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Su di un livello

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Crisi nella terra promessa delle opportunità
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novembre 2000 – La disoccupazione e la corruzione, attualmente le principali preoccupazioni degli argentini, sembrano mantenere sulla corda dei funamboli l’immagine del Presidente Fernando de la Rúa e, soprattutto, le sue promesse elettorali di terra delle opportunità, sicurezza e trasparenza per tutti.
Dopo lo scoppio di uno scandalo, un mese fa, per presunte corruzioni di senatori per l’approvazione di una legge sul lavoro di interesse del Governo, il paese attraversa una crisi che ha colpito la credibilità nell’alleanza governativa, mentre l’immagine del Capo di Stato ha perso quota negli ultimi mesi nel consenso popolare.
Con una privilegiata posizione geografica, l’Argentina è il secondo paese per grandezza del Sud America, possiede abbondanti risorse naturali, tra queste di rilievo quelle agricole e l’allevamento, miniere di rame, d’argento, oro, manganese, antimonio e risorse energetiche (petrolio e gas naturali), oltre ai più di 60 milioni di ettari che rendono notevole il suo potenziale forestale.
Ma le risorse di questa terra promessa non beneficiano il 15.4 % di disoccupati e il 14.5 % di sottoccupati che bloccano strade e vie in diversi punti per protestare contro la lunga recessione economica che dura ormai da due anni, e contro la deteriorata situazione sociale di una nazione nella quale il Governo aveva previsto nel preventivo di spesa una crescita del 3.5 % per l’anno 2000, ma, secondo quanto è stato ammesso, la crescita sarà inferiore allo 0.7 %.
Relazioni ufficiali del 1993, per esempio, riflettono in quest’epoca una disoccupazione e una sottoccupazione del 9.3 %.
Notizie telex precisano che i tumulti si sono verificati in due municipi vicini a Buenos Aires e in cinque province nell’interno del paese. Vengono citati Río Negro e Neuquén, nel sud, e Formosa, Jujuy e Salta, nel nord.
L’agenzia AP indica che nella località bonaerense di La Matanza circa duemila disoccupati hanno occupato la strada nazionale n° 3, esigendo posti di lavoro o sussidi e la consegna di alimenti che stanno aspettando da vari mesi.
Un altro blocco è avvenuto sulla strada nazionale n° 4, a sud e a ovest della capitale federale, quando un centinaio di disoccupati e di famiglie senza casa hanno interrotto la circolazione con richieste di alloggi e di posti di lavoro. A Resistencias centinaia di persone hanno bloccato la strada nazionale n° 11.
Questi blocchi avvengono in maniera spontanea, anche se generalmente sono organizzati dalla Centrale dei Lavoratori Argentini (CTA) e dalla Corrente Classista e Combattiva (CCC), insieme a organizzazioni di zona il cui livello di disoccupazione risulta allarmante.
C’è molta disperazione per così tanta disoccupazione, ha valutato il Governatore di Buenos Aires, Carlos Ruckouf, e ha affermato che potrebbero accadere esplosioni sociali in tutta l’Argentina.
Nonostante ciò, De la Rúa è contrario a credere nella possibilità di sollevazioni popolari e ha dato la responsabilità ai governi provinciali per tale situazione. Ha riconosciuto l’esistenza di "una situazione sociale difficile e di un forte debito sociale", e ha fatto appello a tutti i funzionari dei municipi, delle province e della nazione "ad aiutare quelli che soffrono".
Quelli che soffrono, tuttavia, alzano il loro sguardo sconcertati – e pieni di rabbia – verso il Presidente, che nel suo giuramento davanti al Congresso ha criticato il disordine lasciato da dieci anni di "menemismo" e aveva assicurato che la sua gestione sarebbe stata indirizzata al servizio della gente e non a vantaggio proprio o di gruppi privilegiati.

Il Vicepresidente rinuncia per le sue divergenze con De la Rúa sulla corruzione

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ottobre 2000 - L'agenzia PL ha reso noto che il vicepresidente argentino, Carlos "Chacho" Alvarez, ha rinunciato al suo incarico per le divergenze con il presidente Fernando de la Rúa.
La seconda carica dello stato argentino e leader del Fronte Paese Solidale (FREPASO), ha deciso di dimettersi per dare un segnale di rifiuto ai cambiamenti decisi dal presidente, Fernando de la Rúa.
De la Rúa-Alvarez è stata la formula – battezzata come alleanza - che il 24 ottobre dello scorso anno ha trionfato nelle elezioni presidenziali e che ha portato al potere la coalizione FREPASO-Unione Civica Radicale (UCR). In quest'ultima milita l'attuale presidente.
L’agenzia PL indica che la causa della crisi è dovuta allo scandalo che è scoppiato lo scorso agosto su presunti casi di corruzione di vari senatori per l'approvazione di una legge sul lavoro.
In seguito a queste rivelazioni, Alvarez, anche nella veste di presidente del Senato, ha fermamente definito una linea di rifiuto del fenomeno della corruzione all'interno della Camera Alta e ha insistito con forza per l'allontanamento dei parlamentari corrotti (otto del Partito Giustizialista, all'opposizione, e tre dell'UCR).
Mentre Alvarez manteneva questa posizione, De la Rúa non è quasi intervenuto sul caso di corruzione, con il pretesto che era compito della giustizia investigare e risolvere il problema.
Parallelamente, Alvarez ha preso di mira due figure del gabinetto segnalate come elementi centrali dello scandalo: l'allora ministro del Lavoro, Alberto Flamarique ed il capo della Segreteria dei Servizi Segreti dello Stato (SIDE), Fernando de Santibañes.
Anche se non è stato dimostrato, pochi dubitano che da quella Segreteria sono stati prelevati i fondi utilizzati per il pagamento delle "mazzette" ai senatori.
Senza dubbio, e per far traboccare il bicchiere della pazienza di Alvarez, De la Rúa ha trasferito Flamarique da Ministro del Lavoro - incarico per cui era inquisito - all'importantissimo posto di Segretario Generale della Presidenza.
Contemporaneamente, Santibañes non è stato minimamente sfiorato nel suo incarico di responsabile della SIDE, e a tutti questi rimescolamenti è stato dato un chiaro contenuto "delarruista" a danno dell’unità all’interno dell'alleanza governativa.

Arriva troppo tardi il ‘mea culpa’ della Chiesa Cattolica.
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settembre 2000 - L’organizzazione argentina delle ‘Madri di Plaza de Mayo’, che continua a lottare contro la violazione dei diritti umani, ritiene insufficiente la richiesta di perdono avanzata dalla Chiesa Cattolica per gli errori storici commessi in passato.
La sera dell’8 settembre scorso, durante la cerimonia di inaugurazione dell’incontro eucaristico ‘Giubileo 2000’ – che si tiene a Cordoba, capitale della provincia omonima – la Chiesa ha chiesto perdono per le sue mancanze e omissioni commesse, soprattutto nel periodo dell’ultimo governo..
Nora Cortinas, presidentessa delle ‘Madri di Plaza de Mayo’, ha affermato tuttavia che questo atto di ‘mea culpa’, resosi necessario per "lavare una colpa tanto grande", non tiene abbastanza in considerazione i gravi avvenimenti che si sono verificati negli anni dell’ultima dittatura (1976 – 1983), né fa menzione delle migliaia di desaparecidos, vittime della repressione militare. "E’ troppo tardi per chiedere perdono", ha commentato Cortinas in una dichiarazione a Radio Continental, ripresa da Prensa Latina.
Secondo le stime di diverse organizzazioni umanitarie locali, le persone scomparse in quel periodo sono più di 30.000.
Il clero ha fatto ammenda per essere sempre rimasto in silenzio davanti a tante atrocità e anche per la responsabilità avuta nelle repressioni attuate dai militari, a causa delle "delazioni e dell’intransigenza ideologica" di cui si sono resi colpevoli i suoi rappresentanti.
Nel documento l’episcopato fa riferimento alla violazione dei diritti umani durante quelli che definisce "anni di piombo" e riconosce la responsabilità della Chiesa, dimostratasi "indulgente nei confronti di posizioni totalitarie che dimostravano disprezzo per le libertà democratiche e la dignità umana".
Nel 1996, due anni dopo l’esortazione di Papa Giovanni Paolo II a chiedere "perdono a Dio per i peccati" storici commessi dalla Chiesa, perché nel nuovo millennio si giungesse alla riconciliazione, le gerarchie ecclesiastiche avevano già fatto autocritica, anche se non era stata ritenuta sufficiente.
Secondo Nora Cortinas, nel periodo della dittatura la Chiesa mantenne relazioni molto strette con i militari. "C’erano vescovi che pranzavano tutte le settimane con membri della giunta militare e gli rivelavano le richieste delle persone che si rivolgevano a loro in cerca di aiuto"
La signora Cortinas ha inoltre ricordato che in quegli anni era accaduto che alcuni appartenenti alle alte gerarchie ecclesiastiche fossero entrati nei campi di detenzione e avessero cercato di convincere i prigionieri politici, che là venivano torturati, a collaborare con i loro aguzzini.
La presidentessa ha infine rinnovato la richiesta presentata all’episcopato dal Centro di Studi Legali e Sociali (CELS), per poter aver accesso agli archivi e disporre così della documentazione relativa ai cosiddetti "anni di piombo", in essi custodita.
"La Chiesa argentina e il Vaticano sono in possesso di molte informazioni su quello che è successo ai nostri figli e a migliaia di altri desaparecidos. Perciò, se desiderano che la verità venga alla luce e sia fatta giustizia, devono aprire i loro archivi", ha ribadito Nora Cortinas, secondo quanto riportato dall’agenzia EFE.
I gerarchi della dittatura militare hanno beneficiato dell’indulto, mentre più di un migliaio di loro sottoposti sono stati esonerati dalla responsabilità di aver commesso crimini in base alla Legge di Obbedienza Dovuta, ciononostante non hanno fornito alcuna indicazione utile a scoprire ciò che ne è stato delle loro migliaia di vittime.

Senatori corrotti per approvare la legge antioperai
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settembre 2000 – Il 1° settembre, in dichiarazioni alla stampa, il giudice federale argentino Carlos Liporaci ha ammesso che "gli indizi gravi e concomitanti" esistenti "mi permettono di asserire che ci sono state corruzioni" al Senato per approvare nello scorso aprile, la legge di riforma operaia e ha chiesto la revoca dell’immunità per otto senatori.
Secondo questi indizi, i senatori hanno riscosso tra i 50.000 e i 200.000 dollari per approvare la discussa legge, ritenuta dai suoi critici come un grave regresso nelle condizioni dei lavoratori.
"E’ provato nell’istanza istruttoria" e "l’imputazione ha macchiato non solo i seggi dei giustizialismo (peronismo, opposizione), bensì anche i seggi radicali" (colletti bianchi), ha affermato il magistrato sulla porta del tribunale, secondo l’agenzia AFP.
La presidenza del Senato ha confermato la ricezione delle richieste di revoca dell’immunità per otto senatori, mentre Eduardo Bauzá, uno degli implicati, ha annunciato di rinunziare alla sua immunità per essere interrogato.
Liporaci non ha nominato gli otto, però il giornale del mattino ‘Clarín’ ha assicurato in prima pagina che si tratta dei peronisti Ramón "Palito" Ortega, Angel Pardo, Eduardo Bauzá, Emilio Cantarero, Remo Costanzo, Alberto Tell, Ricardo Branda e il fautore dei colletti bianchi Javier Meneghini.
Il giudice ha spiegato che, dato lo "stato di sospetto" che grava su di loro, ha chiesto la revoca dell’immunità ai senatori poiché "avrebbe dovuto accusarli di illeciti penali" e "avrebbero dovuto essere interrogati".
D’altro canto Liporaci ha assicurato che "per adesso" non c’è "motivo per citare il presidente Fernando de la Rúa nel filone delle indagini" e che "mancano elementi che convincano questo magistrato" della supposta partecipazione di funzionari del Governo alle corruzioni.

La Chiesa chiede al FMI di alleggerire il debito estero
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giugno 2000 – La Chiesa Cattolica argentina ha fatto un nuovo passo nella sua azione all’interno della vita nazionale chiedendo al Fondo Monetario Internazionale (FMI) di cercare un alleggerimento al debito estero di questo paese.
La presentazione di questa richiesta a un’importante delegazione del FMI ha occupato l’attenzione dei media politici e giornalistici di Buenos Aires, sia per la sua importanza sia perché si è aggiunta a una catena di recenti pronunciamenti dei capi ecclesiastici sulla realtà argentina.
Gli inviati dell’ente finanziario si erano recati a Buenos Aires per controllare i conti nazionali e il compimento dell’accordo firmato all’inizio di quest’anno, mediante il quale il Governo aveva ottenuto un prestito di 7.400 milioni di dollari da utilizzarsi in tre anni.
Il 7 giugno, in una riunione tra i visitatori e il clero, la Chiesa ha criticato l’enorme peso del debito estero sull’economia del paese.
"In questi momenti (questo debito) esige dall’Argentina il pagamento di 25 milioni di dollari al giorno come interessi passivi", ha affermato un breve comunicato ufficiale emesso dopo l’incontro delle autorità cattoliche, capeggiate dal presidente dell’Episcopato Estanislao Karlic, con la delegazione del FMI.
La nota segnala che nella riunione si è discusso sugli effetti delle politiche neoliberiste, appoggiate da questo ente, sui settori sociali più deboli.
Il documento aggiunge che si è riflettuto sulle parole del Papa, che ha detto che non si può accettare rassegnatamente una globalizzazione fondata unicamente su criteri economici, né accettare la fatalità di ciechi meccanismi.
Nell’ultima settimana di maggio, la direzione della Chiesa Cattolica si è riunita a Buenos Aires con il Presidente Fernando de la Rúa per esprimergli preoccupazione per "l’enorme iniquità sociale" nel paese, per mezzo di un documento dal titolo "Gesù Cristo signore della storia", con riflessioni sull’azione del cristianesimo in Argentina.
Questo incontro è avvenuto 24 ore dopo l’annuncio del Governo di un aggiustamento economico per ridurre i costi pubblici di quasi mille milioni di pesos (uguale ai dollari), mediante tagli di salari e ristrutturazioni di enti statali.
Il testo elaborato dalla Commissione di Pastorale Sociale ha fatto appello a interporre "la verità della speranza cristiana" a quelli che confidano solamente nei meccanismi socioeconomici per l’edificazione di una nuova umanità, "come l’assolutizzazione delle leggi del mercato".
Alla delegazione del FMI, i capi cattolici hanno anche chiesto che questo ente propizi investimenti che portino opportunità di lavoro e che contribuisca "alla eliminazione dei dazi per i prodotti primari da parte delle nazioni più sviluppate".
Nelle sue recenti azioni, la Chiesa ha portato anche "appoggio morale" a una grande manifestazione realizzata a Buenos Aires nella prima settimana di giugno per protestare contro l’aggiustamento economico impostato dal Governo.

Esplodono le proteste sociali nella provincia di Salta
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maggio 2000 - Le politiche neoliberiste, che impoveriscono il popolo e ne provocano la ribellione, sono ancora una volta alla base di disordini come quelli avvenuti nella provincia di Salta, dove la popolazione ha conquistato il dominio della città di General Mosconi in seguito a un’azione repressiva delle forze dell’ordine nei confronti di una manifestazione di disoccupati.
Gli abitanti della città si sono infuriati quando la polizia e le guardie di frontiera hanno incominciato a sgombrare con violenza un migliaio di disoccupati che bloccavano la strada n° 34, che collega l’Argentina con la Bolivia, ferendo una dozzina di persone.
In risposta alla violenza delle autorità governative, i disoccupati, questa volta appoggiati dalla popolazione, hanno organizzato una violenta protesta nel centro della città, in cui vivono circa 25.000 abitanti, incendiando vari edifici – tra cui quello del Comune – e distruggendo sportelli bancari automatici.
L’azione repressiva nei confronti dei disoccupati è avvenuta in maniera inaspettata ed è stata condotta da unità della polizia provinciale e dalla gendarmeria nazionale, che hanno fatto uso di gas lacrimogeni e di proiettili di gomma.
Durante gli scontri ha perso la vita un camionista, apparentemente per un attacco di cuore, mentre era fermo sulla strada bloccata dai manifestanti.

Violenta repressione della polizia

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aprile 2000 - Il 19 aprile scorso le strade di Buenos Aires si sono trasformate in un campo di battaglia, luogo dello scontro tra rappresentanze sindacali, che si oppongono a una controversa legge di riforma del lavoro, e le forze di polizia, che hanno represso in maniera violenta e brutale una manifestazione operaia.
Circa 500 lavoratori, convocati dalla Confederazione Generale del Lavoro (CGT), stavano protestando contro le misure adottate nel Congresso dal Governo di Fernando De la Rúa, dietro pressioni del Fondo Monetario Internazionale, quando sono stati caricati violentemente dalla polizia, che ha fatto uso di gas lacrimogeni, proiettili di gomma e di piombo. Al termine dei disordini, il bilancio è stato di almeno 30 feriti, mentre altre 50 persone si trovano agli arresti; un dirigente del sindacato giudiziario, José Piumato, è stato ferito da un proiettile a un testicolo e ha dovuto essere operato d’urgenza.

In Paesi come l’Argentina, dove si è instaurato il neoliberismo, i sindacati hanno subito un duro colpo in seguito all’applicazione di una serie di provvedimenti legislativi chiamati di "flessibilità lavorativa", che conferiscono agli imprenditori la facoltà quasi assoluta di licenziare e di imporre ribassi salariali, allo scopo di aumentare i profitti e la competitività delle aziende.
Secondo quanto dichiarato dall’Associazione delle Madri di Piazza de Mayo, una delle principali organizzazioni impegnate nella lotta per la difesa dei Diritti Umani del Paese, il Governo argentino "sta mettendo a punto una serie di misure di repressione interna, per soffocare nel sangue e col fuoco le rivendicazioni del popolo".
In questo documento, che l’Associazione intende inviare anche a organismi internazionali e ambasciate estere, le Madri di Plaza de Mayo si rivolgono ai Governi di tutto il mondo perché "prestino ascolto alla loro denuncia e intervengano facendo pressioni sul Governo argentino perché smetta di usare la violenza contro coloro che rivendicano solo il diritto al lavoro e al pane".
Rodolfo Daer, dirigente della CGT, considera l’accaduto "un fatto gravissimo" e condanna l’azione condotta dalle unità di sicurezza. "L’ordine di usare la forza – afferma Daer – è partito da esponenti politici, proprio come durante il periodo oscuro della dittatura".
In un primo momento si è creduto che a dare l’ordine di attaccare i manifestanti fosse stato un procuratore di Buenos Aires; la notizia è stata però successivamente smentita dal suo superiore, il procuratore generale, che ha precisato che nessuno dei suoi sottoposti ha dato ordine di usare la forza. Alla luce delle conseguenze disastrose dell’azione di forza, il capo della polizia federale ha ammesso che le misure di sicurezza adottate si sono rivelate "un fallimento", scusandosi con i cittadini, che si sono trovati ingiustamente coinvolti nei disordini.
Per dimostrare con i fatti la propria autocritica, il funzionario ha comunicato la sua decisione di allontanare dal corpo 12 agenti, anche se ha aggiunto in seguito che probabilmente rientreranno in servizio alla conclusione delle indagini.

Critiche al voto espresso contro Cuba nella Commissione per i Diritti Umani
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aprile 2000 - In una dichiarazione alla AFP, il premio Nobel per la Pace (1980) Adolfo Pérez Esquivel ha definito riprovevole, controproducente e preoccupante il voto argentino espresso contro Cuba all’interno della Commissione per i Diritti Umani di Ginevra.
Pérez Esquivel ha precisato inoltre che tale presa di posizione trova spiegazione nelle "forti pressioni esercitate dagli Stati Uniti sul Governo argentino", che, da parte sua, ha sufficienti buoni motivi per appoggiare la loro politica anticubana in vista della visita che il Presidente argentino farà a breve negli Stati Uniti, da cui spera di ottenere la concessione di crediti. Pérez Esquivel, che come dirigente dell’organizzazione umanitaria Servizio di Pace e Giustizia ha preso parte a La Habana al Vertice Sud, ha elogiato le conquiste sociali e l’impegno solidale dimostrati da Cuba.
Opinioni altrettanto favorevoli sono state espresse dalla presidentessa dell’Associazione delle Madri di Plaza de Mayo, Hebe de Bonafini, e da dirigenti dell’organizzazione operaia Centrale dei Lavoratori Argentini, oltre che da altre organizzazioni.
A Cuba "non si compiono violazioni dei Diritti Umani, a differenza che qui da noi, dove si violano tutti i giorni nelle carceri e nelle stazioni di polizia" – ha ribadito Hebe de Bonafini, esortando il Governo argentino ad appoggiare il popolo cubano, invece di seguire i dettami del Fondo Monetario Internazionale.
Il voto contrario a Cuba ha provocato spaccature anche all’interno della maggioranza di Governo. L’ex presidente Raúl Alfonsín, a capo del partito cui appartiene l’attuale presidente, ha manifestato la sua disapprovazione per una decisione che considera in continuità con la politica di Carlos Ménem, il predecessore di Fernando de la Rúa, molto criticato a suo tempo per il suo allineamento incondizionato alle posizioni di Washington.
Negli Stati Uniti, i falchi del Congresso hanno riconosciuto il ruolo chiave svolto da Argentina, Cile e Salvador nell’appoggiare la condanna contro Cuba. "Gli siamo molto riconoscenti" – ha dichiarato Ileana Ros-Lehtinen, esponente del partito repubblicano in Florida, soprannominata dai cubani "lupa feroce" per aver preso parte, d’accordo con la mafia di Miami, al sequestro e alla strumentalizzazione politica del bambino Elián González.
Secondo quanto comunicato dall’agenzia AFP, la stessa Ros-Lehtinen sembra aver convocato a Washington, d’accordo con altri membri del Congresso, gli ambasciatori di diversi Paesi per una riunione che si è tenuta la settimana precedente all’incontro di Ginevra, con l’obiettivo di consolidare il fronte anticubano.

Gli dei del male
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marzo 2000 - Dopo la fine della dittatura militare (1976-1983), i registi argentini hanno saputo portare con grande arte sullo schermo i momenti più tragici di questa epoca terribile che ha segnato la storia del loro Paese; basti pensare a titoli come La notte delle matite spezzate o l’ancora più noto La storia ufficiale, in cui viene precocemente denunciata la pratica dei sequestri di bambini, che venivano successivamente adottati dai loro stessi rapitori.
A questo proposito è importante ricordare che, dopo la promulgazione, nel 1987, delle leggi di Obbedienza Dovuta e Punto Finale e dell’Amnistia Generale nel 1990, gli unici delitti a non cadere in prescrizione, per i quali quindi è possibile istruire un processo, sono per l’appunto quelli che riguardano il sequestro di persona e il cambiamento di identità ai danni dei figli delle donne "scomparse", durante la dittatura. Questo fatto ha reso possibile la conservazione di un debole spiraglio legislativo, attraverso il quale è filtrata, a poco a poco, la verità.
Ciò ha permesso alle Nonne di Plaza de Mayo di intentare una causa contro i comandanti responsabili del colpo di Stato militare, denunciando quello che si è rivelato un sistematico piano di appropriazione nei confronti dei figli delle donne sequestrate, nati durante la loro prigionia. Secondo le Nonne di Plaza de Mayo, sono 400 i bambini vittime di questo sistema e 65 quelli che sono riuscite a identificare fino a ora.
Tra gli accusati ci sono gli ex comandanti Reynaldo Bignone, Emilio Massera, Cristino Nicolaides, Jorge Acosta e Guillermo Suárez Masón, che si trovano attualmente in carcere preventivo. L’ex generale Jorge Videla è già stato processato e condannato nel 1998, essendo stato riconosciuto colpevole di appropriazione di cinque minori, anche se, dopo un mese di reclusione, gli sono stati concessi gli arresti domiciliari a causa dell’età avanzata.
Durante le indagini condotte dal giudice federale Adolfo Bagnasco, che si occupa di ricostruire il destino di 160 bambini nati in prigionia, è stato rinvenuto, nell’ospedale militare della guarnigione di Campo de Mayo, un registro delle nascite, che proverebbe l’esistenza di indicazioni ben precise riguardo alla procedura da seguire con i bambini nati da madri prigioniere.
I registi argentini continuano nel loro impegno volto a mantenere viva la memoria tragica del loro Paese, che alcuni vorrebbero invece cancellare. Marco Bechis, nel suo film Garage Olimpo, mostra la terribile realtà dei centri clandestini di tortura e di morte (si pensa che ne esistessero circa 340 in tutta l’Argentina) insieme a uno dei metodi più utilizzati dalla giunta militare per liberarsi delle vittime: i cosiddetti "voli della morte".
Il titolo del film può forse apparire fantasioso, per il fatto di legare tra loro due realtà contrastanti come la somma dimora degli dei e l’abisso della crudeltà umana. La ragione della scelta può essere compresa alla luce di un articolo pubblicato sul quotidiano argentino "Página Doce", in cui si parla di un recente processo, nel quale l’imputato, un tenente colonnello dell’esercito attualmente in carcere insieme alla moglie, ha ammesso di aver registrato come figlia propria – nonostante sua moglie non potesse avere figli – una bambina i cui genitori erano stati entrambi sequestrati e portati al centro clandestino…"El Olimpo".
Le Nonne di Plaza de Mayo sono riuscite a ricostruire, con enorme determinazione e forza d’animo, la vicenda della bimba, che oggi ha 21 anni, giungendo a dimostrare, con l’aiuto delle informazioni fornite dalla Banca dei Dati Genetici, che il suo vero nome è Claudia Victoria Poblete e che i suoi genitori erano José Poblete e sua moglie Gertrudis, sequestrati nella loro casa di Buenos Aires il 28 novembre 1978; Claudia aveva allora solo 8 mesi.
L’instancabile lotta condotta dalle Nonne di Plaza de Mayo trova testimonianza nel film Bottino di guerra di David Blaustein, che ha voluto portare sullo schermo la loro battaglia per ottenere la restituzione dei loro nipoti, sottratti illegalmente ai loro genitori, che sono stati tenuti prigionieri e poi fatti sparire.
Non dobbiamo dimenticare che i militari argentini non sono stati i soli a impiegare questo sistema. Si è scoperto infatti che il sequestro dei bambini e il loro successivo affidamento agli stessi rapitori, o ad altri militari, rientrava nelle procedure previste dalla cosiddetta "Operazione Condor", cioè il coordinamento degli organi di repressione del cono sud, la cui ideazione viene attribuita al dittatore cileno Augusto Pinochet.
Alla luce di questi fatti, risulta estremamente significativa la denuncia presentata dal poeta argentino Juan Gelman, che rende note le responsabilità dei militari uruguayani dal momento in cui egli afferma che sua nuora Maria Claudia, che era incinta, e suo figlio furono sequestrati in Argentina e poi trasferiti in Uruguay.
I resti del figlio del poeta sono stati ritrovati l’anno scorso e l’autopsia ha permesso di stabilire che fu ucciso con due colpi di pistola alla nuca. Di Maria Claudia non si sa nulla, anche se Gelman ha avuto prove che testimoniano che il parto avvenne nell’ospedale militare di Montevideo.
Un giudice uruguayano sta indagando su quattro militari e un poliziotto coinvolti in sequestri di persone avvenuti in quegli anni in Argentina. Nel 1986 in Uruguay è stata promulgata una legge che garantisce l’impunità ai militari per il periodo della dittatura (1973-1985), che tuttavia lascia uno spiraglio in favore della difesa dei diritti umani, in quanto l’articolo quarto stabilisce che il Potere Esecutivo ha il dovere di condurre indagini per scoprire la verità sui resti dei desaparecidos.