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Limitate in Dominicania le operazioni in valuta
dicembre 2002 – Le autorità dominicane hanno fiducia nel fatto di ristabilire il valore del peso con l’adozione di misure per limitare le operazioni in divisa e di un tetto all’indebitamento dei settori privato e pubblico. Un comunicato della Giunta Monetaria diffuso da tutti i quotidiani locali anticipa, allo stesso modo, che sono state date istruzioni alla Banca Centrale di progettare e di coordinare un meccanismo per impedire che grandi acquirenti, come il settore energetico, acquistino quantità eccessive di dollari che fanno pressione sulla moneta nazionale. Queste misure sono state prese dopo che il peso quest’anno ha perduto oltre il 35 % del suo valore e dopo che la scorsa settimana il cambio è stato posto a 24 pesos per un dollaro, quando è stata stabilita la libera fluttuazione nei confronti del dollaro in un tentativo di frenare la variazione negativa.

Ricordata la fondazione della prima università latinoamericana
novembre 2002 – Per festeggiare il 464° anniversario dell’Università Autonoma di Santo Domingo, la più antica del continente, lo scorso 28 ottobre 1.705 nuovi professionisti hanno ottenuto i loro diplomi di laurea.
Conosciuta agli inizi come Università San Tomaso d’Aquino, la Capostipite dell’America ha aperto le sue porte e i suoi cortili nel 1538 sotto il regno di Carlo I di Spagna e V di Germania.
Il ‘Listín Diario’, nella sua edizione digitale, ha informato sulla partecipazione, oltre dell’onorevole Consiglio Universitario, di importanti funzionari civili e militari del Gabinetto di Hipólito Mejías.
I centri che quest’anno hanno licenziato più laureati sono stati la Facoltà di Scienze Economiche e Sociali, con 399, quella di Scienze Giuridiche e Politiche, con 375, seguita da Scienze della Salute, con 358, e infine quella di Umanistica , con 312.
L’educazione superiore dominicana si trova in svantaggio di fronte alle preferenze per frequentare facoltà all’estero, situazione per la quale questa casa di alti studi porta avanti un intenso e accurato lavoro al fine di rendere perpetuo il secolare contenuto dei suoi propositi per il quale era stata fondata: istruire bene.

Un’altra sensazionale avventura dell’Ammiraglio
ottobre 2002 – Doveva essere un po’ pazzo e un po’ genio per aver fatto quello che allora fece: attraversare un mare pieno di interrogativi, cercare il lato più breve della rotta per i suoi regnanti e ritornare con le testimonianze di una nuova India. Cristoforo Colombo portava con sé l’audacia degli uomini intrepidi, con le dosi complementari di controversia sociale, politica, religiosa e scientifica che erano inerenti al XV secolo che gli toccò vivere.
A distanza di molto tempo costituisce tuttora una polemica universale. La Spagna e la Repubblica Dominicana si disputano il riposo delle sue ossa, anche se tra qualche tempo sarà possibile verificare l’identità dei suoi resti mediante l’esame del DNA.
Marcial Castro, storico di Siviglia, e Sergio Algarrada, professore di biologia della località di Estepa, si sono proposti di estrarre il DNA dall’insieme di ossa attribuite dalle due parti allo "scopritore" dell’America e compararlo a quello di Diego Colombo, il suo fratello minore.
Il Governo regionale dell’Andalusia ha chiesto formalmente alla chiesa di Siviglia di aprire la tomba per effettuare il campionamento, mentre il Presidente dominicano, Hipólito Mejía, e le autorità ecclesiastiche di questa nazione non si sono pronunciate al riguardo.
Per i dominicani, il Grande Ammiraglio riposa all’interno del recinto monumentale del Faro, mentre per gli spagnoli si trova a Siviglia. Si racconta che morì a Valladolid, in Spagna, nel 1506, e venne sepolto in un monastero della città e, passati tre anni, venne trasferito a Siviglia. Tuttavia, nel 1537 viaggiò, ancora per cause incerte, alla cattedrale di Santo Domingo.
Appartenendo Hispaniola alla Francia per qualche tempo, nel 1795 venne chiesto il trasporto del famoso scheletro che, secondo quanto indicano gli esperti, venne trasferito a La Habana e da qui alla Penisola Iberica.
Ma nel 1877 venne dissepolta nella cattedrale di Santo Domingo, quasi per caso, un’urna di piombo che portava questa iscrizione "Illustrissimo e distinto signor, Don Cristoforo Colombo" e che conteneva 13 ossa grandi e 28 piccole.

Onori di Capo di Stato a Joaquín Balaguer
luglio 2002 – A 95 anni di età è morto, nella Repubblica Dominicana, Joaquín Balaguer, una delle figure più importanti della vita politica di quel paese, che ha diretto in quattro periodi di tempo.
L’ex-Presidente dominicano, che si era dedicato per oltre sette decenni alle vita pubblica, è morto per un arresto cardiaco, e negli ultimi tempi era diventato cieco e aveva sofferto di una paralisi parziale.
Il Governo dominicano ha reso gli onori nel Palazzo Presidenziale, come spetta a un Capo di Stato, dopo che la salma era stata vegliata dalla sua famiglia e dagli amici nella sua residenza, luogo in cui si sono riuniti, nelle vicinanze, centinaia di suoi sostenitori. Allo stesso modo, è stato decretato un lutto ufficiale di tre giorni in occasione delle esequie dell’ex-Presidente.
Nonostante sia stato una figura controversa, Balaguer, presidente del Partito Riformista Social-Cristiano (PRSC), poté contare su di un appoggio di grande maggioranza, dovuto a un certo numero di interventi nell’ambito dell’ordine pubblico, dell’educazione e delle costruzioni, tutti rivolti a favorire il popolo dominicano

La Repubblica Dominicana è il luogo nei Caraibi che attrae più investimenti stranieri
luglio 2002 – La Repubblica Dominicana, secondo la Commissione Economica per l’America Latina e i Caraibi (CEPAL), è diventata nel 2001 una delle economie meglio piazzate nell’attrarre investimenti esteri, con 1.198 milioni di dollari, il 32.4 % in più in relazione al 2000. In tutta la regione nel 2001 si è avuto un investimento estero di 4.008 milioni di dollari, con una tendenza in calo. La Dominicania si situa al primo posto nell’America Centrale e nei Caraibi e al settimo considerando tutta l’America Latina. Tra le aziende che attraggono più risorse troviamo quelle di telecomunicazioni, elettricità, zone franche e turismo.

Repubblica Dominicana - Il lungo cammino della trascendenza

settembre 2001 - Poche volte grandi personaggi storici hanno fomentato lo spirito della politica e della creazione letteraria, senza trascurare una a favore dell’altra; scarseggiano gli esempi se cerchiamo luminari nella conciliazione di entrambi i cammini. La persona in questione rappresenta le frustrazioni e i desideri del XX secolo americano; un cittadino che ha conosciuto i sogni dell’esilio e l’esasperazione della dittatura; presidente deposto dall’oligarchia e dai militari, definito da alcuni "un democratico tradito", che nell’ambito della letteratura e del pensiero sembra aver navigato con la sorte dei vecchi marinai.
Scrivere racconti, durante l’adolescenza, sulla vita dei dimenticati della campagna, si considera una premonizione, nel suo caso. Juan Bosch non poteva che diventare un radicale, benché gli sia costato anni.
Fin dalla sua prima dispensa letteraria, Cammino Reale, pubblicato nel 1933 in sole 500 copie da una piccola tipografia di La Vega, suo paese natale, la creatività di Bosch prende spunto dalla realtà domenicana, tranne quando è stata elusa per qualche momento, come nel suo secondo libro, Indios: Appunti storici e leggende, del 1935.
Quando Rafael Leónida Trujillo s'impadronì del potere mediante un colpo di Stato, Bosch aveva 21 anni e nella sua mente erano ancora fresche sia le immagini viste da bambino nei numerosi viaggi per le zone agricole del paese, sia quella della bandiera nazionale soppiantata da quella degli Stati Uniti nell’intervento militare del 1916.
Un uomo con queste preoccupazioni non poteva sopportare l’insolenza di un tiranno, così Bosch cercò subito un pretesto per lasciare il paese, nonostante gli avessero offerto un posto da Deputato nel Congresso. Di fronte alla nuova situazione tali erano le sue inquietudini nazionaliste che si trovò a un bivio: dedicarsi alla politica o alla letteratura? Senza dubbio la vita di Eugenio María de Hostos, celebre patriota portoricano, gli fu da sprone per combinare le due occupazioni.
Hostos è stato un tema chiave negli studi dell’ancor giovane Bosch, che arrivò a Cuba nel 1939. L’esilio in questa terra durò più di quanto egli aveva pensato o desiderato, un tempo sufficiente per conoscerla e stimarla; per crescere intellettualmente e trasformarsi in uno dei leader dominicani all’estero. Bosch iniziò a scrivere per le principali riviste della maggiore isola delle Antille. ‘Bohemia’ y ‘Cartelés’ vengono privilegiate dalla sua penna, che si rivolge alla trattazione di temi culminanti della regione e ad alcuni luoghi comuni della cultura universale.
Di Cuba ha detto ai giornalisti: "Mi ha dato tutto ciò che sono". L’ambiente culturale cubano e, in particolare, il contatto con il popolo - ha spiegato - lo ha trasformato in un professionista della letteratura e in un prodotto politico della situazione dell’isola che lo ha accolto e ospitato per 19 anni.
Da lì, insieme a molti dominicani e cubani, organizzò nel 1947 la spedizione di Cayo Confites, con l’assenso dell’allora presidente Ramón Grau San Martín, che aspirava a rimuovere la dittatura di Trujillo. Il movimento fallì per la reazione armata del tiranno, informato del progetto prima che si potesse realizzare.
Bosch continuò la sua permanenza a Cuba, scrivendo e contattando i più qualificati intellettuali. Tra il 1939 e il 1955 produce Hostos, il seminatore, Donne nella vita di Hostos, Cuba, l’isola affascinante, Giuda Iscariota, il calunniato, oltre ad altri testi, racconti e articoli. Nel rivedere questi ultimi sorprende la visione profetica del pensatore. Nel 1949 pubblica, sulla rivista ‘Bohemia’, Errori della politica nordamericana nel Caribe e nel 1950 Tre paesi conquistati con la paura, analisi della situazione di Guatemala, Honduras ed El Salvador, paesi fuoriusciti dalla dittatura e che a breve sarebbero ritornati a sentirla in modo cruente. "La mancanza di memoria più lieve può portarci su strade insospettabili", disse in certe occasioni.
Dopo la morte di Trujillo, ritornò nella sua patria nel 1961 e, nel dicembre del 1962, vinse le elezioni diventando il primo presidente eletto democraticamente dopo 31 anni di dittatura.
Finalmente Bosch aveva l’opportunità di realizzare i suoi sogni e intraprendere iniziative di protezione degli interessi nazionali. Pensando di avere l’approvazione di Washington, immediatamente dopo le elezioni promise di "trasformare la Repubblica Dominicana in una vetrina dell’America Latina" che sarebbe servita come modello della "democrazia rappresentativa". Questa fu la più grande delusione della sua vita. Fu destituito al settimo mese da un movimento reazionario dal quale gli Stati Uniti non erano estranei.
La rivoluzione dell’aprile 1965 lo avrebbe restituito alla presidenza della nazione se le truppe dell’esercito degli USA non fossero sbarcate per la seconda volta nella storia del paese. In un’intervista commissionata dal ‘Chicago Daily News’ nel 1970, Bosch avrebbe ammesso "se non ci fosse stato (l’intervento nordamericano) avremmo vissuto molti anni ancora senza renderci conto che la democrazia rappresentativa non ci sarebbe servita a nulla". Perciò il quotidiano di Chicago titolava l’intervista "Un amico che ci ha voltato le spalle" .
Perché l’uomo che ebbe riflessioni tanto lucide riguardo alla partecipazione statunitense nei Caraibi tempo addietro, contava sull’aiuto al suo Governo istituzionale? Riprendendo una sua frase "La mancanza di memoria più lieve può portarci su strade insospettabili", Bosch smette di credere nella democrazia rappresentativa per abbracciare la teoria di "dittatura con l’appoggio popolare".
In questa tappa di disillusione e di ricerca, come è definito da alcuni autori il periodo post presidenziale di Bosch, tentò di spiegare il funzionamento del capitalismo nelle nazioni sfavorite e agitate come quella Dominicana. Nello stesso tempo, studiò lo sviluppo di questa società partendo dalla lotta di classe. I primi libri che si occupano di questi concetti sono: Il "pentagonismo", sostituto dell’imperialismo (1967), Tesi sulla dittatura con l’appoggio popolare (1969), Da Cristoforo Colombo a Fidel Castro (1969), Breve storia dell’oligarchia (1970) e Composizione sociale dominicana (1970). La maggioranza delle sue opere è stata riedita e, in buona parte, tradotta in varie lingue.
Gli anni successivi hanno visto la sua separazione dal Partito Rivoluzionario Dominicano, del quale fu uno dei fondatori negli anni d’esilio a Cuba, e la creazione del Partito della Liberazione Dominicana. Con questo nuovo gruppo partecipò a quattro elezioni, 1978, 1982, 1986 e 1990. Nella prima ottenne pochi voti ma la situazione cambiò notevolmente nelle seguenti; nel 1996 il Partito vinse le elezioni mettendo alla poltrona di presidente Leonel Fernández.
Bosch ha visitato Cuba molte volte negli anni ‘80; il 1989 è stato un anno speciale sia per lui sia per l’Isola: il presidente Fidel Castro lo ha insignito del titolo di membro dell’ordine nazionale José Martí.

Nel ventesimo secolo latinoamericano e caraibico sono emerse varie figure che spiccano per la combinazione tra lucidità e intensità. Juan Bosch è sicuramente una di queste.

Repubblica Dominicana - Il nuovo governo accetta la sfida

agosto 2000 - All’inizio del suo mandato, il nuovo Presidente dominicano Hipólito Mejías si prefigge di cercare una soluzione ai complessi problemi che condizionano lo sviluppo del Paese. A tale scopo ha sollecitato l’aiuto di numerose aziende locali, pur facendo presente di non possedere "una bacchetta magica" con cui risolvere tutti i mali.
Altrettanto impegno lo ha preteso fin dall’inizio – da quando da leader del Partito Rivoluzionario Dominicano (PRD) è passato a ricoprire la massima carica dello Repubblica – dai suoi collaboratori, "sia nel compimento delle loro funzioni, sia nell’amministrazione della cosa pubblica".
Secondo l’opinione degli analisti politici, sono queste le basi sulle quali dovrà fondarsi l’azione di governo del Presidente per rendere effettivo un programma che si propone di vincere la sfida rappresentata dalla povertà – particolarmente acuta in estese aree rurali – e dalla disoccupazione, così come di migliorare gli standard dei servizi sociali ed educativi, potenziando nello stesso tempo lo sviluppo dell’economia, che oltre a necessitare di nuovi investimenti, deve privilegiare l’esportazione di prodotti innovativi, piuttosto che continuare a basarsi su quelli tradizionali.
Collocata al settimo posto tra le nazioni più povere dell’America Latina secondo le stime del Programma per lo Sviluppo delle Nazioni Unite (PNUD), la Repubblica Dominicana – stando ai dati in possesso di questa organizzazione internazionale – non è ancora riuscita a liberare dalla povertà il 32% dei suoi abitanti, mentre un terzo della popolazione continua a non poter usufruire di acqua potabile e una quinta parte è esclusa dal servizio sanitario.
Secondo il parere degli esperti, uno dei più grossi ostacoli allo sviluppo dell’isola – che oltre a disporre di buone risorse agricole può contare su considerevoli giacimenti di nichel, oro e argento - è rappresentato dalla disparità nella distribuzione della ricchezza, considerato che un quinto della popolazione, costituito dagli appartenenti alla fascia più povera, riceve appena il 4.6 % della ricchezza prodotta nel Paese, mentre il 10 % rappresentato dalle classi più abbienti beneficia di quasi la metà.
Per porre rimedio a tale situazione, Mejías ha promesso di impegnarsi affinché possano essere creati 200.000 nuovi posti di lavoro nel settore agricolo e sia dato impulso a "una politica economica dal volto umano", un obiettivo che per milioni di dominicani poveri si è trasformato nella speranza di miglioramento della propria condizione.
Da parte sua, l’ex presidente della Banca Centrale della Repubblica Dominicana ha espresso, in dichiarazioni a giornalisti, l’opinione che Mejías debba mettere al primo posto della sua politica economica sia il potenziamento dell’industria turistica - che da sola è in grado di fruttare fino a 350 milioni di dollari – sia delle zone franche, le cui entrate possono salire fino a 150 milioni di dollari.
Parallelamente alla realizzazione degli obiettivi contenuti nel proprio programma di governo della durata di quattro anni, Mejías prevede di estendere le relazioni di amicizia e cooperazione a livello internazionale, ma soprattutto all’interno dell’area caraibica.
In questa prospettiva è da considerarsi la visita del Ministro degli Esteri messicano Rosario Green, giunto nella Repubblica Dominicana con l’intento di rinsaldare le relazioni tra i due Paesi, oltre che di rinnovare gli accordi di collaborazione in materia di educazione, tecnologia, crescita sociale e lotta al narcotraffico.
Un’accoglienza fraterna è stata riservata anche alla delegazione cubana presente alla cerimonia di insediamento di Hípolito Mejías, capeggiata dal Ministro dell’Educazione Superiore Fernando Vecino Alegret, che ha trasmesso i saluti del Presidente Fidel Castro.
Entrambe le parti hanno discusso per più di un’ora a proposito di programmi educativi, sanitari, di sviluppo del turismo e dell’agricoltura – tutti settori di grande importanza per entrambe le nazioni caraibiche. Il ministro cubano ha inoltre confermato l’appoggio del suo Governo alla candidatura della Repubblica Dominicana per l’organizzazione dei Giochi Panamericani del 2003.
Interrotte al principio degli anni ’60, le relazioni diplomatiche e consolari tra i due Paesi si sono ristabilite da due anni, su iniziativa del presidente uscente Leonel Fernández.
Secondo le parole di Mejías, oggi i "vincoli storici che uniscono queste due nazioni caraibiche" contribuiranno a favorire il principio di una nuova epoca.