport, la sicurezza sociale, l’edilizia popolare, l’acqua potabile e altre necessità elementari delle popolazioni, cioè a dire, rende impossibile lo sviluppo sociale.

Che ci siano poveri nei paesi industrializzati è semplicemente una vergogna. Che si possa ridurre la disoccupazione e che questa cresca con il progresso tecnologico è prova della irrazionalità del sistema imperante. La crescita incontenibile della droga, della xenofobia e della violenza mostra la sua decadenza morale.

Cuba, criminalmente sottoposta a un blocco perché non condivide le idee del suo poderoso vicino del nord e che ha perso più del 70% delle sue importazioni con la scomparsa del campo socialista e dell’Unione Sovietica, non ha chiuso una sola scuola, né un ospedale, né un ospizio, né un asilo infantile.

Nonostante siamo un paese povero, contiamo oggi il più alto numero di insegnanti, di medici, di istruttori di arte e di sport per abitante tra tutti i paesi del mondo. La nostra mortalità infantile è al di sotto di 10 per ogni mille nati vivi. Non ci sono analfabeti e la prospettiva di vita raggiunge i 75 anni. Abbiamo vissuto un’esperienza. Possiamo parlare.

Quello che vogliamo noi che siamo qui riuniti è possibile. Però manca qualche cosa di più delle promesse, delle risoluzioni e delle dichiarazioni: manca la volontà politica e manca la giustizia, non solo dentro ogni paese ma anche tra tutti i paesi.

Si ripartiscano meglio le ricchezze del mondo fra tutte le nazioni e dentro le nazioni; si stabilisca una vera solidarietà tra i popoli e solo allora i nostri sogni di oggi potranno essere la realtà di domani.

Commemorazione del 50° Anniversario delle Nazioni Unite
New York - ottobre 1995
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Signor Presidente, Signor Segretario Generale, Vostre Eccellenze, mezzo secolo fa nasceva la Organizzazione delle Nazioni Unite dopo la fine di una guerra mostruosa che ha causato la perdita di 10 milioni di vite umane.

Oggi 20 milioni di uomini, donne e bambini muoiono ogni anno per denutrizione e malattie che potrebbero essere curate.

In alcuni paesi ricchi la durata media della vita di un uomo è di 80 anni, mentre in altri raggiunge a malapena i 40; questo significa che per milioni di persone la vita si interrompe precocemente.

Quanto dovremo aspettare perché questa carneficina finisca?

La guerra fredda è finita, ma la corsa alle armi continua e le egemonie nucleari e militari non accennano a diminuire.

Quanto dovremo aspettare per il disarmo totale che permetterebbe di evitare uno sterminio di massa e per l'eliminazione dell'uso della forza, dell'arroganza e della pressione nell’ambito delle relazioni internazionali?

L'obsoleto privilegio di veto e l'uso senza senso del Consiglio di Sicurezza da parte dei potenti stanno incoraggiando un nuovo colonialismo all'interno delle Nazioni Unite.

L'America Latina e l'Africa non hanno neppure un membro permanente nel Consiglio di Sicurezza.
Nell'Asia, l'India ha una popolazione di un miliardo di persone, ma non può condividere questa responsabilità.

Quanto dovremo aspettare per la democratizzazione delle Nazioni Unite? Quanto dovremo aspettare perché l'indipendenza e l'eguaglianza sovrana degli Stati diventi realtà? Quanto perché una politica di non intervento e una vera cooperazione internazionale possano avverarsi?

Le nuove scoperte nell'ambito della scienza e della tecnologia aumentano ogni giorno, ma i loro benefici non raggiungono la maggior parte dell'umanità e continuano a essere al servizio del consumismo sconsiderato che sta sprecando le risorse limitate e che sta seriamente minacciando la vita sulla terra.

Quanto dovremo aspettare prima che razionalità, uguaglianza e giustizia prevalgano nel mondo?

Le foreste stanno scomparendo, l'aria sta diventando sempre più inquinata e i fiumi contaminati.

Innumerevoli specie di animali e piante stanno perendo. Il terreno si sta impoverendo. Epidemie nuove e vecchie si espandono mentre la popolazione cresce e la legione degli spodestati continua a moltiplicarsi.

Riusciranno le generazioni future a raggiungere la terra promessa mezzo secolo fa?

Quante centinaia di milioni di persone sono morte senza vederla?

Quante sono state vittime di oppressione, povertà, fame e malattie?

Quanti moriranno ancora?

Noi richiediamo un mondo senza egemonie, senza armi nucleari, senza interventismo, senza razzismo, senza odio nazionale o religioso, senza atti oltraggiosi contro la sovranità dei popoli, senza modelli universali che stravolgano completamente le tradizioni e la cultura di tutti gli elementi dell'umanità. Richiediamo un mondo senza barriere che causano la morte di uomini, donne e bambini, giovani e vecchi come silenziose bombe atomiche.

Richiediamo un mondo di pace, giustizia e dignità dove ognuno, senza eccezione, abbia diritto al benessere e alla vita.

Conferenza delle Nazioni Unite sugli Insediamenti Umani, Habitat II
Istanbul - giugno 1996
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Distinti partecipanti a questa Conferenza, i nostri problemi non sono quelli degli antichi filosofi che abitarono in queste regioni. La specie umana, che in centinaia di migliaia di anni ha raggiunto appena un miliardo di abitanti, in questo secolo è cresciuta quasi sei volte. Tra solo cinque anni saremo più di sei miliardi.

Questa colossale esplosione demografica non ha avuto luogo in un mondo giusto. E’ stata preceduta da secoli di colonialismo, di schiavitù e di sfruttamento economico. Alcuni hanno avuto tutto, altri non hanno avuto niente. Le cosiddette società dei consumi, che non sono altro che un insulto ai quattro quinti degli abitanti affamati e poveri quali noi siamo, sono state costruite con il sudore e con il sangue degli sfruttati. La medicina è stata capace di salvare vite, ma la politica e l'economia non sono state capaci di nutrire i popoli e offrire loro una vita dignitosa.

Coloro che hanno quasi distrutto il pianeta e avvelenato l'aria, i mari, i fiumi e i suoli, si mostrano oggi i meno interessati alla salvezza dell’umanità. Quanti capi di Stato e di Governo dei paesi sviluppati sono presenti oggi a questo incontro? Lo sconforto si sta diffondendo nei paesi del Terzo Mondo. Essi stanno perdendo la fiducia. Problemi così vitali, affrontati dalle Nazioni Unite, come l’ambiente e lo sviluppo sociale, hanno avuto un’altra risposta, almeno formalmente.

I flussi di emigrazione sia interni che esterni hanno avuto origine in questo stesso sviluppo disuguale e ingiusto sia all'interno che all'esterno dei paesi. Se non si comprende questo, non si comprenderà nulla degli insediamenti umani e delle loro possibili soluzioni.

Oggi si parla molto di economia mondiale e di progresso tecnologico. A che cosa servirà tutto questo se non risolve i problemi dell'uomo, se i paesi ricchi sono sempre più ricchi e quelli poveri sempre più poveri? Con quali risorse forniremo istruzione, salute, alimenti, abitazioni e occupazione non solo a quelli che vivono oggi nel mondo, ma anche ai quasi cento milioni di esseri umani che ogni anno incrementano l’umanità? Se la riconversione industriale e la rivoluzione tecnologica negli sviluppati paesi capitalistici generano un tasso di disoccupazione sempre più alto, cosa rimane per noi che siamo i diseredati della Terra?

In questo incontro stiamo discutendo principalmente sugli insediamenti umani nelle città, ma non possiamo dimenticare che le aree rurali, dove si dovrebbero produrre alimentari e dove è necessario creare insediamenti degni dell’uomo, sono sempre più abbandonate. L’interscambio disuguale tra la campagna e la città è simile a quello che esiste tra paesi poveri e paesi ricchi. Gli abitanti disperati di queste aree emigrano verso le città per vivere in bidonville, baracche e quartieri deprimenti.

Solo nell’America Latina si stima che, in un periodo di poco più di due decenni, l'85% della popolazione sarà concentrata nelle città.

Come risolveremo noi, popoli dell'America Latina e dei Caraibi, i terribili problemi che racchiude questa allarmante previsione? Dove troveremo le necessarie fonti di acqua? Come ci garantiremo gli alimenti indispensabili? Che occupazione potremo offrire a quelle centinaia di milioni di braccia? Quale educazione saremo capaci di offrire a quelle legioni di esseri umani? Quali saranno le condizioni di vita di quelle incalcolabili masse? Quali alloggi decorosi potremo assicurare loro? Come potremo evitare l'irreversibile deterioramento dell'ambiente? Come potremo controllare in quelle mostruose metropoli la crescita sfrenata dei crimini, delle droghe, dello sfruttamento dei bambini e del decadimento morale della società? Fino a quando sarà possibile in questi agglomerati ingovernabili sopportare la povertà, l’indigenza, la morte, la fame e lo sfruttamento?

Forse quei Governi non si preoccupano di questo? Può lo Stato dissociare se stesso dalla sua responsabilità nel risolvere questi problemi? E' giusto considerare che l'alloggio non costituisca un diritto essenziale dell’uomo?

Cuba si unisce a coloro che, sia rappresentanti di istituzioni governative o non governative, in questa Conferenza hanno difeso le posizioni più corrette e hanno espresso le verità più evidenti.

Non si può asserire che non ci siano risorse sufficienti. Come è possibile che dopo la cosiddetta guerra fredda milioni di milioni di dollari vengano spesi in armi e attività militari e che continui a crescere il commercio degli armamenti? Come si può ingannare a tal punto l’umanità?

Dovremmo proclamare a gran voce che abbiamo diritto di respirare aria pura, di bere acqua incontaminata, di avere un lavoro dignitoso, di alimentarci e di alimentarci con cibi sani, che abbiamo diritto all'istruzione, alla cura della salute e a essere meno poveri quando altri sono sempre più ricchi.

Dovremmo affermare che non siamo uomini della giungla, dato che le giungle non esistono quasi più. E’ giusto che ogni famiglia abbia un alloggio dignitoso e che questo sia considerato un diritto universale dell’uomo. Infine, abbiamo diritto di vivere e di vivere in pace e con dignità; abbiamo diritto di avere tutti la possibilità di lavorare per i nostri popoli; abbiamo diritto che non siano accettati blocchi economici ingiusti e criminali; abbiamo diritto di non essere sfruttati; abbiamo diritto di non subire saccheggi, abbiamo diritto di non essere disprezzati e di non essere trattati con ripugnante xenofobia.

Continueremo a riunirci, continueremo a lottare, continueremo a proclamare la nostra verità al mondo. Tutto sommato noi siamo il mondo, e il mondo non accetta padroni e politiche suicide, né ammette che una minoranza di egoisti, di pazzi e di irresponsabili ci porti allo sterminio.

Conferenza delle Nazioni Unite sull'Alimentazione
Roma - novembre 1996
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La fame, inseparabile compagna dei poveri, è figlia della diseguale distribuzione delle ricchezze e delle ingiustizie di questo mondo. I ricchi non conoscono la fame.

Il colonialismo non è stato estraneo al sottosviluppo e alla povertà che oggi patisce gran parte dell'umanità. Tanto meno sono estranei l'offensiva opulenza e lo spreco delle società di consumo delle antiche metropoli che hanno sottoposto allo sfruttamento la maggior parte dei paesi del mondo. Per lottare contro la fame e contro l'ingiustizia sono morti nel mondo milioni di persone.

Che "cura" al mercuro-cromo andremo ad applicare perché entro venti anni ci siano 400 milioni invece di 800 milioni di affamati?

Queste mete sono, per la loro modestia, una vergogna.

Se ogni giorno muoiono di fame 35.000 persone, la metà di queste bambini, perché nei paesi sviluppati si distruggono uliveti, si abbattono mandrie e si pagano cospicue somme perché la terra non produca?

Se il mondo si commuove giustamente quando si verificano disgrazie, catastrofi naturali o sociali che uccidono centinaia o migliaia di persone, perché non si commuove allo stesso modo di fronte a questo genocidio che ha luogo ogni giorno di fronte ai nostri occhi?

Si organizzano forze di intervento per prevenire la morte di centinaia di migliaia di persone nello Zaire orientale. Che cosa faremo per evitare che muoiano di fame, ogni mese, un milione di persone nel resto del mondo?

Sono il capitalismo, il neoliberismo, le leggi di un mercato selvaggio, il debito estero, il sottosviluppo, l’interscambio diseguale, quelli che uccidono tante persone nel mondo.

Perché si investono 700 miliardi di dollari, ogni anno, in spese militari e non si investe una parte di queste risorse per combattere la fame, per impedire il deterioramento del suolo, la desertificazione e la deforestazione ogni anno di milioni di ettari, il surriscaldamento dell’atmosfera, l’effetto serra che incrementa cicloni, scarsità o eccesso di piogge, la distruzione dello strato di ozono e altri fenomeni naturali che colpiscono la produzione di alimenti e la vita dell’uomo sulla Terra?

Le acque vengono contaminate, l’atmosfera viene avvelenata, la natura viene distrutta. Non è solo la scarsità di investimenti, la mancanza di educazione e di tecnologia, la crescita accelerata della popolazione; è che l’ambiente si deteriora e il futuro viene compromesso ogni giorno di più.

Perché la produzione di armi ogni volta più sofisticate dopo che è finita la guerra fredda? Per cosa si vogliono queste armi, se non per dominare il mondo? Perché la feroce concorrenza per vendere armamenti, che non li renderanno più forti per difendere la loro indipendenza, ai paesi sottosviluppati nei quali ciò che bisogna uccidere è invece la fame?

Perché aggiungere a tutto questo politiche criminali, blocchi assurdi, che comprendono alimenti e medicinali, per uccidere interi popoli di fame e di malattie? Dov’è l’etica, la giustificazione, il rispetto dei diritti umani più elementari, il senso di tali politiche?

Regni la verità e non l’ipocrisia e la menzogna. Prendiamo coscienza che in questo mondo devono finire l’egemonismo, l’arroganza e l’egoismo.

Le campane che suonano oggi per quelli che muoiono di fame ogni giorno, suoneranno domani per l’umanità intera se non avrà voluto, non avrà saputo o non avrà potuto essere sufficientemente saggia per salvare se stessa.

Discorso di benvenuto all’arrivo del Papa a Cuba
La Habana - gennaio 1998
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Santità,
la terra che lei ha appena baciato si onora della sua presenza. Non troverà qui quei pacifici e benevoli abitanti naturali che la popolavano quando i primi europei arrivarono a quest’isola. Gli uomini furono sterminati quasi tutti dallo sfruttamento e dal lavoro schiavistico a cui non poterono resistere, le donne trasformate in oggetto di piacere o schiave domestiche. Vi furono anche quelli che morirono sotto il filo delle spade omicide, o vittime di malattie sconosciute importate dai conquistatori. Alcuni sacerdoti lasciarono testimonianza strazianti della loro protesta contro tali crimini.

Nel corso dei secoli, più di un milione di africani crudelmente strappati dalle loro lontane terre occuparono il posto degli schiavi indios già estinti. Essi diedero un considerevole contributo alla composizione etnica e all’origine dell’attuale popolazione del nostro paese, dove si mescolarono la cultura, le credenze e il sangue di tutti quelli che parteciparono a questa drammatica storia.

La conquista e la colonizzazione di tutto l’emisfero si stima che costò la vita di 70 milioni di indios e la schiavizzazione di 12 milioni di africani. Fu molto il sangue versato e molte le ingiustizie commesse, gran parte delle quali, sotto altre forme di dominazione e di sfruttamento, dopo secoli di sacrifici e di lotte, ancora continuano.

Cuba, in condizioni estremamente difficili, arrivò a costruire una nazione. Lottò da sola con insuperabile eroismo per la sua indipendenza. Soffrì per questo esattamente cento anni fa un vero olocausto nei campi di concentramento, dove morì una parte considerevole della sua popolazione, fondamentalmente donne, anziani e bambini. Crimine dei colonialisti che non perché dimenticato cessò di essere mostruoso. Lei, figlio di Polonia e testimone di Oswiecim, lo può comprendere meglio di tutti.

Oggi, Santità, si cerca nuovamente il genocidio, pretendendo di far arrendere per fame, malattia e asfissia economica totale un popolo che rifiuta di sottomettersi ai dettami e all’imperio della più poderosa potenza economica, politica e militare della storia, molto più poderosa dell’antica Roma, che per secoli fece divorare dalle fiere quelli che rifiutavano di rinnegare la loro fede. Come quei cristiani atrocemente calunniati per giustificare i crimini, noi, calunniati quanto loro, preferiremo mille volte la morte prima di rinunciare alle nostre convinzioni. Come la Chiesa, anche la Rivoluzione ha molti martiri.

Santità, pensiamo come lei su molte importanti questioni del mondo di oggi e questo ci dà grande soddisfazione; su altre, le nostre opinioni differiscono, ma rendiamo rispettoso omaggio alla convinzione profonda con cui lei difende le sue idee.

Nel suo lungo pellegrinaggio per i mondo, lei ha potuto vedere con i suoi stessi occhi molta ingiustizia, disuguaglianza, povertà; campi incolti e contadini senza alimenti e senza terra; disoccupazione, fame, malattie, vite che per pochi centesimi potrebbero salvarsi e si perdono; analfabetismo, prostituzione infantile, bambini che lavorano dai sei anni o che chiedono l’elemosina per poter vivere; quartieri marginali, in cui vivono centinaia di milioni di persone in condizioni infraumane; discriminazioni per ragioni di razza o di sesso, etnie intere sgomberate dalle loro terre e abbandonate alla loro sorte; xenofobia, disprezzo verso altri popoli, culture distrutte o in distruzione; sottosviluppo, prestiti usurai, debiti inesigibili e impagabili, interscambio diseguale, mostruose e improduttive speculazioni finanziarie; un ambiente che viene distrutto senza pietà e forse senza rimedio; commercio senza scrupoli di armi con ripugnanti fini mercantili, guerre, violenza, massacri; corruzione generalizzata, droghe, vizi e un consumismo alienante che si impone come modello idilliaco a tutti i popoli.

L’umanità è cresciuta solo in questo secolo di quattro volte. Sono migliaia di milioni quelli che patiscono di fame e sete di giustizia; la lista di calamità economiche e sociali dell’uomo è interminabile. So che molte di esse sono motivo di permanente e crescente preoccupazione di Sua Santità.

Ho vissuto esperienze personali che mi permettono di apprezzare altri aspetti del suo pensiero. Sono stato studente in scuole cattoliche fin quando mi sono diplomato. Mi insegnavano allora che essere protestante, ebreo, musulmano, indù, buddista, animista o partecipe di altre credenze religiose, costituiva un orribile peccato, degno di severo o implacabile castigo. Più di una volta, in alcune di quelle scuole per ricchi e privilegiati, tra i quali io mi trovavo, mi capitò di chiedermi perché lì non c’erano bambini neri, senza che abbia ancora potuto dimenticare le risposte per nulla persuasive che ricevevo.

Anni più tardi il Concilio Vaticano II, convocato da Papa Giovanni XXIII, affrontò varie di queste delicate questioni. Conosciamo gli sforzi di Sua Santità per predicare e praticare i sentimenti di rispetto verso i credenti di altre importanti e influenti religioni che si sono estese per il mondo. Il rispetto verso i credenti e non credenti è un principio basilare che noi rivoluzionari cubani inculchiamo ai nostri compatrioti. Questi principi sono stati definiti e sono garantiti dalla nostra Costituzione e dalle nostre leggi. Se alcune volte sono sorte difficoltà, non è mai stato per colpa della Rivoluzione.

Coltiviamo la speranza che un giorno, in nessuna scuola di qualunque religione, in nessuna parte del mondo, un adolescente debba chiedere perché non c’è lì un solo bambino nero, indio, giallo o bianco.

Santità,
ammiro sinceramente le sue coraggiose dichiarazioni su quanto avvenuto con Galileo, i noti errori dell’Inquisizione, gli episodi sanguinosi delle Crociate, i crimini commessi durante la conquista dell’America, e su determinate conquiste scientifiche non contestate oggi da nessuno che, a suo tempo, furono oggetto di tanti pregiudizi e anatemi. Serviva per questo l’immensa autorità che lei ha acquisito nella sua Chiesa.

Cosa possiamo offrirle a Cuba, Santità? Un popolo con meno disuguaglianze, meno cittadini senza nessuna protezione, meno bambini senza scuole, meno malati senza ospedali, più maestri e più medici di qualunque altro paese del mondo che Sua Santità abbia visitato; un popolo istruito a cui lei può parlare con tutta la libertà che vorrà e con la sicurezza del fatto che possiede talento, elevata cultura politica, convinzioni profonde, assoluta fiducia nelle proprie idee e tutta la coscienza e il rispetto del mondo per ascoltarla. Non ci sarà nessun paese meglio preparato per comprendere la sua felice idea, come noi la intendiamo e così simile a quella che noi predichiamo, che la distribuzione equa delle ricchezze e la solidarietà tra gli uomini e i popoli devono essere globalizzate

Discorso di commiato alla partenza del Papa da Cuba
La Habana - gennaio 1998
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Santità,
credo che abbiamo dato un buon esempio al mondo: lei visitando ciò che alcuni hanno insistito a chiamare l’ultimo bastione del comunismo; noi ricevendo il capo religioso al quale hanno voluto attribuire la responsabilità di aver distrutto il socialismo in Europa. Non sono mancati quelli che presagivano avvenimenti apocalittici. Alcuni anche lo sognavano.

Era crudelmente ingiusto che il suo viaggio pastorale fosse associato alla meschina speranza di distruggere i nobili obiettivi e l’indipendenza di un piccolo paese bloccato e sottoposto a una vera guerra economica da quasi 40 anni. Cuba, Santità, si confronta oggi alla potenza più potente della storia, come un nuovo Davide, mille volte più piccolo, con la stessa fionda dei tempi biblici, lotta per sopravvivere contro un gigantesco Golia dell’era nucleare che cerca di impedire il nostro sviluppo e farci arrendere per malattia e per fame. Se non si fosse scritta allora quella storia, si sarebbe dovuto scriverla oggi. Questo crimine mostruoso non si può passare sotto silenzio ne ammette scuse.

Santità,
quante volte ascolto o leggo le calunnie contro la mia patria e il mio popolo, ordite da coloro che non adorano altro Dio che l’oro, ricordo sempre i cristiani dell’antica Roma, tanto atrocemente calunniati, come già dissi il giorno del suo arrivo, e che la calunnia è stata molte volte nella storia la grande giustificatrice dei peggiori crimini contro i popoli. Ricordo anche gli ebrei sterminati dai nazisti, o i 4 milioni di vietnamiti che morirono sotto il napalm, le armi chimiche e gli esplosivi. L’essere cristiano, ebreo o comunista non dava diritto a nessuno di sterminarli.

Migliaia di giornalisti hanno trasmesso a migliaia di milioni di persone nel mondo ogni particolare della sua visita e ogni parola pronunciata. Infinità di abitanti e di stranieri sono stati intervistati in tutto il paese. Le nostre catene televisive nazionali hanno trasmesso al nostro popolo, dal vivo e in diretta, tutte le messe, le omelie e i discorsi. Mai, forse, tante opinioni e notizie su una nazione tanto piccola poterono essere ascoltate, in un tempo così breve, da così tante persone nel nostro pianeta.

Cuba non conosce la paura; disprezza la menzogna; ascolta con rispetto; crede nelle sue idee; difende fermamente i suoi principi e non ha niente da nascondere al mondo.

Mi commuove lo sforzo che Sua Santità compie per un mondo più giusto. Gli Stati scompariranno; i popoli finiranno per costituire una sola famiglia umana. Se la globalizzazione della solidarietà che lei proclama si estendesse per tutta la Terra e gli abbondanti beni che l’uomo può produrre con il suo talento e il suo lavoro si ripartissero con equità tra tutti gli esseri umani che oggi abitano il pianeta, potrebbe crearsi realmente un mondo per loro senza fame né povertà; senza oppressione né sfruttamento; senza umiliazioni né disprezzo; senza ingiustizie né disuguaglianze, dove vivere con piena dignità morale e materiale, in vera libertà, questo sarebbe il mondo più giusto! Le sue idee sull’evangelizzazione e l’ecumenismo non sarebbero in contraddizione con esso.

Per l’onore della sua visita, per tutte le sue espressioni di affetto ai cubani, per tutte le sue parole, anche quelle con cui possa non essere d’accordo, in nome di tutto il popolo di Cuba, Santità, le dico grazie.

Commemorazione del 50° Anniversario dell’Organizzazione Mondiale della Salute (OMS) Ginevra - maggio 1998
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Onore all’Organizzazione Mondiale della Salute che, con l’UNICEF, ha contribuito a salvare la vita di centinaia di milioni di bambini e di milioni di madri, che ha alleviato le sofferenze e salvato dalla morte molti altri milioni di esseri umani! Queste due istituzioni, con la FAO, il PNUD, la UNCTAD, il PMA, il Fondo Mondiale della Popolazione, l’UNESCO e con altre, tanto combattute da coloro che vorrebbero cancellare dalla Terra le nobili idee che hanno ispirato la creazione delle Nazioni Unite, hanno contribuito in modo decisivo a forgiare una coscienza universale sui gravi problemi del mondo d’oggi e sulle grandi sfide che dobbiamo affrontare.

Se l’economia mondiale, in base a calcoli di prestigiosi analisti, è cresciuta sei volte e la produzione di beni e servizi è passata da meno di 5 bilioni a più di 29 bilioni di dollari tra il 1950 e il 1997, perché ancora muoiono ogni anno 12 milioni di bambini minori di 5 anni, vale a dire 33.000 al giorno, che potrebbero invece in gran parte salvarsi? In nessuna parte del mondo, in nessun genocidio, in nessuna guerra si uccide tanta gente al minuto, all’ora, al giorno, come quella che uccide la fame e la povertà nel nostro pianeta dopo 53 anni dalla creazione dell’Organizzazione delle Nazioni Unite.

I bambini che muoiono e che potrebbero salvarsi sono quasi al 100 % poveri; e di quelli che sopravvivono, perché ogni anno 500.000 restano ciechi per mancanza di una semplice vitamina che costa annualmente meno che un pacchetto di sigarette? Perché 200 milioni di minori di 5 anni sono denutriti? Perché 250 milioni di bambini e di adolescenti lavorano? Perché 110 milioni non frequentano la scuola elementare e 275 milioni sono estromessi dalla scuola secondaria? Perché 2 milioni di bambine vengono fatte prostituire ogni anno?

Perché in questo mondo che produce ogni anno ben quasi 30 bilioni di dollari in beni e servizi, 1.300.000.000 di esseri umani vivono in povertà assoluta ? Perché ricevono quotidianamente meno di un dollaro pro capite, quando ci sono quelli che ricevono oltre un milione di dollari al giorno? Perché 800 milioni di persone non hanno i più elementari servizi di assistenza sanitaria? Perché dei 50 milioni di persone che in totale muoiono ogni anno nel mondo, adulti o bambini, 17 milioni, vale a dire circa 50.000 al giorno, muoiono di malattie infettive che potrebbero quasi tutte essere curate, o ancor meglio, molte di esse prevenute in tempo a un costo che a volte non eccede un dollaro pro capite?

Qual è il prezzo di una vita umana? Quanto costa all’umanità l’ingiusto e insopportabile ordine economico stabilito nel mondo?

Nel 1996 sono morte 585.000 donne nel corso della gravidanza o del parto, il 99 % nel Terzo Mondo; 70.000 per aborto in cattive condizioni, di cui 69.000 in America Latina, Africa e Asia.

A prescindere dalla differenza abissale nella qualità di vita, nei paesi ricchi le persone vivono in media 12 anni in più che nei paesi poveri; in determinate nazioni la differenza tra i più ricchi ed i più poveri è da 20 a 35 anni.

E’ molto triste pensare che soltanto nella sfera materno-infantile, malgrado gli sforzi della OMS e dell’UNICEF, negli ultimi 50 anni sono morti per mancanza di servizi medici oltre 600 milioni di bambini e oltre 25 milioni di madri che avrebbero potuto sopravvivere. Questo avrebbe richiesto un mondo più razionale e giusto. Durante questo stesso periodo di dopoguerra, nella sfera delle spese militari si sono investiti oltre 30 milioni di milioni di dollari. Secondo stime delle Nazioni Unite, il costo per ottenere l’accesso universale a servizi sanitari di base equivarrebbe a 25.000 milioni di dollari annuali, circa il 3 % degli 800.000 milioni di dollari che attualmente si investono in spese militari. E ora non c’è neppure la guerra fredda.

Il commercio di armi, che sono fatte per uccidere, non si ferma. E le medicine, che dovrebbero servire a salvare vite, si vendono a prezzo sempre più alto. Il mercato dei medicinali nel 1995 è ammontato a 280.000 milioni di dollari. I paesi sviluppati, con il 14,6 % della popolazione mondiale, 824 milioni di abitanti, consumano l’82 % dei medicinali; il resto del mondo, 4.815 milioni, consuma solo il 18 %. I prezzi sono realmente inaccessibili per il Terzo Mondo, dove solo i settori privilegiati possono sostenerli. Il controllo dei brevetti e dei mercati da parte delle grandi multinazionali permette loro di elevare questi prezzi fino a più di dieci volte i loro costi di produzione. Alcuni antibiotici dell’ultima generazione hanno nel mercato un prezzo 50 volte maggiore del loro costo.

Ma l’umanità continua a crescere. Siamo già quasi 6 miliardi. Cresciamo a un ritmo di 80 milioni all’anno. Il primo miliardo ha impiegato due milioni di anni per formarsi; il secondo miliardo, 100 anni; gli ultimi miliardi, 11 anni. In altri 50 anni ci saranno 4 miliardi di nuovi abitanti nel pianeta.

Vecchie malattie sono tornate a galla. Ne sorgono altre nuove: AIDS, Ebola, Hantavirus, Encefalopatia Spongiforme Bovina. Più di 30, secondo gli specialisti. O sconfiggiamo l’AIDS oppure l’AIDS farà fuori molti paesi del Terzo Mondo. Nessun malato povero può pagare ogni anno i 10.000 dollari a persona di costo degli attuali trattamenti, i quali, benché prolunghino la vita, non curano la malattia.

Cambia il clima, si riscaldano i mari e l’atmosfera, si contaminano l’aria e le acque, si erodono i terreni, crescono i deserti, spariscono i boschi, scarseggiano le acque. Chi salverà la nostra specie? Le leggi cieche e incontrollabili del mercato? La globalizzazione neoliberale? Un’economia che cresce da sé e per sé come un cancro che divora l’uomo e distrugge la natura? Questo non può essere la via o lo sarà solo per un periodo molto breve della storia.

Contro queste realtà lotta eroicamente l’Organizzazione Mondiale della Salute e ha, oltretutto, il dovere di essere ottimista.

Come cubano e come rivoluzionario condivido il suo ottimismo. Cuba, con una mortalità infantile di 7.2 per mille nati vivi nel primo anno di vita; un medico ogni 176 abitanti, che è il più elevato indice del mondo e un’aspettativa di vita che oltrepassa i 75 anni, ha ottenuto già dal 1983 il Programma di Salute per Tutti per l’Anno 2000, malgrado il crudele blocco che subisce da quasi 40 anni, malgrado sia un paese povero del Terzo Mondo. Il tentativo di praticare il genocidio contro il nostro popolo ci ha fatto moltiplicare le nostre forze e la nostra volontà di sopravvivere. Anche il mondo può lottare e vincere!

Commemorazione del 50° Anniversario della Organizzazione Mondiale di Commercio (OMC) Ginevra - maggio 1998
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Lo scorso mese di marzo il Governo nordamericano ha reso pubblica la "Agenda della Politica Commerciale degli Stati Uniti per il 1998", in cui testualmente indica che deve essere "aggressiva, diretta globalmente a tutte le regioni del mondo"; che "gli Stati Uniti, come la più importante e riuscita economia nel sistema commerciale globale, sono in una posizione forte per usare i loro poteri di persuasione e di influenza per dare impulso a questa Agenda"; e che "malgrado le sostanziali aperture dei mercati che si sono raggiunte negli anni recenti, si mantengono ancora troppe barriere per le esportazioni di beni e di servizi dagli Stati Uniti al mondo intero". E’ un linguaggio preoccupante.

Assieme a questo, nel settembre del 1995, su iniziativa degli Stati Uniti, malgrado già esistesse l’Organizzazione Mondiale del Commercio, composta da 132 Paesi a diverso grado di sviluppo, si sono iniziate conversazioni in seno all’Organizzazione di Cooperazione e di Sviluppo Economico, club esclusivo del Primo Mondo, per elaborare un Accordo Multilaterale di Investimenti.

Per problemi ovviamente correlati alla sovranità degli Stati, l’idea successiva di negoziare questo accordo in seno all’Organizzazione Mondiale del Commercio ha incontrato la forte opposizione di numerosi membri dell’Organizzazione nella sua Conferenza Ministeriale a Singapore nel dicembre 1996. Quanto da questa concordato non ha impedito che la OCDE, costituita - come ho detto - da paesi sviluppati, continuasse il processo di elaborazione dell’Accordo Multilaterale di Investimenti.

A partire dai tentativi degli Stati Uniti di introdurre aspetti essenziali della Legge Helms-Burton in detto Accordo, la negoziazione si è arenata, restando solamente Stati Uniti ed Europa. Le rimanenti 13 nazioni della OCDE si sono messe in disparte.

Detta legge illustra le procedure applicate dagli Stati Uniti nella loro guerra economica contro Cuba. Il carattere extraterritoriale di queste e altre misure ha fatto sì che l’Unione Europea richiedesse alla OMC la creazione di un Gruppo Speciale che è stato approvato il 20 novembre 1996.

Successivamente, l’11 aprile 1997, si arriva a un’intesa sulla base di determinati compromessi degli Stati Uniti correlati all’applicazione e a modifiche della Legge Helms-Burton.

L’Unione Europea, che non voleva indebolire la OMC, sospende provvisoriamente l’inizio delle attività del Gruppo Speciale.

Con sorprendente e astuta manovra, gli Stati Uniti, dal banco degli accusati nella OMC, passano quindi a dettare, nel quadro della OCDE, nuove regole di diritto internazionale, pretendendo di inserire con carattere retroattivo nell’Accordo Multilaterale di Investimenti, l’illegittimità, a loro giudizio, delle nazionalizzazioni fatte alla fine della decennio del 1950: una data che coincide esattamente con il trionfo della Rivoluzione a Cuba e un principio applicabile anche a qualsiasi delle nazionalizzazioni che hanno avuto luogo in altri paesi dopo il 1959. Con ciò si pretende di internazionalizzare i principi dell’infame Legge Helms-Burton al riparo di un trattato multilaterale. Detta Legge, che non ha subito alcuna modifica, aveva arbitrariamente trasformato in nordamericani espropriati cittadini che erano cubani al momento dell’espropriazione.

Il carattere extraterritoriale del blocco si sta applicando in realtà da molto tempo, prima che esistesse questa vergognosa legge. A ogni impresa nordamericana insediata in qualsiasi paese viene proibito dal Governo degli Stati Uniti di commerciare con Cuba. Questo viola la sovranità ed è extraterritoriale. Il mondo ha seri motivi di sentirsi umiliato e preoccupato e l’OMC deve essere in grado di impedire il genocidio economico. Qualsiasi divergenza tra Stati Uniti e Unione Europea a causa di questa Legge non deve risolversi a spese di Cuba. Sarebbe un impensabile disonore per l’Europa. Gli accordi annunciati ieri a Londra sono confusi, contraddittori, minacciosi per molti paesi e per nulla etici. Il blocco economico è già costato a Cuba 60 miliardi di dollari.

Negli ultimi anni Gli Stati Uniti hanno approvato oltre 40 leggi e decisioni esecutive per applicare sanzioni economiche unilaterali contro 75 nazioni che rappresentano il 42 % della popolazione mondiale.

Gli Stati Uniti hanno ottenuto praticamente tutto quello che volevano con gli accordi che hanno dato luogo alla creazione dell’OMC e specialmente con l’Accordo Generale di Servizi, un vecchio sogno. Allo stesso modo con l’Accordo sui Diritti della Proprietà Intellettuale Correlata con il Commercio, aspetto in cui esercitano un dominio privilegiato grazie al loro sviluppo tecnologico e alla sottrazione sistematica delle migliori intelligenze del mondo. Alcuni dei loro brevetti hanno ottenuto fino a 50 anni di esclusiva. In aggiunta hanno ottenuto altri accordi di gran beneficio per il loro Paese.

Gli Stati Uniti possiedono inoltre il singolare privilegio di emettere la moneta con la quale si mantiene la maggior parte delle riserve in divisa delle banche centrali e dei depositi delle banche commerciali di tutto il mondo. Essendo la nazione i cui cittadini meno risparmiano, le sue imprese transnazionali comprano le ricchezze del mondo con i soldi che risparmiano quelli di altre nazioni e con le banconote che stampa senza il supporto in oro convenuto a Bretton Woods, unilateralmente eliminato nel 1971.

Pertanto, se l’euro sorge come una moneta forte e prestigiosa, benvenuto l’euro! Sarebbe di beneficio per l’economia mondiale!

Nuovi temi nell’agenda dell’OMC, introdotti dai paesi ricchi, minacciano di ridurre le possibilità dei paesi in via di sviluppo di essere competitivi, in condizioni già di per sé così difficili e ineguali, temi che serviranno indubbiamente da sicuro pretesto per barriere non doganali o per impedire l’accesso dei loro prodotti ai mercati.

I paesi del Terzo Mondo hanno perso tutto: le dogane che proteggevano le loro nascenti industrie e generavano introiti; accordi per prodotti di base; associazioni di produttori; indicizzazione dei prezzi; trattamenti preferenziali; qualsiasi strumento per proteggere il valore delle loro esportazioni e contribuire al loro sviluppo. Cosa ci si offre?

Perché non si fa cenno dell’ingiusto scambio disuguale? Perché non si parla del peso insostenibile del debito estero? Perché si riduce l’Assistenza Ufficiale allo Sviluppo? Se tutti i paesi sviluppati facessero come la Norvegia, il Terzo Mondo potrebbe contare annualmente su 200 miliardi di dollari per il suo sviluppo. Che si imiti la Norvegia!

Di che cosa vivremo? Quali beni e servizi esporteremo? Quali produzioni industriali ci verranno preservate? Solo quelle di bassa tecnologia e alto contenuto di lavoro umano e quelle altamente inquinanti? Si vuole forse trasformare gran parte del Terzo Mondo in un’immensa zona franca piena di macchinari per macinare che non pagano nemmeno le tasse?

Perché la più potente potenza economica del mondo impedisce l’ingresso nella OMC della Cina, che ha un quinto degli abitanti del pianeta? Perché ostacola l’ingresso della Russia e di altri paesi? Nessuna nazione, grande o piccola, può - né deve - essere esclusa da questa importante istituzione, né il suo ingresso può sottostare a umilianti condizioni.

Noi paesi in via di sviluppo non possiamo permettere che ci dividano. L’unione è l’unica ricchezza che possediamo, l’unica garanzia per la difesa delle nostre legittime aspirazioni.

Noi che ieri eravamo colonie e oggi soffriamo ancora le conseguenze dell’arretratezza, della povertà e del sottosviluppo, siamo la maggioranza all’interno di questa organizzazione. Ciascuno di noi ha un voto. Nessuno ha il diritto di veto. Dobbiamo trasformare ciò in uno strumento di lotta per un mondo migliore e più giusto. Bisogna anche far conto su statisti responsabili che indubbiamente esistono in molti paesi sviluppati e che sono sensibili alle nostre realtà.

In mezzo a tanta euforia, nessuno può assicurare fino a quando il sistema economico degli Stati Uniti, retto dalle cieche leggi dell’economia di mercato, potrà impedire che il globo finanziario esploda. Non ci sono miracoli economici. E’ provato. I prezzi, gonfiati fino all’assurdo, delle azioni della Borsa Valori di questa economia, benché sia indubbiamente la più forte del mondo, non possono mantenersi. In situazioni analoghe la storia non ha conosciuto eccezioni. Solamente che adesso una grande crisi sarebbe anche globale e avrebbe conseguenze impensabili. Nemmeno noi, avversari del sistema imperante, possiamo auspicarla.

Varrebbe la pena che la OMC valutasse questi rischi e tra i suoi cosiddetti "nuovi temi" ne aggiungesse un altro: "Crisi Economica Globalizzata. Che cosa fare ?"