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Sacerdote cattolico boliviano fa appello a resistere contro l’ALCA
ottobre 2002 – Gregorio Iriarte, sacerdote cattolico ed economista boliviano, considera di vitale importanza la creazione di un movimento latinoamericano di resistenza contro l’Area di Libero Commercio delle Americhe (ALCA), che, ha avvertito, pretende di ricolonizzare la regione. Ha denunciato il fatto che il progetto, in essenza, trasferisce al grande capitale multinazionale il potere di dettare ai Governi latinoamericani le politiche macro-economiche, a seconda dei loro interessi

Sánchez de Losada eletto Presidente della Bolivia
agosto 2002 – Il leader del Movimento Nazionalista Rivoluzionario (MNR) Gonzalo Sánchez de Losada è stato eletto, con 84 voti, Presidente della Repubblica di Bolivia in un polemico dibattito che è durato 24 ore all’interno del Congresso di questa nazione. Questo organismo, di 27 senatori e 130 deputati, ha dovuto decidere tra il rappresentante del MNR ed Evo Morales, leader del Movimento Indigeno MAS, a cui sono andati 43 voti. Sánchez de Losada prenderà i poteri dal mese di agosto in corso fino al 2007 e questo sarà il suo secondo mandato. Come Vicepresidente è stato nominato Carlos Mesa. Per accedere alla Presidenza, il Presidente eletto ha potuto contare sull’appoggio del Movimento della Sinistra Rivoluzionaria (MIR), dell’Unità Civica Solidarietà (UCS) e del Partito Azione Democratica Nazionalista.

Evo Morales, possibilità fastidiosa per gli Stati Uniti
luglio 2002 – Che grande sorpresa ho avuto appena ho saputo le recenti dichiarazioni del sottosegretario nordamericano per gli Affari dell’America Latina, Otto Reich, riguardo al probabile risultato delle elezioni presidenziali in Bolivia. Il vocabolo impossibile è stata la chiave del suo messaggio, lasciando chiaramente intendere in modo preciso il senso del suo contenuto.
Leggendolo ho colto tra le righe una sfida pericolosa e insolente per i cittadini boliviani che si apprestano a definire chi assumerà le redini della nazione, in sospeso fino al 4 agosto, quando il Congresso deciderà per uno dei due candidati appaiati.
La causa del mio sconcerto è dovuta all’affermazione di Reich quando ha detto che "agli Stati Uniti risulterebbe impossibile aiutare la Bolivia nel caso vincesse Evo Morales".
Da tutti è risaputo che niente intimidisce la Casa Bianca, almeno sul piano formale. E adesso, prontamente, dice di essere in una situazione difficile, dato che Morales, di origine indigena, si oppone ai metodi di Washington e alle sue manovre di ingerenza.
Tuttavia, il dirigente boliviano nei suoi interventi pubblici è stato abbastanza moderato nei riguardi del grande vicino del Nord: "Se gli Stati Uniti vogliono relazioni, benvengano, ma relazioni di mutuo rispetto e non è che siamo qui per rompere le relazioni, sono importanti le relazioni internazionali, ma neppure accettiamo politiche da fame", ha detto.
Iscritto al Movimento al Socialismo (MAS), l’aymará Evo Morales rappresenta una profonda speranza delle masse dei lavoratori agricoli e in particolar modo dei coltivatori di coca, la cui coltivazione risale alle origine stesse della formazione della Bolivia come nazione ed è parte indissolubile della loro idiosincrasia.
Secondo un altro candidato del Movimento Indigeno Pachacuti (MIP), Felipe Quispe, "è la prima volta nella storia della Bolivia che un indio con il naso aquilino arriverà al Palazzo, anche se si chiama Morales" e questo evidentemente non è molto lusinghiero per la Casa Bianca, più che per la fisionomia del candidato per la sua piattaforma di programma.
Tra le rivendicazioni portate il leader dei coltivatori di coca si distingue il riconoscimento ufficiale nel Congresso degli idiomi indigeni aymará, quechua e guaraní. Riduzione alla metà dei 3.000 dollari al mese di compenso ai parlamentari e opposizione al neoliberismo in tutti i suoi aspetti.
Che Morales abbia raggiunto quotazioni così elevate, solo comparabili a quelle ottenute dal suo concorrente nella contesa, il liberale Gonzalo Sánchez de Losada, indica che lo ‘spaccateste’ di ideologie boliviano è molto determinato.
In primo luogo, per la crisi di un’economia le cui previsioni sono sempre più tenebrose, dove gli indigeni e i settori umili hanno tutto da perdere, e in secondo luogo, perché i politici tradizionali non soddisfano più le richieste di un paese che cerca di inserirsi definitivamente nello sviluppo regionale in condizioni di uguaglianza, ma tuttora non si sa in che modo.
Così come è stabilito dalla Costituzione boliviana, se nessuno dei candidati ottiene 79 dei 157 voti dei parlamentari, allora diventerà vincitore quello che ha ottenuto maggiori voti alle elezioni, e questo è Lozada con il 22.4 %, mentre Morales ha ottenuto il 20.9 %.
Così, anche in caso di sconfitta, Morales entrerebbe nel Congresso come il deputato più votato della Bolivia, con poco più dell’83 % ottenuto nella sua circoscrizione elettorale nel Chapare
Il rappresentante del MAS si è detto disposto ad assumere la direzione nazionale e in questo contesto ha chiesto appoggio senza condizioni alle altre forze politiche.
"Se votano incondizionatamente, siano i benvenuti, ma non trattiamo, perché questo significherebbe entrare nel settore dei posti di lavoro, nella perversione e nella corruzione e questo non lo permetteremo", ha sostenuto quest’uomo che conta su migliaia di sostenitori disposti ad accorrere al primo appello.
In chiusura, Morales e Quispe, di fronte a un principio, hanno dichiarato che si uniranno in vista di un obiettivo comune e a favore dei diritti dello stesso popolo.
Le campagne diffamatorie contro Morales sono molte, piazzandolo in svantaggio rispetto a Lozada, rappresentante dello status quo, e che conta sul beneplacito dei politici tradizionali boliviani e di Otto Reich, che parla, naturalmente, a nome degli interessi del Governo statunitense in America Latina.
Allora, pensando bene, la retorica degli Stati Uniti mi suona familiare e precisa. La prospettiva che un indigeno boliviano vinca non rientra nelle possibilità della Casa Bianca, però non le sarebbe impossibile, tuttavia, sospendere il suo aiuto economico né chiudere i suoi mercati alla Bolivia

Risultato a sorpresa nelle elezioni presidenziali boliviane
luglio 2002 – L’ex Presidente e candidato del Movimento Nazionalista Rivoluzionario (MNR), Gonzalo Sánchez de Losada, contro ogni pronostico, si è dichiarato vincitore delle elezioni generali svoltesi in questa nazione andina lo scorso 30 giugno. Tuttavia, il Congresso è l’unico che può dare un verdetto finale, dato che Sánchez de Losada è seguito da vicino dal rappresentante della Nuova Forza Repubblicana (NFR), Manfred Reyes Villa, poiché entrambi non sono arrivati al 50 % dei voti necessari. Secondo dati del Tribunale Nazionale Elettorale, il MNR ha ottenuto il 22.47 %, 1.46 % in più del NFR.

Panorama difficile per il futuro Presidente della Bolivia
giugno 2002 – Sondaggi di opinione assegnano, in Bolivia, la preferenza elettorale a Manfred Reyes Villa, ex-capitano dell’Esercito, che ha dichiarato che metterà in atto, qualora fosse eletto Presidente alla fine di questo mese, una nuova politica economica. Tale affermazione ha suscitato scherno tra i suoi oppositori, dato che secondo loro "il panorama nazionale è simile a una bomba a tempo" per la recessione, per il deficit fiscale e per il pericolo di contagio della crisi che colpisce senza pietà gli stati confinanti, Argentina e Brasile. Tuttavia, Reyes Villa sostiene che la messa in opera del porto – peruviano o cileno – attraverso il quale la Bolivia esporterà gas naturale liquido (LNG) sul mercato degli Stati Uniti, potrebbe cambiare la prospettiva di sviluppo di questa nazione, la più povera dell’America del Sud, creando condizioni di rafforzamento dell’apparato produttivo e sociale del Paese.

Marciare, l’unico modo per essere ascoltati
giugno 2002 – La stanchezza dei manifestanti ha ceduto di fronte alla determinazione di farsi ascoltare. Ottocentocinquanta chilometri non sono stati un ostacolo per avanzare da Santa Cruz fino a La Paz, dato che per loro la cosa più importante era un cambiamento nella Costituzione, per propiziare una rifondazione della Bolivia. I nullatenenti, insistono, devono essere tenuti in considerazione nel momento in cui si tracciano linee di sviluppo economico e sociale.
Una mobilitazione di migliaia di contadini e di indigeni, iniziata alla metà di maggio nell’oriente del paese, rivendica una Legge di Necessità di Riforme alla Costituzione politica, che potrebbe cambiare il corso delle prossime elezioni presidenziali, che si effettueranno in questo paese andino il prossimo 30 giugno.
Di fronte all’imperativo dei fatti, autorità di Governo e dirigenti di otto partiti politici con rappresentanza parlamentare si sono riuniti nella capitale, in un tentativo per considerare la creazione di un’istanza superiore differente. Al dialogo si è incorporato il Movimento dei Senza Terra (MST), dopo avere abbandonato la marcia in cambio di promesse settoriali offerte dal Presidente boliviano, Jorge Quiroga.
Un’Assemblea Costituente che promuova riforme costituzionali favorevoli agli indigeni e che eviti l’esecuzione di misure agrarie che possano colpire i contadini, sono le aspirazioni fondamentali dei manifestanti, che hanno messo in crisi il resto dei gruppi politici, preoccupati unicamente per l’imminenza delle elezioni.
La Confederazione dei Villaggi Indigeni di Bolivia (CIDOB) e il Consiglio di Ayllus y Markas del Kollasuyu (CONAMAQ) insistono sulla Costituente in quanto la considerano l’unica maniera di risolvere gli acuti problemi nazionali, sia i loro sia quelli del resto della società. "Non ci sentiamo partecipi e, per questo, vogliamo che si cambi con il nostro apporto e con quello di tutti gli altri settori", ha sostenuto Marcial Fabricano, presidente della CIDOB.
I circoli di potere daranno loro il benestare all’instaurazione di un Congresso Straordinario solo dopo lo svolgimento delle elezioni, mentre il partito al Governo, Azione Democratica Nazionalista (ADN) ha espresso i suoi dubbi su un eventuale rinnovamento, e una delle principali componenti del Parlamento, il Movimento Nazionalista Rivoluzionario (MNR), ha respinto la modifica totale della Costituzione. A questo livello non si sa con certezza quello che potrà accadere.
L’Ambasciatore degli Stati Uniti in Bolivia, Manuel Rocha, ha assicurato, da parte sua, che l’attuale situazione non crea grandi preoccupazione alla Casa Bianca, poiché questa ragionava in termini di analisi quantitativa e "alcune migliaia di indigeni" erano lontani dal costituire una preoccupazione.
Tuttavia, la società boliviana sta dando sintomi di un crescente scontento, sia numerico sia qualitativo. I lavoratori del Ministero della Salute hanno iniziato uno sciopero, i venditori di carne dei mercati hanno chiuso la fornitura dei loro prodotti per protestare contro una tassa, i contadini dell’occidente hanno annunciato proteste e, allo stesso modo, i minatori richiedono il ritorno allo Stato della miniera di Huanuni, che era stata consegnata ad aziende private, o in caso contrario si uniranno alla marcia.
I boliviani e in particolare i manifestanti contestano il modello liberista applicato alle loro vite, da ciò la loro perseveranza nel respingerlo mediante la costituente. Il loro obiettivo primario è quello di porre fine all’emarginazione razziale, convinti del pericolo che minaccia il futuro di una delle culture più ricche dell’America Latina.

Indagini in Bolivia su presunti vincoli con il caso Enron
marzo 2002 – La multinazionale statunitense Enron e le sue attività illecite in Bolivia costituiscono la base principale delle accuse reciproche di corruzione che vengono fatte tra i diversi partiti politici boliviani, che si affrontano, secondo gli esperti, in una pubblica disputa in vista delle prossime elezioni presidenziali. Una commissione di indagine aggiunta al Parlamento ha cominciato i lavori di analisi sulle relazioni "di lavoro" dell’ex-Presidente boliviano, Gonzalo Sánchez de Lozada, del Movimento Nazionalista Rivoluzionario (MNR), con i componenti di questa azienda nordamericana che ha beneficiato di diversi milioni di dollari, tra il 1993 e il 1997, grazie alla privatizzazione dell’azienda statale degli idrocarburi

In fase di negoziato la controversia tra Governo e produttori boliviani

febbraio 2002 – Oltre 1.500 contadini coltivatori di coca hanno richiesto, durante questa settimana, un colloquio con alti funzionari di La Paz con l’obiettivo di rivedere due decreti relativi all’essiccato e alla vendita della foglia di coca. Inoltre, richiedono che venga considerata la legalità delle terre da loro coltivate, che venga data assistenza tecnica e che venga eliminata la repressione militare contro tutti i contadini. La foglia di coca, di uso domestico in Bolivia, viene coltivata da diversi secoli nella regione andina con un significato culturale, terapeutico e mistico tra i suoi abitanti.

Diminuisce il flusso delle rimesse familiari verso la Bolivia

gennaio 2002 – Oltre 30 milioni di dollari sono spariti dalla circolazione boliviana per le entrate praticamente nulle delle rimesse familiari provenienti dall’Argentina. Secondo Juan Antonio Morales, Presidente della Banca Centrale di La Paz, oltre un milione di boliviani vivono in Argentina, e molti di questi, si calcola circa 800 al giorno, stanno rientrando per l’incertezza generata dalla crisi argentina. Il funzionario ha informato, allo stesso tempo, su un incremento della domanda di dollari, anche se ha affermato che questo fatto non è relazionato alla svalutazione del peso argentino, ma con un incremento della circolazione monetaria per le spese delle Feste di Fine Anno.

Le strade si riaprono
ottobre 2000 – I contadini aymará dell’altopiano confinante con il Perù si sono resi protagonisti nella lotta sostenuta per le proprie rivendicazioni, scrivendo nella storia di questo paese una pagina che molti sono stati d’accordo nel definire "Settembre Nero".
Undici morti fra le fila degli agricoltori e perdite materiali per circa 130 milioni di dollari sono il risultato delle tre settimane di blocco a numerose strade in tutto il paese nel corso di una protesta durante la quale il Governo è giunto a un accordo con la potente Confederazione Sindacale Unica dei Lavoratori Agricoli di Bolivia (CSUTCB) da un lato e con i sindacati degli insegnanti in sciopero dall’altro.
L’attuale amministrazione del Presidente Hugo Bánzer affronta da diversi mesi agitate proteste sociali contro la politica di austerità economica e finalizzate a una soluzione dei conflitti dei lavoratori agricoli, degli operai e degli insegnanti.
Nonostante questi risultati il leader del movimento rurale, Felipe Quispé, ha preavvertito i governanti che il mancato rispetto degli accordi porterà all’intensificarsi della protesta.
"Mallku" (il Grande Condor), come è conosciuto il portavoce delle posizioni indigene radicali, ha dichiarato ad agenzie giornalistiche internazionali che le autorità governative hanno acconsentito a cinquanta richieste degli agricoltori, come ha confermato anche il Ministro dell’Informazione, Manfredo Kempff.
Tra le altre conquiste, lo sciopero iniziato il 18 settembre scorso – che non si è interrotto nonostante l’invio di migliaia tra soldati e poliziotti – ha ottenuto la revisione della legge sui terreni, la abolizione di una legge sulle acque e l’assegnazione di terre a contadini poveri.
Secondo gli accordi distensivi, il Governo si impegna inoltre a riconoscere indennizzi alle famiglie delle 11 vittime della repressione, a sostenere le cure di più di 100 feriti e a liberare decine di detenuti.
Parallelamente, la confederazione degli insegnanti, dopo la quarta settimana di sciopero, ha accettato di riprendere i lavori dopo che il Ministro dell’Educazione ha garantito il pagamento di 300 bolívares (circa 50 dollari) e si deciderà di differire al prossimo anno la discussione intorno a un aumento salariale.
Rimane ancora in sospeso la protesta dei coltivatori di coca della regione centrale di Chapare – classificata come "zona illegale" – che chiedono di poter lavorare appezzamenti di terreno ridotti della pianta; l’esecutivo ha ricusato la petizione, in nome dei suoi piani antidroga.
In accordo con la prima valutazione fatta dal Governo sui forti conflitti sociali nella regione andina – indica l’Agenzia Ansa – le perdite milionarie riportate nelle giornate delle proteste contadine nel triangolo La Paz-Cochabamba-Santa Cruz, equivalgono alla perdita dell’1.5 % del Prodotto Interno Lordo della Bolivia, che non si riuscirà a recuperare, ha dichiarato il Ministro dello Sviluppo Economico, José Luis Lupo.
Lupo ha riconosciuto che questi conflitti sociali comporteranno un decremento economico allo Stato andino, che va ad aggiungersi a un aumento dell’inflazione dell’1,8 % registrato il mese precedente a causa della mancanza di approvvigionamenti e della speculazione.
D’altra parte l’amministrazione di Bánzer, a giudizio degli osservatori troppo lenta nel fornire risposte alla richieste sociali, dovrà sborsare 70 milioni di dollari per la ricostruzione delle strade che ora sembra stiano sbloccandosi.