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Il prodigio dei boschi di mangrovie
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novembre 2002 – Una comunità del Caribe colombiano riesce a utilizzare in modo sostenibile il bosco di mangrovie, un’ecosistema tropicale minacciato dalla deforestazione.
Questi boschi pantanosi si trovano in zone costiere relativamente tranquille come estuari, baie e insenature. Il bosco di mangrovie entra nel territorio, seguendo il corso dei fiumi dove si mescolano acque salate e dolci, ambienti salmastri richiesti per vivere.
Occorrono quattro anni affinché il tronco acquisti 10 cm. di diametro e "un buon tronco" di 20 cm. si forma dopo venti anni, sostiene Ignacia de la Rosa Pérez, leader della Associazione dei Mangleros Indipendenti (AMI), del municipio di San Antero, nel dipartimento settentrionale di Córdoba, sul litorale caraibico della Colombia.
"Mio padre racconta che quando sono nata, nel 1950, tutto era diverso perché il fiume Sinú aveva cambiato il suo percorso allontanandosi dalla baia di Cispatá, la vegetazione era povera e nei pantani meno salmastri la gente seminava riso e banano".
Ma essendo giovane io scoprì che lontano dalle rive del fiume incominciarono a germogliare nuove piante di mangrovie. Pérez è stata la prima a creare, nel 1975, un’organizzazione per utilizzare, in modo sostenibile, le risorse della mangrovia.
In Colombia – che ha 380.000 ettari di mangrovie, 87 sul Mar Caribe e 292.000 sul Pacifico – il Ministero dell’Ambiente rilascia licenze per lo sfruttamento di questo legno.
Le licenze vengono assegnate per appezzamento, secondo le condizioni del bosco. "Se il lotto è di 10.000 metri quadri, ne possiamo disboscare 2.000 per ottenere la sua sostenibilità", ha detto la Pérez.
I 70 produttori affiliati all’AMI amministrano, insieme all’azienda governativa Corporazione del Valle del Sin, un progetto produttivo da cui dipendono 500 famiglie.
La mangrovia ha tutte le stesse funzioni di tutti gli alberi e, in più, è fonte di vita e di alimento. Secondo alcune ricerche, due terzi della popolazione di pesci tropicali del mondo dipendono dalle aree delle mangrovie. Inoltre, sono la centrale di alimento più grande che esista, in quanto una grandissima varietà di uccelli e di mammiferi vivono in essa.

Lavoro e sicurezza, le due grandi promesse
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ottobre 2002 – La disperazione fa perdere la testa a qualsiasi persona e più in una casa ci aspettano moglie e figli non è possibile dir loro un’altra volta: "Continuo a non avere lavoro". La soluzione allora appare nell’allontanamento definitivo dai mali, dove la morte è il miglior antidoto contro la disoccupazione. Così sembrano pensare oggigiorno moltissimi colombiani, dato che per ogni punto in più di aumento della disoccupazione avvengono 700 suicidi.
Tale affermazione è stata accettata ufficialmente, questo 1° ottobre, dal Ministro del Lavoro e della Salute, Juan Luis Londoño, confermando i dati del Dipartimento Amministrativo Nazionale di Statistica (DANE) e divulgati dall’edizione digitale di ‘El Espectador’.
Secondo il Ministro, il problema è sfuggito di mano e se continuasse la tendenza attuale con una crescita di due punti all’anno, nel 2006 la disoccupazione sarà del 25 %, pertanto il numero dei suicidi si eleverebbe a cinquemila.
Londoño ha detto, tuttavia, di sentirsi ottimista a partire dalla prossima entrata in vigore del Programma di Sussidio al Lavoro con Responsabilità Sociale, per assistere la creazione di posti di lavoro da parte del settore privato mediante il pagamento di centomila pesos mensili ha ogni azienda che assuma un capofamiglia.
La proposta della misura, nonostante le sue promesse di alleviare, non merita molta credibilità presso i lavoratori colombiani che, dopo poche settimane dall’assunzione dei poteri da parte di Alvaro Uribe, hanno proclamato uno sciopero che è durato qualche ora.
Questo fatto minimo, ma in sé significativo, si è perso tra le tante righe della stampa dedicate in Colombia ai temi di prim’ordine, come quelli della Sicurezza nazionale, il narcotraffico o la lotta governativa contro la corruzione. La crisi dell’economia ancora non figura tra le priorità, però secondo le considerazioni degli esperti, prima della fine dell’anno questo fatto dovrebbe salire in primo piano per le misere proiezioni di crescita che in Colombia non oltrepasseranno l’1.5 %.
César Augusto Caballero, direttore della DANE, deve destreggiarsi con i dati di 3.12 milioni di colombiani disoccupati, ripartiti nelle tredici principali città del paese per arrivare a un indice del 18 % di persone senza lavoro. Ogni anno, sostiene Caballero, 281.000 colombiani passano nella lista degli oziosi involontari. D’altra parte esistono circa 6.39 milioni di sottoccupati.
Quello che è certo è che il fantasma della crisi andrà a ingrandire ogni giorno di più il suo alone di paura e questa sensazione sarà sperimentata in crescendo da molti dirigenti, specialisti e, soprattutto, da persone comuni e normali, di fronte alle schiaccianti cifre e all’innegabile realtà del crollo.
‘El Universal’, quotidiano di questa nazione sudamericana, fa riferimento a un altro fatto di interesse relativo all’allevamento e al commercio, elementi di grande importanza per la vita domestica, che richiedono la messa in opera di progetti a lungo termine che garantiscano di attenuare l’impatto negativo degli ultimi anni e, in particolare, di piani a favore del recupero delle mandrie e di un incremento dello scambio commerciale.
Tuttavia, il panorama è ora diventato complesso e molto peculiare per questi due aspetti colombiani dopo l’instaurazione delle cosiddette Zone di Riabilitazione e di Consolidamento decretate dal Governo Nazionale e sorte come parte dello stato eccezionale dell’11 agosto scorso.
Sucre e Bolívar, nella costa nord, e Arauca, a est alla frontiera con il Venezuela, sono dipartimenti che sono sottoposti a un nuovo regime, che alcuni politici hanno denominato Laboratorio, per il fatto degli esperimenti n materia di diritti umani e di investimento sociale.
Per Jesús Barrios Acosta, deputato dell’Assemblea Dipartimentale di Bolívar, la Zona di Riabilitazione porta grandi aspettative. "Dobbiamo essere vigili sul fatto che questa Zona venga beneficiata da investimenti sociali, perché se in queste opere non sono presenti, la misura sarebbe una buffonata. Con la forza non si risolve il problema del conflitto armato che stiamo vivendo noi colombiani".
L’applicazione del Piano di Sicurezza di Uribe, dove le Zone Seciali sono un fattore di base, ha incontrato opposizione nell’Ufficio colombiano dell’Alto Commissario per i Diritti Umani dell’ONU, sia da parte del suo delegato, Amerigo Incalcaterra, sia da parte dell’Alta Commissaria, Mary Robinson, per certe misure che per loro non sono molto chiare e che potrebbero diventare discriminatorie o ambigue.
Al momento, l’Esercito controlla queste aree con la direttiva presidenziale di creare opportunità di impiego e di migliorie in tutti gli ambiti cittadini, ma con strette norme di convivenza.
La questione è, tale e quale la riporta un articolo del quotidiano ‘El nacional’, in quale modo puntare sulla strategia di Uribe di austerità, che contempla inoltre la riduzione dei costi e dei salari pubblici, farsi dare prestiti dal Fondo Monetario Internazionale (FMI) e raccogliere il più presto possibile le imposte per la Sicurezza nazionale, senza che i colombiani si sentano aggrediti nella loro integrità dovendo chiedere permessi speciali per viaggiare all’interno del proprio stato.
Tuttavia, nonostante le riforme in embrione e nonostante l’incertezza delle prospettive, l’elettorato confida di ottenere le storiche promesse di un lavoro e di una vita sicura.

Il Presidente Uribe si reca a Washington per la prima visita ufficiale
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settembre 2002 – Il Presidente della Colombia, Alvaro Uribe, si è recato a Washington per la sua prima visita ufficiale negli Stati Uniti per incontrarsi con il suo omologo George W. Bush. E’ stato accompagnato dai suoi Ministri di Relazioni Estere, Carolina Barco, della Difesa, Martha Lucía Ramírez, e del Commercio, Jorge Humberto Botero. Il Capo di Stato colombiano ha discusso con Bush temi relativi alla lotta contro il terrorismo in ambito latinoamericano e sullo stato di mobilitazione interno decretato l’11 agosto, per la situazione dell’ordine pubblico in Colombia. Il Ministero degli Esteri colombiano ha comunicato che Uribe e Bush hanno definito norme bilaterali in materia di commercio e di "lotta congiunta contro il narcotraffico e il terrorismo".

Nuovamente riconosciuta la conservazione di Cartagenas de Indias
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settembre 2002 – Dai campanili del castello di San Felipe de Barajas è possibile scorgere i due contrastanti panorami di Cartagenas de Indias, cosa che impressiona, più che per i suoi alti grattacieli, per la conservazione e l’esuberanza dell’architettura ultracentenaria, custodita dai suoi abitanti con somma accuratezza.
In questa città del nord della Colombia, capitale del dipartimento di Bolívar e porto nel Mare Caribe, si eleva, nella sua parte antica, una muraglia di 12 metri di larghezza come un cintura di sicurezza per i suoi accumulati tesori di muri, inferriate, selciati e gioielli di lavorazioni in oro e in argento.
I visibili segnali dell’epoca coloniale, iniziata con la fondazione della città nel 1533, appaiono in tutto il loro splendore ai visitatori, che arrivano preceduti non solo dalla pubblicità turistica, ma anche da una delle più importanti qualifiche dell’UNESCO, quella di Patrimonio dell’Umanità.
Recentemente, la Spagna, e in modo particolare i monarchi iberici, si è unita al riconoscimento mondiale assegnando a questa città il premio Regina Sofía di Conservazione e Restauro del Patrimonio Artistico e Culturale.
L’onorificenza, di grande prestigio internazionale, viene conferita a qualsiasi opera, istituzione o professionista che si sia distinta in modo rilevante nel campo della conservazione e del restauro nell’Ibero-America, senza contare la Spagna.
Tra gli edifici principali della cultura locale spiccano la cattedrale, la chiesa gesuita di San Juan de Dios e il palazzo che è stato la sede dell’Inquisizione spagnola in America del Sud. Nella città si incontra, inoltre, l’Università di Cartagenas, del 1827, e il terminale di un vecchio oleodotto che si estende per circa 600 km. nell’interno del paese.
Per argomentare il suo verdetto, il giudice spagnolo ha contemplato il lavoro di 80 anni della Società per i Miglioramenti Pubblici, che ha reso possibile il recupero di tutto l’insieme monumentale della città e della sua cintura muraria. Allo stesso modo, il restauro delle fortificazioni e dei monumenti, e in particolar modo del Castello di San Felipe, ha avuto un notevole peso nella decisione finale.
A Cartagena de Indias è stato consegnato un premio metallico, una scultura allegorica, una targa commemorativa e una borsa di studio per un corso accademico in Spagna in uno dei campi relativi alla conservazione e al restauro del patrimonio culturale.

Economia per la guerra
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settembre 2002 – Con scetticismo è stata commentata dagli analisti la proposta del nuovo Governo colombiano di incorporare nelle forze armate 20.000 contadini delle zone rurali, dove lo Stato non ha presenza di polizia o militare. A questi si aggiungerebbero 25.000 nuovi effettivi regolari nell’ambito del piano del Presidente Uribe, di vincolare un milione di abitanti come collaboratori della forza pubblica con l’obiettivo di rafforzare il confronto con gli insorti.
Il finanziamento di questo progetto è stato annunciato dal Governo, che emetterà buoni di obbligazione e titoli non obbligatori, come pure un’imposta sul patrimonio liquido per mezzo dei quali i cittadini finanzieranno la guerra. La misura, che è stata appoggiata incondizionatamente dagli imprenditori, commercianti e industriali, è in contrasto con gli avvertimenti di vari settori politici e di Organizzazioni Non Governative (ONG), che vedono detta proposta come la generalizzazione del conflitto in un paese che ha problemi di ogni tipo, come lo aveva sottolineato l’ex-candidato presidenziale, Luis Eduardo Garzón.
Si vede con preoccupazione il piano di armare contadini senza esperienza e con poco addestramento per affrontare gruppi armati con anni di pratica nella contesa bellica. I nuovi soldati e i nuovi poliziotti di appoggio riceveranno un salario mensile come paga per i loro servizi. Questo progetto indica un aumento del bilancio per la guerra in un paese che ha registrato, nell’ultimo mese, un aumento del 18 % della disoccupazione e dove diventano sempre più acuti gli alti indici di povertà che raggiungono il 64 % della popolazione, dei quali i più vulnerabili continuano a essere i bambini, secondo il riassunto informativo del Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo (PNUD) per il 2003. Il bilancio del Governo centrale per i programmi di assistenza sociale si è mantenuto attorno all’1 % per tutto il decennio del ’90 ed è diminuito allo 0.7 % nel 2002, molto al di sotto di quelli del Messico, Perù, Venezuela e Uruguay.
Il Governo si prepara ad affrontare gli insorti, intanto che le Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia affermano di essere disposte a intavolare colloqui di pace con il nuovo Presidente Uribe, ma senza condizioni e senza la partecipazione dell’ONU. In una lettera aperta hanno segnalato di essere disposti a riannodare il dialogo, riprendendo l’Agenda Comune per il Cambiamento verso la Nuova Colombia firmata con il Governo di Andrés Pastrana (1998-2002), che comprende la partecipazione attiva delle organizzazioni sociali e popolari. Le misure del nuovo Governo di decretare lo stato speciale perseguono il rafforzamento delle forze militari e dell’intelligence dello Stato. La linea tracciata dal Presidente Alvaro Uribe è quella di negoziare con la guerriglia, solo sui punti che si possano ottenere con l’ONU, che non si rispecchiano nella posizione della guerriglia e che allontanano sempre di più le possibilità di rendere concreto un punto per riannodare le conversazioni.
Il conflitto continua a svilupparsi nell’altra Colombia, come lo descrive una relazione del PNUD, nel paese periferico di frontiera, isolato, rurale, le cui logiche condizioni di vita e di contesto d’azione sono lontane dai centri di decisione.

Alvaro Uribe assume la presidenza della Colombia
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agosto 2002 – L’agenzia di notizie EFE ha informato che Alvaro Uribe è stato investito lo scorso 7 agosto come nuovo Presidente dalla Colombia, in una cerimonia celebrata nel centro di Bogotá, in mezzo a eccezionali misure di sicurezza e a esplosioni che hanno causato almeno 16 vittime. Uribe, di 50 anni, ha prestato giuramento alla carica davanti al presidente del Congresso, José Alfredo Ramos, che gli ha fatto indossare la banda tricolore che lo identifica come il 35° Presidente della storia repubblicana della Colombia.
Alla cerimonia hanno partecipato 58 delegazioni internazionali, compresi sei Presidenti latinoamericani. Il Ministro degli Esteri Felipe Pérez Roque ha capeggiato la delegazione cubana al passaggio dei poteri presidenziali.
Durante il suo discorso d’investitura, il nuovo Presidente ha espresso il suo sostegno alle forze armate colombiane nella lotta contro gli insorti e ha ribadito che favorirà un dialogo con la guerriglia attraverso la mediazione dell’ONU, alla condizione di una cessazione delle ostilità. Ha ribadito, inoltre, che darà seguito al Piano Colombia.
Secondo l’agenzia di notizie Reuters, pochi minuti prima che Uribe entrasse al Congresso, si sono udite due esplosioni che pare siano state provocate da due bombe.
La versione dei fatti della DPA segnala che almeno 16 morti, tra questi tre bambine, e 46 feriti sono il bilancio delle esplosioni. La maggior parte delle vittime sono state a causa di due esplosioni nelle vicinanze del centro di Bogotá, dove si stava effettuando la cerimonia per l’assunzione della Presidenza, in una zona povera conosciuta come Calle del Cartucho.

Buoni spesa per le forze militari in Colombia
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agosto 2002 - Lo stato Colombiano emetterà buoni obbligatori e titoli non obbligatori per mezzo dei quali la popolazione dovrà finanziare le forze militari. I buoni, per sostenere la guerra dell’esercito governativo, avranno una scala obbligatoria per un gruppo di persone che si calcola abbiano maggior capacità di spesa, secondo la stampa colombiana. La proposta è stata presentata dal Presidente del Paese, Alvaro Uribe, che ha contato sull’appoggio dei principali sindacati nazionali, anche se hanno insistito sul fatto che tali fondi non vengano dissipati per mantenere la burocrazia statale. La misura è indirizzata a ottenere capitali per coprire un disavanzo di 1.040 milioni di dollari nel preventivo di bilancio del Ministero della Difesa per il 2003.

Il Presidente eletto colombiano cerca appoggio internazionale
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giugno 2002 – Il Presidente eletto della Colombia, Alvaro Uribe Vélez, si è recato negli Stati Uniti per riunirsi con alti funzionari di quel paese e delle Nazioni Unite, ai quali ha chiesto appoggio al suo piano di sicurezza. Al Segretario Generale dell’ONU, Kofi Annan, ha chiesto ufficialmente di agire come mediatore in un eventuale processo di pace. Allo stesso modo, Uribe ha manifestato la necessità di contare su maggiori risorse per aumentare il numero di effettivi impiegati su tutti i fronti che secondo lui sono: la guerriglia, i paramilitari dell’ultradestra e il narcotraffico.

Quale realtà li aspetta?
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giugno 2002 – Interrogativi e altri interrogativi si abbattono sulla società colombiana, quella che ha appena scelto nuovi postulati di governo attraverso la figura di Alvaro Uribe Vélez, che ha promesso di porre termine alla violenza e di "far risollevare" un’economia crollata a causa di molti anni di confronti.
Il candidato dissidente del Partito Liberale e del Movimento di destra Primero Colombia, ripete, nei suoi recenti discorsi, che i suoi obiettivi principali, nei suoi quattro anni di Governo, saranno: recuperare la sicurezza del paese, contenere un’eventuale guerra e riprendere i negoziati per una pacificazione totale, da una posizione ferma e collegiale con il benestare internazionale.
Bisogna capire che Uribe ha vinto alla prima tornata con il 53 % dei voti di una parte dell’opinione pubblica nazionale, ma il livello di astensionismo a queste elezioni è stato molto elevato.
Il 55 % di quelli che hanno disertato le urne dà un esempio del discredito raggiunto dai partiti Conservatore e Liberale, e parla della profonda crisi politica del bipartitismo colombiano.
Con una popolazione meticcia di 39.5 milioni di abitanti, il paese si sostiene, oltre alle sue produzioni per il consumo interno, con le esportazioni di fiori, carbone, banane, petrolio, zucchero, allevamento, smeraldi, ma, soprattutto, di caffè.
Tuttavia, gli oltre 40 anni di belligeranza fanno temere a molti esperti un incredibile collasso dei suoi principali proventi, e oltretutto si dice che, se continuassero le attuali tendenze, il caffè colombiano passerebbe, in un paio d’anni, agli annali della memoria folclorica e commerciale.
E la realtà è quella che la nazione è praticamente bloccata nella sua produzione di caffè con indici bassissimi di sfruttamento e di inversione estera, come pure di un’allarmante crescita dei movimenti di persone che raggiungono oggi i due milioni e mezzo di persone, le stesse persone che hanno abbandonato le loro terre e le loro piantagioni, non potendo più coltivare migliaia di ettari.
Il resto dei lavoratori, quelli a contratto libero per ogni raccolto, lavora in modo poco motivato, a discapito della qualità del prodotto. Le loro insicurezze quotidiane si riflettono in pratiche di lavoro improvvisate e poco curate.
A questo bisognerebbe aggiungere la significativa esplosione della migrazione e l’acuto problema della corruzione a partire dall’influenza del narcotraffico e del riciclo di denaro in tutte le sfere della società. Il disastroso quadro si completa inoltre con scene di terrore in cui sono protagonisti i gruppi paramilitari e i timori per gli scontri tra le guerriglie e l’esercito regolare.
Per iniziare, Uribe insiste nel duplicare gli effettivi militari e di polizia in sintonia con la sua campagna di promozione, il cui tema principale era quello di applicare la "mano forte". I suoi elettori hanno bisogno di credere che "l’ordine sia arrivato a casa", però molti dei suoi oppositori si domandano come questo potrà essere messo in pratica se le risorse di cui dispone sono così scarse.
Una formula possibile, afferma l’attuale Presidente eletto sudamericano, sarà quella di raccogliere alcune risorse pubbliche per mezzo della diminuzione dei costi di certi settori della burocrazia colombiana e mediante la creazione di un’imposta di guerra o l’incremento di quella già esistente, diretta ai settori più ricchi.
La restituzione dell’autorità dello Stato di fronte ai gruppi armati legali, secondo la sua classificazione personale, figura tra le sue priorità, anche se non è chiaro come la metterà in pratica.
Per ora ha convocato le Nazioni Unite affinché facciano da mediatori nel conflitto colombiano e, in linea con la sua richiesta, il Segretario Generale dell’ONU, Kofi Annan, lo riceverà a New York alla fine di giugno.
Le altre parti coinvolte nella faccenda, si legga Forze Armate della Colombia (FARC) o l’Esercito di Liberazione Nazionale (ELN), tuttora non si sono pronunciate al riguardo, però molti analisti segnalano che neppure hanno fatto retromarcia dalle loro dichiarazioni dell’8 maggio scorso.
In quell’occasione le FARC avevano ribadito il loro desiderio di "dialogare con il futuro Presidente colombiano, chiunque fosse, animati nel riconoscere la necessità di profondi cambiamenti democratici in materia economica e sociale". L’ELN, da parte sua, ha mantenuto una posizione più sostenuta in questo senso, partecipando ad alcuni colloqui bilaterali che tuttavia non hanno portato a risultati concreti.
Andrés Pastrana, il Presidente uscente, e le FARC non sono riusciti a mettersi d’accordo e hanno rotto la tregua lo scorso 20 febbraio. Uribe, finora, non ha negato la sua disponibilità a conversare.
La definitiva applicazione del Plan Colombia, ideato dagli Stati Uniti presuntamente per combattere il narcotraffico, è uno dei tanti altri interrogativi, dato che la sua esecuzione presuppone, per molte personalità colombiane e latinoamericane, un attacco contro i gruppi degli insorti e una netta ingerenza negli affari interni.
Nonostante le argomentazioni governative sul fatto che la proposta nordamericana eliminerà le coltivazioni di coca e ne taglierà alla radice il traffico verso il resto del continente e degli Stati Uniti, ogni volta sono sempre più coloro che prevedono una militarizzazione della regione soggetta ai disegni della Casa Bianca.
Tuttavia il leader di Colombia Primero ha affermato che approfitterà del controverso piano per gestire un accordo di finanziamento destinato almeno a 50.000 famiglie contadine per far loro distruggere la droga e per la conservazione dei boschi.
In questi momenti la Colombia è immersa in un processo di transizione da un governo a un altro, che dovrà culminare il 7 agosto, quando Pastrana abbandonerà la Casa de Narino, a Bogotà.
Nei circoli oligarchici e sui mezzi di stampa si specula sul fatto che Uribe necessariamente dovrà attingere da tutte le forze politiche per completare la sua squadra di lavoro se vuole dare impulso a un progetto di rinnovamento e filodemagogico, rivolto alla pace, alla concordia e alla crescita economica.
Si dice, allo stesso modo, che ritornerà alle sue origini di partito, vale a dire, nel pieno del Liberismo, con cui non si scarta la possibilità sul fatto che cerchi un’alleanza con Horacio Serpa, secondo arrivato nelle preferenze elettorali.
Nel suo discorso di proclamazione, Uribe ha fatto riferimento a ciascuno dei suoi contendenti con parole di elogio, con un netto proposito, così come lo segnalano gli esperti, di erigersi a leader incontrastato.
Per il momento, il suo futuro schema di direzione è un’altra delle domande che spetta in realtà alla Colombia.

Alvaro Uribe nuovo Presidente della Colombia
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giugno 2002 – Dopo avere ottenuto il 52.92 % dei voti alla prima tornata, l’uomo di destra Alvaro Uribe è diventato il nuovo Presidente eletto della Colombia. E’ la prima volta che in questa nazione sudamericana viene eletto un Presidente alla prima tornata elettorale, che è indice della grande propaganda portata avanti da questo avvocato di 49 anni, della regione di Antioquia, e capo del Movimento Primo Colombia. Nel suo programma fondamentale c’è una pacificazione della società con un appello alla guerriglia ad abbandonare le armi. E’ inoltre, da parte sua, un forte difensore del Piano Colombia, presunto strumento statunitense per combattere il narcotraffico.

I partiti tradizionali colombiani perdono la maggioranza al Senato
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marzo 2002 - Nelle recenti elezioni legislative colombiane, la coalizione liberale che è diretta da Horacio Serpa è passata da 84 seggi a 53 alla Camera, mentre il Partito Conservatore ha perso due dei suoi 15 seggi, che sono andati a favore del cartello dei partiti indipendenti. Questi sono arrivati ad ottenere il 55,4% della Camera dei Rappresentanti.

L’intervento statunitense o la spada di Damocle
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marzo 2002 - Gli avvenimenti in Colombia assomigliano a una strada ostruita, regolata da un semaforo a luce intermittente, dove la luce verde degli aiuti militari statunitensi persiste nel lanciare pericolosi sprazzi intorno a sé mettendo in gioco sia la stabilità del paese sia quella di tutto il continente.
George W. Bush, Presidente degli Stati Uniti, inserirà nel preventivo fiscale dell’anno prossimo una cifra addizionale di 500 milioni di dollari "estremamente necessaria", a suo giudizio, per eliminare il narcotraffico colombiano. Com’è diventato di moda a Washington, Bush pretende di giustificare così una campagna bellica contro gli insorti in Colombia.
Ha promesso, inoltre, circa altri 98 milioni di dollari con la netta intenzione di addestrare ed equipaggiare le brigate di punta dell’esercito colombiano, che sono dislocate nei pressi dei territori controllati dalle Forze Armate Rivoluzionarie di Colombia (FARC).
Nella sua proclamata campagna "Con me tutto, senza di me niente", Bush ha identificato in più di un’occasione i gruppi armati colombiani come membri della lista nera della Casa Bianca e per ciò si mostra generoso ad appoggiare le truppe governative colombiane. Circa cento istruttori militari nordamericani si occupano giornalmente degli effettivi colombiani, i quali contano anche dallo scorso mese su 14 elicotteri Black Hawk e su 33 UH-1N Huey.
Anche quando il Washington Post divulga le dichiarazioni di Bush in cui afferma che "ci proponiamo di rispettare rigidamente i limiti imposti dalle leggi vigenti, che autorizzano gli aiuti militari unicamente per combattere il narcotraffico", permangono nell’opinione pubblica colombiana preoccupazioni reali di un eventuale intervento militare straniero.
Dopo la rottura, lo scorso 20 febbraio, dei negoziati di pace tra il Governo e le FARC, la Colombia è alla mercé di un’alta probabilità di guerra totale, senza che per il momento ve ne siano tutti i sintomi, ma con una recrudescenza degli scontri tra le parti.
A causa della crisi, circa sessanta municipi, del sud-ovest, sono rimasti isolati e hanno avuto lunghi periodi di black-out per mancanza di elettricità, dovuti alla ripresa dei combattimenti che si prolungheranno probabilmente per sei mesi, come pronosticato da portavoce del Governo. I governativi cercheranno di occupare la zona che avevano occupato le FARC nel sud della Colombia.
Héctor Fabio Velasco, generale dell’esercito che opera a San Vicente del Caguàn, si è visto costretto a informare sulle sue operazioni nell’area, così come a dare spiegazioni su una denuncia popolare che lo accusava di un uso eccessivo del dispiegamento militare contro i guerriglieri, che ha causato, senza dubbi, la morte di un bimbo di due anni, morto a seguito di un bombardamento indiscriminato.
"In queste operazioni contro gli insorti e i narcotrafficanti, possono accadere degli incidenti", ha dichiarato.
Da parte sua l’Esercito di Liberazione Nazionale (ELN), ha chiesto ai contendenti di tornare al tavolo dei negoziati e di lasciare da parte le proprie recriminazioni per lasciare il posto a un possibile accordo.
Il leader dell’ELN, Nicolás Rodríguez Bautista, si è lamentato della tragica rottura dopo tre anni di tentativi di pacificazione, dichiarandosi contrario a una dichiarazione di guerra totale.
Le contraddizioni tra le FARC ed il Governo sono attualmente utilizzate come argomento di proselitismo nella campagna elettorale di alcuni settori politici di destra che cercano di ingraziarsi Washington.
Sapendo che la pace, da quarant’anni, è la massima aspirazione dei colombiani, questi politici vogliono ampliare l’area di consenso e di simpatia che li portino a governare, nell’agosto di quest’anno, nella Casa de Nariño.
Alvaro Uribe, candidato presidenziale della destra del Movimento Prima Colombia, ha dichiarato lo scorso fine mese che "la richiesta di aiuti militari stranieri è una necessità del nostro paese per combattere il terrorismo".


Un intervento straniero sarebbe ingiustificabile
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febbraio 2002 – "Cuba considera che, al di sopra di ogni cosa, debbano essere rispettate l’integrità e la sovranità della Colombia. Non esiste nessun concetto sotto il quale potrebbe essere giustificato un intervento militare straniero. La Colombia non deve essere invasa neppure con il pretesto di imporre la pace. Un intervento non risolverebbe questa guerra, l’aggraverebbe e sarebbe inoltre un colossale errore di imprevedibili conseguenze per la regione e per la pace internazionale".
Queste dichiarazioni sono state fatte dal Ministro degli Esteri cubano Felipe Pérez Roque, all’inaugurazione a La Habana di una riunione denominata Vertice per la Pace, che ha avuto la presenza del Presidente Fidel Castro e alla quale hanno partecipato alti funzionari del Governo e dell’Esercito di Liberazione Nazionale della Colombia (ELN), come pure di un centinaio di personalità di diversi settori sociali colombiani e della comunità internazionale.
Dopo avere espresso la convinzione che l’unica uscita possibile da questo conflitto è la soluzione politica negoziata, Pérez Roque ha ribadito che "mentre le parti colombiane considerano che la nostra partecipazione e i nostri modesti sforzi sono utili, la Colombia potrà contare su di noi".
Il processo di dialogo colombiano ha avuto momenti incoraggianti lo scorso 20 gennaio, quando le Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia (FARC) e il Governo di Andrés Pastrana hanno deciso di appianare i loro contrasti per una distensione nazionale, dopo un’acuta crisi di incomprensioni.
Al pesante fardello di un conflitto interno non risolto bisogna sommare il reale pericolo che porta con sé per questa società l’applicazione del Plan Colombia, supposto artificio statunitense di lotta alla droga nella regione andina.
Queste due pietre della situazione colombiana sono molto in relazione tra di loro poiché sono frutto delle disuguaglianze sociali e della povertà.
Con il proposito di ridurre le loro discrepanze, Bogotá, le FARC e anche l’ELN tentano, da tre anni, un processo di pace senza grandi risultati, anche se sedendosi alle trattative, tra alti e bassi, si crea il precedente che la pacificazione, al di là dei desideri, potrebbe essere possibile.
Dopo una ronda tangibile di volontà politica, quando tutto sembrava catastrofico, Pastrana, per il potere centrale, e Marulanda, per la parte degli insorti, hanno ascoltato mutue proposte avallate dalla mediazione internazionale, che ha prolungato di sei mesi i negoziati, come pure la zona smilitarizzata.
L’eliminazione della miseria è stato il principale argomento portato avanti dagli oppositori storici del Governo colombiano, che ha riconosciuto l’esistenza di circa 25 milioni di poveri.
Si tratta di cittadini colombiani senza lavoro e senza abitazione ai quali diventa difficile capire il perché si continui a prolungare l’irrisolto contrasto nazionale.
A margine delle discrepanze di principio tra le parti, la definizione di terrorista data dalla Casa Bianca alle FARC e all’ELN apre un tenebroso capitolo alla distensione colombiana.
Washington ha approfittato delle azioni terroriste dell’11 settembre scorso contro gli Stati Uniti, per divulgare "coscienziosamente" una lista di tutte le organizzazioni e dei paesi considerati come minacce per l’umanità.
Curiosamente in questo contesto entrano una serie di nazioni, di gruppi politici e di massa che, da molti anni, portano avanti giuste rivendicazioni per i loro popoli, ma in particolar modo per le loro radicali posizioni contro l’ingerenza nordamericana.
Le spese della Casa Bianca di 1.300 milioni di dollari per riarmare l’esercito governativo colombiano ha messo in dubbio i desideri di chiarezza e di concordia portati avanti dalla società di questa nazione sudamericana.
Andrés Pastrana, che lascerà il potere in agosto, si è visto da un lato pressato dall’alto comando delle sue forze armate e dall’altro dalle pretese egemoniche di Washington, che si presenta davanti all’opinione pubblica mondiale come "l’eroe" della lotta antidroga e avvolto nella bandiera della pace in Colombia, di dubbia credibilità

Comitato di verifica presente nella tregua colombiana
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febbraio 2002 – Il Governo colombiano e le Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia (FARC) si sono accordate affinché un comitato di verifica faccia parte della tregua che verrà firmata dalle parti il prossimo 7 aprile. Raúl Reyes, principale portavoce delle FARC al Tavolo Nazionale del Dialogo e del Negoziato, ha indicato che "l’area neutrale del sud è disposta alla firma di una tregua bilaterale da uno a quattro o a sei mesi. Anche se ciò sarà difficile, esiste un mutuo impegno di cercare la pace".

Accordo tra le Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia e il Governo
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gennaio 2002 – Andrés Pastrana, Presidente della Colombia, e le Forze Armate Rivoluzionarie (FARC) hanno concordato un tregua bilaterale in vista di un eventuale accordo di pace. Dopo che il dialogo era stato interrotto, al principio di gennaio di quest'anno, con un serio pericolo di una nuova escalation, le parti in guerra sono ritornate al tavolo delle trattative con l'obiettivo di realizzare una tregua di sei mesi. Il Governo colombiano ha accettato, inoltre, di estendere la zona di pace. "Si tratta - secondo Camilo Gómez, Alto Commissario per la Pace e Negoziatore Governativo – di un impegno concreto, specifico, dove il processo s’incammina verso la ricerca diretta, con date precise, di una tregua con il cessate il fuoco e le ostilità a partire da quelle che abbiamo chiamato le possibilità per una diminuzione del conflitto".

Nel mirino statunitense
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ottobre 2001 – Questa settimana la divisione antiterrorista degli Stati Uniti diretta da Francis. X.. Taylor ha preso la prerogativa di annunciare che intraprenderà nei prossimi giorni azioni concrete con l’obiettivo di sradicare la violenza colombiana.
Anche se il funzionario nordamericano ha assicurato che per il momento la lotta contro il terrorismo in Colombia verrà condotta mediante operazioni coordinate tra le agenzie specifiche dei due paesi, scambi di notizie tra servizi segreti e blocchi al finanziamento dei terroristi, ci sono seri dubbi sulla veridicità di tali argomenti.
Lo stesso Taylor ha lasciato uno spiraglio nelle sue dichiarazioni paragonando la strategia statunitense nella regione andina a quella impiegata dalla Casa Bianca in altre parti del mondo e di fronte a ciò non ha potuto tralasciare di menzionare l’utilizzo della forza militare contro l’Afghanistan.
Per molti analisti il fatto non offre doppie interpretazioni, bensì una sola diretta che punta verso una maggiore penetrazione nordamericana nei conflitti interni di altre nazioni.
L’annuncio di Taylor ha suscitato un notevole malcontento nella Giunta dei Governatori del Sud della Colombia, banco per eccellenza delle idee ingerentiste dell’amministrazione Bush.
Avallati dalla proposta di approntare a tutti i livelli accordati il Plan Colombia, gli Stati Uniti hanno detto che sborseranno a questo scopo 1.300 milioni di dollari, dei quali una schiacciante quantità verrà destinata all’acquisto di componenti a uso militare.
Ideato alla fine del decennio scorso, questo progetto, presunto paladino strategico contro la droga, è entrato in vigore il 27 settembre 2000, una volta che gli Stati Uniti e la Colombia hanno firmato quattro accordi di assistenza tecnica ed economica.
Tra le finalità iniziali del piano c’era quella di sradicare in maniera massiccia le coltivazioni illegali di coca, più tardi venne concepita "una strategia integrale per dare impulso allo sviluppo sociale, al processo di pacificazione con la guerriglia e al rafforzamento del sistema giudiziario".
Inoltre, a tal fine era stato promesso a Bogotá un finanziamento milionario per dare impulso a programmi di sviluppo sociale alternativi, concentrati nei villaggi del sud di Villa Guzmán, Puerto Asís e Orito.
Trascorso un anno e con il pretesto di assestare un duro colpo contro il terrorismo internazionale, Washington è tornata a mettere sotto i riflettori i nomi di vari gruppi armati colombiani che hanno le loro basi operative nella controversa area di coltivazione della coca.
Per nessuno è una novità che la realtà di questo paese sudamericano è caratterizzata, da molto tempo, da un conflitto interno che si dibatte tra la continuità e la soluzione pacifica, in cui il dialogo tra le parti è stato all’ordine del giorno.
Tuttavia, alla luce dei più recenti avvenimenti internazionali nei quali gli Stati Uniti hanno avuto un ruolo di primo piano per essere stati oggetto di azioni terroristiche nello scorso mese di settembre, il Governo repubblicano di Bush ha trovato una miniera per dar voce alla sua politica di intervento in America Latina.
Numerosi sono gli esperti preoccupati per le eventuali implicazioni del Plan Colombia e in particolar modo del suo aspetto militare, in quanto questo potrebbe rendere più dura la guerra interna colombiana ed espanderla verso il Venezuela o l’Ecuador.

Vera strategia di pace?
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agosto 2001 – Finora il vasto menù di proposte del Plan Colombia per affrontare la situazione economica, politica e sociale di questo paese si evidenzia nell’area militare.
Il programma cerca di portare avanti dieci istanze. Il recupero economico, attraverso l’attrazione di investimenti esteri e nazionali; la "strategia della pace" basata su accordi negoziati con la guerriglia; il rafforzamento delle forze armate e della polizia per ripristinare legge e sicurezza nel paese; la riforma giudiziaria; la lotta al traffico di droga, in accordo con altre nazioni; lo sviluppo dell’agricoltura, realizzabile dando ai coltivatori di coca la possibilità di dedicarsi a coltivazioni alternative; la partecipazione sociale agli sforzi della comunità e del Governo; programmi di educazione, salute e lotta alla povertà; e mobilitazione della comunità internazionale intenzionata a sottoscrivere il piano.
In realtà, le priorità nella lotta al traffico di droghe vengono stabilite in accordo agli interessi degli Stati Uniti, cosa che alcuni esperti considerano un pretesto per un intervento militare nella regione. Il cosiddetto Piano per la Pace, la prosperità e il rafforzamento delle istituzioni democratiche, prevede 7.500 milioni di dollari in un periodo di tre anni, dei quali 4.000 sono colombiani.
Mentre l’Europa preferisce destinare i suoi aiuti a programmi di sviluppo sociale, gli Stati Uniti daranno più di 1.000 milioni per armare esercito e polizia, dei 1.300 stanziati.
Lo stock di aiuti militari si fa consistente. Comprende, tra i mezzi che arriveranno in Colombia, 3 battaglioni antinarcotici e 46 elicotteri da trasporto (16 UH-60 Black Hawk e 30 UH-1H Huey), tra gli altri aiuti che arriveranno alla Colombia se saranno rispettate alcune condizioni, come il miglioramento dei diritti umani e la volontà di interrompere la produzione di coca entro il 2005.
Nel 1998, quando Andrés Pastrana divenne presidente, Gli Stati Uniti destinarono 289 milioni di dollari alla nazione latinoamericana per la lotta al traffico di droga. La Colombia divenne il terzo paese per volume di aiuti nordamericani, dopo Israele ed Egitto.
Molti pensano che si tratti di un assalto contro le forze guerrigliere, principalmente della FARC che occupano il sud del paese, poiché la prima parte del Piano si concentra verso la zona del Putumayo. L’operazione proseguirà poi verso il centro fino a coprire tutto il territorio nazionale.
Adam Isacson, del Centro per la Politica Internazionale di Washington, ha dichiarato alla CNN: "Destinare una grande quantità di denaro ai militari è indubbiamente una soluzione rapida, però non c’è una soluzione rapida o a breve termine, né a buon mercato per la Colombia".
Il Piano è stato intrapreso già durante il Governo di Clinton che, secondo la CNN, autorizzò gli aiuti "nonostante la sua preoccupazione per gli abusi dei diritti umani da parte delle Forze Armate". In merito all’azione dell’esercito sono emersi nuovi dubbi. Indagini indicano che tra il 1997 e il 1999, 477 membri dell’esercito e della polizia sono stati processati e giudicati colpevoli per crimini contro la popolazione.
"Nessuno di loro – riferendosi agli effettivi delle Forze Armate – ha un livello di educazione medio-superiore e li mandano in una zona controllata dalla FARC dall’inizio degli anni ‘60. C’è da aspettarsi che il risultato di questi battaglioni non sia molto buono, anche se dotati di potenti elicotteri. Se questo fallisce, che succederà dopo?", si chiede Isacson.
Altri assicurano che anche se il progetto fallisce, ad ogni modo rimarrà completamente sicura la posizione degli Stati Uniti nella regione.
Certe inchieste negli Stati Uniti in merito all’efficacia del piano mettono in rilievo l’incertezza sul tema. In un sondaggio recente della CNN fatto sul suo sito Internet, emerge che il 78 % dei nordamericani non crede sia efficace; solo il 17 % dei partecipanti al sondaggio crede nei risultati del Piano Colombia.
Nell’ambito della lotta alla droga, sono iniziate le fumigazioni con il glisofato, che hanno generato proteste non solo in Colombia ma anche negli Stati Uniti. I leader indigeni delle zone del sud sostengono che le irrorazioni fatte con aerei nordamericani stanno causando intossicazioni tra gli abitanti e distruggendo la fauna ittica, i prodotti agricoli e rovinando le terre produttive.
Il governatore di Cauca e dirigente indigeno, Flor Tunubalá, ha respinto una settimana fa la decisione ufficiale di dare via libera alla fumigazioni delle coltivazioni nelle zone protette. Tunubalá ha denunciato in varie occasioni queste azioni per l’impatto nocivo che hanno sulla salute delle persone e sull’ambiente.
Tuttavia, il giudice Gilberto Reyes, dopo aver "studiato attentamente le ragioni" delle parti, ha stabilito di continuare con le irrigazioni. L’ambasciatrice degli Stati Uniti in Colombia, Anne Patterson, ha dichiarato il suo accordo con il giudizio dato che precedentemente aveva detto che la sospensione avrebbe avuto un effetto devastante sugli aiuti statunitensi. In altre parole, sarebbero finiti.
Gli Stati Uniti sono i principali consumatori al mondo di stupefacenti con 5.7 milioni di tossicomani, secondo i dati del 1999. Il Piano Colombia, in accordo con il pensiero nordamericano sulla questione, ha la strategia di sradicare la produzione della coca.
Intanto, la violenza e le fumigazioni lasciano ogni anno circa 300.000 persone senza mezzi di sussistenza. Nel solo dipartimento di Putumayo, 135.000 persone dipendono da queste dannate coltivazioni. La risoluzione di un tale problema nemmeno si scorge nella difficile situazione nazionale.
"Stiamo prendendo decisioni molto forti in senso militare e molto deboli nell’ambito dello sviluppo agricolo e non stiamo dando nessuna alternativa ai contadini", ha dichiarato alla CNN Bruce Bagley, professore della Facoltà di Studi Internazionali di Miami ed esperto su temi di sicurezza e di narcotraffico in America Latina.
Attualmente la Colombia detiene il terzo maggior numero di disoccupati del mondo con 2 milioni, dopo il Sudan e l’Angola. La faccenda riguarda anche i paesi vicini, che accolgono queste persone senza più terra. Secondo le agenzie di stampa, funzionari dell’Ecuador e della Colombia cercheranno di definire una strategia comune per affrontare il problema della mancanza di sicurezza alle frontiere.
Quasi quattro decenni di conflitto interno che si vanno ad aggiungere al narcotraffico, alla irruzione dei paramilitari e alla corruzione del Governo, rendono la vita oggi in Colombia critica come mai finora nella sua storia. Il Piano costerà molti soldi, provenienti dai fondi nazionali ed esteri; ma la cosiddetta ‘strategia di pace’ porterà solamente più guerra e una maggiore partecipazione militare degli Stati Uniti nella regione.

L'Europa si oppone alla strategia di guerra di Washington
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maggio 2001 - La richiesta e l'utilizzo del capitale finanziario per una strategia contro il narcotraffico e il processo di pace in Colombia, trovano contrapposti gli Stati Uniti e l'Europa, che si differenziano sostanzialmente nel modo di affrontare il problema.
L'Unione Europea, formata da 15 nazioni, ha una visione molto diversa del controverso "Piano Colombia", un'iniziativa sorta nel 1999 su richiesta del Presidente Andrés Pastrana e sostenuta, contro tutto e contro tutti, da Washington per combattere la guerriglia e il narcotraffico.
Il Piano, che prevede uno stanziamento di 7.500 milioni di dollari, dei quali la Casa Bianca ne apporterebbe 1.300, comprende una massiccia presenza militare, con l'addestramento delle truppe per la lotta nella foresta, e la fornitura degli armamenti.
Del contributo statunitense, 900 milioni sono destinati all'ammodernamento degli armamenti, all’addestramento di tre battaglioni di berretti verdi e al rinnovamento di varie basi militari in Colombia e nell’Ecuador.
La lista, criticata dagli Europei, comprende 18 elicotteri Black Hawk, 35 elicotteri Huey, molti dei quali sono già utilizzati attivamente nel paese sudamericano.
Con lo scopo di ottenere una copertura regionale, le autorità nordamericane, hanno tentato di coinvolgere in modo diretto i paesi limitrofi, l'Europa e il Giappone (in misura minore), quelli che in varie occasioni si sono schierati contro il piano per il carattere bellico della campagna.
Tale progetto non ha avuto l'accoglienza sperata dagli Stati Uniti nei paesi Latinoamericani, dove diversi Governi, come quello brasiliano e venezuelano, hanno espresso il loro disaccordo a una partecipazione diretta.
Le motivazioni sono molteplici: il timore di un nuovo Vietnam nell'area, l'esodo di migliaia di rifugiati colombiani che fuggono dal massiccio uso di defoglianti con il conseguente spostamento delle coltivazioni di coca, papavero e marijuana verso i loro territori.
Secondo l'Europa, la notevole componente militare del Piano Colombia servirebbe solamente ad aggravare il conflitto interno, che da circa 40 anni è caratterizzato dalla lotta di liberazione dei movimenti insorgenti - Forze Armate Rivoluzionarie (FARC), Esercito di Liberazione Nazionale (ELN), e altri - e la violenza generata dai gruppi paramilitari.
Al fine di stabilire una strategia propria, rappresentanti dell'UE e di vari paesi, così come molti organismi internazionali e regionali, hanno organizzato a Bruxelles la terza riunione del Gruppo di Appoggio per il processo di pace.
In base all'opinione del Commissario Europeo per l'Estero, Christopher Patten, l'incontro non ha significato un appoggio al Piano Colombia, di Pastrana e degli Stati Uniti, ma ha stabilito un programma unico, a carattere sociale, con lo scopo di spingere il processo di pace, compreso anche il problema della droga.
L'accordo prevede lo stanziamento di oltre 330 milioni di euro per progetti di sviluppo della società colombiana.
"Stiamo mettendo a fuoco un’agenda socio-economica che contempli, a esempio, quelli che chiamiamo "laboratori di pace", che consistono in programmi destinati allo sviluppo di coltivazioni alternative, ha sottolineato Patten.
"L'Europa non può ripetere lo schema degli Stati Uniti, che si basa su una strategia di guerra e nega la grave crisi economica, sociale e dei diritti umani nel momento di stabilire il finanziamento", ha dichiarato il portavoce di ‘Convergencia Paz Colombia’, Francisco Angulo.
Secondo gli esperti, gli accordi dei 15 paesi europei, non devono aver provocato sorrisi a Washington, che vede con diffidenza la presenza degli europei nell'America Latina, considerata storicamente il cortile di casa.
Per coloro che hanno seguito da vicino la politica statunitense nella regione, è chiaro che il fantasma di un intervento di Washington in Colombia, non è un fenomeno nuovo.
La storia non mente. Documenti ritrovati all'inizio del 1999 hanno rivelato un piano del Pentagono destinato all'invasione del paese nel 1965, davanti alla grave crisi politica di questa nazione dovuta all'avanzata dei movimenti guerriglieri.
Poi, per diversi motivi, il sinistro piano fu congelato, si optò per l'intervento indiretto, inviando unità di addestramento, elicotteri, e consulenti incaricati di dirigere la lotta contro i ribelli.
La situazione attuale ha molte somiglianze con quanto successo nella metà del 1965, quando stava per essere attuata la soluzione estrema.

... e un diffidente
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marzo 2001 - Anche quando gli spari non hanno cessato di risuonare e la morte violenta continua a essere la più comune delle tragedie quotidiane, la pace sta cessando di essere la lontana e confusa aspirazione di ogni colombiano e prende il colore della speranza, del possibile e della certezza.
Nel villaggio di Los Pozos, nel comune di San Vicente del Caguán, nella selva del sud-est del paese, ambasciatori di 25 paesi, l'Unione Europea, il Vaticano e l'ONU, hanno avuto un incontro con i rappresentanti del governo colombiano e delle Forze Armate Rivoluzionarie Colombiane (FARC), per rendersi conto dello sviluppo del processo di pace, che hanno definito positivo, decidendo di continuare ad appoggiarlo.
L'avvenimento ha avuto risonanza mondiale, in particolare nei diversi settori politici e imprenditoriali del paese e in generale nel popolo colombiano, vittima di una delle guerre più vecchie e sanguinarie che ancora persistono nel continente.
Il grande incredulo e diffidente di questo incontro è risultato essere gli Stati Uniti che, nonostante sia stato invitato, non vi ha assistito adducendo la scusa di preferire aspettare "negoziati veri", dove le FARC diano prova di serietà nell'adempimento degli accordi, come ha dichiarato a Washington il responsabile degli affari latinoamericani del Dipartimento di Stato, Peter Romero.
Ciò nonostante, un alto rappresentante della guerriglia ha dichiarato che la presenza degli Stati Uniti in questa trattativa di pace sarebbe "di grande importanza" e anche il capo della guerriglia, Manuel Marulanda, ha dichiarato che "nessuno era contrario" a che Washington partecipi come gli altri paesi agli incontri.
Nello stesso posto, lo scorso 9 febbraio il presidente Andrés Pastrana si è seduto di fronte al capo della forza guerrigliera, Manuel Marulanda, prendendo una serie di accordi di base per i negoziati di pace, tra i quali quello di coinvolgere la comunità internazionale in questa gestione.
Canada, Cuba, Spagna, Francia, Messico, Norvegia, Svezia e Venezuela hanno accettato di far parte di quello che è stato denominato il "gruppo dei conciliatori" che ogni due mesi si riunirà con i negoziatori del Governo e le FARC per cercare di districare e facilitare la prosecuzione delle trattative fino alla cessazione totale del conflitto, sulla base del fatto che, unitamente alla pace, sia assicurata la giustizia sociale e il rispetto dei diritti umani.
I rappresentanti internazionali hanno esortato le due parti a non perdersi d’animo nell’attuazione dell’accordo umanitario stabilito in precedenza riguardo al cessate il fuoco e le ostilità, menzionato e previsto nell’ultima riunione tra Pastrana e Marulanda.
Nell'incontro, sia i negoziatori del Governo sia quelli dei ribelli, hanno esposto i propri punti di vista, interessi e inquietudini sulla fine del conflitto. Altri settori, in un modo o nell’altro coinvolti nel confronto hanno espresso pure i loro punti di vista.
La guerriglia ha, ancora una volta, esposto le sue principali preoccupazioni sul problema del crescente dilagare dei crimini perpetrati dalle forze paramilitari di destra, sulla veloce sostituzione delle coltivazioni illegali con altre che non lascino i contadini alla mercé di fame e miseria, sulla necessità di fare una Riforma Agraria ed evitare che il debito estero si scarichi sui meno protetti.
I rappresentanti del Governo hanno insistito per eliminare il sequestro come forma di lotta, invitando le FARC ad abbandonare la guerriglia per la politica e i combattimenti con il dialogo.
Contemporaneamente alle informazioni di speranza che venivano dalla riunione, la stampa informava di nuove e sanguinose azioni dei paramilitari e sui vincoli che vi sono con membri attivi delle forze armate del paese, come nel caso di 13 prigionieri di queste bande che sono stati liberati con un’azione lampo durante un trasferimento da un carcere a un altro, con l’evidente complicità delle autorità carcerarie.
In questi giorni, sette contadini, accusati di essere collaboratori della guerriglia, sono stati assassinati dai paramilitari nel nord-est del paese.
La Croce Rossa ha annunciato che, dopo l’attacco a un’ambulanza che trasportava un guerrigliero ferito all’ospedale della città di Bucaramanga, nel nord-est, ha sospeso la sua opera umanitaria. Il prigioniero è stato ritrovato morto alcune ore dopo.
In questo scenario è emerso un nuovo ostacolo per la pace: l’Esercito di Liberazione Nazionale (ELN), seconda forza guerrigliera del paese, ha comunicato che sospendeva i contatti con il Governo perché si sono intensificate le operazioni dell’Esercito e le azioni delle bande paramilitari.
In questa delicata situazione si può vedere la "volontà pacificatrice" del grande incredulo del dialogo di Los Pozos; il fatto che si sia vantato di apportare circa 1.300 milioni di dollari per la tranquillità colombiana, anche se tutto indica che preferisce fornirli, fondamentalmente, in armi e pallottole che assicurano un grande sepolcro, non proprio simbolico, dove la guerriglia finirà di riposare ..... in pace.

Debole, ma respira
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febbraio 2001 - Come per un malato che si è cominciato a dare per morto, e a un tratto muove lievemente il torace e batte le ciglia, la pace in Colombia ha emesso timidi segnali in questi ultimi giorni. Sono deboli, ma sufficienti perché rinasca la speranza e una piccola luce si accenda nel labirinto di un sanguinario e lungo conflitto interno.
Le Forze Armate Rivoluzionarie di Colombia (FARC), hanno annunciato che riannoderanno i negoziati di pace con il Governo. Un comunicato congiunto firmato dal Presidente Andrés Pastrana e dal comandante in capo di questa forza guerrigliera, Manuel Marulanda, è stato emesso al termine di una riunione di due giorni tra i due. Lo sperduto villaggio di Los Pozos nella selva sud del paese è stato lo scenario dell'incontro.
Per il riavvio del tavolo nazionale di dialogo e negoziato, è stato fissato il 14 febbraio. Tra i temi principali da trattare vi è il cessare delle ostilità. Prima di ritornare a Bogotà in elicottero, Pastrana - con a fianco Marulanda - ha dichiarato alla stampa che il processo di pace nel paese cominciava a rivivere.
Tuttavia, il Presidente non era ancora atterrato nella capitale, nonostante la favorevole accoglienza degli accordi da parte della maggioranza nei settori politici e sociali del paese, che sono sorte delle voci che, distillando scetticismo e pessimismo, accusavano il Governo di debolezza davanti all'arroganza della guerriglia e di errori e improvvisazione nella conduzione del processo.
In contrasto con queste opinioni, che reclamano anche al Governo una diminuzione immediata dell'intensità degli scontri, bande delle forze di destra di Autodifesa Unite di Colombia (AUC), intensificavano le loro azioni in lungo e in largo delle zone di conflitto, fondamentalmente nelle frontiere con Ecuador e Venezuela.
Centinaia di civili ecuadoriani, in maggioranza indigeni, si sono visti obbligati ad abbandonare le loro comunità nell’Amazzonia sotto l'azione di sconosciute bande armate colombiane che pretendono cibo e medicinali, li aggrediscono e li minacciano di morte.
Ciò ha commosso l'opinione pubblica di questo paese che guarda alla Colombia con preoccupazione ed esige dalle autorità e dalle istituzioni militari la protezione dei compatrioti da questi soprusi e il controllo delle frontiere.
Ai confini con il Venezuela, ogni giorno vi sono più incidenti, atti di vandalismo, causati da bande armate "non identificabili", che cercano di seminare il caos, mentre le forze di destra provocano scandali e reclamano dal presidente Hugo Chávez il pugno di ferro.
Tutta questa situazione, in modo sospetto, serve da costante argomento per chi, contro quello che pensa la maggioranza di questi popoli fratelli, vorrebbe imporre il cosiddetto "Plan Colombia" degli Stati Uniti come l'unico modo per ottenere la pace: con la guerra.
D'altra parte, il Ministro colombiano della Difesa, Luis Ramírez, si è pubblicamente rallegrato dell'arrivo nel paese di sei elicotteri acquistati dagli Stati Uniti per modernizzare i mezzi di trasporto e di combattimento. "Continuiamo nel processo di modernizzazione perché questo è l'unico che garantisce che la delinquenza e la sovversione non continuino", ha dichiarato euforico.
Ciò nonostante, immediatamente dopo il suo ritorno a Bogotà, il Presidente ha emesso un decreto che ha ampliato - fino al 9 ottobre - i 42.000 chilometri quadrati di giungla e savana sotto il controllo delle FARC e che sono vietati all'esercito e alla polizia, conosciuta come "zona libera".
Pastrana e Marulanda si sono accordati per concretizzare quanto prima un accordo umanitario che permetta la liberazione di soldati, poliziotti e guerriglieri infermi e immediatamente le FARC hanno annunciato la propria disposizione, in modo unilaterale, alla consegna dei primi 50 dei circa 500 che tengono prigionieri, che vogliono scambiare con un uguale numero di ribelli detenuti.
Altro provvedimento sul quale hanno coinciso il Governo e la guerriglia è stato quello della creazione di una commissione di personalità nazionali che dia consigli nella lotta contro i gruppi paramilitari.
Bisogna ricordare che il negoziato sulla pace, iniziato nel gennaio 1999, sono stati interrotti nello scorso novembre dalle FARC, che accusarono il Governo di non aver intenzione di combattere le bande armate di destra e di permetterne i soprusi.
In questo panorama risuonano lugubri, per la pace, le recenti dichiarazioni del nuovo Segretario di Stato, Colin Powell, che ha confermato la strategia nordamericana per battere quello che ha definito come il "problema della guerriglia e del narcotraffico in Colombia", consistente nel riuscire a che tutte le nazioni della zona partecipino allo scontro, vale a dire: internazionalizzare la guerra.
Per ciò hanno destinato un "aiuto" di 1.300 milioni di dollari, ma sono disposti a darne di più, se si cercherà di porre fine al problema, soprattutto quello delle forze ribelli.
Per questo le grandi minacce per la fragile fiammella della pace che è stata accesa in questo paese, non sono nella sua selva, né nei dispacci ministeriali di Bogotà: arrivano da Washington, dalla sua prepotenza e arroganza di poliziotto del mondo.

Preoccupa il piano di Pastrana
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settembre 2000 – Tracciato dal Governo del presidente Andrés Pastrana come un’eventuale alternativa per rivitalizzare l’economia mediante la lotta contro il narcotraffico e l’investimento nei piani di sviluppo sociale, il Piano Colombia fa sorgere una profonda inquietudine negli ambienti politici e nell’opinione pubblica di Ecuador, Panama, Venezuela, Perù e Brasile.
Il programma, con un costo iniziale di 7.500 milioni di dollari, cerca, secondo quanto annunciato, di combattere il narcotraffico, di rafforzare la democrazia, di ottenere altre opzioni di crescita nelle zone a coltivazioni illegali, di rafforzare le istituzioni e i diritti umani.
Tutto questo in un’area nella quale si stanno acutizzando gli scontri tra il Governo e le forze guerrigliere, nello stesso tempo in cui le forze paramilitari fanno sloggiare comunità rurali sotto il pretesto di una supposta collaborazione con gli insorti.
Precisamente, per la complessità di questo contesto socioeconomico, il cosiddetto Piano Colombia intimorisce sia i paesi confinanti sia settori degli Stati Uniti, la cui amministrazione ha già fornito all’iniziativa una somma di 1.300 milioni di dollari.
Il Sottosegretario nordamericano di Stato per gli Affari Politici, Thomas Pickering, si è affrettato ad assicurare che l’appoggio militare di Washington al progetto esclude il coinvolgimento di truppe in azioni di guerra, altrimenti si rischierebbe un altro Viet Nam. Questa è una falsa idea che gira qui – ha detto alla stampa locale – che deve essere chiarita senza mezzi termini. Però ha riconosciuto che gli Stati Uniti daranno addestramento ad altri due battaglioni delle forze armate colombiane.
In Ecuador gli animi si sono surriscaldati di fronte al sostegno dato dal presidente Gustavo Noboa al progetto tracciato da Pastrana, fatto che apporterebbe una quota nel momento della distribuzione del finanziamento della Casa Bianca.
Gli ecuadoriani sono preoccupati per i probabili danni che l’impiego di defoglianti chimici nel nord della frontiera lasceranno per diversi decenni nella regione amazzonica confinante. Inoltre, anche per il previsto esodo di colombiani verso le province nordorientali del paese.
Anche organizzazioni popolari panamensi hanno messo in guardia sul rischio che il paese venga coinvolto in un conflitto estraneo, che potrebbe portare risultati catastrofici all’economia e al popolo.
Intanto, William Clinton ha visitato Bogotà di fronte al forte malcontento dei lavoratori colombiani per l’intromissione diretta di Washington nella politica economica e sociale della nazione sudamericana. Presenza che, d’altra parte, lungi dal calmare paure regionali, contribuisce ad appoggiare un piano pericolosamente incerto.

Tutto e’ pronto per i negoziati di pace
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marzo 2000 - Il 29 febbraio scorso il Governo e le Forze Armate Rivoluzionarie Colombiane (FARC) hanno finalmente annunciato l’inizio della fase decisiva dei dialoghi di pace, che avrà come punto di partenza il dibattito sul modello economico sociale del Paese.
L’alto commissario per la pace, Victor Ricardo, ha considerato l’inizio dei negoziati – a partire dalla settimana successiva - un avvenimento di importanza storica, frutto della volontà di riconciliazione delle due parti e della fiducia guadagnata dalla commissione mista durante le sue recenti visite in sette nazioni europee.
Nelle dichiarazioni rilasciate alla stampa di Bogotà, Ricardo ha pronosticato un cammino lungo e complesso, ma ha anche espresso speranza sulla possibilità di giungere a un cessate il fuoco, che costituirebbe un primo passo verso la soluzione del violento conflitto fratricida.
La dichiarazione dell’alto funzionario ha messo in evidenza la reciproca decisione di porre fine al linguaggio delle armi, causa di così tanti morti dall’una e dall’altra parte.
Nello stesso tempo il comandante e portavoce delle FARC, Raúl Reyes, ha insistito sulla necessità di una partecipazione di massa alle previste riunioni pubbliche, che dovranno discutere dei principali problemi che riguardano da vicino la maggioranza dei colombiani.
Da San Vicente del Caguán, la capitale della zona smilitarizzata nel sud del Paese, Reyes ha comunicato che, a partire dalla settimana successiva, si sarebbe messa alla prova la disponibilità del presidente Pastrana a ricercare delle soluzioni politiche per i mali sociali causati dalla guerra civile.
Il Governo e le FARC sono stati concordi nel decidere di dare avvio ai negoziati con la discussione sul possibile modello economico-sociale del Paese, concentrandosi in particolare sui problemi della disoccupazione, della riforma agraria integrale, dell’educazione, delle abitazioni e della sanità.
Le commissioni tematiche, dopo la pausa dovuta al viaggio in Europa, riprenderanno i lavori con l’obiettivo di convocare il primo dibattito pubblico, cui l’intera cittadinanza sarà chiamata a partecipare attraverso la posta normale, quella elettronica o via fax – il tutto gratuitamente - oppure tramite la partecipazione diretta alle riunioni.

L'ONU riconosce il carattere politico della guerriglia
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febbraio 2000 - L’ufficio dell’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) in Colombia ha confermato lo scorso 21 febbraio il riconoscimento dello ‘status’ politico ai movimenti insurrezionali, in aiuto ai tentativi di negoziato del presidente Andrés Pastrana.
La rappresentanza dell’ONU, ha ammesso il carattere politico della lotta che da quattro decenni conducono le organizzazioni rivoluzionarie armate, elemento che propizia la realizzazione dei colloqui delle autorità costituzionali con i comandanti della guerriglia per cercare una soluzione pacifica al conflitto.
Il pronunciamento, consegnato a mezzo stampa a Bogotà, contiene la posizione dell’ONU contraria alla definizione di narcoguerriglia nei confronti dell’Esercito di Liberazione Nazionale (ELN) e delle Forze Armate Rivoluzionarie di Colombia (FARC).
La dichiarazione dell’ONU contraddice la qualifica del vertice militare colombiano e, coincidenza vuole, delle istituzioni militari degli Stati Uniti, che tentano di collegare i ribelli agli affari con il traffico di droghe.
L’ONU ammette alcuni finanziamenti dei ribelli provenienti dal traffico delle sostanze illecite, ma né l’ELN né le FARC si dedicano alla coltivazione e alla vendita di coca e di altri stupefacenti.
Di fatto, le Nazioni Unite appoggerebbero le iniziative ribelli di sottoporre alcune determinate zone del paese come Cartagena del Chaira (nel Sud) e Bolívar (nel Nord), a esperimenti di sostituzione delle coltivazioni, sempre che vi sia l’approvazione del Governo del Presidente Pastrana.
Il Presidente ha insistito questa settimana a considerare imminente l’inizio dei negoziati con l’ELN in un territorio del paese ancora da definirsi.
In seguito all’ultimatum guerrigliero di trasferire il negoziato di pace nel vicino Venezuela, il Presidente ha mobilitato tutte le figure chiave del Governo, dichiarando di aver ristabilito contatti diretti con il vertice insurrezionale per definire i dettagli della riattivazione degli sforzi riconciliatori.
L’ossigeno per il moribondo processo di dialogo è stato l’unica medicina rimasta a Pastrana, nel suo obiettivo di restare all’interno delle trattative e di evitare di essere emarginato da un eventuale forum al di fuori del paese.
In una dichiarazione alla stampa, Pastrana si è rifiutato, per il momento, di anticipare qual è la regione prescelta per un nuovo negoziato, aspettando i risultati delle trattative del suo Ministro degli Interni nel sud di Bolívar.
Più di diecimila contadini capeggiati da paramilitari e dal generale in pensione ed ex candidato presidenziale della destra Harold Bedoya, tengono bloccate le vie di accesso alla costa protestando per un’eventuale demilitarizzazione di questa regione.
La decisione del Presidente colombiano di riannodare i contatti con l’ELN è giunta dopo la pressione esercitata dall’organizzazione armata nel centro e nell’occidente del paese, dove ha tenuto l’esercito in scacco per più di una settimana.

Droga, nuovo pretesto d’intervento degli Stati Uniti
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agosto 1999 - Allo stesso modo, come avevano trovato nei conflitti etnici in Jugoslavia il pretesto per scaricare tutta la loro forza militare, gli Stati Uniti potrebbero intervenire militarmente in Colombia dichiarando, con arroganza, che bisogna finirla con la "narcoinsurrezione".
Non sono pochi gli elementi dei fatti accaduti ultimamente che evidenziano che l’aquila imperiale vola ogni volta più basso sopra la nazione andina. Lo stesso presidente Clinton ha commentato alcuni giorni fa che il conflitto colombiano costituisce per Washington "un tema di sicurezza nazionale", nello stesso momento che il quotidiano peruviano ‘La Repubblica’ rivelava l’esistenza di un piano della CIA per invadere la nazione sudamericana con truppe peruviane e ecuadoriane.
La storia dimostra che quando qualcuno nel Governo statunitense utilizza queste parole, qualcosa si sta preparando contro quello a cui si allude, anche se gli Stati Uniti si mantengono dietro le quinte e altri servono da facciata.
L’ex Sottosegretario di Stato Bernard Aronson ha proposto lo scorso 5 agosto sul ‘Washington Post’ l’invio di una commissione della Casa Bianca e del Congresso per colloqui con i ribelli colombiani.
Ha detto che se il programma degli insorti "comprende riforme sociali, alternative economiche al traffico di droga e l’apertura al processo politico per la loro partecipazione alla vita democratica della Colombia, gli Stati Uniti li appoggeranno. Se invece insistessero a continuare la guerra bisognerà dir loro che la comunità del continente si oppone alle loro intenzioni".
Però non ha precisato chi sono quelli che fanno parte della "comunità del continente". Alcune nazioni come il Brasile non sembrano disponibili a questo piano. L’ambasciatore a Washington, Ruben Barbosa, ha detto alla fine di luglio che il suo Governo si mantiene legato al principio del non intervento e dell’autodeterminazione. "Questo è un problema colombiano che deve essere risolto dai colombiani", ha dichiarato secondo l’agenzia AP.
Altra cosa è il caso dell’Ecuador, che ha stabilito una stretta collaborazione militare con gli Stati Uniti. In una visita a Quito, il generale Barry MacCaffrey, direttore dell’Ufficio Nazionale per il Controllo delle Droghe dell’amministrazione Clinton, e conosciuto come lo "zar antidroga" statunitense, ha dichiarato che il suo paese collaborerà con l’esercito ecuadoriano "nella protezione delle frontiere con la Colombia, dove c’è una forte relazione tra narcotrafficanti e guerriglieri".
Questo significa l’invio di circa 200 persone tra militari e funzionari di dogana, per il momento, oltre alla costruzione, già in marcia, di una base "antidroga" e di altre dieci installazioni simili, tutto con l’approvazione del Governo di Jamil Mahuad e con il rifiuto di settori come la Chiesa e gli indigeni. "E’ un’offesa molto grande alla nostra libertà e, soprattutto, alla nostra sovranità", ha detto all’agenzia IPS il vescovo della città di Cuenca, Luis Alberto Luna.
Frattanto, gli Stati Uniti hanno inviato questa settimana a Bogotà una delegazione di alto livello, capeggiata dal Sottosegretario di Stato Thomas Pickering, per discutere con l’esecutivo di Andrés Pastrana "gli sforzi contro il narcotraffico e lo sviluppo del processo di pace".
La visita avviene in un momento in cui il dialogo tra la guerriglia e l’esercito è in una fase di stanca e dopo il segnale di allarme lanciato da MacCaffrey, che ha qualificato di emergenza la situazione e ha accusato la Colombia di essere l’origine di quasi tutta la cocaina che arriva alla nazione nordamericana.
Ironicamente la stampa ha rivelato solo da qualche giorno che la moglie del comandante James Hiett, principale ufficiale nordamericano antidroga in territorio colombiano, è stata accusata di traffico di cocaina. Una fonte della Corte di Brooklyn ha confermato a Notimex che la comparizione della signora Hiett davanti al giudice potrebbe avere luogo questa settimana. Secondo i documenti nelle mani della giustizia, la Hiett ha ammesso davanti a investigatori federali di avere inviato nel mese di maggio a New York sei pacchetti con l’autista di suo marito, ma ha detto di non conoscere il contenuto.
Attualmente, circa 300 ufficiali nordamericani si trovano nel paese sudamericano per realizzare operazioni di addestramento e di riconoscimento. L’assistenza antinarcotici degli Stati Uniti alla Colombia è passata da poco più di 85 milioni di dollari nel 1997 a 289 milioni di dollari di quest’anno: nello scorso mese di luglio il Ministro della Difesa colombiano ha chiesto una somma di altri 500 milioni di dollari per l’anno 2000, ai quali si sommano 600 milioni di dollari proposti da MacCaffrey.
Adesso Pickering e la sua comitiva cercheranno di intensificare la presenza militare, con l’appoggio dei deputati repubblicani, che hanno la maggioranza al Congresso.
I cinque effettivi statunitensi morti per la caduta di un velivolo spia circa tre settimane fa nella selva colombiana, potrebbero essere conteggiati come le prime perdite di un intervento diretto di Washington


I quindici secondi più lunghi

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febbraio 1999 - Un migliaio di persone hanno perso la vita, altre 4.000 sono rimaste ferite e il numero dei disastrati è attorno ai 250.000. Per un simile disastro è bastato solo che la terra tremasse per quindici secondi.
Per quanto compaiano nuove cifre, il terremoto di sei gradi della scala Richter che ha devastato la zona centro-occidentale della Colombia, principalmente le regioni di Quindío, Risaralda e Valle del Cauca, è stato di una magnitudine insospettata.
Sul piano economico basterebbe segnalare che in quell’area si produce il 46 % del caffè che esporta il paese e le cui piantagioni sono andate distrutte.
Soltanto nella città più danneggiata, Armenia, capitale di Quindío, due terzi della popolazione ha perso praticamente tutto; il terremoto ha distrutto oltre 800 abitazioni e 800 edifici.
Esperti in sismologia attribuiscono le dimensioni della tragedia alla cattiva qualità delle costruzioni e alla loro mancanza di protezione di fronte a fenomeni di questo tipo. Ma il fatto è che circa 125.000 famiglie colombiane ogni anno hanno bisogno di una casa, e la maggioranza di queste la costruisce abusivamente e senza i requisiti necessari.
"Mai abbiamo avuto un disastro di queste dimensioni e nessuna autorità al mondo è preparata a far fronte all’improvvisa distruzione del 40 % del proprio territorio", assicurava ai giornalisti il generale Fernando Tapias, comandante delle Forze Militari.
Dopo aver concluso il recupero delle vittime, è iniziata la ricostruzione che si preannuncia lunga e difficile. Nel sud del Paese ci sono terremotati del giugno 1994 che stanno ancora aspettando terreni per costruire le loro case.
Il governo ha calcolato che costerà circa 500 milioni di dollari, dei quali oltre 300 milioni verranno presi dal preventivo e spera nell’esborso di crediti internazionali che coprano la differenza.
Ad Armenia, a due settimane dalla tragedia, buona parte dei disastrati viveva esposta alle intemperie, mentre una minoranza era stata sistemata in tende piantate dal governo.
"Nessuno vuole andarsene. La paura è che se ce ne andiamo, perdiamo il terreno", ha detto una di queste persone alla AP. Per due settimana hanno dovuto inoltre sopportare frequenti acquazzoni che inondavano i loro improvvisati rifugi
Le angustie e l’ansia per il timore di un nuovo sisma crescono tra i sopravvissuti dell’occidente colombiano. Nel caso della popolazione infantile disastrata, che viene calcolata in 100.000 bambini, la stessa viene seguita da parte di esperti dell’UNICEF partendo da terapie di gioco e disegno.
Il presidente Andrés Pastrana ha dichiarato in diverse occasioni che il suo paese non può affrontare da solo la peggiore tragedia della sua storia. "Vogliamo che la comunità internazionale ci tenda la mano", ha detto poco prima di partire per Caracas per l’investitura di Hugo Chávez il 2 febbraio.
Diversi paesi, organismi delle Nazioni Unite e organizzazioni non governative hanno già prestato la loro cooperazione. Però non è stata sufficiente. Il terremoto di 15 secondi che ha causato il disastro, durerà decenni nella vita economica e sociale della Colombia.

Dialogo di pace
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gennaio 1999 - Stiamo per realizzare un appuntamento storico, ha detto il Presidente della Colombia, Andrés Pastrana, nell’impostare il tavolo dei dialoghi per la pace con le Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia (FARC).
Fin dalla sua campagna elettorale, Pastrana si era impegnato alla soluzione di un conflitto armato che si è protratto per più di quaranta anni.
Si ricorda che, subito dopo la sua elezione, e inaspettatamente, Pastrana si è incontrato nella selva colombiana con il capo della FARC, Manuel Marulanda.
L’accordo per il dialogo a San Vincente del Caguan, località amazzonica del sud della Colombia, era stato raggiunto dopo che il governo aveva accettato di ritirare le ultime truppe dalla citata zona smilitarizzata che abbraccia cinque municipi.
Il Presidente della Colombia ha assicurato che arriva al dialogo con l’agenda aperta per imboccare definitivamente e per sempre la via della pace che è possibile solamente, ha affermato, se si ha coscienza della dignità dell’essere umano.
Da parte sua, Joaquín Gómez, del vertice della FARC, ha letto un discorso di Marulanda, che non era presente all’inizio delle conversazioni dopo la denuncia dei piani di assassinio e dell’impunità dei gruppi paramilitari (che nei primi sei giorni di gennaio hanno assassinato più di 120 contadini).
Nel messaggio di Marulanda si ricordano le ragioni che hanno portato alla creazione delle FARC e si chiede al governo di prendere dei provvedimenti contro quei gruppi paramilitari responsabili dell’evacuazione forzata di 1.3 milioni di campesinos e del 90% dei massacri della popolazione civile.
Marulanda precisa che i gruppi paramilitari, dichiarati illegali nel 1989, devono rispondere dei crimini che hanno commesso.
All’incontro hanno assistito rappresentanti del Corpo Diplomatico, un centinaio di osservatori nazionali e internazionali invitati dal governo e con il consenso delle FARC.
L’inizio del dialogo è senza dubbio un eccellente notizia per il popolo della Colombia.

Gli indigeni continuano a essere minacciati
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gennaio 1999 - Gli indigeni dell’etnia Uwa, radicati nel nord-est della Colombia, considerano la loro principale missione quella di preservare la natura. Attualmente sono circa cinquemila e dai tempi dei conquistatori spagnoli sono riusciti a mantenere quasi intatta la loro cultura ancestrale.
Tuttavia, nel gennaio 1995 ha avuto inizio per gli Uwa un periodo di pericoli. Il governo colombiano ha autorizzato la compagnia petrolifera nordamericana Oxy a iniziare le ricerche nella loro terra. Ma gli Uwa non sono rimasti con le mani in mano e hanno intavolato una lotta giuridica che secondo la stampa colombiana hanno perso in condizioni poco chiare.
Trovandosi senza appoggio, gli Uwa si sono rifatti alla loro storia, quando 500 anni prima avevano deciso un suicidio collettivo, e hanno minacciato di ripetere il gesto. Tutto indica che si trattava di una decisione ferma, dato che nel maggio del 1998 la compagnia nordamericana ha rinunciato alla concessione.
Secondo l’organizzazione non governativa Survival International, con sede a Londra, si tratta di un’eccezione che conferma la regola, giacché le compagnie petrolifere e forestali, tra le altre, decimano i popoli indigeni e cercano di abolire le loro culture.
Secondo dati dell’UNESCO, attualmente sopravvivono circa 300 milioni di indigeni distribuiti in 70 Paesi.

Una nuova era
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novembre 1998 - Il viaggio del presidente Andrés Pastrana a Washington e le sue conversazioni con il suo collega William Clinton, possono essere qualificati come storici. Immediatamente, senza lasciare dubbi, hanno inaugurato una nuova fase delle relazioni bilaterali che potranno avere risultati impensabili.
Dal 1975, quando era toccato ad Alfonso López durante la presidenza di Gerald Ford, nessun altro presidente del paese sudamericano era stato invitato a compiere una visita di Stato all'Impero del nord. I vincoli si sono deteriorati molto rapidamente sotto lo spettro delle reciproche accuse tra il paese di origine delle grandi famiglie della droga, di Cali e di Medellín, e la nazione prima al mondo per il consumo con decine di milioni di drogati, una cifra che è in aumento. Ma ora si sta verificando una svolta di 180 gradi nella valutazione nordamericana.
Il presidente Clinton, per il futuro, ha puntato ragionevolmente sul processo di pacificazione che auspicano sia Pastrana, sia la guerriglia colombiana. E questo nonostante le dure critiche dei falchi in un Congresso fino a ora dominato dai repubblicani.
Clinton ha affermato: "Lavoreremo uniti, Colombia e Stati Uniti, per combattere la droga, per adempiere al desiderio di difendere i diritti umani, di eliminare la corruzione e la povertà, di difendere l'educazione, di proteggere l'ambiente". Ha fatto di più, ha promesso, come amico e alleato, di costruire una pace durevole e degna.
Per la Colombia, evidentemente, un primo successo è la crescita della propria credibilità internazionale. Ma ce ne sono molti altri e altrettanto importanti: possibilità e impegni per nuove forme di cooperazione riguardo le priorità attuali che sono quelle di raggiungere la pace all'interno, affrontare la crisi economica e sconfiggere il narcotraffico.
Per anni, la campagna di politici estremisti e di parte della grande stampa nordamericana è stata diretta a cercare di vincolare il movimento guerrigliero al narcotraffico, qualcosa che mai è stato dimostrato nonostante le centinaia di sentenze contro i baroni della droga che sono state emesse sia in terra colombiana sia negli Stati Uniti.
Il governo di Bogotà si propone di rendere flessibili le normative vigenti per l'investimento estero, ma per favorire solo coloro che generano posti di lavoro e che non cerchino unicamente di saccheggiare. Un altro aspetto determinante per il suo governo è il programma per la sostituzione di coltivazioni illecite con coltivazioni alimentari, anche se per completarlo sarà necessario un investimento iniziale di oltre 3 miliardi di dollari che il paese non possiede e che può ottenere solamente attraverso la cooperazione internazionale e l'appoggio degli organismi multilaterali.
La retorica che abbiamo sentito da Washington è molto positiva, ma deve lasciare il passo a fatti concreti, all'assegnazione di una forte iniezione di risorse materiali, diplomatiche e politiche che contribuiscano realmente alle giuste aspirazioni del popolo colombiano.

Dialogo alle porte
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novembre 1998 - Per il prossimo 7 novembre è annunciato l'inizio dell’attesissimo processo di pacificazione il cui obiettivo è quello di mettere fine in Colombia a decenni di guerra civile.
Già entro questa data deve essere concluso il ritiro per 90 giorni delle truppe governative da cinque municipi del sud con lo scopo di creare lì una zona di distensione, che permetterebbe una maggior fiducia tra i belligeranti.
Però il ritiro non è in se stesso la pace. Sarà necessario un complesso e arduo negoziato per dare risposta ai gravi problemi accumulati per anni e anni, da quelli sociali e politici fino a quelli economici e militari, come è il caso delle organizzazioni paramilitari della destra, alle quali vengono attribuiti l' 80 % dei massacri di contadini perpetrati lo scorso anno.
Il presidente Pastrana, che molto ha guadagnato in popolarità dopo il suo colloquio con Manuel Marulanda, il capo supremo delle Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia, ha dato ordini all'esercito in modo da facilitare un dialogo che possa condurre a una pace solida e duratura.
La volontà del presidente è anche espressa dall'avallo dato all'accordo tra la società civile e l'Esercito di Liberazione Nazionale, per iniziare conversazioni il 13 febbraio 1999 con una riunione tra rappresentanti del governo, la società e la guerriglia.
Un punto di partenza per il dialogo, secondo gli analisti, è la convergenza delle parti nel rilevare la presenza in Colombia di ingiustizie, esclusioni e diseguaglianze sociali, che devono essere affrontate con decisione.