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Manifestazioni e misure contro i tentativi di destabilizzazione
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gennaio 2003 – Le manifestazioni di appoggio popolare e di opposizione al Governo di Hugo Chávez continuano a riempire strade e piazze di Caracas.
Convocate dal Movimento Governativo V Repubblica, le due principali manifestazioni dei simpatizzanti della Rivoluzione Bolivariana si sono svolte a La Bandera, situata nella zona del Valle della capitale, e al Parque del Este per sfociare entrambe, secondo dispacci delle agenzie PL, Notimex e AFP, fino alla Avenida Bolívar.
L’obiettivo delle manifestazioni, ha riportato l’agenzia PL, è quello di dimostrare il radicamento che ha l’attuale Presidente venezuelano in una parte significativa della popolazione, che sta al suo fianco perché considera in modo notevole i suoi sforzi per togliere il paese dalle vecchie disuguaglianze.
"Non è possibile anticipare le elezioni. Questo sarebbe un colpo di Stato", ha enfatizzato Chávez il 19 gennaio affermando poi che "questa soluzione non è prevista dalla Costituzione venezuelana e che un referendum sarebbe possibile solamente in agosto, alla metà del mandato di sei anni ".
Da parte sua, il canale brasiliano O’Globo ha riportato le sue seguenti parole: "Qui (in Venezuela) quello che c’è è un terrorismo per abbattere un Governo costituzionale. Si tratta di una élite economica e sindacale illegittima con un piano sovversivo per abbattere il Governo".
Di fronte alle pressioni dei suoi oppositori, Chávez ha considerato quasi non percorribile un dialogo fruttifero tra le parti, anche se vi siano presenti mediatori come l’ex-Presidente statunitense James Carter e il segretario generale dell’Organizzazione degli Stati Americani (OEA), César Gaviria.
Il Presidente venezuelano nel suo discorso domenicale ad ‘Aló Presidente’, del 19 gennaio, ha ricordato che i principi non si negoziano e ha tacciato la parte contraria come fascisti e traditori.
"Con persone di questo tipo non possiamo colloquiare, anche se sono disposto, ha sottolineato, a dialogare e a tentare un accordo con qualsiasi venezuelano, però senza violare la Costituzione".
Carter, da parte sua, ha avuto un incontro privato con Chávez, che ha considerato quasi impossibile "conversare con sabotatori dell’industria petrolifera, e neppure con persone che utilizzano gli spazi televisivi per incitare alla violenza contro il Governo democratico".
Tra le misure che hanno generato maggiori aspettative nel paese, e in particolare tra gli umili per la sua importanza, bisogna senza dubbio citare la consegna di titoli di proprietà sulla terra.
In questo modo il Governo del Venezuela consegnerà due milioni di certificati di proprietà a persone con basse entrate, ha comunicato l’agenzia ANSA, con i quali verranno beneficiati 10 milioni di venezuelani.
Il prossimo 4 febbraio, come è stato ricordato recentemente da Chávez, al compimento di un anno dalla firma del decreto presidenziale che stabilisce la vendita delle terre a persone delle zone più povere, il Governo venezuelano ha previsto una grande azione per estendere questi documenti.
La giustezza e la limpidità del processo di assegnazione sono a carico del Comitato delle Terre, incaricato di realizzare la mediazione dei terreni. Un venezuelano di basse entrate ha manifestato a Prensa Latina la sua soddisfazione per la misura, poiché a prescindere dal fatto che ogni metro quadrato del suolo ha un costo di 17.000 bolivares, equivalenti a 10 dollari, Caracas fa pagare solo un bolívar, ossia 0.0005 dollari per il documento di proprietà.
Il generale a riposo Lucas Rincón ha occupato la carica di Ministro dell’Interno e della Giustizia. Rincón ha sostituito nella carica Diosdado Cabello, che è passato al Ministero della Infrastruttura, al posto del generale Ismael Hurtado Soucre.
Il passaggio di Cabello al Ministero della Infrastruttura apparentemente risponde al fatto che questo settore gestisce gli aspetti relativi alle telecomunicazioni, settore in cui quest’anno "ci sarà una grande battaglia", ha riportato l’agenzia EFE citando Chávez.
"I canali non possono continuare ad avvelenare la mente dei bambini con la loro violenza, né cambiare la storia nazionale passata e presente", ha detto il Presidente venezuelano il 19 gennaio. Da qui si è iniziato un processo ai canali privati televisivi Globovisión e Radio Caracas Televisión per violazione della legge che regola le telecomunicazioni.

Chávez annuncia misure governative di fronte allo sciopero dell’opposizione
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gennaio 2003 – Denunce contro imprenditori del ramo alimentare e contro quelli delle televisioni private per avere appoggiato i tentativi dell’opposizione di abbattere la Rivoluzione bolivariana, hanno contraddistinto il discorso di Hugo Chávez di domenica 12 gennaio, ha riportato Prensa Latina.
Nel suo programma ‘Aló Presidente’, ha avvertito che lo Stato è preparato a fronteggiare l’opposizione e che per questo si baserà sulle regole e sulle leggi stabilite dalla Costituzione Nazionale.
Ha detto che le forze armate hanno l’ordine di occupare gli impianti di lavorazione e i altri posti per fare terminare l’accaparramento degli alimenti, perché quello che non si può permettere, ha enfatizzato, è di creare stati di disagio nella popolazione.
Allo stesso modo ha aggiunto che, qualora non si arrivasse a un cambiamento da parte dei responsabili della crisi, firmerebbe un decreto in virtù delle facoltà stabilite dalla Costituzione e dalle leggi vigenti, ordinando il controllo militare di questi stabilimenti, in una forma simile a quello vigente per l’industria petrolifera.
Ha ricordato anche che la continuazione del sabotaggio economico da parte dei proprietari di alcuni negozi porterebbe a una forte multa e persino alla confisca qualora non volessero pagarla.
Chávez ha informato, inoltre, sull’apertura di indagini amministrative da parte della Commissione Nazionale sui quattro grandi canali privati del paese, sotto l’accusa di "cospirazione fascista e golpista", mediante una feroce campagna antigovernativa usando falsità ed elementi di destabilizzazione, ha divulgato l’agenzia Prensa Latina.
Ha accusato da parte sua Gustavo Cisneros, ricco imprenditore proprietario del canale Televen che, ha detto, "muove i fili della cospirazione dagli Stati Uniti ed è stato lui, inoltre, che ha ospitato nella sua stazione radio lo stato maggiore del colpo di Stato dello scorso mese di aprile".
Dal porto della Guaira, nello stato di Vargas, Chávez ha respinto i continui attacchi contro Cuba portati dall’opposizione e dai mezzi di informazione di massa privati. Ha fatto anche riferimento alle calunnie portate da questi elementi sulla cooperazione bilaterale tra i cubani e i venezuelani.
In questo senso ha detto che "vendiamo petrolio a Cuba alle stesse condizioni di altre nazioni dei Caraibi, non le regaliamo niente e invece bisogna dire chiaramente che Cuba ci regala molto".
I servizi medici gratuiti portati da Cuba, ha riferito Prensa Latina, a migliaia di malati venezuelani sono stati al centro dell’analisi di Chávez, che ha ringraziato il popolo cubano e il suo Governo per l’aiuto solidale.
Al tentativo, da parte dei componenti di una manifestazione dell’opposizione, di forzare una barriera di sicurezza in una zona militare, domenica 12 gennaio, si sono prodotti alcuni spiacevoli incidenti, che hanno lasciato una trentina di feriti lievi, hanno confermato dispacci delle agenzie AFP, AP e PL.
Diverse migliaia di partecipanti, ha riportato Prensa Latina, sono arrivate nelle vicinanze del Paseo de los Próceres, sede del Ministero della Difesa, dell’Alto Comando Militare e di altre strutture militari. Tuttavia, un dispositivo di sicurezza composto dalla Guardia Nazionale, dalla Polizia Militare e dalla Polizia di Caracas, le hanno fermate a circa 500 metri dal luogo essendo una zona sotto controllo militare.
Lì, prosegue la fonte giornalistica, è stato consentito a un gruppo di organizzatori della manifestazione di passare per recarsi fino al vicino monumento a figure della lotta per l’indipendenza dove è stato depositato un omaggio floreale. Ma vari manifestanti hanno tentato di attraversare l’anello di protezione formato dalla Polizia Militare, azione che è stata respinta con l’uso di gas lacrimogeni e con spari di fucili a pallettoni di gomma.
Da parte sua l’agenzia AP ha segnalato che in conseguenza di ciò diverse persone sono state assistite per i sintomi di asfissia come anche un fotografo del quotidiano ‘El Mundo’ per l’impatto dei pallettoni, ma tutti senza danni gravi.
Una nota dell’agenzia AFP ha trasmesso le dichiarazioni dell’opposizione di radicalizzare ancora di più le proprie posizioni e di insistere nei suoi propositi di abbattere Chávez mediante lo sciopero iniziato il 2 dicembre e che è già durato sette settimane, o mediante un referendum non vincolante previsto per febbraio dalla Commissione Elettorale Nazionale.
In questo contesto il Presidente venezuelano il 12 gennaio ha enfatizzato il fatto che per lasciare il Governo "l’opposizione dovrebbe ottenere nel Referendum di revoca un voto in più dei quasi quattro milioni di voti che ho ottenuto nelle elezioni a metà dell’anno 2000 che hanno legittimato il mio mandato per sei anni".
"Se qualcuno vuole anticipare le elezioni, ha aggiunto, deve solo proporre un emendamento alla Costituzione, deve presentare un progetto all’Assemblea Nazionale, e se viene approvato questo deve essere sottoposto a un referendum popolare, e se così vince io me ne vado. Questo è l’unico modo per farmi andare via. Così è la democrazia, il popolo è quello che comanda".

I confronti segnano il nuovo anno
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gennaio 2003 - Giornate di confronti hanno aperto il nuovo calendario in Venezuela, paese sudamericano nel quale si dibatte sulla sua linea di condotta per le strade centrali della sua capitale, Caracas. Sia i sostenitori del Governo sia gli oppositori fanno valere i loro argomenti mediante manifestazioni.
Il Governo ha accusato la Polizia Metropolitana (PM) di aver sparato e ucciso due giovani simpatizzanti della Costituzione bolivariana e del Presidente Hugo Chávez.
Dopo i tragici avvenimenti, il Presidente venezuelano ha affermato che i crimini perpetrati da alcuni settori della PM non resteranno impuniti, giacché si faranno valere le leggi della nazione per trovare i colpevoli che, ha affermato Chávez, per destabilizzare il popolo e creare tensioni e confusione devono far scorrere il sangue. "Troveremo gli assassini anche se si rifugeranno sotto le pietre o se cercheranno di nascondersi dietro i soldi dei cospiratori", ha detto.
Da 40 giorni il Venezuela vive ore di tensione che recentemente, il 4 gennaio, ha raggiunto uno dei suoi momenti peggiori in conseguenza alla repressione della polizia. Una situazione che lo stesso Chávez ha definito senza precedenti dato che le sue parole, la forza dei suoi ordini, devono servire per proteggere la popolazione di Caracas e non per sparare contro di essa.
Nel suo ultimo discorso domenicale, posticipato alle ore della sera a causa del funerale popolare di Jairo Gregorio Morán, di 33 anni, e di Oscar Aponte, di 24 anni, il Presidente venezuelano ha identificato nel sindaco, Alfredo Peña, il massimo responsabile dell’accaduto. Dopo essere stato sospeso dalla carica, Peña era stato reintegrato dal Tribunale Supremo, decisione, questa, vista come molto negativa dall’attuale Governo, che ha denunciato in diverse occasioni la complicità del funzionario con l’opposizione e con i suoi elementi più estremisti.
"Ci riserviamo qualunque altra azione da prendere contro questa polizia da parte dello Stato e del Governo, e chiedo, anche, alla Procura Generale e al Potere Giudiziario che si assumano le loro responsabilità su questo caso".
A poche ore da queste dichiarazioni, la Coordinadora Democrática (CD), all’opposizione, con l’appoggio degli imprenditori della Fedecámaras e della Confederazione dei Lavoratori, ha indetto un referendum consultivo per il prossimo 2 febbraio. L’opposizione intende realizzare quotidianamente opere di convincimento nei diversi settori della società per provocare la rinuncia di Chávez.
Andrés Cova, dell’opposizione organizzata Queremos elegir, ha dichiarato all’agenzia messicana Notimex che tra i suoi principi c’è quello di fomentare la disobbedienza civile e tributaria come metodo da seguire contro l’attuale Governo.
Da parte loro, i seguaci di Chávez il 6 gennaio (giorno festivo in Venezuela) hanno sfilato fino alla Procura Generale con richieste di giustizia e ordine di fronte alla morte dei loro compatrioti. Alcuni dei protagonisti di queste manifestazioni hanno dichiarato a Prensa Latina la loro volontà di appoggiare il Presidente eletto, il cui mandato termina nel 2007. Assicurano, inoltre, che insisteranno fino a quando sarà iniziato un processo contro coloro che sono implicati nell’uccisione.
Victor Blanco, sostenitore del Governo e dirigente della comunità, ha trasmesso all’agenzia AFP le sue rimostranze per il silenzio della Procura: "La polizia ci ha attaccato in modo violento e su tutto ciò c’è il silenzio, chiediamo che si pronuncino anche il Difensore del Popolo e il Procuratore Generale".
In questo complesso scenario, Chávez si è di nuovo appellato al sentimento patriottico, non senza aver prima qualificato gli oppositori come traditori e sabotatori che "giocano persino con qualcosa di così delicato com’è la produzione del petrolio, di importanza vitale per il Paese e per il mondo intero".
L’azienda Petróleos de Venezuela (PDVSA), considerata il motore economico del quinto esportatore mondiale di greggio, fu presa in "ostaggio" il 4 dicembre scorso, quando parte della sua Dirigenza e dei suoi impiegati arrivò a paralizzare la produzione, situazione che si ripercuote ancora nell’ordine nazionale con carenze, per la popolazione, sia di benzina che di energia elettrica.
Il Presidente costituzionale ha denunciato che i dirigenti scioperanti non solo hanno paralizzato la produzione, ma hanno anche effettuato sabotaggi tecnici sul funzionamento della fabbrica nel caso il nuovo Governo fosse arrivato a metterla in funzione. Sarebbero morte centinaia di persone, ha detto Chávez.
Dopo aver preso le opportune misure, Caracas comincia a far andare l’ingranaggio petrolifero (processo che, secondo i calcoli ufficiali, è difficile che possa completarsi in un mese) rendendo possibile fino a questo momento la produzione di un milione e mezzo di barili al giorno, oltre a distribuire benzina per il consumo interno e per il 70 % del trasporto pubblico.
Rafael Ramirez, titolare del Ministero dell’Energia, ha dichiarato alla statale Venezolana de Televisión che "abbiamo il controllo dell’industria, stiamo ristabilendo rapidamente la normalità perché di quelle entrate petrolifere ha bisogno tutta la società" e ha aggiunto che "stiamo per annunciare al Paese la ristrutturazione della PDVSA".
Le misure rinnovatrici adottate dalle organizzazioni di transizione della PDVSA sono state incentrate, così come ha spiegato il Ministro, sulle operazioni e sulla semplificazione "dell’eccesiva" burocrazia.
Si prevede anche la chiusura di alcuni uffici dove l’assenteismo per il blocco ha raggiunto l’80%. "La burocrazia del PDVSA", ha detto, è più costosa di tutta la nomina dell’amministrazione pubblica messa insieme".
Tra le norme di esecuzione immediata figurano le azioni penali contro gli impiegati che hanno preso parte al blocco petrolifero e in particolare la normativa ricadrà su quelle persone che abbiano favorito e effettuato danni patrimoniali contro l’azienda.
Ma, dato che il problema trascende il mero controllo del Gigante petrolifero, Chávez ha comminato il resto dei poteri alla "salvaguardia della pace della Repubblica, dei diritti del popolo, delle leggi e del territorio".

La preoccupazione dell’opposizione
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dicembre 2002 - In Venezuela è già dietro l’angolo l’entrata in vigore della nuova Legge sugli Idrocarburi, prevista per i primi giorni del 2003, con la quale lo Stato avrà una partecipazione di oltre il 50% nelle imprese miste del settore petrolifero. Inoltre, secondo questa legge, lo Stato guadagnerà un 30% come diritti sul grezzo estratto da qualsiasi giacimento.
Se questo capitolo inedito, che ha avviato importanti cambiamenti e progetti per il Venezuela - il quinto esportatore di petrolio nel mondo – viene applaudito dal popolo, al contrario viene rifiutato da coloro che difendono gli interessi privati. A parere del politologo venezuelano Hans Dietrich, i cosiddetti "costi operativi", l’80% secondo i calcoli, entrano nelle casse di queste persone a discapito dello Stato.
La cosiddetta crisi interna venezuelana viene manipolata in modo parziale e incompleto mettendo in rilievo, sulla maggior parte dei mezzi internazionali di comunicazione, l’esigenza dell’opposizione che Hugo Chávez rinunzi al suo mandato presidenziale senza aspettare l’agosto 2003, tempo questo, stabilito come tempo medio legale del suo Governo, come previsto dalla Costituzione. Che cosa temono dunque gli oppositori di Chávez?
Per una curiosa dimenticanza si omettono quesiti, di importanza determinante, sul perché, in realtà, si cerca di seminare il caos economico e l’incertezza politica. Il filo della matassa scioglierebbe il suo nodo se si ricordassero le 33 leggi approvate dalla Rivoluzione Bolivariana.
Allora, dal punto di vista degli elementi reazionari, non vanno bene né Chávez né il suo regime, né tanto meno i cambiamenti che si osservano.
Il New York Times il 4 dicembre 2001 aveva affermato che la Legge sugli Idrocarburi, annunciata da Chávez il 13 novembre del medesimo anno, si profilava come un serio rischio per lo sviluppo e soprattutto – precisava – per gli investimenti stranieri nel Paese.
Un articolo di quel giornale arrivò a sostenere che per il Venezuela non esisteva un altro mercato alternativo con le stesse possibilità di quello statunitense.
Chávez, per converso, nel basare le ragioni della proposta innovatrice, ha indicato la fine "dell’economia coloniale che rappresenta la sostituzione di un modello di sfruttamento della materia prima, con uno schema che favorisce gli impresari nazionali e permette lo sviluppo integrale dello sfruttamento degli idrocarburi".
In quella occasione ha considerato come un atto di tradimento della patria qualsiasi tentativo di privatizzazione della statale Petróleos de Venezuela (PDVSA), attualmente al centro dell’attenzione mondiale per le tre settimane di sciopero di opposizione, iniziato il 4 dicembre da un gruppo di alti dirigenti in difesa dei propri interessi.
Date le disposizioni prese dal Governo venezuelano davanti alle manovre di destabilizzazione della sua principale voce economica (con 3.8 milioni di barili al giorno), il 22 dicembre scorso il Presidente del Paese ha informato della riattivazione della PDVSA e dell’invio verso gli Stati Uniti di 2.18 milioni di barili di petrolio, e anche dell’imbarco di altri 500.000 barili, per cominciare a saldare i suoi impegni commerciali.
Nonostante i progressi e i regressi della situazione nazionale, Chávez e gli altri ministri confidano nella lenta normalizzazione, nella presa di coscienza dei lavoratori della maggiore azienda petrolifera e nell’osservanza dell’ordine e delle leggi.
"I cospiratori credevano che il piano fosse perfetto, ma non hanno tenuto conto del patriottismo del popolo venezuelano. La cosa triste è che coloro che hanno fatto questo sono venezuelani, ma non continuano a lavorare nell’interesse della PDVSA", ha detto Chávez in una improvvisata intervista televisiva nei pressi di Carenero, sulla costa centrale del paese, pochi chilometri a est di Caracas.
L’opposizione, da parte sua, ha stabilito di mantenere i suoi propositi di abbattere lui e la Rivoluzione Bolivariana. A questo, Chávez ha risposto: "Hanno creduto di far cadere il Governo con il golpe del petrolio, ma si sono dati la zappa sui piedi perché adesso abbiamo ricominciato a recuperare la PDVSA".
Con piena coscienza delle intenzioni nascoste del presunto blocco dell’opposizione, che stava anche dietro al golpe fascistoide di Pedro Carmona dello scorso aprile, Chávez ha accusato interessi stranieri di nascondersi nell’ombra dei sabotaggi attuali.
"Anche qui dentro affondano mani internazionali, non ho il minimo dubbio, interessi internazionali, delle multinazionali, che vorrebbero mettere le mani sul nostro Paese", ha detto pienamente convinto.
Se si vogliono cercare ulteriori notizie sul problema venezuelano, è possibile entrare nella pagina web della PDVSA e leggere quanto segue (con l’aggiornamento al 23 dicembre 2002): "Petroléos de Venezuela S.A. è un’azienda di proprietà della Repubblica del Venezuela, retta dalla Ley Orgánica (Legge Organica) che riserva allo Stato l’industria e il commercio degli idrocarburi. Dopo la nazionalizzazione dell’industria petrolifera nel 1975, lo Stato venezuelano si riserva, per ragioni di interesse nazionale, tutto ciò che riguarda l’esplorazione del territorio nazionale per la ricerca del petrolio, dell’asfalto e degli altri idrocarburi: lo sfruttamento dei giacimenti dei medesimi; la lavorazione o la raffinazione; il trasporto per vie speciali e i depositi; il commercio interno ed estero e le opere che il loro trattamento richieda".
Tutto ciò viene definito di importanza fondamentale nello sviluppo dei destini della patria, come è stato da poco ricordato da Alí Rodriguez, presidente della PDVSA, che ha incitato tutti a serrare le fila intorno a un progetto di nuova Nazione.
Il dirigente, di grande prestigio per i suoi interventi davanti alla OPEP, ha esortato a lasciare da parte gli egoismi, gli inganni e le manipolazioni, che portano solo danni, per impegnarsi con responsabilità nella lotta per sradicare la povertà, meta chiave e che era, ha detto, "il Progetto originale della Petroléos de Venezuela S.A., alla quale hanno partecipato migliaia di venezuelani".

Appoggio degli Stati Uniti ai golpisti
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dicembre 2002 - Il Presidente Hugo Chávez ha respinto ritenendola un’ingerenza la dichiarazione della Casa Bianca che ha indicato che "l’unica via pacifica e percorribile per uscire dalla crisi è quella delle elezioni anticipate".
"Il Venezuela non può accettare il fatto che qualsiasi Paese cerchi di avere ingerenze nei suoi affari interni. Questo è un Paese sovrano che ha la sua Costituzione e le sue leggi e qualsiasi venezuelano non può accettare il fatto che qualcuno cerchi di intervenire in questioni che sono proprie dei venezuelani" ha enfatizzato Chávez.
Una volta di più Washington si è così allineata con le manovre dell’opposizione per destituire il Presidente costituzionalmente eletto.
Un clima abbastanza arroventato caratterizzato da manifestazioni sia dei seguaci sia dei contestatori di Chávez, i tentativi di paralizzare il Paese attraverso il sabotaggio della produzione petrolifera e la propaganda poco chiara di molti dei media, sono stati visti dagli Stati Uniti come l’opportunità perfetta per "dare un appoggio alla sovversione", come si interpreta in Venezuela.
Con questo Chávez faceva riferimento alle infondate pretese dei suoi oppositori di farlo desistere dai suoi poteri per convocare le elezioni nel 2003, prima della data stabilita come chiusura legale della metà del suo mandato.
Ha fatto riferimento anche al fallito Colpo di Stato dell’11 aprile scorso, quando, secondo le sue parole, alcuni Governi di vari continenti caddero nell’equivoco con grande imbarazzo.
Il Coordinamento Democratico, contrario a Chávez, insiste nel dare un’immagine retriva della Rivoluzione Bolivariana, che mobilita una parte significativa della popolazione venezuelana.
Alcuni analisti consultati da Granma Internacional, nonostante ammettano la complessità del processo attuale, ammettono, a loro volta, le incredibili riserve del popolo del Venezuela, che l’Inno Nazionale cita come valoroso, che ha davanti a sé la responsabilità storica di dare un’altra volta battaglia per la sua sovranità.
La Confederazione dei Lavoratori del Venezuela (CTV) e il vertice imprenditoriale Fedecameras, si ostinano nel loro intento di far cadere il Governo Costituzionale con metodi sovversivi, tra i quali i tentativi di soffocare Caracas pregiudicando la veridicità degli avvenimenti.
La nostra redazione ha ricevuto un’informazione, datata 9 dicembre e firmata dal cittadino venezuelano Valentin Hereira, che relaziona come gli oppositori hanno organizzato in Piazza Altamira uno spettacolo su alcune supposte aggressioni fisiche dei simpatizzanti di Chávez contro un gruppo di abitanti.
"Quelli di noi che vedono Globovisión, canale della televisione golpista e cospiratrice, dice il messaggio, hanno potuto osservare in questo canale che Carlos Ortega, presidente della Centrale dei Lavoratori, ha aperto un giro di domande e risposte che sono state interrotte dalla prima giornalista che ha iniziato chiedendogli di Piazza Altamira".
E la denuncia aggiunge: "Come mai sapeva già dei feriti, e della sparatoria, se non erano nemmeno cominciate? Tutto è sembrato così sincronizzato che il dubbio sorge immediato. Dalla televisione del Venezuela ci hanno mostrato una macabra opera teatrale".
Da parte sua, il giornalista e deputato del Movimento Bolivariano V Repubblica (MVR), Juan Barreto, ha denunciato pubblicamente come Joao Gouvela, autore dei sanguinosi incidenti di Altamira che hanno causato tre morti, era stato contattato dal generale golpista Medina Gómez, con il lampante obiettivo di sparare a morte contro i suoi stessi affiliati. Il fine non è stato altro se non quello di seminare il terrore e la confusione, e soprattutto quello di incolpare i sostenitori di Chávez di essere assassini e poco tolleranti con chi ha opinioni divergenti.
Il sopra citato Gouvela, di cittadinanza portoghese, si faceva passare per malato mentale, versione smascherata dall’esame di un nutrito gruppo di specialisti, che hanno scartato qualunque patologia di tipo paranoico. Davanti a queste prove il "pazzo" prezzolato (gli sono stati offerti 35 milioni di bolivares) ha confessato tutta la macchinazione dell’opposizione, portando alla luce tutti i particolari dell’azione criminale pianificata a sangue freddo, per nulla somigliante alla dichiarata "democrazia". Si sono anche avute notizie confidenziali dallo stato venezuelano Delta Amacuro, che sono state già trasmesse dal canale Venezolana de Televisión, dove si è riferito che in questa nazione sudamericana sono entrati dei comandi mercenari con istruzioni di assassinare giornalisti, dirigenti di imprese, ufficiali di grado elevato e personalità nazionali, e, naturalmente, con l’ordine di sparare contro assembramenti di persone senza soffermarsi a pensare, poiché il massacro deve essere il loro credo.
Dall’inizio di questo mese, PDVSA ha ampliato la sua tattica antigovernativa con attacchi all’economia nazionale che è in larga misura legata allo sfruttamento e alla commercializzazione del cosiddetto oro nero.
Il petrolio è stato così elevato a elemento di ricatto con il conseguente calo della sua produzione. L’esecutivo si è visto costretto ad adottare misure energiche.
Dopo una settimana di sciopero, domenica 15 dicembre, un comando delle forze armate ha preso il controllo della petroliera Pilín León che conteneva circa 42 milioni di litri di greggio che non erano potuti arrivare a destinazione perché la suddetta nave era trattenuta nel porto di Maracaibo.
Con la destituzione del capitano, autore della manovra, e la sostituzione dell’equipaggio, si è riusciti a superare questo difficile capitolo, mentre l’Esercito sorvegliava i distributori di carburante per evitare azioni violente dell’opposizione.
Da parte sua, Alí Rodríguez, presidente della corporazione Petrolieri del Venezuela, ha assicurato che l’ente che rappresenta ha normalizzato le sue lavorazioni collaborando all’esportazione di due milioni di barili di petrolio.
Ha anche ribadito, ha riferito l’agenzia EFE, la possibilità reale che PDSA porti a termine i suoi impegni con l’estero rimandati per lo sciopero iniziato il 4 dicembre scorso in molte raffinerie.
L’Agenzia Spagnola di Notizie ha dato notizia dell’arrivo nel Paese di "due navi con benzina acquistate dallo Stato per andare verso la normalizzazione della fornitura del mercato interno mentre vengono riparati i sabotaggi fatti nelle fabbriche dagli scioperanti".
Intanto, l’appoggio a Chávez si fa sentire nelle strade di Caracas. Un esempio di ciò è stata la Marcia per la Pace, indetta il 7 dicembre dal MRV, che ha fatto storia a Caracas per il suo grande significato. Due milioni di persone in un’adesione straripante per le strade e le piazze della capitale.
Nora Mendoza, umile venezuelana, lo ha detto in modo chiaro riconoscendo che non sarà facile: "Stiamo dando il nostro appoggio all’unico Presidente che si è preoccupato del Venezuela".

Chávez avverte sul tentativo di "golpe petrolifero"
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dicembre 2002 – L’agenzia spagnola EFE ha comunicato che il Presidente del Venezuela, Hugo Chávez, ha avvisato che i suoi avversari, sostenuti da un potente sistema mediatico, stanno tentando un "golpe del petrolio", al fine di abbatterlo, dopo che non hanno incontrato l’appoggio delle Forze Armate Nazionali (FAN) e dopo il "fallimento" dello sciopero generale.
Con l’appoggio delle forze armate, il Governo venezuelano sta facendo sforzi per sconfiggere il tentativo di paralizzare l’industria petrolifera in mano alle forze di opposizione.
Secondo le informazioni divulgate dai corrispondenti di Prensa Latina, l’offensiva degli avversari dell’esecutivo ha posto una speciale enfasi nel fare collassare il paese attraverso l’interruzione della catena di produzione, di distribuzione e di commercializzazione dei combustibili.
Una parte dell’azienda statale Petroleos de Venezuela (PDVSA), legata anche a una simile operazione in appoggio al colpo di Stato dello scorso mese di aprile, figura tra i principali attivisti di questo clima di instabilità.
L’azione di questo settore ha favorito la paralisi di varie unità della PDVSA, come pure di un gruppo delle navi cisterna che presta servizio, alcune di queste di proprietà della corporazione e altre di imprenditori privati.
La scorsa domenica, 8 dicembre, sono state difficoltà di rifornimento nelle stazioni di distribuzione del carburante in zone dell’interno e a Caracas, la capitale.
Tuttavia, il Governo ha preso l’offensiva per ristabilire l’ordine nell’azienda, e da questo stesso giorno durante la sera, distaccamenti della Guardia Nazionale e dell’Esercito hanno facilitato la ripresa del lavoro nella raffineria El Palito, nello stato di Anzoátegui, e nel parco serbatoi di Yaguas, nello stato Carabobo.
Questo fatto ha avuto ripercussioni quasi immediate sulla ripresa della distribuzione di combustibile in molte stazioni di servizio, attualmente presidiate dai militari per la loro sicurezza.
L’azione ha avuto la copertura legale di una risoluzione del Ministero dell’Energia e delle Miniere (MEM) che si è basata sulla Legge degli Idrocarburi e sulla Legge di Sicurezza e Ordine Pubblico.
L’agenzia EFE ha segnalato, allo stesso modo, che il segretario generale dell’OEA e mediatore nel conflitto, César Gaviria, "ha aperto una porta alla speranza quando è riuscito a riattivare, sabato 7 dicembre, i negoziati tra le parti per concertare una possibile soluzione elettorale alla crisi2. Gaviria ha invitato le parti a raggiungere questo accordo il più presto possibile.

Disarmo dei poliziotti venezuelani insubordinati
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novembre 2002 – Il nuovo direttore della Polizia Metropolitana (PM) venezuelano, Gonzalo Sánchez, ha iniziato il disarmo degli agenti che non riconoscono il nuovo Comando di questa istituzione. Designato a questa carica dopo che il Ministero degli Interni aveva deciso l’intervento del corpo di fronte al caos interno che aveva portato allo sciopero di parte del suo personale e alla politicizzazione imposta dal sindaco dell’opposizione, Alfredo Peña, Sánchez sorveglierà la legalità governativa. Sabato 16 novembre sono avvenuti brevi scontri armati con il Comando Generale della PM. Ci sono state allo stesso modo denunce di eccessi contro la popolazione da parte della brigata motorizzata.

Chávez avverte su un’eventuale crisi economica mondiale se venisse scatenata una guerra contro l’Iraq
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novembre 2002 – Secondo quanto divulgato dall’agenzia Reuters, il Presidente del Venezuela, Hugo Chávez, durante una breve permanenza in Colombia, ha avvertito sull’aumento del prezzo del petrolio, fino a 40 dollari, se la disputa sulle ispezioni di armi in Iraq terminasse con una guerra.
"Una guerra in Iraq potrebbe portare il prezzo fino a 40 dollari, secondo gli studi che abbiamo fatto alla OPEC (Organizzazione dei Paesi Produttori di Petrolio). Non sarebbe una cosa buona e inoltre sarebbe un prezzo macchiato di sangue e non siamo d’accordo sul fatto che si arrivi a questo livello", ha detto il Presidente in una conferenza stampa dopo avere concluso colloqui con il suo omologo colombiano, Alvaro Uribe.
Il Venezuela con 2.5 milioni di barili al giorno, è il principale produttore ed esportatore di petrolio dell’America Latina.
Chávez ha dichiarato, allo stesso modo,che il Venezuela favorisce una soluzione politica e pacifica del conflitto con l’Iraq sul tema dell’ispezione delle armi, per evitare che si produca una destabilizzazione in Medio Oriente con funeste conseguenze per l’economia mondiale.
La sola probabilità di questo conflitto ha portato il prezzo del barile a 30 dollari, perché l’Iraq è uno dei grandi produttori mondiali di petrolio, ma dopo una risoluzione delle Nazioni Unite accettata dall’Iraq, i pressi sono scesi a circa 23 dollari", ha spiegato.
I Presidenti della Colombia, Alvaro Uribe, e del Venezuela, Hugo Chávez, si sono impegnati, nella località colombiana di Santa María, a sostenere formule costruttive per l’integrazione bilaterale, per intensificare i loro flussi commerciali e a non polemizzare in pubblico sulle loro diverse vedute, ha assicurato l’agenzia spagnola EFE.
L’incontro tra i due, avvenuto lo scorso 14 novembre, ha avuto come principale obiettivo quello di analizzare le relazioni tra le due nazioni, che condividono una frontiera di 2.219 chilometri di lunghezza.
Al termine dei colloqui ufficiali, i governanti, accompagnati dai loro ministri delle aree economiche, hanno firmato una dichiarazione in cui hanno annunciato l’apertura di un centro di assistenza a Paraguachón, al limite del dipartimento di La Guajira con lo stato venezuelano di Zulia, per i profughi del conflitto colombiano.
Hanno pure annunciato che lavoreranno per "garantire la stabilità dei mercati", e che continueranno a combattere il traffico di droga e hanno firmato un accordo per frenare gli illeciti in materia doganale.
I Capi di Stato favoriranno, allo stesso modo, la costruzione di un nuovo ponte alla frontiera tra il dipartimento Norte de Santander (Colombia) e lo stato di Tachira (Venezuela) e verificheranno la possibilità di costruzione di un gasdotto tra le due nazioni.

Tavola di dialogo venezuelana discute su temi elettorali
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novembre 2002 – La tavola di dialogo che si sviluppa a Caracas, capitale del Venezuela, con la partecipazione di delegati del Governo e dell’opposizione, ha dibattuto sul tema elettorale. Con il Segretario Generale dell’OEA, César Gaviria, a fare da moderatore, la tavola, che ha cominciato i suoi lavori venerdì 8 novembre, ha analizzato come uno dei temi roventi la possibilità di elezioni. L’opposizione pretende una realizzazione immediata di un referendum consultivo, la cui richiesta intende ad arrivare a un risultato che significhi spingere il Presidente della Repubblica, Hugo Chávez, a presentare le dimissioni dal suo incarico. Tuttavia, questo ha lasciato chiaro la posizione dell’Esecutivo contrario a qualsiasi accordo elettorale o di qualsiasi tipo che non rispetti quanto stabilito dalla Costituzione.

I militari venezuelani insubordinati potrebbero essere dichiarati disertori
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novembre 2002 – L’Esercito venezuelano ha iniziato pratiche amministrative che possono portare alla dichiarazione di diserzione per quel gruppo di militari insubordinati riuniti in una piazza venezuelana. L’ispettore generale dell’arma, Melvin López Hidalgo, ha impartito istruzioni ai comandanti delle installazioni militari affinché informino sull’assenza di qualsiasi personale al fine di applicare le norme militari in tal senso. Risulta evidente che il gruppo di ufficiali partecipanti al colpo di Stato dello scorso mese di aprile, riuniti ora da 12 giorni nella piazza Francia chiedendo le dimissioni del Capo di Stato, sono compresi tra coloro che non rispettano le norme.

Sciopero al di sotto delle aspettative dell’opposizione
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ottobre 2002 – L’ultimo sciopero dell’opposizione venezuelana effettuato questo 21 ottobre è rimasto nelle pretese di Fedecámaras, della Confederazione dei Lavoratori del Venezuela (CTV) e del Coordinamento Democratico, che avevano nei loro principali obiettivi le dimissioni del Presidente venezuelano, Hugo Chávez. Allo stesso modo, la mobilitazione è durata 12 ore, dato che la sua capacità di convocazione non aveva raggiunto le aspettative degli oppositori.
Né Chávez ha lasciato il potere, né sono state indette elezioni anticipate e, oltretutto, le mobilitazioni hanno raggiunto solamente un carattere parziale senza importanti ripercussioni sulle grandi aziende dell’industria petrolifera, chimica e petrolchimica. Anche i lavoratori del trasporto, delle banche e delle comunicazioni, non hanno aderito alla protesta, per cui la presunta profonda destabilizzazione politica brandita dall’opposizione è stata smentita.
Allo sciopero si sono aggiunte subito istituzioni private del commercio e dell’insegnamento, settori che, tuttavia, hanno contato sull’appoggio dei mezzi di comunicazione, anche di quelli privati.
Da parte sua, il Vicepresidente venezuelano, José Vicente Rangel, ha affermato che lo sciopero "è stato un fallimento" e ha paragonato la "vittoria di questo 21 ottobre a quella del 13 aprile". Allo stesso modo, ha denunciato i piani per assassinare Chávez.

Marce che si incontrano
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ottobre 2002 – Una settimana deve mediare tra una e l’altra convocazione per una mobilitazione richiesta dagli oppositori di Hugo Chávez, che lo scorso 10 ottobre hanno lanciato un ultimatum affinché abbandoni la Presidenza del Venezuela, fatto che dai mezzi di diffusione governativi è stato considerato come un vero ‘colpo di pistola’ contro la democrazia.
José Vicente Rangle, Vicepresidente venezuelano, ha argomentato che questo appello smentisce tutte le dichiarate buone intenzioni dei detrattori dell’attuale potere, che si sono autodefiniti difensori degli interessi del popolo, quando in realtà solo tentano di appropriarsi del Palazzo di Miraflores.
"L’ultimatum non è democratico, non si può mettere uno contro il muro, minacciandolo con una pistola alla tempia perché prenda una decisione", ha criticato Rangel dopo aver saputo le pretese di Carlos Ortega, leader della Confederazione dei Lavoratori del Venezuela (CTV) e uno dei principali organizzatori della marcia di opposizione della settimana scorsa per i viali di Caracas.
Ortega pretende che Chávez convochi nuove elezioni o abbandoni il suo incarico, altrimenti, lunedì’ 21 ottobre un grande sciopero nazionale lo farà, secondo le sue stesse parole, dissuadere dai suoi propositi di rimanere al comando.
Questi criteri hanno sorpreso i suoi simpatizzanti e ci sono stati degli interrogativi sia tra i suoi compagni di fila sia dei suoi alleati del gruppo padronale Fedecamaras, dato che le contraddizioni hanno cominciato ad affiorare nel blocco anti-Chávez, fatto confermato dagli analisti come un segno di robustezza del programma di Governo di Chávez, appoggiato da una notevole parte della popolazione venezuelana, come pure dalle forze armate.
Se è ben certo che l’opposizione voglia estendere le proteste a migliaia di cittadini, anche la Rivoluzione Bolivariana ha risorse politiche sufficienti per sbarrare il passo ai suoi nemici, anche se questa realtà non viene resa nota a livello internazionale dai mezzi di stampa del paese.
Francisco Ramonet su ‘Le Monde Diplomatic’ in uno dei suoi numeri del maggio scorso e in base a quanto accaduto riguardo al colpo di Stato dello scorso aprile ha avvertito sulla polarizzazione della stampa in questa nazione sudamericana, che a suo giudizio sta tradendo il vero spirito che deve imperare al servizio dell’informazione.
Mettendo in mostra l’altra faccia della moneta, Rangel ha avvertito che "c’è una grande quantità di popolo che vuole che Chávez continui a stare al potere". Tuttavia, il funzionario in nessun momento ha nascosto la grandezza degli avvenimenti che ha definito sovradimensionati da parte di un settore che cerca di destabilizzare il paese, costruendo crisi politiche e istigando alla violenza.
Secondo la Costituzione, un’eventuale elezione potrebbe essere fattibile a partire dall’agosto 2003, che è quando si compie la metà del mandato di Chávez, e non prima come pretende l’opposizione.
Numerose organizzazioni di base bolivariane hanno manifestato la loro adesione all’attuale Governo con l’intenzione di scendere nelle strade del paese con bandiere e slogan a favore di Chávez, della pace e della democrazia.
Durante quest’anno, tre sono state le convocazioni per uno sciopero generale e un uguale numero di volte sono state denunciate, da parte del Presidente venezuelano, le trappole di colpo di Stato che si nascondono dietro questo supposto esercizio di diritto sindacale.
Una nota dell’agenzia EFE ha dato un’idea della situazione imperante divulgando le dichiarazioni del deputato governativo Tarek William Saab, che ha affermato: "Il Presidente non si dimette, né ha l’intenzione di consegnare senza condizioni il potere alla vecchia politica. Pertanto, arriverà al giorno 21 e vedremo la forza che hanno per questo sciopero".

Denunciato il vero obiettivo del prossimo sciopero convocato dall’opposizione in Venezuela
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ottobre 2002 – I principali promotori di un prossimo sciopero nazionale per il 10 ottobre sono la Federazione Patronale delle Camere di Commercio (Fedecámaras) e l’oppositrice direzione della Confederazione dei Lavoratori del Venezuela (CTV). Queste faranno i loro annunci ufficiali per la convocazione allo sciopero e sperano che vengano seguiti dai partiti politici tradizionali e dalle loro organizzazioni derivanti. L’obiettivo nascosto, secondo denunce diffuse da Caracas, è quello di vedere la possibilità di estendere la paralisi in modo indefinito mentre si esortano le Forze Armate a intervenire contro il Presidente Hugo Chávez.

Denunciato un piano di destabilizzazione nel settore petrolifero venezuelano
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settembre 2002 – La denuncia di un piano di destabilizzazione promosso da alcuni gerenti di Petroleos de Venezuela (PDVSA), ha posto nuovamente di attualità la situazione interna di questa corporazione. La Fondazione Asopetroleros, composta da lavoratori dell’industria e nata dopo il colpo di stato dello scorso 11 aprile, è stata quella incaricata di divulgare le azioni di sabotaggio che vengono sviluppate dal settore cospirativo. Per mezzo di oscure azioni, hanno segnalato gli attivisti, è stato provocata una falsa mancanza di rifornimento di benzina nella parte occidentale del paese e di gas in vari stati che producono petrolio. E’ stato denunciato, allo stesso modo, che i meccanismi amministrativi ancora nelle mani dei gerenti della PDVSA fanno resistenza agli ordini del Governo di orientare i loro multimilionari acquisti verso l’industria nazionale al fine di riattivarla.

Commissione internazionale gestisce il dialogo nazionale in Venezuela
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settembre 2002 – Favorire un dialogo nazionale in Venezuela sarà l’obiettivo centrale di una commissione internazionale formata da rappresentanti delle Nazioni Unite, dell’Organizzazione degli Stati Americani (OEA) e del Centro Carter attraverso la sua inviata Jennifer McCoy. Gli attivisti di questa iniziativa prevedono un’intervista con il Presidente Hugo Chávez, con il Vicepresidente José Vicente Rangel, che a sua volta funge come coordinatore del tavolo di dialogo creato dall’Esecutivo e dalla Coordinatrice Democratica, all’opposizione.

Chávez fa nuovamente appello alla pace
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agosto 2002 – Il Presidente della Repubblica Bolivariana del Venezuela, Hugo Chávez, ha celebrato i due anni della sua rielezione popolare con una manifestazione per le strade di Caracas e di altre città e con un concentramento in una piazza nelle vicinanze del Palazzo Presidenziale, dove ha proclamato che "niente né nessuno ci fermerà".
Dopo avere espresso il proprio ottimismo per i progressi del Movimento Bolivariano, ha dichiarato che il suo Governo percorre la strada giusta e ha affrontato il tema della recente sentenza del Tribunale Supremo di Giustizia (TSJ) che ha assolto quattro alti militari golpisti, che avevano partecipato alla sedizione dello scorso 11 aprile.
Il popolo non solo ha sostenuto le attività capeggiate dal Presidente venezuelano, ma le ha fatte sue con giganteschi cortei ‘a colpi di pentola’ che si sono uditi in tutto il paese, dove sono continuate le manifestazioni di appoggio al Governo e al Presidente della nazione sudamericana.
Durante il concentramento popolare, Chávez ha annunciato che i reparti di sicurezza venezuelani indagheranno sulle attività dei magistrati del Tribunale Supremo di Giustizia. Ha anche parlato della risoluzione dell’Assemblea Nazionale (Parlamento), che ha compreso la designazione di una commissione speciale per indagare sul comportamento dei componenti il TSJ.
Inoltre, il Governo ha convocato l’Organizzazione degli Stati Americani e del Centro Carter affinché contribuiscano a riallacciare il dialogo con l’opposizione. Con queste proposte, e con i colloqui a Washington del Ministro degli Esteri venezuelano con le autorità degli Stati Uniti per evitare mali maggiori in Venezuela, Chávez pone di nuovo sulla tavola la carta della pace.

Esigono le dimissioni del sindaco di Caracas
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agosto 2002 - La Forza Bolivariana delle Donne venezuelane ha organizzato un concentramento di migliaia di donne di fronte al Municipio, per chiedere le dimissioni dell’oppositore Alfredo Peña, accusato di essere il responsabile dei violenti incidenti durante le proteste popolari per la condanna dei golpisti.
Il precedente fine settimana, la Polizia Municipale (PM), dipendente dal suddetto Sindaco, ha represso la popolazione che, pacificamente, chiedeva sanzioni per i militari che avevano partecipato al colpo di Stato, nel mese di aprile, contro il Governo di Hugo Chávez.
Gridando slogan di appoggio al Governo, quali "Chávez è il popolo e Peña è della CIA", le venezuelane sancivano il loro sostegno all’attuale Presidente e hanno detto che sarebbero rimaste mobilitate fino a quando non si fosse fatta giustizia.
Intanto alla PM è stato proibito di sorvolare la zona con gli elicotteri, durante il corso dell’inchiesta governativa auspicata da Chávez, che ha denunciato, dopo gli avvenimenti del venerdì precedente, l’utilizzo da parte di questo corpo di ordine pubblico di Caracas, dei mezzi aerei per attaccare la popolazione.
La PM è stata anche accusata dal Vicepresidente, José Vicente Rangel, e dal Ministro degli Interni, Diosdado Cabello, di agire in modo autoritario aggredendo la popolazione e di servire come forza di scontro dell’opposizione.
Il Movimento governativo V Repubblica (MVR) ha, dal canto proprio, annunciato che avrebbe proseguito la protesta nella via, per dimostrare al Tribunale Supremo l’opinione della gente contro l’impunità degli autori dell’azione, diretta da Pedro Carmona, rifugiato attualmente a Miami, negli Stati Uniti.

Parlamentari venezuelani accusano i golpisti
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luglio 2002 – La relazione finale di una commissione parlamentare che ha fatto indagini in Venezuela sui fatti del colpo di stato dello scorso aprile chiederà di sottoporre a giudizio i suoi autori militari e civili. La Commissione Politica dell’Assemblea Nazionale ha segnalato, tra i principali responsabili civili della cospirazione, l’imprenditore Pedro Carmona, il dirigente sindacale Carlos Ortega e dirigenti della Federazione delle Camere di Commercio (Fedecámeras). Allo stesso modo, i parlamentari dell’opposizione Leopoldo Martínez, nominato subito Ministro delle Finanze del Governo, e Liliana Hernández, sua compagna del partito Primero Justicia, che si presume coinvolto nel golpe. Dell’alto vertice militare sono stati ritenuti implicati il generale Efrain Vázquez e il contrammiraglio Héctor Ramírez, come pure altri diversi membri della Polizia Metropolitana.

Guadagnano "voce" i popoli indigeni
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luglio 2002 – Il concetto di silenzio è di solito abbastanza relativo. Si può parlare senza pronunciare parole e si può rimanere muti e isolati anche con un ampio linguaggio. Tuttavia, i popoli indigeni venezuelani hanno guadagnato "Voce" dopo che sono stati ufficialmente riconosciuti i loro 31 idiomi autoctoni.
La Rivoluzione Bolivariana ha, tra i suoi postulati fondamentali, il rispetto delle diversità socioculturali del suo popolo, che in questo caso è formato per il 2 % da comunità molto antiche, molte delle quali conservano e rispettano le loro ancestrali tradizioni.
Adesso che lo spagnolo ha smesso di essere l’unico idioma ufficiale del Venezuela, gli oltre 300.000 nativi hanno il cammino spianato per la diffusione, l’insegnamento e la propagazione dei loro vocaboli e del loro pensiero.
Nonostante che questo tuttavia non significa un rapido inserimento, è un buon esempio di come trattare e di convivenza con la pluralità delle origini. Jorge Pocaterra, direttore di Educazione Indigena, ha affermato che i decreti di ufficializzazione degli idiomi indigeni del Venezuela potrebbero avere ripercussione negli altri paesi dell’America Latina.
Mediante i decreti a favore della Creazione del Consiglio Nazionale di Educazione, Cultura e Idiomi Indigeni, sarà possibile, allo stesso modo, formulare politiche educative che tengano conto delle necessità delle comunità autoctone.
Si lavora, anche, nella produzione di testi scolastici e letterari nelle lingue originali e si studia la creazione di cattedre specifiche sulle culture aborigene.
Diventerà obbligatoria, inoltre, nell’ambito giuridico, la presenza di interpreti, la creazione di uffici pubblici relativi a queste etnie e la traduzione di documenti ufficiali, fondamentalmente della Costituzione Nazionale, di leggi e regolamenti specifici. L’indicazione di vie e di avvisi commerciali, almeno nei villaggi con presenza indigena, dovranno essere bilingui.
Tutto questo presuppone un periodo di tempo e di tolleranza che permetterà alle comunità indigene venezuelane di non perdere il loro idioma.

Infruttuose trattative di Carter
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luglio 2002 – L’ex-Presidente statunitense, James Carter, nella sua visita di diversi giorni in Venezuela, ha realizzato trattative personali per facilitare un dialogo nazionale, nel mezzo della resistenza dell’opposizione.
Invitato dal Governo di Hugo Chávez, Carter ha tentato di avvicinare le posizioni dei diversi settori politici, con lo scopo di progredire verso un accordo, come gli aveva richiesto il Presidente venezuelano.
Carter ha sostenuto vari colloqui con Chávez, oltre che sostenere vari incontri con i dirigenti della Conferenza Episcopale Venezuelana e della Confederazione dei Lavoratori del Venezuela (CTV). Ha dialogato, allo stesso modo, con i padroni dei mezzi di comunicazione, oppositori del Governo e allineati ai gruppi più intransigenti.
La creazione di una Commissione di Notabili per dare impulso alla ricerca di un dialogo nazionale si profila come uno degli eventuali successi della permanenza di Carter in questa nazione sudamericana.
Tuttavia, la sua messa in pratica non sembra ancora molto certa, poiché il presidente della CTV, Carlos Ortega, ha detto che avrebbe riconosciuto come possibili interlocutori solamente l’ONU e l’OEA.
Da parte sua, il Vicepresidente, José Vicente Rangel, ha manifestato la totale apertura di Chávez a partecipare a un ampio dialogo, e senza condizionamenti, con tutta l’opposizione.

Manovre destabilizzanti contro dimostrazioni di appoggio
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luglio 2002 – Più della metà del Congresso venezuelano sostiene l’innocenza di Hugo Chávez negli avvenimenti sanguinosi dell’11 aprile scorso e segnala i settori di opposizione all’attuale Governo come i massimi responsabili per la morte di 18 persone, e per avere tentato di abbattere la Costituzione vigente con un colpo di Stato.
Le contraddizioni politiche affiorano nuovamente in Venezuela dovute all’insistenza di un segmento di questa società per destabilizzare il mandato presidenziale prima del periodo stabilito fino al 2004. E in questo impegno ricorrono a tutti gli argomenti e a tutte le "astuzie".
Tuttavia Chávez ha manifestato in varie occasioni la sua disposizione ad abbandonare la carica se questa fosse la volontà popolare espressa mediante un referendum. "Non si disperino, che il tempo passa volando e, qualora venisse fatto il referendum e io lo perdessi, raccoglierò le mie cose e me ne andrò. Ho molte altre cose da fare", ha affermato.
L’imprenditore Pedro Carmona, o Pedro il Breve, attualmente a Miami dopo essere sfuggito alla giustizia venezuelana, è, secondo la parte ufficialista, l’accusato numero uno, poiché durante le poche ore della sua effimera gestione si è dedicato a reprimere i simpatizzanti della Rivoluzione Bolivariana.
Allo stesso modo, l’indagine in corso ha indicato come colpevole Luis Camacho, generale della Guardia Nazionale e Viceministro della Sicurezza dei Cittadini, come pure il presidente della Confederazione dei Lavoratori del Venezuela (CTV), Carlos Ortega, per avere agito con violenza e per avere promosso uno sciopero generale, catalizzatore della sommossa fascistoide.
In contrapposizione alla propaganda anti-bolivariana, si levano anche molte voci di sostegno al Presidente venezuelano, tra cui si evidenzia l’esortazione alla pace, promossa dal Movimento 5° Repubblica e il suo appello a una mobilitazione generale realizzata con successo lo scorso 29 giugno.
Valutazioni dell’Agenzia di Stampa Spagnola (EFE) e di Prensa Latina (PL), hanno segnalato un milioni di simpatizzanti di Chávez nell’animato percorso per le strade di Caracas, in cui il Presidente venezuelano ha ribadito il suo appello alla pace.
"Non è una manifestazione per mostrare forza, è una festa per la pace, un appello a tutti i settori, non è fatta per calpestare nessuno, dato che queste manifestazioni non sono fatte per andare contro qualcuno, non stiamo attizzando né odio di classe né violenza, a fare questo sono gli altri", ha insistito nel suo discorso settimanale.
Giornate "chaviste" e proteste antigovernative costituiscono oggi la scena politica di un Venezuela agitato e contraddittorio, centro di attrazione dei giornalisti del mondo intero.
Il Governo venezuelano ha ribadito la propria volontà di prendere in esame tutte le proteste, ma ha denunciato le manovre dei gruppi oppositori e li ha definiti destabilizzanti e irresponsabili, la cui guida fondamentale sono gli interessi settoriali e poco impegnati nella realtà, anche quando si fanno scudo con rivendicazioni sociali, di lavoro ed economiche.
Quello che cercano, nella sostanza, è la definitiva uscita di Chávez, fatto che è avvalorato da Henry Ramos, presidente del Partito Azione Democratica e principale detrattore del Governo, come la chiave e la soluzione degli attuali conflitti.
Questo criterio è respinto da una significativa parte dei venezuelani, che appartengono in maggioranza ai settori più progressisti e umili, che non hanno visto cadere in un sacco rotto le loro aspirazioni di uguaglianza e di giustizia sociale, da ciò il loro grande appoggio al Presidente.

Chávez non ritiene di abbreviare il suo periodo di Governo
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giugno 2002 – Il Presidente del Venezuela Hugo Chávez non ha ritenuto opportuna la possibilità di modificare la Costituzione del paese e di ridurre il suo periodo di Governo, come avevano proposto i suoi oppositori politici. Nel suo abituale discorso settimanale alla nazione, Chávez ha ricordato ai suoi detrattori la necessità di un 15 % di firme dell’elettorato (circa 12 milioni di votanti) e l’appoggio del Parlamento per ottenere "un cambiamento delle cose".

Il golpista Carmona è andato in asilo in Colombia
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giugno 2002 – L’imprenditore Pedro Carmona, che ha capeggiato la giunta golpista che per 48 ore ha usurpato il potere costituzionale in Venezuela lo scorso mese di aprile, è andato in Colombia in asilo politico.
Carmona, noto anche come "Pedro il Breve", era agli arresti domiciliari, dai quali è fuggito, e ha trovato rifugio presso l’Ambasciata colombiana a Caracas, dove ha ricevuto asilo politico da parte del Governo di Andrés Pastrana. Le autorità venezuelane gli hanno concesso il salvacondotto per uscire dal paese, anche se lo considerano un fuggiasco della giustizia, alla quale dovrebbe rispondere per i delitti di ribellione militare e usurpazione di funzioni.
L’Ambasciatore della Colombia, Germán Bula, ha reso noto che Carmona avrebbe espresso il desiderio di stabilire la propria residenza in un altro paese, probabilmente gli Stati Uniti.

Nuovi cambiamenti ministeriali in Venezuela
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maggio 2002 – Il Presidente venezuelano, Hugo Chávez, ha annunciato cambiamenti in diversi Ministeri in linea, secondo le sue parole, con "questo spirito di riconciliazione e di apertura al dialogo che ho fatto mio, che mi ha preso". Il generale in Capo, Lucas Rincón, assumerà la direzione del Ministero della Difesa, in sostituzione di Domingo Alberto Rangel, che è diventato Vicepresidente; l’uscente Vicepresidente Diosdado Cabello diventerà il futuro Ministro degli Interni, e gli economisti Tobías Nobrega e Felipe Pérez passeranno a occuparsi rispettivamente dei Ministeri delle Finanze e della Pianificazione. Chávez ha ribadito, allo stesso modo, la necessità che "tutti i settori venezuelani lavorino pienamente in uno spirito di riconciliazione".

Annuncio di cambiamenti per intraprendere azioni concrete
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maggio 2002 – Annunci di rinnovamento e cambiamenti contraddistinguono la nuova linea della legalità venezuelana, che intende unire tutti i settori sociali per l’esecuzione di un progetto nazionale unificato. Il Presidente Hugo Chávez ha ripreso la parola nella sua abituale conversazione radiofonica per fare appello a un’azione congiunta per un paese migliore.
Dalla sua tribuna in ‘Aló Presidente’, Chávez ha reso noto la designazione di José Vicente Rangel, fino a questo momento Ministro della Difesa, a Vicepresidente della nazione, oltre a elogiare le virtù del sostituito, Diosdado Cabello, che rimarrà nel Consiglio dei Ministri.
Dopo la nuova nomina, Chávez ha approfittato per invitare un’altra volta i suoi oppositori politici a una riflessione seria e costruttiva. "Un comportamento di riconciliazione o di rettifica riguarda tutti coloro che sono stati coinvolti in questa lotta, in questi scontri verbali, in questi messaggi", ha precisato.
Ha detto anche che è disposto a rivedere la sua strategia economica e pertanto ha annunciato che ci saranno cambiamenti. "E’ probabile che nei prossimi giorni, nel momento in cui la decisione sarà matura e presa, farò l’annuncio", ha enfatizzato.
Ha approfittato dell’occasione per informare sulla conduzione di un programma del Ministero di Produzione e Commercio avviato al recupero dei piccoli e medi commercianti che sono stati oggetto di saccheggi lo scorso 12 aprile, e che hanno patito perdite per 44.4 milioni di dollari.
Una delle linee tracciate da Chávez e che ha avuto più ripercussione sulla stampa nazionale ed estera si riferisce, senza dubbio, alla manifesta disposizione di lasciare il potere qualora venisse destituito da un referendum di revoca.
Ha indicato in tal senso che questo paragrafo della Costituzione è applicabile a un Capo di Stato quando questi abbia compiuto la metà dei sei anni previsti di mandato.
Più in là del 2003-2004 ci sarà la possibilità di un nuovo referendum e coloro che non sono d’accordo sul fatto che Hugo Chávez sia Presidente, si potranno organizzare affinché, per via costituzionale e pacifica, tentino di concretare la loro idea", ha affermato.
Il quotidiano londinese ‘The Guardian’ ha rivelato che la Marina degli Stati Uniti ha inviato informazioni segrete ai golpisti, utilizzando le sue navi che si trovavano in esercitazione nel Mar dei Caraibi.
Eayne Madsen, ex-agente dei servizi segreti della Marina nordamericana, ha dichiarato al quotidiano che fin dal giugno passato Washington dava per sicuro un eventuale colpo di stato contro Chávez e ha detto, inoltre, che queste navi hanno aiutato il gruppo di ufficiali venezuelani golpisti nelle loro decisioni.
E in particolare quelle che si riferivano alle intercettazioni fatte alle comunicazioni delle Ambasciate a Caracas di Cuba, Libia, Iran, Iraq. Allo stesso modo, avrebbero dovuto essere pronte all’evacuazione per mare di tutti i cittadini statunitensi che si trovavano in Venezuela.
C’è da mettere in rilievo anche le affermazioni di "The Guardian’, che assicurano esserci stato un sistematico aiuto finanziario ai golpisti e all’opposizione venezuelana nell’ordine di centinaia di migliaia di dollari, provenienti dal cosiddetto Fondo di Aiuto alla Democrazia, con l’obiettivo di destabilizzare il Governo bolivariano.
Da parte sua, il congressista Roger Rondón ha insistito nel segnalare l’Ambasciatore statunitense a Caracas, Charles Shapiro, e due dei suoi consiglieri militari, James Roger e Ronald MacCammon, come "attivisti istigatori" del golpe.
Lino Gutiérrez, assistente sottosegretario per gli Affari Latinoamericani, nonostante le accuse rivolte alla Casa Bianca, ha avuto uno scarso tatto nel rendere pubblica, lo scorso 26 aprile, la sua visione dei fatti venezuelani che ha definito antidemocratici.
"Gli Stati Uniti vedrebbero con piacere il ritorno del Venezuela alla leadership che ha avuto questo paese sudamericano nel sostenere i valori democratici", ha aggiunto con disinvoltura questo funzionario del Dipartimento di Stato.
"Il Venezuela è stato, per quasi cinque decenni, uno dei paesi del continente con una lunga storia di rispetto ai valori democratici, ma da tre anni con Chávez, ha attaccato la libertà di stampa, l’opposizione e i sindacati reprimendoli nel terrore", ha aggiunto.
Questo intervento ha avuto come scenario "l’imparziale" Centro per gli Studi Sociali e Internazionali (CSIS), istituzione allineata ciecamente ai precetti ingerentisti del sottosegretario di Stato per gli Affari latinoamericani, Otto Reich, e al suo modo molto particolare di esercitare pressioni sulle nazioni dell’America Latina nei loro rapporti con la Casa Bianca.

Inarrestabile rinnovamento nazionale
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aprile 2002 – Il Venezuela continua a vivere giorni agitati, ma di un segno differente rispetto a quanto successo l’11 aprile scorso, quando un fallito colpo di stato aveva tentato di abbattere Hugo Chávez. In questa occasione, e all’appello di unità e di comprensione effettuato dal Presidente venezuelano, la nazione si è vista convocata a un grande tavolo di dialogo.
Settori politici, economici e sociali della cosiddetta ‘Terra magica’ si trovano, giorno dopo giorno, immersi in un processo unico che, secondo Chávez, si tradurrà nella "rinascita della rinascita". Questa frase è stata ripetuta molte volte dopo che il popolo e l’esercito venezuelano riporteranno la Costituzione e i poteri legislativi, calpestati da Pedro Carmona e dai suoi sostenitori.
A questo nuovo stato di cose va sommato l’elezione di Alí Rodríguez Araque, come l’uomo che assumerà la direzione di ‘Petroleos de Venezuela’ (PDVSA), organizzazione che ha giocato un ruolo primario nel conflitto.
Gli oppositori sono ancora in totale disaccordo con la promulgazione di 48 leggi, tra queste vi sono quelle che riguardano la proprietà e l’esportazione dell’apprezzato grezzo.
Rodríguez è l’attuale segretario generale dell’Organizzazione dei Paesi Esportatori di Petrolio (OPEP) e da questa sua nuova posizione dovrà riscattare la PDVSA, la maggiore impresa petrolifera di tutto il continente.
Il Ministro dell’Energia e delle Miniere, Alvaro Silva, ha segnalato che questa "è stata una saggia decisione di Chávez, che è stata accettata senza obiezioni da parte di Rodríguez, esperto di comprovato prestigio".
Assieme a questa nomina, il Governo si è pronunciato per rinnovare tutta la giunta del PDVSA, Si studiano le proposte e si analizzano le liste suggerite dallo stesso ente.
Numerosi dirigenti del ramo sostengono che la nomina di Rodríguez a questa carica potrà diventare nel prossimo futuro in un’azzeccata decisione poiché è visto come un uomo capace di "smorzare" le tensioni e di ridurre i costi operativi.
Da parte sua, Jesús Bermúdez è passato a capo del Ministero delle Finanze, misura che dovrebbe sfociare in un miglior sviluppo finanziario.
FEDECAMARAS, il controverso movimento imprenditoriale venezuelano, ha annunciato la sua disposizione a sedersi seriamente a un tavolo di dialogo con il Presidente venezuelano.
"Le 265 camere e organizzazioni associate a FEDECAMARAS sono d’accordo a unire gli sforzi con altri settori della nostra società per consolidare la democrazia e per potere raggiungere uno sviluppo economico sostenibile", ha affermato Carlos Fernández Pérez, attuale dirigente principale di FEDECAMARAS.
In questo contesto, Fernández Pérez si è fatto eco dei cosiddetti appelli alla concordia civica, ma senza tralasciare di mostrarsi restio ad accettare le più di quaranta leggi proposte da qualche mese da Chávez.
Allo stesso modo, ha indicato che avrebbe mantenuto le sue richieste, le stesse che hanno condotto a proclamare lo sciopero generale alla metà di questo mese.
Leonardo Díaz Paruta, capo della polizia di Caracas nel municipio Chacao, ha rivelato al quotidiano ‘El Nacional’ che le morti avvenute l’11 aprile scorso sono dovute alla pianificazione di un massacro, anche se tuttora non è possibile identificare gli autori.
"Abbiamo fatto una valutazione degli avvenimenti, e abbiamo concluso che c’è stato qualcosa di premeditato con franchi tiratori ben appostati nelle vicinanze del Palazzo di Miraflores, con l’obiettivo di sparare per uccidere i manifestanti", ha affermato.
La rivista ‘Newsweek’, inoltre, ha segnalato che il Comitato di Relazioni Estere del Senato ha in previsione di indagare vari funzionari per i loro legami con Carmona..
La rivista nordamericana segnala come presunti sospetti il milionario e potente della stampa venezuelana, Gustavo Cisnero, che avrebbe ricevuto istruzioni da Otto Reich, massimo responsabile della Casa Bianca per gli Affari Latinoamericani.
Le indagini hanno scoperto che il colonnello Ronald McCammon, dell’Esercito degli Stati Uniti, e il tenente colonnello James Rodgers, assistente dell’aggiunto militare nordamericano a Caracas, si trovavano "proprio" nel forte Tiuna nel momento dell’arresto di Hugo Chávez e sono rimasti lì fino alla fine. L’Ambasciatore degli Stati Uniti si è premurato ad appoggiare verbalmente i golpisti quando Chávez è stato arrestato.

Popolo ed Esercito, interazione decisiva nel controgolpe
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aprile 2002 - Effimero è stato il Governo golpista di Pedro Carmona, che ha tentato, l’11 aprile scorso, di installarsi al potere in Venezuela con l’aiuto di una fazione dell’Esercito. Però appena otto ore dopo aver sequestrato Hugo Chávez, il popolo venezuelano lo ha rimesso al suo posto dimostrando fedeltà ai precetti democratici e della legalità, instaurati dalla Repubblica Bolivariana, la stessa che hanno cercato di calpestare i settori della destra.
"Se è vero che per molti anni è stato ingannato, se è vero che per molti anni è stato manipolato, è stato dimostrato che questo popolo si è svegliato, ha preso coscienza della sua forza e si è trasformato in attore storico che costruisce un nuovo cammino", ha dichiarato con enfasi Chávez al suo ritorno, il 13 aprile, nel Palazzo di Miraflores da dove ha inviato un messaggio a tutta la nazione, compreso ai suoi rivali politici.
Il sindaco di Caracas, Alfredo Peña, ha mandato a reprimere, all’alba del 12 aprile, la popolazione della città, che, a migliaia, chiedeva pacificamente l’immediata liberazione di Hugo Chávez, detenuto nel forte di Tiuna, da dove è stato portato verso l’interno del paese, dando inizio a una breve "peregrinazione" carceraria.
L’azione controrivoluzionaria ha cercato di guadagnare forze e anche diffondere la supposta rinuncia di Chávez, il quale non ha mai accettato di firmare nulla di tutto ciò, per questo motivo è stato trasferito da caserma a caserma con l’obbiettivo di guadagnare tempo cercando di convincerlo a dare le dimissioni.
Come il Presidente è rientrato a Caracas, ha ricevuto in tutte le guarnigioni il rispetto di tutti i soldati, avendo inoltre l’appoggio di molti ufficiali, "seminando" la certezza che è ritornato per assumere di nuovo le sue responsabilità governative.
"Le Forze armate, i suoi ufficiali, la struttura centrale, hanno dimostrato una volta di più che per quante manipolazioni e tradimenti che vi siano in alcuni settori delle Forze Armate, come sicuramente ci sono state, qui sta la forza militare che conosco", ha dichiarato Chávez nel momento del suo storico ritorno.
Ha espresso, anche, la sua riconoscenza e quella di tutti, all’intransigente generale Isaias Rodríguez, che lo custodiva, il quale è stato il primo a respingere il golpe per mancanza della rinuncia scritta del Presidente. Anche a "questi due settori ai quali io mi sono sempre riferito, che costituiscono la forza più poderosa, dopo Dio, del Venezuela d’oggi, di questo processo di cambiamento, questi due elementi che in fondo sono lo stesso: il popolo e i militari, il popolo e le Forze Armate".
Grazie all’atteggiamento del militare, Rodríguez, che lo custodiva e che gli ha chiesto se avesse rinunciato, si è potuto sapere da una lettera scritta dal Presidente, eletto costituzionalmente nel 1998 con voto maggioritario, la sua volontà di rimanere come l’unico rappresentante legittimo del popolo.
A cominciare da quello che le grandi catene private televisive hanno omesso di trasmettere quando è cominciata la resistenza al golpe, chiaramente per confondere e manipolare; i venezuelani non si sono rassegnati a credere alle voci sulla fine del Governo Istituzionale ed hanno continuato a organizzarsi in tutto il paese, specialmente a Caracas.
La capitale e la città di Maracay hanno giocato una parte preponderante nella restaurazione dell’Assemblea Nazionale e la ripresa del Palazzo Miraflores da parte della Guardia d’Onore Presidenziale.
Numerosi feriti e 13 morti tra la popolazione è stato il saldo lasciato dalla repressione fascista di Carmona, che attualmente è detenuto insieme a 120 dei suoi seguaci civili e ad alcuni ufficiali che hanno partecipato all’ignobile colpo di Stato.
Tutti saranno sottoposti a processo, rispettando le norme legali vigenti, secondo quanto dichiarato dal Ministro della Difesa, José Vicente Rangel, in accordo con la Costituzione della Repubblica.
"Vi sono molte cose da verificare, vi sono molti rapporti da esaminare, vi sono decisioni, alcune urgenti, da prendere perché il paese non si fermi e perché molte cose sono uscite dal loro alveo, perché vi sono stati disordini e saccheggi, con repressione da parte di alcuni poliziotti e molta angoscia di milioni di venezuelani, perché tutto ciò ritorni alla calma", ha dichiarato Chávez.
Un richiamo alla saggezza e all’unità, rispettando le differenze, è stato l’essenza del discorso presidenziale come base indispensabile per la "rinascita della rinascita" della società venezuelana che si deve aspettare, secondo Chávez, momenti di rettifica e di analisi.
"Non vengo con animo revanscista. Qui non ci saranno persecuzioni, soprusi né mancanza del rispetto della libertà di espressione e di pensiero, dei diritti umani in generale, ma le cose devono tornare nell’ambito istituzionale", ha affermato.
I recenti fatti in Venezuela sono stati fomentati dai gruppi di destra, già da alcuni mesi e a causa delle 48 leggi promulgate nei distinti ambiti nazionali.
Lo scorso 6 aprile, la Confederación de Trabajadores de Venezuela (CTV) e Fedecámaras hanno appoggiato con uno sciopero generale le esigenze di revocare la sostituzione della Gerencia de Petroleos de Venezuela (PDVESA).
Adesso, dopo il suo reintegro, Chávez ha annunciato che aveva ricevuto, lo stesso giorno del golpe, le dimissioni dei dirigenti di PDVESA - che aveva sostituito nella controversa gestione - e che le aveva accettate, ma ha convocato gli imprenditori, tutti i partiti politici e i mezzi di comunicazione a riflettere.
"Anch’io devo riflettere su molte cose, l’ho fatto in queste ore e trarrò lezioni che non voglio dimenticare di tanto pensare e di tante angustie", ha riconosciuto e poi ha affermato che è disposto a "rettificare quello che c’è da rettificare, ma non devo essere io l’unico a farlo".

Nuovo modello economico mondiale, secondo Chávez
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marzo 2002 – Il Presidente del Venezuela, Hugo Chávez, ha dichiarato che un nuovo modello economico e sociale con postulati umani è la proposta che porterà alla prossima Conferenza Internazionale per il Finanziamento allo Sviluppo, che avrà luogo a Monterrey, in Messico, dal 21 al 22 marzo. "Per porre fine alle disuguaglianze e salvare il mondo, si impone il cambiamento di questi modelli selvaggi che ci asfissiano", ha enfatizzato Chávez, uno dei 40 Capi di Stato e di Governo invitati all’appuntamento, nella quale verranno analizzati i fallimenti degli aiuti finanziari dei paesi ricchi ai paesi poveri, ai quali era stato promesso, da quasi 20 anni, che sarebbe stato loro destinato lo 0.7 % del PIL delle nazioni industrializzate.

Tra il passato e il futuro
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marzo 2002 – Il Venezuela vive giorni complicati di definizione politica e a detta del suo Presidente, Hugo Chávez, va fatta "una colossale battaglia di confronto tra passato, odio, disperazione e morte con il futuro, l’amore, la speranza e la vita". In questo contesto, l’opposizione è impegnata a creare una tale confusione nazionale che metta fine alla stabilità istituzionale e al progetto bolivariano di democrazia.
Nonostante le recriminazioni degli anti-Chávez su una presunta carenza di libertà di espressione, questi stessi detrattori fanno propaganda ogni giorno, dalla radio, dalla televisione e dalla stampa scritta, contro gli avvenimenti venezuelani tra i quali vengono messi in risalto le loro critiche per la fuga di capitali e la libera fluttuazione del dollaro prodotto della crisi economica.
Nulla viene detto, tuttavia, sul condizionamento esterno di questi fenomeni con una forte preponderanza sull’abbassamento dei prezzi del petrolio.
Inoltre, si astengono dal riconoscere la loro quota di responsabilità per quanto succede lì, dato che in un clima di instabilità politica le garanzie per la finanza sono molto indebolite e il denaro tende a uscire verso l’estero.
Sono state oggetto di critica, allo stesso modo, le 49 leggi economiche e sociali decretate quest’anno contro i latifondisti, grandi aziende industriali, privatizzazioni e settori importanti come la pesca, il petrolio e il turismo.
Tra le strategie "audaci" utilizzate dai contendenti politici di Chávez c’è quella di promuovere la diserzione di alcuni membri degli ufficiali venezuelani, azione iniziata all’inizio di febbraio da tre di loro: Pedro Soto, colonnello dell’Aviazione, Pedro Flores, capitano della Polizia militarizzata e Carlos Molina, contrammiraglio della Marina.
Si pretende con questo non solo di danneggiare l’immagine di Chávez come governante, ma anche di mettere in ombra il suo prestigio dentro le Forze Armate, alle cui fila apparteneva fino al 1999 e dove può contare su di un notevole appoggio.
L’Alto Comando Militare e i capi guarnigione continuano a essere fedeli alla Costituzione vigente della Repubblica e riconoscono come loro Comandante in Capo il Presidente.
Numerose sono le azioni ideate dal blocco dell’opposizione, i cui interessi eterogenei al suo interno sono stati accantonati, per il momento, nel suo netto proposito di abbattere la presente amministrazione.
Mobilitando i suoi settori simpatizzanti, hanno la speranza di promuovere multidudinarie manifestazioni di protesta e ottenere in questo modo uno sciopero nazionale che faccia "cadere" Chávez.
Il Presidente venezuelano, da parte sua, per mezzo del programma radio ‘Aló Presidente’, lo scorso 24 febbraio ha detto alla nazione che "chiunque abbia fiducia e sia obiettivo potrà constatare qui un processo molto dinamico con molte contraddizioni, sicuramente conflitti, però nel segno di un’assoluta democrazia, di un pieno rispetto alla libertà di espressione".
"Quelli che dicono il contrario, credo che corrano il rischio di essere definiti da tutti, almeno, come dei bugiardi", ha enfatizzato.
La disputa nell’arena pubblica venezuelana è certamente molto complessa, dato che in essa sono coinvolti da un lato segmenti sociali con grandi interessi finanziari e di classe, e dall’altro si trova la popolazione umile che ha visto nel tempo seri cambiamenti come pure una possibilità di miglioramenti e di ricettività da parte dello stato dei loro storici problemi di povertà che oscilla intorno all’80 %.
In questi giorni, il linguaggio antigovernativo è salito di tono raggiungendo, a volte, sfumature offensive e di intromissione nella vita privata e nei fatti familiari del Presidente, a cui intimano di abbandonare il potere il più presto possibile, senza che tengano in conto l’appoggio che riceve da parte di milioni di venezuelani.
L’Istituto Venezuelano di Analisi dei Dati (IVAD) ha condotto un’inchiesta che, secondo i risultati, segnala che un 44 % degli intervistati è per l’imminente uscita di Chávez, mentre un altro 44 % si è pronunciato per la sua permanenza a capo del paese fino al 2005.
Il sondaggio di opinione è un campione rappresentativo di 1.200 unità e con un margine di errore massimo del 2.37 %, e ha dimostrato che la metà dei cittadini appoggiano la controversa figura presidenziale, considerandola come una persona democratica.
Lo scorso 4 febbraio, una nutrita rappresentativa popolare, che si è trasformata in cortei per le strade e in comizi di appoggio, ha accompagnato Chávez nell’anniversario della ribellione militare del 1992, divenuta, giorno dopo giorno, punto di partenza delle grandi trasformazioni in Venezuela:

Complotto destabilizzante contro Chávez
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febbraio 2002 – I tentativi per destabilizzare le trasformazioni sociali in Venezuela si sono scontrati, a Caracas, con l’appoggio popolare all’attuale Presidente Hugo Chávez.
Il Movimento V Repubblica (MVR), a favore del Governo, e il Comando Politico hanno denunciato la campagna contro Chávez, il cui manifesto proposito è l’abbattimento del Presidente venezuelano.
Orchestrata da Pedro Luis Soto, colonnello della Forza Aerea, la giornata che pretendeva di dare uno scossone alla presente gestione statale si è trasformata in un forum del pensiero dell’opposizione, nella sede del quotidiano ‘La Nazione’, che si è riversato nelle strade fino a sbucare di fronte a La Casona, la residenza presidenziale.
La mancanza di una vera partecipazione è aumentata quando è stato reso noto pubblicamente il passato non "molto pulito" dell’ex-colonnello, che durante il Governo precedente ha partecipato a un controverso processo di liberazione a favore di un noto narcotrafficante.
Lo Stato Maggiore delle Forze Armate e il Ministro della Difesa, José Vicente Rangel, hanno manifestato, allo stesso tempo, la loro intenzione di istituire un processo contro l’ufficiale in questione, che hanno definito un traditore degli interessi del popolo venezuelano, anche se, hanno aggiunto, verrà processato secondo le leggi e nella completa garanzia dei suoi diritti costituzionali.
Il tentativo di complotto, hanno puntualizzato i mezzi ufficiali di stampa, è stato quello di diffondere la visione che il mondo ha del Venezuela a partire da eventuali opinioni conclusive sui diritti umani venezuelani da parte del relatore di una Commissione Interamericana su questo tema, Santiago Cantón, in visita alla capitale venezuelana.
"Nessuno al mondo può essere l’arbitro del destino di ciascun paese del mondo". ha affermato Chávez di fronte alle accuse dell’attuale amministrazione della Casa Bianca, negli Stati Uniti, che si era posta dei dubbi all’inizio di febbraio sulla situazione interna nazionale e anche sulle relazioni venezuelane con supposte nazioni terroriste.
Ha spiegato, inoltre, che il suo paese è molto lontano dall’avere un Governo terrorista, dato che, al contrario, "il Venezuela è diretto da una democrazia in difesa dei diritti umani".
"Nessuno possiede la bacchetta magica per essere l’unico a dire ciò che deve fare un Governo eletto dai venezuelani, tenuto conto che sono affari che riguardano solamente noi". "Io non devo chiedere il permesso a nessuno per decidere quando e dove andare", ha puntualizzato.
Per illustrare la sua sovranità, Chávez ha informato l’opinione pubblica sui suoi più recenti incontri con diverse aziende estere, come pure con alti funzionari di Germania e Russia, paesi che, ha puntualizzato, "rispettano le nostre decisioni nella vita interna e in politica estera".
Sia Chávez, sia il Ministro degli Esteri venezuelano, Luis Alfonso Dávila, hanno insistito, di fronte alle telecamere, nell’identificare l’opposizione come un gruppo di scontro che tenta di minare le basi dei vincoli tra Caracas e Washington.
"Si cerca di perturbare a tutto campo questo rapporto e di convincere gli Stati Uniti che proteggiamo i terroristi e pertanto occorre intervenire su di noi con un’operazione antiterrorista", sono state le parole di messa in guardia del massimo dirigente venezuelano lo scorso 6 febbraio alla cerimonia del giuramento del nuovo Ministro della Produzione e del Commercio.
Il mutuo rispetto tra i Governi del Venezuela e degli Stati Uniti è l’aspirazione sostenuta dalla Rivoluzione Bolivariana, che difende una politica estera indipendente e con voce propria.

E’ arrivato il momento di difendere la Rivoluzione, afferma Chávez
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dicembre 2001 - Il Presidente venezuelano, Hugo Chávez, ha dichiarato che è giunta l’ora di difendere la Rivoluzione e ha fatto un appello all’unità di coloro che sostengono il processo di cambiamento in atto nel paese. Chávez ha parlato per alcune ore nel suo programma radiotelevisivo "Alò, Presidente", che è stato trasmesso dallo stato di Vargas nel secondo anniversario del disastro naturale avvenuto nel dicembre 1999, quando migliaia di persone sono morte in quelle zone per i crolli e le inondazioni.
Nelle sue parole ha riassunto il lavoro realizzato dal Governo per la ripresa di vaste zone di questo stato e ha ringraziato per il lavoro i funzionari, i costruttori, gli organismi popolari e anche i medici cubani che avevano portato soccorso.
Il Capo di Stato ha fatto riferimento alla concentrazione della popolazione in una via principale della capitale per rilanciare il Movimento Bolivariano Rivoluzionario 200 (MBR-200) del quale fanno parte i Circoli Boliviani, costituiti a livello di isolati, quartieri e regioni.
Il MBR-200 diventerà un organizzazione di massa del processo capeggiato dal Presidente e il suo compito sarà quello di riunire la cittadinanza a difesa dei propri interessi, ha spiegato Chávez.
La riunione, a livello nazionale, è avvenuta nell’anniversario della nascita di Simón Bolívar il Liberatore, ed è servita anche a festeggiare il giuramento dei membri dei circa 20.000 circoli bolivariani presenti in tutto il paese.
Nel suo intervento, il Presidente è tornato sulla necessità di applicare totalmente le leggi economiche e sociali approvate dal Governo, specialmente quella relativa alla Terra e allo Sviluppo Agrario, finalizzata a eliminare il latifondo.
In un duro attacco, ha censurato nuovamente i mezzi di comunicazione, quasi tutti in opposizione al Governo, per la campagna che, ha dichiarato, cerca di confondere l’opinione pubblica e ha ipotizzato che l’occultamento della recente visita a Caracas del Primo Ministro russo, Mijail Kasianov, intendeva minimizzare i successi internazionali del Governo.
Ha sostenuto che l’opposizione arriva a crearsi le sue proprie bugie, abbondantemente diffuse dai mezzi di comunicazione, e ritiene che l’Esecutivo sia debole, ma hanno potuto vedere come si muove un popolo.
Infine, ha annunciato la nomina come Ministro dell’Educazione di Aristobulo Isturiz, dirigente del Partito Patria para Todos e storico dirigente sindacale del settore.
L’attuale Ministro del settore, Héctor Navarro, è ora al nuovo Ministero dell’Educazione Superiore.

Il filo della matassa
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luglio 2001 – I recenti interventi pubblici del Presidente venezuelano, Hugo Chávez, dimostrano che il suo Governo ha cominciato a tirare molto forte il filo dell’oscura matassa che avvolge la presenza di Vladimiro Montesinos a Caracas.
In primo luogo, il Presidente ha messo a nudo di fronte all’opinione pubblica il sordido comportamento del Ministro dell’Interno peruviano, Antonio Ketin, e della sua polizia, nell’approntamento di operazioni in territorio venezuelano, si presume per localizzare il fuggiasco, però ignorando le autorità venezuelane.
Gli insoliti episodi di agenti peruviani che effettuano controlli in un hotel e in altri luoghi di Caracas, come pure un Ministro che ha preteso di entrare clandestinamente nel paese per arrivare al virtuale sequestro di Montesinos, hanno mostrato la strana presenza peruviana nel territorio del Venezuela.
Ma è risultato chiaramente che le indagini ufficiali sugli anelli di protezione di Montesinos durante la sua permanenza nella capitale venezuelana, portano direttamente a ex-agenti della Direzione di Intelligenza e di Prevenzione (DISIP), la polizia politica del paese, e di altri corpi polizieschi.
Chávez è arrivato a segnalare l’esistenza in Venezuela di una DISIP parallela, formata da individui che erano in attività in questo organismo durante gli scorsi Governi, che ha sottratto equipaggiamenti, che ha trattenuto documenti e che è vincolata agli ex-presidenti Carlos Andrés Pérez e Jaime Lusinchi.
Elemento probatorio di questo è che José Guevara, detenuto a Miami per aver cercato di impadronirsi di denaro da un conto bancario appartenente all’ex-assessore dell’Intelligenza peruviana, era in possesso di una tessera d’identità di quel tipo e di un’altra falsificata con una data successiva alla sua uscita dalla DISIP.
Le indagini puntano, secondo quanto segnalato da Chávez, proprio su questi gruppi di persone. Molte di queste persone lavorano attualmente presso agenzie private di sicurezza, alcune delle quali sono state agevolate dalle autorità nell’attrezzamento degli uffici con i sopraccitati equipaggiamenti
Sarebbero questi enti, sotto il coordinamento degli ex-agenti segnalati, quelli che compongono questa specie di servizio parallelo, con ramificazioni che arrivano fino a Miami, dove alcuni dei loro componenti garantiscono la protezione a danarosi venezuelani residenti in questa città.
In questi ambienti dovrebbe trovarsi con loro in queste attività quell’Orlando García, ha segnalato Chávez, riferendosi a un cubano che era stato capo della sicurezza personale di Carlos Andrés Pérez.
Le denunce del Capo dello Stato hanno prospettato che questi elementi, compresi estorsionisti dello stesso Montesinos, al quale sono state fatte pagare ingenti somme di denaro per proteggerlo a Caracas, sono stati utilizzati per indirizzare i fatti verso un’operazione politica contro il Governo.
Con loro è arrivato a patteggiare il ministro Ketin, ossessionato dal neutralizzare direttamente il suo vecchio compagno di scuola militare, di governo, e di attività con la CIA che tanti segreti di entrambi conosce, ma tutto è stato reso vano dall’azione della Direzione di Intelligenza Militare che ha arrestato Montesinos.
Così sono i fatti, la ferma decisione del Governo venezuelano di chiarire ogni cosa sembra condurre, inevitabilmente, a mettere a nudo le attività nel paese di coloro che sono stati definiti dallo stesso Presidente come mafia dipendente dai vecchi politici detronizzati dal potere.

L'oligarchia dà la mano alla mafia di Miami
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giugno 2001 - L'oligarchia dà la mano alla mafia di Miami. Niente di strano. Essa respinge il progetto bolivariano capeggiato dal Presidente Hugo Chávez, allo stesso modo in cui i "vermi" rifugiati in Florida si oppongono ai sogni marziani divenuti realtà a Cuba, grazie alla Rivoluzione.
Questo l'argomento di una Tavola Rotonda trasmessa dalla TV il 31 maggio a La Habana.
Sabato 26 maggio, si è voluto organizzare un atto controrivoluzionario di fronte all'Ambasciata Cubana della capitale venezuelana, ha spiegato Rogelio Polanco, direttore di "Juventud Rebelde". Gli organizzatori sono stati proprio gli oligarchi reiteratamente battuti alle urne, a proposito del progetto bolivariano di Chávez.
Volevano approfittare di un importante viaggio di Chávez in 13 paesi europei e asiatici. L'Ambasciata Cubana si trova nel Municipio di Baruta, un quartiere dell'alta borghesia il cui sindaco, Henrique Capriles, è acerrimo nemico del cambiamento sociale che sta vivendo il paese.
Per tentare l'iniziativa contro Cuba si sono fatti scudo con un'organizzazione chiamata Forza Solidale, ma il reale proposito era parte di un piano per destabilizzare la Rivoluzione bolivariana con la quale Chávez e le forze democratiche e progressiste del Venezuela intendono trasformare la povertà e la corruzione ereditate.
La nostra Ambasciata ha protestato con il Sindaco, ma più che la posizione cubana sono stati i rappresentanti dei settori più umili del popolo venezuelano a dare la meritata risposta alla destra venezuelana e ai suoi compari di Miami che, lo stesso giorno, nella città statunitense, hanno preso di mira il consolato venezuelano, con la complicità della mafia anticubana della zona.
Le medesime consegne erano date in Florida e nella parte del verminaio di Caracas. "Muoia il comunismo" era il grido isterico lanciato, nonostante migliaia di venezuelani beneficino dell'assistenza offerta dal personale medico di Cuba al loro paese.
Altre centinaia sono venute nel nostro paese per ricevere assistenza medica specializzata, che là, per la "bontà" della medicina privata, è loro preclusa. "Andatevene a Cuba", gridavano, ma i veri venezuelani, quelli che oggi riprendono l'ideale di Bolívar, rispondevano con "Viva Cuba", "Grazie ai medici cubani", "Solidarietà, sovranità nazionale e autodeterminazione": queste erano le risposte dalla parte dei poveri, che si contavano a migliaia.
Da parte sua, Arleen Rodríguez, di Radio Rebelde, ha reso noto che, invece di andarsene con la coda tra le gambe, i gruppi della destra hanno accusato l'Ambasciata Cubana di aver organizzare la contromarcia. La risposta della missione diplomatica di Cuba, non solo ha respinto l'imputazione ma ha dimostrato la complicità del comune di Baruta, capeggiato dal signor Henrique Capriles, con l'iniziativa anticubana.
Froilán Arencibia, della televisione cubana, ha riferito i precedenti di Capriles. La sua famiglia è legata a importanti settori imprenditoriali e a una catena di media, tra cui il quotidiano El Mundo. Il sindaco di Baruta è un avvocato laureatosi negli Stati Uniti ed è stato deputato per il partito COPEI, disciolto per essere stato "spazzato" alle urne dal discredito e dalla corruzione dei suoi dirigenti. Ora fa parte del Movimiento Primero Justicia, che non supera l' 1 % d'iscritti tra gli attuali partiti politici venezuelani.
Capriles è figlio della classe politica che ha portato più dell'80% dei compatrioti a uno stato di povertà, nonostante le ricchezze della nazione. Attualmente questa classe si sta "vermicizzando" e questa parola potrebbe essere aggiunta al dizionario politico venezuelano, come ha spiegato Juana Carrasco, di Juventud Rebelde.
Un altro vocabolo di questi nemici del popolo è la pretesa cubanizzazione del processo venezuelano. Dietro a ciò si nasconde una delle varianti degli attacchi al Governo di Chávez, secondo l'opinione di Lázaro Barredo. Egli si è riferito a come il Governo di Rómulo Betancourt ha accolto settori della borghesia cubana fuggiti dalla Rivoluzione, la cui presenza, però, non è inserita nel popolo di Bolívar.
Non sono nuovi i tentativi di questi gruppi di rompere i vincoli storici tra venezuelani e cubani. Ha menzionato i nomi di alcuni di questi prestanome, legati ai più conosciuti terroristi d'origine cubana e a personaggi dell'oligarchia locale.
Alla manifestazione controrivoluzionaria erano presenti alcuni di questi "cubani". "Ho la famiglia a Cuba - ragliava una di loro - e le hanno fatto il lavaggio del cervello".
Azioni come questa, dimostrano anche l'isteria della destra venezuelana, il cui livello di simpatia popolare va scemando, al contrario, il presidente Chávez gode di una grande popolarità ed è ben accettato. Mentre il suo predecessore, Rafael Caldera, aveva vinto le elezioni con il 17 %, Chávez ha l'appoggio di due terzi della popolazione.
Froilán Arencibia ha rammentato che al Movimento della Quinta Repubblica, di Chávez, si oppone l'oligarchia politica ed economica, al cui interno si annoverano settori imprenditoriali e corporativi, compresa la dirigenza della federazione medica, che contrasta la presenza dei medici cubani.
Anche la maggioranza dei grandi mezzi di comunicazione in mano alla borghesia, partecipa al piano contro Chávez; è stata lo strumento delle numerose campagne controrivoluzionarie alle quali fa fronte il progetto della Repubblica Bolivariana.
Una di queste è stata la presunta presenza di spie cubane, lanciata durante la campagna elettorale nel tentativo di sottrarre voti al candidato del popolo. Per questo piano, utilizzarono un mercenario di origine cubana, il quale alla fine, poiché non aveva ricevuto il premio promessogli, ha denunciato di essere stato reclutato per attaccare Cuba e Chávez.
Un’altra fonte di aggressione sono stati gli accordi firmati tra Cuba e il Venezuela, nonostante questo paese ne avesse già firmati di simili, compreso quello del settore energetico, con numerosi paesi caraibici e latinoamericani.
Nel caso del documento che unisce Caracas a La Habana, è presente un ampio spazio alla cooperazione, compreso la salute pubblica e lo sport, con il contributo di 3.000 dei nostri istruttori. Gli accordi hanno promosso inoltre, uno scambio bilaterale, grazie al quale governanti, politici, delegazioni giovanili e sindacali, tra le altre, hanno visitato il nostro paese, e viceversa.
Dal Venezuela e dagli Stati Uniti si accendono le campagne contro il Governo di Chávez, non solo per intorbidire le relazioni con Washington ma anche con gli altri paesi latinoamericani. Non pochi funzionari statunitensi hanno criticato l'amicizia tra Hugo e Fidel, ma più che questa per gli annunciati propositi di trasformare il paese a vantaggio dei più bisognosi.
L'economia venezuelana sta subendo una fuga di capitali principalmente verso gli Stati Uniti, in particolare a Miami, stando a quanto affermato dal quotidiano The Miami Herald. Circa 7.000 milioni di dollari sono stati sottratti al paese, in quanto parte della guerra economica, unita a quella propagandistica, che utilizza come armi la menzogna, la disinformazione e la demonizzazione.
Il New York Times accusa Chávez di non seguire le direttive di Washington e critica l'offensiva diplomatica che ha dato rilevanza internazionale al suo paese. Il suo scritto sulla rivitalizzazione dell’Organizzazione dei Paesi Esportatori di Petrolio, la sua visita a Cuba, in Cina, Russia, Iraq e in altre nazioni non è vista di buon occhio.
Cuba e il Venezuela sono uniti da legami ben stretti di origine storica. Quelli che oggi vogliono scioglierli si sono già rotti la testa nel tentativo di sconfiggere la Rivoluzione cubana. Coloro che accettano la "vermicizzazione" puntano sull'odio; contro ciò, cubani e venezuelani hanno l'antidoto della solidarietà, come è stato dimostrato a Caracas lo scorso sabato.

Si cerca di far cadere Chávez con l'intervento degli Stati Uniti
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giugno 2001 - Il Ministro della Difesa venezuelano, José Vicente Rangel, ha denunciato che settori dell'opposizione interna desidererebbero e approverebbero un intervento militare degli Stati Uniti in Venezuela.
Tali settori sognano una riedizione della Baia dei Porci (invasione di Playa Girón, Cuba, 1961) perché "hanno intenzione di aggrapparsi alle sottane degli Stati Uniti" ha puntualizzato Rangel.
Il Ministro ha affermato che chiunque alimenti questa illusione è lontano dalla realtà, difetta di ragione e ha perso le staffe, perché ha fallito tutti i piani e sogna nella sua disperazione.
Rangel ha messo in risalto che questa possibilità non sarà mai accettata dalla comunità internazionale, sarebbe rifiutata dagli stessi Stati Uniti "in quanto non hanno nessun interesse di imbarcarsi in questo tipo di avventura".
Il titolare della Difesa ha identificato i promotori di questa idea con le stesse persone interessate a parlare di una supposta "cubanizzazione" del Venezuela, rispolverando il linguaggio della guerra fredda, sostituendo meccanicamente Miami con Caracas.
Questi cercano di introdurre nel paese lo stile di chi, in quella città statunitense, si oppone al Governo di Fidel Castro, ha sottolineato il Ministro, nel ricordare il comportamento di coloro che, senza riuscire, hanno tentato di organizzare una manifestazione anticubana lo scorso 26 maggio, a Caracas.
Abbiamo normali relazioni con La Habana, ma sembra che l'opposizione aspiri a destare l'odio e a falsificare la verità, introducendo l'elemento cubano e trapiantando atipicamente l'attitudine dei settori della destra in esilio, ha dichiarato.
Ha accusato, inoltre, questi elementi di sobillare una lotta di classe al contrario, dei ricchi contro i poveri, includendo in questo confronto l'umile origine del Presidente Hugo Chávez.
Secondo Rangel, la migliore dimostrazione del fallimento di queste azioni è stata la scarsa presenza alla dimostrazione anticubana, in contrasto con la massiccia manifestazione di solidarietà con Cuba organizzata dal popolo venezuelano.
Il Ministro ha segnalato che il Governo sta prendendo informazioni e seguendo buone piste per identificare gli autori della pubblicazione, sui periodici statunitensi, di messaggi anonimi che chiedono le dimissioni di Chávez

In tempi di agitazione
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febbraio 2001 – In una piccola scuola nel mezzo della campagna, ricevono le loro lezioni 320 bambini di una località dello stato di Zulia, in Venezuela. Se le aule non sono sufficienti, gli spazi vengono rubati alla Natura, come era abituato a fare Aristotele, che era seguito dai suoi allievi in larghi viali nei giardini di Atene.
Quando la maestra Luzjarry Fernández si è inserita nel progetto delle scuole bolivariane, il suo gruppo era di 160 studenti. Dopo due anni il numero era duplicato. "Non importa se a volte le aule non bastano, l’importante è che non rimanga un solo bambino fuori", afferma. "Al principio l’orario scolastico era di quattro ore alla mattina, dalle otto a mezzogiorno, e a volte la mancanza di condizioni adeguate ne impediva il rispetto. I tempi sono cambiati definitivamente".
Mentre Luzjarry narrava la sua esperienza a ‘Granma Internacional’, in Venezuela l’educazione si trova sotto un fuoco incrociato, con maggior intensità dall’annuncio del decreto 1011, che stabilisce la creazione di una rete di supervisori statali ai quali dovranno pure rispondere gli istituti privati.
Il polemico decreto, che rafforza l’intervento dello Stato nel sistema di insegnamento, ha provocato agitazione nel settore privato, restio a sottoporsi a qualsiasi controllo.
Il rappresentante della Organizzazione Assemblea di Educazione Venezuelana, Leonardo Carvajal, ha annunciato che si sta preparando una protesta per il prossimo 31 marzo, "per un’educazione libera, democratica e di qualità" in 25 città del paese, secondo le agenzie informative.
Quello che molti devono domandarsi è a quale sistema di qualità universale si riferisce Carvajal, quando perfino le scuole pubbliche venezuelane esigevano fino a non molto tempo fa il pagamento di un modesto contributo per iscrivere gli alunni.
"Il popolo vuole i supervisori", ha detto Chávez nel suo programma ‘Aló, Presidente’ della scorsa domenica. "Per molti anni lo Stato è stato in ritirata, qui nessuno supervisionava, non arrivavano i maestri in tempo, e nel caso fossero arrivati non avevano i requisiti e il programma di studio non veniva portato a termine", ha argomentato il Presidente.
Secondo il Ministro dell’Educazione, Héctor Navarro, il Ministero è pieno di relazioni fatte dai supervisori, ma che nessuno prendeva sul serio. "Era un sistema complice", ha aggiunto.
La riforma dell’Educazione si propone di comprendere tutti i settori sociali sotto il criterio dell’unità nazionale e con la partecipazione della comunità nel funzionamento delle strutture educative.
Quello che ci ha raccontato Luzjarry Fernández avalla le preoccupazioni del nuovo Governo venezuelano. A suo giudizio, la riforma educativa persegue una miglior pedagogia in tutte le scuole, l’accesso e la permanenza di tutti i bambini ai diversi livelli d’insegnamento.
"Alcune persone ci dicono che invece di essere professori noi siamo bambinaie, perché teniamo la scolaresca per otto ore nelle scuole. E non è così, perché tutto è molto ben programmato in funzione di un miglior apprendimento, formazione e sviluppo delle capacità dello scolaro. Nella mattinata ci sono le lezioni normali e nel pomeriggio si fanno attività complementari (sportive, culturali ...). I bambini possono disporre di un’alimentazione bilanciata tre volte al giorno - colazione, pranzo e merende – che permette la loro presenza alle lezioni e di non sprecare tempo nel percorso", ha commentato.
Per un’altra pedagoga, Edilia Sánchez, il modo in cui è stato predisposto il programma è molto positivo per i bambini e per il paese, anche se ci sono sempre settori minoritari che non approvano. "Chávez si è preoccupato di molte cose, non solo dell’Educazione. Proprio gli emarginati, quelli che non hanno mai avuto accesso a qualcosa, sono quelli più beneficiati", dice Edilia.
Migdalia González, proveniente da una scuola di San Sebastián de los Reyes, nello stato de Aragua, ha citato a ‘Granma Internacional’ uno dei nuovi supporti delle scuole bolivariane: la comunità. "Il progetto implica una trasformazione: si cerca la partecipazione della famiglia e della comunità nel sistema d’insegnamento, cioè inserirle nel perfezionamento dell’educazione, con le loro proposte".
Come loro, Lillia Rodríguez, Veneranda Gutiérrez e Oris Hernández si trovano ad attendere il volo per La Habana. "La maggior parte delle nostre colleghe sono influenzate dai grandi mezzi di comunicazione. Alcune dicevano: "Andate a Cuba? Siete pazze, non ci andrei neppure se mi pagassero il viaggio", racconta Lillia.
Tuttavia, 487 maestri di queste scuole hanno partecipato alle giornate del Congresso Internazionale Pedagogia 2001, che si è svolto ultimamente a Cuba, dove hanno anche assistito a due corsi di perfezionamento metodologico di spagnolo e di matematica.
"Pensavamo che cercassero di venderci il modello cubano, un tentativo di imporci le loro concezioni politiche. E non è stato così. Quello che ci è stato insegnato sono strumenti pedagogici per migliorare la nostra educazione, compararla e valutare lo stato in cui ci troviamo. Crediamo di avere fatto buoni progressi", ha assicurato Luzjarry.
Attualmente esistono 563 scuole di questo tipo in tutto il Venezuela, principalmente nelle aree suburbane. Migliaia di bambini, che prima non erano mai stati presi in considerazione, oggi godono di uno dei diritti più importanti.

Chávez sempre più forte
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febbraio 2001 - Mentre i suoi nemici pronosticano apertamente un colpo di Stato militare che lo cancelli dal potere, quasi suggerendolo subdolamente ai suoi avversari, il presidente Hugo Chávez continua a portare avanti quello che definisce un processo di unificazione civile-militare, da lui considerato come un segno inequivocabile del cambiamento in atto nel Paese.
Proprio nel pieno delle celebrazioni per il secondo anniversario del Governo da lui guidato, insediatosi il 2 febbraio 1999, e in occasione della nona ricorrenza della rivolta armata che lo condusse ai vertici della scena politica del Paese, il Capo di Stato venezuelano ha nominato Ministro della Difesa José Vicente Rangel – già membro del Governo in qualità di Ministro degli Esteri – conferendo così a un civile una carica che negli ultimi 56 anni era stata di esclusivo appannaggio dei militari.
Mentre il capo del Governo sottolineava come questa decisione facesse parte del più vasto processo di "integrazione delle Forze Armate con la società civile", i suoi oppositori non hanno cessato di attaccarla, individuando in questa mossa politica un possibile detonatore di una rivolta militare – da essi neanche troppo velatamente auspicata. A questo scopo hanno insistito nel ricordare le dure critiche che l’attuale Ministro della Difesa aveva rivolto ai militari ai tempi della sua attività come giornalista, accusandoli di corruzione.
Tra i "pericoli" per la stabilità del Paese, che secondo l’opposizione potrebbero derivare da tale nomina, non poteva mancare quello conseguente a una temuta ‘cubanizzazione’ dello stesso Ministero. Il Cancelliere ha risposto a questa accusa, commentando come essa riesca soltanto a dimostrare la deprimente povertà intellettuale di coloro che l’hanno formulata, "essendo questa una polemica che alla fine porta piuttosto a disconoscere le qualità delle Forze Armate".
"Sono una persona che privilegia l’accordo, la comprensione e il dialogo – ha continuato Rangel – questo è lo spirito con cui intendo esercitare la carica che il Presidente della Repubblica mi ha assegnato", escludendo nello stesso tempo che la sua nomina possa essere fonte di malumori tra le Forze Armate per il fatto di essere un civile. E’ sua convinzione infatti che i militari venezuelani siano pronti a comprendere l’importante processo di cambiamento che sta attraversando il Paese.
Durante la giornata celebrativa, Chávez ha completato il rinnovamento all’interno del Gabinetto di Governo con la nomina di Luis Miquilena al vertice del Ministero degli Interni e di Giustizia, in sostituzione del colonnello Luis Alfonso Dávila, che è passato a rivestire la carica di Ministro dei Rapporti con l’Estero.
D’altra parte, le stesse voci che oggi accusano il leader bolivariano di assegnare a civili incarichi di governo tradizionalmente riservati all’oligarchia militare, fino a ieri lo criticavano per "l’eccessiva militarizzazione" delle cariche pubbliche - polemiche che erano scoppiate soprattutto in seguito alla nomina di due ufficiali in posizioni chiave all’interno dell’impresa statale venezuelana Petroleos.
Nelle scorse settimane i gruppi di opposizione sono tornati alla carica, approfittando dei risultati di presunti sondaggi, dai quali risulterebbe un rapido calo di popolarità del Presidente e arrivando persino a considerare la possibilità di un cosiddetto "referendum revocante", un procedimento che potrebbe essere avviato una volta che il mandato presidenziale costituzionale fosse giunto a metà della sua durata. In questo caso si tratterebbe del 2003, previa consegna delle firme necessarie alla sua approvazione.
Ciononostante i festeggiamenti per il secondo anniversario del Governo Chávez e le celebrazioni per la nona ricorrenza della rivolta militare da lui appoggiata, che sono durati quattro giorni all’insegna dello slogan "al passo dei vincitori la Rivoluzione avanza", non hanno lasciato dubbi circa l’entità dell’appoggio popolare di cui gode il Presidente.
Chávez non ha potuto partecipare alla prima parte della festa a causa di un problema polmonare, però la domenica ha sfilato a capo di una corteo popolare composto da più di 4.000 veicoli, che ha ripercorso il tragitto seguito dai militari insorti tra le città di Valencia e Caracas. La partecipazione dei cittadini è stata massiccia, non solo nei paesi in cui il corteo ha fatto tappa, ma anche lungo il cammino.
Nei giorni scorsi la politica interna venezuelana ha trovato spazio nelle pagine della maggior parte della stampa internazionale, che è concorde nell'individuare quello che dovrà essere il principale obiettivo del Presidente Chávez: più importante ancora del suo impegno per sventare un golpe militare e scongiurare il pericolo di essere eliminato fisicamente dai suoi nemici, sempre più disperati, potenti e pericolosi, sarà il raggiungimento in tempi relativamente brevi di una crescita economica tale da permettere al Governo di porre un freno alla crescente povertà, che colpisce attualmente ampi settori della popolazione.
Un altro obiettivo fondamentale del Governo Chávez è rappresentato dalla lotta al crimine e alla violenza; basti pensare che nel solo fine settimana da venerdì 2 febbraio a domenica 4 sono morte 61 persone, mentre sono quasi 100 i decessi alla settimana.
Il Ministro degli Interni e di Giustizia, Luis Miquilena ritiene l'intervento dello Stato in questo settore di importanza determinante per la difesa della Rivoluzione e per il bene del Paese - "il compito più impegnativo che mi sia trovato ad affrontare, ma anche il più motivante" - ha affermato Miquilena. Il Ministro si è dimostrato ottimista, certo di riuscire a ottenere risultati positivi grazie all'appoggio dei settori progressisti del Paese e al sostegno e alla comprensione dei cittadini.